1. Gli allevamenti stanno distruggendo la Terra, ve lo dico terra-terra!
Parliamoci chiaro: perché scegliere di non mangiar carne non è solo una questione animalista
Diversamente dal solito, userò per questo articolo un linguaggio molto diretto per parlarvi di un
problema estremamente urgente che non necessita di austere locuzioni né di tecnicismi scientifici.
Dobbiamo capirci da uomo a uomo, non da scienziato a lettore, per evitare le ipocrite scuse di chi
poi ci dirà: “Veramente? Non lo sapevo!”.
Non mangio carne (neanche pesce), non bevo latte (se non vegetale) e cerco di consumare uova e
formaggi solo se biologici e con estrema moderazione. A questo incipit in molti mi porrebbero
almeno tre domande fondamentali. La prima è: cos’altro ti resta da mangiare? La seconda: sei
animalista? Segue la terza: quindi sei vegetariano o semi-vegano?
Le risposte, in sequenza, sarebbero: moltissimo e con più gusto; preferirei definirmi ecologico; più
che altro cerco di essere sostenibile.
Per ognuna di queste risposte sarebbe possibile scrivere saggi interi, ma qui mi limiterò a spiegare il
perché scegliere di non mangiar carne non è una mera questione animalista.
È noto a molti che l’allevamento degli animali per la produzione globalizzata di carne, oltre a
distruggere le foreste per lasciar posto ai pascoli, produce un notevole inquinamento dovuto al
trasporto della carne, all’utilizzo di antibiotici e all’inquinamento del suolo. Ciò che è meno
risaputo è che la produzione di carne d’allevamento immettere in atmosfera una quantità di gas
climalteranti (cioè che alterano il clima del nostro pianeta molto più velocemente del normale)
superiore a qualunque altra attività umana (come trasporti, riscaldamento domestico, industria,
agricoltura, etc.) e causa un’enorme perdita di risorse alimentari vegetali che potrebbero essere
destinate a sfamare molte più esseri umani di quanto accade oggi.
Quindi, al di là che vi dispiaccia (e dovrebbe, in
quanto esseri dotati di coscienza e morale) o meno
(e significa che non avete mai visitato un
allevamento intensivo o un macello, ma provvederò
a darvene un assaggio tra poco), il problema degli
allevamenti non è solo una “fissazione animalista”.
Sia che a) amiate gli animali; b) vi preoccupiate per
il vostro pianeta; e c) siate almeno un po’ depressi
quando in TV vi mostrano bambini denutriti (quindi
tenete per lo meno ai vostri simili), avete tre buoni
motivi per considerare gli allevamenti il vostro
nemico numero uno e iniziare a ridurre il consumo
di carne (e pesce, ma di questo ne ho già parlato in
precedenza: https://www.vglobale.it/2018/05/26/la-
speranza-che-vien-dal-mare/).
Ho evitato, fin qui, di fornire numeri e percentuali
per mandare un messaggio diretto non a chi già sa,
ma a chi è neofita (per quanto lo si possa essere
nell’era di internet) sulla questione. So già, però, che
questo argomento suscita sempre rivolte
“impopolari”, prevalentemente sostenute dalle lobby
o dagli scienziati attaccati al loro portafoglio o dagli
scemi che vivono nel web.
Pertanto, per sgombrare il campo da qualunque
attacco, sarò costretto a fornire qualche cifra per
supportare la mia boutade di cui sopra.
Iniziamo dal motivo numero tre che dovrebbe farci aborrire dal mangiar carne: la possibilità di
sfamare più bocche. Se, infatti, osservate la produzione di energia (grezza) e il numero di persone
che è possibile nutrire con un ettaro di terra da cui si producono cibi di origine vegetale o animale
(Figura 1), vi rendete subito conto che il problema della denutrizione sarebbe presto risolto. Certo,
2. c’è la questione dell’ineguale distribuzione delle risorse, ma chi l’ha detto che il nostro pianeta può
sostenere senza problemi 6-9 miliardi di esseri umani? Può farlo solo a discapito delle altre specie,
depredando gli oceani e tagliando la maggior parte delle foreste. Oppure, diventa necessario
mangiare a livelli più bassi della catena alimentare per risparmiare risorse e ridurre le aree coltivate.
