2. È strettamente connesso a un sentimentalismo
(personale e collettivo) di stampo nazionale;
È indice di una cultura ufficiale, concepita come
permanente e necessaria, strettamente connessa
all’entità statale che ne sancisce l’ufficialità (non per
niente è solitamente eseguito in contesti formali);
È portatore di un sentire collettivo: le sue chiavi
narrative sono percepite da tutti come “sacre”;
Accomuna tutti in quanto cantato all’unisono;
Concetti chiave, l’idea di “nazione”, intesa nel senso
comune di «chi siamo», la devozione alla patria, l’idea
di confini da difendere e per cui esser pronti a morire;
3. È figlio del moderno concetto occidentale di “nazione”
ed è una tappa fondamentale delle creazioni nazionali:
la stragrande maggioranza trae origine nell’Ottocento
romantico e patriottico (specie nel tardo);
Cerca legittimazione in un passato visto come “età
dell’oro”: attinge da una tradizione che spesso risulta
abbellita o inventata; sovente implica la divinità;
Eterna l’esperienza nazionale, che vi si autocelebra;
Gli elementi base sono quelli delle marce, evolutesi ed
elevate dai più insigni compositori, con chiari intenti
militari/cerimoniali.
4. La canzone-marcia (marching-song) es. Francia;
Il ritratto autoedificante (self-congratulary tableau)
es. Australia, Usa;
La canzone-preghiera (prayer-song), rivolta al divino
es. Regno Unito (Inghilterra).
5. Legame interno: inni che all’interno del testo parlano
in maniera più o meno vaga di episodi bellici o del
valore in battaglia del proprio popolo (o dei suoi
antenati) es. Norvegia, Portogallo, Brasile;
Legame esterno: inni nati in un contesto bellico
(marce) e/o da esso influenzati, inni che celano o
omettono deliberatamente un passato di guerra della
propria nazione es. Polonia, Slovenia, Rep. Dem. del
Congo;
Doppio legame: combinazione delle due tipologie
suddette Italia, Francia, Algeria.
6. 89 inni su 200* contengono nel proprio testo
riferimenti bellici (episodi storici, abilità guerriera del
popolo, esortazioni più o meno “platoniche” alla difesa
della patria, etc.);
80 (o 82, a seconda della versione del testo) inni
contengono le parole “sangue” o “morte” – o termini
dello stesso gruppo semantico –, 18 (o 20) tutte e due.
* Nel totale sono inclusi anche i tre inni privi di testo (Kosovo, San Marino, Spagna), nonché
quelli di Nagorno Karabakh (territorio a status conteso), Galles e Scozia.
7. Originariamente Chant de guerre pour l’Armée du
Rhin, viene scritto nell’aprile 1792 a Strasburgo dal
giovane ufficiale Claude Joseph Rouget de Lisle, pochi
giorni dopo lo scoppio della Guerra della 1^ coalizione;
Subito adottato dai volontari provenienti da Marsiglia,
viene proclamato inno nazionale nel 1795, quando già
è largamente diffuso e cantato per tutta la Francia,
soprattutto grazie alla sua popolarità presso i militari;
È un inno antimonarchico e militarista, dai toni accesi
e ampiamente propagandistici;
Funge da modello per innumerevoli inni successivi,
non ultima L’Internationale comunista;
8. Allons enfants de la Patrie,
le jour de gloire est arrivé!
Contre nous de la tyrannie
l’étendard sanglant est levé!
Entendez-vous dans nos
campagnes
mugir ces féroces soldats?
Ils viennent jusque dans vos
bras
égorger vos fils et vos
compagnes!
Aux armes citoyens!
Formez vos bataillons!
Marchons! marchons!
Qu'un sang impur
Abreuve nos sillons!
Andiamo figli della Patria,
il giorno glorioso è arrivato!
Contro di noi della tirannia
lo stendardo sanguinario è
innalzato!
Sentite nelle nostre campagne
ruggire questi feroci soldati?
Vengono fino alle vostre
braccia
a sgozzare i vostri figli e le
vostre donne!
Alle armi, cittadini!
Formate i vostri battaglioni!
Marciamo! Marciamo!
Che un sangue impuro
riempia i nostri solchi!
9. Scritto nel settembre 1837 da Goffredo Mameli e
musicato nel novembre 1847, ha subito un’immensa
fortuna nell’Italia risorgimentale;
Ispirato a ideali mazziniani, diviene il simbolo
dell’agognata unità politica che si andava ricercando;
È un autentico pout-pourri di riferimenti storici:
guarda al passato dall’Antica Roma all’Ottocento,
passando per Medioevo, Rinascimento ed Età Moderna
in generale;
Viene adottato ufficialmente nel 1946, in sostituzione
della Marcia reale d’ordinanza.
10. Scritto da Francis Scott Key nel 1814, brevemente
tenuto in fermo dagli Inglesi durante il
bombardamento di Fort McHenry, vicino Baltimora,
nell’ambito della Guerra anglo-americana (1812-1815);
È il ritratto di quanto il poeta vede dalla nave in cui è
ritenuto: la grande bandiera di 9,15 x 12,80 metri che
all’alba del 14 settembre riemerge rassicurante dal
fumo dei bombardamenti, segno che la difesa aveva
retto;
Adottato ufficialmente nel 1931, l’inno, altamente
simbolico, ha avuto immensa fortuna ed è stato fin da
subito utilizzato con fini didattici.
