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Anno XII Numero Speciale
...Per trovare risposte
a domande alle quali
non sappiamo risponde-
re da bambini, tendia-
mo a immaginare si-
tuazioni o personaggi
per spiegarle.
Nell’immaginazione di
un bambino tutto può
essere plausibile…
Olga Armigero 2^BL
PAGINA 2 Anno XII Numero Speciale
La Redazione
DOCENTI : Nardulli - Sportelli
STUDENTI: He Zixuan, Alfarano Annama-
ria,Mastronardi Miriana,Riviello Andrea,Gravina
Aurora,Bitetti Marco,Panzarini Anna Giu-
lia,Kozihon Alina,Armigero Olga,Petre Simona,
Moretti Martina,, Signorile Serena,Lorusso Bea-
trice, Masiello Monica, Buono Ciro,Maggialetti
Alessia,Tian Jiatong (Tessy)
Indice
Una riflessione sul progetto
pag.2
Le mie origini
pag. 3-4
Intervista a Maria Simona Petre
pag. 5
“Karmeliuk” un eroe popolare
pag. 6
La leggenda di Bianca Lancia
pag. 7
L’amore porta dolore
pag. 8-9
La mia storia
pag. 10
“Nostalgia”
pag. 11
Un’antica leggenda polacca
pag. 12
The Prince De Mari
pag. 13
Adelfia: Canneto e Montrone
pag. 14
Il racconto della nonna di Serena
pag. 15
About my day in china
pag.16
Il brigante”Senzafegato”
pag 17
Il racconto di Miriana: Morgan
pag 18-19
La leggenda di Bianca Lancia
pag 20
Una riflessione sul progetto...
Questo numero del giornale d’istituto “ I care” è la raccolta di alcuni lavori
realizzati dagli studenti del biennio che hanno partecipato al progetto dal
titolo “Io mi racconto così”.
Il laboratorio di lingua creativa ha rappresentato il luogo d’incontro di cultu-
re, lingua e tradizioni degli studenti che si sono relazionati raccontando le
proprie storie, le proprie fantasie e leggende, intersecandole e miscelandole
con il proprio vissuto multietnico, coniugandone le tradizioni che connota-
no un popolo e ne esaltano il senso di appartenenza.
L’affabulare risale alla notte dei tempi e rappresenta il trait d’union tra pas-
sato e presente, possiede in sè il meraviglioso e la capacità di narrarsi. È per
questo che il racconto ha veicolato la comunicazione tra il gruppo dei par-
tecipanti formato da ragazzi stranieri ed italiani, diversi per provenienza e
livello di apprendimento della lingua 2. Scrittura e riscrittura hanno permes-
so la creazione di racconti semplici ma originali, frutto di significativo impe-
gno e vivacità nel voler condividere le proprie esperienze, in un percorso
che ha reso possibile un processo di integrazione degli stranieri e di socia-
lizzazione con gli studenti italiani.
La redazione
“ Non importa se un gatto è bian-
co o nero, finché cattura i topi”
Deng Xiaoping
“ Lo straniero è in noi. Quando
fuggiamo o combattiamo lo stra-
niero, lottiamo contro il nostro
inconscio” Julia Kristeva
PAGINA 3
Anno XII Numero Speciale
Le mie origini...
Il mio nome è Simona e provengo da un piccolo paesino della Romania chiamato Calarasi. Sono arrivata in Italia nel
2006 insieme alla mia famiglia , ma ogni estate torniamo nel nostro paese per passare un po’ di tempo con i parenti.
La Romania è un paese affascinante, ricco di città medievali con castelli e fortezze , chiese costruite in legno e monaste-
ri affrescati, di città nascoste tra le colline, ideali per trascorrere delle vacanze rilassanti nei centri termali e fare delle
passeggiate tra la natura incontaminata.
Come ogni paese del mondo anche la Romania possiede delle proprie tradizioni e caratteristiche.
A detta di molti visitatori il folklore rumeno è probabilmente il più vario e tradizionale dell’intera Europa; ogni regione
è caratterizzata da un costume tipico.I rumeni sono persone vivaci ed allegre sempre pronte a festeggiare per i propri
ospiti.
Le feste
San Nicola: Le feste invernali iniziano il 6 dicembre con il giorno di San Nicola, durante il quale i bambini se sono stati
buoni durante l’anno,ricevono i regali o un bastone nelle scarpe (lasciate da loro per tradizione vicino alla porta) se
devono essere puniti.
Colindatul: Durante le feste natalizie i bambini rumeni, vestiti con abiti caratteristici, si recano in visita nelle case per il
Colindatul, gli auguri cantati, in cambio di una tradizionale ciambella dolce intrecciata,simbolo di prosperità. Tra i canti
più intonati ci sono “Mos Ajunul” (Babbo Vigilia), “Steaua” (La stella) e molti altri.
Pasqua:In Romania la Pasqua è una festa molto sentita e i credenti digiunano nei 40 giorni precedenti per purificare il
corpo e lo spirito. La Settimana Santa è aperta dalla “Domenica dei fiori”, vengono rievocate le passioni di Cristo, il
Giovedì Santo vengono letti i 12 Vangeli,uno per ogni ora del giorno.Il Sabato sera si celebra la suggestiva Messa della
mezzanotte. Durante la settimana le case vengono dipinte, i giardini sistemati e iniziano anche i preparativi per il pranzo
pasquale,durante il quale tutti gli invitati indossano vestiti nuovi. I bambini ricevono uova dipinte,dei veri e propri capo-
lavori ,che il capofamiglia rompe sbattendole contro quelle del suo vicino dicendo : “Hristos a inviat” (Cristo è risorto),
e l’altro risponde “Adevarat a inviat” (è veramente risorto).
Martisor: La festa di Martisor segna l’arrivo della primavera e si celebra il 1° marzo. La festa nasce dalla leggenda di un
giovane rumeno che ha sacrificato la sua vita per liberare il sole dall’inverno. Durante il Martisor si regala un ciondolo
con un filo intrecciato di due colori: rosso come il sangue, e bianco come la neve. Il ciondolo è un portafortuna e allon-
tana dalle malattie e dal malocchio.
(segue a pag.4)
Romania
di Simona Petre
1^BL
PAGINA 4 Anno XII Numero Speciale
(segue da pag.3)
Natale: Le tradizioni rumene natalizie sono molto varie e mostrano la complessità della mitologia po-
polare, nella quale si fondano gli elementi religiosi cristiani con quelli pagani. A Natale è tradizione sa-
crificare un maiale incidendolo sulla gola e con il suo sangue segnare la fronte dei bambini con il segno
della croce per avere la benedizione e protezione di Dio. Tutti i bambini,come anche in Italia, si impe-
gnano a fare l’albero di Natale, aspettando con ansia l’arrivo di Mos Craciun (Babbo Natale).
Ritornando a me, sono fiera di essere rumena e amo il mio paese come ogni cittadino ama il suo. Non
bisogna mai vergognarsi per la propria provenienza o giudicare il modo di fare e di pensare di qualcuno
di diversa nazionalità perchè essere diversi è una grande ricchezza.
POESIA: Ce-ti doresc eu tie, dulce romanie di Mihai Eminescu
Ce-ţi doresc eu ţie, dulce Românie,
,
Ţara mea de glorii, ţara mea de dor?
Bratele nervoase, arma de tărie,
La trecutu-ţi mare, mare viitor!
Fiarbă vinu-n cupe, spumege pocalul,
Dacă fiii-ţi mândri aste le nutresc;
Căci rămâne stânca, deşi moare valul,
Dulce Românie, asta ţi-o doresc. […]
(TRADUZIONE)
Cosa desidero per te dolce Romania,
Paese mio di glorie,paese che mi manca.
Le braccia nervose, L’arma di forza,
Il tuo passato è grande,e grande è anche il tuo
futuro!
Bollisca il vino nei calici,che fuoriesca da esso,
Se i figli sono fieri questo desidero per loro;
Perché rimane lo scoglio anche se muore l’onda,
Dolce Romania, questo desidero per te ![…]
PAGINA 5Anno XII Numero Speciale
Simona mi ha parlato del loro cibo tipico natalizio, di Capodanno e dei rituali
quotidiani Il loro cibo tipico natalizio è il Sarmale, involtini di carne e riso con
foglie di verza; a Capodanno la tradizione prevede la Salata Biof, un’ insalata con-
dita con legumi, sottaceti, petto di pollo bollito e maionese.
Invece il cibo tipico che si potrebbe trovare sulla tavola di una giornata qualsiasi è
rappresentata da brodi preparati in tanti modi diversi; poi gustano anche la Sun-
ca, il grasso di maiale che ha il potere di riscaldare nelle fredde giornate d’ inver-
no; invece come stuzzichino-passatempo mangiano semi di girasole. Diversamente
dall’Italia, la pasta si prepara una volta al mese.
LE TRADIZIONI:
Simona mi ha raccontato anche delle diverse tradizioni in uso nel loro paese, soffermandosi sul rito del matrimonio.
Dopo la celebrazione della Messa in chiesa il rituale consiste nel mettere sulla testa della sposa un piatto con sopra
una ciambella, che viene frantumata e poi data agli invitati. Questo rito segna il passaggio della sposa da signorina a
moglie.
A Pasqua, è tradizione decorare in casa le uova con pennelli artigianali prodotti dalle nonne e ricavati dai peli di
coda di cavallo. Nel giorno di Pasqua, due persone prendono un uovo ciascuno e le sbattono l’uno contro l’altro
mentre pronunciano questa formula: “Cristo è risorto!”, mentre l’altro risponde: “Davvero risorto!”.
Questo sarà il loro saluto per 40 giorni.
Natale e Capodanno sono due festività con tradizioni uguali all’Italia.
Aurora Gravina 1^ BL
Intervista a Maria-Simona Petre
Con Simona ho fatto amicizia e mi ha parlato della sua Romania, ricavandone queste informazioni
Simona è una rumena del Calarasi, una regione a sud della Romania.Dalla conversazione con Simona è emerso
quanto i rumeni amino il divertimento, la musica e soprattutto le feste.
La Romania è suggestiva per le zone di montagna e per le interessanti zone turistiche, come il famoso castello di
Dracula. Questo Castello si chiama Bran ed è visitabile con tutti i suoi oggetti appartenuti a Dracula, compreso
il sarcofago e le sue ceneri..
In Romania Dracula viene chiamato Vlad Tepes dato che uccideva servendosi di una lancia coloro che osavano
rubare i suoi calici d’oro che lui stesso sistemava ad ogni fontana della città.
PAGINA 6 Anno XII Numero Speciale
Ustym Yakymovych Karmeliuk
(Устим Якимович Кармалюк)
10 marzo 1787 - 22 ottobre 1835
Karmeliuk un eroe popolare
Un contadino ucraino fuorilegge
Karmeliuk, forzatamente inserito nell’ Armata Imperiale Russa, fuggì organizzando
bande di ribelli che hanno attaccato i commercianti e proprietari terrieri. Cattu-
rato nel 1814, fu condannato a Kamianets-Podilskyi per eseguire un guanto di 500
" spitzruten colpi ", una tipica punizione militare. Inviato per scontare 25 anni di
servizio in una unità militare in Crimea , fuggì di nuovo, tornando a nord di Podilia . Ancora una volta riuscì ad orga-
nizzarsi con gruppi di ribelli in Proskuriv , Letychiv e Lityn, con l’ appoggio di serbi, ebrei e anche dei polacchi. Le
ribellioni intensificate nel corso degli anni, si erano diffuse non solo in altre
parti del Podilia , ma anche nelle province limitrofe di Volynia , Kyivshchyna e
Bessarabia . Karmeliuk fuggito dal castello dove era tenuto prigioniero, fu
catturato di nuovo nel 1817-1818. La seconda volta condannato a 25 colpi
con il knut di fronte al municipio e inviato alla lontana Siberia . Nel 1822, fu
arrestato e incarcerato per la terza volta a Torre del Papa del Castello. La
notte del 12-13 marzo 1823, Ustym Karmeliuk organizzò una fuga con i suoi
compagni, durante la quale fu ferito per poi essere catturato solo due setti-
mane più tardi. Disavventure di Karmeliuk e numerosi arresti hanno provocato 20.000 oppressioni di polacchi. Ci
furono oltre 1.000 incursioni nelle tenute dei proprietari terrieri polacchi e russi nel corso di un periodo di 20 anni.
