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Sabbie immobili
Ero bravo a scuola. Pensavo di poter continuare a conoscere, sapere, soddisfare la mia insaziabile
curiosità, ma molto spesso succede che sulle proprie spalle, oltre a quella personale, si debba portare
anche la responsabilità dei propri cari, la responsabilità del loro benessere e, se ci si riesce, della loro
felicità.
Lavoravo presso la cava. Fu dura appena arrivato: i riti di iniziazione autorizzavano i miei "compagni" a
deridermi, picchiarmi e insultarmi, almeno fino a quando non mi sarei completamente integrato.
Sul lavoro accade come quando si è bambini: chi non è bravo a saltare la corda per cinque minuti di fila,
viene escluso.
All'epoca credevo d'essere investito di una forza sovrumana, di non temere nulla, di avere nel corpo quasi
più coraggio che sangue. Ora invece, anche se così fosse, non mi servirebbe: lo donerei quel sangue o lo
venderei piuttosto, piuttosto che vederlo marcire su questa sedia a rotelle assieme a me!
23 luglio 2009.
Ritorno indietro, anche se la volontà è restia: un tuffo immaginario nel passato, un tuffo reale, come il
mio, nella sabbia.
Quando gli autoconvincimenti non bastano, affoghi in una tazza di caffè la consapevolezza di dover
passare otto ore in un luogo lugubre.
Questa era la mia colazione, tanto mi sarei riscattato a pranzo, con il mega panino preparato da mamma.
Svicolo sempre dalla strada maestra della verità, raccontandovi aneddoti inutili sulla mia vita, ma la realtà
è un'altra: avevo sedici anni e, anzichè rincorrere la vita, rincorrevo la speranza di avere uno stipendio a
fine mese.
Vi stavo raccontando del pranzo, vero? Avevo mantenuto l'abitudine di leggere, ogni sera, qualche
romanzetto o racconto che riuscivo a comperare con i risparmi della settimana al mercatino dell'usato,
dove i libri te li gettano addosso pur di toglierseli di torno.
Il mio racconto preferito era quello che parlava di quel ragazzetto, Malpelo.
Ma Verga è stato un po' vigliacco, ammettiamolo! Ha lasciato tutti col fiato sospeso dicendo che il povero
ragazzo scomparve tra la sabbia... io no, tra la sabbia non ci sono rimasto, perché sono ancora qui a
scontare la mia condanna su una sedia a rotelle.
Penso ogni giorno se ne valga davvero la pensa, se valga davvero la pena guardarsi vivere, guardar vivere
gli altri.
Io con la mia paralisi ormai lavoro solo di pensieri, di discorsi interiori, di monologhi senza fine, senza
risposte.
Non ho più niente. Non un lavoro, non una moglie, non dei figli, non ho più la mobilità né delle gambe né
delle braccia, non riesco ad aprir bocca, non riesco a pettinarmi i capelli, non riesco ad accarezzare mia
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madre.
Sono un vegetale e vedo me stesso consumarsi giorno dopo giorno, perché la solitudine mi sta divorando.
Con la mente sono ancora lì: mi vedo morire sotto l'ammasso di pietre che mi hanno travolto.
Certi momenti non puoi e non sai scordarli: non ti scordi il momento in cui con una mano sei aggrappato
alla speranza di sopravvivere e con l'altra vieni tirato giù dalla morte.
Neanche una tragedia come la mia ha cambiato la coscienza delle persone, dei nostri datori di lavoro, di
quei signorotti il cui unico sacrificio è quello di dover vuotare le tasche e contare gli spiccioli ottenuti in
giornata, guadagnati con il nostro sudore.
Non ho smesso un solo istante di pregare da quando sono venuto fuori da lì e, se sono ancora vivo, credo
sia anche per questo.
Non rimprovero a Dio il fatto d'avermi messo a sedere, a guardare gli altri agire mentre io prendo polvere
come uno scatolone in soffitta.
Finiamo tutti, chi prima chi poi, a fare i conti con la vita, ed io quando sarò di fronte alla grande Verità,
mi chiederò se davvero ho meritato questo dono, mi chiederò se sono stato in grado di custodirlo.
Forse non ho fatto il meglio, forse ho passato troppo tempo a piangermi addosso, forse non ho preso
coraggio, forse Dio non mi perdonerà mai per questo.
Però una cosa è certa. Se mi chiedessero: "Ne vale la pena?" saprei cosa rispondere.
"Sì", direi mille volte, con la forza del pensiero e con la poca che mi resta per muovere il capo.
"Per questa vita vale la pena sopportare il peso della mia situazione, il peso della mia cava, il peso della
mia sabbia".