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Fatica Multiassiale
Costruzione di macchine (Politecnico di Bari)
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Fatica Multiassiale
Costruzione di macchine (Politecnico di Bari)
Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com)
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FATICA MULTIASSIALE
Numerosi componenti meccanici e strutturali sono soggetti al rischio di rotture per fatica in punti nei quali lo stato
di sforzo è multiassiale; un esempio tipico è quello degli alberi di trasmissione sollecitati a flessione
rotante alla quale si sovrappone una torsione che può essere costante o anche variabile nel tempo. Un altro
esempio è rappresentato dai recipienti in pressione in cui c’è uno stato di sforzo principale ( )
θ
σ
σ
σ ,
, a
r che, a
causa delle fluttuazioni della pressione interna, presenta una variazione nel tempo.
In generale, abbiamo uno stato di sforzo multiassiale se il tensore degli sforzi non si può restringere ad un’unica
componente con intensità variabile nel tempo e direzione fissa; in particolare, nel sistema di riferimento principale,
uno stato di sforzo multiassiale assume la seguente forma:
[ ]










=
)
(
0
0
0
)
(
0
0
0
)
(
)
(
t
t
t
t
III
II
I
σ
σ
σ
σ
Diciamo subito che non esistono, ad oggi, teorie esaustive sulla fatica multiassiale che permettano di modellare
tutta la casistica che si può determinare in questo tipo di problemi; il problema della fatica multiassiale, inoltre,
è molto complesso anche perché si interseca con il problema della plasticizzazione. In particolare, nel caso
della fatica oligociclica, cioè della fatica a basso numero di cicli (LCF), si verifica una plasticizzazione macroscopica
localizzata, ad esempio, in corrispondenza degli intagli; invece, nel caso della fatica ad alto numero di cicli (HCF),
la plasticizzazione è ridotta ed è limitata solo a livello microstrutturale.
Dunque, proprio perché il problema della fatica multiassiale è molto complesso, diventa indispensabile assumere
tutta una serie di ipotesi esemplificative.

 Esclusione dei problemi di fatica oligociclica; considereremo, infatti, solo la fatica ad alto numero di cicli.

 Esclusione dei problemi di fatica cosiddetta random; ipotizzeremo, infatti, che tutte le componenti del tensore
degli sforzi siano periodiche e che si possa sempre individuare un periodo T comune a tutte:
[ ] [ ]
)
(
)
( T
t
t +
= σ
σ

 Sincronizzazione degli sforzi; ipotizzeremo (almeno inizialmente) che le componenti del tensore degli sforzi, già
periodiche, siano sincrone, cioè che abbiano tutte la stessa frequenza:
π
ω
2
1
=
= −
T
f
A questo punto, possiamo definire il percorso di carico come la rappresentazione grafica della variazione
nel tempo di una qualsiasi coppia di componenti del tensore degli sforzi. In particolare, sulla base dell’ipotesi
di sforzi periodici, va detto che il percorso di carico dovrà essere una curva chiusa; infatti, partendo da un certo
punto P della curva, alla fine del periodo T dobbiamo necessariamente riportarci nello stesso punto P.
Nella prima parte della nostra trattazione cercheremo di estendere i criteri di resistenza validi in ambito statico
(in particolare, il criterio di von Mises ed il criterio di Tresca) al problema della fatica multiassiale, sulla base
dell’ipotesi che il danneggiamento del componente affaticato avvenga comunque per effetto della plasticizzazione;
ovviamente, tale estensione implica che, in questi criteri di resistenza validi in ambito statico, i valori massimi
degli sforzi vengano sostituiti dalle ampiezze degli sforzi periodici:
( )
a
i
eq vM
vM
. σ
φ
σ = ( )
a
i
eq T
T
. σ
φ
σ =
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lOMoARcPSD|1977025
In particolare, facendo l’ipotesi di stato di sforzo piano con 0
=
II
σ , vediamo come è possibile esplicitare lo sforzo
equivalente di von Mises:
a
III
a
I
a
III
a
I
eq
2
2
vM
. σ
σ
σ
σ
σ −
+
=
e lo sforzo equivalente di Tresca:
{ }
,
,
max
T
. a
III
a
I
a
III
a
I
eq σ
σ
σ
σ
σ −
=
Poi, questi sforzi equivalenti vanno confrontati con una tensione che rappresenta il limite a fatica del materiale;
in particolare, quello che si fa è considerare il limite a fatica del materiale che si registra in una prova monoassiale
di trazione-compressione alterna simmetrica:
Quindi, così come in ambito statico costruivamo uno stato di sforzo monoassiale equivalente allo stato di sforzo
multiassiale (realmente applicato), cioè dicevamo sostanzialmente che, applicando ad un provino in regime
monoassiale lo sforzo equivalente di von Mises o di Tresca, si ottiene lo stesso grado di cimento statico che
si produce in regime multiassiale, anche nell’ambito della fatica multiassiale possiamo fare un ragionamento simile
dicendo che, applicando ad un provino in regime monoassiale una sollecitazione alterna simmetrica calcolata
secondo il criterio di von Mises o di Tresca, si ottiene lo stesso grado di cimento a fatica che si produce in regime
multiassiale. Pertanto, i criteri di resistenza a fatica multiassiale definiti per mezzo di sforzi equivalenti
si possono scrivere in questo modo:
)
0
(
vM
. AS
eq σ
σ = )
0
(
T
. AS
eq σ
σ =
dove )
0
(
AS
σ è il limite a fatica infinita per una sollecitazione di trazione alternata simmetrica.
Questi criteri di resistenza a fatica multiassiale, va detto, sono criteri prettamente fenomenologici, cioè, non avendo
un fondamento scientifico, trovano una loro applicabilità solo ed esclusivamente per la tipologia di sollecitazioni
testate nelle prove sperimentali che hanno portato alla calibrazione della legge in oggetto.
A questo punto, facciamo alcune precisazioni. Stiamo considerando, nel sistema di riferimento principale, uno stato
di sforzo piano con componenti periodiche che hanno uno sforzo medio nullo; gli sforzi, inoltre, variano in maniera
sincrona, cioè con la stessa frequenza, in fase o in opposizione di fase, cioè con uno sfasamento nullo o pari a π .
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Infatti, due sforzi periodici sincroni, cioè aventi la stessa frequenza, possono variare:

 in fase, se raggiungono il loro corrispondente valore massimo nello stesso istante di tempo

 in opposizione di fase, se uno raggiunge il suo valore massimo nell’istante di tempo in cui l’altro raggiunge il suo valore minimo
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---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 Un’ulteriore ipotesi esemplificativa da fare è che le direzioni principali siano fisse nel tempo. In generale,
le singole componenti del tensore degli sforzi sono tutte funzioni del tempo:
[ ]










=
)
(
)
(
)
(
)
(
)
(
)
(
)
(
)
(
)
(
)
(
t
t
t
t
t
t
t
t
t
t
zz
zy
zx
yz
yy
yx
xz
xy
xx
σ
t
t
t
σ
t
t
t
σ
σ
Di conseguenza, se tutte le componenti del tensore degli sforzi variano nel tempo con una legge qualsiasi,
le direzioni principali, che dipendono dai valori che assumono le componenti di )
(t
σ , varieranno anch’esse
nel tempo; esistono, però, dei casi particolari in cui le componenti di )
(t
σ variano nel tempo in modo tale da far
rimanere fisse nel tempo le direzioni principali. Ad esempio, consideriamo il seguente stato di sforzo piano:
[ ]










=
0
0
0
0
0
)
sin(
0
)
sin(
)
sin(
)
( t
t
t
t a
yx
a
xy
a
xx
ω
t
ω
t
ω
σ
σ
che, ad un certo istante di tempo 1
t , ha la seguente rappresentazione sulla circonferenza di Mohr:
La giacitura principale I è inclinata rispetto alla giacitura su cui lo stato di sforzo è rappresentato dal punto
P ( )
)
(
),
( 1
1 t
t xy
xx t
σ
≡ di un angolo pari a θ :
⇒
=
)
(
)
(
2
2
tan
1
1
t
t
xx
xy
σ
t
θ
)
(
)
(
2
tan
2
1
1
1
1
t
t
xx
xy
σ
t
θ −
=
Essendo l’istante di tempo 1
t del tutto arbitrario, l’angolo θ che individua la direzione della giacitura principale I
rispetto all’asse orizzontale (asse di riferimento fisso e solidale con il componente) assume un valore costante e,
quindi, possiamo dire che, per questo particolare stato di sforzo piano, le direzioni principali sono fisse nel tempo;
infatti, se consideriamo un istante di tempo successivo, 2
t , l’angolo θ rimane invariato.
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Dunque, in blu abbiamo rappresentato un percorso di carico proporzionale. In particolare, si dice proporzionale
un percorso di carico rappresentato da un segmento appartenente ad una retta passante per l’origine; infatti,
il rapporto tra due qualsiasi componenti del tensore degli sforzi deve rimanere invariato nel tempo. A questo punto,
possiamo dire che un percorso di carico proporzionale è sempre caratterizzato da direzioni principali fisse
nel tempo. Più precisamente, si dice che le direzioni principali sono fisse in senso stretto se si considera il tensore
degli sforzi completo della parte fissa e della parte variabile nel tempo; infatti, il tensore degli sforzi )
(t
σ può
essere sempre scomposto nella somma di un’aliquota media m
σ , costante nel tempo, ed un’aliquota a
σ ,
funzione periodica del tempo:
[ ] [ ] [ ]
)
(
)
(
)
( T
t
t
t a
m +
=
+
= σ
σ
σ
σ
Se, invece, verifichiamo che le direzioni principali sono fisse nel tempo considerando, però, soltanto l’aliquota
variabile a
σ del tensore degli sforzi, allora le direzioni principali si dicono fisse in senso lato. Nella nostra
trattazione è sufficiente che le direzioni principali siano fisse in senso lato. Proviamo, adesso, a considerare un
particolare stato di sforzo piano in cui abbiamo una componente costante ed una componente funzione periodica
del tempo:
[ ]










=
0
0
0
0
0
0
)
sin(
)
( m
yx
m
xy
a
xx t
t t
t
ω
σ
σ
In questo caso, in cui il percorso di carico è rappresentato da un segmento di retta che, però, non passa
per l’origine, è facile dimostrare che le direzioni principali non sono fisse nel tempo; infatti, se andiamo a calcolare
l’angolo θ , troviamo che l’argomento della funzione arcotangente è un rapporto variabile nel tempo:
)
(
)
sin(
2
tan
2
1 1
t
t
a
xx
m
xy
θ
ω
σ
t
θ =
= −
Inoltre, il fatto che il percorso di carico sia proporzionale è una condizione sufficiente, ma non necessaria affinché
le direzioni principali siano fisse nel tempo; consideriamo, ad esempio, il seguente stato di sforzo per il quale
le direzioni principali sono fisse nel tempo, nonostante il percorso di carico sia non proporzionale:
[ ]










=
)
(
0
0
0
)
cos(
0
0
0
)
sin(
)
(
z t
t
t
t
z
a
yy
a
xx
σ
ω
σ
ω
σ
σ
In questo caso, poiché le componenti del tensore degli sforzi diverse da zero sono soltanto le componenti normali,
l’angolo θ rimane invariato; del resto questo è – a ben vedere – già uno stato di sforzo principale.
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Dunque, facendo una serie di prove sperimentali con tutte queste ipotesi esemplificative che abbiamo introdotto,
si è potuto constatare che le coppie ( )
a
III
a
I ,σ
σ in corrispondenza delle quali si produceva una situazione limite
bene soddisfano, entro limiti accettabili di approssimazione, l’equazione della curva limite di von Mises;
ovviamente, per valori della coppia ( )
a
III
a
I ,σ
σ che cadono all’interno della curva limite si ha una vita a fatica
illimitata, mentre si ha una vita a fatica limitata per valori della coppia ( )
a
III
a
I ,σ
σ che cadono all’esterno della
curva limite.
In particolare, nel primo quadrante abbiamo coppie ( )
a
III
a
I ,σ
σ
rappresentative di stati di sforzo in fase; invece, nel quarto
quadrante abbiamo coppie ( )
a
III
a
I ,σ
σ rappresentative di stati
di sforzo in opposizione di fase. Inoltre, è importante sottolineare
che finora stiamo considerando soltanto la componente alternata
dello sforzo, ovvero stiamo considerando nullo lo sforzo medio.
Vediamo come si può calcolare il coefficiente di sicurezza ξ utilizzando i criteri di resistenza a fatica multiassiale
definiti per mezzo di sforzi equivalenti; continuando l’analogia con l’ambito statico, abbiamo che:
a
vM
.
vM )
0
(
eq
AS
σ
σ
ξ = a
T
.
T )
0
(
eq
AS
σ
σ
ξ =
dove )
0
(
AS
σ è il limite a fatica infinita per una sollecitazione di trazione alternata simmetrica; invece,
a
vM
.
eq
σ
e
a
T
.
eq
σ sono gli sforzi equivalenti, rispettivamente, di von Mises e di Tresca calcolati con le ampiezze
delle componenti alternate dello sforzo, ovvero considerando nullo lo sforzo medio.
Esistono due importanti restrizioni che riguardano, in particolare, l’applicazione di questi criteri di resistenza
a fatica multiassiale: la prima restrizione è data dal fatto che si possono applicare soltanto per gli acciai che hanno
un certo grado di plasticità (comportamento duttile e non fragile) e che hanno un comportamento simmetrico
quando sono sollecitati a trazione e a compressione; la seconda restrizione è data dal fatto che questi criteri
di resistenza a fatica multiassiale definiti per mezzo di sforzi equivalenti non si possono applicare per componenti
meccanici o strutturali che presentano effetti locali dovuti alla presenza di intagli.
Ora, vediamo cosa succede se, oltre alla componente alternata dello sforzo, consideriamo anche la componente
media, ovvero se consideriamo uno sforzo medio non nullo. Potremmo pensare, così come abbiamo trovato
uno sforzo equivalente per le componenti alternate, di costruire uno sforzo equivalente anche per le componenti
medie, cioè di costruire una
*
m
σ utilizzando la stessa funzione che abbiamo applicato per le componenti alternate:
( )
m
i
m
*
σ
φ
σ =
In questo modo, però, non si riesce a tener conto del segno delle componenti medie; allora, affinché si possa tener
conto del segno delle componenti medie, la
*
m
σ si costruisce in modo diverso, cioè come se fosse la parte
idrostatica del tensore degli sforzi:
m
III
m
I
m
*
σ
σ
σ +
=
Dunque, note la
*
a
. a
eq σ
σ ≡ e la
*
m
σ , possiamo localizzare uno stato di sforzo piano con 0
=
II
σ sul diagramma
di Haigh, che mostra proprio come varia il limite a fatica quando alla componente alternata dello sforzo
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sovrapponiamo la componente media; sperimentalmente si è visto che, se applichiamo su un provino in regime
monoassiale sia una componente media che una componente alternata, il limite a fatica si abbassa, ovvero le
alternanze di carico consentite (che non portano alla crisi) sono in numero inferiore.
Come detto, attraverso il valore di
*
a
. a
eq σ
σ ≡ ed il valore di
*
m
σ ,
possiamo localizzare lo stato di sforzo piano con 0
=
II
σ
sul diagramma di Haigh; in particolare, per calcolare il coefficiente
di sicurezza ξ abbiamo tre diverse possibilità:
UB
UD
HB
HE
AB
AC
=
=
= ξ
ξ
ξ )
3
(
)
2
(
)
1
(
La scelta del coefficiente di sicurezza da usare dipende sostanzialmente da quale percorso segue il punto B,
rappresentativo dello stato di sforzo, per raggiungere le curva limite. Se ipotizziamo che la a
σ e la m
σ possano
crescere insieme, allora useremo il coefficiente di sicurezza )
1
( ; invece, useremo il coefficiente di sicurezza )
2
(
o )
3
( , se ipotizziamo che una delle due componenti dello sforzo si mantiene invariata.
CRITERIO DI GOUGH-POLLARD
Anche questo è un criterio fenomenologico, nato da una serie di prove sperimentali condotte su provini sottoposti a
flessione ed a torsione alternata; in particolare, queste prove sperimentali sono state condotte considerando solo
sforzi sincroni ed in concordanza di fase:
[ ]










=
0
0
0
0
0
)
sin(
0
)
sin(
)
sin(
)
( t
t
t
t a
a
a
ω
t
ω
t
ω
σ
σ
Sperimentalmente, quindi, si è potuto verificare che, nel caso di provini lisci, i punti limite si distribuiscono nel piano
delle ampiezze degli sforzi alternati ( )
a
a σ
t − secondo un quarto di ellisse, nota come ellisse di Gough-Pollard:
che ha la seguente equazione:
1
)
0
(
)
0
(
2
2
=








+








At
a
Af
a
t
t
σ
σ
, dove

 )
0
(
Af
σ è il limite a fatica infinita per una sollecitazione di flessione alternata simmetrica

 )
0
(
At
t è il limite a fatica infinita per una sollecitazione di torsione alternata simmetrica
(Finora abbiamo fatto l’ipotesi di fatica infinita; vedremo dopo come rimuoverla). Dunque, secondo il criterio
di resistenza di Gough-Pollard, l’ampiezza dello sforzo normale si deve confrontare con il limite a fatica a flessione
alternata, mentre l’ampiezza dello sforzo tangenziale si deve confrontare con il limite a fatica a torsione alternata.
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Moltiplicando per ( )2
)
0
(
Af
σ il primo ed il secondo membro dell’equazione dell’ellisse di Gough-Pollard, si ottiene:
( )2
2
2
2
)
0
(
)
0
(
)
0
(
Af
a
At
Af
a σ
t
t
σ
σ =








+
Ora, la quantità a primo membro di quest’ultima equazione è definita come il quadrato dello sforzo equivalente di
Gough-Pollard; quindi, possiamo scrivere:
( ) ( )2
2
2
2
2
*
)
0
(
)
0
(
)
0
(
Af
a
At
Af
a
GP
a σ
t
t
σ
σ
σ =








+
=
Lo sforzo equivalente di Gough-Pollard mette insieme uno sforzo normale ed uno sforzo tangenziale; in particolare,
nella condizione limite si ha che lo sforzo equivalente di Gough-Pollard,
*
GP
a
σ , uguaglia il limite a fatica infinita per
una sollecitazione di flessione alternata simmetrica, )
0
(
Af
σ :
)
0
(
*
Af
GP
a σ
σ =
e, pertanto, il coefficiente di sicurezza ξ è dato dal seguente rapporto:
*
)
0
(
GP
a
Af
σ
σ
ξ =
In realtà, potremmo definire il coefficiente di sicurezza anche diversamente; ad esempio, potremmo definire
un coefficiente di sicurezza flessionale f
ξ ed un coefficiente di sicurezza torsionale t
ξ (l’uno diverso dall’altro). Il
coefficiente di sicurezza misura la distanza di uno stato di sforzo, rappresentato dal generico punto B, dalla curva
limite:
per cui l’equazione dell’ellisse di Gough-Pollard si può scrivere anche in questo modo:
( ) ( ) ( )2
2
2
2
)
0
(
)
0
(
)
0
(
Af
a
t
At
Af
a
f σ
t
ξ
t
σ
σ
ξ =