La risposta dello Zar era di posizionare unità militari in quelle regioni colpite da Karmeliuk,il quale catturato quat-
tro volte e condannato ai lavori forzati in Siberia, riuscì a fuggire ogni volta.
Una torre del Castello Kamianets-Podilskyi porta il nome del suo famoso pri-
gioniero. Karmeliuk non aveva alcun rancore verso i poveri di tutti i gruppi
etnici e le minoranze in Ucraina, gli ebrei in particolare, e di conseguenza essi
lo sostennero in massa. Molti ebrei sono stati perseguitati per aver partecipa-
to alle ribellioni di Karmeliuk. In generale, Karmeliuk ispirava fedeltà in tutti i
suoi sostenitori. Il 22 ottobre 1835, un drappello zarista, nella frazione di
Shlyakhovi-Korychyntsi vicino Derazhnia, tese con successo un'imboscata alla
banda. Karmeliuk fu ucciso, all'età di 48 anni. Il suo corpo fu portato a Le-
tychiv dove fu sepolto. Un monumento in suo onore è stato eretto lì nel XX
secolo. All'uomo che ha ucciso Karmeliuk, nobiluomo polacco F. Rutkovsky, è
stata data una medaglia dallo Zar stesso e gli è stata concessa una pensione
vitalizia. Secondo la leggenda, Karmeliuk era impermeabile alle pallottole, e fu ucciso da un tasto dell'indumento di
piombo.
Alina Kozihon, 2^BL
-
PAGINA 7Anno XII Numero Speciale
Bianca Lancia
During the cold winter
evenings when I went to
my grandmother’s
house. I was very happy
because she used to tell
me intriguing and myste-
rious fairy tales and leg-
ends. So I spent some
cheerful hours with her.
She held me on her
knees and sitting in front
of the fireplace she be-
gan to speak in a low
voice about the stories and experiences of some
of the most important people in my town Gioia
del Colle. One of my favourite legends was the
tragic life of Bianca Lancia. In Gioia del Colle
there is a castle that was the hunting residence
of emperor Federico II, Costanza’s d’Altavilla
son. Federico was deeply in love with princess
Bianca Lancia but because of his suffocating and
obsessive jealousy he ordered to shut up the
poor Bianca Lancia in one of the rooms of the
castle. The desperate princess lived in insolation
for many days, she was sad and depressed in the
small cell because she couldn’t believe her lover
Federico thought the baby was not his. When
the little baby was born she killed herself by cut-
ting both her breasts. Before dying she ordred
the servant to put on a tray her breasts and the
child and to bring them to Federico. The em-
peror recognized a resemblance in the baby and
realized he had been cruel and had misjudged
the princes. Taken by remorse he ordered to
unlock Bianca Lancia but she was already dead.
Since that day every night in the castle tower,
now called the empress tower, you can listen to
an excruciating lament: the lament of a woman
that shouts endlessly her innocence.
Alessia Maggialetti 2CL
La leggenda di Bianca Lancia
(traduzione)
Durante le fredde serate d’inverno, quando mia madre
mi lasciava dalla nonna, ero molto felice perché mi rac-
contava leggende e fiabe intriganti, trascorrendo delle
ore spensierate insieme a lei.
Mi prendeva sulle ginocchia e, seduta di fronte al camino,
iniziava con tono sommesso a narrarmi le vicende di al-
cuni dei personaggi più importanti del suo paese, Gioia
del Colle.
A Gioia vi è un castello che fu l’antica dimora di caccia
dell’imperatore Federico II,figlio di Costanza D’Altavilla.
Federico, pur innamorato della principessa Bianca Lancia,
a causa della sua gelosia, durante la gravidanza del figlio
Manfredi, dubitando della sua fedeltà, la fece rinchiudere
in una delle stanze del castello.
La povera principessa visse per giorni e giorni isolata
nella cella dove diede alla luce un maschietto, Manfredi.
Tuttavia per la profonda umiliazione, si tolse la vita ta-
gliandosi entrambi i seni e ordinò al servo di consegnarli
insieme al bambino su di un vassoio.
L’imperatore riconobbe nel neonato una somiglianza e si
rese conto di aver mal giudicato la principessa. Preso dal
rimorso ordinò ai suoi servi di liberare la donna che pur-
troppo era già morta.
Da quel giorno, ogni notte, nella torre del castello detta
ora Torre dell'Imperatrice si sente un sommesso, stra-
ziante lamento: il lamento di una donna offesa che prote-
sta all'infinito la propria innocenza.
AlessiaMaggialetti 2CL
PAGINA 8
Anno XII Numero Speciale
L’AMORE PORTA DOLORE
Chi ha detto che le storie d’amore non possono avere una fine tragica ed essere comunque romantiche e passionali? Le
storie d’amore più belle sono quelle impossibili,quelle piene di problemi o quelle che spesso possono portare alla morte.
Questo perché l’uomo e la donna non si tollerano,ma in un modo o nell’altro sono
sempre e comunque attratti l’uno dall’altra.
A volte la vittima è un uomo,rapito dalla bellezza di una donna,che lo costringe a fare
ciò che lei vuole. In altri casi è la donna a soffrire o anche a morire per il suo uomo.
Una donna innamorata può essere picchiata,giudicata,umiliata e accusata dal proprio
uomo di cose che non ha mai fatto e continuare ad amarlo con tutta se stessa. Que-
sto è il caso della principessa Bianca Lancia,della famiglia dei conti di Loreto.Lei fu
l’unica donna che riuscì a conquistare l’inarrivabile cuore dell’imperatore Federico II di
Svevia.Quella povera donna,dovette sopportare un’umiliazione troppo grande.
La loro leggenda è sempre stata raccontata come un capitolo di storia che i ragazzi
non vogliono leggere perché leggono e studiano capitoli di storia tutti i giorni. Una
storia come quella fra Bianca Lancia e Federico II va vissuta con il cuore, provando a
rivivere le emozioni che ha provato la principessa.
I due amanti si conobbero al matrimonio di Jolanda di Brienne nel 1225.Federico rima-
se immediatamente incantato dalla bellezza di Bianca.
PAGINA 9
Anno XII Numero Speciale
Quest’ultima,invece,rimase folgorata dai penetranti ed intensi occhi blu dell’imperatore,
occhi che, solo a guardarli, scatenavano in lei le più belle emozioni che una donna potes-
se provare. Fra loro fu subito amore. Il così detto colpo di fulmine esisteva anche nel
Medioevo e non esiste cosa più bella di due persone che si innamorano solo guardandosi
negli occhi una sola volta.
Dalla loro unione nacquero figli illegittimi: Costanza,Manfredi e probabilmente anche
Violante.
Federico e Bianca erano felici ed innamorati,fra loro procedeva tutto meravigliosamente.
Purtroppo questo benessere fu brutalmente interrotto dalla gelosia di Federico.
Egli,convinto che la sua amata Bianca lo tradisse,la rinchiuse nella torre del castello svevo
di Gioia Del Colle,in Puglia,mentre era incinta di Manfredi.
L’imperatore si sbagliava,la principessa non lo aveva mai tradito,ma era troppo accecato
dall’odio per capirlo. Come biasimarlo. L’odio molto spesso nasce dall’amore. Lui era così innamorato di Bianca che non
poteva sopportare che lei lo avesse tradito,come qualunque essere umano innamorato.
Bianca Lancia non stava certo meglio. Non avrebbe mai potuto tradire il suo amato Federico dagli occhi blu,era innocente e
si sentiva umiliata per essere stata accusata di adulterio. Essere accusati dall’uomo di cui si è innamorate deve essere terri-
bile e per lei era un dolore troppo grande da dover sopportare sola,isolata in una torre e con in grembo il figlio del suo
amato.
Era così disperata e umiliata che dopo aver partorito,si tagliò i seni. Bianca li inviò a Federico su un piatto d’argento insieme
al neonato.Dopo di che,morì,passando ad altra vita.
Entrambi avevano perso una cosa importantissima: Bianca perdendo la fiducia del suo amato si tolse la vita,pur di dimostra-
re che era innocente. Federico,invece,perse l’unica donna che lo aveva fatto innamorare perdutamente e l’unica che lo ama-
va veramente con tutta se stessa.
Nonostante la fine sia tragica,la storia fa riflettere sul significato dell’amore e fa sognare tutti coloro che sono sempre stati
inguaribili romantici.
Non per tutti questa leggenda è vera. Secondo alcuni nel 1246 Federico,rimasto vedovo della terza moglie,Isabella,si trasferì
da Foggia al castello di Gioia Del Colle,dove trovò una Bianca Lancia sofferente. L’amante gli chiese di legittimare i loro tre
figli unendosi con lei in matrimonio. Federico acconsentì e questo permise a Bianca di essere per pochi giorni
un’imperatrice.
Secondo altri,invece,il matrimonio avvenne in punto di morte di Federico,alla fine del 1250.
Qualunque sia la vera storia,nessuno può negare il grande amore nato fra Federico II e Bianca Lancia.
Ma non tutto è dolce e romantico.Si narra che dalla morte di Bianca Lancia dovuta al suo disperato taglio dei seni,ogni not-
te,nella torre del castello ora soprannominata la Torre dell’Imperatrice,si senta un sottile,ma straziante lamento: il lamento
di una donna offesa che protesta la propria innocenza.
Questo dimostra che una donna innamorata,ma offesa,anche nella morte,non si arrende MAI!
Mastronardi Miriana 1^BL
PAGINA 10 Anno XII Numero Speciale
La mia storia
L’Italia, il mio secondo paese
Sono una ragazza cinese e ho 15anni. Sono venuta in Italia a
maggio del 2009. Tutti mi chiedevano il motivo per cui ci sia-
mo spostati ed io ho risposto dicendo che volevamo conoscere
l’Italia, questo paese sconosciuto. La prima parola italiana che
ho imparato è stata ACQUA e dopo, con l’aiuto delle professo-
resse e amiche ho cominciato ad imparare la lingua italiana.
Adesso siamo nel 2013 sono in Italia da 4 anni , mi sento accet-
tata, perché ho fatto delle amicizie. Le differenze tra i cinesi e
italiani sono molte, per l’aspetto fisico,il cibo, il modo di vivere,
il modo di festeggiare.
Per noi cinesi, gli stranieri hanno i capelli biondi, gli occhi azzurri, il naso all’insù; mangiano sempre
panini, insalata, pizza; il lavoro che loro svolgono è meno pesante; gli italiani festeggiano ogni occa-
sione mentre noi cinesi non festeggiamo per esempio il Natale e il carnevale. Per voi italiani, i cinesi
vi sembrano tutti uguali perché abbiamo i capelli neri, gli occhi neri o marroni, il colore della pelle
non è bianca come la vostra. Noi mangiamo soprattutto il riso, la pasta. I cinesi pensano sempre a
lavorare, le ore di lavoro svolte sono sempre di più ri-
spetto a quelle degli italiani. L’estate del 2011 sono tor-
nata in China con mia madre e mia sorella, ho avvertito il
cambiamento:la strada in cui correvo con le mie amiche
non è più di pietra, le case vecchie sono state abbattute,
il fiume dove pescavano non è più inquinato, tutto era
cambiato. Secondo me una grande differenza tra questi
due paesi è l’aria che si respira. In Cina, subito fuori
dall’aeroporto, non riuscivo a respirare e il calore era
insopportabile; tornata in Italia, ho subito avvertito un’aria più pulita e per questo mi sento benissi-
mo. L’ Italia è diventata il mio secondo paese, qui ho la mia famiglia, le mie amiche, non mi sento
sola, la China è il mio paese originario, lì ho i nonni, gli zii, anche le mie amiche che ho conosciuto
da piccola. Se mi chiedi di scegliere tra China e Italia, ti rispondo tutti e due sicuramente.
