PER ME È DIFFICILE ESSERE ITALIANO … MA NON CI RINUNCIO
1. Estratto dal sito
www.ilfuturomigliore.org
PER ME È DIFFICILE ESSERE ITALIANO …
MA NON CI RINUNCIO
sergio benassai
Perché è difficile, per me, essere italiano ?
Non perché non mi sento rappresentato da questo governo, da questo parlamento, dalle istituzioni,
dai potentati economici e finanziari (che sono il vero, ma occulto, governo).
No, non è per questo (anche se, è vero, non mi sento rappresentato) o solo per questo.
Per me è difficile essere italiano perché non sono d’accordo con la (stra)grande maggioranza delle
persone italiane.
Non sono d’accordo con chi ritiene che la colpa sia della classe politica (le ultime rilevazioni
statistiche indicano una fiducia nei partiti politici intorno al 5%): ma chi è che ha votato questa
classe politica ?
Non sono d’accordo con chi ritiene che si debbano abbassare le tasse (vedi l’entusiasmo per la
prevista abolizione della TASI), ma poi vuole la sanità pubblica, la scuola pubblica, i mezzi di
trasporto pubblici, e così via (con quali soldi ?).
Non sono d’accordo con chi rivendica (giustamente) i propri diritti, ma si dimentica di avere anche
dei doveri.
Non sono d’accordo con chi se la prende con gli evasori fiscali, ma poi paga in nero la
collaboratrice domestica e l’artigiano che sistema gli impianti di casa.
Non sono d’accordo con chi si lamenta per l’inquinamento, ma poi accompagna i figli a scuola col
SUV e lo parcheggia in seconda fila.
Potrei continuare a lungo con questo elenco, ma credo di aver reso l’idea.
Con queste (e altre possibili) elencazioni tuttavia ho messo in evidenza solo gli aspetti più
appariscenti e di immediata comprensione.
Ma intanto devo sottolineare che non ci si rende conto che quanto sopra detto si può applicare a
persone di ogni categoria, classe sociale, professione.
Non ci si può quindi meravigliare (anche se è più che giusto indignarsi) se scopriamo che non solo
politici, ma anche magistrati, amministratori, religiosi, insegnanti, impiegati, giornalisti, ecc., si
comportano male. Come dice l’ovvia constatazione: “tutto il mondo è paese”.
E’ poi necessario, sempre secondo me, prendere atto che molte ( se non tutte) le vicissitudini che
viviamo non sono certo una novità, se guardiamo alla storia.
2. Limitandoci alla nostra Italia, basta ricordare le amare considerazioni di Dante e Petrarca, di
Leopardi e di Croce, per ritrovare analoghe considerazioni.
Nessuna speranza allora ?
Dipende.
Dipende dalla prospettiva che ci diamo.
Vogliamo ( ma lo vogliamo veramente ?) un mondo diverso ?
Se sì … allora .. abbiamo il dovere di:
a) esplicitare (prima a noi stessi e poi alle/gli altre/i) che tipo di società vorremmo. Ad esempio:
stato sociale (e quindi tasse “pesanti”) invece che competizione (chi è più brava/o va più avanti: da
chiarire cosa vuol dire più brava/o); una visione globale (aiuto ai paesi meno sviluppati, libertà di
immigrazione, ecc.) invece di recinto nazionale (o, al massimo comunitario)
b) individuare le azioni necessarie per puntare ad arrivare a quel tipo di società. Il che significa
avere quell’obiettivo, ma, avendo coscienza delle forze che si oppongono, definire un percorso
graduale, accettando anche eventuali, necessari compromessi
c) comportarsi coerentemente con l’obiettivo anche nella vita quotidiana (non c’è niente di peggio
di chi “predica bene e razzola male”)
Io credo che, nel fondo di molte/i italiane/i ( e di tutte le persone del mondo) ci sia un’aspirazione
ad un’Italia (e un mondo) migliore: solo che questa aspirazione è sovrastata dal quotidiano.
Ma sta ad ognuna/o di noi cercare di non dimenticare, in ogni momento, che siamo anche figlie/i
della rivoluzione francese e della sua aspirazione ad essere non solo libere/i (liberté), ma anche ad
avere gli stessi diritti, compresi quelli ad una vita più che dignitosa (egalité), e ad essere di aiuto a
chi ne ha bisogno (fraternité).
Per questo non rinuncio ad essere italiano (anche se in realtà vorrei essere solo un cittadino del
mondo).