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SISTEMI DI MEMORIA 
Prof. Eleonora Bilotta
TULVING ED I SISTEMI DI MEMORIA 
 Tulving nel 1972 propone di distinguere fra 
memoria episodica e memoria semantica. 
 La memoria episodica si riferisce 
all’immagazzinamento e al recupero di eventi ed 
episodi temporalmente databili, localizzabili 
spazialmente ed esperiti personalmente. 
 La memoria semantica si riferisce 
all’immagazzinamento e all’utilizzazione di 
conoscenze che riguardano le parole e i concetti, le 
loro proprietà e relazioni reciproche.
IL PRINCIPIO DELLA 
SPECIFICITÀ DI CODIFICA 
 Secondo tale principio, soltanto ciò che è stato 
immagazzinato può essere recuperato, e il modo in 
cui qualcosa può essere recuperato dipende dal 
modo in cui è stato immagazzinato. 
 Esempio: 
la parola Verde può essere capita, o codificata, 
sia come nome di un colore che come cognome di 
una persona 
 È la modalità di codifica di una parola che 
determina il modo in cui essa sarà ricordata
ESPERIMENTO DI TULVING E 
THOMSON 
 Nell’esperimento di Tulving e Thomson, ai soggetti 
veniva chiesto di memorizzare un elenco di 24 coppie di 
parole debolmente associate. In ogni coppia una parola 
era stampata in lettere minuscole e l’altra in lettere 
maiuscole, dove la prima era un suggerimento per il 
recupero e la seconda parola critica. 
Esempio: plant - BUG; ground - COLD 
 In seguito ai soggetti venivano presentate 12 parole 
fortemente associate con le parole critiche della lista 
precedente. 
Esempio: insect - BUG; hot - COLD 
 I soggetti dovevano scrivere accanto alle nuove parole 
quelle della lista precedente: venivano rievocate solo 2 
parole su 12. 
 Ai soggetti venivano poi fornite 12 nuove parole 
fortemente associate con le restanti 12 parole critiche 
della lista precedentemente memorizzata. I soggetti 
dovevano associare una parola a ciascuna nuova parola 
e dovevano scriverla se era ritenuta una parola critica 
precedentemente memorizzata. Solo 3 o 4 parole 
critiche venivano ricordate.
ESPERIMENTO DI TULVING E 
THOMSON 
 A questo punto ai soggetti venivano chieste associazioni libere sui 24 
suggerimenti forti per il recupero e si osservò che venivano associate 
fino a 6 parole. 
 Poi dovevano riconoscere se c’erano delle parole critiche e ne 
riconoscevano fino a 4. 
 I soggetti erano in grado di rievocare delle parole che non riuscivano a 
riconoscere come parole critiche. 
 Infine ai soggetti venivano presentati gli originali 24 suggerimenti deboli 
per il recupero e veniva chiesto di rievocare le parole critiche. Essi 
potevano rievocare circa 15 parole critiche. I soggetti imparavano le 
parole critiche nel contesto fornito dai suggerimenti deboli per il 
recupero. 
 Questa particolare forma di codifica delle parole critiche fa in modo che i 
suggerimenti deboli per il recupero siano più adatti a consentire 
l’accesso a ciò che è immagazzinato dei suggerimenti forti per il 
recupero. 
 La natura della codifica influenza la tratta di memoria prodotta dagli item
RECENTI SVILUPPI DELLA 
TEORIA DI TULVING 
 Tulving ha ipotizzato l’esistenza di almeno tre sistemi di 
memoria per l’elaborazione dei vari tipi di informazione: i 
sistemi di memoria episodico, semantico e procedurale. 
 La memoria procedurale è quel sistema di memoria 
sottostante alle esecuzioni che richiedono destrezza. 
 Conoscenza esplicita: riguarda ciò che possiamo descrivere 
riguardo a ciò che facciamo 
 Conoscenza tacita: riguarda ciò che conosciamo senza 
esserne consapevoli 
 La memoria episodica è un sottosistema specializzato 
della memoria semantica che, a sua volta, è un 
sottosistema specializzato della memoria procedurale.
SISTEMI DI MEMORIA E CONSAPEVOLEZZA 
 Tulving (1985) ha suggerito che ai tre sistemi di memoria 
sono associati diversi gradi di coscienza
SISTEMI DI MEMORIA E 
CONSAPEVOLEZZA 
 La memoria procedurale è anoetica (tale termine 
significa privo di conoscenza) nel senso che, quando 
facciamo uso di questa memoria, siamo consapevoli 
soltanto di ciò che caratterizza la situazione immediata 
in cui ci troviamo. 
 La memoria semantica è noetica (tale termine riguarda 
la conoscenza) perché, quando ne facciano uso, siamo 
consapevoli non soltanto della situazione immediata 
nella quale ci troviamo, ma anche di cose che possono 
essere assenti in quella specifica situazione. 
 La memoria episodica è autonoetica ( tale termine 
riguarda la conoscenza di sé) dal momento che riguarda 
il ricordo di esperienze personali.
MEMORIA IMPLICITA 
 Jacoby e Witherspoon (1982) hanno scritto un articolo nel quale 
viene descritta la memoria senza consapevolezza, cioè situazioni in 
cui il ricordo di un evento precedente può influenzare la codifica di un 
evento successivo senza che l’individuo sia consapevole di ricordare 
l’evento precedente 
 Un tipico esempio di memoria implicita è l’uso di una procedura 
appresa in precedenza, anche in un tempo molto lontano (andare in 
bicicletta, sciare, scrivere, ecc.). 
 Questo tipo di memoria viene spesso dimostrata per mezzo della 
metodologia del priming (Jacoby e Dallas, 1981): 
 Ai soggetti viene presentata una lista di parole. In seguito, le 
parole vengono presentate nuovamente ai soggetti, i quali 
vengono sottoposti, prima ad una prova di riconoscimento e 
successivamente ad un compito di identificazione percettiva. I 
soggetti devono cercare di identificare le singole parole 
presentate per un breve intervallo. 
 Le parole viste, dai soggetti, nella fase precedente vengono 
identificate più accuratamente di quelle non viste, indipendentemente 
dal fatto che le parole vecchie siano state riconosciute come parole 
già presentate.
MEMORIA IMPLICITA 
 Eich (1984) ha descritto la memoria senza consapevolezza nei 
seguenti termini: “È possibile distinguere tra gli effetti che i ricordi di 
episodi precedenti esercitano nei confronti del comportamento di un 
individuo, da una parte, dalla consapevolezza che l’individuo 
possiede a proposito del fatto di stare ricordando degli eventi passati, 
dall’altra”. 