Stella He I^BL
“ … e c’è spazio nel giardi-
no per ogni fiore”
Marianne Williamson
PAGINA 11Anno XII Numero Speciale
PAGINA 12
ti felicemente Mi ren-Anno XII Numero Speciale
Un’ antica leggenda polacca
DRAGON SMOK WAWELSKI I KRÒL KRAK
(IL DRAGO SMOK WAWELSKI E IL RE KRAK)
Tanto tempo fa, quando Cracovia era un piccolo paese situato vicino al fiume Wisła, governava un re che si chiamava
Krak. Era un re intelligente, coraggioso e giusto. Sotto il suo governo, la città creb-
be in forza e ricchezza. Molti commercianti, che vendevano preziosi ornamenti e
ogni sorta di prodotti, si arricchirono. Il re Krak governò felicemente per tanti an-
ni. Improvvisamente, una notte, in una vuota caverna ai piedi del colle di Wawel,
non si sa da dove, apparve un terribile drago. Il mostro era immenso, coperto di
squame verdi e dalle sue fauci, che mostravano denti grandi e affilati, usciva una
fiamma enorme. Quando videro questo rettile così vicino al castello, gli uomini
furono presi dal panico e dal terrore. Il drago aveva una fame terribile e rapiva in
continuazione il bestiame al pascolo. Tutti coloro che osavano avvicinarsi alla sua
grotta diventavano le sue vittime. Il drago stava bene, cresceva e con lui anche il
suo appetito. Il re Krak non era più giovane, e non potendo combattere da solo
contro il drago, rese pubblico che chi avesse abbattuto il drago e liberato la città
avrebbe avuto metà del suo regno e sua figlia in sposa. Presto il suo proclama giun-
se alle orecchie di cavalieri e principi che abitavano nei pressi di Cracovia e anche a
forestieri. Alcuni arrivarono da soli, altri con i loro scudieri, altri ancora con tutte
le truppe. L'entrata di ognuno era accolta con grida di gioia e con la speranza di
liberarsi di quella terribile bestia. Purtroppo il drago si dimostrava sempre il più
forte di tutti. Il fuoco che usciva dalla sua bocca, le squame dure come l'acciaio e i
suoi denti affilati lo rendevano invincibile. Molti uomini persero la vita combatten-
do contro di lui, e le ossa dei guerrieri che si vedevano davanti alla caverna scorag-
giavano tutti gli altri dal tentare l'impre-
sa. Soltanto pochi erano riusciti a scap-
pare “vivi”. Ogni giorno arrivavano sem-
pre meno cavalieri. Poi non arrivò più
nessuno. Gli abitanti si abbandonarono
alla disperazione, perché non avevano
più la speranza di liberarsi del drago. Un
giorno si recò dal re un uomo coraggio-
so. Era strano, un giovane non appari-
scente, un calzolaio di Cracovia che si
chiamava Szewczyk Dratewka, sembrava
non avesse la minima possibilità di com-
battere contro il drago, dato che tanti
forti ed esperti cavalieri avevano perso
la vita. Il calzolaio pensava di battere la bestia non con la spada, ma con l'aiuto di uno stratagemma. Perciò uccise un gran-
de ariete, lo svuotò delle interiora e mise al posto di quelle zolfo e catrame. Di notte si avvicinò alla caverna e lasciò lì
l'ariete, che da lontano sembrava proprio vivo. All'alba, quando il drago affamato uscì dalla grotta, vide quel boccone invi-
tante, vi si buttò sopra e lo divorò. Dopo un attimo, sentì dentro lo stomaco un grande bruciore. Per spegnere il fuoco,
iniziò a bere l'acqua del fiume. Bevve, e la sua pancia crebbe a dismisura fino a scoppiare con un fragore tremendo. Gli
abitanti al rumore provocato dallo scoppio, si recarono al fiume e urlarono di gioia. Così il calzolaio sposò la principessa
e ricevette metà regno. Dopo la morte del re, assunse il potere e governò con giustizia.
Con la pelle del drago fabbricò parecchie paia di scarpe.
Marco Bitetti, 2^AL
Anno XII Numero Speciale PAGINA 13
The Prince “De Mari”
A long time ago, Prince De Mari ruled and lived in Acquaviva in a big castle. His subjects lived near the castle in poor
houses made of straw. The prince was not loved by his subjects because he levied many taxes and they tried to re-
bel against him. To prevent the assault, the Prince ordered the construction of big masks with their tongue sticking
out around the perimeter of the castle (which is now used as the Town Hall). One of the prince’s servants told the
citizens that if they attacked the castle they would be damned by the masks. A few years later the citizens realized
the servant had lied and so they attacked the castle. The Prince fled though an underground tunnel and he was
never heard of again. This story has taught me that you must never take advantage of others.
.
Traduzione
Tanto tempo fa ad Acquaviva regnava il Principe De Mari , viveva in un castello circondato da case di paglia dove abitavano i
cittadini. Non era uno dei principi più amati, perché vessava i cittadini di tasse. I cittadini volevano ribellarsi assalendo il ca-
stello . Il Principe, per far si che questo non accadesse, fece costruire dei mascheroni con la lingua fuori e li sistemò tutt'intor-
no al castello, l'attuale sede del Comune . Uno dei suoi servi andò dai cittadini e disse che chiunque avesse assalito questo
castello sarebbe stato maledetto dai mascheroni . Dopo qualche anno i cittadini capirono che era tutto finto, allora decisero di
assalire il castello; il Principe non sapendo più cosa fare , decise di scappare da un tunnel sotterraneo, che si trova nei sotter-
ranei del Comune e, da quel giorno, non si è saputo più niente di lui. Questo mi insegna che non bisogna mai approfittare
degli altri.
Ciro Buono 2^CL
PAGINA 14
ti felicemente Mi ren-Anno XII Numero Speciale
Adelfia: Canneto e Montrone
Noi viviamo in un paesino chiamato Adelfia che, sebbene piccolo, è diviso in due rioni: Canneto e Montrone, sempre in
conflitto tra loro, anche per i servizi sociali : due scuole materne, due scuole elementari, due scuole medie, due uffici po-
stali, due feste patronali ( in onore di San Vittoriano e San Trifone); l'unica cosa che abbiamo in comune è il Comune.
Mentre stavamo scrivendo questa storia, già discutevamo vivacemente su quale fosse la festa migliore, atteggiamento sicu-
ramente inculcato ed alimentato dai nostri parenti.
LE TRADIZIONI: La festa dell’uva
La festa dell’uva si svolge dal 13 al 15 settembre e quest'anno giunge alla sua 84ma edizione.
Settembre è sinonimo di vendemmia e vino primitivo. Ma non va dimenticata la gustosa uva da tavola pugliese. In suo o-
nore Adelfia celebra la "Festa dell'uva". La sagra è organizzata e sponsorizzata dalla Regione Puglia, dalla Provincia di Bari,
dal Comune di Adelfia e dalla Pro Loco Adelfia, con la collaborazione di Enti, Aziende ed Associazioni locali. Un weekend
gioioso all'insegna della cultura con concerti, spettacoli, folklore, mostre, storia e filatelia. Ma soprattutto all'insegna della
enogastronomia con al centro il prodotto principe della tradizione agricola adelfiese, l'uva da tavola pugliese che dall'anno
scorso si fregia del marchio comunitario IGP, Indicazione geografica protetta.
La festa del SANTO PATRONO: San Trifone e San Vittoriano
La festa di San Trifone si svolge il 10 novembre nel rione di Montrone e attrae molti pellegrini provenienti dal Sud italia;
è tradizione mangiare l’agnello,partecipare alla processione religiosa e assistere allo spettacolo dei fuochi pirotecnici.
La festa di San Vittoriano si svolge nel rione di Canneto nel mese di luglio.
Alcuni antichi detti adelfiesi tramandati
-Timb gnor statt for timb biang fush nanz(Tempo nero rimani fuori tempo bianco vai avanti)
- Fest e mal timb e i frastir a ches (Festa e maltempo e i forestieri a casa)
-Scapp a do uà ka do t’aspettk (Scappa dove vuoi che qui ti aspetto)
-Crisc i ffl, crisc i puerc (Cresci i figli, cresci i porci)
-Na mamm sep cresc cint ffl, ma cint ffl non sapn cresc na mamm
(Una mamma sa crescere cento figli, ma cento figli non sanno crescere
una mamma)
-Sparagn u t’n quand è chien (Risparmia il tino quando è pieno)
-Attak u ciucc a do vol u patrn (Attacca l’asino dove vuole il padrone)
-U l’p perd u p’l ma non u vizzij (Il lupo perde il pelo, ma non il vizio)
-Uacidd pisc u litt e u cul iev mazzet (Uacidd bagna il letto e il sedere prende mazzate)
- L’acqu ca non è fatt in gil stè (L’acqua che non è caduta in cielo sta)
- U’mbtet dopp trè d’ k’mmenz a puzzè (L’ospite dopo tre giorni comincia ad essere indesiderato)
Monica Masiello, Fabiana Lorusso,Martina Moretti
2^BES
Anno XII Numero Speciale PAGINA 15
Il racconto della nonna di Serena
Il mio modo di essere è un po’ legato al passato dei miei parenti, un passato pieno di valori, di fede e di sacrifici. La
nonna mi racconta molto spesso della sua infanzia, quando me ne parla noto nei suoi occhi una luce, una luce che
risveglia tutti i ricordi e che in un certo senso la fanno tornare bambina.
La nonna viveva con i genitori e i suoi fratelli ad Acquaviva, nei pressi della
chiesa di San Benedetto. Gestivano un forno a legna. Le pareti del gran-
de camerone erano annerite dal fumo, in bella mostra c’erano gli attrezzi
del mestiere. Il papà della nonna, d’inverno, tagliava nei boschi qualche vec-
chio albero per poter utilizzare la legna da ardere nel forno. I suoi genitori
si alzavano alle tre di notte per la lavorazione dell’impasto: la farina, dopo
essere stata setacciata, veniva impastata con il lievito; l’impasto si copriva
con alcune coperte e si lasciava lievitare per alcune ore, alcune volte nel
frattempo tornavano a letto per riposare un po’. Più tardi le modellavano in
pagnotte che, adagiate sulle teglie,erano pronte per la cottura. Alle cinque si
accendeva il fuoco, ci volevano circa due ore per raggiungere la temperatu-
ra giusta, poi si seguivano le varie fasi di cottura. A quei tempi non si buttava
niente, la cenere veniva raccolta in secchi, perché serviva per il bucato, ol-
tre a essere un ottimo concime. Il carbone serviva per il fuoco delle
“fornacelle” e la carbonella per accendere i bracieri, fonte di calore per la
casa.
La mattina presto cominciava il via vai dei clienti per acquistare o cuocere
il pane. A quei tempi si respirava nell’aria quel piacevole odore di pane
caldo. Purtroppo il padre di mia nonna venne a mancare all’età di trenta-
sei anni, lasciando nei nostri cuori un vuoto incolmabile. Il lavoro iniziava a
pesare molto di più, la madre aveva bisogno dell’aiuto di tutti i fratelli per
mandare avanti il forno. La nonna e la sorella maggiore si occupavano dei
lavori domestici, ma soprattutto accudivano il fratellino più piccolo, di soli
due mesi, mentre la sorella più piccola fu mandata in collegio dalle suore.
