2. TULVING ED I SISTEMI DI MEMORIA
Tulving nel 1972 propone di distinguere fra
memoria episodica e memoria semantica.
La memoria episodica si riferisce
all’immagazzinamento e al recupero di eventi ed
episodi temporalmente databili, localizzabili
spazialmente ed esperiti personalmente.
La memoria semantica si riferisce
all’immagazzinamento e all’utilizzazione di
conoscenze che riguardano le parole e i concetti, le
loro proprietà e relazioni reciproche.
3. IL PRINCIPIO DELLA
SPECIFICITÀ DI CODIFICA
Secondo tale principio, soltanto ciò che è stato
immagazzinato può essere recuperato, e il modo in
cui qualcosa può essere recuperato dipende dal
modo in cui è stato immagazzinato.
Esempio:
la parola Verde può essere capita, o codificata,
sia come nome di un colore che come cognome di
una persona
È la modalità di codifica di una parola che
determina il modo in cui essa sarà ricordata
4. ESPERIMENTO DI TULVING E
THOMSON
Nell’esperimento di Tulving e Thomson, ai soggetti
veniva chiesto di memorizzare un elenco di 24 coppie di
parole debolmente associate. In ogni coppia una parola
era stampata in lettere minuscole e l’altra in lettere
maiuscole, dove la prima era un suggerimento per il
recupero e la seconda parola critica.
Esempio: plant - BUG; ground - COLD
In seguito ai soggetti venivano presentate 12 parole
fortemente associate con le parole critiche della lista
precedente.
Esempio: insect - BUG; hot - COLD
I soggetti dovevano scrivere accanto alle nuove parole
quelle della lista precedente: venivano rievocate solo 2
parole su 12.
Ai soggetti venivano poi fornite 12 nuove parole
fortemente associate con le restanti 12 parole critiche
della lista precedentemente memorizzata. I soggetti
dovevano associare una parola a ciascuna nuova parola
e dovevano scriverla se era ritenuta una parola critica
precedentemente memorizzata. Solo 3 o 4 parole
critiche venivano ricordate.
5. ESPERIMENTO DI TULVING E
THOMSON
A questo punto ai soggetti venivano chieste associazioni libere sui 24
suggerimenti forti per il recupero e si osservò che venivano associate
fino a 6 parole.
Poi dovevano riconoscere se c’erano delle parole critiche e ne
riconoscevano fino a 4.
I soggetti erano in grado di rievocare delle parole che non riuscivano a
riconoscere come parole critiche.
Infine ai soggetti venivano presentati gli originali 24 suggerimenti deboli
per il recupero e veniva chiesto di rievocare le parole critiche. Essi
potevano rievocare circa 15 parole critiche. I soggetti imparavano le
parole critiche nel contesto fornito dai suggerimenti deboli per il
recupero.
Questa particolare forma di codifica delle parole critiche fa in modo che i
suggerimenti deboli per il recupero siano più adatti a consentire
l’accesso a ciò che è immagazzinato dei suggerimenti forti per il
recupero.
La natura della codifica influenza la tratta di memoria prodotta dagli item
6. RECENTI SVILUPPI DELLA
TEORIA DI TULVING
Tulving ha ipotizzato l’esistenza di almeno tre sistemi di
memoria per l’elaborazione dei vari tipi di informazione: i
sistemi di memoria episodico, semantico e procedurale.
La memoria procedurale è quel sistema di memoria
sottostante alle esecuzioni che richiedono destrezza.
Conoscenza esplicita: riguarda ciò che possiamo descrivere
riguardo a ciò che facciamo
Conoscenza tacita: riguarda ciò che conosciamo senza
esserne consapevoli
La memoria episodica è un sottosistema specializzato
della memoria semantica che, a sua volta, è un
sottosistema specializzato della memoria procedurale.
7. SISTEMI DI MEMORIA E CONSAPEVOLEZZA
Tulving (1985) ha suggerito che ai tre sistemi di memoria
sono associati diversi gradi di coscienza
8. SISTEMI DI MEMORIA E
CONSAPEVOLEZZA
La memoria procedurale è anoetica (tale termine
significa privo di conoscenza) nel senso che, quando
facciamo uso di questa memoria, siamo consapevoli
soltanto di ciò che caratterizza la situazione immediata
in cui ci troviamo.
