1. Sebastiano Mangano
Tamar, la principessa violata
O Eterno, mi si fa violenza; sii tu il mio garante.
(Isaia 38:14)
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Introduzione
Questa introduzione spiega le ragioni ed in qualche modo anticipa, sia
pure sinteticamente, le riflessioni contenute in “Tamar, la principessa
violata”… Un soggetto difficile, certo, apparentemente controverso,
all’interno del quale quel che può essere rappresentato come “bisogno
d’amore” è in realtà una spietata violenza sessuale e, successivamente,
in altro contesto della stessa vicenda, quel che può essere letta come
una brutale violenza omicida è in realtà “giustizia” ….! Perché questo
accade? Perché moltissime mentalità “moderne”, che si sono alimentate
di becero ateismo o di pseudo-religiosità (talvolta, addirittura, parados-
salmente, di tutte e due le cose insieme), hanno infine aderito pigramente
al “comune sentire”, ed in tal modo si sono allontanate anni luce dalla
Verità, autorevolmente rivelata dalle Sacre Scritture. La Bibbia, infatti,
ben lungi dal “ricercare” il plauso generale o l’adesione delle folle,
racconta, spiega e sancisce quel che vale VERAMENTE agli occhi di Dio,
in ogni campo dello scibile umano … La vera conoscenza infatti è
fondata, accresciuta e valorizzata dalla realtà sovrana di Dio e del Suo
Regno … Essa soltanto attraversa i secoli ed i millenni senza conoscere
smentite, ed ogni tentativo di aggressione o di speculazione è destinato
inesorabilmente al fallimento ! Perché un soggetto tanto ostico e per molti
versi “sgradevole” diventa tema da studiare ed approfondire all’interno
di una assemblea pubblica nella quale la maggior parte del pubblico si
dichiara “cristiana” e quasi soffre, si sforza, ha pudore ad affrontare al di
là del tempo e dei luoghi della meditazione personale queste drammatiche
pagine bibliche? Perché sappiamo che non è affatto sufficiente dichiararsi
“cristiani” per potersi considerare “al sicuro”, lontani cioè dal pericolo,
dal rischio, dalle tentazioni e dalle seduzioni … I fatti tragici di questi
giorni davvero apocalittici dimostrano che spesso simili atrocità si
compiono in ambiti apparentemente “sani” e persino “religiosi”… La
fede, il timor di Dio, l’ubbidienza alla Parola, la santità non possono e
non devono restare solo argomenti da scuola biblica o vuote parole
d’ordine, magari da ricordare la domenica al culto: essi sono il frutto di
una quotidiana esperienza di Dio e con Dio, l’esito straordinario di un
incontro soprannaturale ed unico, il risultato luminoso di un cammino
ineffabile e glorioso; la manifestazione, il segno ed il sigillo della divina
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redenzione … Perciò ogni vero discepolo di Dio in Cristo si adopererà
per esser pronto, in ogni tempo ed in ogni circostanza, di ogni virtù
fornito, non solo a resistere al male ma a contrattaccarlo e metterlo in
fuga, relegandolo all’inferno nel Nome Santo e con l’Autorità di Gesù
Cristo il Signore!
