5. DANNEGGIATA
ESTRATTO
INEDITO
Per la prima volta, in mezzo a quegli
sguardi malvagi che ancora lo osservavano,
vide due grandi pozze verdi: non erano acque
cristalline, erano torbidi abissi. Lo ghermivano
e lui poteva vedervi riflessa la sua immagine,
scorgere se stesso pulito, intero: ciò che lui non
era e avrebbe voluto essere. Non sapeva se
esserne felice o turbato, perché quegli occhi
verdi non erano quelli dell’amante che ora
dormiva al suo fianco, ma quelli di una
ragazzina, Sabrina.
Alex tardò ad addormentarsi. Sabrina era
dappertutto: nei suoi desideri, nelle sue
6. perversioni, nella calma apparente della
quotidianità e nella follia dei suoi vizi che
esigevano una vittima sacrificale: lei e solo lei.
La guerra crudele e sanguinosa ingaggiata
dalla sua brama contro la ragione, lo squassava
dentro: ne subiva i lividi, ne contava le
fratture. Avrebbe voluto cancellarla, ma in fin
dei conti non sapeva come. Ancora una volta
fissava il soffitto, si era svuotato sul corpo di
un'altra donna, ma pensava alla sua piccola
tentatrice, al loro incontro di quella mattina.
Come ogni mattina, Sabrina aveva cercato un
contatto con lui, il suo tenebroso psicologo; lo aveva
spiato, lo aveva seguito con lo sguardo, si era
nascosta nell’ombra per sorprenderlo con un
agguato che sapeva di strategia militare.
Ancora una volta, era riuscita a scovarlo. Gli
occhi si erano incatenati e i corpi avevano trovato
la loro strada: quella sbagliata.
Sabrina aveva poggiato le mani sul suo petto:
aveva voluto provocarlo?
Aveva desiderato sedurlo?
O aveva semplicemente ceduto al bisogno fisico
e doloroso di toccarlo?
Non esistevano risposte leggibili a un desiderio
che, come un peccato, si muoveva nel buio e viveva
nel silenzio.
7. Lui, come ustionato da quel contatto, aveva
afferrato con troppa forza i polsi di Sabrina,
l’aveva allontanata fisicamente dal proprio corpo e
aveva pregato che sparisse anche la sua fame che
continuava a crescere e lo portava al limite, lo
stesso limite che, con forza, anche in quel momento,
si era imposto di rispettare.
«Alex, lasciami, mi fai male!» La voce di
Sabrina era apparsa allarmata, ma aveva tradito
desiderio.
Lui aveva sentito sotto i suoi pollici il sangue
che le scorreva veloce e il battito impazzito, e ne
aveva goduto… immensamente,proprio come un
lupo che avverte la resa della sua preda. Avrebbe
voluto cibarsi della sua paura. Per una frazione di
secondo aveva stretto gli occhi, il tempo necessario a
riprendere il controllo, un limbo che gli aveva
permesso di riappropriarsi del suo
discernimento:aveva visto il bene e aveva visto il
male. Quello che stava per accadere era sbagliato.
Lui aveva lasciato la presa su Sabrina che
aveva ansimato rumorosamente, incantata dalla
forza magnetica che non era né piacere né dolore,
né giustizia né punizione, ma era lui, quello era
Alex.
Lei lo aveva osservato con attenzione,
attendendo un qualsiasi segnale del suo
coinvolgimento, ma ancora una volta lui non era
8. stato disposto a mostrarglielo, anzi, calando una
maschera di irritata indifferenza, le aveva
detto:«Stai giocando con il fuoco.»
«Non vedo l’ora di bruciarmi» era stata la
replica maliziosa, ma ingenua di lei.
Con la rassegnazione che arrivava da una
sconfitta a cui non si è pronti a piegarsi, Alex
l’aveva liquidata: «Vai a scuola ragazzina.»
Alex cercava il sonno, ma quei ricordi non
gli consentivano di trovarlo. Per un breve lasso
di tempo, sul suo volto si dipinse un sorriso
divertito che, inaspettatamente, raccontava di
una tenerezza a lui sconosciuta. Si voltò verso
l’amante che gli dormiva accanto e fece i conti
con un sentimento che, questa volta, era ben
conosciuto: l’irritazione per averla ancora là.