 La distinzione tra il ricordo e la consapevolezza del ricordo è stata 
investigata da Eich usando un metodo simile a quello di Jacoby e 
Witherspoon (1982). 
 Ai soggetti veniva dato un compito di shadowing per le parole 
presentate ad un orecchio e costituenti un brano, e veniva detto loro, 
che la comprensione, di questo brano, sarebbe stata testata in una 
seconda fase. Allo stesso tempo, veniva presentata loro, una serie di 
coppie di parole all’altro orecchio. 
 Ai soggetti veniva detto che lo sperimentatore era interessato 
all’effetto di questo materiale nei confronti della comprensione e della 
memoria del brano (l’istruzione era quella di non prestare attenzione 
e di non ricordare la coppia di parole).
MEMORIA IMPLICITA 
 Le coppie di parole erano del seguente tipo: 
 Il secondo membro della coppia era un omofono (parola che 
presenta la stessa pronuncia di un’altra ma ha significato 
diverso): son (figlio) – sun (sole) 
 Ciascun omofono era preceduto da una parola il cui 
significato poteva influenzare il modo in cui l’omofono veniva 
interpretato: 
 youngest son (figlio più giovane) = son 
 rising sun (sole nascente) = sun 
 Dopo il compito di shadowing i soggetti dovevano fornire 
un riassunto del brano. In seguito venivano sottoposti ad 
un compito di riconoscimento delle parole presentate nel 
canale disatteso (8 su 16) e ad un compito di grafia 
delle parole presentate oralmente, inclusi i 16 omofoni. 
 Dai risultati dell’esperimento è emerso che i soggetti 
avevano molte difficoltà a riconoscere gli omofoni 
presentati nel canale disatteso e mostravano una 
tendenza a compitare gli omofoni in maniera coerente 
con l’interpretazione favorita nella fase precedente 
dell’esperimento.
MEMORIA IMPLICITA 
 L’esperimento di Eich può essere considerato come una 
dimostrazione dell’esistenza di una forma di memoria 
senza consapevolezza . 
 Schacter (1987) ha preferito l’espressione memoria 
implicita a quella di memoria senza consapevolezza. 
Anche se queste due espressioni hanno lo stesso 
significato, forse l’espressione memoria implicita 
descrive questo fenomeno con maggiore accuratezza. 
 La memoria implicita ha luogo quando “l’informazione 
che è stata codificata nel contesto di un particolare 
episodio viene in seguito espressa senza che ci sia un 
ricordo consapevole o deliberato”. 
 Considerati in questo modo, un gran numero di 
fenomeni possono essere considerati come esempi di 
memoria impilicita.
MEMORIA IMPLICITA E AMNESIA 
 L’amnesia è un disturbo prodotto da lesioni cerebrali e 
riguarda i pazienti affetti dalla psicosi di Korsakoff, una 
forma di amnesia che si verifica come conseguenza 
dell’alcolismo cronico. 
 I pazienti affetti da amnesia sono in grado di operare in 
diversi settori ma sono incapaci di ricordare gli eventi 
accaduti successivamnete all’insorgenza del disturbo. 
Anche in pazienti di questo tipo si osservano gli effetti 
della memoria implicita. 
 Warrington e Wieskrantz (1982) hanno recensito vari 
studi che sembrano suggerire che i pazienti affetti da 
amnesia abbiano un rendimento peggiore nei confronti 
che richiedono l’uso della memoria esplicita e un 
rendimento migliore in quelli che richiedono l’uso di una 
memoria implicita
ESPERIMENTO DI GRAF E SCHACTER 
 Graf e Schacter (1985) hanno usato per questo 
esperimento sia soggetti normali che soggetti affetti da 
amnesia 
 A soggetti venivano presentate coppie di parole. In 
alcune coppie le parole erano associate (buttoned-shirt 
– camicia abbottonata), mentre in altre coppie non lo 
erano (window-shirt – finestra camicia). 
 Uno dei compiti dei soggetti era quello di comporre frasi 
in cui le parole di ciascuna coppia risultassero 
evidentemente associate. Per esempio: ripe-apple 
(matura-mela) --> egli mangiò la mela 
 Ai soggetti veniva poi permesso di leggere nuovamente 
ciascuna coppia di parole. 
 Ciascun soggetto veniva poi sottoposto ad un test di 
completamento di parola (memoria implicita) e un test di 
rievocazione guidata (memoria esplicita).
ESPERIMENTO DI GRAF E SCHACTER 
 Il test di completamento di parola può essere esemplificato 
facendo riferimento alla seguente tabella.
ESPERIMENTO DI GRAF E SCHACTER 
 Ai soggetti venivano mostrati il primo membro di ciascuna coppia di 
parole e le prime tre lettere del secondo membro (chiamate frammento 
dio parola). 
 Il problema è quello di capire se il completamento del frammento 
produca la stessa parola che era stata presentata inizialmente ai 
soggetti. 
 Graf e Schacter hanno trovato un effetto di priming sia nei soggetti 
normali che in quelli affetti da amnesia, sia per le coppie di parole 
associate che per quelle non associate. I risultati, al contrario del test di 
completamento di parola, nel caso del test di rievocazione guidata erano 
diversi , poiché il rendimento dei pazienti affetti da amnesia era molto 
inferiore a quello dei soggetti normali. 
 I risultati di questo esperimento, inoltre, mettono in evidenza la 
somiglianza tra il rendimento dei soggetti affetti da amnesia e quello dei 
soggetti normali nei compiti di memoria implicita, a dispetto del fatto che 
il rendimento dei soggetti affetti da amnesia nei compiti di memoria 
esplicita sia largamente inferiore a quello dei soggetti normali.
SISTEMA DI RAPPRESENTAZIONE 
PERCETTIVA 
 Recentemente Hayman e Tulving (1989) Tulving e Schacter 
(1990) hanno suggerito la possibilità che vi sia un altro 
sistema di memoria distinto da quello della memoria 
episodica. Questo sistema di memoria, chiamato sistema di 
rappresentazione percettiva (perceptual representation 
system) da Tulving e Schacter è ritenuto responsabile degli 
effetti di priming. 
