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| 33LUNEDÌ 13 NOVEMBRE 2017 | Eco di Biella
VITA&ARTI
LA MOSTRA SUI 30 ANNI DEL SODALIZIO
Ricordata la figura
di Lodovico Sella
Trent’annifa,ilClubAlpinoAccademicoItaliano
- sezione di eccellenza alpinistica del Cai, par-
ticolarmente sensibile ai temi ambientali – fon-
dava l’associazione Mountain Wilderness. La
scelta di Biella non fu casuale: l’evento fu infatti
possibile grazie al sostegno e all’ospitalità della
Fondazione Sella, presieduta da Lodovico Sella,
erede e custode di una tradizione famigliare che
risale a Quintino Sella, lo statista e alpinista biel-
lese che un secolo e mezzo fa aveva fondato il
Club Alpino Italiano. Di quel memorabile mo-
mento,laFondazioneSellaconservauncospicuo
archivio fotografico, da cui è stato tratto un rac-
contoperimmaginicheripercorrelafasenascente
di Mountain Wilderness: una sorta di album di
famigliaincuiappaiono,giovanieentusiasti,isoci
fondatori,daquelliancoraattivinell’associazione,
comeCarloAlbertoPinelli,achiogginonc’èpiù,
come Lodovico Sella, scomparso lo scorso anno
all’età di 87 anni. «Senza di lui Mountain Wil-
derness sarebbe nata ugualmente, ma probabil-
mente non sarebbe nata a Biella», ha ricordato
Maurizio Sella in apertura del convegno “Ripen-
sare alla montagna”, che sabato ha celebrato i
trent’anni dell’associazione (vedi servizio in basso).
IlritornoallamontagnapartedaBiella
Alla Fondazione Sella festeggiati tra eventi e ospiti i 30 anni di Mountain Wilderness
E l’alpinismo ambientalista discute sul futuro, tra clima, tecnologia e “nuovi montanari”
PLATEA
I presenti al convegno
“Ripensare alla montagna”
Per un giorno, Biella è tornata a
ospitare gli “stati generali” della
montagna: come trent’anni fa,
quando proprio qui si radunava il
gotha dell’alpinismo internazio-
naleperdarevitaaMountainWil-
derness, associazione che da al-
lora si batte, in tutto il mondo, in
difesa dell’ambiente alpino.
IlCaidiBiellahavolutocelebrare
quella data, che ha segnato una
svolta nel mondo dell’alpinismo,
insiemealgrandesponsordiquel-
l’evento,laFondazioneSella.Elo
hanno fatto con il percorso “Ri-
pensareallamontagna”,unaserie
di eventi tutti dedicati all’ambien-
tealpinoculminati,sabatoscorso,
con una kermesse finale che ha
richiamato, nello spazio suggesti-
vo dell’ex lanificio Sella, oltre 200
partecipanti: tanti addetti ai lavori
- alpinisti, esperti, ambientalisti,
fotografi, scrittori e giornalisti –
ma anche semplici appassionati e
curiosi.
Una giornata densa: due semi-
nari sul difficile rapporto tra am-
bientealpinoeattivitàumane;una
tavola rotonda sulla realtà attuale
diMountainWilderness,conide-
legati di Svizzera, Francia, Ca-
talogna,Germa-
nia a raccontare
le proprie attivi-
tà; una mostra
fotografica che
ripercorre,conle
immagini di ar-
chiviodellaFon-
dazione Sella, i
primi passi del-
l’associazione;
un mercatino di
piccoliprodutto-
riagricolidelleterrealte,chehan-
no proposto birra, formaggi, mie-
le,antichevarietàdipatate,vinodi
alta quota. Non è mancato un
affollatissimomomentoletterario,
con Paolo Cognetti e (in colle-
gamento video) Matteo Righetto,
autori di “romanzi di montagna”
di grande successo, e infine una
chiusura ad effetto, in Piazza
Duomo, con il concerto del coro
Sant’IlariodiRovereto,accompa-
gnato da testi tratti dall’enciclica
LaudatoSìedaunaproiezionedi
immagini storiche e di fotografie.