Dopo dieci anni anche la mamma morì, lasciando un vuoto incolmabile: si
sentivano soli e piangevano all’idea di non poter rivedere più i propri genitori. I fratelli erano comunque piccoli e
inesperti e per questo, venne a stare da loro una zia di Santeramo che le aiutò a mandare avanti il lavoro del forno.
Nonostante tutto la nonna e i suoi fratelli sono sempre stati uniti e lo sono tutt’ora , hanno sempre affrontato tutto
con la forza e con il sorriso, lo facevano per i genitori, perché sapevano che non gli avrebbero mai lasciati. Il raccon-
to della nonna mi trasmette molti valori e da questo ho molto da imparare. Come prima cosa l’umiltà nel lavoro, i
sacrifici e la forza di andare sempre avanti. La nonna mi racconta questo con le lacrime agli occhi, ricorda il lavoro
nel forno , la famiglia e i bei momenti con molta nostalgia e rimpianto.
Serena Signorile
2^BES
PAGINA 16
ti felicemente Mi ren-Anno XII Numero Speciale
About my day in China
I live in Beijing, and I study in Beijing National Day
School.
That school has two departments: the normal depart-
ment and the international department. I study in the
international department, and I think maybe there are
some small differences between the international and
the normal department.
Usually, I wake up at around 6:30, and my busy
school day begins at 7:30. We have a short morning
study from 7:30 to 8:00. At 8:00 we have our first
class. In China school, normally, every class takes
around 40 to 55 minutes, and we have 10 minutes break
between every two classes. I have five classes
before lunch, so at 12:25, the morning lessons finish and
everybody goes to have lunch. We can have break from
12:25 to 13:30 and at 13:30 we start studying again. I have
three classes in the afternoon, usually at 16:10, we finish
all the classes but we can’t leave school. From 16:10 to
17:20, we can go to ‘clubs’, do sports, walk around in
school or stay in the class doing something you like. At
17:20, our school time finishes but some students stay in
the classroom cleaning the classroom, other students go
home. In China, not all the schools have clubs, our school
is special. Also, there is a difference between Chinese school and Italian
school, in China, if some students live far away from school, the can live
in school through the week time, we have school dormitories in every
school. Every Monday morning, all the students and teachers will get
together in the playground and have a raise flag ceremony.
In China, we have five school days in every week: from Monday to
Friday, on Saturday and on Sunday we are free. But at weekends, almost
all the students in Beijing have after-school classes, learn something they
are not good at school. It’s not a school organization, it just because of
the things we study are difficult and there is an intense competition
among students.
This about my day in China, I’m glad to share how my life to you.
Tian Jiatong(Tessy) 1^AES
Anno XII Numero Speciale PAGINA 17
Il Brigante “Senzafegato”
Francesco Buono, il brigante
detto “Senzafegato”, visse a
Santeramo attorno al 1860.
Da tempo cercava di rapire An-
tonio Di Santo, un ricco pro-
prietario terriero della zona, sen-
za mai riuscirvi. Appostamenti e
agguati risultavano sempre vani.
Il motivo va ricercato, dice la leg-
genda, nel fatto che il Di santo
aveva un cavallo che fiutava i briganti a diverse decine di metri, per cui ogni
volta che passava in posti dove i briganti attendevano al varco il ricco proprie-
tario, l’utile cavallo girava la schiena e , a gran galoppo, si dileguava.
Ma un giorno, attraversando un fitto bosco di lecci in località “La Gravinella”, il cavallo, forse per un raffreddore o
per un altro improvviso motivo, non sentì i briganti e il povero Di santo fu acciuffato, legato, imbavagliato e gli fu
tagliato un orecchio. Il giorno seguente i parenti dello sfortunato, si videro recapitare l’orecchio ancora sanguinante
dell’ostaggio, assieme alla
richiesta di 5.000 ducati
d’oro per la sua liberazione.
Intanto l’ostaggio era tenu-
to prigioniero in una grotta
nascosta tra i boschi della “
Gravinella”, conosciuta,
allora come oggi, col nome
di “Parco dei briganti”.
Il brigante “senza fegato”,
dopo aver intascato i soldi del riscatto, liberò Antonio Di Santo, il quale per parecchio tempo si portò dietro il ter-
rore dei briganti e dei giorni di prigionia.
In molti, nel corso degli anni, si sono messi alla ricerca della grotta dei briganti, ma il bosco è così intricato da alberi
di rovere che continua a custodire il suo segreto.
Andrea Riviello 1^BL
PAGINA 18
ti felicemente Mi ren-Anno XII Numero Speciale
Il racconto di Miriana
MORGAN
Era così dolce che mi si stringeva il cuore a guardarlo. Era piccolo e negretto,con i capelli
scuri e due occhi neri come la notte. A mio parere era la creatura più bella del mondo. Si
chiamava Morgan e aveva solo otto anni. I miei genitori lo avevano adottato a distanza e da
qualche mese mandavano i soldi per mantenerlo. Per me era già un fratello. Ci scrivevamo
lettere ogni settimana. Era bellissimo tornare da scuola e trovare ogni settimana una sua let-
tera nella cassetta della posta. Adoravo le sue lettere. Il foglio sul quale scriveva era curioso.
Sembrava una specie di pergamena egiziana,ma a mio parere era bambù. Era un foglio rigi-
do,ruvido e verdastro. I bordi erano irregolari,sembravano strappati. Nulla a che vedere con i
nostri fogli bianchi,lisci,leggeri e precisi. Anche l’inchiostro era particolare. Certo in Kenya le
penne bic non dovevano essere molto diffuse. Era un inchiostro blu,molto acquoso. Sicura-
mente era un inchiostro naturale. Per essere Africano e avere solo otto anni,parlava molto bene l’italiano.
Ormai ero impaziente di cono- scere di persona il mio fratellino e i miei genito-
ri gli pagarono il biglietto d’aereo per l’Italia.
Quando lo vidi la prima volta me ne innamorai.Indossava una t-shirt a righe
arancione e rosso,dei bermuda bianco sporco e dei sandali marroncini. Non mi
scorderò mai la sua espressione quando lo andai a prendere in aeroporto. Con
gli occhi si guardava intorno con la bocca spalancata. ‘’Qui è tutto così gran-
de e lussuoso ’’ Dis- se,incredulo. Sorrisi. Era solo l’aeroporto di
Bari,non era nulla di specia- le,tanto meno lussuoso. Se avesse visto
l’aeroporto di Roma o di Mila- no sarebbe impazzito.
Ci spiegò che il suo aeroporto era una ‘’casetta di legno, che nel parcheggio
aveva due auto con le ali ’’.Quell’ espressione mi fece riflettere sulle con-
dizioni in cui viveva nel suo pa- ese d’origine.
Dopo le varie presentazioni andammo al bar dell’aeroporto. Chiesi a mio padre di comprare una barretta di cioccolato al
latte,avevo troppa fame. Quando la scartai mio padre mi chiese un pezzo e io
risposi di no,in maniera arrogante. Forse era per la fame. La cosa più bella fu
che Morgan mi riprese.”Da dove vengo io, se a casa si porta qualcosa da man-
giare, lo si divide in famiglia in parti uguali. Tuo padre non è stato egoista com-
prandoti il cioccolato mentre tu si.” Mi vennero i brividi. Era un ragazzino abi-
tuato ad avere poco da mangiare,ecco perché in famiglia lo dividevano. Aveva
ragione. Anche se noi in Italia di cibo ne abbiamo in abbondanza,non per que-
sto dovremmo tenerlo per noi. Anzi,proprio perché ne abbiamo di più do-
vremmo dividerlo con gli altri.
Anno XII Numero Speciale PAGINA 19
Sorrisi a Morgan,mi piegai in ginocchio,davanti a lui e
accarezzandogli i capelli dissi “Hai ragione piccolo”.Diedi un pezzo
a mio padre,uno a mia madre e uno lo presi per me. Il resto della
barretta lo lasciai a Morgan dicendo”Tieni piccolo,te la meriti”.Gli
brillavano gli occhi. Forse non aveva mai avuto un dolce così
“grande”.
Mentre ci recavamo verso l’uscita dell’aeroporto,Morgan,iniziò a
stringere le gambe. Gli scappava un bisognino. Lo presi per la ma-
no e lo portai nel bagno delle donne con me. Mi faceva ridere:
giocava con lo scarico a sensore e si divertiva sotto il getto d’aria
per asciugare le mani. Era meraviglioso.
Andammo nel parcheggio per prendere la macchina. Quando la vide spalancò la bocca. Non era un super macchino-
ne sportivo. Anzi,era piccolina, una utilitaria.”Da noi non esistono macchine così. Le più costose sono delle gip, ma
di solito si va in giro con un car- ro.”Era chiaro. Non aveva mai visto una
macchina come quella.
Durante il viaggio dall’aeroporto a casa si divertì tantissimo. Li piaceva
poter viaggiare in una macchina “moderna”.Così la definiva lui.
Giunti a casa era sempre più sor- preso.”Casa mia è una capanna di paglia
e fango. Questa è di cemento. Finalmente starò in una casa di cemen-
to.”Più lo guardavo e più mi si stringeva il cuore. Per lui erano assurde
cose che per me erano normali.
A tavola prima del pranzo pregò. Non era cristiano. Era musulmano. Non
capii una parola della sua preghie- ra,ma lo lasciavo parlare,senza disturbar-
lo. Ne ero incantata.
Io e Morgan parlammo molto della religione. Capii che solo alcune usanze erano diverse dalle nostre. Ma credevano
in un Dio esattamente come noi. Le due religioni hanno solo cultura e usanze diverse.
Parlammo molto io e quel bambino. Parlammo delle diverse usanze dei
nostri due popoli,delle feste religiose.
Qualche giorno dopo ripartì. Ma quando Morgan se ne andò, portò
con se un pezzo del mio cuore. Insieme ad un pezzo di mondo.
Mastronardi Miriana 1^BL
PAGINA 20
ti felicemente Mi ren-Anno XII Numero Speciale
La leggenda di Bianca Lancia
La storia d'amore tra Bianca Lancia e Federico II è da sem-
pre sulla bocca di tutti. Molte sono le leggende che parlano
di questi due amanti che vissero la loro breve vita familiare
nel castello di Gioia del Colle. Ogni gioiese non può non
aver
letto o
sentito
parlare
di que-
sta leg-
genda. I
due si
incon-
trarono
nel pae-
sino e il
loro fu
amore a prima vista: passionale, quasi perfetto, e solo la
gelosia fu in grado di distruggerlo. Trascorsero tre anni e
tutti sapevano della loro relazione, ma nessuno osava criti-
care il grande imperatore. Tutto sembrava andare per il
verso giusto, finchè non accadde la disgrazia, e qui inizia la
macabra leggenda. Bianca Lancia, dopo il primo figlio, rimase
incinta per la seconda volta, ma questa gravidanza insospettì
Federico II che, follemente geloso, pensò che il figlio non
fosse frutto del suo seme e decise di imprigionare Bianca in
una torre del castello costringendola ad una gravidanza sof-
ferta e dolorosa. Subito dopo la nascita del neonato, la don-
na decise di tagliarsi i seni e offrirli al marito su un vassoio
d'argento. Federico, comprese di aver fatto un gravissimo
errore decise quindi di correre da Bianca Lancia,ma, appena
entrò nella torre trovò la donna ormai morta. Leggenda
narra che, da allora, lo spirito di Bianca vaghi ancora in
quella torre e che passando dal castello di sera si possa
scorgere dalla finestra un' ombra e il rumore di oggetti che
la donna lancia. Bianca, ancora adirata, vaga nel castello in
cerca di Federico per compiere la sua vendetta. Questa è
solo una leggenda, non credeteci troppo, ma chissà che die-
tro di essa non ci sia un velo di verità.