11. Oh, say, can you see, by the dawn's
early light,
what so proudly we hail'd at the
twilight's last gleaming?
Whose broad stripes and bright
stars, thro' the perilous fight,
o'er the ramparts we watch'd, were
so gallantly streaming?
And the rocket's red glare, the
bombs bursting in air
gave proof thro' the night that our
flag was still there.
Oh, say, does that Star-Spangled
Banner yet wave
o'er the land of the free and the
home of the brave?
Di’, riesci avederealle prime luci
dell’alba,
ciò che abbiamosalutatocon orgoglio
all’ultimoraggiodel tramonto?
Le cui larghe striscee luminosestelle,
durante la perigliosa battaglia,
sui bastioni che sorvegliavamo,
sventolavanocon valore?
E il rosso baglioredei razzi, le bombe
che scoppiavano in aria
hannodato prova durante la notteche
la nostra bandiera fosseancora là.
Di’, sventolaancoraquella Bandiera
Stellata
sopra la terradel libero e la casa del
coraggioso?
12. Flower of Scotland – Scozia: uno dei tre inni non
ufficiali, oltre ad essere quello più popolare è anche
quello dai toni più accesi: commemora la vittoria del
1314 a Bannockburn, dove gli Scozzesi di Robert Bruce
sconfissero gli Inglesi di Edoardo II, rendendo di fatto
la Scozia indipendente; scritto nel 1967 da Roy
Williamson, membro di un gruppo folk, il governo
inglese non ne ha mai interdetto l’uso ufficioso;
Ja, vi elsker dette landet – Norvegia: scritto nel 1864 da
Bjørnstjerne Bjørnson, è un inno dai due volti:
ripercorre tutta la storia norvegese da un lato
commemorando il valore nelle guerre contro la Svezia,
dall’altro anelando ad una fratellanza panscandinava.
13. O flower of Scotland
When will we see
Your like again
That fought and died for
Your wee bit hill and glen
And stood against him
Proud Edward's army
And sent him homeward
Tae think again
O fiore di Scozia
Quando vedremo
Nuovamente altri come te
Che lottarono e morirono per
Un po’ delle tue valli e colline
E opporsi ad esso
Il fiero esercito di Edoardo
E rispedirlo a casa
A pensar nuovamente
14. Zdravljica – Slovenia: adottato nel 1989, nel pieno della
disgregazione dell’ex Jugoslavia, del testo del 1844 di
France Prešeren l’unica strofa ufficiale è la settima,
filantropicissima; eppure nel resto del testo un certo e
marcato invito alla difesa della patria non manca;
Das Lied der Deutschen – Germania: anche qui, una
sola è la strofa adottata ufficialmente nel 1952, la terza
di un testo che è lo stesso dal 1922 e che inizia con una
forte affermazione di supremazia tedesca;
Gosudarstvenny Gimn Rossiyskoy Federatsii – Russia:
la melodia è la stessa dell’inno sovietico, in quanto
meglio conosciuta dai cittadini, ma con un testo del
2000.
15. Originato nel 1899 per celebrare la nascente nazione
filippina, è il primo inno post-coloniale asiatico;
La versione attualmente ufficiale è la traduzione in
filippino del testo spagnolo di José Palma, soldato e
patriota filippino: una traduzione risalente solo al
1956, dopo che il testo era già stato tradotto in inglese e
più volte in tagalog;
Tali sforzi di conservazione sono in sostanza un
monumento alla memoria dei fatti della guerra
d’indipendenza combattuta prima nell’ambito del
conflitto ispano-americano (1896), poi in quello
filippino-americano (1899-1913), in particolare in
riferimento al martirio di José Rizal (1896).
16. Gran parte degli stati sudamericani – ex colonie
spagnole e portoghesi – hanno inni dai toni vivi e
retorici in merito al sacrificio per la patria;
Ricorrente il motivo oraziano del “dulce et decorum est
pro patria mori”, esplicito in particolar modo nel
“morir por la patria es vivir” dell’inno cubano;
Particolarmente esemplificativo è il testo ecuadoregno
(Salve, oh patria), dove si parla esplicitamente del
“fiero español”;
Un caso a sé è Haiti (La Dessalinienne): per la
costituzione, la versione ufficiale è quella francese,
profondamente diversa dal testo creolo, esplicitamente
critico nei confronti dell’occupazione bianca.
17. La gran parte degli inni nazionali dei paesi africani – e
quindi post-coloniali – presenta testi di incitazione al
risollevarsi dopo un burrascoso passato, pervasi da un
forte senso della storia nonché da un certo fatalismo;
La pace, lo “spezzare le catene” assieme, spinti fino al
panafricanismo, oltre al culto dei martiri, sono gli
elementi caratterizzanti la maggior parte dei testi;
Particolarmente interessante è l’algerino Qassaman,
scritto nel 1955 da Moufdi Zakaria, detenuto ad Algeri,
come inno per la rivoluzione in atto: vi si leggono
sferzanti riferimenti alla Francia, che viene oltretutto
nominata all’inizio della terza strofa.
18. AA VV, The Citizen’s Almanac, Washington, DC (Usa),
2007, U. S. Governement Official Edition Notice;
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Società Dante Alighieri;
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l’Isle, Lisieux (Francia), 1848*;
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PITTOCK, MURRAY G. H., Poetry and Jacobite Politics in
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*(open text reperito online all’indirizzo: http://www.bmlisieux.com/normandie/marseyes.htm)