Il compleanno di Mountain Wil-
derness è stata l’occasione per di-
scutere del rapporto tra uomo e
montagna, tra errori del passato,
contraddizionidelpresente,rischi
edopportunitànelfuturo.Tantigli
interventi autorevoli che hanno
offertosguardidiversi,avoltecon-
trastanti: «Opinioni diverse che ci
arricchiscono - ha sottolineato,
aprendo i lavori, il presidente del
Cai Vincenzo Torti - perché guar-
dano tutte nella stessa direzione:
riconsegnare la montagna alle ge-
nerazioni future così come ci è
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Le nuove sfide. Ma che ruolo ha
oggi una associazione ambienta-
listacomeMountainWilderness?
«Davanti ai fenomeni epocali che
incidono pesantemente sulla
montagna,inprimisilcambiocli-
matico, è evidente – ha affermato
Alberto Rampini, presidente del
ClubAlpinoAccademicoItaliano
- che la difesa della montagna da
sola non basta, ma deve neces-
sariamente includere temi più ge-
nerali,dalmodellodisviluppoagli
stili di vita: dunque è necessaria
una sinergia con tutte le altre or-
ganizzazioni ambientaliste e un
focus particolare sulle attività di
sensibilizzazione e di educazione
delle nuove generazioni».
Ma i principi ispiratori dell’asso-
ciazionerestano
– secondo il suo
presidente ono-
rario Kurt
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Quera – quanto
mai validi, di
fronte ad uno
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della montagna: sempre più spet-
tacolarizzata, usata come scena-
riodacartolinaperattivitàdiogni
genere, vissuta come un parco av-
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mentarsi spensieratamente con
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tività competitive, dal trail allo
skyrunning, dove conta arrivare
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E’ un tipo di fruizione che con-
fliggefortementeconitradizionali
valori fondanti dell’alpinismo: la
fatica, la lentezza, il silenzio, la
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spetto profondo dell’ambiente al-
pino, la preparazione tecnica e fi-
sica, la conoscenza dei propri li-
miti. Un approccio personale e
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sico, che implica una preparazio-
ne fisica, mentale e soprattutto
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La “svendita” della montagna.
Oggi invece la montagna viene
considerata un prodotto come un
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pre più facile, più accessibile, più
sicura, più confortevole: «I miei
clienti – racconta una guida – mi
chiedonospessosenelrifugioc’èil
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dotazione indispensabile». La
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nando quel filtro che per secoli ha
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l’uomo: basti pensare alla pratica
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zioniambientalistesibattonoinu-
tilmente da tempo.
E, di fronte ad una domanda che
cresce, la strategia è stata finora
quella di aumentare l’offerta: più
stradediaccesso,piùrifugi,esem-
pre più grandi, più funivie, più
impianti di risalita. Un modello
tipicodeglianni’60,cheoggimo-
stratuttiisuoilimiti,machemolte
istituzioni locali continuano a se-
guire: ad esempio, riversando in-
genti finanziamenti sull’inneva-
mento artificiale di stazioni a bas-
sa quota, in omaggio a quella
“monocultura della pista da sci”
che in passato ha indubbiamente
portato turismo e benessere nelle
valli alpine, ma che oggi va ri-
pensata, a fronte dei cambi cli-
maticichelarendonosempreme-
no sostenibile, lasciando sul ter-
ritorio solo relitti di impianti or-
mai inutili.
Non è possibile, ha sostenuto il
giornalistaEnricoCamanni,con-
siderarelamontagnacomeunsu-
burbio urbano per cittadini in cer-
ca di aria buona e di facile svago.
Né d’altronde si può pensare di
imbalsamare le Alpi in un museo
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da una cultura tipicamente urba-
na.Serveuncompromessoragio-
nevole, una terza via, del resto già
indicata chiaramente dalla Con-
venzione delle Alpi del 1991 e
applicata,quaelà,datantebuone
pratiche sul territorio. Gli stru-
menti esistono da tempo, ma la
politicanonsembraaccorgersene:
«Perquestoc’èancorapiùchemai
bisognodiMountainWilderness,
diunavoceautorevolecheurli,se
necessario,perrompereun“mon-
do liquido”, in cui tutti a parole si
dichiarano d’accordo ma poi, nei
fatti,continuanoaseguiremodelli
obsoleti».
L’abbandono delle terre alte.
Ma la montagna non è fatta solo
di alte quote, di vette più o meno
incontaminate da proteggere dal
turismo di mas-
sa. Ci sono le
medie quote,
storicamente
popolate dal-
l’uomo che – ha
ricordato l’an-
tropologo An-
nibale Salsa - ne
ha plasmato il
paesaggio: mal-
ghe,pascoli,ter-
razzamenti, al-
levamenti, piccole attività agrico-
le e casearie, tutta quella “eco-
nomia dell’alpeggio” che ha ca-
ratterizzato per secoli le nostre
montagne, come la stessa etimo-
logia del nome “Alpi” conferma.