Annamaria Alfarano 1^BL
Liceo Linguistico – Liceo Pedagogico – Liceo Scienze sociali - Liceo Musicale
Sede centrale: Via Roma- Tel . 080/759347 – 759348 - Fax 080/761021 -
C.F. 82003310727Succursale: Via Paolucci-Tel. 080/761061 -- Distretto n.
BA 14 - Cod. Scuola BAPM05000B email:www.liceodonmilaniacquaviva.it
Cerchiamo di vivere in pace,
qualunque sia la nostra fede, il
colore della nostra pelle, la nostra
lingua e le nostre tradizioni. Impa-
riamo a tollerare e ad apprezzare
le differenze. Rigettiamo con forza
ogni forma di violenza, di sopraffa-
zione”
Margherita Hack

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Numero speciale 2014

  • 1. Anno XII Numero Speciale ...Per trovare risposte a domande alle quali non sappiamo risponde- re da bambini, tendia- mo a immaginare si- tuazioni o personaggi per spiegarle. Nell’immaginazione di un bambino tutto può essere plausibile… Olga Armigero 2^BL
  • 2. PAGINA 2 Anno XII Numero Speciale La Redazione DOCENTI : Nardulli - Sportelli STUDENTI: He Zixuan, Alfarano Annama- ria,Mastronardi Miriana,Riviello Andrea,Gravina Aurora,Bitetti Marco,Panzarini Anna Giu- lia,Kozihon Alina,Armigero Olga,Petre Simona, Moretti Martina,, Signorile Serena,Lorusso Bea- trice, Masiello Monica, Buono Ciro,Maggialetti Alessia,Tian Jiatong (Tessy) Indice Una riflessione sul progetto pag.2 Le mie origini pag. 3-4 Intervista a Maria Simona Petre pag. 5 “Karmeliuk” un eroe popolare pag. 6 La leggenda di Bianca Lancia pag. 7 L’amore porta dolore pag. 8-9 La mia storia pag. 10 “Nostalgia” pag. 11 Un’antica leggenda polacca pag. 12 The Prince De Mari pag. 13 Adelfia: Canneto e Montrone pag. 14 Il racconto della nonna di Serena pag. 15 About my day in china pag.16 Il brigante”Senzafegato” pag 17 Il racconto di Miriana: Morgan pag 18-19 La leggenda di Bianca Lancia pag 20 Una riflessione sul progetto... Questo numero del giornale d’istituto “ I care” è la raccolta di alcuni lavori realizzati dagli studenti del biennio che hanno partecipato al progetto dal titolo “Io mi racconto così”. Il laboratorio di lingua creativa ha rappresentato il luogo d’incontro di cultu- re, lingua e tradizioni degli studenti che si sono relazionati raccontando le proprie storie, le proprie fantasie e leggende, intersecandole e miscelandole con il proprio vissuto multietnico, coniugandone le tradizioni che connota- no un popolo e ne esaltano il senso di appartenenza. L’affabulare risale alla notte dei tempi e rappresenta il trait d’union tra pas- sato e presente, possiede in sè il meraviglioso e la capacità di narrarsi. È per questo che il racconto ha veicolato la comunicazione tra il gruppo dei par- tecipanti formato da ragazzi stranieri ed italiani, diversi per provenienza e livello di apprendimento della lingua 2. Scrittura e riscrittura hanno permes- so la creazione di racconti semplici ma originali, frutto di significativo impe- gno e vivacità nel voler condividere le proprie esperienze, in un percorso che ha reso possibile un processo di integrazione degli stranieri e di socia- lizzazione con gli studenti italiani. La redazione “ Non importa se un gatto è bian- co o nero, finché cattura i topi” Deng Xiaoping “ Lo straniero è in noi. Quando fuggiamo o combattiamo lo stra- niero, lottiamo contro il nostro inconscio” Julia Kristeva
  • 3. PAGINA 3 Anno XII Numero Speciale Le mie origini... Il mio nome è Simona e provengo da un piccolo paesino della Romania chiamato Calarasi. Sono arrivata in Italia nel 2006 insieme alla mia famiglia , ma ogni estate torniamo nel nostro paese per passare un po’ di tempo con i parenti. La Romania è un paese affascinante, ricco di città medievali con castelli e fortezze , chiese costruite in legno e monaste- ri affrescati, di città nascoste tra le colline, ideali per trascorrere delle vacanze rilassanti nei centri termali e fare delle passeggiate tra la natura incontaminata. Come ogni paese del mondo anche la Romania possiede delle proprie tradizioni e caratteristiche. A detta di molti visitatori il folklore rumeno è probabilmente il più vario e tradizionale dell’intera Europa; ogni regione è caratterizzata da un costume tipico.I rumeni sono persone vivaci ed allegre sempre pronte a festeggiare per i propri ospiti. Le feste San Nicola: Le feste invernali iniziano il 6 dicembre con il giorno di San Nicola, durante il quale i bambini se sono stati buoni durante l’anno,ricevono i regali o un bastone nelle scarpe (lasciate da loro per tradizione vicino alla porta) se devono essere puniti. Colindatul: Durante le feste natalizie i bambini rumeni, vestiti con abiti caratteristici, si recano in visita nelle case per il Colindatul, gli auguri cantati, in cambio di una tradizionale ciambella dolce intrecciata,simbolo di prosperità. Tra i canti più intonati ci sono “Mos Ajunul” (Babbo Vigilia), “Steaua” (La stella) e molti altri. Pasqua:In Romania la Pasqua è una festa molto sentita e i credenti digiunano nei 40 giorni precedenti per purificare il corpo e lo spirito. La Settimana Santa è aperta dalla “Domenica dei fiori”, vengono rievocate le passioni di Cristo, il Giovedì Santo vengono letti i 12 Vangeli,uno per ogni ora del giorno.Il Sabato sera si celebra la suggestiva Messa della mezzanotte. Durante la settimana le case vengono dipinte, i giardini sistemati e iniziano anche i preparativi per il pranzo pasquale,durante il quale tutti gli invitati indossano vestiti nuovi. I bambini ricevono uova dipinte,dei veri e propri capo- lavori ,che il capofamiglia rompe sbattendole contro quelle del suo vicino dicendo : “Hristos a inviat” (Cristo è risorto), e l’altro risponde “Adevarat a inviat” (è veramente risorto). Martisor: La festa di Martisor segna l’arrivo della primavera e si celebra il 1° marzo. La festa nasce dalla leggenda di un giovane rumeno che ha sacrificato la sua vita per liberare il sole dall’inverno. Durante il Martisor si regala un ciondolo con un filo intrecciato di due colori: rosso come il sangue, e bianco come la neve. Il ciondolo è un portafortuna e allon- tana dalle malattie e dal malocchio. (segue a pag.4) Romania di Simona Petre 1^BL
  • 4. PAGINA 4 Anno XII Numero Speciale (segue da pag.3) Natale: Le tradizioni rumene natalizie sono molto varie e mostrano la complessità della mitologia po- polare, nella quale si fondano gli elementi religiosi cristiani con quelli pagani. A Natale è tradizione sa- crificare un maiale incidendolo sulla gola e con il suo sangue segnare la fronte dei bambini con il segno della croce per avere la benedizione e protezione di Dio. Tutti i bambini,come anche in Italia, si impe- gnano a fare l’albero di Natale, aspettando con ansia l’arrivo di Mos Craciun (Babbo Natale). Ritornando a me, sono fiera di essere rumena e amo il mio paese come ogni cittadino ama il suo. Non bisogna mai vergognarsi per la propria provenienza o giudicare il modo di fare e di pensare di qualcuno di diversa nazionalità perchè essere diversi è una grande ricchezza. POESIA: Ce-ti doresc eu tie, dulce romanie di Mihai Eminescu Ce-ţi doresc eu ţie, dulce Românie, , Ţara mea de glorii, ţara mea de dor? Bratele nervoase, arma de tărie, La trecutu-ţi mare, mare viitor! Fiarbă vinu-n cupe, spumege pocalul, Dacă fiii-ţi mândri aste le nutresc; Căci rămâne stânca, deşi moare valul, Dulce Românie, asta ţi-o doresc. […] (TRADUZIONE) Cosa desidero per te dolce Romania, Paese mio di glorie,paese che mi manca. Le braccia nervose, L’arma di forza, Il tuo passato è grande,e grande è anche il tuo futuro! Bollisca il vino nei calici,che fuoriesca da esso, Se i figli sono fieri questo desidero per loro; Perché rimane lo scoglio anche se muore l’onda, Dolce Romania, questo desidero per te ![…]
  • 5. PAGINA 5Anno XII Numero Speciale Simona mi ha parlato del loro cibo tipico natalizio, di Capodanno e dei rituali quotidiani Il loro cibo tipico natalizio è il Sarmale, involtini di carne e riso con foglie di verza; a Capodanno la tradizione prevede la Salata Biof, un’ insalata con- dita con legumi, sottaceti, petto di pollo bollito e maionese. Invece il cibo tipico che si potrebbe trovare sulla tavola di una giornata qualsiasi è rappresentata da brodi preparati in tanti modi diversi; poi gustano anche la Sun- ca, il grasso di maiale che ha il potere di riscaldare nelle fredde giornate d’ inver- no; invece come stuzzichino-passatempo mangiano semi di girasole. Diversamente dall’Italia, la pasta si prepara una volta al mese. LE TRADIZIONI: Simona mi ha raccontato anche delle diverse tradizioni in uso nel loro paese, soffermandosi sul rito del matrimonio. Dopo la celebrazione della Messa in chiesa il rituale consiste nel mettere sulla testa della sposa un piatto con sopra una ciambella, che viene frantumata e poi data agli invitati. Questo rito segna il passaggio della sposa da signorina a moglie. A Pasqua, è tradizione decorare in casa le uova con pennelli artigianali prodotti dalle nonne e ricavati dai peli di coda di cavallo. Nel giorno di Pasqua, due persone prendono un uovo ciascuno e le sbattono l’uno contro l’altro mentre pronunciano questa formula: “Cristo è risorto!”, mentre l’altro risponde: “Davvero risorto!”. Questo sarà il loro saluto per 40 giorni. Natale e Capodanno sono due festività con tradizioni uguali all’Italia. Aurora Gravina 1^ BL Intervista a Maria-Simona Petre Con Simona ho fatto amicizia e mi ha parlato della sua Romania, ricavandone queste informazioni Simona è una rumena del Calarasi, una regione a sud della Romania.Dalla conversazione con Simona è emerso quanto i rumeni amino il divertimento, la musica e soprattutto le feste. La Romania è suggestiva per le zone di montagna e per le interessanti zone turistiche, come il famoso castello di Dracula. Questo Castello si chiama Bran ed è visitabile con tutti i suoi oggetti appartenuti a Dracula, compreso il sarcofago e le sue ceneri.. In Romania Dracula viene chiamato Vlad Tepes dato che uccideva servendosi di una lancia coloro che osavano rubare i suoi calici d’oro che lui stesso sistemava ad ogni fontana della città.
