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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
Wireless society,
mobile learning
Anno Accademico 2012-2013
Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata
Corso di Laurea Magistrale in
Teorie e Metodologie dell’e-Learning e della Media Education
Relatore
Prof.ssa Paula De Waal
Laureando
Gaetano Lopez
  1
Indice
Introduzione 3
PARTE PRIMA
L’APPRENDIMENTO NELL’ERA DELLA MOBILITÀ
1. Wireless society 9
1.1 Gli utenti mobile nel mondo
1.2 I dispositivi e la tecnologia
1.3 Ubiquitous e pervasive computing
1.4 Reti sociali mobili
1.5 Accesso e conoscenza
2. Mobile learning 35
2.1 Cos’è il mobile learning
2.2 Una teoria per il mobile learning
2.3 Self paced learning
2.4 I contenuti
2.5 Quale valutazione
2.6 Ricerche e progetti nel mobile learning
 2
PARTE SECONDA
MOBILE DESIGN
3 Usabilità e mobile learning 67
3.1 Usabilità ed emozioni
3.2 Mobile usability
3.3 Usabilità e apprendimento
4. Responsive design 87
4.1 Cos’è il responsive design
4.2 Creare layout flessibili
4.3 Media queries
4.4 Progettare responsive
4.5 Un sito responsive
Conclusioni 131
Riferimenti bibliografici e sitografici 135
  3
Introduzione
Il resoconto delle vendite di personal computer nel corso del primo trimestre del 2013,
da parte di importanti società di ricerca e consulenza dell’information technology come
IDC e Gartner, evidenzia, rispetto allo stesso periodo del 2012, un calo superiore al
10%. Il calo, che ha colpito soprattutto le soluzioni netbook, ovvero quei pc di dimen-
sioni, prestazioni e costi ridotti, solo parzialmente è riconducibile alla crisi economica
planetaria, essendo ascrivibile soprattutto alla crescita esponenziale di smartphone e ta-
blet, che stanno diventando i dispositivi privilegiati nel consumo tecnologico dell’intera
popolazione.
Circa un quarto del traffico web passa da dispositivi mobili, le vendite di tablet nel 2013
sono stimate in più di 100 milioni.
Una ricerca dell’International Telecommunication Union indica che entro il 2014 il nu-
mero di dispositivi mobili nel mondo supererà la popolazione dell’intero pianeta con un
tasso di penetrazione del 96% a livello mondiale.
I dispositivi mobili, dunque, si stanno diffondendo in modo sempre più capillare, coin-
volgendo tutte le fasce di età e di ceto, in tutti i paesi del mondo.
Una frase ricorrente nella letteratura sul mobile learning, indicativa dell’uso intensivo
dei cellulari da parte delle nuove generazioni, ormai esteso a tutti, è quella di uno stu-
dente giapponese, riportata da Marc Prensky [2004]: “Quando perdi il tuo telefonino
perdi una parte del tuo cervello”.
Diverse le ragioni della grande diffusione dei dispositivi mobili: la loro semplicità di
utilizzo, il fatto di essere un oggetto di uso quotidiano, percepito come personale e fami-
liare da chiunque, il progressivo abbassamento dei prezzi, la possibilità di accedere alle
reti wireless, la crescente esigenza di comunicazione digitale, il fatto di poter utilizzare
in modo convergente le diverse funzionalità che stanno caratterizzando i dispositivi di
ultima generazione.
I nuovi smarphphone, infatti, consentono di affiancare alla funzionalità telefonica, un
insieme crescente di funzioni: realizzare video e foto, collegarsi in rete, sfruttare l’enor-
me massa di app disponibili; diventando utili sia nella comunicazione interpersonale
classica, sia in ambito aziendale e professionale. Funzioni implementate con tecnologie
sempre più raffinate e in grado di assicurare risultati inimmaginabili sino a poco tempo
 4
fa. In luglio 2013 Nokia ha annunciato il rilascio del nuovo Lumia 1020, dotato di una
fotocamera di 41 megapixel, definendolo un “photophone”.