Acireale, 02.05.2013 Dolcino Novarese
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Lungi dall’essere inappropriato o fuori luogo desideriamo condur-
re i nostri lettori a considerare un fatto increscioso descritto nella Bibbia
che parla della violenza carnale di Amnon, figlio di Davide, nei confronti
di Tamar, sua sorellastra (2 Sam.13:6-14). Dal testo biblico si evince
che Amnon proferisce tutta una SERIE DÌ MENZOGNE per attirare alle
sue voglie Tamar allo scopo di avere un rapporto sessuale incestuoso con
lei: si finge malato, chiede di essere servito dalla ragazza con delle
frittelle, e poi mente per adescarla: « Portami il cibo in camera e lo
prenderò dalle tue mani ». Egli non voleva affatto il cibo, ma il corpo
della sorellastra e ci riuscì con l’inganno e la menzogna. Tamar subisce
non solo la violenza fisica, ma anche quella psicologica da parte di
Amnon poiché consumato l’atto sessuale egli la caccia via come un
rifiuto, negandogli persino il matrimonio riparatore. La Bibbia non fa
sconti a nessuno nel suo narrare e mette in evidenza la superficialità e la
noncuranza di Davide, loro padre, in questa circostanza, come se
l’agghiacciante episodio potesse essere considerato quasi “normale”;
Amnon era il prediletto del re oltre che erede al trono d’Israele. Mentre
Tamar sia pure tacitamente fu condannata a vita ad essere l’obbrobrio di
Israele, per aver perso la verginità prima del matrimonio. In questo
quadro triste e doloroso, troviamo un altro personaggio: JONADAB, figlio
di Scimea, fratello di Davide. Il suo nome in ebraico significa “L’Eterno
è generoso” e, noi, utilizzando le parole del N.T., come disse Gesù
nella Rivelazione a San Giovanni rispetto alla chiesa di Sardi, « Io
conosco le tue opere: Tu hai nome da vivere e sei morto », possiamo
paragonarlo a quell’associazione di uomini religiosi che possiedono
soltanto una apparenza e una reputazione certo non corrispondenti alla
realtà dei fatti. La realtà cristiana, però, non dimentichiamolo, ha origini
divine, in una vera “nuova nascita”, in una rigenerazione spirituale che si
pone radicalmente ben al di là delle apparenze; non era così riguardo alla
chiesa di Sardi …… Gesù la riprese affinché si RAVVEDESSE, e palesa
la sua condizione spirituale imputando ad essa di essere MORTA perché
è venuta meno in lei la fede, la speranza, la carità. Si vantava di essere
spiritualmente viva, operosa, efficace perché possedeva « il nome di
vivere » con le comunità consorelle; si riteneva prospera e spirituale e di
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non aver abbandonato la sana dottrina, impegnata ad offrire il proprio
culto quotidiano dimostrando qualche forma di ascetismo religioso.
Tutto questo però non le servì: era una chiesa apparente, formale, morta,
e ritornano alla nostra mente le parole dell’apostolo Paolo quando esorta-
va Timoteo facendogli constatare che negli « ultimi giorni gli uomini
saranno egoisti … amanti del denaro anziché di Dio … aventi le forme
della pietà, ma avendone rinnegata la potenza … ». JONADAB con la sua
ambiguità e perfidia, è il prototipo del consigliere scellerato, infame,
vigliacco, opportunista, un essere buono a nulla, consapevole egli stesso
della sua incapacità e di non possedere alcun carisma MA era un uomo
« molto astuto » e lo troviamo al fianco del re Davide ed al suo diretto
successore Amnon, avendo conquistato la loro attenzione con una falsa
sottomissione. Agì in tal modo non perché amava Davide e la casa reale,
ma per trarne un vantaggio personale in quanto egli pensava che porsi
dalla parte del re e del suo successore potesse servirgli a soddisfare le
proprie ambizioni. Egli non pensò di divenire un sovrano egli stesso ma
un consigliere capace di orientare scelte e decisioni; quale ruolo ebbe
costui quando Davide fece uccidere Uria per appropriarsi di Bath-Sheba,
sua moglie? Una cosa è certa, questo perfido personaggio della corte del
re Davide non assunse nessun impegno per impedire l’omicidio di Uria e
non si oppose in nessun modo al re quando egli decise di compiere quel
delitto orrendo ed infame per possedere poi la moglie del fedele soldato.
Possiamo affermare che nel suo silenzio omertoso, deplorevole, Jonadab
scelse di non agire, assistette alla tragedia passivamente e senza esitazio-
ne alcuna. In lui Davide trovò un COMPLICE “discreto” il quale, però, ne
conoscerà per sempre i segreti e sia pure limitatamente potrà ricattarlo.