 I sistemi di memoria episodica e di rappresentazione 
percettiva vengono considerati da Tulving e Schacter come 
l’espressione di processi diversi. Secondo questi ricercatori, il 
sistema di rappresentazione percettiva elabora l’informazione 
a un livello più superficiale del sistema di memoria episodica. 
L’amnesia potrebbe essere associata al fatto che il sistema di 
memoria episodica risulta essere danneggiato mentre quello 
di rappresentazione percettiva potrebbe essere relativamente 
intatto.
MEMORIA SEMANTICA 
 La memoria semantica si riferisce alle informazioni di carattere 
generale che possediamo a proposito del mondo. Tulving (1972) ha 
paragonato la memoria semantica ad un dizionario mentale che 
contiene parole, concetti e le loro relazioni. 
 L’uso della memoria semantica può essere esemplificato, per 
esempio, ai tentativi di ricordare il nome di una persona. Può capitare 
talvolta che un nome non ci venga in mente. James (1890) ha 
descritto tale fenomeno “sulla punta della lingua” (tip-of-the-tongue-phenomenon). 
 Brown e McNeill (1966) hanno condotto un famoso studio sul 
fenomeno “sulla punta della lingua”. Venivano presentate ai soggetti 
le definizioni di 49 parole a bassa frequenza, esempio: abse, cloaca, 
nepotism, sampan. Nei casi in cui una definizione produceva il 
fenomeno i Ss erano in grado di identificare alcuni aspetti della 
parola critica come, ad esempio la lettera iniziale, il numero di lettere. 
Spesso erano in grado di giudicare aspetti delle parole che venivano 
in mente; talvolta sapevano che le congetture errate erano simili alla 
parola critica nel suono o nel significato.
MODELLO A RETE GERARCHICA 
 La formulazione dei primi modelli di memoria semantica inizia con il 
lavoro di Quillian (1969), il quale si era proposto di creare un 
programma per calcolatore in grado di capire il linguaggio naturale. 
Tale programma era chiamato teachable language comprehender 
(sistema addestrabile per la comprensione del linguaggio), in breve 
TLC. 
 Il TLC non è soltanto un programma per calcolatore ma anche un 
modello della memoria semantica. 
 Il modello di Quillian rappresenta la memoria semantica nei termini 
della rete gerarchica. 
 La rete è costituita da tre tipi di elementi: 
 unità = si riferiscono a insiemi di oggetti e costituiscono i nodi 
della rete; i nodi sono etichettati con sostantivi; 
 proprietà = descrivono le unità e sono etichettati da aggettivi o 
da verbi; 
 puntatori = specificano le relazioni fra unità diverse e le relazioni 
tra le unità e le proprietà.
MODELLO DI QUILLIAN 
Esempio di struttura di memoria organizzata gerarchicamente
MODELLO A RETE GERARCHICA 
 Nel modello di Quillian il recupero dell’informazione dalla memoria 
semantica corrisponde alla ricerca all’interno di una rete gerarchica. 
 La forma più semplice di ricerca consiste nell’assegnazione di un 
valore di verità di un enunciato. 
 Il modello si basa sull’assunzione che la ricerca all’interno dellar ete 
gerarchica richieda tempo. Benché questa assunzione possa 
sembrare ovvia, ciò non di meno essa è essenziale. Il tempo 
necessario per effettuare la ricerca attraverso la rete, infatti, può 
essere usato per ottenere informazioni a proposito della struttura 
della rete. Questo approccio allo studio delle strutture psicologiche è 
chiamato cronometria mentale. 
 Lo sperimentatore fornisce ai soggetti dei compiti che, dal punto di 
vista teorico, dovrebbero richiedere tempi diversi per poter essere 
completati e le predizioni teoriche possono essere verificate 
misurando i tempi di reazione forniti dai soggetti. 
 Il modello di Quillian implica che maggiore è la “distanza semantica” 
maggiore è il tempo impiegato dai soggetti per recuperare le 
informazioni immagazzinate nel nodo superiore.
IPOTESI DELL’INTERRUZIONE 
CONDIZIONALE 
 Collins e Quillian (1972) discutono alcuni esperimenti eseguiti 
assumendo che sia necessario sommare i tempi necessari per 
concludere ciascuna fase di ricerca all’interno della rete gerarchica. 
 Supponiamo di seguire inizialmente un certo percorso e, in seguito, di 
seguire un percorso diverso. Il tempo totale necessario per seguire 
entrambi i percorsi è uguale alla somma dei tempi necessari per seguire 
ciascuno di essi. 
 Ricerche condotte in seguito, però, hanno messo in evidenza alcuni limiti 
del modello proposto da Collins e Quillian e anche altri modelli simili ad 
esso. Uno dei problemi è che questo modello non specifica chiaramente 
la procedura necessaria per decidere che una frase è falsa. A questo 
proposito Collins e Quillian hanno avanzato un’ipotesi chiamata 
conditional stopping hypothesis (ipotesi dell’interruzione condizionale) 
 Consideriamo una frase falsa come << Un orso polare ha le mani>>. 
Secondo l’ipotesi proposta da Collins e Quillian, in questo caso è 
necessario percorrere tutti i possibili tragitti che collegano orso polare e 
mani. La ricerca dovrebbe concludersi quando emerge una 
contraddizione, la quale può verificarsi se la proprietà specificata è 
incompatibile con la proprietà presente in memoria.
MODELLO DELLA PROPAGAZIONE 
DELL’ATTIVAZIONE 
 J.R. Anderson (1984) ha osservato che una nozione importante, emersa 
dallo studio della memoria semantica è quella di propagazione 
dell’attivazione. 
 Secondo questa nozione, nel corso della ricerca entro la rete gerarchica 
vengono attivati tutti i percorsi della rete lungo i quali la ricerca ha luogo. 
L’attivazione si propaga dal nodo dove inizia la ricerca. Tanto maggiore è 
l’attivazione di un nodo tanto più facilmente la sua informazione può 
essere elaborata, ad esempio può essere recuperata più facilmente. 
 Mplti esperimenti sono stati condotti nell’ambito della memoria 
semantica. Alcuni degli esperimenti più noti sono stati recensiti da 
Meyer e Schvaneveldt (1976). 
 Ai soggetti viene presentata su uno schermo una stringa di lettere e 
dovevano dire se si trattava di una parola oppure no e successivamente 
una seconda stringa e dovevano effettuare lo stesso compito. Le 
stringhe che formavano una parola potevano essere: 
 semanticamente relate: bus - truck 
 semanticamente non relate: bus - sunset 
 I tempi di risposta impiegati per rispondere sì alla seconda parola della 
prima coppia erano più veloci che nel secondo caso. 