Si tratta quindi di una combinazione di fattori sociali, economici e tecnologici che pos-
sono contribuire alla crescita e alla diffusione del mobile learning, non solo tra i digital
natives ma anche all’interno dei contesti aziendali e per la platea di soggetti impegnati
nell’apprendimento continuo.
Si parla sempre più spesso di mobile society, ovvero di una società sempre connessa,
attraverso dispositivi di tipo diverso, indipendentemente dal luogo e dall’attività svolta
in un determinato momento.
Si va compiendo il paradigma dell'ubiquitous computing, preconizzato da Weiser al
termine degli anni ’80, secondo cui saremmo stati sempre connessi attraverso mezzi di
calcolo diversi, diffusi nell'ambiente, nascosti dai designer negli oggetti di uso comune.
Sono in crisi tutti gli assunti e i paradigmi che hanno regolato e assicurato continuità e
sostenibilità alla società industriale, ivi compresi quelli della formazione e dell’istru-
zione. Le diverse attività quotidiane non sono più scandite in maniera rigorosa: l’ap-
prendimento - che è interconnesso al gioco, alle relazioni, al lavoro - dura tutta la vita e
non ha più un’unica sede e un unico momento.
Nuovi modelli interattivi prendono forma e cercano di qualificare l’esperienza d’uso
con i diversi dispositivi attraverso le interfacce e la loro usabilità.
Il mobile learning incrociando questo scenario deve far propri i paradigmi emergenti,
comprendendo a fondo le affordance e i vincoli, cercando di intuire i modelli d’uso che
si affermeranno.
L’evoluzione della società, i crescenti bisogni individuali, i cambiamenti economici e
del mercato del lavoro da un lato; il nuovo ruolo giocato dalla comunicazione tra tutti
gli attori sociali per la diffusione e lo sviluppo di nuove tecnologie dall’altro; pongono il
problema di attualizzare e ridefinire, alla luce di un nuovo sentire, il concetto di appren-
dimento. Si tratta di comprendere in che modo le tecnologie in generale e quelle mobili
e wireless stanno trasformando il mondo della scuola, della formazione e le forme
dell’apprendimento.
Il quadro di interdipendenza esistente tra dimensione sociale, evoluzione tecnologica,
mondo economico e apprendimento induce a valutare gli aspetti sistemici, evitando un
discorso centrato sul solo apprendimento.
Il focus è allora da un lato sull’apprendimento nel terzo millennio, considerando
l’apprendimento un mattone che si inserisce in un più ampio comportamento sociale
dell’individuo; dall’altro, sulle interfacce e la loro usabilità, e sulle condizioni d’uso dei
dispositivi, aspetti centrali nella fruizione e nella progettazione di qualunque artefatto
tecnologico.
  5
Tenendo in mente che l’uso dei nuovi dispositivi, indipendentemente dagli obiettivi che
in un determinato momento l’utente intende raggiungere, debba essere sempre accom-
pagnato da aspetti di joyability, in quanto la dimensione ludica e di piacevolezza del-
l’interazione non è separabile dall’artefatto, ma ne è parte integrante, caratterizzando
l’intera esperienza, sia essa di svago, lavorativa o di apprendimento. Soprattutto in con-
siderazione del fatto che i confini tra le varie attività diventano sempre più labili, e
ognuna di esse si inserisce nel flusso continuo della quotidianità mediata dai dispositivi
mobili connessi attraverso internet, sempre più in modalità wireless.
Questo lavoro si propone dunque di delineare lo scenario sociale, economico, tecnolo-
gico che ha portato alla diffusione dei dispositivi mobili e allo sviluppo del mobile
learning. L’idea è quella di individuare i tratti distintivi che caratterizzano la socialità
nel terzo millennio, nell’epoca della connessione perenne, in cui l’apprendimento dura
per tutta la vita, e i dispositivi mobili consentono agli studenti di gestire in modo nuovo
la propria formazione, assecondando una modalità nomadica che incarna un nuovo mo-
do di vivere il quotidiano e la propria vita, non più preordinata, in divenire, giorno per
giorno, dipendentemente dai cambiamenti, che rappresentano l’unico dato certo.