La corruzione e la violenza non sono mai mancate all’interno della
famiglia di Davide. Davide aveva dato corso a queste due forme di male
abusando del suo potere, e queste sono penetrate nella sua casa ……
quanti ne conoscono la storia sanno che, fino alla fine della sua vita,
Davide farà l’amara esperienza: « quello che l'uomo avrà seminato,
quello pure mieterà » (Galati 6:7). Per mezzo di questo racconto biblico
possiamo conoscere e comprendere un po’ di più il carattere di Dio, il
Suo modo di relazionarsi con i propri figli, e ciò ci permetterà di capire le
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motivazioni di alcuni fatti che accadono nella nostra esistenza. Davide è
stato perdonato e purificato dal suo peccato, ma dobbiamo dire che
il peccato ha le sue conseguenze. Esso è un veleno mortifero, il quale
ucciderà noi e coloro che stanno attorno a noi se non ritorniamo con
penitenza a Dio nostro Padre riconoscendo i nostri errori. È una verità
ineludibile che la Grazia ci copre e ci purifica da ogni peccato ma è
altresì vero che con il peccato abbiamo un conto da saldare. Cosa disse
Dio a Caino? « Se agisci bene, non rialzerai tu il volto? Ma se agisci
male, il peccato sta spiandoti alla porta, e i suoi desideri sono volti verso
te; ma tu devi dominarlo!" ». Il peccato è come la peste: si espande!
Dobbiamo « dominarlo » ricordando le parole di San Giacomo: « Poi la
concupiscenza, quando ha concepito, partorisce il peccato; e il peccato,
quando è compiuto, produce la morte ».
Sentiamo fortemente il “GRIDO DEGLI INNOCENTI” come giusta e
disperata reazione all’offesa della dignità umana perché la violenza sulle
donne e sui bambini all’interno delle mura domestiche è quanto di più
meschino ed obbrobrioso possiamo immaginare. Invitiamo le vittime a
ribellarsi, a denunciare, a gridare, a parlare perché è inammissibile che
dei cristiani siano portatori silenziosi di infame violenza. C’è un mondo
ideologico, oscurantista e prettamente maschilista da additare e denuncia-
re che è rappresentato dall’idea che la donna è considerata “per bene”
se lavora a tempo pieno accudendo la casa intera, il marito, i figli ed i
vecchi ammalati e poi è obbligata a sottoporsi come un oggetto allo sfogo
del maschio per soddisfare i suoi istinti animali; questo rende la donna
una specie di “altare” del piacere maschile. E’ un vero e proprio annien-
tamento dell’anima; è il frutto di una violenza bestiale; fisica, sessuale,
psicologica, economica, vessatoria e persecutoria fino alla coercizione ed
alla privazione arbitraria dell’altrui libertà personale. Talvolta, certo in
casi sporadici, queste forme di violenza sono attuate anche da donne nei
confronti di uomini e tra le mura domestiche anche contro bambini ed
anziani. La violenza fisica è quella forma di aggressività che le donne
subiscono da parte di uomini, che esse stesse hanno amato, contro il loro
corpo: pugni, schiaffi, calci; spesso gli infami violenti non considerano
neanche il fatto che la donna sia incinta, o ammalata o sofferente …. La
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violenza psicologica colpisce la dignità con un continuo mancato rispetto
del ruolo e della persona stessa, quasi a ribadire, nella fattispecie, che la
donna in quanto subordinata è sottoposta a schiavitù rispetto al maschio
dominante. Questa violenza è subdola, ferisce l’animo umano in profon-
dità per mezzo delle continue critiche del maschio, i suoi insulti, le sue
umiliazioni, l’assoggettamento al “volere-piacere” del “padrone”. Non di
rado le denigrazioni vengono espresse brutalmente, anche in presenza di
altre persone, e così esse appaiono sottoposte ad un controllo ossessivo,
sono costrette a rimanere isolate da parenti ed amici, subiscono minacce
contro la loro persona e poi contro i loro figli o la famiglia in genere.