Unarealtà–quel“mondodeivin-
ti” descritto da Nuto Revelli – che
si è andata perdendo, abbando-
nando valli e pendici dei nostri
monti, dove la natura sta ripren-
dendo il sopravvento, con il ri-
tornodeiboschieperfinodigran-
di predatori quali l’orso e il lupo:
un “re-wilding” spontaneo che
però,inunambienteantropizzato
dasecoli,comportaildegradodel
paesaggio, la perdita di una eco-
nomia tradizionale e sostenibile,
la scomparsa di una cultura se-
colare.
Qui, nelle terre alte, il discorso si
fa dunque completamente diver-
so: non si tratta più di limitare e
selezionare l’accesso ma, al con-
trario, di combattere lo spopola-
mento e l’abbandono, con ade-
guate politiche che favoriscano il
“ritorno alla montagna”.
Ma non sempre - ha ricordato
Francesco Pastorelli, di Cipra Ita-
lia, la Commissione internazio-
nale per la protezione delle Alpi –
«il reinsediamento produttivo in
montagna è dettato da nobili in-
tenti». Finanziamenti e sussidi,
spesso distribuiti a pioggia, in as-
senza di controlli e verifiche, han-
no creato tanti “falsi alpeggi”:
speculatori, finti allevatori e agri-
coltori, che magari impiegano
personaleextracomunitarioinne-
ro,malgheristrutturateperdiven-
tare seconde case, piste di accesso
e infrastrutture inutili, finite nel-
l’abbandonodopoaverintascatoi
fondi,ruspechespiananoiterreni
per renderli coltivabili. «Non si
tratta di rincorrere il mito di una
Arcadia felice, con il pastore che
suona il flauto. Ma non possiamo
neanche continuare a finanziare
un’economiadiquestotipo:ème-
glio che sui nostri monti tornino i
boschi e i lupi, piuttosto».
I “nuovi montanari”. Ma, tra
spopolamento e speculazione, c’è
per fortuna una terza via. Sta cre-
scendo infatti una generazione di
“nuovi montanari” che, per ne-
cessità economica ma soprattutto
perscelta,ritornanoinmontagna,
riprendendo antichi mestieri – al-
levatore, contadino, artigiano –
conlacultura(econletecnologie)
del terzo millennio. E a volte per-
fino portando in montagna - gra-
zie alle connessioni digitali che
permettono di annullare l’isola-
mento fisico -
esperienze, pro-
fessionalità e
culture tipiche
del mondo citta-
dino: i casi di
giovani profes-
sionisti o artisti
(lo scrittore Pao-
lo Cognetti è un
caso emblemati-
co) che scelgono
divivereinmon-
tagna non sono più rari. Ne na-
scono contaminazioni culturali
feconde – il festival “Il richiamo
della foresta”, organizzato in Val
d’Ayas dallo stesso Cognetti, ne è
un esempio – ma anche una sen-
sibilità ambientale che spesso i
“montanari doc” sembrano avere
smarrito, nella rincorsa ad uno
stile di vita consumistico.
E allora, è stata la domanda che
hapercorsoinumerosiinterventi,
chi è oggi il “montanaro”? Chi è
natoinmontagna,emagarisogna
uno stile di vita urbano o un red-
ditizioturismodimassa?Oinvece
chi in montagna ha scelto di vi-
verci, magari adottando uno stile
di vita spartano e adoperandosi
per proteggerne l’ambiente? «La
montagna – è stato sintetizzato
durante il convegno – è di chi la
protegge». E il compito dell’am-
bientalismo è far sì che la schiera
dei “montanari honoris causa”
sia sempre più numerosa, a par-
tire dalle istituzioni, spesso sorde
a questo messaggio. Un ruolo
dunque soprattutto culturale,
quello dell’alpinismo ambientali-
sta: quello di ricostruire, con un
nuovo patto tra uomo e ambiente
montano, una nuova antropolo-
gia della montagna, in grado di
affrontare le sfide del terzo mil-
lennio.