 L’effetto di facilitazione è determinato dal fatto che le prime due parole 
sono più vicine nella rete e quindi l’attivazione si propaga più 
velocemente.
MODELLO DELLA PROPAGAZIONE 
DELL’ATTIVAZIONE 
 Procedura sperimentale usata da Meyer, Schvaneveldt e Ruddy
J.R ANDERSON E ACT 
 La nozione di propagazione dell’attivazione è stata incorporata 
all’interno di una teoria di Anderson (1983) chiamata ACT (Adaptive 
Control of Thought - Controllo adattivo del pensiero). 
 In questa teoria vi è un’importante distinzione tra memoria 
dichiarativa e procedurale. 
 La memoria dichiarativa contiene un tipo di conoscenze fatturali che 
sono immagazzinate nelle reti semantiche. Inoltre, essa contiene un 
insieme di informazioni sotto forma di reti proposizionali. La 
proposizione costituisce l’unità di analisi più piccola che può essere 
considerata come un’asserzione distinta, ovvero l’unità più piccola 
che può essere giudicata vera o falsa. 
 La memoria procedurale fa uso di sistemi di produzione (production 
systems), formati da regole a loro volta costituite da una condizione e 
da un’azione. 
 Esempio: 
 Condizione – Se A è la madre di B e B è la madre di C 
 Azione – Allora A è la nonna di C
J.R ANDERSON E ACT 
 La seguente figura illustra in forma schematica la relazione tra memoria 
dichiarativa e memoria procedurale.
MEMORIA DI LAVORO 
 “La memoria di lavoro contiene le informazioni che 
sono accessibili al sistema al momento presente. 
Tra queste informazioni ci sono le informazioni 
recuperate dalla memoria dichiarativa a lungo 
termine e le strutture temporanee che sono state 
depositate dai processi di codifica e dalle azioni 
delle produzioni. Fondamentalmente, la memoria di 
lavoro si riferisce a quella parte della conoscenza 
dichiarativa, permanente o temporanea, che si 
trova in uno stato attivo”. 
Anderson, 1983
MODELLI CONNESSIONISTI 
DELLA MEMORIA 
 I modelli connessionisti assumono che 
l’informazione venga elaborata per mezzo delle 
interazioni tra un ampio numero di unità elementari 
di elaborazione, ciascuna delle quali invia segnali di 
tipo eccitatorio oppure inibitorio ad altre unità. 
(McClelland, Rumelhart e Hinton, 1986). 
 I modelli connessionisti tentano di specificare le 
microstrutture dei processi cognitivi. Questo 
significa che, per esempio, questi modelli 
costituiscono dei tentativi di specificare in maniera 
dettagliata le modalità di funzionamento dei 
processi come la memoria.
RECUPERARE L’INFORMAZIONE 
DALLA MEMORIA 
 Secondo l’approccio connessionista, le copie di 
particolari esperienze non vengono immagazzinate in 
memoria per mezzo della tracce di memoria. Piuttosto, 
esistono delle unità per le esperienze individuali che 
sono connesse ad altre unità che rappresentano le varie 
proprietà di un’esperienza. 
 McClelland et al. (1986) hanno notato che alcune 
esperienze sono dotate delle medesime proprietà; ciò 
significa che l’unità che rappresenta una particolare 
proprietà tenderà ad essere connessa con ricordi 
differenti. Ogni volta che una proprietà viene attivata, 
essa tenderà ad attivare tutti i ricordi a cui è connessa. 
 Per questa ragione, per poter facilitare la rievocazione 
di una particolare esperienza, il sistema deve possedere 
sia connessioni inibitorie che connessioni eccitatorie tra 
le varie unità.
BAHRICK E IL PERMASTORE 
 Bahrick ha dedicato i suoi studi alla memoria a lungo 
termine dell’apprendimento scolastico., poiché ha 
rilevato che poche ricerche si sono occupate di ciò che 
accade al materiale che noi apprendiamo a scuola, e ha 
proposto l’esistenza di uno stato di memoria 
relativamente permanente chiamato permastore. 
 La maggior parte dei precedenti studi sulla memoria non 
si sono occupati della capacità di ritenzione nel corso di 
lunghi periodi di tempo per rendersi conto che la qualità 
di alcuni ricordi non peggiora dopo che è passato un 
certo periodo di tempo. Questi ricordi sono 
immagazzinati nel permastore. 
 Esempi di ricordi immagazzinati nel permastore sono, 
secondo Bahrick, le regole aritmetiche e le capacità 
motorie (andare in bici, suonare il pianoforte, etc.)
MEMORIA AUTOBIOGRAFICA 
 I ricordi autobiografici costituiscono una forma di memoria episodica 
nella quale gli eventi vengono rievocati insieme all’indicazione del 
momento della vita dell’individuo in cui si sono verificati. 
 La ricerca sulla memoria autobiografica ha fatto uso di una tecnica 
messa a punto da Crovitz e Schiffman (1974) 
 Ai soggetti viene data una lista di 20 parole. Per ogni parola i 
soggetti devono costruire un ricordo personale e cercare di datarli in 
maniera precisa (minuti, ore, settimane, mesi, anni). Dai risultati 
emerge che vi è un regolare declino della frequenza dei ricordi 
autobiografici in funzione del tempo. 
 La rievocazione di un’esperienza precedente coinvolge una serie di 
livelli: 
1. Pianificare per dare inizio all’attività mentale volta a rispondere al quesito 
autobiografico; quindi attività finalizzata e strategica; 
2. Verificare la traccia remota emergente; 
3. Produzione cosciente di un resoconto verbale dell’esperienza.
MEMORIA AUTOBIOGRAFICA E AMNESIA 
INFANTILE 
 Un altro processo che influenza la memoria 
autobiografica è costituito dalla cosiddetta amnesia 
infantile per cui, la quantità di episodi che vengono 
ricordati a proposito dei primi anni di vita è minore di 
quella che ci si aspetterebbe se la memoria declinasse 
gradualmente con il passare del tempo. 
 L’amnesia infantile inizia verso i cinque anni. Il 
fenomeno dipenderebbe dal fatto che i bambini di età 
inferiore a 5 anni fanno esperienza degli eventi in un 
modo molto diverso da quello reso possibile dalla 
capacità di descrivere gli eventi per mezzo del 
linguaggio. 