La memoria semantica è noetica (tale termine riguarda
la conoscenza) perché, quando ne facciano uso, siamo
consapevoli non soltanto della situazione immediata
nella quale ci troviamo, ma anche di cose che possono
essere assenti in quella specifica situazione.
La memoria episodica è autonoetica ( tale termine
riguarda la conoscenza di sé) dal momento che riguarda
il ricordo di esperienze personali.
9. MEMORIA IMPLICITA
Jacoby e Witherspoon (1982) hanno scritto un articolo nel quale
viene descritta la memoria senza consapevolezza, cioè situazioni in
cui il ricordo di un evento precedente può influenzare la codifica di un
evento successivo senza che l’individuo sia consapevole di ricordare
l’evento precedente
Un tipico esempio di memoria implicita è l’uso di una procedura
appresa in precedenza, anche in un tempo molto lontano (andare in
bicicletta, sciare, scrivere, ecc.).
Questo tipo di memoria viene spesso dimostrata per mezzo della
metodologia del priming (Jacoby e Dallas, 1981):
Ai soggetti viene presentata una lista di parole. In seguito, le
parole vengono presentate nuovamente ai soggetti, i quali
vengono sottoposti, prima ad una prova di riconoscimento e
successivamente ad un compito di identificazione percettiva. I
soggetti devono cercare di identificare le singole parole
presentate per un breve intervallo.
Le parole viste, dai soggetti, nella fase precedente vengono
identificate più accuratamente di quelle non viste, indipendentemente
dal fatto che le parole vecchie siano state riconosciute come parole
già presentate.
10. MEMORIA IMPLICITA
Eich (1984) ha descritto la memoria senza consapevolezza nei
seguenti termini: “È possibile distinguere tra gli effetti che i ricordi di
episodi precedenti esercitano nei confronti del comportamento di un
individuo, da una parte, dalla consapevolezza che l’individuo
possiede a proposito del fatto di stare ricordando degli eventi passati,
dall’altra”.
La distinzione tra il ricordo e la consapevolezza del ricordo è stata
investigata da Eich usando un metodo simile a quello di Jacoby e
Witherspoon (1982).
Ai soggetti veniva dato un compito di shadowing per le parole
presentate ad un orecchio e costituenti un brano, e veniva detto loro,
che la comprensione, di questo brano, sarebbe stata testata in una
seconda fase. Allo stesso tempo, veniva presentata loro, una serie di
coppie di parole all’altro orecchio.
Ai soggetti veniva detto che lo sperimentatore era interessato
all’effetto di questo materiale nei confronti della comprensione e della
memoria del brano (l’istruzione era quella di non prestare attenzione
e di non ricordare la coppia di parole).
11. MEMORIA IMPLICITA
Le coppie di parole erano del seguente tipo:
Il secondo membro della coppia era un omofono (parola che
presenta la stessa pronuncia di un’altra ma ha significato
diverso): son (figlio) – sun (sole)
Ciascun omofono era preceduto da una parola il cui
significato poteva influenzare il modo in cui l’omofono veniva
interpretato:
youngest son (figlio più giovane) = son
rising sun (sole nascente) = sun
Dopo il compito di shadowing i soggetti dovevano fornire
un riassunto del brano. In seguito venivano sottoposti ad
un compito di riconoscimento delle parole presentate nel
canale disatteso (8 su 16) e ad un compito di grafia
delle parole presentate oralmente, inclusi i 16 omofoni.
Dai risultati dell’esperimento è emerso che i soggetti
avevano molte difficoltà a riconoscere gli omofoni
presentati nel canale disatteso e mostravano una
tendenza a compitare gli omofoni in maniera coerente
con l’interpretazione favorita nella fase precedente
dell’esperimento.
12. MEMORIA IMPLICITA
L’esperimento di Eich può essere considerato come una
dimostrazione dell’esistenza di una forma di memoria
senza consapevolezza .
Schacter (1987) ha preferito l’espressione memoria
implicita a quella di memoria senza consapevolezza.
Anche se queste due espressioni hanno lo stesso
significato, forse l’espressione memoria implicita
descrive questo fenomeno con maggiore accuratezza.