l Simona Perolo
Difendere le terre
alte? Non basta
più: necessario
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Tra spopolamento
e speculazione,
la terza via
sono i “nuovi
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I MOMENTI DELLA GIORNATA
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  • 1. | 33LUNEDÌ 13 NOVEMBRE 2017 | Eco di Biella VITA&ARTI LA MOSTRA SUI 30 ANNI DEL SODALIZIO Ricordata la figura di Lodovico Sella Trent’annifa,ilClubAlpinoAccademicoItaliano - sezione di eccellenza alpinistica del Cai, par- ticolarmente sensibile ai temi ambientali – fon- dava l’associazione Mountain Wilderness. La scelta di Biella non fu casuale: l’evento fu infatti possibile grazie al sostegno e all’ospitalità della Fondazione Sella, presieduta da Lodovico Sella, erede e custode di una tradizione famigliare che risale a Quintino Sella, lo statista e alpinista biel- lese che un secolo e mezzo fa aveva fondato il Club Alpino Italiano. Di quel memorabile mo- mento,laFondazioneSellaconservauncospicuo archivio fotografico, da cui è stato tratto un rac- contoperimmaginicheripercorrelafasenascente di Mountain Wilderness: una sorta di album di famigliaincuiappaiono,giovanieentusiasti,isoci fondatori,daquelliancoraattivinell’associazione, comeCarloAlbertoPinelli,achiogginonc’èpiù, come Lodovico Sella, scomparso lo scorso anno all’età di 87 anni. «Senza di lui Mountain Wil- derness sarebbe nata ugualmente, ma probabil- mente non sarebbe nata a Biella», ha ricordato Maurizio Sella in apertura del convegno “Ripen- sare alla montagna”, che sabato ha celebrato i trent’anni dell’associazione (vedi servizio in basso). IlritornoallamontagnapartedaBiella Alla Fondazione Sella festeggiati tra eventi e ospiti i 30 anni di Mountain Wilderness E l’alpinismo ambientalista discute sul futuro, tra clima, tecnologia e “nuovi montanari” PLATEA I presenti al convegno “Ripensare alla montagna” Per un giorno, Biella è tornata a ospitare gli “stati generali” della montagna: come trent’anni fa, quando proprio qui si radunava il gotha dell’alpinismo internazio- naleperdarevitaaMountainWil- derness, associazione che da al- lora si batte, in tutto il mondo, in difesa dell’ambiente alpino. IlCaidiBiellahavolutocelebrare quella data, che ha segnato una svolta nel mondo dell’alpinismo, insiemealgrandesponsordiquel- l’evento,laFondazioneSella.Elo hanno fatto con il percorso “Ri- pensareallamontagna”,unaserie di eventi tutti dedicati all’ambien- tealpinoculminati,sabatoscorso, con una kermesse finale che ha richiamato, nello spazio suggesti- vo dell’ex lanificio Sella, oltre 200 partecipanti: tanti addetti ai lavori - alpinisti, esperti, ambientalisti, fotografi, scrittori e giornalisti – ma anche semplici appassionati e curiosi. Una giornata densa: due semi- nari sul difficile rapporto tra am- bientealpinoeattivitàumane;una tavola rotonda sulla realtà attuale diMountainWilderness,conide- legati di Svizzera, Francia, Ca- talogna,Germa- nia a raccontare le proprie attivi- tà; una mostra fotografica che ripercorre,conle immagini di ar- chiviodellaFon- dazione Sella, i primi passi del- l’associazione; un mercatino di piccoliprodutto- riagricolidelleterrealte,chehan- no proposto birra, formaggi, mie- le,antichevarietàdipatate,vinodi alta quota. Non è mancato un affollatissimomomentoletterario, con Paolo Cognetti e (in colle- gamento video) Matteo Righetto, autori di “romanzi di montagna” di grande successo, e infine una chiusura ad effetto, in Piazza Duomo, con il concerto del coro Sant’IlariodiRovereto,accompa- gnato da testi tratti dall’enciclica LaudatoSìedaunaproiezionedi immagini storiche e di fotografie. Il compleanno di Mountain Wil- derness è stata l’occasione per di- scutere del rapporto tra uomo e montagna, tra errori del passato, contraddizionidelpresente,rischi edopportunitànelfuturo.Tantigli interventi autorevoli che hanno offertosguardidiversi,avoltecon- trastanti: «Opinioni diverse che ci arricchiscono - ha sottolineato, aprendo i lavori, il presidente del Cai Vincenzo Torti - perché guar- dano