Stalking (appostarsi): la violenza psicologica si manifesta in una vera e
propria persecuzione e molestia e conduce le vittime ad un estremo stress
psicologico. “L’appostarsi” non è esclusiva di sconosciuti psicopatici,
ma potrebbe anche avvenire da parte di qualche famigliare mosso da
risentimenti o da complessi e frustrazioni. Lo “stalking” consiste ad
esempio in: telefonate, sms, e-mail, continue visite indesiderate e, anche
il pedinamento, raccolta di informazioni sulla persona ed i suoi movi-
menti: la persecuzione può arrivare a vere e proprie minacce e persino
ad aggressioni. Il maschio-bestia ama la violenza sessuale e cioè quel
genere di coinvolgimento che non avvalora il consenso del partner:
aggressioni, stupri, costrizione ad atti non voluti. Inoltre, bisogna
denunciare ogni genere di molestia che costringa ad utilizzare materiali
immorali e rifiutare avances di ogni genere, tentativi di rapporti sessuali,
contatti non graditi con il proprio corpo. Violenza economica è quel
genere di coartazione che tende a limitare la donna e la propria indipen-
denza nel disporre liberamente del proprio denaro; oppure, tende ad
eliminare la possibilità che ella abbia un proprio lavoro. In certi casi
accade che alle donne venga impedito l’accesso al conto bancario fami-
liare, e siano così escluse dalla gestione del denaro ….. mentre poi si
rinfaccerà loro in maniera spudorata ogni eccesso di spesa. Autorevoli
analisti di tali problematiche riassumono quanto da noi denunciato in
nove punti:
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Conseguenza della violenza
I vissuti che più facilmente accompagnano la vittima dopo aver
subito una violenza sono:
1. Aver sbagliato qualcosa. Sentirsi responsabile. Sentirsi in
colpa.
2. Sentirsi sola, l’unica persona ad essersi trovata in questa
situazione.
3. Vergognarsi per quanto accaduto.
Che cosa fare
E' importante sapere che questi vissuti di colpa e impotenza sono
comuni alle vittime, e che se si riesce a chiedere un aiuto esterno si
possono superare le devastanti conseguenze psicologiche delle
violenze subite. E' fondamentale quindi:
4. Riconoscere di vivere o aver subito una situazione di violen-
za.
5. Riconoscere che la violenza non è mai giustificabile.
6. Riconoscere che non si è mai responsabili della violenza che
si subisce.
7. Riconoscere che è normale sentirsi depressi e tristi.
8. Parlare di quello che si sta vivendo con qualcuno che possa
capire e dare aiuto.
9. Rivolgersi ai centri antiviolenza.
La violenza domestica su donne e minori è un tema quotidiano che
affligge la nostra società e che giunge a noi tramite i media.
Spesso abbiamo visto dei documentari che definire agghiaccianti è
il minimo che si possa fare ma, altresì, spesso abbiamo ascoltato
testimonianze che hanno particolarmente colpito la nostra sensibili-
tà perché gli attori erano nostri amici, fratelli o conoscenti.
La violenza sessuale sulle donne nel nostro ordinamento giuridico
è finalmente “diventato” un delitto così come è stato introdotto
il reato di stalking nel quale le donne subiscono gravi traumi
psicologici. Bisognerebbe fare di più, il legislatore dovrebbe a
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nostro modo di vedere inasprire le pene affinché le condanne non
possono usufruire di indulto e sconti di pena. Noi come cristiani
evangelici dovremmo essere promotori di iniziative che tendano a
salvaguardare le donne, i minori, gli anziani e la famiglia intera e
non essere spettatori indifferenti perché magari si pensa che < il
problema non è nostro >. Qual è la nostra posizione quando
assistiamo al frantumarsi di una relazione affettiva a seguito di una
separazione o divorzio? Qual è il nostro agire quando ci troviamo
dinanzi a persone con comportamenti ossessivi-compulsivi che
agiscono con violenza ed in certi casi fino alla morte di coloro che
considerano un proprio oggetto, una cosa propria, e che come tale o
è loro o di nessun altro? Cosa consigliamo a quelle donne, spose o
madri avvilite, maltrattate come schiave, costrette ad elemosinare
persino il denaro per la spesa, con perdita di autostima, con
sottomissione a tutto, a letto come nella quotidianità più banale,
sottoposte a violenze fisiche e psicologiche esercitate dal marito-
padrone? Qual è il nostro ruolo dinanzi a ciò che molti considerano
un “rischio”, o che il cinismo umano vorrebbe nascondere perché
realtà scomoda, e che è rappresentata dai figli di genitori separati o
divorziati? I cosiddetti < spirituali >, che non si abbassano ad
affrontare, studiare e sviscerare queste tematiche, conoscono la
cosiddetta “sindrome di alienazione genitoriale”? Conoscono le
violenze che i bambini subiscono a causa del conflitto genitoriale?