 Nel momento in cui i bambini iniziano ad utilizzare il 
linguaggio per rappresentare gli eventi in memoria essi 
potrebbero perdere contatto con i ricordi precedenti.
MEMORIA STORICA 
 Un altro tipo di memoria è rappresentato dalla memoria 
storica che riguarda i principali fatto storici che hanno 
influenzato e dato significato agli eventi della nostra vita 
 I fatti sono organizzati in periodi analogamente alla 
strutturazione delle vita individuale in stadi (infanzia, 
adolescenza, prima età adulta, mezza età, prima età 
anziana, tarda anzianità) 
 I periodi storici corrispondono per gli americani ai 
mandati presidenziali. 
 I fatti storici sono generalmente organizzati in memoria 
in forma narrativa; perciò una persona disporrà di un 
repertorio di racconti sugli eventi storicamente 
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  • 1. SISTEMI DI MEMORIA Prof. Eleonora Bilotta
  • 2. TULVING ED I SISTEMI DI MEMORIA  Tulving nel 1972 propone di distinguere fra memoria episodica e memoria semantica.  La memoria episodica si riferisce all’immagazzinamento e al recupero di eventi ed episodi temporalmente databili, localizzabili spazialmente ed esperiti personalmente.  La memoria semantica si riferisce all’immagazzinamento e all’utilizzazione di conoscenze che riguardano le parole e i concetti, le loro proprietà e relazioni reciproche.
  • 3. IL PRINCIPIO DELLA SPECIFICITÀ DI CODIFICA  Secondo tale principio, soltanto ciò che è stato immagazzinato può essere recuperato, e il modo in cui qualcosa può essere recuperato dipende dal modo in cui è stato immagazzinato.  Esempio: la parola Verde può essere capita, o codificata, sia come nome di un colore che come cognome di una persona  È la modalità di codifica di una parola che determina il modo in cui essa sarà ricordata
  • 4. ESPERIMENTO DI TULVING E THOMSON  Nell’esperimento di Tulving e Thomson, ai soggetti veniva chiesto di memorizzare un elenco di 24 coppie di parole debolmente associate. In ogni coppia una parola era stampata in lettere minuscole e l’altra in lettere maiuscole, dove la prima era un suggerimento per il recupero e la seconda parola critica. Esempio: plant - BUG; ground - COLD  In seguito ai soggetti venivano presentate 12 parole fortemente associate con le parole critiche della lista precedente. Esempio: insect - BUG; hot - COLD  I soggetti dovevano scrivere accanto alle nuove parole quelle della lista precedente: venivano rievocate solo 2 parole su 12.  Ai soggetti venivano poi fornite 12 nuove parole fortemente associate con le restanti 12 parole critiche della lista precedentemente memorizzata. I soggetti dovevano associare una parola a ciascuna nuova parola e dovevano scriverla se era ritenuta una parola critica precedentemente memorizzata. Solo 3 o 4 parole critiche venivano ricordate.
  • 5. ESPERIMENTO DI TULVING E THOMSON  A questo punto ai soggetti venivano chieste associazioni libere sui 24 suggerimenti forti per il recupero e si osservò che venivano associate fino a 6 parole.  Poi dovevano riconoscere se c’erano delle parole critiche e ne riconoscevano fino a 4.  I soggetti erano in grado di rievocare delle parole che non riuscivano a riconoscere come parole critiche.  Infine ai soggetti venivano presentati gli originali 24 suggerimenti deboli per il recupero e veniva chiesto di rievocare le parole critiche. Essi potevano rievocare circa 15 parole critiche. I soggetti imparavano le parole critiche nel contesto fornito dai suggerimenti deboli per il recupero.  Questa particolare forma di codifica delle parole critiche fa in modo che i suggerimenti deboli per il recupero siano più adatti a consentire l’accesso a ciò che è immagazzinato dei suggerimenti forti per il recupero.  La natura della codifica influenza la tratta di memoria prodotta dagli item
  • 6. RECENTI SVILUPPI DELLA TEORIA DI TULVING  Tulving ha ipotizzato l’esistenza di almeno tre sistemi di memoria per l’elaborazione dei vari tipi di informazione: i sistemi di memoria episodico, semantico e procedurale.  La memoria procedurale è quel sistema di memoria sottostante alle esecuzioni che richiedono destrezza.  Conoscenza esplicita: riguarda ciò che possiamo descrivere riguardo a ciò che facciamo  Conoscenza tacita: riguarda ciò che conosciamo senza esserne consapevoli  La memoria episodica è un sottosistema specializzato della memoria semantica che, a sua volta, è un sottosistema specializzato della memoria procedurale.
  • 7. SISTEMI DI MEMORIA E CONSAPEVOLEZZA  Tulving (1985) ha suggerito che ai tre sistemi di memoria sono associati diversi gradi di coscienza
  • 8. SISTEMI DI MEMORIA E CONSAPEVOLEZZA  La memoria procedurale è anoetica (tale termine significa privo di conoscenza) nel senso che, quando facciamo uso di questa memoria, siamo consapevoli soltanto di ciò che caratterizza la situazione immediata in cui ci troviamo.  La memoria semantica è noetica (tale termine riguarda la conoscenza) perché, quando ne facciano uso, siamo consapevoli non soltanto della situazione immediata nella quale ci troviamo, ma anche di cose che possono essere assenti in quella specifica situazione.  La memoria episodica è autonoetica ( tale termine riguarda la conoscenza di sé) dal momento che riguarda il ricordo di esperienze personali.
  • 9. MEMORIA IMPLICITA  Jacoby e Witherspoon (1982) hanno scritto un articolo nel quale viene descritta la memoria senza consapevolezza, cioè situazioni in cui il ricordo di un evento precedente può influenzare la codifica di un evento successivo senza che l’individuo sia consapevole di ricordare l’evento precedente  Un tipico esempio di memoria implicita è l’uso di una procedura appresa in precedenza, anche in un tempo molto lontano (andare in bicicletta, sciare, scrivere, ecc.).  Questo tipo di memoria viene spesso dimostrata per mezzo della metodologia del priming (Jacoby e Dallas, 1981):  Ai soggetti viene presentata una lista di parole. In seguito, le parole vengono presentate nuovamente ai soggetti, i quali vengono sottoposti, prima ad una prova di riconoscimento e successivamente ad un compito di identificazione percettiva. I soggetti devono cercare di identificare le singole parole presentate per un breve intervallo.  Le parole viste, dai soggetti, nella fase precedente vengono identificate più accuratamente di quelle non viste, indipendentemente dal fatto che le parole vecchie siano state riconosciute come parole già presentate.