+
Se i coefficienti f
ξ e t
ξ sono uguali, significa che stiamo portando lo stato di sforzo B ( )
a
a t
σ ,
≡ sulla curva
limite secondo il percorso ABC; invece, se i coefficienti f
ξ e t
ξ sono diversi, avremo che la a
σ amplificata
dal coefficiente di sicurezza flessionale e la a
t amplificata dal coefficiente di sicurezza torsionale portano lo stato
di sforzo B ( )
a
a t
σ ,
≡ sulla curva limite. A questo punto, possiamo determinare i coefficienti di sicurezza,
flessionale e torsionale, solo se è noto a priori il loro rapporto,
t
f
k
ξ
ξ
≡ , in modo tale che si possa ottenere
un’equazione in un’incognita; ad esempio,
( ) ( )2
2
2
2
)
0
(
)
0
(
)
0
(
Af
a
f
At
Af
a
f
k
σ
t
ξ
t
σ
σ
ξ =
















+
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Dunque, ricapitolando, se calcoliamo il coefficiente di sicurezza
come rapporto
AB
AC , significa che stiamo considerando un
coefficiente di sicurezza uguale a flessione e a torsione; infatti,
per similitudine si ha che:
AB
AC
AM
AL
= e
AB
AC
BM
CL
=
Vediamo, ora, cosa succede quando si considera una componente media dello sforzo diversa da zero: innanzitutto,
bisogna analizzare il diagramma di Haigh sia per lo sforzo normale (flessione) che per lo sforzo tangenziale
(torsione).
flessione torsione
Il punto A sul diagramma di Haigh relativo alla flessione rappresenta il limite a fatica infinita per una sollecitazione
di flessione alternata simmetrica ( )
0
=
m
σ ; in tutti gli altri punti della curva limite, invece, c’è anche la presenza
di una componente media dello sforzo diversa da zero ( )
0
≠
m
σ . Quello che conta, però, è che in un qualsiasi
punto della curva limite il grado di cimento a fatica è lo stesso; in altre parole, i punti della curva limite sono
tutti equivalenti in termini di sollecitazione a fatica e, quindi, avremo lo stesso risultato o considerando solo la
componente alternata dello sforzo (punto A) o considerando una qualsiasi combinazione tra componente alternata
e componente media (tutti gli altri punti della curva limite). Dunque, la presenza di una 0
≠
m
σ – come si può
osservare dal diagramma di Haigh relativo alla flessione – fa variare la capacità del materiale di sopportare uno
stato di sforzo variabile nel tempo; infatti, per tener conto della presenza di una componente media dello sforzo
diversa da zero, è necessario sostituire, nel criterio di resistenza di Gough-Pollard, al posto di )
0
(
Af
σ il valore
dello sforzo normale che dipende anche da 0
≠
m
σ , ovvero lo sforzo limite D
σ . Ragionando in maniera del tutto
analoga per lo sforzo tangenziale, si comprende anche la necessità di sostituire al posto di )
0
(
At
t lo sforzo limite
D
t .
Quindi, se consideriamo una componente media dello sforzo diversa
da zero, l’equazione dell’ellisse di Gough-Pollard diventa:
1
2
2
=








+








D
a
D
a
t
t
σ
σ
da cui è facile constatare che, diminuendo i denominatori (ovvero,
i semiassi), l’ellisse di Gough-Pollard si rimpicciolisce.
Anche la presenza di un intaglio sul provino provoca un rimpicciolimento dell’ellisse di Gough-Pollard insieme,
però, ad una traslazione del centro; infine, se uno dei due sforzi, ad esempio lo sforzo tangenziale, è costante nel
tempo, nel criterio di resistenza di Gough-Pollard bisognerà sostituire al posto di )
0
(
At
t lo sforzo di rottura r
t .
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---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Facciamo un rapido passo indietro. Come abbiamo detto in precedenza, i criteri di resistenza a fatica multiassiale
definiti per mezzo di sforzi equivalenti si possono applicare soltanto per gli acciai che hanno un certo grado di
plasticità (comportamento duttile e non fragile); pertanto, se abbiamo a che fare con materiali fragili come, ad
esempio, la ghisa, si dovrà ricorrere al cosiddetto criterio della massima tensione normale (o criterio di Rankine)
che, nel caso di uno stato di sforzo piano con 0
=
II
σ , si esprime in questo modo:
)
0
(
)
0
(
Aa
a
III
Aa
a
I
σ
σ
σ
σ
<
<
dove )
0
(
Aa
σ è il limite a fatica infinita per una sollecitazione di trazione alternata simmetrica. Tuttavia, si è potuto
verificare che i risultati sperimentali si vanno ad addensare lungo una curva limite di questo tipo:
solo limitatamente a quei valori della coppia ( )
a
III
a
I ,σ
σ che rientrano nel primo quadrante (sforzi in concordanza
di fase); invece, per quei valori della coppia ( )
a
III
a
I ,σ
σ che rientrano nel quarto quadrante (sforzi in opposizione
di fase), i risultati sperimentali non confermano la validità del criterio. Quindi, nel caso di sforzi in opposizione di
fase, bisogna – innanzitutto – trovare il limite a fatica per una sollecitazione di torsione pura che è individuato da un
punto sulla bisettrice del quarto quadrante. Per una sollecitazione di torsione pura, la circonferenza di Mohr, che si
costruisce a partire dal punto ( )
t
,
0 , ha centro nell’origine ( )
0
,
0
O ≡ ; costruita la circonferenza di Mohr, possiamo
individuare le direzioni principali che, per una sollecitazione di torsione pura, sono inclinate a °
45 rispetto alla
giacitura dell’elementino di riferimento.
Dunque, nel caso di sforzi in opposizione di fase, ovvero quando ci troviamo nel quarto quadrante, dobbiamo
trovare il limite a fatica per una sollecitazione di torsione pura e, poi, andare a chiudere la curva limite come segue:
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La curva limite costruita in questo modo interpola bene i risultati sperimentali anche nel quarto quadrante.
Quindi, ricapitolando, quando abbiamo a che fare con materiali fragili, dobbiamo distinguere tra sforzi in
concordanza di fase e sforzi in opposizione di fase: per gli sforzi in concordanza di fase, si può applicareil criterio
della massima tensione normale (o criterio di Rankine); invece, per gli sforzi in opposizione di fase, si deve
sfruttare la conoscenza del limite a fatica per una sollecitazione di torsione pura.
In generale (materiali duttili e materiali fragili), nel caso in cui sia presente una componente media dello sforzo
diversa da zero, si deve determinare anche per questa 0
≠
m
σ uno sforzo equivalente, che chiamiamo
*
m
σ ;
quindi, note la
*
a
σ e la
*
m
σ , si può entrare nel diagramma di Haigh per calcolare il coefficiente di sicurezza.
Tuttavia, l’inconveniente di ricorrere ad una
*
m
σ , determinata secondo von Mises o secondo Tresca, consiste
nel fatto che si perde informazione sul segno della
*
m
σ (segno che, in molti casi, risulta essere importante). Infatti,
si è verificato che, se la
*
m
σ è positiva, essa ha un effetto negativo sul limite a fatica che, quindi, si abbassa;
viceversa, se la
*
m
σ è negativa, essa ha un effetto positivo sul limite a fatica che, quindi, si alza. Allora, proprio
per non perdere informazioni sul segno, si preferisce determinare la
*
m
σ come somma dei tre sforzi medi principali:
m
III
m
II
m
I
III
I
i
m
i
m
*
σ
σ
σ
σ
σ +
+
=
= ∑
=
(in questo modo la
*
m
σ non è altro che il primo invariante del tensore che costituisce, nel sistema di riferimento
principale, la componente media del tensore degli sforzi).
Infine, proviamo a rappresentare i criteri di resistenza a fatica multiassiale definiti per mezzo di sforzi equivalenti
sul piano deviatorico π di equazione 0
=
+
+ a
III
a
II
a
I σ
σ
σ ; il discorso è identico a quello fatto in ambito statico,
salvo sostituire le ampiezze degli sforzi periodici al posto dei valori massimi degli sforzi.
Sul piano deviatorico π la curva limite di von Mises è una circonferenza
di raggio )
0
(
3
2
Aa
σ , mentre la curva limite di Tresca è un esagono
regolare inscritto nella circonferenza di von Mises. Anche sul piano
deviatorico π , inoltre, possiamo determinare i coefficienti di sicurezza
come rapporto tra segmenti.
Ovviamente, se il punto rappresentativo dello stato di sforzo si trova all’interno della curva limite, è garantita
la vita infinta del componente meccanico o strutturale sollecitato con lo stato di sforzo in questione. Però questo
tipo di verifica potrebbe non bastare; infatti, potrebbe esserci la necessità di fare anche una verifica a deformazione
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nel caso in cui si voglia che le deformazioni massime, durante il funzionamento del componente, non superino
certi limiti. Per fare una verifica a deformazione bisogna, innanzitutto, determinare il valore massimo raggiunto
dallo stato di sforzo durante in funzionamento del componente e, poi, determinare le corrispondenti deformazioni;
solitamente, quello che si fa è calcolare la
*
max
σ come:
*
*
*
max a
m σ
σ
σ +
=
e confrontarla con lo sforzo di snervamento del materiale:
*
max
σ
σ
ξ sn
=
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Ritorniamo al criterio di resistenza di Gough-Pollard. Abbiamo visto che in presenza di una componente media
dello sforzo diversa da zero, bisogna analizzare il diagramma di Haigh sia per lo sforzo normale (flessione) che per
lo sforzo tangenziale (torsione) al fine di individuare i valori limite dello sforzo normale ( )
D
σ e dello sforzo
tangenziale ( )
D
t che dipendono da 0
≠
m
σ ; e, quindi, nel criterio di resistenza di Gough-Pollard bisognerà
sostituire la D
σ al posto della )
0
(
Af
σ e la D
t al posto della )
0
(
At
t .
All’uso dei diagrammi di Haigh esiste un’alternativa rappresentata dall’uso dei diagrammi di Smith; si considerano
i valori massimi raggiunti dallo sforzo normale e dallo sforzo tangenziale durante il funzionamento del componente:
a
m σ
σ
σ +
=
max a
m t
t
t +
=
max
quindi, dal diagramma di Smith sia per lo sforzo normale (flessione) che per lo sforzo tangenziale (torsione)
è possibile ricavare i valori limite lim
σ e lim
t che andranno sostituiti nel criterio di resistenza di Gough-Pollard
al posto, rispettivamente, della )
0
(
Af
σ e della )
0
(
At
t .
CRITERIO DI SINES
Rispetto agli altri criteri di resistenza a fatica multiassiale visti finora, il criterio di resistenza di Sines può essere
utilizzato in un numero di applicazioni pratiche certamente maggiore, anche se esso conserva ancora un’ipotesi
restrittiva, ovvero il fatto che le direzioni principali siano fisse nel tempo. Sines, in particolare, condusse una serie
di prove sperimentali. Nella prima tipologia di prove sperimentali consideriamo una sollecitazione di trazione
alternata simmetrica a
σ alla quale si sovrappone una sollecitazione di trazione statica m
σ :
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Dopodiché, poiché per i materiali duttili il cedimento a fatica è legato agli scorrimenti plastici, dobbiamo
trovare le giaciture sulle quali si determina la massima fluttuazione degli sforzi tangenziali; ovviamente, per trovare
queste giaciture dove si determina la massima fluttuazione degli sforzi tangenziali, non dobbiamo prendere
in considerazione la sollecitazione di trazione statica m
σ , ma solo la sollecitazione di trazione alternata
simmetrica a
σ . A questo punto, come si può osservare dalla corrispondente circonferenza di Mohr (relativa
al generico istante di tempo 1
t ), in questa prima tipologia di prove sperimentali le giaciture critiche, cioè quelle
dove si determina la max
t , risultano inclinate a °
45 rispetto alle giaciture principali.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Ovviamente, la circonferenza di Mohr varia nel tempo a seconda del valore assunto dalla a
σ :
tuttavia, le giaciture critiche, cioè quelle dove si determina la max
t , risultano costantemente inclinate a °
45 rispetto alle giaciture principali.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Una volta trovate le giaciture critiche, vediamo come agisce la sollecitazione di trazione statica m
σ ; in altre parole,
sulle giaciture critiche andiamo a studiare le componenti normali dello sforzo che si producono per effetto di m
σ
(la a
σ , quindi, ci serve solo per trovare le giaciture critiche sulle quali ragionare). Per capire qual è l’effetto di m
σ ,
rappresentiamo la corrispondente circonferenza di Mohr (si noti che questa circonferenza di Mohr è fissa
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nel tempo), dalla quale si desume che sulle giaciture inclinate a °
45 rispetto alle giaciture principali le componenti
normali dello sforzo, 1
N ed 2
N , sono positive e valgono
2
m
σ .
Quindi, Sines verificò sperimentalmente che il limite a fatica per una sollecitazione di trazione alternata simmetrica
viene ad essere influenzato dalla componente media dello sforzo, 0
>
m
σ ; quest’ultima produce sulle giaciture
critiche una condizione 0
2
1 >
+ N
N . Si osserva che il limite a fatica per una sollecitazione di trazione alternata
simmetrica viene ad essere penalizzato dalla sovrapposizione di una sollecitazione di trazione statica e tale
penalizzazione avviene con buona approssimazione secondo una legge lineare, ovvero la a
σ ammissibile
decresce linearmente con la 0
>
m
σ :
Nella seconda tipologia di prove sperimentali Sines considerò ancora una sollecitazione di trazione alternata
simmetrica a
σ alla quale, però, si sovrappone una sollecitazione di compressione statica m
σ :
Poiché sono influenzate solo dalla a
σ , anche in questa seconda tipologia di prove sperimentali le giaciture critiche,
cioè quelle dove si determina la max
t , risultano inclinate a °
45 rispetto alle giaciture principali; quello che cambia
è la circonferenza di Mohr corrispondente alla sollecitazione di compressione statica m
σ :
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dalla quale si desume che sulle giaciture inclinate a °
45 rispetto alle giaciture principali le componenti normali
dello sforzo, 1
N ed 2
N , sono negative e valgono
2
m
σ
− , quindi 0
2
1 <
+ N
N .
Il limite a fatica per una sollecitazione di trazione alternata simmetrica sperimentalmente aumenta a seguito della
sovrapposizione di una sollecitazione di compressione statica e tale beneficio avviene con buona approssimazione
secondo una legge lineare, ovvero la a
σ ammissibile cresce linearmente con la 0
<
m
σ :
Nella terza tipologia di prove sperimentali Sines considerò una sollecitazione di torsione alternata simmetrica a
t
alla quale si sovrappone una sollecitazione di torsione statica m
t :
Anche per questa terza tipologia di prove sperimentali la prima cosa
da fare è trovare le giaciture critiche, cioè le giaciture dove si determina
la massima fluttuazione degli sforzi tangenziali; ebbene, come si può constatare
dalla corrispondente circonferenza di Mohr (relativa ad un generico istante
di tempo), in questa terza tipologia di prove sperimentali le giaciture critiche
sono direttamente quelle sulle quali sono applicate le a
t torsionali.
Ora, poiché la m
t che si sovrappone alla a
t è ancora una sollecitazione di torsione, la circonferenza di Mohr
corrispondente alla sollecitazione di torsione statica m
t è geometricamente simile a quella corrispondente
alla sollecitazione di torsione alternata simmetrica a
t ; pertanto, si capisce che sulle giaciture critiche le componenti
normali dello sforzo, 1
N ed 2
N , sono nulle e, quindi, abbiamo che: 0
2
1 =
+ N
N
In tal caso, si osserva che il limite a fatica per una sollecitazione di torsione alternata simmetrica risulta essere del
tutto insensibile alla sovrapposizione, o meno, di una sollecitazione di torsione statica:
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Relativamente all’ indipendenza del limite a fatica a flessione e a torsione da una componente aggiuntiva statica di torsione bisogna fare una
precisazione: questa indipendenza vale fino a quando il valore massimo dello sforzo tangenziale di torsione si mantiene lontano dal valore di
snervamento, cioè fino a quando:
sn
a
m t
t
t
t ≤
+
=
max
Nella quarta tipologia di prove sperimentali Sines considerò una sollecitazione di flessione alternata
simmetrica a
σ alla quale si sovrappone una sollecitazione di torsione statica m
t :
Anche in questa quarta tipologia di prove sperimentali le giaciture critiche, che – ricordiamo – vanno trovate
attraverso la circonferenza di Mohr corrispondente alla a
σ , risultano inclinate a °
45 rispetto alle giaciture
principali (infatti, in un generico punto del provino, la flessione produce lo stesso tipo di sforzo prodotto
dalla trazione-compressione, ossia uno sforzo normale, e, di conseguenza, la circonferenza di Mohr non cambia).
A questo punto, trovate le giaciture critiche, vediamo come agisce la sollecitazione di torsione statica m
t ; in
particolare, sulle giaciture critiche le componenti normali dello sforzo che si producono per effetto di m
t sono
uguali in modulo, ma opposte in segno. Quindi, abbiamo che: 0
2
1 =
+ N
N
Il limite a fatica per una sollecitazione di flessione alternata simmetrica risulta essere del tutto insensibile alla
sovrapposizione, o meno, di una sollecitazione di torsione statica:
Nella quinta ed ultima tipologia di prove sperimentali Sines considerò una sollecitazione di torsione alternata
simmetrica a
t alla quale si sovrappone una sollecitazione di trazione o di compressione statica m
σ :
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In entrambi i casi, m
σ di trazione oppure m
σ di compressione, è facile constatare che le giaciture critiche sono
direttamente quelle dove sono applicate le a
t torsionali; vediamo, quindi, qual è l’effetto di m
σ .
Sulle giaciture critiche le componenti normali
dello sforzo, 1
N ed 2
N , che si producono per
effetto di m
σ , sono l’una positiva e l’altra nulla.
Quindi, abbiamo che: 0
2
1 >
+ N
N
La sovrapposizione di una sollecitazione di trazione statica ha un effetto penalizzante sul limite a fatica per
una sollecitazione di torsione alternata simmetrica, ovvero la a
t ammissibile decresce linearmente con la 0
>
m
σ .
Sulle giaciture critiche le componenti normali
dello sforzo, 1
N ed 2
N , che si producono per
effetto di m
σ , sono l’una negativa e l’altra nulla.
Quindi, abbiamo che: 0
2
1 <
+ N
N
La sovrapposizione di una sollecitazione di compressione statica ha un effetto benefico sul limite a fatica per
una sollecitazione di torsione alternata simmetrica, ovvero la a
t ammissibile cresce linearmente con la 0
<
m
σ .
Tirando le somme da tutte queste prove sperimentali, Sines formulò il suo criterio di resistenza, secondo
cui il parametro critico è lo sforzo tangenziale ottaedrale relativo alla componente alternata dello sforzo;
infatti, il tensore )
(t
σ , che rappresenta lo stato di sforzo all’istante di tempo t , si può sempre scomporre
nella somma di un tensore costante m
σ , che rappresenta la componente media dello sforzo, e di un tensore
variabile nel tempo )
(t
a
σ , che rappresenta la componente alternata dello sforzo:
[ ] [ ]
)
(
)
( t
t a
m σ
σ
σ +
=
Lo sforzo tangenziale ottaedrale ( )
ott
t è lo sforzo tangenziale sul piano ottaedrale, cioè sul piano ugualmente
inclinato rispetto alle tre direzioni principali:
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Quindi, la prima cosa da fare per individuare il parametro critico
per il criterio di resistenza di Sines, ovvero lo sforzo tangenziale
ottaedrale relativo alla componente alternata dello sforzo ( )
a
ott,
t ,
è individuare le tre direzioni principali di )
(t
a
σ .
Se si calcola la media quadratica spaziale degli sforzi tangenziali relativi alle infinite giaciture passanti per un
punto, quello che si ottiene è proprio lo sforzo tangenziale ottaedrale; in altre parole, il piano ottaedrale è una
giacitura che “media” ciò che succede sulle infinite giaciture passanti per un punto. L’espressione dello sforzo
tangenziale ottaedrale relativo alla componente alternata dello sforzo è la seguente:
a
III
a
II
a
III
a
I
a
II
a
I
a
III
a
II
a
I
a
ott σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
t −
−
−
+
+
= 2
2
2
,
3
2
Quindi, secondo il criterio di resistenza di Sines, la a
ott,
t dovrà essere confrontata con un parametro che definisce
la capacità di resistenza del materiale; tale parametro si può esprimere, in termini generali, in questo modo:
( )
m
III
m
II
m
I
A σ
σ
σ
α +
+
−
dove A ed α sono due costanti che dipendono dal materiale e che, quindi, dovranno contenere informazioni
sul suo limite a fatica. In particolare, notiamo che il termine m
III
m
II
m
I σ
σ
σ +
+ rappresenta il primo invariante
del tensore costante m
σ , cioè del tensore che rappresenta la componente media dello sforzo; pertanto, questo
termine si può calcolare con riferimento ad un qualsiasi sistema di riferimento:
m
z
m
y
m
x
m
m
III
m
II
m
I I σ
σ
σ
σ
σ
σ +
+
=
=
+
+ 1
Visto che nelle sue prove sperimentali Sines aveva notato che:

 se m
I1 è minore di zero, esso ha un effetto benefico sul limite a fatica del materiale

 se m
I1 è maggiore di zero, esso ha un effetto penalizzante sul limite a fatica del materiale

 se m
I1 è uguale a zero, esso non ha alcun effetto sul limite a fatica del materiale
il parametro di confronto:
( )
m
III
m
II
m
I
A σ
σ
σ
α +
+
−
tiene conto di questi risultati coerentemente; infatti,
 se 0
1 <
m
I , il limite a fatica del materiale viene aumentato
 se 0
1 >
m
I , il limite a fatica del materiale viene diminuito
 se 0
1 =
m
I , il limite a fatica del materiale resta invariato
Dunque, in termini generali, il criterio di resistenza di Sines si scrive in questo modo:
m
a
ott I
A 1
, α
t −
≤
A questo punto, per determinare le due costanti A ed α , dobbiamo “calibrare” il criterio di resistenza di Sines
facendo sul materiale in questione due prove di fatica in regime monoassiale:
1. una prova di trazione (o flessione) con sollecitazione alternata simmetrica
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2. una prova di trazione (o flessione) con sollecitazione pulsante positiva dallo zero, cioè con sollecitazione
pulsante positiva avente il valore medio uguale all’ampiezza
Il criterio di resistenza di Sines applicato alla prova di trazione con sollecitazione alternata simmetrica:
fornisce il valore della costante A ; infatti, per questa prova abbiamo che:
 )
0
(
3
2
3
2
0
*
,
1 Aa
a
I
a
ott
m
I σ
σ
t =
=
=
* in condizioni limite
e, quindi, in condizioni limite, il criterio di resistenza di Sines fornisce:
⇒
−
= m
a
ott I
A 1
, α
t A
Aa =
)
0
(
3
2
σ
Passiamo alla costante α ; per una prova di trazione con sollecitazione pulsante positiva dallo zero:
abbiamo:
  )
0
(
3
2
3
2
)
0
(
*
,
*
1 Pa
a
I
a
ott
Pa
a
I
m
I
m
I σ
σ
t
σ
σ
σ =
=
=
=
=
* in condizioni limite
( )
0
(
Pa
σ è il limite a fatica infinita per una sollecitazione di trazione pulsante positiva dallo zero)
e, quindi, in condizioni limite, il criterio di resistenza di Sines fornisce:
m
Aa
m
a
ott I
I
A 1
1
, )
0
(
3
2
α
σ
α
t −
=
−
=
⇒
−
= )
0
(
)
0
(
3
2
)
0
(
3
2
Pa
Aa
Pa σ
α
σ
σ 







−
= 1
)
0
(
)
0
(
3
2
Pa
Aa
σ
σ
α
In definitiva, quindi, il criterio di resistenza di Sines diventa:
m
Pa
Aa
Aa
a
III
a
II
a
III
a
I
a
II
a
I
a
III
a
II
a
I I1
2
2
2
1
)
0
(
)
0
(
3
2
)
0
(
3
2
3
2








−
−
≤
−
−
−
+
+
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
m
Pa
Aa
Aa
a
III
a
II
a
III
a
I
a
II
a
I
a
III
a
II
a
I I1
2
2
2
1
)
0
(
)
0
(
)
0
( 







−
−
≤
−
−
−
+
+
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
da cui, se definiamo lo sforzo equivalente di Sines,
*
S
a
σ , come lo sforzo tangenziale ottaedrale relativo
alla componente alternata dello sforzo diviso per
3
2 , si ottiene:
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m
Pa
Aa
Aa
a
III
a
II
a
III
a
I
a
II
a
I
a
III
a
II
a
I
S
a I1
2
2
2
*
1
)
0
(
)
0
(
)
0
( 







−
−
≤
−
−
−
+
+
=
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
Introducendo il coefficiente di sicurezza ξ abbiamo la seguente relazione di verifica:
m
Pa
Aa
Aa
S
a I1
*
1
)
0
(
)
0
(
)
0
( 







−
−
≤
σ
σ
σ
ξσ
In realtà, la relazione di verifica può essere scritta in due modi differenti a seconda che la componente media
dello sforzo dipenda o meno dai carichi applicati; se m
I1 non dipende dai carichi applicati, cioè se m
I1 non cresce
al crescere dei carichi applicati, in quanto le autotensioni (o tensioni residue), da cui nasce la componente media
dello sforzo, sono svincolate dai carichi applicati, la relazione di verifica è quella appena proposta:
m
Pa
Aa
Aa
S
a I1
*
1
)
0
(
)
0
(
)
0
( 







−
−
≤
σ
σ
σ
ξσ
Invece, quando m
I1 dipende dai carichi applicati, ovvero quando la componente media dello sforzo cresce
proporzionalmente con la componente alternata dello sforzo, la relazione di verifica si scrive in questo modo:
m
Pa
Aa
Aa
S
a I1
*
1
)
0
(
)
0
(
)
0
( 







−
−
≤
σ
σ
ξ
σ
ξσ
Nel piano degli sforzi principali a
III
a
I σ
σ − il limite a fatica
espresso dal criterio di resistenza di Sines è rappresentato
da una curva limite ellittica, le cui dimensioni variano in funzione
di m
I1 , cioè in funzione del primo invariante del tensore che
rappresenta la componente media dello sforzo.
Dal momento che fa riferimento al piano ottaedrale relativo alla componente alternata dello sforzo )
(t
a
σ , il criterio
di resistenza di Sines è applicabile soltanto quando questo piano abbia un orientamento fisso nel tempo; questa
proprietà è goduta da tutti i percorsi di carico proporzionali e da alcuni particolari percorsi di carico non
proporzionali, ovvero quelli che conservano fisse nel tempo le direzioni principali della componente alternata
dello sforzo )
(t
a
σ .
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ESERCIZI TRATTI DAL TESTO:
“COSTRUZIONE DI MACCHINE” (autori: GIULIO BELLONI e ANTONIETTA LO CONTE)
ESERCIZIO 1
Una lastra piana è stata costruita con un laminato di acciaio da costruzione Fe510 avente le seguenti
caratteristiche meccaniche:

 carico massimo della prova di trazione:
2
Nmm
510 −
=
R
σ

 limite di resistenza a fatica alternata assiale con valore medio nullo:
2
Nmm
220
)
0
( −
=
Aa
σ
In un punto O della lastra piana si realizza il seguente stato di sforzo:





=
=
−
−
2
2
Nmm
)
sin(
80
Nmm
)
sin(
120
t
t
y
x
ω
σ
ω
σ
Verificare la condizione di resistenza a fatica illimitata nel punto O supponendo di poter trascurare la frequenza
del carico applicato rispetto a quella propria della struttura ed assumendo i seguenti coefficienti:
per la finitura superficiale: 80
.
0
2 =
b per l’effetto di volume: 95
.
0
3 =
b
La prima cosa da fare è calcolare il limite a fatica infinita (o illimitata) per una sollecitazione di trazione alternata
simmetrica; visto che non sono presenti effetti di intaglio, abbiamo che:
2
3
2
|
Nmm
167
220
*
95
.
0
*
80
.
0
)
0
(
)
0
( −
=
=
= Aa
Aa b
b σ
σ
Quindi, decidendo di applicare il criterio di resistenza di von Mises, calcoliamo lo sforzo equivalente:
2
2
2
2
2
2
2
a
vM
. Nmm
106
80
*
120
80
120 −
=
−
+
=
−
+
=
−
+
= a
y
a
x
a
y
a
x
a
II
a
I
a
II
a
I
eq σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
e, quindi, il coefficiente di sicurezza assume il seguente valore:
58
.
1
106
167
)
0
(
a
vM
.
|
vM =
=
=
eq
Aa
σ
σ
ξ
corrispondente al rapporto tra i segmenti
OP
OP|
; si noti come, applicando il criterio
di resistenza di Tresca, si ottenga un coefficiente di sicurezza minore:
T
||
|
vM
OP
OP
OP
OP
ξ
ξ =
>
=
Se ipotizziamo che gli sforzi x
σ e x
σ siano in opposizione di fase:





+
=
=
−
−
2
2
Nmm
)
sin(
80
Nmm
)
sin(
120
π
ω
σ
ω
σ
t
t
y
x
si ottiene:
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2
2
2
2
2
2
2
a
vM
. Nmm
174
)
80
(
*
120
80
120 −
=
−
−
+
=
−
+
=
−
+
= a
y
a
x
a
y
a
x
a
II
a
I
a
II
a
I
eq σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
e, quindi, la condizione di sicurezza a fatica:
)
0
(
|
a
vM
. Aa
eq σ
σ ≤
non sarebbe verificata; infatti, il punto Q, rappresentativo dello stato di sforzo in opposizione di fase, cade oltre
la curva limite di von Mises:
Vediamo cosa succede se decidiamo di applicare il criterio di resistenza di Tresca:
• stato di sforzo in fase:





=
=
=
=
=
=
−
−
0
Nmm
80
Nmm
120
2
2
a
z
a
III
a
y
a
II
a
x
a
I
σ
σ
σ
σ
σ
σ
{ } ⇒
=
=
−
= −2
a
T
. Nmm
120
,
,
max a
I
a
II
a
I
a
II
a
I
eq σ
σ
σ
σ
σ
σ 39
.
1
120
167
)
0
(
a
T
.
|
T =
=
=
eq
Aa
σ
σ
ξ
• stato di sforzo in opposizione di fase:





=
=
−
=
=
=
=
−
−
0
Nmm
80
Nmm
120
2
2
a
z
a
III
a
y
a
II
a
x
a
I
σ
σ
σ
σ
σ
σ
{ } 2
a
T
. Nmm
200
,
,
max −
=
−
=
−
= a
II
a
I
a
II
a
I
a
II
a
I
eq σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
e, quindi, la condizione di sicurezza a fatica, )
0
(
|
a
T
. Aa
eq σ
σ ≤ , non sarebbe verificata.
ESERCIZIO 2
La lastra piana dell’esercizio precedente è sottoposta nel punto O al seguente stato di sforzo:





+
=
+
=
−
−
2
2
Nmm
)
sin(
30
45
Nmm
)
sin(
60
90
t
t
y
x
ω
σ
ω
σ
Verificare ancora la condizione di resistenza a fatica illimitata nel punto O supponendo di poter trascurare
la frequenza del carico applicato rispetto a quella propria della struttura ed assumendo gli stessi coefficienti 2
b e
3
b dell’esercizio precedente.
Ovviamente, il limite a fatica infinita (o illimitata) per una sollecitazione di trazione alternata simmetrica è ancora:
2
3
2
|
Nmm
167
220
*
95
.
0
*
80
.
0
)
0
(
)
0
( −
=
=
= Aa
Aa b
b σ
σ
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La presenza di una componente media dello sforzo diversa da zero implica la necessità di ricorrere al diagramma
di Haigh; in particolare, per poter individuare sul diagramma di Haigh il punto P, rappresentativo dello stato
di sforzo in questione, dobbiamo calcolare lo sforzo equivalente, ad esempio di von Mises, sia per le componenti
alternate ( )
*
vM
a
σ sia per le componenti medie ( )
*
vM
m
σ :
2
2
2
2
2
2
2
*
vM Nmm
52
30
*
60
30
60 −
=
−
+
=
−
+
=
−
+
= a
y
a
x
a
y
a
x
a
II
a
I
a
II
a
I
a σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
2
2
2
2
2
2
2
*
vM Nmm
78
45
*
90
45
90 −
=
−
+
=
−
+
=
−
+
= m
y
m
x
m
y
m
x
m
II
m
I
m
II
m
I
m σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
A questo punto, per determinare le coordinate del punto P’, al fine di poter calcolare il coefficiente di sicurezza
come rapporto tra segmenti, bisogna intersecare la retta OP di equazione ormai nota:
m
m
m
a
a σ
σ
σ
σ
σ
78
52
*
vM
*
vM
=
=
con la curva limite del diagramma di Haigh relativo al materiale in questione:
m
m
r
Aa
Aa
a σ
σ
σ
σ
σ
σ
510
167
167
)
0
(
)
0
(
|
|
−
=
−
=
Così facendo, si ottiene:
2
|
|
|
Nmm
168
)
P
(
)
P
(
510
167
167
)
P
(
78
52 −
=
⇒
−
= m
m
m σ
σ
σ
2
|
|
Nmm
112
)
P
(
78
52
)
P
( −
=
= m
a σ
σ
e, quindi, il coefficiente di sicurezza vale:
15
.
2
78
168
BP
DP
52
112
AP
CP
OP
OP |
|
|
=
=
=
=
=
=
ξ
In realtà, per tener conto del segno della componente media dello sforzo (che per alcuni criteri di resistenza
risulterebbe positiva anche se fosse di compressione), è più opportuno calcolare lo sforzo equivalente
per le componenti medie come il primo invariante del tensore che rappresenta la componente media dello sforzo;
pertanto, abbiamo che:
2
1
*
Nmm
135
45
90 −
=
+
=
+
=
+
=
= m
y
m
x
m
II
m
I
m
m I σ
σ
σ
σ
σ
e, di conseguenza, nel diagramma di Haigh il punto
rappresentativo dello stato di sforzo in questione diventa
il punto Q ( )
2
5
,
135
≡ . Quindi, procedendo come fatto
in precedenza, prima si determinano le
coordinate del punto Q’ ( )
90
,
234
≡ e poi il
coefficiente di sicurezza:
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73
.
1
135
234
52
90
OQ
OQ|
=
=
=
=
ξ
Infine, proviamo ad applicare il criterio di resistenza di Sines; innanzitutto, lo sforzo equivalente di Sines vale:
2
2
2
2
2
2
2
*
Nmm
52
30
*
60
30
60 −
=
−
+
=
−
+
=
−
+
= a
y
a
x
a
y
a
x
a
II
a
I
a
II
a
I
S
a σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
e poiché la componente media dello sforzo dipende dai carichi applicati (e non dalle autotensioni), abbiamo che:
m
Pa
Aa
S
Aa
S
a
S I1
|
|
|
*
1
)
0
(
)
0
(
)
0
( 







−
−
≤
σ
σ
ξ
σ
σ
ξ
da cui si può ottenere, in condizioni limite, il coefficiente di sicurezza:
58
.
1
135
*
4
.
0
52
167
1
)
0
(
)
0
(
)
0
(
1
|
|
*
|
=
+
=








−
+
=
m
Pa
Aa
S
a
Aa
S
I
σ
σ
σ
σ
ξ
abbiamo assunto il rapporto
)
0
(
)
0
(
|
|
Pa
Aa
σ
σ
caratteristico del componente in questione pari a 4
.
1 , valore accettabile per molti materiali duttili.
ESERCIZIO 3 (pag. 495 - Belloni)
Una mensola incastrata, sottoposta al carico variabile ]
N
[
)
sin(
8000
12000
P t
ω
+
= , è realizzata in acciaio
al carbonio bonificato C40 avente le seguenti caratteristiche meccaniche:

 carico unitario massimo della prova di trazione:
2
Nmm
700 −
=
R
σ

 carico unitario di scostamento dalla proporzionalità allo 0.2%:
2
2
.
0 Nmm
450 −
=
p
σ

 limite di resistenza a fatica a flessione con valore medio nullo:
2
Nmm
350
)
0
( −
=
Af
σ

 limite di resistenza a fatica a torsione con valore medio nullo:
2
Nmm
300
)
0
( −
=
At
t
La finitura superficiale ha rugosità μm
5
=
a
R .
Verificare la resistenza dell’albero determinando il coefficiente di sicurezza a fatica illimitata.
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La prima cosa da fare è calcolare le azioni interne agenti sulla sezione B-B, ovvero sulla sezione di variazione
del diametro, con diametro nominale pari a mm
80
d = , trascurando ogni effetto dovuto alle forze di inerzia, cioè
assumendo piccola la frequenza del carico applicato rispetto alla frequenza propria della struttura.
• MOMENTO FLETTENTE = bP :
valore medio: Nmm
10
x
6
.
3
300
*
12000 6
=
=
m
Mf
ampiezza: Nmm
10
x
4
.
2
300
*
8000 6
=
=
a
Mf
• MOMENTO TORCENTE = LP :
valore medio: Nmm
10
x
4
.
2
200
*
12000 6
=
=
m
Mt
ampiezza: Nmm
10
x
6
.
1
200
*
8000 6
=
=
a
Mt
A questo punto, possiamo calcolare gli sforzi (normali e tangenziali) massimi che agiscono sulla sezione B-B.
• Sforzo normale massimo dovuto al MOMENTO FLETTENTE: a
m σ
σ
σ +
=
2
3
6
3
4
mm
N
72
80
10
x
.6
3
*
32
d
32
2
d
2
d
4
2
d
=
=
=






=
=
π
π
π
σ m
m
m
m
Mf
Mf
I
Mf
2
3
6
3
4
mm
N
48
80
10
x
.4
2
*
32
d
32
2
d
2
d
4
2
d
=
=
=






=
=
π
π
π
σ a
a
a
a
Mf
Mf
I
Mf
• Sforzo tangenziale massimo dovuto al MOMENTO TORCENTE: a
m t
t
t +
=
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2
3
6
3
4
O mm
N
24
80
10
x
.4
2
*
16
d
16
2
d
2
d
2
2
d
=
=
=






=
=
π
π
π
t m
m
m
m
Mt
Mt
I
Mt
2
3
6
3
4
O mm
N
16
80
10
x
.6
1
*
16
d
16
2
d
2
d
2
2
d
=
=
=






=
=
π
π
π
t a
a
a
a
Mt
Mt
I
Mt
Nella sezione B-B agisce anche un’azione tagliante pari al carico applicato ]
N
[
)
sin(
8000
12000
P t
ω
+
= ;
in base alla formula di Jourawski lo sforzo tangenziale massimo dovuto a questa azione tagliante è diretto
verticalmente ed il suo valore è dato dalla seguente espressione:
2
2
2
2
T
max
mm
N
5.3
80
8000
12000
3
16
d
P
3
16
2
d
P
3
4
=
+
=
=