Cosa offrono loro? La discriminazione? L’indifferenza? Il silenzio?
Continuando la nostra disamina non possiamo dimenticare il “mob-
bing”, forma di pressione e potere psicologico esercitato su uomini
e donne, negli ambiti lavorativi, dai capi ufficio, dai dirigenti, da
coloro che spesso a causa di un favore sessuale non concesso,
relegano la donna pur brava e competente in un ruolo subalterno e
non consono alle sue vere capacità. Spesso molte donne sono
costrette a lasciare il loro lavoro a causa delle ostilità che vengono
loro addosso in quel dato luogo! Come possiamo dimenticare le
violenze che i bambini subiscono in certi ambiti familiari? Percosse,
carenze affettive, mancanza di cure, assenza di sorveglianza,
maltrattamento psicologico, pedofilia, sono alcuni esempi che
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devono ritornare nella nostra mente. L’ORCO è dietro l’angolo e
spesso nella stessa famiglia molti bambini maturano inesorabilmen-
te e nel silenzio totale, un dolore senza fine, nell’indifferenza
colpevole di vicini, di parenti, di genitori, di nonni; maltrattamenti
che negano ogni dignità, che derubano le vittime di ogni diritto,
bisogno, desiderio ma soprattutto della fiducia verso chi, con
amore, dovrebbe proteggerli. Vogliamo approfondire questa temati-
ca citando le parole di un celebre psicologo e sociologo: “La
famiglia è una grande risorsa, il naturale riferimento affettivo, ma
può anche diventare una trappola infernale in cui svaniscono sogni
e speranze di bambini ed adolescenti schiacciati dagli abusi e
dall’indifferenza. Bambini che non avranno mai più un sorriso sulle
labbra. Aiutare quindi l’adulto a saper ascoltare il bambino, a
rispettarlo, a percepire ansie e timori, perché “educare” l’adulto
significa promuovere una cultura dell’infanzia a difesa degli
indifesi, contro ogni omicidio dell’anima!”. Abbiamo raccolto la
testimonianza di un ragazzino, oggi persona adulta, che ci ha
raccontato della sua triste realtà di come l’ORCO lo attendeva al
varco e con promesse appetibili per un bambino gli usò violenza per
un certo tempo in luoghi e maniere che non riportiamo per decenza,
fino a che il ragazzino trovò la forza di ribellarsi a quell’inaudita
violenza fisica e psicologica. Il ragazzino ci ha raccontato che
nessuno poteva mai immaginare una cosa simile perché ai suoi
tempi la sorveglianza non esisteva, i propri genitori erano troppo
impegnati nelle loro liturgie e mentre i loro “profeti” profetizzavano
(sic!) l’ORCO, adescava in disparte tutto quello che poteva! “Ogni
qualvolta che ci penso mi sembra di rivivere quei momenti scabro-
si e dolorosi e mi è rimasto dentro un marchio indelebile”: tale
affermazione ci deve permettere di alzare il livello di guardia perché
nessuno possa vivere la “morte dell’anima”!
Capire è essenziale per operare; citiamo le parole di un articolo
che abbiamo trovato in un sito cristiano: “Tamar, la principessa violata”.
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È una storia come tante altre, quella di Tamar. Una vicenda comune a
molte vittime innocenti, vite segnate per sempre dallo stupro e dal
disprezzo.
