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Valentina Anastasia – Matricola 1012661
LA GEOPOLITICA DI IERI E DI OGGI – LA DICOTOMIA DEL SUDAFRICA
La geopolitica da sempre è stata parte integrante della storia del mondo. Sono state trovate
tantissime definizioni del termine poiché man mano che l’assetto del mondo cambiava, anche la
geopolitica mondiale cambiava. Si potrebbe parlare della geopolitica di ogni singola parte della
Terra e per quanto questa possa essere di uno spazio minuscolo, cambierebbe comunque in
continuazione. La geopolitica è stata anche definita come politica di conquista ed espansione,
spesso violenta, in cui il trovare uno spazio per sopravvivere o semplicemente per allargare il
proprio potere, poteva anche violare i diritti degli altri. È proprio quando si è parlato di questo tipo
di geopolitica che ho pensato al Sudafrica, a quel Paese che per mesi ho studiato e analizzato per la
mia tesi. La riflessione ed il discorso che voglio affrontare in queste poche parole parte da quella
che era la geopolitica di quel territorio fino a capire quale sia adesso la geopolitica di questo Stato.
Il Sudafrica fin dall’antichità era un territorio affetto da frequenti conflitti tra diversi gruppi etnici
con un affermarsi poi definitivo del gruppo Bantu, composto prevalentemente da Xhosa e Zulu.
Considerando il punto strategico della punta estrema dell’Africa, l’odierna Cape Town assunse
dalla metà del 1400 e dai primi viaggi dei grandi esploratori europei, un ruolo fondamentale come
punto di riferimento per tutti i grandi navigatori che la chiamarono “capo di buona speranza”. Il
primo vero contatto con l’Europa fu però nel XVII secolo con l’avvento degli olandesi che, facendo
entrare questo territorio in una dimensione mondiale e trasformandolo in un punto nevralgico di
prestigio ed utilità commerciale, modificarono per sempre il suo assetto politico e sociale. Furono le
guerre anglo-boere e quindi la colonizzazione inglese che segnarono definitivamente il
cambiamento in quel territorio. Non solo furono riunite tutte le diverse colonie in quella zona
creando ufficialmente uno Stato, ma la popolazione indigena nera che per secoli aveva abitato
quelle terre subì i primi atti di razzismo e segregazione e fu privata di qualsiasi tipo di potere
politico ed economico, limitando al minimo anche un’eventuale economia di sussistenza. Fu proprio
quando questo nuovo Stato sudafricano ottenne l’indipendenza dall’Inghilterra che gli Afrikaner
ottennero il potere di amministrarlo seguendo le loro regole e le loro norme. Cambiarono per
sempre l’aspetto di un territorio che era di origine nera togliendo anche la stessa dignità a quelli che
erano sempre stati i legittimi abitanti di un’area sotto conquista da anni.
È con l’ascesa al potere del regime dell’apartheid nel 1948 che si può parlare di geopolitica della
violenza poiché la politica dittatoriale del partito afrikaner si basava su violenza e razzismo,
abolendo qualsiasi tipo di diritto umano ai neri, o meglio ai non-bianchi. Ho avuto la fortuna di
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poter leggere diverse testimonianze di quel periodo, grazie anche allo studio delle opere di
AtholFugard, drammaturgo sudafricano bianco di fama mondiale che nelle sue opere si opponeva
strenuamente all’apartheid per quanto l’opposizione aperta non fosse accettata dal regime.
La segregazione delle persone nere in piccoli stati a loro assegnati dal governo, li rese stranieri nel
proprio Paese. Si può parlare di uno spazio come altrove per loro in quel momento, poiché
effettivamente non possedevano più niente del loro territorio d’origine e non si potevano più
riconoscere in tutto quel terrore e in uno Stato in cui non avevano più nessuna voce. La geopolitica
può essere anche questo, distruggere e snaturalizzare così tanto una popolazione da farla sentire
straniera in una terra sempre stata loro, distruggendo storia, tradizioni, usi, costumi, tutto ciò che fa
parte dell’identità di una popolazione.
Il regime dell’apartheid ha ovviamente influenzato molto il ruolo del Sudafrica nel contesto
geopolitico internazionale. Fino alla caduta dell’apartheid nel 1994 il Sudafrica era uno degli Stati
più isolati sul piano internazionale e considerando appunto il suo governo dittatoriale, razzista e
controllato, non aveva un ruolo nelle politiche internazionali. Dalla presidenza della figura
emblematica di Nelson Mandela le cose cambiarono. Il passaggio alla democrazia, a un governo
multipartitico e alla lotta in prima linea per i diritti umani, ha portato il Sudafrica in una posizione
tutta nuova negli equilibri mondiali, facendolo diventare uno degli attori principali della politica
internazionale. Col passare degli anni il Sudafrica è diventato quindi un portavoce dei paesi in via di
sviluppo e di quelli del Terzo Mondo in quello che veniva definito come “Rinascimento africano”.