  • 10. MEMORIA IMPLICITA  Eich (1984) ha descritto la memoria senza consapevolezza nei seguenti termini: “È possibile distinguere tra gli effetti che i ricordi di episodi precedenti esercitano nei confronti del comportamento di un individuo, da una parte, dalla consapevolezza che l’individuo possiede a proposito del fatto di stare ricordando degli eventi passati, dall’altra”.  La distinzione tra il ricordo e la consapevolezza del ricordo è stata investigata da Eich usando un metodo simile a quello di Jacoby e Witherspoon (1982).  Ai soggetti veniva dato un compito di shadowing per le parole presentate ad un orecchio e costituenti un brano, e veniva detto loro, che la comprensione, di questo brano, sarebbe stata testata in una seconda fase. Allo stesso tempo, veniva presentata loro, una serie di coppie di parole all’altro orecchio.  Ai soggetti veniva detto che lo sperimentatore era interessato all’effetto di questo materiale nei confronti della comprensione e della memoria del brano (l’istruzione era quella di non prestare attenzione e di non ricordare la coppia di parole).
  • 11. MEMORIA IMPLICITA  Le coppie di parole erano del seguente tipo:  Il secondo membro della coppia era un omofono (parola che presenta la stessa pronuncia di un’altra ma ha significato diverso): son (figlio) – sun (sole)  Ciascun omofono era preceduto da una parola il cui significato poteva influenzare il modo in cui l’omofono veniva interpretato:  youngest son (figlio più giovane) = son  rising sun (sole nascente) = sun  Dopo il compito di shadowing i soggetti dovevano fornire un riassunto del brano. In seguito venivano sottoposti ad un compito di riconoscimento delle parole presentate nel canale disatteso (8 su 16) e ad un compito di grafia delle parole presentate oralmente, inclusi i 16 omofoni.  Dai risultati dell’esperimento è emerso che i soggetti avevano molte difficoltà a riconoscere gli omofoni presentati nel canale disatteso e mostravano una tendenza a compitare gli omofoni in maniera coerente con l’interpretazione favorita nella fase precedente dell’esperimento.
  • 12. MEMORIA IMPLICITA  L’esperimento di Eich può essere considerato come una dimostrazione dell’esistenza di una forma di memoria senza consapevolezza .  Schacter (1987) ha preferito l’espressione memoria implicita a quella di memoria senza consapevolezza. Anche se queste due espressioni hanno lo stesso significato, forse l’espressione memoria implicita descrive questo fenomeno con maggiore accuratezza.  La memoria implicita ha luogo quando “l’informazione che è stata codificata nel contesto di un particolare episodio viene in seguito espressa senza che ci sia un ricordo consapevole o deliberato”.  Considerati in questo modo, un gran numero di fenomeni possono essere considerati come esempi di memoria impilicita.
  • 13. MEMORIA IMPLICITA E AMNESIA  L’amnesia è un disturbo prodotto da lesioni cerebrali e riguarda i pazienti affetti dalla psicosi di Korsakoff, una forma di amnesia che si verifica come conseguenza dell’alcolismo cronico.  I pazienti affetti da amnesia sono in grado di operare in diversi settori ma sono incapaci di ricordare gli eventi accaduti successivamnete all’insorgenza del disturbo. Anche in pazienti di questo tipo si osservano gli effetti della memoria implicita.  Warrington e Wieskrantz (1982) hanno recensito vari studi che sembrano suggerire che i pazienti affetti da amnesia abbiano un rendimento peggiore nei confronti che richiedono l’uso della memoria esplicita e un rendimento migliore in quelli che richiedono l’uso di una memoria implicita
  • 14. ESPERIMENTO DI GRAF E SCHACTER  Graf e Schacter (1985) hanno usato per questo esperimento sia soggetti normali che soggetti affetti da amnesia  A soggetti venivano presentate coppie di parole. In alcune coppie le parole erano associate (buttoned-shirt – camicia abbottonata), mentre in altre coppie non lo erano (window-shirt – finestra camicia).  Uno dei compiti dei soggetti era quello di comporre frasi in cui le parole di ciascuna coppia risultassero evidentemente associate. Per esempio: ripe-apple (matura-mela) --> egli mangiò la mela  Ai soggetti veniva poi permesso di leggere nuovamente ciascuna coppia di parole.  Ciascun soggetto veniva poi sottoposto ad un test di completamento di parola (memoria implicita) e un test di rievocazione guidata (memoria esplicita).
  • 15. ESPERIMENTO DI GRAF E SCHACTER  Il test di completamento di parola può essere esemplificato facendo riferimento alla seguente tabella.
  • 16. ESPERIMENTO DI GRAF E SCHACTER  Ai soggetti venivano mostrati il primo membro di ciascuna coppia di parole e le prime tre lettere del secondo membro (chiamate frammento dio parola).  Il problema è quello di capire se il completamento del frammento produca la stessa parola che era stata presentata inizialmente ai soggetti.  Graf e Schacter hanno trovato un effetto di priming sia nei soggetti normali che in quelli affetti da amnesia, sia per le coppie di parole associate che per quelle non associate. I risultati, al contrario del test di completamento di parola, nel caso del test di rievocazione guidata erano diversi , poiché il rendimento dei pazienti affetti da amnesia era molto inferiore a quello dei soggetti normali.  I risultati di questo esperimento, inoltre, mettono in evidenza la somiglianza tra il rendimento dei soggetti affetti da amnesia e quello dei soggetti normali nei compiti di memoria implicita, a dispetto del fatto che il rendimento dei soggetti affetti da amnesia nei compiti di memoria esplicita sia largamente inferiore a quello dei soggetti normali.
  • 17. SISTEMA DI RAPPRESENTAZIONE PERCETTIVA  Recentemente Hayman e Tulving (1989) Tulving e Schacter (1990) hanno suggerito la possibilità che vi sia un altro sistema di memoria distinto da quello della memoria episodica. Questo sistema di memoria, chiamato sistema di rappresentazione percettiva (perceptual representation system) da Tulving e Schacter è ritenuto responsabile degli effetti di priming.  I sistemi di memoria episodica e di rappresentazione percettiva vengono considerati da Tulving e Schacter come l’espressione di processi diversi. Secondo questi ricercatori, il sistema di rappresentazione percettiva elabora l’informazione a un livello più superficiale del sistema di memoria episodica. L’amnesia potrebbe essere associata al fatto che il sistema di memoria episodica risulta essere danneggiato mentre quello di rappresentazione percettiva potrebbe essere relativamente intatto.