tutte nella stessa direzione: riconsegnare la montagna alle ge- nerazioni future così come ci è stata data». Le nuove sfide. Ma che ruolo ha oggi una associazione ambienta- listacomeMountainWilderness? «Davanti ai fenomeni epocali che incidono pesantemente sulla montagna,inprimisilcambiocli- matico, è evidente – ha affermato Alberto Rampini, presidente del ClubAlpinoAccademicoItaliano - che la difesa della montagna da sola non basta, ma deve neces- sariamente includere temi più ge- nerali,dalmodellodisviluppoagli stili di vita: dunque è necessaria una sinergia con tutte le altre or- ganizzazioni ambientaliste e un focus particolare sulle attività di sensibilizzazione e di educazione delle nuove generazioni». Ma i principi ispiratori dell’asso- ciazionerestano – secondo il suo presidente ono- rario Kurt Diemberger e l’attuale presi- dente Jordi Quera – quanto mai validi, di fronte ad uno sfruttamento sempre più “commerciale” della montagna: sempre più spet- tacolarizzata, usata come scena- riodacartolinaperattivitàdiogni genere, vissuta come un parco av- ventura, in cui chiunque può ci- mentarsi spensieratamente con l’emozione del pericolo oppure vissuta “con l’orologio” nelle at- tività competitive, dal trail allo skyrunning, dove conta arrivare rapidamente alla meta, piuttosto che assaporare il percorso. E’ un tipo di fruizione che con- fliggefortementeconitradizionali valori fondanti dell’alpinismo: la fatica, la lentezza, il silenzio, la solitudine, la conoscenza e il ri- spetto profondo dell’ambiente al- pino, la preparazione tecnica e fi- sica, la conoscenza dei propri li- miti. Un approccio personale e intimo, quello dell’alpinista clas- sico, che implica una preparazio- ne fisica, mentale e soprattutto culturale. La “svendita” della montagna. Oggi invece la montagna viene considerata un prodotto come un altro,davendererendendolasem- pre più facile, più accessibile, più sicura, più confortevole: «I miei clienti – racconta una guida – mi chiedonospessosenelrifugioc’èil wi-fi, ormai lo considerano una dotazione indispensabile». La barriera della fatica, sia fisica che mentale, è stata smontata, elimi- nando quel filtro che per secoli ha preservato l’ambiente alpino dal- l’uomo: basti pensare alla pratica dell’eliski, contro cui le associa- zioniambientalistesibattonoinu- tilmente da tempo. E, di fronte ad una domanda che cresce, la strategia è stata finora quella di aumentare l’offerta: più stradediaccesso,piùrifugi,esem- pre più grandi, più funivie, più impianti di risalita. Un modello tipicodeglianni’60,cheoggimo- stratuttiisuoilimiti,machemolte istituzioni locali continuano a se- guire: ad esempio, riversando in- genti finanziamenti sull’inneva- mento artificiale di stazioni a bas- sa quota, in omaggio a quella “monocultura della pista da sci” che in passato ha indubbiamente portato turismo e benessere nelle valli alpine, ma che oggi va ri- pensata, a fronte dei cambi cli- maticichelarendonosempreme- no sostenibile, lasciando sul ter- ritorio solo relitti di impianti or- mai inutili. Non è possibile, ha sostenuto il giornalistaEnricoCamanni,con- siderarelamontagnacomeunsu- burbio urbano per cittadini in cer- ca di aria buona e di facile svago. Né d’altronde si può pensare di imbalsamare le Alpi in un museo del passato, anch’esso idealizzato da una cultura tipicamente urba- na.Serveuncompromessoragio- nevole, una terza via, del resto già indicata chiaramente dalla Con- venzione delle Alpi del 1991 e applicata,quaelà,datantebuone pratiche sul territorio. Gli stru- menti esistono da tempo, ma la politicanonsembraaccorgersene: «Perquestoc’èancorapiùchemai bisognodiMountainWilderness, diunavoceautorevolecheurli,se necessario,perrompereun“mon- do liquido”, in cui tutti a parole si dichiarano d’accordo ma poi, nei fatti,continuanoaseguiremodelli obsoleti». L’abbandono delle terre alte. Ma la montagna non è fatta solo di alte quote, di vette più o meno incontaminate da proteggere dal turismo di mas- sa. Ci sono le medie quote, storicamente popolate dal- l’uomo che – ha ricordato