  • 6. PAGINA 6 Anno XII Numero Speciale Ustym Yakymovych Karmeliuk (Устим Якимович Кармалюк) 10 marzo 1787 - 22 ottobre 1835 Karmeliuk un eroe popolare Un contadino ucraino fuorilegge Karmeliuk, forzatamente inserito nell’ Armata Imperiale Russa, fuggì organizzando bande di ribelli che hanno attaccato i commercianti e proprietari terrieri. Cattu- rato nel 1814, fu condannato a Kamianets-Podilskyi per eseguire un guanto di 500 " spitzruten colpi ", una tipica punizione militare. Inviato per scontare 25 anni di servizio in una unità militare in Crimea , fuggì di nuovo, tornando a nord di Podilia . Ancora una volta riuscì ad orga- nizzarsi con gruppi di ribelli in Proskuriv , Letychiv e Lityn, con l’ appoggio di serbi, ebrei e anche dei polacchi. Le ribellioni intensificate nel corso degli anni, si erano diffuse non solo in altre parti del Podilia , ma anche nelle province limitrofe di Volynia , Kyivshchyna e Bessarabia . Karmeliuk fuggito dal castello dove era tenuto prigioniero, fu catturato di nuovo nel 1817-1818. La seconda volta condannato a 25 colpi con il knut di fronte al municipio e inviato alla lontana Siberia . Nel 1822, fu arrestato e incarcerato per la terza volta a Torre del Papa del Castello. La notte del 12-13 marzo 1823, Ustym Karmeliuk organizzò una fuga con i suoi compagni, durante la quale fu ferito per poi essere catturato solo due setti- mane più tardi. Disavventure di Karmeliuk e numerosi arresti hanno provocato 20.000 oppressioni di polacchi. Ci furono oltre 1.000 incursioni nelle tenute dei proprietari terrieri polacchi e russi nel corso di un periodo di 20 anni. La risposta dello Zar era di posizionare unità militari in quelle regioni colpite da Karmeliuk,il quale catturato quat- tro volte e condannato ai lavori forzati in Siberia, riuscì a fuggire ogni volta. Una torre del Castello Kamianets-Podilskyi porta il nome del suo famoso pri- gioniero. Karmeliuk non aveva alcun rancore verso i poveri di tutti i gruppi etnici e le minoranze in Ucraina, gli ebrei in particolare, e di conseguenza essi lo sostennero in massa. Molti ebrei sono stati perseguitati per aver partecipa- to alle ribellioni di Karmeliuk. In generale, Karmeliuk ispirava fedeltà in tutti i suoi sostenitori. Il 22 ottobre 1835, un drappello zarista, nella frazione di Shlyakhovi-Korychyntsi vicino Derazhnia, tese con successo un'imboscata alla banda. Karmeliuk fu ucciso, all'età di 48 anni. Il suo corpo fu portato a Le- tychiv dove fu sepolto. Un monumento in suo onore è stato eretto lì nel XX secolo. All'uomo che ha ucciso Karmeliuk, nobiluomo polacco F. Rutkovsky, è stata data una medaglia dallo Zar stesso e gli è stata concessa una pensione vitalizia. Secondo la leggenda, Karmeliuk era impermeabile alle pallottole, e fu ucciso da un tasto dell'indumento di piombo. Alina Kozihon, 2^BL
  • 7. - PAGINA 7Anno XII Numero Speciale Bianca Lancia During the cold winter evenings when I went to my grandmother’s house. I was very happy because she used to tell me intriguing and myste- rious fairy tales and leg- ends. So I spent some cheerful hours with her. She held me on her knees and sitting in front of the fireplace she be- gan to speak in a low voice about the stories and experiences of some of the most important people in my town Gioia del Colle. One of my favourite legends was the tragic life of Bianca Lancia. In Gioia del Colle there is a castle that was the hunting residence of emperor Federico II, Costanza’s d’Altavilla son. Federico was deeply in love with princess Bianca Lancia but because of his suffocating and obsessive jealousy he ordered to shut up the poor Bianca Lancia in one of the rooms of the castle. The desperate princess lived in insolation for many days, she was sad and depressed in the small cell because she couldn’t believe her lover Federico thought the baby was not his. When the little baby was born she killed herself by cut- ting both her breasts. Before dying she ordred the servant to put on a tray her breasts and the child and to bring them to Federico. The em- peror recognized a resemblance in the baby and realized he had been cruel and had misjudged the princes. Taken by remorse he ordered to unlock Bianca Lancia but she was already dead. Since that day every night in the castle tower, now called the empress tower, you can listen to an excruciating lament: the lament of a woman that shouts endlessly her innocence. Alessia Maggialetti 2CL La leggenda di Bianca Lancia (traduzione) Durante le fredde serate d’inverno, quando mia madre mi lasciava dalla nonna, ero molto felice perché mi rac- contava leggende e fiabe intriganti, trascorrendo delle ore spensierate insieme a lei. Mi prendeva sulle ginocchia e, seduta di fronte al camino, iniziava con tono sommesso a narrarmi le vicende di al- cuni dei personaggi più importanti del suo paese, Gioia del Colle. A Gioia vi è un castello che fu l’antica dimora di caccia dell’imperatore Federico II,figlio di Costanza D’Altavilla. Federico, pur innamorato della principessa Bianca Lancia, a causa della sua gelosia, durante la gravidanza del figlio Manfredi, dubitando della sua fedeltà, la fece rinchiudere in una delle stanze del castello. La povera principessa visse per giorni e giorni isolata nella cella dove diede alla luce un maschietto, Manfredi. Tuttavia per la profonda umiliazione, si tolse la vita ta- gliandosi entrambi i seni e ordinò al servo di consegnarli insieme al bambino su di un vassoio. L’imperatore riconobbe nel neonato una somiglianza e si rese conto di aver mal giudicato la principessa. Preso dal rimorso ordinò ai suoi servi di liberare la donna che pur- troppo era già morta. Da quel giorno, ogni notte, nella torre del castello detta ora Torre dell'Imperatrice si sente un sommesso, stra- ziante lamento: il lamento di una donna offesa che prote- sta all'infinito la propria innocenza. AlessiaMaggialetti 2CL
  • 8. PAGINA 8 Anno XII Numero Speciale L’AMORE PORTA DOLORE Chi ha detto che le storie d’amore non possono avere una fine tragica ed essere comunque romantiche e passionali? Le storie d’amore più belle sono quelle impossibili,quelle piene di problemi o quelle che spesso possono portare alla morte. Questo perché l’uomo e la donna non si tollerano,ma in un modo o nell’altro sono sempre e comunque attratti l’uno dall’altra. A volte la vittima è un uomo,rapito dalla bellezza di una donna,che lo costringe a fare ciò che lei vuole. In altri casi è la donna a soffrire o anche a morire per il suo uomo. Una donna innamorata può essere picchiata,giudicata,umiliata e accusata dal proprio uomo di cose che non ha mai fatto e continuare ad amarlo con tutta se stessa. Que- sto è il caso della principessa Bianca Lancia,della famiglia dei conti di Loreto.Lei fu l’unica donna che riuscì a conquistare l’inarrivabile cuore dell’imperatore Federico II di Svevia.Quella povera donna,dovette sopportare un’umiliazione troppo grande. La loro leggenda è sempre stata raccontata come un capitolo di storia che i ragazzi non vogliono leggere perché leggono e studiano capitoli di storia tutti i giorni. Una storia come quella fra Bianca Lancia e Federico II va vissuta con il cuore, provando a rivivere le emozioni che ha provato la principessa. I due amanti si conobbero al matrimonio di Jolanda di Brienne nel 1225.Federico rima- se immediatamente incantato dalla bellezza di Bianca.
  • 9. PAGINA 9 Anno XII Numero Speciale Quest’ultima,invece,rimase folgorata dai penetranti ed intensi occhi blu dell’imperatore, occhi che, solo a guardarli, scatenavano in lei le più belle emozioni che una donna potes- se provare. Fra loro fu subito amore. Il così detto colpo di fulmine esisteva anche nel Medioevo e non esiste cosa più bella di due persone che si innamorano solo guardandosi negli occhi una sola volta. Dalla loro unione nacquero figli illegittimi: Costanza,Manfredi e probabilmente anche Violante. Federico e Bianca erano felici ed innamorati,fra loro procedeva tutto meravigliosamente. Purtroppo questo benessere fu brutalmente interrotto dalla gelosia di Federico. Egli,convinto che la sua amata Bianca lo tradisse,la rinchiuse nella torre del castello svevo di Gioia Del Colle,in Puglia,mentre era incinta di Manfredi. L’imperatore si sbagliava,la principessa non lo aveva mai tradito,ma era troppo accecato dall’odio per capirlo. Come biasimarlo. L’odio molto spesso nasce dall’amore. Lui era così innamorato di Bianca che non poteva sopportare che lei lo avesse tradito,come qualunque essere umano innamorato. Bianca Lancia non stava certo meglio. Non avrebbe mai potuto tradire il suo amato Federico dagli occhi blu,era innocente e si sentiva umiliata per essere stata accusata di adulterio. Essere accusati dall’uomo di cui si è innamorate deve essere terri- bile e per lei era un dolore troppo grande da dover sopportare sola,isolata in una torre e con in grembo il figlio del suo amato. Era così disperata e umiliata che dopo aver partorito,si tagliò i seni. Bianca li inviò a Federico su un piatto d’argento insieme al neonato.Dopo di che,morì,passando ad altra vita. Entrambi avevano perso una cosa importantissima: Bianca perdendo la fiducia del suo amato si tolse la vita,pur di dimostra- re che era innocente. Federico,invece,perse l’unica donna che lo aveva fatto innamorare perdutamente e l’unica che lo ama- va veramente con tutta se stessa. Nonostante la fine sia tragica,la storia fa riflettere sul significato dell’amore e fa sognare tutti coloro che sono sempre stati inguaribili romantici. Non per tutti questa leggenda è vera. Secondo alcuni nel 1246 Federico,rimasto vedovo della terza moglie,Isabella,si trasferì da Foggia al castello di Gioia Del Colle,dove trovò una Bianca Lancia sofferente. L’amante gli chiese di legittimare i loro tre figli unendosi con lei in matrimonio. Federico acconsentì e questo permise a Bianca di essere per pochi giorni un’imperatrice. Secondo altri,invece,il matrimonio avvenne in punto di morte di Federico,alla fine del 1250. Qualunque sia la vera storia,nessuno può negare il grande amore nato fra Federico II e Bianca Lancia. Ma non tutto è dolce e romantico.Si narra che dalla morte di Bianca Lancia dovuta al suo disperato taglio dei seni,ogni not- te,nella torre del castello ora soprannominata la Torre dell’Imperatrice,si senta un sottile,ma straziante lamento: il lamento di una donna offesa che protesta la propria innocenza. Questo dimostra che una donna innamorata,ma offesa,anche nella morte,non si arrende MAI! Mastronardi Miriana 1^BL