La memoria implicita ha luogo quando “l’informazione
che è stata codificata nel contesto di un particolare
episodio viene in seguito espressa senza che ci sia un
ricordo consapevole o deliberato”.
Considerati in questo modo, un gran numero di
fenomeni possono essere considerati come esempi di
memoria impilicita.
13. MEMORIA IMPLICITA E AMNESIA
L’amnesia è un disturbo prodotto da lesioni cerebrali e
riguarda i pazienti affetti dalla psicosi di Korsakoff, una
forma di amnesia che si verifica come conseguenza
dell’alcolismo cronico.
I pazienti affetti da amnesia sono in grado di operare in
diversi settori ma sono incapaci di ricordare gli eventi
accaduti successivamnete all’insorgenza del disturbo.
Anche in pazienti di questo tipo si osservano gli effetti
della memoria implicita.
Warrington e Wieskrantz (1982) hanno recensito vari
studi che sembrano suggerire che i pazienti affetti da
amnesia abbiano un rendimento peggiore nei confronti
che richiedono l’uso della memoria esplicita e un
rendimento migliore in quelli che richiedono l’uso di una
memoria implicita
14. ESPERIMENTO DI GRAF E SCHACTER
Graf e Schacter (1985) hanno usato per questo
esperimento sia soggetti normali che soggetti affetti da
amnesia
A soggetti venivano presentate coppie di parole. In
alcune coppie le parole erano associate (buttoned-shirt
– camicia abbottonata), mentre in altre coppie non lo
erano (window-shirt – finestra camicia).
Uno dei compiti dei soggetti era quello di comporre frasi
in cui le parole di ciascuna coppia risultassero
evidentemente associate. Per esempio: ripe-apple
(matura-mela) --> egli mangiò la mela
Ai soggetti veniva poi permesso di leggere nuovamente
ciascuna coppia di parole.
Ciascun soggetto veniva poi sottoposto ad un test di
completamento di parola (memoria implicita) e un test di
rievocazione guidata (memoria esplicita).
15. ESPERIMENTO DI GRAF E SCHACTER
Il test di completamento di parola può essere esemplificato
facendo riferimento alla seguente tabella.
16. ESPERIMENTO DI GRAF E SCHACTER
Ai soggetti venivano mostrati il primo membro di ciascuna coppia di
parole e le prime tre lettere del secondo membro (chiamate frammento
dio parola).
Il problema è quello di capire se il completamento del frammento
produca la stessa parola che era stata presentata inizialmente ai
soggetti.
Graf e Schacter hanno trovato un effetto di priming sia nei soggetti
normali che in quelli affetti da amnesia, sia per le coppie di parole
associate che per quelle non associate. I risultati, al contrario del test di
completamento di parola, nel caso del test di rievocazione guidata erano
diversi , poiché il rendimento dei pazienti affetti da amnesia era molto
inferiore a quello dei soggetti normali.
I risultati di questo esperimento, inoltre, mettono in evidenza la
somiglianza tra il rendimento dei soggetti affetti da amnesia e quello dei
soggetti normali nei compiti di memoria implicita, a dispetto del fatto che
il rendimento dei soggetti affetti da amnesia nei compiti di memoria
esplicita sia largamente inferiore a quello dei soggetti normali.
17. SISTEMA DI RAPPRESENTAZIONE
PERCETTIVA
Recentemente Hayman e Tulving (1989) Tulving e Schacter
(1990) hanno suggerito la possibilità che vi sia un altro
sistema di memoria distinto da quello della memoria
episodica. Questo sistema di memoria, chiamato sistema di
rappresentazione percettiva (perceptual representation
system) da Tulving e Schacter è ritenuto responsabile degli
effetti di priming.
I sistemi di memoria episodica e di rappresentazione
percettiva vengono considerati da Tulving e Schacter come
l’espressione di processi diversi. Secondo questi ricercatori, il
sistema di rappresentazione percettiva elabora l’informazione
a un livello più superficiale del sistema di memoria episodica.
L’amnesia potrebbe essere associata al fatto che il sistema di
memoria episodica risulta essere danneggiato mentre quello
di rappresentazione percettiva potrebbe essere relativamente
intatto.