l’an- tropologo An- nibale Salsa - ne ha plasmato il paesaggio: mal- ghe,pascoli,ter- razzamenti, al- levamenti, piccole attività agrico- le e casearie, tutta quella “eco- nomia dell’alpeggio” che ha ca- ratterizzato per secoli le nostre montagne, come la stessa etimo- logia del nome “Alpi” conferma. Unarealtà–quel“mondodeivin- ti” descritto da Nuto Revelli – che si è andata perdendo, abbando- nando valli e pendici dei nostri monti, dove la natura sta ripren- dendo il sopravvento, con il ri- tornodeiboschieperfinodigran- di predatori quali l’orso e il lupo: un “re-wilding” spontaneo che però,inunambienteantropizzato dasecoli,comportaildegradodel paesaggio, la perdita di una eco- nomia tradizionale e sostenibile, la scomparsa di una cultura se- colare. Qui, nelle terre alte, il discorso si fa dunque completamente diver- so: non si tratta più di limitare e selezionare l’accesso ma, al con- trario, di combattere lo spopola- mento e l’abbandono, con ade- guate politiche che favoriscano il “ritorno alla montagna”. Ma non sempre - ha ricordato Francesco Pastorelli, di Cipra Ita- lia, la Commissione internazio- nale per la protezione delle Alpi – «il reinsediamento produttivo in montagna è dettato da nobili in- tenti». Finanziamenti e sussidi, spesso distribuiti a pioggia, in as- senza di controlli e verifiche, han- no creato tanti “falsi alpeggi”: speculatori, finti allevatori e agri- coltori, che magari impiegano personaleextracomunitarioinne- ro,malgheristrutturateperdiven- tare seconde case, piste di accesso e infrastrutture inutili, finite nel- l’abbandonodopoaverintascatoi fondi,ruspechespiananoiterreni per renderli coltivabili. «Non si tratta di rincorrere il mito di una Arcadia felice, con il pastore che suona il flauto. Ma non possiamo neanche continuare a finanziare un’economiadiquestotipo:ème- glio che sui nostri monti tornino i boschi e i lupi, piuttosto». I “nuovi montanari”. Ma, tra spopolamento e speculazione, c’è per fortuna una terza via. Sta cre- scendo infatti una generazione di “nuovi montanari” che, per ne- cessità economica ma soprattutto perscelta,ritornanoinmontagna, riprendendo antichi mestieri – al- levatore, contadino, artigiano – conlacultura(econletecnologie) del terzo millennio. E a volte per- fino portando in montagna - gra- zie alle connessioni digitali che permettono di annullare l’isola- mento fisico - esperienze, pro- fessionalità e culture tipiche del mondo citta- dino: i casi di giovani profes- sionisti o artisti (lo scrittore Pao- lo Cognetti è un caso emblemati- co) che scelgono divivereinmon- tagna non sono più rari. Ne na- scono contaminazioni culturali feconde – il festival “Il richiamo della foresta”, organizzato in Val d’Ayas dallo stesso Cognetti, ne è un esempio – ma anche una sen- sibilità ambientale che spesso i “montanari doc” sembrano avere smarrito, nella rincorsa ad uno stile di vita consumistico. E allora, è stata la domanda che hapercorsoinumerosiinterventi, chi è oggi il “montanaro”? Chi è natoinmontagna,emagarisogna uno stile di vita urbano o un red- ditizioturismodimassa?Oinvece chi in montagna ha scelto di vi- verci, magari adottando uno stile di vita spartano e adoperandosi per proteggerne l’ambiente? «La montagna – è stato sintetizzato durante il convegno – è di chi la protegge». E il compito dell’am- bientalismo è far sì che la schiera dei “montanari honoris causa” sia sempre più numerosa, a par- tire dalle istituzioni, spesso sorde a questo messaggio. Un ruolo dunque soprattutto culturale, quello dell’alpinismo ambientali- sta: quello di ricostruire, con un nuovo patto tra uomo e ambiente montano, una nuova antropolo- gia della montagna, in grado di affrontare le sfide del terzo mil- lennio. l Simona Perolo Difendere le terre alte? Non basta più: necessario ragionare anche su altri temi Tra spopolamento e speculazione, la terza via sono i “nuovi montanari” I MOMENTI DELLA GIORNATA SUL PALCO Alcuni momenti della giornata: dall’alto, i re- latori del mattino, quelli del pomeriggio e l’incontro con lo scrittore Paolo Cognetti