Gli abusi domestici sono tra le violenze più terribili, perché avvengono
proprio nei contesti dove i più deboli dovrebbero essere tutelati, protetti
e amati. Abusare di un familiare significa tradire un rapporto intimo di
fiducia, approfittare della vulnerabilità della persona per i propri fini
malvagi e scardinare per sempre la stima necessaria per affrontare la
vita.
Piccola principessa violata, sapevi che non sarebbe bastato il tuo status
regale a proteggerti? Sapevi che il pericolo più grande, il nemico da
temere, non veniva dall'esterno ma abitava con te, aveva il tuo stesso
sangue, era parte della tua stessa genealogia?
Tuo fratello, Tamar, tuo fratello! Si era invaghito di te, di una passione
insana, un'ossessione malata. Amnon, il primogenito del re, l'erede al
trono, per te rifiutava il cibo. Di te aveva fatto la sua malattia. Possibile
che nessuno in casa notasse quanto stava accadendo?
«Sono innamorato di Tamar, la sorella di mio fratello Assalonne» (II
Sam. 13,4), aveva confessato al cugino Jonadab. Fu quest’ultimo a
suggerirgli quel folle piano: «Mettiti a letto e fingiti malato. Quando tuo
padre verrà a trovarti digli: se venisse mia sorella Tamar a farmi da
mangiare e vedessi con i miei occhi quel che prepara, mangerei volentie-
ri il cibo dalle sue mani» (v. 6).
Tuo padre, il re, venuto a conoscenza dello stupro, si è molto indignato
senza però intervenire. Ma come ha potuto essere così cieco, e non
accorgersi di quella passione perversa, dell'ambiguità della richiesta
fatta, che tu e solo tu cucinassi e lo nutrissi con le tue mani?
Il re ti ha «consegnato» al tuo carnefice, quando ti ha ordinato di andare
ad accudire tuo fratello malato. Anche lui è responsabile: non ti ha
protetta come avrebbe dovuto.
Questa storia squallida sarebbe rimasta nascosta, sepolta nei segreti di
famiglia, se tu non avessi urlato il tuo dolore, strappandoti le vesti e
reclamando visibilità. Il narratore biblico, e con lui Israele, ha osato
rompere il silenzio, raccogliendo la tua storia e denunciando l'abuso
subito. Tu, invece, non hai potuto narrare la tua vicenda. Sei stata
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condannata al silenzio e alla desolazione, relegata in casa di Absalom,
figlio della tua stessa madre. Anche lui ha abusato di te quando ti ha
costretta a tacere e ha usato la tua tragedia come pretesto per uccidere il
primogenito tanto odiato.
La tua storia, tuttavia, è giunta ugualmente fino a noi. La coscienza di
Israele ha osato raccontare, fare memoria. Non c'erano testimoni
nella camera dove avvenne l'abuso: sei stata lasciata sola nelle mani
del tuo aguzzino. Ma la voce narrante di Israele forza i lettori di ogni
generazione a entrare in quella stanza. E il coraggio della Bibbia, la
quale racconta e riflette anche sulle ombre di una storia della salvezza
che troppo spesso appare irredenta. Il narratore dà così voce alle grida
inascoltate e conduce nel luogo dove la vittima è stata lasciata sola.
Piccola principessa violata, chi legge è forzato ad ascoltare come Amnon
ti abbia afferrata, come ti abbia chiesto di giacere con lui. Insieme
udiamo la tua voce saggia. Lo esorti a non commettere un'infamia così
grande. Suggerisci anche una soluzione pratica: che lui ti chieda in
sposa. All'erede al trono non si nega nulla! Ma lui non ti ascolta, è più
forte di te e ti afferra; poi la lotta: lui ti butta sul letto e ti stupra.
Siamo ancora lì, in quella stanza, costretti a osservare come tuo fratello,
dopo averti violentata, ti abbia scacciata. Prova ora un odio più forte
della passione che prima l'aveva mosso. Ora ricevi da lui disprezzo e
disgusto, piccola principessa violata. Ancora una volta udiamo le tue
sagge parole. Gli chiedi di non aggravare ulteriormente la situazione,
cacciandoti e facendoti un torto maggiore di quello già subito. Lui per
tutta risposta chiama un servo e ti sbatte fuori.