=
π
π
π
t
Esso, quindi, si può trascurare rispetto agli altri sforzi massimi che agiscono sulla sezione B-B e comunque la
T
max
t
agisce sulla corda D-D della sezione considerata dove gli sforzi normali dovuti al momento flettente sono nulli.
Andiamo, ora, a calcolare il limite a fatica infinita (o illimitata) sia per la flessione che per la torsione.
Per una sollecitazione di flessione alternata simmetrica abbiamo che:
)
0
(
)
0
(
F
3
2
|
Af
f
Af
K
b
b
σ
σ =
 coefficiente di finitura superficiale ~ 2
b :
⇒





=
=
≈
→
=
0.64
700
450
μm
20
μm
5
2
.
0
R
p
t
a R
R
σ
σ 90
.
0
2 =
b
 coefficiente dimensionale ~ 3
b :
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⇒
= mm
80
d 75
.
0
3 =
b
 coefficiente effettivo di intaglio ( F ) a flessione ( f ) ~ F
f
K :
( ) f
f
f q
K
K 1
1 T
F −
+
= , dove
il coefficiente di intaglio teorico si determina direttamente dal successivo grafico: 6
.
1
T =
f
K
il fattore di sensibilità all’intaglio si determina applicando la formula di Neuber:
90
.
0
23
.
0
*
05
.
0
1
1
1
1
*
=
+
=
+
=
ξ
ρ
f
q
( ) 05
.
0
Nmm
1190 2
*
*
=
=
= −
f
R
σ
ρ
ρ 23
.
0
80
2
10
2
d
2
r
2
=
+
=
+
=
ξ
Dunque, il coefficiente effettivo di intaglio a flessione vale:
( ) ( ) 54
.
1
90
.
0
1
6
.
1
1
1
1 T
F =
−
+
=
−
+
= f
f
f q
K
K
A questo punto, siamo in grado di calcolare il limite a fatica infinita (o illimitata) per la flessione:
2
F
3
2
|
Nmm
153
350
54
.
1
75
.
0
*
90
.
0
)
0
(
)
0
( −
=
=
= Af
f
Af
K
b
b
σ
σ
Il carico unitario di rottura a flessione, f
R
σ , si ricava moltiplicando il carico di rottura a trazione, R
σ , per il
coefficiente di collaborazione pari a 7
.
1
=
f
R
C :
2
Nmm
1190
700
*
7
.
1 −
=
=
= R
f
R
f
R C σ
σ
Costruiamo il diagramma di Haigh; intersecando la retta OP di equazione ormai nota:
m
a σ
σ
72
48
=
con la curva limite del diagramma di Haigh relativo al materiale in questione:
m
m
f
R
Af
Af
a σ
σ
σ
σ
σ
σ
1190
153
153
)
0
(
)
0
(
|
|
−
=
−
=
si ottengono le coordinate del punto P’:
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2
|
|
|
Nmm
192
)
P
(
)
P
(
1190
153
153
)
P
(
72
48 −
=
⇒
−
= m
m
m σ
σ
σ
2
|
|
Nmm
128
)
P
(
72
48
)
P
( −
=
= m
a σ
σ
Passiamo alla torsione; per una sollecitazione di torsione alternata simmetrica abbiamo che:
)
0
(
)
0
(
F
3
2
|
At
t
At
K
b
b
t
t =
dove, in mancanza di dati sperimentali, si assumono il coefficiente di finitura superficiale 90
.
0
2 =
b ed
il coefficiente dimensionale 75
.
0
3 =
b ; il coefficiente effettivo (F) di intaglio a torsione (t), F
t
K , è dato dalla
seguente relazione:
( ) t
t
t q
K
K 1
1 T
F −
+
= , dove
il coefficiente di intaglio teorico si determina direttamente dal successivo grafico: 3
.
1
T =
t
K
( )  ( ) 27
.
1
90
.
0
1
3
.
1
1
1
1
*
T
F =
−
+
=
−
+
= t
t
t q
K
K
* abbiamo assunto 90
.
0
=
= f
t q
q
A questo punto, siamo in grado di calcolare il limite a fatica infinita (o illimitata) per la torsione:
2
F
3
2
|
Nmm
159
300
27
.
1
75
.
0
*
90
.
0
)
0
(
)
0
( −
=
=
= At
t
At
K
b
b
t
t
Il carico unitario di rottura a torsione, t
R
t , si ricava moltiplicando il carico di rottura a trazione, R
σ , per il
coefficiente di collaborazione pari a 77
.
0
=
t
R
C :
2
Nmm
539
700
*
77
.
0 −
=
=
= R
t
R
t
R C σ
t
Costruiamo il diagramma di Haigh; intersecando la retta OQ di equazione ormai nota:
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m
a t
t
24
16
=
con la curva limite del diagramma di Haigh relativo al materiale in questione:
m
m
t
R
At
At
a t
t
t
t
t
t
539
159
159
)
0
(
)
0
(
|
|
−
=
−
=
si ottengono le coordinate del punto Q’:
2
|
|
|
Nmm
165
)
Q
(
)
Q
(
539
159
159
)
Q
(
24
16 −
=
⇒
−
= m
m
m t
t
t
2
|
|
Nmm
110
)
Q
(
24
16
)
Q
( −
=
= m
a t
t
Trattandosi di un albero possiamo applicare il criterio di resistenza di Gough-Pollard; in particolare, ritenendo uguali
i coefficienti di sicurezza a flessione e a torsione ξ
ξ
ξ =
= t
f :
1
2
2
<








+








D
a
D
a
t
t
σ
σ
1
)
Q
(
)
P
(
2
|
2
|
<








+








a
a
a
a
t
t
σ
σ
calcoliamo lo sforzo equivalente di Gough-Pollard:
2
2
2
2
2
2
|
|
2
*
Nmm
51
16
110
128
48
)
Q
(
)
P
( −
=






+
=








+
= a
a
a
a
GP
a t
t
σ
σ
σ
e, quindi, il coefficiente di sicurezza vale:
51
.
2
51
128
)
P
(
OA
OB
*
|
=
=
=
=
GP
a
a
σ
σ
ξ
Vediamo, ora, cosa si ottiene operando con il diagramma di Smith; in questo caso la prima cosa da fare è calcolare
i valori massimi che si raggiungono durante il ciclo
• lo sforzo normale dovuto al momento flettente:
2
max Nmm
120
48
72 −
=
+
=
+
= a
m σ
σ
σ
• lo sforzo tangenziale dovuto al momento torcente:
2
max Nmm
40
16
24 −
=
+
=
+
= a
m t
t
t
Quindi, riportiamo sul diagramma di Smith relativo alla flessione il punto P che rappresenta lo stato di sforzo
applicato in termini di sforzo massimo
2
max Nmm
120 −
=
σ e sforzo medio
2
Nmm
72 −
=
m
σ :
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Intersecando la retta OP di equazione:
m
σ
σ
72
120
max =
con la curva limite di equazione:
m
m
f
R
Af
f
R
Af σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
1190
153
1190
153
)
0
(
)
0
(
|
|
max
−
+
=
−
+
=
si possono ottenere le coordinate del punto P’:
⇒
−
+
= )
P
(
1190
153
1190
153
)
P
(
72
120 |
|
m
m σ
σ 2
|
Nmm
192
)
P
( −
=
m
σ
2
'
'
max
lim Nmm
320
192
72
120
)
P
(
72
120
)
P
( −
=
=
=
= m
σ
σ
σ
Procedendo in maniera analoga per la torsione:
si possono ottenere le coordinate del punto Q’:
⇒
−
+
= )
Q
(
539
159
539
159
)
Q
(
24
40 |
|
m
m t
t 2
|
Nmm
165
)
Q
( −
=
m
t
2
'
'
max
lim Nmm
275
165
24
40
)
Q
(
24
40
)
Q
( −
=
=
=
= m
t
t
t
A questo punto, riapplichiamo il criterio di Gough-Pollard calcolando lo sforzo equivalente:
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2
2
2
2
2
max
2
lim
lim
2
max
*
max Nmm
129
40
275
320
120 −
=






+
=








+
= t
t
σ
σ
σ GP
e, quindi, il coefficiente di sicurezza:
48
.
2
129
320
*
max
lim
|
=
=
=
GP
σ
σ
ξ
Vediamo cosa succede se il momento torcente applicato è costante e pari al valore massimo:
Nmm
10
x
0
.
4
10
x
6
.
1
10
x
4
.
2 6
6
6
max =
+
=
+
=
= a
m
COST Mt
Mt
Mt
Mt
Innanzitutto, lo sforzo tangenziale massimo dovuto al momento torcente COST
Mt vale:
2
3
6
3
4
O mm
N
40
80
10
x
4.0
*
16
d
16
2
d
2
d
2
2
d
=
=
=






=
=
π
π
π
t COST
COST
COST
COST
Mt
Mt
I
Mt
Per questa sollecitazione tangenziale, essendo statica, la condizione limite è data dalla rottura
( )
2
Nmm
539 −
=
t
R
t ; pertanto, il criterio di Gough-Pollard si può scrivere come segue:
1
2
2
<








+








t
R
COST
D
a
t
t
σ
σ
Calcoliamo lo sforzo equivalente di Gough-Pollard:
2
2
2
2
2
2
2
*
Nmm
49
40
539
128
48 −
=






+
=








+
= COST
t
R
D
a
GP
a t
t
σ
σ
σ
e, quindi, il coefficiente di sicurezza vale:
61
.
2
49
128
*
=
=
=
GP
a
D
σ
σ
ξ
Analogamente, operando con gli sforzi (normale e tangenziale) massimi applicati, abbiamo che:
•
2
max Nmm
120
48
72 −
=
+
=
+
= a
m σ
σ
σ 2
lim Nmm
320 −
=
σ
•
2
max Nmm
40 −
=
= COST
t
t 2
lim Nmm
539 −
=
= t
R
t
t
A questo punto, riapplichiamo il criterio di Gough-Pollard calcolando lo sforzo equivalente:
2
2
2
2
2
max
2
lim
lim
2
max
*
max Nmm
122
40
539
320
120 −
=






+
=








+
= t
t
σ
σ
σ GP
e, quindi, il coefficiente di sicurezza:
62
.
2
122
320
*
max
lim
|
=
=
=
GP
σ
σ
ξ
A questo punto, non ci resta che fare una verifica a deformazione massima della mensola. In particolare,
applicando la teoria di von Mises, calcoliamo lo sforzo medio equivalente e lo sforzo alternato equivalente:
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








=
+
=








+
=
=
+
=








+
=
⇒
=
−
−
2
2
2
2
2
2
*
2
2
2
2
2
2
*
Nmm
55
16
*
3
48
Nmm
3
8
24
*
3
72
3
a
sn
sn
a
GP
a
m
sn
sn
m
GP
m
sn
sn
t
t
σ
σ
σ
t
t
σ
σ
σ
t
σ
Pertanto, lo sforzo massimo equivalente vale:
2
*
*
*
max Nmm
138
55
83 −
=
+
=
+
= GP
a
GP
m
GP σ
σ
σ
e, quindi, il coefficiente di sicurezza a deformazione:
26
.
3
138
450
*
max
2
.
0
=
=
=
GP
p
sta
σ
σ
ξ
ESERCIZIO 4
Il mantello di un recipiente in pressione ha diametro interno pari a mm
1000
=
D e spessore mm
40
=
s . Esso
è realizzato con un acciaio avente:
2
Nmm
550 −
=
R
σ ,
2
2
.
0 Nmm
330 −
=
p
σ e
2
Nmm
200
)
0
( −
=
Aa
σ . Visto che
la rugosità della superficie è μm
0
1
=
a
R , calcolare il coefficiente di sicurezza nel caso in cui la pressione interna
al recipiente vari ciclicamente tra 0 e
2
Nmm
10 :
( ) ( ) ]
Nmm
[
sin
5
5
sin
)
( 2
−
+
=
+
= t
t
p
p
t
p a
m ω
ω
Il recipiente in pressione è in parete sottile; infatti,
10
1
5
.
12
1
2
/
<
=
D
s
. In assenza di effetti locali, gli sforzi normali
tangenziali ( θ
σ ), assiali ( a
σ ) e radiali ( r
σ ) sono sforzi principali; quindi, nel punto più sollecitato (cioè, in ogni
punto appartenente alla superficie interna del recipiente in pressione) l’andamento temporale degli sforzi principali
assume la seguente forma:
( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( )









−
−
=
+
=
−
−
=
−
=
+
=
+
=
+
=
=
+
=
+
=
+
=
=
−
−
−
]
Nmm
[
sin
5
5
sin
sin
)
(
)
(
]
Nmm
[
sin
25
.
31
25
.
31
sin
sin
2
2
/
2
2
/
2
2
/
)
(
)
(
]
Nmm
[
sin
5
.
62
5
.
62
sin
sin
2
/
2
/
2
/
)
(
)
(
2
2
2
t
t
t
p
p
t
p
t
t
t
t
s
D
p
s
D
p
s
D
t
p
t
t
t
t
s
D
p
s
D
p
s
D
t
p
t
a
r
m
r
a
m
r
a
a
m
a
a
m
a
a
m
a
m
ω
ω
σ
σ
ω
σ
ω
ω
σ
σ
ω
σ
ω
ω
σ
σ
ω
σ θ
θ
θ
Come si nota anche dal grafico, lo sforzo radiale )
(t
r
σ è
in opposizione di fase rispetto alla pressione interna e, quindi,
rispetto agli altri due sforzi principali (che, invece, sono in fase
con la pressione interna); infatti, lo sforzo radiale raggiunge
il proprio massimo quando lo sforzo tangenziale )
(t
θ
σ e lo sforzo
assiale )
(t
a
σ raggiungono il loro minimo, e viceversa.
Applichiamo il criterio di Sines, calcolando lo sforzo equivalente di Sines:
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=
−
−
−
+
+
= a
III
a
II
a
III
a
I
a
II
a
I
a
III
a
II
a
I
S
a
2
2
2
*
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
=
−
−
−
+
+ r a
a
a
r a
a
a
a
a
r a
a
a
a σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ θ
θ
θ
2
2
2
2
2
2
2
Nmm
58.5
)
5
(
*
25
.
31
)
5
(
*
5
.
62
25
.
31
*
5
.
62
)
5
(
25
.
31
5
.
62 −
=
−
−
−
−
−
−
+
+
ed il primo invariante del tensore che rappresenta la componente media dello sforzo:
2
1 Nmm
75
.
88
5
25
.
31
5
.
62 −
=
−
+
=
+
+
=
+
+
= m
r
m
a
m
m
III
m
II
m
I
m
I σ
σ
σ
σ
σ
σ θ
A questo punto, calcoliamo il limite a fatica infinita (o illimitata) per una sollecitazione di trazione alternata
simmetrica; visto che non sono presenti effetti di intaglio, abbiamo che:
2
2
|
Nmm
180
200
*
9
.
0
)
0
(
)
0
( −
=
=
= Aa
Aa b σ
σ
Il coefficiente di finitura superficiale ( 2
b ) si ricava da relativa tabella, in funzione della rugosità fondo-cresta Rt, che
a sua volta si assume variabile da 4 a 6 volte (in base alla forma del profilo) la rugosità attuale Ra, e in funzione del
rapporto tra
R
p
σ
σ 2
.
0
:
⇒





=
=
≈
→
=
0.6
550
330
μm
40
μm
0
1
2
.
0
R
p
t
a R
R
σ
σ 90
.
0
2 =
b
In questo caso non è noto a priori il limite a fatica infinita per una sollecitazione di trazione pulsante positiva
dallo zero, )
0
(
Pa
σ ; quindi, in modo approssimato, possiamo assumere valido il seguente rapporto 4
.
1
)
0
(
)
0
(
|
|
=
Pa
Aa
σ
σ
.
Poiché la componente media dello sforzo dipende dai carichi applicati (e non dalle autotensioni), abbiamo che:
m
Pa
Aa
S
Aa
S
a
S I1
|
|
|
*
1
)
0
(
)
0
(
)
0
( 







−
−
≤
σ
σ
ξ
σ
σ
ξ
da cui si può ottenere, in condizioni limite, il coefficiente di sicurezza:
1.9
75
.
88
*
4
.
0
5
.
58
180
1
)
0
(
)
0
(
)
0
(
1
|
|
*
|
=
+
=








−
+
=
m
Pa
Aa
S
a
Aa
S
I
σ
σ
σ
σ
ξ
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Infine, per fare una verifica alle deformazioni massime, applichiamo la teoria di von Mises; innanzitutto,
determiniamo il valore massimo raggiunto dagli sforzi (tangenziale, assiale e radiale) principali:





−
=
−
−
=
+
=
=
+
=
+
=
=
+
=
+
=
−
−
−
2
max
2
max
2
max
Nmm
10
5
5
Nmm
5
.
62
25
.
31
25
.
31
Nmm
125
5
.
62
5
.
62
a
r
m
r
r
a
a
m
a
a
a
m
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ θ
θ
θ
e, quindi, lo sforzo equivalente di von Mises vale:
=
−
−
−
+
+
= III
II
III
I
II
I
III
II
I σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ 2
2
2
*
vM
=
−
−
−
+
+
= max
max
max
max
max
max
2
max
2
max
2
max r
a
r
a
r
a σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ
σ θ
θ
θ
2
2
2
2
Nmm
117
)
10
(
5
.
62
)
10
(
*
125
5
.
62
*
125
)
10
(
5
.
62
125 −
=
−
−
−
−
−
−
+
+
=
Pertanto, possiamo calcolare il coefficiente di sicurezza a deformazione:
82
.
2
117
330
*
vM
2
.
0
=
=
=
σ
σ
ξ
p
sta
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Percorsi di carico non proporzionali
Un esempio di percorso di carico non proporzionale è dato dalla combinazione di un momento flettente e
di un momento torcente variabili entrambi con legge sinusoidale, aventi la stessa frequenza, ma caratterizzati
da uno sfasamento relativo pari a δ :
[ ]










−
−
=
0
0
0
0
0
)
sin(
0
)
sin(
)
sin(
)
( δ
ω
t
δ
ω
t
ω
σ
σ t
t
t
t a
yx
a
xy
a
xx
Rappresentiamo lo stato di sforzo all’istante di tempo A
t :
Ovviamente, poiché l’unico sforzo presente è lo sforzo normale a
xx
σ , all’istante di tempo A
t l’angolo θ , che
nella circonferenza di Mohr individua l’inclinazione della giacitura caratterizzata dallo stato di sforzo applicato
A ( )
0
,
a
xx
σ
≡ rispetto alla direzione principale I , è pari a zero.
Rappresentiamo, ora, lo stato di sforzo all’istante
di tempo A
B t
t > caratterizzato dalla seguente condizione:
σ
t
σ =
= )
(
)
( B
B t
t xy
xx
Come si può osservare dalla circonferenza di Mohr, all’istante di tempo A
B t
t > l’angolo θ è diverso da zero;
questo vuol dire che, per questo particolare stato di sforzo, le direzioni principali non sono fisse nel tempo. Quindi,
per questo particolare stato di sforzo, il percorso di carico è non proporzionale; esso, infatti, non è rappresentato
da un segmento appartenente ad una retta passante per l’origine, bensì da un’ellisse.
Ora, vediamo l’esempio di un percorso di carico non proporzionale per il quale, però, le direzioni principali
rimangono comunque fisse nel tempo; consideriamo due diversi stati di sforzo:





−
=
−
=
=
)
2
sin(
2
)
2
sin(
)
sin(
π
ω
σ
π
ω
t
t
ω
σ
σ
t
t
t
a
xx
a
xy
xy
a
xx
xx
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




+
−
=
+
=
+
=
+
=
)
sin(
2
2
)
sin(
)
sin(
2
2
)
sin(
t
t
t
t
a
xx
a
xx
a
yy
m
yy
yy
a
xx
a
xx
a
xx
m
xx
xx
ω
σ
σ
ω
σ
σ
σ
ω
σ
σ
ω
σ
σ
σ

 Concentriamoci dapprima sul CASO A.
La prima cosa da fare è riportare l’evoluzione temporale dello stato di sforzo:
Quindi, per poter ricostruire l’andamento nel tempo degli sforzi principali, I
σ e II
σ , dobbiamo considerare
la circonferenza di Mohr nei quattro istanti di tempo che abbiamo evidenziato:
Infine, per vedere come variano nel tempo le direzioni principali, scegliamo come riferimento l’asse y. All’istante di
tempo 1 la direzione principale I coincide con l’asse x, quindi, l’angolo relativo all’asse y è pari a
2
π ; all’istante
di tempo 2 la giacitura principale I ruota di °
45 e, quindi, l’angolo relativo all’asse y è pari a
4
π ; all’istante di
tempo 3 l’angolo relativo all’asse y è nullo perché la direzione principale I coincide proprio con l’asse y; infine,
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all’istante di tempo 4 la giacitura principale I ruota di °
=
°
+
° 135
45
90 rispetto al riferimento e, quindi, l’angolo
relativo è pari a
4
π
− .
È evidente, dunque, che c’è una variazione nel tempo delle direzioni principali; quindi, possiamo dire che
nel CASO A lo stato di sforzo è caratterizzato da un percorso di carico non proporzionale al quale si accompagna
la variazione nel tempo delle direzioni principali.