Per quanto riguarda perciò la sua posizione a livello internazionale, il prestigio del Sudafrica è
cresciuto sempre di più rendendolo poi capace di entrare in tempi recenti nei BRICS e nel G20
decretando così la sua effettiva rinascita. È un paese ricco di risorse naturali, industrializzato e forte
negli scambi internazionali. I mondiali di calcio del 2010 hanno inoltre segnato un momento di
prestigio e di fama, dando la possibilità al Paese di presentarsi su di un palcoscenico mondiale
mostrando la scrupolosa organizzazione e tutte le spese fatte per la buona riuscita del campionato
sportivo, riscattandosi definitivamente ed entrando a far parte dei paesi con un’ottima reputazione
anche in quell’ambito.
Ciò che più fa riflettere sul Sudafrica è però la sua natura ambivalente. Un Paese dilaniato per
quarant’anni da un regime totalitario razzista e di segregazione non può solo con l’avvento politico
di un nuovo leader con ideali di uguaglianza e libertà, cambiare drasticamente. Non è tanto nella
politica estera quanto in quella interna che ci si deve soffermare per capire come alcuni equilibri
non si siano ancora trovati. La storia di una zona geografica segna per sempre una popolazione così
eterogenea come quella sudafricana e la geografia di quel nuovo Stato sudafricano libero era fatta di
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parti di terra abitate da diversi popoli non sono per colore, ma anche per cultura. Se la segregazione
razziale ha definitivamente allargato il divario tra tutte le diverse etnie presenti nel Paese, non basta
poco perché esso trovi un nuovo equilibrio basato su democrazia e diritti uguali per tutti. Infatti,
benché la Costituzione sudafricana sia una delle più progressiste al mondo, gli equilibri politici del
Paese sono ancora profondamente legati all’apartheid. Le quattro categorie in cui fu divisa la
popolazione nei primi anni di regime si rispecchiano ancora in una tendenza di certi gruppi a essere
uniti o divisi a seconda degli interessi individuali. Il fatto che la popolazione nera sia sempre fedele
all’Anc e i bianchi e Coloured ai partiti di opposizione, sottolinea come i fattori etnico - razziali
siano ancora forti e destabilizzanti per la creazione di una democrazia. Ovviamente dalla fine
dell’apartheid i diversi gruppi sociali, ed in prima linea la popolazione nera che rappresenta l’80%
della popolazione totale, hanno richiesto sempre più strenuamente eguaglianza di diritti, possibilità
sociali ed economiche e lotta alla povertà. Il Paese ha in sé una dicotomia evidenziata dalla
differenza tra le parole e la realtà dei fatti: le parole di una Costituzione che si basa sui diritti civili e
sull’uguaglianza, e i fatti di una società in cui quei diritti economici e sociali non sono rispettati. Le
opportunità e le condizioni di vita favorevoli continuano a rimanere dalla parte dei bianchi e i
processi di riacquisizione delle terre e di una posizione economica-sociale sono lenti.
Nel mondo il Sudafrica è un esempio di lotta e di aiuto al Terzo Mondo, anche come monito per
tanti paesi arretrati di come ci si possa risollevare, quanto la libertà sia importante. Studiando, però,
la storia del Sudafrica, la sua geopolitica, ieri ed oggi, sono arrivata ad una riflessione che mi fa
vedere il Sudafrica come un Paese di contraddizioni. Non propriamente nel senso negativo perché è
ammirevole e quasi sbalorditivo che un Paese vessato per anni da qualcosa di terribile sia arrivato
ad essere considerato oggi una potenza mondiale in via di sviluppo, ma perché il suo assetto e la sua
latente suddivisione razziale rimangono almeno in alcuni aspetti della vita sociale e politica interna,
ed inoltre nella sua violenza. Capita spesso di associare questo paese alla violenza, passata e
presente, leggere di quanta criminalità c’è nel Paese ed anche nei confronti dello straniero, come se
una sorta di paura permanesse ancora nella gente. Mi colpisce questo del Sudafrica, la sua
ambivalenza ed il suo passato che ancora si percepisce nell’anima delle persone. Ovviamente il
ruolo adesso di questo Paese sottolinea quanto si sia combattuto per riacquistare prestigio per il
mondo intero, assumendo un ruolo notevole nella geopolitica mondiale, e per conquistare diritti e
libertà da parte di uno Stato in cui i “cattivi” che un tempo da tutti così erano visti, vivono ora con i
“buoni” senza più distinzione tra la panchina su cui si possano sedere gli uni e gli altri. Forse, però,
non si è ancora pronti a trovarsi fianco a fianco seduti.