18. MEMORIA SEMANTICA
La memoria semantica si riferisce alle informazioni di carattere
generale che possediamo a proposito del mondo. Tulving (1972) ha
paragonato la memoria semantica ad un dizionario mentale che
contiene parole, concetti e le loro relazioni.
L’uso della memoria semantica può essere esemplificato, per
esempio, ai tentativi di ricordare il nome di una persona. Può capitare
talvolta che un nome non ci venga in mente. James (1890) ha
descritto tale fenomeno “sulla punta della lingua” (tip-of-the-tongue-phenomenon).
Brown e McNeill (1966) hanno condotto un famoso studio sul
fenomeno “sulla punta della lingua”. Venivano presentate ai soggetti
le definizioni di 49 parole a bassa frequenza, esempio: abse, cloaca,
nepotism, sampan. Nei casi in cui una definizione produceva il
fenomeno i Ss erano in grado di identificare alcuni aspetti della
parola critica come, ad esempio la lettera iniziale, il numero di lettere.
Spesso erano in grado di giudicare aspetti delle parole che venivano
in mente; talvolta sapevano che le congetture errate erano simili alla
parola critica nel suono o nel significato.
19. MODELLO A RETE GERARCHICA
La formulazione dei primi modelli di memoria semantica inizia con il
lavoro di Quillian (1969), il quale si era proposto di creare un
programma per calcolatore in grado di capire il linguaggio naturale.
Tale programma era chiamato teachable language comprehender
(sistema addestrabile per la comprensione del linguaggio), in breve
TLC.
Il TLC non è soltanto un programma per calcolatore ma anche un
modello della memoria semantica.
Il modello di Quillian rappresenta la memoria semantica nei termini
della rete gerarchica.
La rete è costituita da tre tipi di elementi:
unità = si riferiscono a insiemi di oggetti e costituiscono i nodi
della rete; i nodi sono etichettati con sostantivi;
proprietà = descrivono le unità e sono etichettati da aggettivi o
da verbi;
puntatori = specificano le relazioni fra unità diverse e le relazioni
tra le unità e le proprietà.
20. MODELLO DI QUILLIAN
Esempio di struttura di memoria organizzata gerarchicamente
21. MODELLO A RETE GERARCHICA
Nel modello di Quillian il recupero dell’informazione dalla memoria
semantica corrisponde alla ricerca all’interno di una rete gerarchica.
La forma più semplice di ricerca consiste nell’assegnazione di un
valore di verità di un enunciato.
Il modello si basa sull’assunzione che la ricerca all’interno dellar ete
gerarchica richieda tempo. Benché questa assunzione possa
sembrare ovvia, ciò non di meno essa è essenziale. Il tempo
necessario per effettuare la ricerca attraverso la rete, infatti, può
essere usato per ottenere informazioni a proposito della struttura
della rete. Questo approccio allo studio delle strutture psicologiche è
chiamato cronometria mentale.
Lo sperimentatore fornisce ai soggetti dei compiti che, dal punto di
vista teorico, dovrebbero richiedere tempi diversi per poter essere
completati e le predizioni teoriche possono essere verificate
misurando i tempi di reazione forniti dai soggetti.
Il modello di Quillian implica che maggiore è la “distanza semantica”
maggiore è il tempo impiegato dai soggetti per recuperare le
informazioni immagazzinate nel nodo superiore.
22. IPOTESI DELL’INTERRUZIONE
CONDIZIONALE
Collins e Quillian (1972) discutono alcuni esperimenti eseguiti
assumendo che sia necessario sommare i tempi necessari per
concludere ciascuna fase di ricerca all’interno della rete gerarchica.
Supponiamo di seguire inizialmente un certo percorso e, in seguito, di
seguire un percorso diverso. Il tempo totale necessario per seguire
entrambi i percorsi è uguale alla somma dei tempi necessari per seguire
ciascuno di essi.
Ricerche condotte in seguito, però, hanno messo in evidenza alcuni limiti
del modello proposto da Collins e Quillian e anche altri modelli simili ad
esso. Uno dei problemi è che questo modello non specifica chiaramente
la procedura necessaria per decidere che una frase è falsa. A questo
proposito Collins e Quillian hanno avanzato un’ipotesi chiamata
conditional stopping hypothesis (ipotesi dell’interruzione condizionale)
Consideriamo una frase falsa come << Un orso polare ha le mani>>.