 Passiamo al CASO B.
Poiché lo sforzo tangenziale è identicamente nullo, gli sforzi normali xx
σ e yy
σ sono gli sforzi principali I
σ e II
σ ;
quindi, l’evoluzione temporale di xx
σ e yy
σ coincide con l’evoluzione temporale di I
σ e II
σ :
Dunque, si può constatare come nei due casi presi in considerazione gli sforzi principali I
σ e II
σ abbiano
lo stesso andamento del tempo; tuttavia, mentre nel CASO A le direzioni principali variano nel tempo, nel CASO B
le direzioni principali restano fisse. Inoltre, si può dimostrare come, per il solo fatto che le direzioni principali
siano variabili nel tempo, si venga a produrre un limite di fatica del materiale inferiore rispetto al caso in cui
le direzioni principali restano fisse; per questo motivo è fondamentale tener conto dello sfasamento esistente
tra gli sforzi applicati; infatti, se essi sono costantemente in fase, allora le direzioni principali resteranno fisse,
altrimenti saranno variabili nel tempo e, come detto, produrranno una variazione del limite di fatica del materiale.
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Fatica multiassiale

  • 1. StuDocu wird von keiner Universität gesponsert oder unterstützt. Fatica Multiassiale Costruzione di macchine (Politecnico di Bari) StuDocu wird von keiner Universität gesponsert oder unterstützt. Fatica Multiassiale Costruzione di macchine (Politecnico di Bari) Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 2. FATICA MULTIASSIALE Numerosi componenti meccanici e strutturali sono soggetti al rischio di rotture per fatica in punti nei quali lo stato di sforzo è multiassiale; un esempio tipico è quello degli alberi di trasmissione sollecitati a flessione rotante alla quale si sovrappone una torsione che può essere costante o anche variabile nel tempo. Un altro esempio è rappresentato dai recipienti in pressione in cui c’è uno stato di sforzo principale ( ) θ σ σ σ , , a r che, a causa delle fluttuazioni della pressione interna, presenta una variazione nel tempo. In generale, abbiamo uno stato di sforzo multiassiale se il tensore degli sforzi non si può restringere ad un’unica componente con intensità variabile nel tempo e direzione fissa; in particolare, nel sistema di riferimento principale, uno stato di sforzo multiassiale assume la seguente forma: [ ]           = ) ( 0 0 0 ) ( 0 0 0 ) ( ) ( t t t t III II I σ σ σ σ Diciamo subito che non esistono, ad oggi, teorie esaustive sulla fatica multiassiale che permettano di modellare tutta la casistica che si può determinare in questo tipo di problemi; il problema della fatica multiassiale, inoltre, è molto complesso anche perché si interseca con il problema della plasticizzazione. In particolare, nel caso della fatica oligociclica, cioè della fatica a basso numero di cicli (LCF), si verifica una plasticizzazione macroscopica localizzata, ad esempio, in corrispondenza degli intagli; invece, nel caso della fatica ad alto numero di cicli (HCF), la plasticizzazione è ridotta ed è limitata solo a livello microstrutturale. Dunque, proprio perché il problema della fatica multiassiale è molto complesso, diventa indispensabile assumere tutta una serie di ipotesi esemplificative.   Esclusione dei problemi di fatica oligociclica; considereremo, infatti, solo la fatica ad alto numero di cicli.   Esclusione dei problemi di fatica cosiddetta random; ipotizzeremo, infatti, che tutte le componenti del tensore degli sforzi siano periodiche e che si possa sempre individuare un periodo T comune a tutte: [ ] [ ] ) ( ) ( T t t + = σ σ   Sincronizzazione degli sforzi; ipotizzeremo (almeno inizialmente) che le componenti del tensore degli sforzi, già periodiche, siano sincrone, cioè che abbiano tutte la stessa frequenza: π ω 2 1 = = − T f A questo punto, possiamo definire il percorso di carico come la rappresentazione grafica della variazione nel tempo di una qualsiasi coppia di componenti del tensore degli sforzi. In particolare, sulla base dell’ipotesi di sforzi periodici, va detto che il percorso di carico dovrà essere una curva chiusa; infatti, partendo da un certo punto P della curva, alla fine del periodo T dobbiamo necessariamente riportarci nello stesso punto P. Nella prima parte della nostra trattazione cercheremo di estendere i criteri di resistenza validi in ambito statico (in particolare, il criterio di von Mises ed il criterio di Tresca) al problema della fatica multiassiale, sulla base dell’ipotesi che il danneggiamento del componente affaticato avvenga comunque per effetto della plasticizzazione; ovviamente, tale estensione implica che, in questi criteri di resistenza validi in ambito statico, i valori massimi degli sforzi vengano sostituiti dalle ampiezze degli sforzi periodici: ( ) a i eq vM vM . σ φ σ = ( ) a i eq T T . σ φ σ = Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 3. In particolare, facendo l’ipotesi di stato di sforzo piano con 0 = II σ , vediamo come è possibile esplicitare lo sforzo equivalente di von Mises: a III a I a III a I eq 2 2 vM . σ σ σ σ σ − + = e lo sforzo equivalente di Tresca: { } , , max T . a III a I a III a I eq σ σ σ σ σ − = Poi, questi sforzi equivalenti vanno confrontati con una tensione che rappresenta il limite a fatica del materiale; in particolare, quello che si fa è considerare il limite a fatica del materiale che si registra in una prova monoassiale di trazione-compressione alterna simmetrica: Quindi, così come in ambito statico costruivamo uno stato di sforzo monoassiale equivalente allo stato di sforzo multiassiale (realmente applicato), cioè dicevamo sostanzialmente che, applicando ad un provino in regime monoassiale lo sforzo equivalente di von Mises o di Tresca, si ottiene lo stesso grado di cimento statico che si produce in regime multiassiale, anche nell’ambito della fatica multiassiale possiamo fare un ragionamento simile dicendo che, applicando ad un provino in regime monoassiale una sollecitazione alterna simmetrica calcolata secondo il criterio di von Mises o di Tresca, si ottiene lo stesso grado di cimento a fatica che si produce in regime multiassiale. Pertanto, i criteri di resistenza a fatica multiassiale definiti per mezzo di sforzi equivalenti si possono scrivere in questo modo: ) 0 ( vM . AS eq σ σ = ) 0 ( T . AS eq σ σ = dove ) 0 ( AS σ è il limite a fatica infinita per una sollecitazione di trazione alternata simmetrica. Questi criteri di resistenza a fatica multiassiale, va detto, sono criteri prettamente fenomenologici, cioè, non avendo un fondamento scientifico, trovano una loro applicabilità solo ed esclusivamente per la tipologia di sollecitazioni testate nelle prove sperimentali che hanno portato alla calibrazione della legge in oggetto. A questo punto, facciamo alcune precisazioni. Stiamo considerando, nel sistema di riferimento principale, uno stato di sforzo piano con componenti periodiche che hanno uno sforzo medio nullo; gli sforzi, inoltre, variano in maniera sincrona, cioè con la stessa frequenza, in fase o in opposizione di fase, cioè con uno sfasamento nullo o pari a π . --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Infatti, due sforzi periodici sincroni, cioè aventi la stessa frequenza, possono variare:   in fase, se raggiungono il loro corrispondente valore massimo nello stesso istante di tempo   in opposizione di fase, se uno raggiunge il suo valore massimo nell’istante di tempo in cui l’altro raggiunge il suo valore minimo Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 4. ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------   Un’ulteriore ipotesi esemplificativa da fare è che le direzioni principali siano fisse nel tempo. In generale, le singole componenti del tensore degli sforzi sono tutte funzioni del tempo: [ ]           = ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( t t t t t t t t t t zz zy zx yz yy yx xz xy xx σ t t t σ t t t σ σ Di conseguenza, se tutte le componenti del tensore degli sforzi variano nel tempo con una legge qualsiasi, le direzioni principali, che dipendono dai valori che assumono le componenti di ) (t σ , varieranno anch’esse nel tempo; esistono, però, dei casi particolari in cui le componenti di ) (t σ variano nel tempo in modo tale da far rimanere fisse nel tempo le direzioni principali. Ad esempio, consideriamo il seguente stato di sforzo piano: [ ]           = 0 0 0 0 0 ) sin( 0 ) sin( ) sin( ) ( t t t t a yx a xy a xx ω t ω t ω σ σ che, ad un certo istante di tempo 1 t , ha la seguente rappresentazione sulla circonferenza di Mohr: La giacitura principale I è inclinata rispetto alla giacitura su cui lo stato di sforzo è rappresentato dal punto P ( ) ) ( ), ( 1 1 t t xy xx t σ ≡ di un angolo pari a θ : ⇒ = ) ( ) ( 2 2 tan 1 1 t t xx xy σ t θ ) ( ) ( 2 tan 2 1 1 1 1 t t xx xy σ t θ − = Essendo l’istante di tempo 1 t del tutto arbitrario, l’angolo θ che individua la direzione della giacitura principale I rispetto all’asse orizzontale (asse di riferimento fisso e solidale con il componente) assume un valore costante e, quindi, possiamo dire che, per questo particolare stato di sforzo piano, le direzioni principali sono fisse nel tempo; infatti, se consideriamo un istante di tempo successivo, 2 t , l’angolo θ rimane invariato. Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 5. Dunque, in blu abbiamo rappresentato un percorso di carico proporzionale. In particolare, si dice proporzionale un percorso di carico rappresentato da un segmento appartenente ad una retta passante per l’origine; infatti, il rapporto tra due qualsiasi componenti del tensore degli sforzi deve rimanere invariato nel tempo. A questo punto, possiamo dire che un percorso di carico proporzionale è sempre caratterizzato da direzioni principali fisse nel tempo. Più precisamente, si dice che le direzioni principali sono fisse in senso stretto se si considera il tensore degli sforzi completo della parte fissa e della parte variabile nel tempo; infatti, il tensore degli sforzi ) (t σ può essere sempre scomposto nella somma di un’aliquota media m σ , costante nel tempo, ed un’aliquota a σ , funzione periodica del tempo: [ ] [ ] [ ] ) ( ) ( ) ( T t t t a m + = + = σ σ σ σ Se, invece, verifichiamo che le direzioni principali sono fisse nel tempo considerando, però, soltanto l’aliquota variabile a σ del tensore degli sforzi, allora le direzioni principali si dicono fisse in senso lato. Nella nostra trattazione è sufficiente che le direzioni principali siano fisse in senso lato. Proviamo, adesso, a considerare un particolare stato di sforzo piano in cui abbiamo una componente costante ed una componente funzione periodica del tempo: [ ]           = 0 0 0 0 0 0 ) sin( ) ( m yx m xy a xx t t t t ω σ σ In questo caso, in cui il percorso di carico è rappresentato da un segmento di retta che, però, non passa per l’origine, è facile dimostrare che le direzioni principali non sono fisse nel tempo; infatti, se andiamo a calcolare l’angolo θ , troviamo che l’argomento della funzione arcotangente è un rapporto variabile nel tempo: ) ( ) sin( 2 tan 2 1 1 t t a xx m xy θ ω σ t θ = = − Inoltre, il fatto che il percorso di carico sia proporzionale è una condizione sufficiente, ma non necessaria affinché le direzioni principali siano fisse nel tempo; consideriamo, ad esempio, il seguente stato di sforzo per il quale le direzioni principali sono fisse nel tempo, nonostante il percorso di carico sia non proporzionale: [ ]           = ) ( 0 0 0 ) cos( 0 0 0 ) sin( ) ( z t t t t z a yy a xx σ ω σ ω σ σ In questo caso, poiché le componenti del tensore degli sforzi diverse da zero sono soltanto le componenti normali, l’angolo θ rimane invariato; del resto questo è – a ben vedere – già uno stato di sforzo principale. Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 6. Dunque, facendo una serie di prove sperimentali con tutte queste ipotesi esemplificative che abbiamo introdotto, si è potuto constatare che le coppie ( ) a III a I ,σ σ in corrispondenza delle quali si produceva una situazione limite bene soddisfano, entro limiti accettabili di approssimazione, l’equazione della curva limite di von Mises; ovviamente, per valori della coppia ( ) a III a I ,σ σ che cadono all’interno della curva limite si ha una vita a fatica illimitata, mentre si ha una vita a fatica limitata per valori della coppia ( ) a III a I ,σ σ che cadono all’esterno della curva limite. In particolare, nel primo quadrante abbiamo coppie ( ) a III a I ,σ σ rappresentative di stati di sforzo in fase; invece, nel quarto quadrante abbiamo coppie ( ) a III a I ,σ σ rappresentative di stati di sforzo in opposizione di fase. Inoltre, è importante sottolineare che finora stiamo considerando soltanto la componente alternata dello sforzo, ovvero stiamo considerando nullo lo sforzo medio. Vediamo come si può calcolare il coefficiente di sicurezza ξ utilizzando i criteri di resistenza a fatica multiassiale definiti per mezzo di sforzi equivalenti; continuando l’analogia con l’ambito statico, abbiamo che: a vM . vM ) 0 ( eq AS σ σ ξ = a T . T ) 0 ( eq AS σ σ ξ = dove ) 0 ( AS σ è il limite a fatica infinita per una sollecitazione di trazione alternata simmetrica; invece, a vM . eq σ e a T . eq σ sono gli sforzi equivalenti, rispettivamente, di von Mises e di Tresca calcolati con le ampiezze delle componenti alternate dello sforzo, ovvero considerando nullo lo sforzo medio. Esistono due importanti restrizioni che riguardano, in particolare, l’applicazione di questi criteri di resistenza a fatica multiassiale: la prima restrizione è data dal fatto che si possono applicare soltanto per gli acciai che hanno un certo grado di plasticità (comportamento duttile e non fragile) e che hanno un comportamento simmetrico quando sono sollecitati a trazione e a compressione; la seconda restrizione è data dal fatto che questi criteri di resistenza a fatica multiassiale definiti per mezzo di sforzi equivalenti non si possono applicare per componenti meccanici o strutturali che presentano effetti locali dovuti alla presenza di intagli. Ora, vediamo cosa succede se, oltre alla componente alternata dello sforzo, consideriamo anche la componente media, ovvero se consideriamo uno sforzo medio non nullo. Potremmo pensare, così come abbiamo trovato uno sforzo equivalente per le componenti alternate, di costruire uno sforzo equivalente anche per le componenti medie, cioè di costruire una * m σ utilizzando la stessa funzione che abbiamo applicato per le componenti alternate: ( ) m i m * σ φ σ = In questo modo, però, non si riesce a tener conto del segno delle componenti medie; allora, affinché si possa tener conto del segno delle componenti medie, la * m σ si costruisce in modo diverso, cioè come se fosse la parte idrostatica del tensore degli sforzi: m III m I m * σ σ σ + = Dunque, note la * a . a eq σ σ ≡ e la * m σ , possiamo localizzare uno stato di sforzo piano con 0 = II σ sul diagramma di Haigh, che mostra proprio come varia il limite a fatica quando alla componente alternata dello sforzo Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 7. sovrapponiamo la componente media; sperimentalmente si è visto che, se applichiamo su un provino in regime monoassiale sia una componente media che una componente alternata, il limite a fatica si abbassa, ovvero le alternanze di carico consentite (che non portano alla crisi) sono in numero inferiore. Come detto, attraverso il valore di * a . a eq σ σ ≡ ed il valore di * m σ , possiamo localizzare lo stato di sforzo piano con 0 = II σ sul diagramma di Haigh; in particolare, per calcolare il coefficiente di sicurezza ξ abbiamo tre diverse possibilità: UB UD HB HE AB AC = = = ξ ξ ξ ) 3 ( ) 2 ( ) 1 ( La scelta del coefficiente di sicurezza da usare dipende sostanzialmente da quale percorso segue il punto B, rappresentativo dello stato di sforzo, per raggiungere le curva limite. Se ipotizziamo che la a σ e la m σ possano crescere insieme, allora useremo il coefficiente di sicurezza ) 1 ( ; invece, useremo il coefficiente di sicurezza ) 2 ( o ) 3 ( , se ipotizziamo che una delle due componenti dello sforzo si mantiene invariata. CRITERIO DI GOUGH-POLLARD Anche questo è un criterio fenomenologico, nato da una serie di prove sperimentali condotte su provini sottoposti a flessione ed a torsione alternata; in particolare, queste prove sperimentali sono state condotte considerando solo sforzi sincroni ed in concordanza di fase: [ ]           = 0 0 0 0 0 ) sin( 0 ) sin( ) sin( ) ( t t t t a a a ω t ω t ω σ σ Sperimentalmente, quindi, si è potuto verificare che, nel caso di provini lisci, i punti limite si distribuiscono nel piano delle ampiezze degli sforzi alternati ( ) a a σ t − secondo un quarto di ellisse, nota come ellisse di Gough-Pollard: che ha la seguente equazione: 1 ) 0 ( ) 0 ( 2 2 =         +         At a Af a t t σ σ , dove   ) 0 ( Af σ è il limite a fatica infinita per una sollecitazione di flessione alternata simmetrica   ) 0 ( At t è il limite a fatica infinita per una sollecitazione di torsione alternata simmetrica (Finora abbiamo fatto l’ipotesi di fatica infinita; vedremo dopo come rimuoverla). Dunque, secondo il criterio di resistenza di Gough-Pollard, l’ampiezza dello sforzo normale si deve confrontare con il limite a fatica a flessione alternata, mentre l’ampiezza dello sforzo tangenziale si deve confrontare con il limite a fatica a torsione alternata. Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 8. Moltiplicando per ( )2 ) 0 ( Af σ il primo ed il secondo membro dell’equazione dell’ellisse di Gough-Pollard, si ottiene: ( )2 2 2 2 ) 0 ( ) 0 ( ) 0 ( Af a At Af a σ t t σ σ =         + Ora, la quantità a primo membro di quest’ultima equazione è definita come il quadrato dello sforzo equivalente di Gough-Pollard; quindi, possiamo scrivere: ( ) ( )2 2 2 2 2 * ) 0 ( ) 0 ( ) 0 ( Af a At Af a GP a σ t t σ σ σ =         + = Lo sforzo equivalente di Gough-Pollard mette insieme uno sforzo normale ed uno sforzo tangenziale; in particolare, nella condizione limite si ha che lo sforzo equivalente di Gough-Pollard, * GP a σ , uguaglia il limite a fatica infinita per una sollecitazione di flessione alternata simmetrica, ) 0 ( Af σ : ) 0 ( * Af GP a σ σ = e, pertanto, il coefficiente di sicurezza ξ è dato dal seguente rapporto: * ) 0 ( GP a Af σ σ ξ = In realtà, potremmo definire il coefficiente di sicurezza anche diversamente; ad esempio, potremmo definire un coefficiente di sicurezza flessionale f ξ ed un coefficiente di sicurezza torsionale t ξ (l’uno diverso dall’altro). Il coefficiente di sicurezza misura la distanza di uno stato di sforzo, rappresentato dal generico punto B, dalla curva limite: per cui l’equazione dell’ellisse di Gough-Pollard si può scrivere anche in questo modo: ( ) ( ) ( )2 2 2 2 ) 0 ( ) 0 ( ) 0 ( Af a t At Af a f σ t ξ t σ σ ξ =         + Se i coefficienti f ξ e t ξ sono uguali, significa che stiamo portando lo stato di sforzo B ( ) a a t σ , ≡ sulla curva limite secondo il percorso ABC; invece, se i coefficienti f ξ e t ξ sono diversi, avremo che la a σ amplificata dal coefficiente di sicurezza flessionale e la a t amplificata dal coefficiente di sicurezza torsionale portano lo stato di sforzo B ( ) a a t σ , ≡ sulla curva limite. A questo punto, possiamo determinare i coefficienti di sicurezza, flessionale e torsionale, solo se è noto a priori il loro rapporto, t f k ξ ξ ≡ , in modo tale che si possa ottenere un’equazione in un’incognita; ad esempio, ( ) ( )2 2 2 2 ) 0 ( ) 0 ( ) 0 ( Af a f At Af a f k σ t ξ t σ σ ξ =                 + Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 9. Dunque, ricapitolando, se calcoliamo il coefficiente di sicurezza come rapporto AB AC , significa che stiamo considerando un coefficiente di sicurezza uguale a flessione e a torsione; infatti, per similitudine si ha che: AB AC AM AL = e AB AC BM CL = Vediamo, ora, cosa succede quando si considera una componente media dello sforzo diversa da zero: innanzitutto, bisogna analizzare il diagramma di Haigh sia per lo sforzo normale (flessione) che per lo sforzo tangenziale (torsione). flessione torsione Il punto A sul diagramma di Haigh relativo alla flessione rappresenta il limite a fatica infinita per una sollecitazione di flessione alternata simmetrica ( ) 0 = m σ ; in tutti gli altri punti della curva limite, invece, c’è anche la presenza di una componente media dello sforzo diversa da zero ( ) 0 ≠ m σ . Quello che conta, però, è che in un qualsiasi punto della curva limite il grado di cimento a fatica è lo stesso; in altre parole, i punti della curva limite sono tutti equivalenti in termini di sollecitazione a fatica e, quindi, avremo lo stesso risultato o considerando solo la componente alternata dello sforzo (punto A) o considerando una qualsiasi combinazione tra componente alternata e componente media (tutti gli altri punti della curva limite). Dunque, la presenza di una 0 ≠ m σ – come si può osservare dal diagramma di Haigh relativo alla flessione – fa variare la capacità del materiale di sopportare uno stato di sforzo variabile nel tempo; infatti, per tener conto della presenza di una componente media dello sforzo diversa da zero, è necessario sostituire, nel criterio di resistenza di Gough-Pollard, al posto di ) 0 ( Af σ il valore dello sforzo normale che dipende anche da 0 ≠ m σ , ovvero lo sforzo limite D σ . Ragionando in maniera del tutto analoga per lo sforzo tangenziale, si comprende anche la necessità di sostituire al posto di ) 0 ( At t lo sforzo limite D t . Quindi, se consideriamo una componente media dello sforzo diversa da zero, l’equazione dell’ellisse di Gough-Pollard diventa: 1 2 2 =         +         D a D a t t σ σ da cui è facile constatare che, diminuendo i denominatori (ovvero, i semiassi), l’ellisse di Gough-Pollard si rimpicciolisce. Anche la presenza di un intaglio sul provino provoca un rimpicciolimento dell’ellisse di Gough-Pollard insieme, però, ad una traslazione del centro; infine, se uno dei due sforzi, ad esempio lo sforzo tangenziale, è costante nel tempo, nel criterio di resistenza di Gough-Pollard bisognerà sostituire al posto di ) 0 ( At t lo sforzo di rottura r t . Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 10. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Facciamo un rapido passo indietro. Come abbiamo detto in precedenza, i criteri di resistenza a fatica multiassiale definiti per mezzo di sforzi equivalenti si possono applicare soltanto per gli acciai che hanno un certo grado di plasticità (comportamento duttile e non fragile); pertanto, se abbiamo a che fare con materiali fragili come, ad esempio, la ghisa, si dovrà ricorrere al cosiddetto criterio della massima tensione normale (o criterio di Rankine) che, nel caso di uno stato di sforzo piano con 0 = II σ , si esprime in questo modo: ) 0 ( ) 0 ( Aa a III Aa a I σ σ σ σ < < dove ) 0 ( Aa σ è il limite a fatica infinita per una sollecitazione di trazione alternata simmetrica. Tuttavia, si è potuto verificare che i risultati sperimentali si vanno ad addensare lungo una curva limite di questo tipo: solo limitatamente a quei valori della coppia ( ) a III a I ,σ σ che rientrano nel primo quadrante (sforzi in concordanza di fase); invece, per quei valori della coppia ( ) a III a I ,σ σ che rientrano nel quarto quadrante (sforzi in opposizione di fase), i risultati sperimentali non confermano la validità del criterio. Quindi, nel caso di sforzi in opposizione di fase, bisogna – innanzitutto – trovare il limite a fatica per una sollecitazione di torsione pura che è individuato da un punto sulla bisettrice del quarto quadrante. Per una sollecitazione di torsione pura, la circonferenza di Mohr, che si costruisce a partire dal punto ( ) t , 0 , ha centro nell’origine ( ) 0 , 0 O ≡ ; costruita la circonferenza di Mohr, possiamo individuare le direzioni principali che, per una sollecitazione di torsione pura, sono inclinate a ° 45 rispetto alla giacitura dell’elementino di riferimento. Dunque, nel caso di sforzi in opposizione di fase, ovvero quando ci troviamo nel quarto quadrante, dobbiamo trovare il limite a fatica per una sollecitazione di torsione pura e, poi, andare a chiudere la curva limite come segue: Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 11. La curva limite costruita in questo modo interpola bene i risultati sperimentali anche nel quarto quadrante. Quindi, ricapitolando, quando abbiamo a che fare con materiali fragili, dobbiamo distinguere tra sforzi in concordanza di fase e sforzi in opposizione di fase: per gli sforzi in concordanza di fase, si può applicareil criterio della massima tensione normale (o criterio di Rankine); invece, per gli sforzi in opposizione di fase, si deve sfruttare la conoscenza del limite a fatica per una sollecitazione di torsione pura. In generale (materiali duttili e materiali fragili), nel caso in cui sia presente una componente media dello sforzo diversa da zero, si deve determinare anche per questa 0 ≠ m σ uno sforzo equivalente, che chiamiamo * m σ ; quindi, note la * a σ e la * m σ , si può entrare nel diagramma di Haigh per calcolare il coefficiente di sicurezza. Tuttavia, l’inconveniente di ricorrere ad una * m σ , determinata secondo von Mises o secondo Tresca, consiste nel fatto che si perde informazione sul segno della * m σ (segno che, in molti casi, risulta essere importante). Infatti, si è verificato che, se la * m σ è positiva, essa ha un effetto negativo sul limite a fatica che, quindi, si abbassa; viceversa, se la * m σ è negativa, essa ha un effetto positivo sul limite a fatica che, quindi, si alza. Allora, proprio per non perdere informazioni sul segno, si preferisce determinare la * m σ come somma dei tre sforzi medi principali: m III m II m I III I i m i m * σ σ σ σ σ + + = = ∑ = (in questo modo la * m σ non è altro che il primo invariante del tensore che costituisce, nel sistema di riferimento principale, la componente media del tensore degli sforzi). Infine, proviamo a rappresentare i criteri di resistenza a fatica multiassiale definiti per mezzo di sforzi equivalenti sul piano deviatorico π di equazione 0 = + + a III a II a I σ σ σ ; il discorso è identico a quello fatto in ambito statico, salvo sostituire le ampiezze degli sforzi periodici al posto dei valori massimi degli sforzi. Sul piano deviatorico π la curva limite di von Mises è una circonferenza di raggio ) 0 ( 3 2 Aa σ , mentre la curva limite di Tresca è un esagono regolare inscritto nella circonferenza di von Mises. Anche sul piano deviatorico π , inoltre, possiamo determinare i coefficienti di sicurezza come rapporto tra segmenti. Ovviamente, se il punto rappresentativo dello stato di sforzo si trova all’interno della curva limite, è garantita la vita infinta del componente meccanico o strutturale sollecitato con lo stato di sforzo in questione. Però questo tipo di verifica potrebbe non bastare; infatti, potrebbe esserci la necessità di fare anche una verifica a deformazione Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 12. nel caso in cui si voglia che le deformazioni massime, durante il funzionamento del componente, non superino certi limiti. Per fare una verifica a deformazione bisogna, innanzitutto, determinare il valore massimo raggiunto dallo stato di sforzo durante in funzionamento del componente e, poi, determinare le corrispondenti deformazioni; solitamente, quello che si fa è calcolare la * max σ come: * * * max a m σ σ σ + = e confrontarla con lo sforzo di snervamento del materiale: * max σ σ ξ sn = --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Ritorniamo al criterio di resistenza di Gough-Pollard. Abbiamo visto che in presenza di una componente media dello sforzo diversa da zero, bisogna analizzare il diagramma di Haigh sia per lo sforzo normale (flessione) che per lo sforzo tangenziale (torsione) al fine di individuare i valori limite dello sforzo normale ( ) D σ e dello sforzo tangenziale ( ) D t che dipendono da 0 ≠ m σ ; e, quindi, nel criterio di resistenza di Gough-Pollard bisognerà sostituire la D σ al posto della ) 0 ( Af σ e la D t al posto della ) 0 ( At t . All’uso dei diagrammi di Haigh esiste un’alternativa rappresentata dall’uso dei diagrammi di Smith; si considerano i valori massimi raggiunti dallo sforzo normale e dallo sforzo tangenziale durante il funzionamento del componente: a m σ σ σ + = max a m t t t + = max quindi, dal diagramma di Smith sia per lo sforzo normale (flessione) che per lo sforzo tangenziale (torsione) è possibile ricavare i valori limite lim σ e lim t che andranno sostituiti nel criterio di resistenza di Gough-Pollard al posto, rispettivamente, della ) 0 ( Af σ e della ) 0 ( At t . CRITERIO DI SINES Rispetto agli altri criteri di resistenza a fatica multiassiale visti finora, il criterio di resistenza di Sines può essere utilizzato in un numero di applicazioni pratiche certamente maggiore, anche se esso conserva ancora un’ipotesi restrittiva, ovvero il fatto che le direzioni principali siano fisse nel tempo. Sines, in particolare, condusse una serie di prove sperimentali. Nella prima tipologia di prove sperimentali consideriamo una sollecitazione di trazione alternata simmetrica a σ alla quale si sovrappone una sollecitazione di trazione statica m σ : Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 13. Dopodiché, poiché per i materiali duttili il cedimento a fatica è legato agli scorrimenti plastici, dobbiamo trovare le giaciture sulle quali si determina la massima fluttuazione degli sforzi tangenziali; ovviamente, per trovare queste giaciture dove si determina la massima fluttuazione degli sforzi tangenziali, non dobbiamo prendere in considerazione la sollecitazione di trazione statica m σ , ma solo la sollecitazione di trazione alternata simmetrica a σ . A questo punto, come si può osservare dalla corrispondente circonferenza di Mohr (relativa al generico istante di tempo 1 t ), in questa prima tipologia di prove sperimentali le giaciture critiche, cioè quelle dove si determina la max t , risultano inclinate a ° 45 rispetto alle giaciture principali. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Ovviamente, la circonferenza di Mohr varia nel tempo a seconda del valore assunto dalla a σ : tuttavia, le giaciture critiche, cioè quelle dove si determina la max t , risultano costantemente inclinate a ° 45 rispetto alle giaciture principali. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Una volta trovate le giaciture critiche, vediamo come agisce la sollecitazione di trazione statica m σ ; in altre parole, sulle giaciture critiche andiamo a studiare le componenti normali dello sforzo che si producono per effetto di m σ (la a σ , quindi, ci serve solo per trovare le giaciture critiche sulle quali ragionare). Per capire qual è l’effetto di m σ , rappresentiamo la corrispondente circonferenza di Mohr (si noti che questa circonferenza di Mohr è fissa Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 14. nel tempo), dalla quale si desume che sulle giaciture inclinate a ° 45 rispetto alle giaciture principali le componenti normali dello sforzo, 1 N ed 2 N , sono positive e valgono 2 m σ . Quindi, Sines verificò sperimentalmente che il limite a fatica per una sollecitazione di trazione alternata simmetrica viene ad essere influenzato dalla componente media dello sforzo, 0 > m σ ; quest’ultima produce sulle giaciture critiche una condizione 0 2 1 > + N N . Si osserva che il limite a fatica per una sollecitazione di trazione alternata simmetrica viene ad essere penalizzato dalla sovrapposizione di una sollecitazione di trazione statica e tale penalizzazione avviene con buona approssimazione secondo una legge lineare, ovvero la a σ ammissibile decresce linearmente con la 0 > m σ : Nella seconda tipologia di prove sperimentali Sines considerò ancora una sollecitazione di trazione alternata simmetrica a σ alla quale, però, si sovrappone una sollecitazione di compressione statica m σ : Poiché sono influenzate solo dalla a σ , anche in questa seconda tipologia di prove sperimentali le giaciture critiche, cioè quelle dove si determina la max t , risultano inclinate a ° 45 rispetto alle giaciture principali; quello che cambia è la circonferenza di Mohr corrispondente alla sollecitazione di compressione statica m σ : Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 15. dalla quale si desume che sulle giaciture inclinate a ° 45 rispetto alle giaciture principali le componenti normali dello sforzo, 1 N ed 2 N , sono negative e valgono 2 m σ − , quindi 0 2 1 < + N N . Il limite a fatica per una sollecitazione di trazione alternata simmetrica sperimentalmente aumenta a seguito della sovrapposizione di una sollecitazione di compressione statica e tale beneficio avviene con buona approssimazione secondo una legge lineare, ovvero la a σ ammissibile cresce linearmente con la 0 < m σ : Nella terza tipologia di prove sperimentali Sines considerò una sollecitazione di torsione alternata simmetrica a t alla quale si sovrappone una sollecitazione di torsione statica m t : Anche per questa terza tipologia di prove sperimentali la prima cosa da fare è trovare le giaciture critiche, cioè le giaciture dove si determina la massima fluttuazione degli sforzi tangenziali; ebbene, come si può constatare dalla corrispondente circonferenza di Mohr (relativa ad un generico istante di tempo), in questa terza tipologia di prove sperimentali le giaciture critiche sono direttamente quelle sulle quali sono applicate le a t torsionali. Ora, poiché la m t che si sovrappone alla a t è ancora una sollecitazione di torsione, la circonferenza di Mohr corrispondente alla sollecitazione di torsione statica m t è geometricamente simile a quella corrispondente alla sollecitazione di torsione alternata simmetrica a t ; pertanto, si capisce che sulle giaciture critiche le componenti normali dello sforzo, 1 N ed 2 N , sono nulle e, quindi, abbiamo che: 0 2 1 = + N N In tal caso, si osserva che il limite a fatica per una sollecitazione di torsione alternata simmetrica risulta essere del tutto insensibile alla sovrapposizione, o meno, di una sollecitazione di torsione statica: Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 16. Relativamente all’ indipendenza del limite a fatica a flessione e a torsione da una componente aggiuntiva statica di torsione bisogna fare una precisazione: questa indipendenza vale fino a quando il valore massimo dello sforzo tangenziale di torsione si mantiene lontano dal valore di snervamento, cioè fino a quando: sn a m t t t t ≤ + = max Nella quarta tipologia di prove sperimentali Sines considerò