Sembrerà assurdo a tanti, ma mangiando alimenti di origine vegetale è possibile sfamare altre 9
persone oltre noi stessi. Se, invece, ci abbuffiamo di carne, latte e derivati (soprattutto bovini)
mangiamo noi e… Nessun altro. Questo per una legge ecologica che in molti dimenticano di
ribadire:
più si sale in alto lungo la piramide alimentare
(Figura 2) ovvero, più si consumano specie
appartenenti alla categoria dei “consumatori”
(primari, secondari o terziari che siano; noi uomini
mangiamo prevalentemente i primari – si veda
Figura 3), maggiore è la perdita di risorse. Salendo,
ad ogni livello della piramide alimentare ecologica,
si perde circa il 90% dell’energia. Così, ad
esempio, se un ettaro di terra coltivata a grano è in
grado di sfamare 10 persone che mangiano pasta, lo
stesso ettaro di terra coltivato con un altro cereale
destinato, invece, all’alimentazione del bestiame è
in grado di sfamare solo una persona che mangia carne.
Da un punto di vista ecologico, appare chiaro che quell’ettaro di terra coperto di vegetali da 1000 kg
di biomassa sfama 100 kg di erbivori (se possiamo immaginarli in peso e non in individui), 10 di
carnivori e solo 1 di super-carnivoro. Ecco, perché quando consumiamo il tonno o il pesce spada
che già sono superpredatori ai vertici della catena alimentare marina, stiamo consumando le risorse
che permetterebbero ad altre 9 persone di mangiare acciughe o aringhe e ad altre 100 di alimentarsi
di alghe. L’esempio con le alghe, però, non soddisfa i palati di molti… Lo so.
Nei campi coltivati, però, crescono così tante varietà di piante (ben più saporite di molte alghe) in
grado di darci tutte le proteine, le vitamine, i sali minerali, i grassi e, associate a qualche uovo di
tanto in tanto (magari fatela crescere in giardino la vostra gallina se nemmeno quelle biologiche
rinfrancano la vostra coscienza animalista), anche la osannata B12 (motivo per cui si fa terrorismo
pseudoscientifico contro i vegani).
E, a proposito, smettiamola una volta per
tutte di assumere omega 3 dall’olio di pesce,
una moda che sta devastando il mare, e
fermiamoci a riflettere sul fatto che se
servono 100 kg di scarti di pesce per produrre
1 ml di olio, ma bastano 10 kg di semi di lino
per produrne 100 ml con lo stesso
quantitativo di omega 3.
Questo divagate ci riporta al secondo motivo
per ridurre il consumo di carne e il numero di
allevamenti: dovremmo tenere di più al
nostro pianeta. Perché, dopo aver permesso ad altre 9 persone di mangiare, avendo consumato un
pasto prevalentemente o del tutto vegetale (un’azione ben più significativa di una donazione a una
qualunque associazione che ci “promette” di sfamare i poveri), forse riusciremo a fare un salto di
coscienza al livello superiore della piramide morale, questa volta, e inizieremo a pensare che la
produzione di un solo hamburger è in grado di eliminare 5 metri quadrati di foresta (Figura 4).
Ebbene sì, perché per coltivare quel frumento o quella soia che finirà in pasto non a un essere
umano ma a un’enorme mucca da carne serve spazio e lo spazio sulla Terra è limitato, per questo
bisogna tagliare le foreste. Per tale ragione, sostenevo prima, che mangiando carne il pianeta NON
sarà in grado di sostenere a lungo 6-9 miliardi di esseri umani. Di cui, tra l’altro, più della metà vive
in paesi in via di sviluppo e sovrappopolati dove si consuma carne anche a colazione!
3. Non ce la faremo e lo stiamo già vedendo. In più, le emissioni di gas a effetto serra,
prevalentemente di metano (che non escono
dall’ano, per farla in rima, al contrario di quello
che molti credono, ma dalle eruttazioni dei bovini
che fermentano nello stomaco e non
nell’intestino), provenienti dagli allevamenti,
rendono davvero ridicoli i moniti di quegli
ambientalisti mangiatori indifferenti di carne che,
però, a casa spengono la lucina rossa perché
inquina o mettono le lampadine al led a basso
consumo. Poi però, sotto una tiepida luce a basso
consumo e con la TV sempre spenta, mangiano
una bella bistecca 3-4 volte a settimana e vanificano tutto quanto!
E ora, finalmente, tutto questo ragionamento ci porta al motivo numero uno (forse non per
importanza, ma per decenza) per scegliere di alimentarsi in maniera vegetariana (o, almeno, ridurre
al minimo il consumo di carne, latte e derivati) evitando tutto quanto detto sopra, ma anche tutto
quanto (scusate ma non possiamo più permetterci di essere ciechi, se volete chiudete gli occhi ma
non la vostra coscienza) vi mostro in quest’ultima immagine, senza bisogno di didascalie e
spiegazioni.
Roberto Cazzolla Gatti, PhD
Biologo ambientale ed evolutivo
Professore associato presso la Tomsk State University, Russia
Ricercatore associato presso la Purdue University, USA