Il lavoro è stato strutturato in quattro capitoli suddivisi in due parti.
Nel primo capitolo si analizza lo scenario socio-economico e lo sviluppo della tecnolo-
gia mobile.
Il secondo capitolo analizza le caratteristiche del mobile learning, in modo da compren-
derne le specificità uniche in vista di una teoria.
Il terzo affronta le problematiche relative all’usabilità dei dispositivi mobili e specifica-
tamente nell’utilizzo per la didattica.
Il quarto si addentra nella problematica specifica del responsive web design, ovvero del-
la filosofia progettuale che si è andata affermando nello sviluppo di siti web destinati a
una fruizione su tutti i dispositivi. Questa sezione è stata peraltro concepita e adeguata
per una fruizione mobile, utilizzando iTunes U come sistema per la gestione del corso.
È possibile iscriversi al corso, con un dispositivo mobile Apple, all’indirizzo web:
https://itunesu.itunes.apple.com/enroll/KLX-X2P-CF5.
 6
  7
PARTE PRIMA
L’APPRENDIMENTO NELL’ERA DELLA MOBILITÀ
 8
  9
1. Wireless society
1.1 Gli utenti mobile nel mondo
La comunicazione wireless è la tecnologia che si è diffusa più velocemente di qualun-
que altra nella storia [Catsells et al., 2008]. I dati della diffusione di dispositivi di tele-
fonia mobile, aggiornati alla fine del 2012, sono riepilogati nel report “The mobile con-
sumer”, rilasciato da Nielsen nel febbraio 2013.
Il documento aggrega i dati raccolti, con metodologie diverse a seconda del paese, da
un’indagine condotta in 9 paesi e 4 continenti. In tutti i paesi il campione raggiunto, se-
lezionato casualmente, ha un’età compresa tra i 16 e i 64 anni. Le interviste sono state
condotte nel primo semestre del 2012, in un lasso di tempo mediamente di uno/due mesi,
su tutto il territorio nazionale, in modalità online, a possessori sia di smartphone, in nu-
mero maggiore, sia di altri tipi di mobile phone.
Caratteristiche degli utenti, penetrazione dei dispositivi
Dal report emerge che i dispositivi mobili hanno raggiunto la massa critica e il numero
di coloro che possiedono un telefono cellulare non cresce più dalla prima metà del 2012,
tanto nei paesi sviluppati che in quelli in forte crescita.
Diversa è invece la distribuzione del tipo di dispositivo posseduto; mentre in Cina due
terzi dei possessori di cellulari ha uno smartphone, in India lo ha solo il 10% e ben
l’80% ha uno feature phone. In Corea, patria della Samsung - quindi uno dei maggiori
paesi produttori, il 99% della popolazione possiede un cellulare, di cui il 67% è uno
smarphone. Tra i paesi avanzati, gli Stati Uniti hanno la minor diffusione di smartpho-
ne; infatti sia pure in crescita, solo il 61% della popolazione ne possiede uno. In Turchia
e Brasile sono molto diffusi i multimedia phone, telefoni con capacità simili agli smart-
phone, ma senza sistemi operativi avanzati quali, iOS, Android, Windows Phone.
La diffusione degli smartphone presenta differenze di genere in tutti i paesi, con divari
più marcati in Cina, Brasile e Russia (il 17%, 16% e 13% rispettivamente). In generale
gli smartphone sono più diffusi tra gli uomini, eccetto l’Australia; e i feature phone so-
no più diffusi tra le donne.
 10
I più giovani possiedono soprattutto smartphone, i più vecchi i feature phone. A questa
tendenza ci sono tuttavia alcune eccezioni: in Italia la fascia di età che ha più smarphone
è 35-64, mentre l’India ha una maggior penetrazione dei feature phone in tutte le fasce
di età; un trend generalizzato suggerisce che l’adozione di smartphone continuerà a cre-
scere tra i consumatori più giovani.