  • 10. PAGINA 10 Anno XII Numero Speciale La mia storia L’Italia, il mio secondo paese Sono una ragazza cinese e ho 15anni. Sono venuta in Italia a maggio del 2009. Tutti mi chiedevano il motivo per cui ci sia- mo spostati ed io ho risposto dicendo che volevamo conoscere l’Italia, questo paese sconosciuto. La prima parola italiana che ho imparato è stata ACQUA e dopo, con l’aiuto delle professo- resse e amiche ho cominciato ad imparare la lingua italiana. Adesso siamo nel 2013 sono in Italia da 4 anni , mi sento accet- tata, perché ho fatto delle amicizie. Le differenze tra i cinesi e italiani sono molte, per l’aspetto fisico,il cibo, il modo di vivere, il modo di festeggiare. Per noi cinesi, gli stranieri hanno i capelli biondi, gli occhi azzurri, il naso all’insù; mangiano sempre panini, insalata, pizza; il lavoro che loro svolgono è meno pesante; gli italiani festeggiano ogni occa- sione mentre noi cinesi non festeggiamo per esempio il Natale e il carnevale. Per voi italiani, i cinesi vi sembrano tutti uguali perché abbiamo i capelli neri, gli occhi neri o marroni, il colore della pelle non è bianca come la vostra. Noi mangiamo soprattutto il riso, la pasta. I cinesi pensano sempre a lavorare, le ore di lavoro svolte sono sempre di più ri- spetto a quelle degli italiani. L’estate del 2011 sono tor- nata in China con mia madre e mia sorella, ho avvertito il cambiamento:la strada in cui correvo con le mie amiche non è più di pietra, le case vecchie sono state abbattute, il fiume dove pescavano non è più inquinato, tutto era cambiato. Secondo me una grande differenza tra questi due paesi è l’aria che si respira. In Cina, subito fuori dall’aeroporto, non riuscivo a respirare e il calore era insopportabile; tornata in Italia, ho subito avvertito un’aria più pulita e per questo mi sento benissi- mo. L’ Italia è diventata il mio secondo paese, qui ho la mia famiglia, le mie amiche, non mi sento sola, la China è il mio paese originario, lì ho i nonni, gli zii, anche le mie amiche che ho conosciuto da piccola. Se mi chiedi di scegliere tra China e Italia, ti rispondo tutti e due sicuramente. Stella He I^BL “ … e c’è spazio nel giardi- no per ogni fiore” Marianne Williamson
  • 11. PAGINA 11Anno XII Numero Speciale
  • 12. PAGINA 12 ti felicemente Mi ren-Anno XII Numero Speciale Un’ antica leggenda polacca DRAGON SMOK WAWELSKI I KRÒL KRAK (IL DRAGO SMOK WAWELSKI E IL RE KRAK) Tanto tempo fa, quando Cracovia era un piccolo paese situato vicino al fiume Wisła, governava un re che si chiamava Krak. Era un re intelligente, coraggioso e giusto. Sotto il suo governo, la città creb- be in forza e ricchezza. Molti commercianti, che vendevano preziosi ornamenti e ogni sorta di prodotti, si arricchirono. Il re Krak governò felicemente per tanti an- ni. Improvvisamente, una notte, in una vuota caverna ai piedi del colle di Wawel, non si sa da dove, apparve un terribile drago. Il mostro era immenso, coperto di squame verdi e dalle sue fauci, che mostravano denti grandi e affilati, usciva una fiamma enorme. Quando videro questo rettile così vicino al castello, gli uomini furono presi dal panico e dal terrore. Il drago aveva una fame terribile e rapiva in continuazione il bestiame al pascolo. Tutti coloro che osavano avvicinarsi alla sua grotta diventavano le sue vittime. Il drago stava bene, cresceva e con lui anche il suo appetito. Il re Krak non era più giovane, e non potendo combattere da solo contro il drago, rese pubblico che chi avesse abbattuto il drago e liberato la città avrebbe avuto metà del suo regno e sua figlia in sposa. Presto il suo proclama giun- se alle orecchie di cavalieri e principi che abitavano nei pressi di Cracovia e anche a forestieri. Alcuni arrivarono da soli, altri con i loro scudieri, altri ancora con tutte le truppe. L'entrata di ognuno era accolta con grida di gioia e con la speranza di liberarsi di quella terribile bestia. Purtroppo il drago si dimostrava sempre il più forte di tutti. Il fuoco che usciva dalla sua bocca, le squame dure come l'acciaio e i suoi denti affilati lo rendevano invincibile. Molti uomini persero la vita combatten- do contro di lui, e le ossa dei guerrieri che si vedevano davanti alla caverna scorag- giavano tutti gli altri dal tentare l'impre- sa. Soltanto pochi erano riusciti a scap- pare “vivi”. Ogni giorno arrivavano sem- pre meno cavalieri. Poi non arrivò più nessuno. Gli abitanti si abbandonarono alla disperazione, perché non avevano più la speranza di liberarsi del drago. Un giorno si recò dal re un uomo coraggio- so. Era strano, un giovane non appari- scente, un calzolaio di Cracovia che si chiamava Szewczyk Dratewka, sembrava non avesse la minima possibilità di com- battere contro il drago, dato che tanti forti ed esperti cavalieri avevano perso la vita. Il calzolaio pensava di battere la bestia non con la spada, ma con l'aiuto di uno stratagemma. Perciò uccise un gran- de ariete, lo svuotò delle interiora e mise al posto di quelle zolfo e catrame. Di notte si avvicinò alla caverna e lasciò lì l'ariete, che da lontano sembrava proprio vivo. All'alba, quando il drago affamato uscì dalla grotta, vide quel boccone invi- tante, vi si buttò sopra e lo divorò. Dopo un attimo, sentì dentro lo stomaco un grande bruciore. Per spegnere il fuoco, iniziò a bere l'acqua del fiume. Bevve, e la sua pancia crebbe a dismisura fino a scoppiare con un fragore tremendo. Gli abitanti al rumore provocato dallo scoppio, si recarono al fiume e urlarono di gioia. Così il calzolaio sposò la principessa e ricevette metà regno. Dopo la morte del re, assunse il potere e governò con giustizia. Con la pelle del drago fabbricò parecchie paia di scarpe. Marco Bitetti, 2^AL
  • 13. Anno XII Numero Speciale PAGINA 13 The Prince “De Mari” A long time ago, Prince De Mari ruled and lived in Acquaviva in a big castle. His subjects lived near the castle in poor houses made of straw. The prince was not loved by his subjects because he levied many taxes and they tried to re- bel against him. To prevent the assault, the Prince ordered the construction of big masks with their tongue sticking out around the perimeter of the castle (which is now used as the Town Hall). One of the prince’s servants told the citizens that if they attacked the castle they would be damned by the masks. A few years later the citizens realized the servant had lied and so they attacked the castle. The Prince fled though an underground tunnel and he was never heard of again. This story has taught me that you must never take advantage of others. . Traduzione Tanto tempo fa ad Acquaviva regnava il Principe De Mari , viveva in un castello circondato da case di paglia dove abitavano i cittadini. Non era uno dei principi più amati, perché vessava i cittadini di tasse. I cittadini volevano ribellarsi assalendo il ca- stello . Il Principe, per far si che questo non accadesse, fece costruire dei mascheroni con la lingua fuori e li sistemò tutt'intor- no al castello, l'attuale sede del Comune . Uno dei suoi servi andò dai cittadini e disse che chiunque avesse assalito questo castello sarebbe stato maledetto dai mascheroni . Dopo qualche anno i cittadini capirono che era tutto finto, allora decisero di assalire il castello; il Principe non sapendo più cosa fare , decise di scappare da un tunnel sotterraneo, che si trova nei sotter- ranei del Comune e, da quel giorno, non si è saputo più niente di lui. Questo mi insegna che non bisogna mai approfittare degli altri. Ciro Buono 2^CL
  • 14. PAGINA 14 ti felicemente Mi ren-Anno XII Numero Speciale Adelfia: Canneto e Montrone Noi viviamo in un paesino chiamato Adelfia che, sebbene piccolo, è diviso in due rioni: Canneto e Montrone, sempre in conflitto tra loro, anche per i servizi sociali : due scuole materne, due scuole elementari, due scuole medie, due uffici po- stali, due feste patronali ( in onore di San Vittoriano e San Trifone); l'unica cosa che abbiamo in comune è il Comune. Mentre stavamo scrivendo questa storia, già discutevamo vivacemente su quale fosse la festa migliore, atteggiamento sicu- ramente inculcato ed alimentato dai nostri parenti. LE TRADIZIONI: La festa dell’uva La festa dell’uva si svolge dal 13 al 15 settembre e quest'anno giunge alla sua 84ma edizione. Settembre è sinonimo di vendemmia e vino primitivo. Ma non va dimenticata la gustosa uva da tavola pugliese. In suo o- nore Adelfia celebra la "Festa dell'uva". La sagra è organizzata e sponsorizzata dalla Regione Puglia, dalla Provincia di Bari, dal Comune di Adelfia e dalla Pro Loco Adelfia, con la collaborazione di Enti, Aziende ed Associazioni locali. Un weekend gioioso all'insegna della cultura con concerti, spettacoli, folklore, mostre, storia e filatelia. Ma soprattutto all'insegna della enogastronomia con al centro il prodotto principe della tradizione agricola adelfiese, l'uva da tavola pugliese che dall'anno scorso si fregia del marchio comunitario IGP, Indicazione geografica protetta. La festa del SANTO PATRONO: San Trifone e San Vittoriano La festa di San Trifone si svolge il 10 novembre nel rione di Montrone e attrae molti pellegrini provenienti dal Sud italia; è tradizione mangiare l’agnello,partecipare alla processione religiosa e assistere allo spettacolo dei fuochi pirotecnici. La festa di San Vittoriano si svolge nel rione di Canneto nel mese di luglio. Alcuni antichi detti adelfiesi tramandati -Timb gnor statt for timb biang fush nanz(Tempo nero rimani fuori tempo bianco vai avanti) - Fest e mal timb e i frastir a ches (Festa e maltempo e i forestieri a casa) -Scapp a do uà ka do t’aspettk (Scappa dove vuoi che qui ti aspetto) -Crisc i ffl, crisc i puerc (Cresci i figli, cresci i porci) -Na mamm sep cresc cint ffl, ma cint ffl non sapn cresc na mamm (Una mamma sa crescere cento figli, ma cento figli non sanno crescere una mamma) -Sparagn u t’n quand è chien (Risparmia il tino quando è pieno) -Attak u ciucc a do vol u patrn (Attacca l’asino dove vuole il padrone) -U l’p perd u p’l ma non u vizzij (Il lupo perde il pelo, ma non il vizio) -Uacidd pisc u litt e u cul iev mazzet (Uacidd bagna il letto e il sedere prende mazzate) - L’acqu ca non è fatt in gil stè (L’acqua che non è caduta in cielo sta) - U’mbtet dopp trè d’ k’mmenz a puzzè (L’ospite dopo tre giorni comincia ad essere indesiderato) Monica Masiello, Fabiana Lorusso,Martina Moretti 2^BES
  • 15. Anno XII Numero Speciale PAGINA 15 Il racconto della nonna di Serena Il mio modo di essere è un po’ legato al passato dei miei parenti, un passato pieno di valori, di fede e di sacrifici. La nonna mi racconta molto spesso della sua infanzia, quando me ne parla noto nei suoi occhi una luce, una luce che risveglia tutti i ricordi e che in un certo senso la fanno tornare bambina. La nonna viveva con i genitori e i suoi fratelli ad Acquaviva, nei pressi della chiesa di San Benedetto. Gestivano un forno a legna. Le pareti del gran- de camerone erano annerite dal fumo, in bella mostra c’erano gli attrezzi del mestiere. Il papà della nonna, d’inverno, tagliava nei boschi qualche vec- chio albero per poter utilizzare la legna da ardere nel forno. I suoi genitori si alzavano alle tre di notte per la lavorazione dell’impasto: la farina, dopo essere stata setacciata, veniva impastata con il lievito; l’impasto si copriva con alcune coperte e si lasciava lievitare per alcune ore, alcune volte nel frattempo tornavano a letto per riposare un po’. Più tardi le modellavano in pagnotte che, adagiate sulle teglie,erano pronte per la cottura. Alle cinque si accendeva il fuoco, ci volevano circa due ore per raggiungere la temperatu- ra giusta, poi si seguivano le varie fasi di cottura. A quei tempi non si buttava niente, la cenere veniva raccolta in secchi, perché serviva per il bucato, ol- tre a essere un ottimo concime. Il carbone serviva per il fuoco delle “fornacelle” e la carbonella per accendere i bracieri, fonte di calore per la casa. La mattina presto cominciava il via vai dei clienti per acquistare o cuocere il pane. A quei tempi si respirava nell’aria quel piacevole odore di pane caldo. Purtroppo il padre di mia nonna venne a mancare all’età di trenta- sei anni, lasciando nei nostri cuori un vuoto incolmabile. Il lavoro iniziava a pesare molto di più, la madre aveva bisogno dell’aiuto di tutti i fratelli per mandare avanti il forno. La nonna e la sorella maggiore si occupavano dei lavori domestici, ma soprattutto accudivano il fratellino più piccolo, di soli due mesi, mentre la sorella più piccola fu mandata in collegio dalle suore. Dopo dieci anni anche la mamma morì, lasciando un vuoto incolmabile: si sentivano soli e piangevano all’idea di non poter rivedere più i propri genitori. I fratelli erano comunque piccoli e inesperti e per questo, venne a stare da loro una zia di Santeramo che le aiutò a mandare avanti il lavoro del forno. Nonostante tutto la nonna e i suoi fratelli sono sempre stati uniti e lo sono tutt’ora , hanno sempre affrontato tutto con la forza e con il sorriso, lo facevano per i genitori, perché sapevano che non gli avrebbero mai lasciati. Il raccon- to della nonna mi trasmette molti valori e da questo ho molto da imparare. Come prima cosa l’umiltà nel lavoro, i sacrifici e la forza di andare sempre avanti. La nonna mi racconta questo con le lacrime agli occhi, ricorda il lavoro nel forno , la famiglia e i bei momenti con molta nostalgia e rimpianto. Serena Signorile 2^BES