una sollecitazione di flessione alternata simmetrica a σ alla quale si sovrappone una sollecitazione di torsione statica m t : Anche in questa quarta tipologia di prove sperimentali le giaciture critiche, che – ricordiamo – vanno trovate attraverso la circonferenza di Mohr corrispondente alla a σ , risultano inclinate a ° 45 rispetto alle giaciture principali (infatti, in un generico punto del provino, la flessione produce lo stesso tipo di sforzo prodotto dalla trazione-compressione, ossia uno sforzo normale, e, di conseguenza, la circonferenza di Mohr non cambia). A questo punto, trovate le giaciture critiche, vediamo come agisce la sollecitazione di torsione statica m t ; in particolare, sulle giaciture critiche le componenti normali dello sforzo che si producono per effetto di m t sono uguali in modulo, ma opposte in segno. Quindi, abbiamo che: 0 2 1 = + N N Il limite a fatica per una sollecitazione di flessione alternata simmetrica risulta essere del tutto insensibile alla sovrapposizione, o meno, di una sollecitazione di torsione statica: Nella quinta ed ultima tipologia di prove sperimentali Sines considerò una sollecitazione di torsione alternata simmetrica a t alla quale si sovrappone una sollecitazione di trazione o di compressione statica m σ : Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 17. In entrambi i casi, m σ di trazione oppure m σ di compressione, è facile constatare che le giaciture critiche sono direttamente quelle dove sono applicate le a t torsionali; vediamo, quindi, qual è l’effetto di m σ . Sulle giaciture critiche le componenti normali dello sforzo, 1 N ed 2 N , che si producono per effetto di m σ , sono l’una positiva e l’altra nulla. Quindi, abbiamo che: 0 2 1 > + N N La sovrapposizione di una sollecitazione di trazione statica ha un effetto penalizzante sul limite a fatica per una sollecitazione di torsione alternata simmetrica, ovvero la a t ammissibile decresce linearmente con la 0 > m σ . Sulle giaciture critiche le componenti normali dello sforzo, 1 N ed 2 N , che si producono per effetto di m σ , sono l’una negativa e l’altra nulla. Quindi, abbiamo che: 0 2 1 < + N N La sovrapposizione di una sollecitazione di compressione statica ha un effetto benefico sul limite a fatica per una sollecitazione di torsione alternata simmetrica, ovvero la a t ammissibile cresce linearmente con la 0 < m σ . Tirando le somme da tutte queste prove sperimentali, Sines formulò il suo criterio di resistenza, secondo cui il parametro critico è lo sforzo tangenziale ottaedrale relativo alla componente alternata dello sforzo; infatti, il tensore ) (t σ , che rappresenta lo stato di sforzo all’istante di tempo t , si può sempre scomporre nella somma di un tensore costante m σ , che rappresenta la componente media dello sforzo, e di un tensore variabile nel tempo ) (t a σ , che rappresenta la componente alternata dello sforzo: [ ] [ ] ) ( ) ( t t a m σ σ σ + = Lo sforzo tangenziale ottaedrale ( ) ott t è lo sforzo tangenziale sul piano ottaedrale, cioè sul piano ugualmente inclinato rispetto alle tre direzioni principali: Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 18. Quindi, la prima cosa da fare per individuare il parametro critico per il criterio di resistenza di Sines, ovvero lo sforzo tangenziale ottaedrale relativo alla componente alternata dello sforzo ( ) a ott, t , è individuare le tre direzioni principali di ) (t a σ . Se si calcola la media quadratica spaziale degli sforzi tangenziali relativi alle infinite giaciture passanti per un punto, quello che si ottiene è proprio lo sforzo tangenziale ottaedrale; in altre parole, il piano ottaedrale è una giacitura che “media” ciò che succede sulle infinite giaciture passanti per un punto. L’espressione dello sforzo tangenziale ottaedrale relativo alla componente alternata dello sforzo è la seguente: a III a II a III a I a II a I a III a II a I a ott σ σ σ σ σ σ σ σ σ t − − − + + = 2 2 2 , 3 2 Quindi, secondo il criterio di resistenza di Sines, la a ott, t dovrà essere confrontata con un parametro che definisce la capacità di resistenza del materiale; tale parametro si può esprimere, in termini generali, in questo modo: ( ) m III m II m I A σ σ σ α + + − dove A ed α sono due costanti che dipendono dal materiale e che, quindi, dovranno contenere informazioni sul suo limite a fatica. In particolare, notiamo che il termine m III m II m I σ σ σ + + rappresenta il primo invariante del tensore costante m σ , cioè del tensore che rappresenta la componente media dello sforzo; pertanto, questo termine si può calcolare con riferimento ad un qualsiasi sistema di riferimento: m z m y m x m m III m II m I I σ σ σ σ σ σ + + = = + + 1 Visto che nelle sue prove sperimentali Sines aveva notato che:   se m I1 è minore di zero, esso ha un effetto benefico sul limite a fatica del materiale   se m I1 è maggiore di zero, esso ha un effetto penalizzante sul limite a fatica del materiale   se m I1 è uguale a zero, esso non ha alcun effetto sul limite a fatica del materiale il parametro di confronto: ( ) m III m II m I A σ σ σ α + + − tiene conto di questi risultati coerentemente; infatti,  se 0 1 < m I , il limite a fatica del materiale viene aumentato  se 0 1 > m I , il limite a fatica del materiale viene diminuito  se 0 1 = m I , il limite a fatica del materiale resta invariato Dunque, in termini generali, il criterio di resistenza di Sines si scrive in questo modo: m a ott I A 1 , α t − ≤ A questo punto, per determinare le due costanti A ed α , dobbiamo “calibrare” il criterio di resistenza di Sines facendo sul materiale in questione due prove di fatica in regime monoassiale: 1. una prova di trazione (o flessione) con sollecitazione alternata simmetrica Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 19. 2. una prova di trazione (o flessione) con sollecitazione pulsante positiva dallo zero, cioè con sollecitazione pulsante positiva avente il valore medio uguale all’ampiezza Il criterio di resistenza di Sines applicato alla prova di trazione con sollecitazione alternata simmetrica: fornisce il valore della costante A ; infatti, per questa prova abbiamo che:  ) 0 ( 3 2 3 2 0 * , 1 Aa a I a ott m I σ σ t = = = * in condizioni limite e, quindi, in condizioni limite, il criterio di resistenza di Sines fornisce: ⇒ − = m a ott I A 1 , α t A Aa = ) 0 ( 3 2 σ Passiamo alla costante α ; per una prova di trazione con sollecitazione pulsante positiva dallo zero: abbiamo:   ) 0 ( 3 2 3 2 ) 0 ( * , * 1 Pa a I a ott Pa a I m I m I σ σ t σ σ σ = = = = = * in condizioni limite ( ) 0 ( Pa σ è il limite a fatica infinita per una sollecitazione di trazione pulsante positiva dallo zero) e, quindi, in condizioni limite, il criterio di resistenza di Sines fornisce: m Aa m a ott I I A 1 1 , ) 0 ( 3 2 α σ α t − = − = ⇒ − = ) 0 ( ) 0 ( 3 2 ) 0 ( 3 2 Pa Aa Pa σ α σ σ         − = 1 ) 0 ( ) 0 ( 3 2 Pa Aa σ σ α In definitiva, quindi, il criterio di resistenza di Sines diventa: m Pa Aa Aa a III a II a III a I a II a I a III a II a I I1 2 2 2 1 ) 0 ( ) 0 ( 3 2 ) 0 ( 3 2 3 2         − − ≤ − − − + + σ σ σ σ σ σ σ σ σ σ σ σ m Pa Aa Aa a III a II a III a I a II a I a III a II a I I1 2 2 2 1 ) 0 ( ) 0 ( ) 0 (         − − ≤ − − − + + σ σ σ σ σ σ σ σ σ σ σ σ da cui, se definiamo lo sforzo equivalente di Sines, * S a σ , come lo sforzo tangenziale ottaedrale relativo alla componente alternata dello sforzo diviso per 3 2 , si ottiene: Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 20. m Pa Aa Aa a III a II a III a I a II a I a III a II a I S a I1 2 2 2 * 1 ) 0 ( ) 0 ( ) 0 (         − − ≤ − − − + + = σ σ σ σ σ σ σ σ σ σ σ σ σ Introducendo il coefficiente di sicurezza ξ abbiamo la seguente relazione di verifica: m Pa Aa Aa S a I1 * 1 ) 0 ( ) 0 ( ) 0 (         − − ≤ σ σ σ ξσ In realtà, la relazione di verifica può essere scritta in due modi differenti a seconda che la componente media dello sforzo dipenda o meno dai carichi applicati; se m I1 non dipende dai carichi applicati, cioè se m I1 non cresce al crescere dei carichi applicati, in quanto le autotensioni (o tensioni residue), da cui nasce la componente media dello sforzo, sono svincolate dai carichi applicati, la relazione di verifica è quella appena proposta: m Pa Aa Aa S a I1 * 1 ) 0 ( ) 0 ( ) 0 (         − − ≤ σ σ σ ξσ Invece, quando m I1 dipende dai carichi applicati, ovvero quando la componente media dello sforzo cresce proporzionalmente con la componente alternata dello sforzo, la relazione di verifica si scrive in questo modo: m Pa Aa Aa S a I1 * 1 ) 0 ( ) 0 ( ) 0 (         − − ≤ σ σ ξ σ ξσ Nel piano degli sforzi principali a III a I σ σ − il limite a fatica espresso dal criterio di resistenza di Sines è rappresentato da una curva limite ellittica, le cui dimensioni variano in funzione di m I1 , cioè in funzione del primo invariante del tensore che rappresenta la componente media dello sforzo. Dal momento che fa riferimento al piano ottaedrale relativo alla componente alternata dello sforzo ) (t a σ , il criterio di resistenza di Sines è applicabile soltanto quando questo piano abbia un orientamento fisso nel tempo; questa proprietà è goduta da tutti i percorsi di carico proporzionali e da alcuni particolari percorsi di carico non proporzionali, ovvero quelli che conservano fisse nel tempo le direzioni principali della componente alternata dello sforzo ) (t a σ . Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 21. ESERCIZI TRATTI DAL TESTO: “COSTRUZIONE DI MACCHINE” (autori: GIULIO BELLONI e ANTONIETTA LO CONTE) ESERCIZIO 1 Una lastra piana è stata costruita con un laminato di acciaio da costruzione Fe510 avente le seguenti caratteristiche meccaniche:   carico massimo della prova di trazione: 2 Nmm 510 − = R σ   limite di resistenza a fatica alternata assiale con valore medio nullo: 2 Nmm 220 ) 0 ( − = Aa σ In un punto O della lastra piana si realizza il seguente stato di sforzo:      = = − − 2 2 Nmm ) sin( 80 Nmm ) sin( 120 t t y x ω σ ω σ Verificare la condizione di resistenza a fatica illimitata nel punto O supponendo di poter trascurare la frequenza del carico applicato rispetto a quella propria della struttura ed assumendo i seguenti coefficienti: per la finitura superficiale: 80 . 0 2 = b per l’effetto di volume: 95 . 0 3 = b La prima cosa da fare è calcolare il limite a fatica infinita (o illimitata) per una sollecitazione di trazione alternata simmetrica; visto che non sono presenti effetti di intaglio, abbiamo che: 2 3 2 | Nmm 167 220 * 95 . 0 * 80 . 0 ) 0 ( ) 0 ( − = = = Aa Aa b b σ σ Quindi, decidendo di applicare il criterio di resistenza di von Mises, calcoliamo lo sforzo equivalente: 2 2 2 2 2 2 2 a vM . Nmm 106 80 * 120 80 120 − = − + = − + = − + = a y a x a y a x a II a I a II a I eq σ σ σ σ σ σ σ σ σ e, quindi, il coefficiente di sicurezza assume il seguente valore: 58 . 1 106 167 ) 0 ( a vM . | vM = = = eq Aa σ σ ξ corrispondente al rapporto tra i segmenti OP OP| ; si noti come, applicando il criterio di resistenza di Tresca, si ottenga un coefficiente di sicurezza minore: T || | vM OP OP OP OP ξ ξ = > = Se ipotizziamo che gli sforzi x σ e x σ siano in opposizione di fase:      + = = − − 2 2 Nmm ) sin( 80 Nmm ) sin( 120 π ω σ ω σ t t y x si ottiene: Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 22. 2 2 2 2 2 2 2 a vM . Nmm 174 ) 80 ( * 120 80 120 − = − − + = − + = − + = a y a x a y a x a II a I a II a I eq σ σ σ σ σ σ σ σ σ e, quindi, la condizione di sicurezza a fatica: ) 0 ( | a vM . Aa eq σ σ ≤ non sarebbe verificata; infatti, il punto Q, rappresentativo dello stato di sforzo in opposizione di fase, cade oltre la curva limite di von Mises: Vediamo cosa succede se decidiamo di applicare il criterio di resistenza di Tresca: • stato di sforzo in fase:      = = = = = = − − 0 Nmm 80 Nmm 120 2 2 a z a III a y a II a x a I σ σ σ σ σ σ { } ⇒ = = − = −2 a T . Nmm 120 , , max a I a II a I a II a I eq σ σ σ σ σ σ 39 . 1 120 167 ) 0 ( a T . | T = = = eq Aa σ σ ξ • stato di sforzo in opposizione di fase:      = = − = = = = − − 0 Nmm 80 Nmm 120 2 2 a z a III a y a II a x a I σ σ σ σ σ σ { } 2 a T . Nmm 200 , , max − = − = − = a II a I a II a I a II a I eq σ σ σ σ σ σ σ e, quindi, la condizione di sicurezza a fatica, ) 0 ( | a T . Aa eq σ σ ≤ , non sarebbe verificata. ESERCIZIO 2 La lastra piana dell’esercizio precedente è sottoposta nel punto O al seguente stato di sforzo:      + = + = − − 2 2 Nmm ) sin( 30 45 Nmm ) sin( 60 90 t t y x ω σ ω σ Verificare ancora la condizione di resistenza a fatica illimitata nel punto O supponendo di poter trascurare la frequenza del carico applicato rispetto a quella propria della struttura ed assumendo gli stessi coefficienti 2 b e 3 b dell’esercizio precedente. Ovviamente, il limite a fatica infinita (o illimitata) per una sollecitazione di trazione alternata simmetrica è ancora: 2 3 2 | Nmm 167 220 * 95 . 0 * 80 . 0 ) 0 ( ) 0 ( − = = = Aa Aa b b σ σ Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 23. La presenza di una componente media dello sforzo diversa da zero implica la necessità di ricorrere al diagramma di Haigh; in particolare, per poter individuare sul diagramma di Haigh il punto P, rappresentativo dello stato di sforzo in questione, dobbiamo calcolare lo sforzo equivalente, ad esempio di von Mises, sia per le componenti alternate ( ) * vM a σ sia per le componenti medie ( ) * vM m σ : 2 2 2 2 2 2 2 * vM Nmm 52 30 * 60 30 60 − = − + = − + = − + = a y a x a y a x a II a I a II a I a σ σ σ σ σ σ σ σ σ 2 2 2 2 2 2 2 * vM Nmm 78 45 * 90 45 90 − = − + = − + = − + = m y m x m y m x m II m I m II m I m σ σ σ σ σ σ σ σ σ A questo punto, per determinare le coordinate del punto P’, al fine di poter calcolare il coefficiente di sicurezza come rapporto tra segmenti, bisogna intersecare la retta OP di equazione ormai nota: m m m a a σ σ σ σ σ 78 52 * vM * vM = = con la curva limite del diagramma di Haigh relativo al materiale in questione: m m r Aa Aa a σ σ σ σ σ σ 510 167 167 ) 0 ( ) 0 ( | | − = − = Così facendo, si ottiene: 2 | | | Nmm 168 ) P ( ) P ( 510 167 167 ) P ( 78 52 − = ⇒ − = m m m σ σ σ 2 | | Nmm 112 ) P ( 78 52 ) P ( − = = m a σ σ e, quindi, il coefficiente di sicurezza vale: 15 . 2 78 168 BP DP 52 112 AP CP OP OP | | | = = = = = = ξ In realtà, per tener conto del segno della componente media dello sforzo (che per alcuni criteri di resistenza risulterebbe positiva anche se fosse di compressione), è più opportuno calcolare lo sforzo equivalente per le componenti medie come il primo invariante del tensore che rappresenta la componente media dello sforzo; pertanto, abbiamo che: 2 1 * Nmm 135 45 90 − = + = + = + = = m y m x m II m I m m I σ σ σ σ σ e, di conseguenza, nel diagramma di Haigh il punto rappresentativo dello stato di sforzo in questione diventa il punto Q ( ) 2 5 , 135 ≡ . Quindi, procedendo come fatto in precedenza, prima si determinano le coordinate del punto Q’ ( ) 90 , 234 ≡ e poi il coefficiente di sicurezza: Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 24. 73 . 1 135 234 52 90 OQ OQ| = = = = ξ Infine, proviamo ad applicare il criterio di resistenza di Sines; innanzitutto, lo sforzo equivalente di Sines vale: 2 2 2 2 2 2 2 * Nmm 52 30 * 60 30 60 − = − + = − + = − + = a y a x a y a x a II a I a II a I S a σ σ σ σ σ σ σ σ σ e poiché la componente media dello sforzo dipende dai carichi applicati (e non dalle autotensioni), abbiamo che: m Pa Aa S Aa S a S I1 | | | * 1 ) 0 ( ) 0 ( ) 0 (         − − ≤ σ σ ξ σ σ ξ da cui si può ottenere, in condizioni limite, il coefficiente di sicurezza: 58 . 1 135 * 4 . 0 52 167 1 ) 0 ( ) 0 ( ) 0 ( 1 | | * | = + =         − + = m Pa Aa S a Aa S I σ σ σ σ ξ abbiamo assunto il rapporto ) 0 ( ) 0 ( | | Pa Aa σ σ caratteristico del componente in questione pari a 4 . 1 , valore accettabile per molti materiali duttili. ESERCIZIO 3 (pag. 495 - Belloni) Una mensola incastrata, sottoposta al carico variabile ] N [ ) sin( 8000 12000 P t ω + = , è realizzata in acciaio al carbonio bonificato C40 avente le seguenti caratteristiche meccaniche:   carico unitario massimo della prova di trazione: 2 Nmm 700 − = R σ   carico unitario di scostamento dalla proporzionalità allo 0.2%: 2 2 . 0 Nmm 450 − = p σ   limite di resistenza a fatica a flessione con valore medio nullo: 2 Nmm 350 ) 0 ( − = Af σ   limite di resistenza a fatica a torsione con valore medio nullo: 2 Nmm 300 ) 0 ( − = At t La finitura superficiale ha rugosità μm 5 = a R . Verificare la resistenza dell’albero determinando il coefficiente di sicurezza a fatica illimitata. Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 25. La prima cosa da fare è calcolare le azioni interne agenti sulla sezione B-B, ovvero sulla sezione di variazione del diametro, con diametro nominale pari a mm 80 d = , trascurando ogni effetto dovuto alle forze di inerzia, cioè assumendo piccola la frequenza del carico applicato rispetto alla frequenza propria della struttura. • MOMENTO FLETTENTE = bP : valore medio: Nmm 10 x 6 . 3 300 * 12000 6 = = m Mf ampiezza: Nmm 10 x 4 . 2 300 * 8000 6 = = a Mf • MOMENTO TORCENTE = LP : valore medio: Nmm 10 x 4 . 2 200 * 12000 6 = = m Mt ampiezza: Nmm 10 x 6 . 