Alcuni consumatori, per la crescente importanza che la tecnologia mobile riveste sia in
ambito professionale che in quello personale, possiedono più di un cellulare; in Russia
più di un utente su due (51%) possiede due o più dispositivi, in Brasile il 48%, in Italia
il 35%.
Il costo dei piani tariffari incide profondamente sulla scelta dell’operatore e dello stesso
dispositivo, dato che gli smarphone con più funzionalità richiedono spesso maggior traf-
fico dati. In alcuni paesi come India e Russia, dove la spesa media mensile con gli
smartphone è significativamente più alta di quella con qualunque dispositivo mobile, e
dove i feature phone sono più diffusi, i consumatori scelgono opzioni flessibili e meno
costose, come le tariffe a consumo o sfruttando la connessione wifi.
Per quanto riguarda il tipo di uso che si fa con gli smartphone, spicca in tutto il mondo
l’invio di sms, anche con dispositivi dotati di sistemi operativi evoluti e di caratteristi-
che multimediali.
Anche l’uso di e-mail, instant messaging, social network e app sono molto comuni in
tutto il mondo con un’eccezione degli ultimi due in India.
E-commerce, video e pubblicità
Gli acquisti su smartphone sono ancora molto poco diffusi in gran parte del mondo.
I sud coreani sono i più attivi nell’uso della multimedialità e dell’e-commerce, mentre i
brasiliani sono gli utenti che maggiormente utilizzano i social media sui loro smartpho-
ne. Quando si tratta invece dell’uso di app, gli Stati Uniti sono i maggiori utilizzatori
dei social network (85%), seguiti da Brasile (67%), Cina (60%), Uk (58%).
Gli smartphone hanno maggior impatto nello shopping negli Usa dove i dispositivi sono
ampiamente utilizzati per la comparazione dei prezzi e per l’acquisto di prodotti.
Diffusa modalità d’uso, nonostante le dimensioni ridotte del monitor, è anche quella
della visione di video, prevalente nei paesi emergenti, soprattutto in Cina, e meno fre-
quente nei paesi sviluppati con l’eccezione degli Usa.
La visione di video in mobilità non è tuttavia utilizzata in maniera sostitutiva di quella
in televisione, ma consente di accedere a contenuti video indipendentemente dalla posi-
zione: la maggioranza dei possessori di smartphone ha infatti dichiarato che i video in
  11
mobilità non hanno modificato le loro abitudini e il tempo dedicato alla visione della
televisione tradizionale.
L’impatto degli smartphone sulla visione della tv tradizionale si è rivelato più evidente
nei paesi con economie ad alta crescita: il 23% in Cina e il 28% in India ha dichiarato
che la fruizione della televisione è diminuita.
Con l’aumento dell’uso degli smartphone, non sorprende l’uso del mobile advertising:
eccetto l’India, in tutti i paesi oltre il 50% di utenti riceve annunci almeno una volta al
giorno.
L’efficacia di questi annunci varia per paese. In quelli avanzati è meno probabile che la
gente mostri interesse e interagisca, di quanto accada nei paesi emergenti: in India, per
esempio, dove è meno probabile ricevere annunci, gli utenti sono maggiormente pro-
pensi a farsi coinvolgere dalla pubblicità o a fornire informazioni personali agli inser-
zionisti.
1.2 I dispositivi e le tecnologie
Il prorompente aumento delle vendite di dispositivi mobili si è accompagnato a una vor-
ticosa evoluzione delle caratteristiche hardware e software, che procede senza soluzione
di continuità.
Non solo nuove generazioni di smartphone, ma anche l’ingresso nell’arena competitiva
del mercato di dispositivi diversi dal telefono, di diverse dimensioni e caratteristiche: si
tratta di una competizione tra categorie di dispositivi che probabilmente vedrà la scom-
parsa di alcuni e l’affermazione di altri.