Secondo l’ipotesi proposta da Collins e Quillian, in questo caso è
necessario percorrere tutti i possibili tragitti che collegano orso polare e
mani. La ricerca dovrebbe concludersi quando emerge una
contraddizione, la quale può verificarsi se la proprietà specificata è
incompatibile con la proprietà presente in memoria.
23. MODELLO DELLA PROPAGAZIONE
DELL’ATTIVAZIONE
J.R. Anderson (1984) ha osservato che una nozione importante, emersa
dallo studio della memoria semantica è quella di propagazione
dell’attivazione.
Secondo questa nozione, nel corso della ricerca entro la rete gerarchica
vengono attivati tutti i percorsi della rete lungo i quali la ricerca ha luogo.
L’attivazione si propaga dal nodo dove inizia la ricerca. Tanto maggiore è
l’attivazione di un nodo tanto più facilmente la sua informazione può
essere elaborata, ad esempio può essere recuperata più facilmente.
Mplti esperimenti sono stati condotti nell’ambito della memoria
semantica. Alcuni degli esperimenti più noti sono stati recensiti da
Meyer e Schvaneveldt (1976).
Ai soggetti viene presentata su uno schermo una stringa di lettere e
dovevano dire se si trattava di una parola oppure no e successivamente
una seconda stringa e dovevano effettuare lo stesso compito. Le
stringhe che formavano una parola potevano essere:
semanticamente relate: bus - truck
semanticamente non relate: bus - sunset
I tempi di risposta impiegati per rispondere sì alla seconda parola della
prima coppia erano più veloci che nel secondo caso.
L’effetto di facilitazione è determinato dal fatto che le prime due parole
sono più vicine nella rete e quindi l’attivazione si propaga più
velocemente.
24. MODELLO DELLA PROPAGAZIONE
DELL’ATTIVAZIONE
Procedura sperimentale usata da Meyer, Schvaneveldt e Ruddy
25. J.R ANDERSON E ACT
La nozione di propagazione dell’attivazione è stata incorporata
all’interno di una teoria di Anderson (1983) chiamata ACT (Adaptive
Control of Thought - Controllo adattivo del pensiero).
In questa teoria vi è un’importante distinzione tra memoria
dichiarativa e procedurale.
La memoria dichiarativa contiene un tipo di conoscenze fatturali che
sono immagazzinate nelle reti semantiche. Inoltre, essa contiene un
insieme di informazioni sotto forma di reti proposizionali. La
proposizione costituisce l’unità di analisi più piccola che può essere
considerata come un’asserzione distinta, ovvero l’unità più piccola
che può essere giudicata vera o falsa.
La memoria procedurale fa uso di sistemi di produzione (production
systems), formati da regole a loro volta costituite da una condizione e
da un’azione.
Esempio:
Condizione – Se A è la madre di B e B è la madre di C
Azione – Allora A è la nonna di C
26. J.R ANDERSON E ACT
La seguente figura illustra in forma schematica la relazione tra memoria
dichiarativa e memoria procedurale.
27. MEMORIA DI LAVORO
“La memoria di lavoro contiene le informazioni che
sono accessibili al sistema al momento presente.
Tra queste informazioni ci sono le informazioni
recuperate dalla memoria dichiarativa a lungo
termine e le strutture temporanee che sono state
depositate dai processi di codifica e dalle azioni
delle produzioni. Fondamentalmente, la memoria di
lavoro si riferisce a quella parte della conoscenza
dichiarativa, permanente o temporanea, che si
trova in uno stato attivo”.
Anderson, 1983
28. MODELLI CONNESSIONISTI
DELLA MEMORIA
I modelli connessionisti assumono che
l’informazione venga elaborata per mezzo delle
interazioni tra un ampio numero di unità elementari
di elaborazione, ciascuna delle quali invia segnali di
tipo eccitatorio oppure inibitorio ad altre unità.
(McClelland, Rumelhart e Hinton, 1986).
I modelli connessionisti tentano di specificare le
microstrutture dei processi cognitivi. Questo
significa che, per esempio, questi modelli
costituiscono dei tentativi di specificare in maniera
dettagliata le modalità di funzionamento dei
processi come la memoria.