  • 18. MEMORIA SEMANTICA  La memoria semantica si riferisce alle informazioni di carattere generale che possediamo a proposito del mondo. Tulving (1972) ha paragonato la memoria semantica ad un dizionario mentale che contiene parole, concetti e le loro relazioni.  L’uso della memoria semantica può essere esemplificato, per esempio, ai tentativi di ricordare il nome di una persona. Può capitare talvolta che un nome non ci venga in mente. James (1890) ha descritto tale fenomeno “sulla punta della lingua” (tip-of-the-tongue-phenomenon).  Brown e McNeill (1966) hanno condotto un famoso studio sul fenomeno “sulla punta della lingua”. Venivano presentate ai soggetti le definizioni di 49 parole a bassa frequenza, esempio: abse, cloaca, nepotism, sampan. Nei casi in cui una definizione produceva il fenomeno i Ss erano in grado di identificare alcuni aspetti della parola critica come, ad esempio la lettera iniziale, il numero di lettere. Spesso erano in grado di giudicare aspetti delle parole che venivano in mente; talvolta sapevano che le congetture errate erano simili alla parola critica nel suono o nel significato.
  • 19. MODELLO A RETE GERARCHICA  La formulazione dei primi modelli di memoria semantica inizia con il lavoro di Quillian (1969), il quale si era proposto di creare un programma per calcolatore in grado di capire il linguaggio naturale. Tale programma era chiamato teachable language comprehender (sistema addestrabile per la comprensione del linguaggio), in breve TLC.  Il TLC non è soltanto un programma per calcolatore ma anche un modello della memoria semantica.  Il modello di Quillian rappresenta la memoria semantica nei termini della rete gerarchica.  La rete è costituita da tre tipi di elementi:  unità = si riferiscono a insiemi di oggetti e costituiscono i nodi della rete; i nodi sono etichettati con sostantivi;  proprietà = descrivono le unità e sono etichettati da aggettivi o da verbi;  puntatori = specificano le relazioni fra unità diverse e le relazioni tra le unità e le proprietà.
  • 20. MODELLO DI QUILLIAN Esempio di struttura di memoria organizzata gerarchicamente
  • 21. MODELLO A RETE GERARCHICA  Nel modello di Quillian il recupero dell’informazione dalla memoria semantica corrisponde alla ricerca all’interno di una rete gerarchica.  La forma più semplice di ricerca consiste nell’assegnazione di un valore di verità di un enunciato.  Il modello si basa sull’assunzione che la ricerca all’interno dellar ete gerarchica richieda tempo. Benché questa assunzione possa sembrare ovvia, ciò non di meno essa è essenziale. Il tempo necessario per effettuare la ricerca attraverso la rete, infatti, può essere usato per ottenere informazioni a proposito della struttura della rete. Questo approccio allo studio delle strutture psicologiche è chiamato cronometria mentale.  Lo sperimentatore fornisce ai soggetti dei compiti che, dal punto di vista teorico, dovrebbero richiedere tempi diversi per poter essere completati e le predizioni teoriche possono essere verificate misurando i tempi di reazione forniti dai soggetti.  Il modello di Quillian implica che maggiore è la “distanza semantica” maggiore è il tempo impiegato dai soggetti per recuperare le informazioni immagazzinate nel nodo superiore.
  • 22. IPOTESI DELL’INTERRUZIONE CONDIZIONALE  Collins e Quillian (1972) discutono alcuni esperimenti eseguiti assumendo che sia necessario sommare i tempi necessari per concludere ciascuna fase di ricerca all’interno della rete gerarchica.  Supponiamo di seguire inizialmente un certo percorso e, in seguito, di seguire un percorso diverso. Il tempo totale necessario per seguire entrambi i percorsi è uguale alla somma dei tempi necessari per seguire ciascuno di essi.  Ricerche condotte in seguito, però, hanno messo in evidenza alcuni limiti del modello proposto da Collins e Quillian e anche altri modelli simili ad esso. Uno dei problemi è che questo modello non specifica chiaramente la procedura necessaria per decidere che una frase è falsa. A questo proposito Collins e Quillian hanno avanzato un’ipotesi chiamata conditional stopping hypothesis (ipotesi dell’interruzione condizionale)  Consideriamo una frase falsa come << Un orso polare ha le mani>>. Secondo l’ipotesi proposta da Collins e Quillian, in questo caso è necessario percorrere tutti i possibili tragitti che collegano orso polare e mani. La ricerca dovrebbe concludersi quando emerge una contraddizione, la quale può verificarsi se la proprietà specificata è incompatibile con la proprietà presente in memoria.
  • 23. MODELLO DELLA PROPAGAZIONE DELL’ATTIVAZIONE  J.R. Anderson (1984) ha osservato che una nozione importante, emersa dallo studio della memoria semantica è quella di propagazione dell’attivazione.  Secondo questa nozione, nel corso della ricerca entro la rete gerarchica vengono attivati tutti i percorsi della rete lungo i quali la ricerca ha luogo. L’attivazione si propaga dal nodo dove inizia la ricerca. Tanto maggiore è l’attivazione di un nodo tanto più facilmente la sua informazione può essere elaborata, ad esempio può essere recuperata più facilmente.  Mplti esperimenti sono stati condotti nell’ambito della memoria semantica. Alcuni degli esperimenti più noti sono stati recensiti da Meyer e Schvaneveldt (1976).  Ai soggetti viene presentata su uno schermo una stringa di lettere e dovevano dire se si trattava di una parola oppure no e successivamente una seconda stringa e dovevano effettuare lo stesso compito. Le stringhe che formavano una parola potevano essere:  semanticamente relate: bus - truck  semanticamente non relate: bus - sunset  I tempi di risposta impiegati per rispondere sì alla seconda parola della prima coppia erano più veloci che nel secondo caso.  L’effetto di facilitazione è determinato dal fatto che le prime due parole sono più vicine nella rete e quindi l’attivazione si propaga più velocemente.