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La Dicotomia del Sudafrica - La Geopolitica di Ieri e di Oggi

  • 1. Valentina Anastasia – Matricola 1012661 LA GEOPOLITICA DI IERI E DI OGGI – LA DICOTOMIA DEL SUDAFRICA La geopolitica da sempre è stata parte integrante della storia del mondo. Sono state trovate tantissime definizioni del termine poiché man mano che l’assetto del mondo cambiava, anche la geopolitica mondiale cambiava. Si potrebbe parlare della geopolitica di ogni singola parte della Terra e per quanto questa possa essere di uno spazio minuscolo, cambierebbe comunque in continuazione. La geopolitica è stata anche definita come politica di conquista ed espansione, spesso violenta, in cui il trovare uno spazio per sopravvivere o semplicemente per allargare il proprio potere, poteva anche violare i diritti degli altri. È proprio quando si è parlato di questo tipo di geopolitica che ho pensato al Sudafrica, a quel Paese che per mesi ho studiato e analizzato per la mia tesi. La riflessione ed il discorso che voglio affrontare in queste poche parole parte da quella che era la geopolitica di quel territorio fino a capire quale sia adesso la geopolitica di questo Stato. Il Sudafrica fin dall’antichità era un territorio affetto da frequenti conflitti tra diversi gruppi etnici con un affermarsi poi definitivo del gruppo Bantu, composto prevalentemente da Xhosa e Zulu. Considerando il punto strategico della punta estrema dell’Africa, l’odierna Cape Town assunse dalla metà del 1400 e dai primi viaggi dei grandi esploratori europei, un ruolo fondamentale come punto di riferimento per tutti i grandi navigatori che la chiamarono “capo di buona speranza”. Il primo vero contatto con l’Europa fu però nel XVII secolo con l’avvento degli olandesi che, facendo entrare questo territorio in una dimensione mondiale e trasformandolo in un punto nevralgico di prestigio ed utilità commerciale, modificarono per sempre il suo assetto politico e sociale. Furono le guerre anglo-boere e quindi la colonizzazione inglese che segnarono definitivamente il cambiamento in quel territorio. Non solo furono riunite tutte le diverse colonie in quella zona creando ufficialmente uno Stato, ma la popolazione indigena nera che per secoli aveva abitato quelle terre subì i primi atti di razzismo e segregazione e fu privata di qualsiasi tipo di potere politico ed economico, limitando al minimo anche un’eventuale economia di sussistenza. Fu proprio quando questo nuovo Stato sudafricano ottenne l’indipendenza dall’Inghilterra che gli Afrikaner ottennero il potere di amministrarlo seguendo le loro regole e le loro norme. Cambiarono per sempre l’aspetto di un territorio che era di origine nera togliendo anche la stessa dignità a quelli che erano sempre stati i legittimi abitanti di un’area sotto conquista da anni. È con l’ascesa al potere del regime dell’apartheid nel 1948 che si può parlare di geopolitica della violenza poiché la politica dittatoriale del partito afrikaner si basava su violenza e razzismo, abolendo qualsiasi tipo di diritto umano ai neri, o meglio ai non-bianchi. Ho avuto la fortuna di 1
  • 2. poter leggere diverse testimonianze di quel periodo, grazie anche allo studio delle opere di AtholFugard, drammaturgo sudafricano bianco di fama mondiale che nelle sue opere si opponeva strenuamente all’apartheid per quanto l’opposizione aperta non fosse accettata dal regime. La segregazione delle persone nere in piccoli stati a loro assegnati dal governo, li rese stranieri nel proprio Paese. Si può parlare di uno spazio come altrove per loro in quel momento, poiché effettivamente non possedevano più niente del loro territorio d’origine e non si potevano più riconoscere in tutto quel terrore e in uno Stato in cui non avevano più nessuna voce. La geopolitica può essere anche questo, distruggere e snaturalizzare così tanto una popolazione da farla sentire straniera in una terra sempre stata loro, distruggendo storia, tradizioni, usi, costumi, tutto ciò che fa parte dell’identità di una popolazione. Il regime dell’apartheid ha ovviamente influenzato molto il ruolo del Sudafrica nel contesto geopolitico internazionale. Fino alla caduta dell’apartheid nel 1994 il Sudafrica era uno degli Stati più isolati sul piano internazionale e considerando appunto il suo governo dittatoriale, razzista e controllato, non aveva un ruolo nelle politiche internazionali. Dalla presidenza della figura emblematica di Nelson Mandela le cose cambiarono. Il passaggio alla democrazia, a un governo multipartitico e alla lotta in prima linea per i diritti umani, ha portato il Sudafrica in una posizione tutta nuova negli equilibri mondiali, facendolo diventare uno degli attori