1 200 * 8000 6 = = a Mt A questo punto, possiamo calcolare gli sforzi (normali e tangenziali) massimi che agiscono sulla sezione B-B. • Sforzo normale massimo dovuto al MOMENTO FLETTENTE: a m σ σ σ + = 2 3 6 3 4 mm N 72 80 10 x .6 3 * 32 d 32 2 d 2 d 4 2 d = = =       = = π π π σ m m m m Mf Mf I Mf 2 3 6 3 4 mm N 48 80 10 x .4 2 * 32 d 32 2 d 2 d 4 2 d = = =       = = π π π σ a a a a Mf Mf I Mf • Sforzo tangenziale massimo dovuto al MOMENTO TORCENTE: a m t t t + = Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 26. 2 3 6 3 4 O mm N 24 80 10 x .4 2 * 16 d 16 2 d 2 d 2 2 d = = =       = = π π π t m m m m Mt Mt I Mt 2 3 6 3 4 O mm N 16 80 10 x .6 1 * 16 d 16 2 d 2 d 2 2 d = = =       = = π π π t a a a a Mt Mt I Mt Nella sezione B-B agisce anche un’azione tagliante pari al carico applicato ] N [ ) sin( 8000 12000 P t ω + = ; in base alla formula di Jourawski lo sforzo tangenziale massimo dovuto a questa azione tagliante è diretto verticalmente ed il suo valore è dato dalla seguente espressione: 2 2 2 2 T max mm N 5.3 80 8000 12000 3 16 d P 3 16 2 d P 3 4 = + = =       = π π π t Esso, quindi, si può trascurare rispetto agli altri sforzi massimi che agiscono sulla sezione B-B e comunque la T max t agisce sulla corda D-D della sezione considerata dove gli sforzi normali dovuti al momento flettente sono nulli. Andiamo, ora, a calcolare il limite a fatica infinita (o illimitata) sia per la flessione che per la torsione. Per una sollecitazione di flessione alternata simmetrica abbiamo che: ) 0 ( ) 0 ( F 3 2 | Af f Af K b b σ σ =  coefficiente di finitura superficiale ~ 2 b : ⇒      = = ≈ → = 0.64 700 450 μm 20 μm 5 2 . 0 R p t a R R σ σ 90 . 0 2 = b  coefficiente dimensionale ~ 3 b : Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 27. ⇒ = mm 80 d 75 . 0 3 = b  coefficiente effettivo di intaglio ( F ) a flessione ( f ) ~ F f K : ( ) f f f q K K 1 1 T F − + = , dove il coefficiente di intaglio teorico si determina direttamente dal successivo grafico: 6 . 1 T = f K il fattore di sensibilità all’intaglio si determina applicando la formula di Neuber: 90 . 0 23 . 0 * 05 . 0 1 1 1 1 * = + = + = ξ ρ f q ( ) 05 . 0 Nmm 1190 2 * * = = = − f R σ ρ ρ 23 . 0 80 2 10 2 d 2 r 2 = + = + = ξ Dunque, il coefficiente effettivo di intaglio a flessione vale: ( ) ( ) 54 . 1 90 . 0 1 6 . 1 1 1 1 T F = − + = − + = f f f q K K A questo punto, siamo in grado di calcolare il limite a fatica infinita (o illimitata) per la flessione: 2 F 3 2 | Nmm 153 350 54 . 1 75 . 0 * 90 . 0 ) 0 ( ) 0 ( − = = = Af f Af K b b σ σ Il carico unitario di rottura a flessione, f R σ , si ricava moltiplicando il carico di rottura a trazione, R σ , per il coefficiente di collaborazione pari a 7 . 1 = f R C : 2 Nmm 1190 700 * 7 . 1 − = = = R f R f R C σ σ Costruiamo il diagramma di Haigh; intersecando la retta OP di equazione ormai nota: m a σ σ 72 48 = con la curva limite del diagramma di Haigh relativo al materiale in questione: m m f R Af Af a σ σ σ σ σ σ 1190 153 153 ) 0 ( ) 0 ( | | − = − = si ottengono le coordinate del punto P’: Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 28. 2 | | | Nmm 192 ) P ( ) P ( 1190 153 153 ) P ( 72 48 − = ⇒ − = m m m σ σ σ 2 | | Nmm 128 ) P ( 72 48 ) P ( − = = m a σ σ Passiamo alla torsione; per una sollecitazione di torsione alternata simmetrica abbiamo che: ) 0 ( ) 0 ( F 3 2 | At t At K b b t t = dove, in mancanza di dati sperimentali, si assumono il coefficiente di finitura superficiale 90 . 0 2 = b ed il coefficiente dimensionale 75 . 0 3 = b ; il coefficiente effettivo (F) di intaglio a torsione (t), F t K , è dato dalla seguente relazione: ( ) t t t q K K 1 1 T F − + = , dove il coefficiente di intaglio teorico si determina direttamente dal successivo grafico: 3 . 1 T = t K ( )  ( ) 27 . 1 90 . 0 1 3 . 1 1 1 1 * T F = − + = − + = t t t q K K * abbiamo assunto 90 . 0 = = f t q q A questo punto, siamo in grado di calcolare il limite a fatica infinita (o illimitata) per la torsione: 2 F 3 2 | Nmm 159 300 27 . 1 75 . 0 * 90 . 0 ) 0 ( ) 0 ( − = = = At t At K b b t t Il carico unitario di rottura a torsione, t R t , si ricava moltiplicando il carico di rottura a trazione, R σ , per il coefficiente di collaborazione pari a 77 . 0 = t R C : 2 Nmm 539 700 * 77 . 0 − = = = R t R t R C σ t Costruiamo il diagramma di Haigh; intersecando la retta OQ di equazione ormai nota: Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 29. m a t t 24 16 = con la curva limite del diagramma di Haigh relativo al materiale in questione: m m t R At At a t t t t t t 539 159 159 ) 0 ( ) 0 ( | | − = − = si ottengono le coordinate del punto Q’: 2 | | | Nmm 165 ) Q ( ) Q ( 539 159 159 ) Q ( 24 16 − = ⇒ − = m m m t t t 2 | | Nmm 110 ) Q ( 24 16 ) Q ( − = = m a t t Trattandosi di un albero possiamo applicare il criterio di resistenza di Gough-Pollard; in particolare, ritenendo uguali i coefficienti di sicurezza a flessione e a torsione ξ ξ ξ = = t f : 1 2 2 <         +         D a D a t t σ σ 1 ) Q ( ) P ( 2 | 2 | <         +         a a a a t t σ σ calcoliamo lo sforzo equivalente di Gough-Pollard: 2 2 2 2 2 2 | | 2 * Nmm 51 16 110 128 48 ) Q ( ) P ( − =       + =         + = a a a a GP a t t σ σ σ e, quindi, il coefficiente di sicurezza vale: 51 . 2 51 128 ) P ( OA OB * | = = = = GP a a σ σ ξ Vediamo, ora, cosa si ottiene operando con il diagramma di Smith; in questo caso la prima cosa da fare è calcolare i valori massimi che si raggiungono durante il ciclo • lo sforzo normale dovuto al momento flettente: 2 max Nmm 120 48 72 − = + = + = a m σ σ σ • lo sforzo tangenziale dovuto al momento torcente: 2 max Nmm 40 16 24 − = + = + = a m t t t Quindi, riportiamo sul diagramma di Smith relativo alla flessione il punto P che rappresenta lo stato di sforzo applicato in termini di sforzo massimo 2 max Nmm 120 − = σ e sforzo medio 2 Nmm 72 − = m σ : Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 30. Intersecando la retta OP di equazione: m σ σ 72 120 max = con la curva limite di equazione: m m f R Af f R Af σ σ σ σ σ σ σ 1190 153 1190 153 ) 0 ( ) 0 ( | | max − + = − + = si possono ottenere le coordinate del punto P’: ⇒ − + = ) P ( 1190 153 1190 153 ) P ( 72 120 | | m m σ σ 2 | Nmm 192 ) P ( − = m σ 2 ' ' max lim Nmm 320 192 72 120 ) P ( 72 120 ) P ( − = = = = m σ σ σ Procedendo in maniera analoga per la torsione: si possono ottenere le coordinate del punto Q’: ⇒ − + = ) Q ( 539 159 539 159 ) Q ( 24 40 | | m m t t 2 | Nmm 165 ) Q ( − = m t 2 ' ' max lim Nmm 275 165 24 40 ) Q ( 24 40 ) Q ( − = = = = m t t t A questo punto, riapplichiamo il criterio di Gough-Pollard calcolando lo sforzo equivalente: Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 31. 2 2 2 2 2 max 2 lim lim 2 max * max Nmm 129 40 275 320 120 − =       + =         + = t t σ σ σ GP e, quindi, il coefficiente di sicurezza: 48 . 2 129 320 * max lim | = = = GP σ σ ξ Vediamo cosa succede se il momento torcente applicato è costante e pari al valore massimo: Nmm 10 x 0 . 4 10 x 6 . 1 10 x 4 . 2 6 6 6 max = + = + = = a m COST Mt Mt Mt Mt Innanzitutto, lo sforzo tangenziale massimo dovuto al momento torcente COST Mt vale: 2 3 6 3 4 O mm N 40 80 10 x 4.0 * 16 d 16 2 d 2 d 2 2 d = = =       = = π π π t COST COST COST COST Mt Mt I Mt Per questa sollecitazione tangenziale, essendo statica, la condizione limite è data dalla rottura ( ) 2 Nmm 539 − = t R t ; pertanto, il criterio di Gough-Pollard si può scrivere come segue: 1 2 2 <         +         t R COST D a t t σ σ Calcoliamo lo sforzo equivalente di Gough-Pollard: 2 2 2 2 2 2 2 * Nmm 49 40 539 128 48 − =       + =         + = COST t R D a GP a t t σ σ σ e, quindi, il coefficiente di sicurezza vale: 61 . 2 49 128 * = = = GP a D σ σ ξ Analogamente, operando con gli sforzi (normale e tangenziale) massimi applicati, abbiamo che: • 2 max Nmm 120 48 72 − = + = + = a m σ σ σ 2 lim Nmm 320 − = σ • 2 max Nmm 40 − = = COST t t 2 lim Nmm 539 − = = t R t t A questo punto, riapplichiamo il criterio di Gough-Pollard calcolando lo sforzo equivalente: 2 2 2 2 2 max 2 lim lim 2 max * max Nmm 122 40 539 320 120 − =       + =         + = t t σ σ σ GP e, quindi, il coefficiente di sicurezza: 62 . 2 122 320 * max lim | = = = GP σ σ ξ A questo punto, non ci resta che fare una verifica a deformazione massima della mensola. In particolare, applicando la teoria di von Mises, calcoliamo lo sforzo medio equivalente e lo sforzo alternato equivalente: Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 32.          = + =         + = = + =         + = ⇒ = − − 2 2 2 2 2 2 * 2 2 2 2 2 2 * Nmm 55 16 * 3 48 Nmm 3 8 24 * 3 72 3 a sn sn a GP a m sn sn m GP m sn sn t t σ σ σ t t σ σ σ t σ Pertanto, lo sforzo massimo equivalente vale: 2 * * * max Nmm 138 55 83 − = + = + = GP a GP m GP σ σ σ e, quindi, il coefficiente di sicurezza a deformazione: 26 . 3 138 450 * max 2 . 0 = = = GP p sta σ σ ξ ESERCIZIO 4 Il mantello di un recipiente in pressione ha diametro interno pari a mm 1000 = D e spessore mm 40 = s . Esso è realizzato con un acciaio avente: 2 Nmm 550 − = R σ , 2 2 . 0 Nmm 330 − = p σ e 2 Nmm 200 ) 0 ( − = Aa σ . Visto che la rugosità della superficie è μm 0 1 = a R , calcolare il coefficiente di sicurezza nel caso in cui la pressione interna al recipiente vari ciclicamente tra 0 e 2 Nmm 10 : ( ) ( ) ] Nmm [ sin 5 5 sin ) ( 2 − + = + = t t p p t p a m ω ω Il recipiente in pressione è in parete sottile; infatti, 10 1 5 . 12 1 2 / < = D s . In assenza di effetti locali, gli sforzi normali tangenziali ( θ σ ), assiali ( a σ ) e radiali ( r σ ) sono sforzi principali; quindi, nel punto più sollecitato (cioè, in ogni punto appartenente alla superficie interna del recipiente in pressione) l’andamento temporale degli sforzi principali assume la seguente forma: ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )          − − = + = − − = − = + = + = + = = + = + = + = = − − − ] Nmm [ sin 5 5 sin sin ) ( ) ( ] Nmm [ sin 25 . 31 25 . 31 sin sin 2 2 / 2 2 / 2 2 / ) ( ) ( ] Nmm [ sin 5 . 62 5 . 62 sin sin 2 / 2 / 2 / ) ( ) ( 2 2 2 t t t p p t p t t t t s D p s D p s D t p t t t t s D p s D p s D t p t a r m r a m r a a m a a m a a m a m ω ω σ σ ω σ ω ω σ σ ω σ ω ω σ σ ω σ θ θ θ Come si nota anche dal grafico, lo sforzo radiale ) (t r σ è in opposizione di fase rispetto alla pressione interna e, quindi, rispetto agli altri due sforzi principali (che, invece, sono in fase con la pressione interna); infatti, lo sforzo radiale raggiunge il proprio massimo quando lo sforzo tangenziale ) (t θ σ e lo sforzo assiale ) (t a σ raggiungono il loro minimo, e viceversa. Applichiamo il criterio di Sines, calcolando lo sforzo equivalente di Sines: Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 33. = − − − + + = a III a II a III a I a II a I a III a II a I S a 2 2 2 * σ σ σ σ σ σ σ σ σ σ = − − − + + r a a a r a a a a a r a a a a σ σ σ σ σ σ σ σ σ θ θ θ 2 2 2 2 2 2 2 Nmm 58.5 ) 5 ( * 25 . 31 ) 5 ( * 5 . 62 25 . 31 * 5 . 62 ) 5 ( 25 . 31 5 . 62 − = − − − − − − + + ed il primo invariante del tensore che rappresenta la componente media dello sforzo: 2 1 Nmm 75 . 88 5 25 . 31 5 . 62 − = − + = + + = + + = m r m a m m III m II m I m I σ σ σ σ σ σ θ A questo punto, calcoliamo il limite a fatica infinita (o illimitata) per una sollecitazione di trazione alternata simmetrica; visto che non sono presenti effetti di intaglio, abbiamo che: 2 2 | Nmm 180 200 * 9 . 0 ) 0 ( ) 0 ( − = = = Aa Aa b σ σ Il coefficiente di finitura superficiale ( 2 b ) si ricava da relativa tabella, in funzione della rugosità fondo-cresta Rt, che a sua volta si assume variabile da 4 a 6 volte (in base alla forma del profilo) la rugosità attuale Ra, e in funzione del rapporto tra R p σ σ 2 . 0 : ⇒      = = ≈ → = 0.6 550 330 μm 40 μm 0 1 2 . 0 R p t a R R σ σ 90 . 0 2 = b In questo caso non è noto a priori il limite a fatica infinita per una sollecitazione di trazione pulsante positiva dallo zero, ) 0 ( Pa σ ; quindi, in modo approssimato, possiamo assumere valido il seguente rapporto 4 . 1 ) 0 ( ) 0 ( | | = Pa Aa σ σ . Poiché la componente media dello sforzo dipende dai carichi applicati (e non dalle autotensioni), abbiamo che: m Pa Aa S Aa S a S I1 | | | * 1 ) 0 ( ) 0 ( ) 0 (         − − ≤ σ σ ξ σ σ ξ da cui si può ottenere, in condizioni limite, il coefficiente di sicurezza: 1.9 75 . 88 * 4 . 0 5 . 58 180 1 ) 0 ( ) 0 ( ) 0 ( 1 | | * | = + =         − + = m Pa Aa S a Aa S I σ σ σ σ ξ Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 34. Infine, per fare una verifica alle deformazioni massime, applichiamo la teoria di von Mises; innanzitutto, determiniamo il valore massimo raggiunto dagli sforzi (tangenziale, assiale e radiale) principali:      − = − − = + = = + = + = = + = + = − − − 2 max 2 max 2 max Nmm 10 5 5 Nmm 5 . 62 25 . 31 25 . 31 Nmm 125 5 . 62 5 . 62 a r m r r a a m a a a m σ σ σ σ σ σ σ σ σ θ θ θ e, quindi, lo sforzo equivalente di von Mises vale: = − − − + + = III II III I II I III II I σ σ σ σ σ σ σ σ σ σ 2 2 2 * vM = − − − + + = max max max max max max 2 max 2 max 2 max r a r a r a σ σ σ σ σ σ σ σ σ θ θ θ 2 2 2 2 Nmm 117 ) 10 ( 5 . 62 ) 10 ( * 125 5 . 62 * 125 ) 10 ( 5 . 62 125 − = − − − − − − + + = Pertanto, possiamo calcolare il coefficiente di sicurezza a deformazione: 82 . 2 117 330 * vM 2 . 0 = = = σ σ ξ p sta Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 35. Percorsi di carico non proporzionali Un esempio di percorso di carico non proporzionale è dato dalla combinazione di un momento flettente e di un momento torcente variabili entrambi con legge sinusoidale, aventi la stessa frequenza, ma caratterizzati da uno sfasamento relativo pari a δ : [ ]           − − = 0 0 0 0 0 ) sin( 0 ) sin( ) sin( ) ( δ ω t δ ω t ω σ σ t t t t a yx a xy a xx Rappresentiamo lo stato di sforzo all’istante di tempo A t : Ovviamente, poiché l’unico sforzo presente è lo sforzo normale a xx σ , all’istante di tempo A t l’angolo θ , che nella circonferenza di Mohr individua l’inclinazione della giacitura caratterizzata dallo stato di sforzo applicato A ( ) 0 , a xx σ ≡ rispetto alla direzione principale I , è pari a zero. Rappresentiamo, ora, lo stato di sforzo all’istante di tempo A B t t > caratterizzato dalla seguente condizione: σ t σ = = ) ( ) ( B B t t xy xx Come si può osservare dalla circonferenza di Mohr, all’istante di tempo A B t t > l’angolo θ è diverso da zero; questo vuol dire che, per questo particolare stato di sforzo, le direzioni principali non sono fisse nel tempo. Quindi, per questo particolare stato di sforzo, il percorso di carico è non proporzionale; esso, infatti, non è rappresentato da un segmento appartenente ad una retta passante per l’origine, bensì da un’ellisse. Ora, vediamo l’esempio di un percorso di carico non proporzionale per il quale, però, le direzioni principali rimangono comunque fisse nel tempo; consideriamo due diversi stati di sforzo:      − = − = = ) 2 sin( 2 ) 2 sin( ) sin( π ω σ π ω t t ω σ σ t t t a xx a xy xy a xx xx Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 36.      + − = + = + = + = ) sin( 2 2 ) sin( ) sin( 2 2 ) sin( t t t t a xx a xx a yy m yy yy a xx a xx a xx m xx xx ω σ σ ω σ σ σ ω σ σ ω σ σ σ   Concentriamoci dapprima sul CASO A. La prima cosa da fare è riportare l’evoluzione temporale dello stato di sforzo: Quindi, per poter ricostruire l’andamento nel tempo degli sforzi principali, I σ e II σ , dobbiamo considerare la circonferenza di Mohr nei quattro istanti di tempo che abbiamo evidenziato: Infine, per vedere come variano nel tempo le direzioni principali, scegliamo come riferimento l’asse y. All’istante di tempo 1 la direzione principale I coincide con l’asse x, quindi, l’angolo relativo all’asse y è pari a 2 π ; all’istante di tempo 2 la giacitura principale I ruota di ° 45 e, quindi, l’angolo relativo all’asse y è pari a 4 π ; all’istante di tempo 3 l’angolo relativo all’asse y è nullo perché la direzione principale I coincide proprio con l’asse y; infine, Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025
  • 37. all’istante di tempo 4 la giacitura principale I ruota di ° = ° + ° 135 45 90 rispetto al riferimento e, quindi, l’angolo relativo è pari a 4 π − . È evidente, dunque, che c’è una variazione nel tempo delle direzioni principali; quindi, possiamo dire che nel CASO A lo stato di sforzo è caratterizzato da un percorso di carico non proporzionale al quale si accompagna la variazione nel tempo delle direzioni principali.   Passiamo al CASO B. Poiché lo sforzo tangenziale è identicamente nullo, gli sforzi normali xx σ e yy σ sono gli sforzi principali I σ e II σ ; quindi, l’evoluzione temporale di xx σ e yy σ coincide con l’evoluzione temporale di I σ e II σ : Dunque, si può constatare come nei due casi presi in considerazione gli sforzi principali I σ e II σ abbiano lo stesso andamento del tempo; tuttavia, mentre nel CASO A le direzioni principali variano nel tempo, nel CASO B le direzioni principali restano fisse. Inoltre, si può dimostrare come, per il solo fatto che le direzioni principali siano variabili nel tempo, si venga a produrre un limite di fatica del materiale inferiore rispetto al caso in cui le direzioni principali restano fisse; per questo motivo è fondamentale tener conto dello sfasamento esistente tra gli sforzi applicati; infatti, se essi sono costantemente in fase, allora le direzioni principali resteranno fisse, altrimenti saranno variabili nel tempo e, come detto, produrranno una variazione del limite di fatica del materiale. Heruntergeladen durch Ippolito Gualdi (igualdi@hotmail.com) lOMoARcPSD|1977025