  • 24. MODELLO DELLA PROPAGAZIONE DELL’ATTIVAZIONE  Procedura sperimentale usata da Meyer, Schvaneveldt e Ruddy
  • 25. J.R ANDERSON E ACT  La nozione di propagazione dell’attivazione è stata incorporata all’interno di una teoria di Anderson (1983) chiamata ACT (Adaptive Control of Thought - Controllo adattivo del pensiero).  In questa teoria vi è un’importante distinzione tra memoria dichiarativa e procedurale.  La memoria dichiarativa contiene un tipo di conoscenze fatturali che sono immagazzinate nelle reti semantiche. Inoltre, essa contiene un insieme di informazioni sotto forma di reti proposizionali. La proposizione costituisce l’unità di analisi più piccola che può essere considerata come un’asserzione distinta, ovvero l’unità più piccola che può essere giudicata vera o falsa.  La memoria procedurale fa uso di sistemi di produzione (production systems), formati da regole a loro volta costituite da una condizione e da un’azione.  Esempio:  Condizione – Se A è la madre di B e B è la madre di C  Azione – Allora A è la nonna di C
  • 26. J.R ANDERSON E ACT  La seguente figura illustra in forma schematica la relazione tra memoria dichiarativa e memoria procedurale.
  • 27. MEMORIA DI LAVORO  “La memoria di lavoro contiene le informazioni che sono accessibili al sistema al momento presente. Tra queste informazioni ci sono le informazioni recuperate dalla memoria dichiarativa a lungo termine e le strutture temporanee che sono state depositate dai processi di codifica e dalle azioni delle produzioni. Fondamentalmente, la memoria di lavoro si riferisce a quella parte della conoscenza dichiarativa, permanente o temporanea, che si trova in uno stato attivo”. Anderson, 1983
  • 28. MODELLI CONNESSIONISTI DELLA MEMORIA  I modelli connessionisti assumono che l’informazione venga elaborata per mezzo delle interazioni tra un ampio numero di unità elementari di elaborazione, ciascuna delle quali invia segnali di tipo eccitatorio oppure inibitorio ad altre unità. (McClelland, Rumelhart e Hinton, 1986).  I modelli connessionisti tentano di specificare le microstrutture dei processi cognitivi. Questo significa che, per esempio, questi modelli costituiscono dei tentativi di specificare in maniera dettagliata le modalità di funzionamento dei processi come la memoria.
  • 29. RECUPERARE L’INFORMAZIONE DALLA MEMORIA  Secondo l’approccio connessionista, le copie di particolari esperienze non vengono immagazzinate in memoria per mezzo della tracce di memoria. Piuttosto, esistono delle unità per le esperienze individuali che sono connesse ad altre unità che rappresentano le varie proprietà di un’esperienza.  McClelland et al. (1986) hanno notato che alcune esperienze sono dotate delle medesime proprietà; ciò significa che l’unità che rappresenta una particolare proprietà tenderà ad essere connessa con ricordi differenti. Ogni volta che una proprietà viene attivata, essa tenderà ad attivare tutti i ricordi a cui è connessa.  Per questa ragione, per poter facilitare la rievocazione di una particolare esperienza, il sistema deve possedere sia connessioni inibitorie che connessioni eccitatorie tra le varie unità.
  • 30. BAHRICK E IL PERMASTORE  Bahrick ha dedicato i suoi studi alla memoria a lungo termine dell’apprendimento scolastico., poiché ha rilevato che poche ricerche si sono occupate di ciò che accade al materiale che noi apprendiamo a scuola, e ha proposto l’esistenza di uno stato di memoria relativamente permanente chiamato permastore.  La maggior parte dei precedenti studi sulla memoria non si sono occupati della capacità di ritenzione nel corso di lunghi periodi di tempo per rendersi conto che la qualità di alcuni ricordi non peggiora dopo che è passato un certo periodo di tempo. Questi ricordi sono immagazzinati nel permastore.  Esempi di ricordi immagazzinati nel permastore sono, secondo Bahrick, le regole aritmetiche e le capacità motorie (andare in bici, suonare il pianoforte, etc.)
  • 31. MEMORIA AUTOBIOGRAFICA  I ricordi autobiografici costituiscono una forma di memoria episodica nella quale gli eventi vengono rievocati insieme all’indicazione del momento della vita dell’individuo in cui si sono verificati.  La ricerca sulla memoria autobiografica ha fatto uso di una tecnica messa a punto da Crovitz e Schiffman (1974)  Ai soggetti viene data una lista di 20 parole. Per ogni parola i soggetti devono costruire un ricordo personale e cercare di datarli in maniera precisa (minuti, ore, settimane, mesi, anni). Dai risultati emerge che vi è un regolare declino della frequenza dei ricordi autobiografici in funzione del tempo.  La rievocazione di un’esperienza precedente coinvolge una serie di livelli: 1. Pianificare per dare inizio all’attività mentale volta a rispondere al quesito autobiografico; quindi attività finalizzata e strategica; 2. Verificare la traccia remota emergente; 3. Produzione cosciente di un resoconto verbale dell’esperienza.
  • 32. MEMORIA AUTOBIOGRAFICA E AMNESIA INFANTILE  Un altro processo che influenza la memoria autobiografica è costituito dalla cosiddetta amnesia infantile per cui, la quantità di episodi che vengono ricordati a proposito dei primi anni di vita è minore di quella che ci si aspetterebbe se la memoria declinasse gradualmente con il passare del tempo.  L’amnesia infantile inizia verso i cinque anni. Il fenomeno dipenderebbe dal fatto che i bambini di età inferiore a 5 anni fanno esperienza degli eventi in un modo molto diverso da quello reso possibile dalla capacità di descrivere gli eventi per mezzo del linguaggio.  Nel momento in cui i bambini iniziano ad utilizzare il linguaggio per rappresentare gli eventi in memoria essi potrebbero perdere contatto con i ricordi precedenti.
  • 33. MEMORIA STORICA  Un altro tipo di memoria è rappresentato dalla memoria storica che riguarda i principali fatto storici che hanno influenzato e dato significato agli eventi della nostra vita  I fatti sono organizzati in periodi analogamente alla strutturazione delle vita individuale in stadi (infanzia, adolescenza, prima età adulta, mezza età, prima età anziana, tarda anzianità)  I periodi storici corrispondono per gli americani ai mandati presidenziali.  I fatti storici sono generalmente organizzati in memoria in forma narrativa; perciò una persona disporrà di un repertorio di racconti sugli eventi storicamente importanti che hanno avuto luogo nella sua vita.