  • 16. PAGINA 16 ti felicemente Mi ren-Anno XII Numero Speciale About my day in China I live in Beijing, and I study in Beijing National Day School. That school has two departments: the normal depart- ment and the international department. I study in the international department, and I think maybe there are some small differences between the international and the normal department. Usually, I wake up at around 6:30, and my busy school day begins at 7:30. We have a short morning study from 7:30 to 8:00. At 8:00 we have our first class. In China school, normally, every class takes around 40 to 55 minutes, and we have 10 minutes break between every two classes. I have five classes before lunch, so at 12:25, the morning lessons finish and everybody goes to have lunch. We can have break from 12:25 to 13:30 and at 13:30 we start studying again. I have three classes in the afternoon, usually at 16:10, we finish all the classes but we can’t leave school. From 16:10 to 17:20, we can go to ‘clubs’, do sports, walk around in school or stay in the class doing something you like. At 17:20, our school time finishes but some students stay in the classroom cleaning the classroom, other students go home. In China, not all the schools have clubs, our school is special. Also, there is a difference between Chinese school and Italian school, in China, if some students live far away from school, the can live in school through the week time, we have school dormitories in every school. Every Monday morning, all the students and teachers will get together in the playground and have a raise flag ceremony. In China, we have five school days in every week: from Monday to Friday, on Saturday and on Sunday we are free. But at weekends, almost all the students in Beijing have after-school classes, learn something they are not good at school. It’s not a school organization, it just because of the things we study are difficult and there is an intense competition among students. This about my day in China, I’m glad to share how my life to you. Tian Jiatong(Tessy) 1^AES
  • 17. Anno XII Numero Speciale PAGINA 17 Il Brigante “Senzafegato” Francesco Buono, il brigante detto “Senzafegato”, visse a Santeramo attorno al 1860. Da tempo cercava di rapire An- tonio Di Santo, un ricco pro- prietario terriero della zona, sen- za mai riuscirvi. Appostamenti e agguati risultavano sempre vani. Il motivo va ricercato, dice la leg- genda, nel fatto che il Di santo aveva un cavallo che fiutava i briganti a diverse decine di metri, per cui ogni volta che passava in posti dove i briganti attendevano al varco il ricco proprie- tario, l’utile cavallo girava la schiena e , a gran galoppo, si dileguava. Ma un giorno, attraversando un fitto bosco di lecci in località “La Gravinella”, il cavallo, forse per un raffreddore o per un altro improvviso motivo, non sentì i briganti e il povero Di santo fu acciuffato, legato, imbavagliato e gli fu tagliato un orecchio. Il giorno seguente i parenti dello sfortunato, si videro recapitare l’orecchio ancora sanguinante dell’ostaggio, assieme alla richiesta di 5.000 ducati d’oro per la sua liberazione. Intanto l’ostaggio era tenu- to prigioniero in una grotta nascosta tra i boschi della “ Gravinella”, conosciuta, allora come oggi, col nome di “Parco dei briganti”. Il brigante “senza fegato”, dopo aver intascato i soldi del riscatto, liberò Antonio Di Santo, il quale per parecchio tempo si portò dietro il ter- rore dei briganti e dei giorni di prigionia. In molti, nel corso degli anni, si sono messi alla ricerca della grotta dei briganti, ma il bosco è così intricato da alberi di rovere che continua a custodire il suo segreto. Andrea Riviello 1^BL
  • 18. PAGINA 18 ti felicemente Mi ren-Anno XII Numero Speciale Il racconto di Miriana MORGAN Era così dolce che mi si stringeva il cuore a guardarlo. Era piccolo e negretto,con i capelli scuri e due occhi neri come la notte. A mio parere era la creatura più bella del mondo. Si chiamava Morgan e aveva solo otto anni. I miei genitori lo avevano adottato a distanza e da qualche mese mandavano i soldi per mantenerlo. Per me era già un fratello. Ci scrivevamo lettere ogni settimana. Era bellissimo tornare da scuola e trovare ogni settimana una sua let- tera nella cassetta della posta. Adoravo le sue lettere. Il foglio sul quale scriveva era curioso. Sembrava una specie di pergamena egiziana,ma a mio parere era bambù. Era un foglio rigi- do,ruvido e verdastro. I bordi erano irregolari,sembravano strappati. Nulla a che vedere con i nostri fogli bianchi,lisci,leggeri e precisi. Anche l’inchiostro era particolare. Certo in Kenya le penne bic non dovevano essere molto diffuse. Era un inchiostro blu,molto acquoso. Sicura- mente era un inchiostro naturale. Per essere Africano e avere solo otto anni,parlava molto bene l’italiano. Ormai ero impaziente di cono- scere di persona il mio fratellino e i miei genito- ri gli pagarono il biglietto d’aereo per l’Italia. Quando lo vidi la prima volta me ne innamorai.Indossava una t-shirt a righe arancione e rosso,dei bermuda bianco sporco e dei sandali marroncini. Non mi scorderò mai la sua espressione quando lo andai a prendere in aeroporto. Con gli occhi si guardava intorno con la bocca spalancata. ‘’Qui è tutto così gran- de e lussuoso ’’ Dis- se,incredulo. Sorrisi. Era solo l’aeroporto di Bari,non era nulla di specia- le,tanto meno lussuoso. Se avesse visto l’aeroporto di Roma o di Mila- no sarebbe impazzito. Ci spiegò che il suo aeroporto era una ‘’casetta di legno, che nel parcheggio aveva due auto con le ali ’’.Quell’ espressione mi fece riflettere sulle con- dizioni in cui viveva nel suo pa- ese d’origine. Dopo le varie presentazioni andammo al bar dell’aeroporto. Chiesi a mio padre di comprare una barretta di cioccolato al latte,avevo troppa fame. Quando la scartai mio padre mi chiese un pezzo e io risposi di no,in maniera arrogante. Forse era per la fame. La cosa più bella fu che Morgan mi riprese.”Da dove vengo io, se a casa si porta qualcosa da man- giare, lo si divide in famiglia in parti uguali. Tuo padre non è stato egoista com- prandoti il cioccolato mentre tu si.” Mi vennero i brividi. Era un ragazzino abi- tuato ad avere poco da mangiare,ecco perché in famiglia lo dividevano. Aveva ragione. Anche se noi in Italia di cibo ne abbiamo in abbondanza,non per que- sto dovremmo tenerlo per noi. Anzi,proprio perché ne abbiamo di più do- vremmo dividerlo con gli altri.
  • 19. Anno XII Numero Speciale PAGINA 19 Sorrisi a Morgan,mi piegai in ginocchio,davanti a lui e accarezzandogli i capelli dissi “Hai ragione piccolo”.Diedi un pezzo a mio padre,uno a mia madre e uno lo presi per me. Il resto della barretta lo lasciai a Morgan dicendo”Tieni piccolo,te la meriti”.Gli brillavano gli occhi. Forse non aveva mai avuto un dolce così “grande”. Mentre ci recavamo verso l’uscita dell’aeroporto,Morgan,iniziò a stringere le gambe. Gli scappava un bisognino. Lo presi per la ma- no e lo portai nel bagno delle donne con me. Mi faceva ridere: giocava con lo scarico a sensore e si divertiva sotto il getto d’aria per asciugare le mani. Era meraviglioso. Andammo nel parcheggio per prendere la macchina. Quando la vide spalancò la bocca. Non era un super macchino- ne sportivo. Anzi,era piccolina, una utilitaria.”Da noi non esistono macchine così. Le più costose sono delle gip, ma di solito si va in giro con un car- ro.”Era chiaro. Non aveva mai visto una macchina come quella. Durante il viaggio dall’aeroporto a casa si divertì tantissimo. Li piaceva poter viaggiare in una macchina “moderna”.Così la definiva lui. Giunti a casa era sempre più sor- preso.”Casa mia è una capanna di paglia e fango. Questa è di cemento. Finalmente starò in una casa di cemen- to.”Più lo guardavo e più mi si stringeva il cuore. Per lui erano assurde cose che per me erano normali. A tavola prima del pranzo pregò. Non era cristiano. Era musulmano. Non capii una parola della sua preghie- ra,ma lo lasciavo parlare,senza disturbar- lo. Ne ero incantata. Io e Morgan parlammo molto della religione. Capii che solo alcune usanze erano diverse dalle nostre. Ma credevano in un Dio esattamente come noi. Le due religioni hanno solo cultura e usanze diverse. Parlammo molto io e quel bambino. Parlammo delle diverse usanze dei nostri due popoli,delle feste religiose. Qualche giorno dopo ripartì. Ma quando Morgan se ne andò, portò con se un pezzo del mio cuore. Insieme ad un pezzo di mondo. Mastronardi Miriana 1^BL
  • 20. PAGINA 20 ti felicemente Mi ren-Anno XII Numero Speciale La leggenda di Bianca Lancia La storia d'amore tra Bianca Lancia e Federico II è da sem- pre sulla bocca di tutti. Molte sono le leggende che parlano di questi due amanti che vissero la loro breve vita familiare nel castello di Gioia del Colle. Ogni gioiese non può non aver letto o sentito parlare di que- sta leg- genda. I due si incon- trarono nel pae- sino e il loro fu amore a prima vista: passionale, quasi perfetto, e solo la gelosia fu in grado di distruggerlo. Trascorsero tre anni e tutti sapevano della loro relazione, ma nessuno osava criti- care il grande imperatore. Tutto sembrava andare per il verso giusto, finchè non accadde la disgrazia, e qui inizia la macabra leggenda. Bianca Lancia, dopo il primo figlio, rimase incinta per la seconda volta, ma questa gravidanza insospettì Federico II che, follemente geloso, pensò che il figlio non fosse frutto del suo seme e decise di imprigionare Bianca in una torre del castello costringendola ad una gravidanza sof- ferta e dolorosa. Subito dopo la nascita del neonato, la don- na decise di tagliarsi i seni e offrirli al marito su un vassoio d'argento. Federico, comprese di aver fatto un gravissimo errore decise quindi di correre da Bianca Lancia,ma, appena entrò nella torre trovò la donna ormai morta. Leggenda narra che, da allora, lo spirito di Bianca vaghi ancora in quella torre e che passando dal castello di sera si possa scorgere dalla finestra un' ombra e il rumore di oggetti che la donna lancia. Bianca, ancora adirata, vaga nel castello in cerca di Federico per compiere la sua vendetta. Questa è solo una leggenda, non credeteci troppo, ma chissà che die- tro di essa non ci sia un velo di verità. Annamaria Alfarano 1^BL Liceo Linguistico – Liceo Pedagogico – Liceo Scienze sociali - Liceo Musicale Sede centrale: Via Roma- Tel . 080/759347 – 759348 - Fax 080/761021 - C.F. 82003310727Succursale: Via Paolucci-Tel. 080/761061 -- Distretto n. BA 14 - Cod. Scuola BAPM05000B email:www.liceodonmilaniacquaviva.it Cerchiamo di vivere in pace, qualunque sia la nostra fede, il colore della nostra pelle, la nostra lingua e le nostre tradizioni. Impa- riamo a tollerare e ad apprezzare le differenze. Rigettiamo con forza ogni forma di violenza, di sopraffa- zione” Margherita Hack