29. RECUPERARE L’INFORMAZIONE
DALLA MEMORIA
Secondo l’approccio connessionista, le copie di
particolari esperienze non vengono immagazzinate in
memoria per mezzo della tracce di memoria. Piuttosto,
esistono delle unità per le esperienze individuali che
sono connesse ad altre unità che rappresentano le varie
proprietà di un’esperienza.
McClelland et al. (1986) hanno notato che alcune
esperienze sono dotate delle medesime proprietà; ciò
significa che l’unità che rappresenta una particolare
proprietà tenderà ad essere connessa con ricordi
differenti. Ogni volta che una proprietà viene attivata,
essa tenderà ad attivare tutti i ricordi a cui è connessa.
Per questa ragione, per poter facilitare la rievocazione
di una particolare esperienza, il sistema deve possedere
sia connessioni inibitorie che connessioni eccitatorie tra
le varie unità.
30. BAHRICK E IL PERMASTORE
Bahrick ha dedicato i suoi studi alla memoria a lungo
termine dell’apprendimento scolastico., poiché ha
rilevato che poche ricerche si sono occupate di ciò che
accade al materiale che noi apprendiamo a scuola, e ha
proposto l’esistenza di uno stato di memoria
relativamente permanente chiamato permastore.
La maggior parte dei precedenti studi sulla memoria non
si sono occupati della capacità di ritenzione nel corso di
lunghi periodi di tempo per rendersi conto che la qualità
di alcuni ricordi non peggiora dopo che è passato un
certo periodo di tempo. Questi ricordi sono
immagazzinati nel permastore.
Esempi di ricordi immagazzinati nel permastore sono,
secondo Bahrick, le regole aritmetiche e le capacità
motorie (andare in bici, suonare il pianoforte, etc.)
31. MEMORIA AUTOBIOGRAFICA
I ricordi autobiografici costituiscono una forma di memoria episodica
nella quale gli eventi vengono rievocati insieme all’indicazione del
momento della vita dell’individuo in cui si sono verificati.
La ricerca sulla memoria autobiografica ha fatto uso di una tecnica
messa a punto da Crovitz e Schiffman (1974)
Ai soggetti viene data una lista di 20 parole. Per ogni parola i
soggetti devono costruire un ricordo personale e cercare di datarli in
maniera precisa (minuti, ore, settimane, mesi, anni). Dai risultati
emerge che vi è un regolare declino della frequenza dei ricordi
autobiografici in funzione del tempo.
La rievocazione di un’esperienza precedente coinvolge una serie di
livelli:
1. Pianificare per dare inizio all’attività mentale volta a rispondere al quesito
autobiografico; quindi attività finalizzata e strategica;
2. Verificare la traccia remota emergente;
3. Produzione cosciente di un resoconto verbale dell’esperienza.
32. MEMORIA AUTOBIOGRAFICA E AMNESIA
INFANTILE
Un altro processo che influenza la memoria
autobiografica è costituito dalla cosiddetta amnesia
infantile per cui, la quantità di episodi che vengono
ricordati a proposito dei primi anni di vita è minore di
quella che ci si aspetterebbe se la memoria declinasse
gradualmente con il passare del tempo.
L’amnesia infantile inizia verso i cinque anni. Il
fenomeno dipenderebbe dal fatto che i bambini di età
inferiore a 5 anni fanno esperienza degli eventi in un
modo molto diverso da quello reso possibile dalla
capacità di descrivere gli eventi per mezzo del
linguaggio.
Nel momento in cui i bambini iniziano ad utilizzare il
linguaggio per rappresentare gli eventi in memoria essi
potrebbero perdere contatto con i ricordi precedenti.
33. MEMORIA STORICA
Un altro tipo di memoria è rappresentato dalla memoria
storica che riguarda i principali fatto storici che hanno
influenzato e dato significato agli eventi della nostra vita
I fatti sono organizzati in periodi analogamente alla
strutturazione delle vita individuale in stadi (infanzia,
adolescenza, prima età adulta, mezza età, prima età
anziana, tarda anzianità)
I periodi storici corrispondono per gli americani ai
mandati presidenziali.
I fatti storici sono generalmente organizzati in memoria
in forma narrativa; perciò una persona disporrà di un
repertorio di racconti sugli eventi storicamente
importanti che hanno avuto luogo nella sua vita.