principali della politica internazionale. Col passare degli anni il Sudafrica è diventato quindi un portavoce dei paesi in via di sviluppo e di quelli del Terzo Mondo in quello che veniva definito come “Rinascimento africano”. Per quanto riguarda perciò la sua posizione a livello internazionale, il prestigio del Sudafrica è cresciuto sempre di più rendendolo poi capace di entrare in tempi recenti nei BRICS e nel G20 decretando così la sua effettiva rinascita. È un paese ricco di risorse naturali, industrializzato e forte negli scambi internazionali. I mondiali di calcio del 2010 hanno inoltre segnato un momento di prestigio e di fama, dando la possibilità al Paese di presentarsi su di un palcoscenico mondiale mostrando la scrupolosa organizzazione e tutte le spese fatte per la buona riuscita del campionato sportivo, riscattandosi definitivamente ed entrando a far parte dei paesi con un’ottima reputazione anche in quell’ambito. Ciò che più fa riflettere sul Sudafrica è però la sua natura ambivalente. Un Paese dilaniato per quarant’anni da un regime totalitario razzista e di segregazione non può solo con l’avvento politico di un nuovo leader con ideali di uguaglianza e libertà, cambiare drasticamente. Non è tanto nella politica estera quanto in quella interna che ci si deve soffermare per capire come alcuni equilibri non si siano ancora trovati. La storia di una zona geografica segna per sempre una popolazione così eterogenea come quella sudafricana e la geografia di quel nuovo Stato sudafricano libero era fatta di 2
  • 3. parti di terra abitate da diversi popoli non sono per colore, ma anche per cultura. Se la segregazione razziale ha definitivamente allargato il divario tra tutte le diverse etnie presenti nel Paese, non basta poco perché esso trovi un nuovo equilibrio basato su democrazia e diritti uguali per tutti. Infatti, benché la Costituzione sudafricana sia una delle più progressiste al mondo, gli equilibri politici del Paese sono ancora profondamente legati all’apartheid. Le quattro categorie in cui fu divisa la popolazione nei primi anni di regime si rispecchiano ancora in una tendenza di certi gruppi a essere uniti o divisi a seconda degli interessi individuali. Il fatto che la popolazione nera sia sempre fedele all’Anc e i bianchi e Coloured ai partiti di opposizione, sottolinea come i fattori etnico - razziali siano ancora forti e destabilizzanti per la creazione di una democrazia. Ovviamente dalla fine dell’apartheid i diversi gruppi sociali, ed in prima linea la popolazione nera che rappresenta l’80% della popolazione totale, hanno richiesto sempre più strenuamente eguaglianza di diritti, possibilità sociali ed economiche e lotta alla povertà. Il Paese ha in sé una dicotomia evidenziata dalla differenza tra le parole e la realtà dei fatti: le parole di una Costituzione che si basa sui diritti civili e sull’uguaglianza, e i fatti di una società in cui quei diritti economici e sociali non sono rispettati. Le opportunità e le condizioni di vita favorevoli continuano a rimanere dalla parte dei bianchi e i processi di riacquisizione delle terre e di una posizione economica-sociale sono lenti. Nel mondo il Sudafrica è un esempio di lotta e di aiuto al Terzo Mondo, anche come monito per tanti paesi arretrati di come ci si possa risollevare, quanto la libertà sia importante. Studiando, però, la storia del Sudafrica, la sua geopolitica, ieri ed oggi, sono arrivata ad una riflessione che mi fa vedere il Sudafrica come un Paese di contraddizioni. Non propriamente nel senso negativo perché è ammirevole e quasi sbalorditivo che un Paese vessato per anni da qualcosa di terribile sia arrivato ad essere considerato oggi una potenza mondiale in via di sviluppo, ma perché il suo assetto e la sua latente suddivisione razziale rimangono almeno in alcuni aspetti della vita sociale e politica interna, ed inoltre nella sua violenza. Capita spesso di associare questo paese alla violenza, passata e presente, leggere di quanta criminalità c’è nel Paese ed anche nei confronti dello straniero, come se una sorta di paura permanesse ancora nella gente. Mi colpisce questo del Sudafrica, la sua ambivalenza ed il suo passato che ancora si percepisce nell’anima delle persone. Ovviamente il ruolo adesso di questo Paese sottolinea quanto si sia combattuto per riacquistare prestigio per il mondo intero, assumendo un ruolo notevole nella geopolitica mondiale, e per conquistare diritti e libertà da parte di uno Stato in cui i “cattivi” che un tempo da tutti così erano visti, vivono ora con i “buoni” senza più distinzione tra la panchina su cui si possano sedere gli uni e gli altri. Forse, però, non si è ancora pronti a trovarsi fianco a fianco seduti. 3