La violenza subita da Dina, figlia di Isacco, violentata dal principe
Sikem, non arrivò a tanto. Dopo l'abuso, Sikem scoprì di amarla e cerco
in tutti i modi di riparare al torto commesso, chiedendola in sposa e
cercando le giuste parole per parlare al cuore ferito della giovane
vittima.
Tu, invece, hai conosciuto il disprezzo; sei stata usata e gettata via.
Piccola principessa violata, eccoti urlante nei corridoi regali.
«E Tamar si strappò la tunica, si sparse polvere sul capo, e con le mani
nei capelli andò via urlando» (v. 20).
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Il tuo grido oggi giunge fino a noi e da voce a tante altre grida di vittime
innocenti abusate, umiliate, disprezzate nel segreto delle mura domesti-
che. La fede di Israele fa memoria delle tue parole, della tua storia per
denunciare e condannare gli abusi in famiglia, anche se questi dovessero
riguardare i potenti: i prìncipi e il re. Meno coraggiose sono state le
chiese. Non hanno denunciato con altrettanto vigore gli abusi sessuali. Si
sono comportate piuttosto come Davide, Assalonne, Amnon, tutti uniti in
un assordante silenzio.
Ricordiamo che nella nostra analisi siamo nell’ambito del nono coman-
damento e la storia di Tamar, benché all’apparenza possa sembrare
inappropriata all’argomento, per noi lo è, ed offre la possibilità a quelle
vittime di una ferocia bestiale di ritrovare il coraggio per SPEZZARE IL
MURO DEL SILENZIO. “Le moderne corti reali ed i propri re” invece di
chiudersi in uno stato di OMERTÀ o nel bozzolo del proprio misticismo
sull’argomento (gli stimatori della congettura dei “panni sporchi si lavano
in famiglia”), che in questo caso è anche falsa testimonianza, si prodighi-
no per dare dignità alle tante persone che chiuse nel loro dolore per la
violenza subita non riescono più a cogliere la bellezza e la gioia del
vivere ed integrarle nella società piuttosto che emarginarle; bisogna
restituire loro l’onore e denunciare i carnefici. L’uomo religioso apatico e
indolente, burocrate e narcisista, se seguirà il comportamento negativo di
Davide, e cioè l’indifferenza al dolore di “Tamar”, rappresenterà per la
sua bruttura, quell’antico “genio” che da sempre conduce ogni creatura
all’inganno, alla disfatta ed alla condanna, per satollare le proprie vanità e
soddisfare il proprio peccato … perché di “Tamar” non le interessa
proprio nulla, anzi la sua persona ed il suo dolore sono un impaccio ai
suoi programmi. Pur rischiando di essere tediosi RIBADIAMO l’urgente
necessità che s’incrementi l’attenzione e la vigilanza sui comportamenti
dei moderni Amnon che dall’alto del loro potere pensano di essere
abilitati ad offendere, distruggere, calunniare e sopprimere le persone e
poi, con incredibile compiacimento, riciclano il proprio volto bestiale, il
proprio peccato, il proprio marciume trasferendo abilmente le proprie
aberranti responsabilità sulla propria vittima, prima oggetto “desiderato”
ed ora odiato, disprezzato e colpevolizzato. “Non sono io il colpevole, io
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non ho fatto nulla; è lei che è colpevole, Tamar!”. La giustificazione di
tali uomini, la cui doppia personalità ed il cui comportamento sfociano
inequivocabilmente verso un palese stato di dissociazione mentale,
consiste nel tentativo di dimostrare il proprio stato di “innocenza”
utilizzando persino “volti” puliti. Dobbiamo opporci decisamente poiché
queste forme di violenza e alienazione non ledano né infanghino mai le
gloriose esperienze ed i sani principi morali che il cristianesimo da
sempre ci insegna.