Perché se è vero che ognuno di noi potrebbe avvantaggiarsi dal possesso di tipologie
diverse di dispositivi, è altrettanto vero che la tendenza, per ragione di costi ma soprat-
tutto di comodità, è verso la riduzione al minimo del numero di dispositivi: idealmente
uno, da affiancare magari a una postazione fissa.
È fuori di dubbio che la selezione è personale e viene fatta sulla base delle proprie esi-
genze e della disponibilità economica: tuttavia emergeranno scelte comuni, decretando
la selezione della specie.
Si tratta di una competizione che avviene sulla base delle caratteristiche e delle affor-
dance consentite nei diversi contesti d’uso.
Va da sé che il dispositivo ineludibile, posseduto ormai da chiunque, è in buona parte
del mondo il cellulare, sempre più spesso uno smartphone, ovvero un computer a porta-
ta di mano per circa sei miliardi di utenti nel mondo.
 12
I dispositivi mobili
Di seguito un elenco delle principali categorie di dispositivi mobili, ritenendo tali solo
quelli che possono essere tenuti in una mano.
Non sono quindi presi in considerazione dispositivi portatili come notebook e netbook;
questi ultimi stanno scomparendo in quanto hanno perso di significato, non andando a
soddisfare più alcuna specifica esigenza d’uso, non consentendo la trasportabilità di un
tablet e al contempo non assicurando la potenza di calcolo e l’ergonomia di un notebook
o di un desktop.
Palmari (PDA)
Sono computer portatili di dimensioni ridotte che si tengono nel palmo di una mano;
l’interazione avviene attraverso apposite penne con le quali è possibile scrivere. Integra-
no le funzioni di un telefono cellulare, di posizionamento geografico (GPS) e di collega-
mento internet wireless a cui, installando programmi appositamente sviluppati, si posso-
no aggiungere funzionalità.
Sono stati i primi dispositivi di piccole dimensioni sul mercato, molto utilizzati nelle
esperienze di mobile learning (in particolare il PocketPC, palmare Microsoft molto
adatto alla multimedialità), che tendono però a scomparire. Grazie ai costi contenuti,
hanno un loro mercato ormai solo in ambito aziendale, dove sono dati ai dipendenti per
svolgere le loro mansioni, ad esempio nei locali pubblici per prendere le ordinazioni.
Smartphone
Gli smartphone rappresentano l’archetipo del dispositivo mobile per la società del terzo
millennio. Sono telefoni cellulari che, integrando le caratteristiche di un PDA, risultano
il dispositivo più versatile, in grado di soddisfare una ampissima gamma di esigenze.
Integrano fotocamere, videocamere e altoparlanti e sono dotati di connettività wireless;
le funzionalità possono essere estese con l’installazione di App sviluppate da chiunque,
distribuite dagli store gratuitamente o a pagamento.
I telefoni mobili possono essere considerati una vera e propria estensione della mano -
in Finlandia sono descritti dal termine Kanny, diminuitivo della parola mano - immedia-
tamente disponibili per la consultazione degli aggiornamenti (e-mail, social network,
news) e per l'invio di comandi; strumenti di esplorazione della realtà, che non sono né
fuori, né dentro il nostro sistema cognitivo [Mantovani 1998, op cit. in Riva], che con-
tribuiscono ad esprimere un’identità; Foucault ha parlato di tecnologie del sé, dispositivi
che rendono possibile la costruzione sociale dell’identità individuale.
  13
Tablet
I tablet, evoluzione dei tablet Pc, condividono con gli smartphone molte caratteristiche,
il sistema operativo e l’uso di App. Sono dispositivi con interazione touch, di dimensio-
ne variabile dai 7” ai 10.1”, dotati di connettività 3G e wireless, che utilizzano una
tastiera virtuale su schermo e in alcuni casi sono provvisti di tastiera removibile.
E-book reader
Si tratta di un dispositivo portatile, dedicato esclusivamente alla lettura degli e-book,
con un display di dimensioni variabili dai 5” ai 9.7” di diagonale, non retroilluminato,
che utilizza una tecnologia a inchiostro elettronico chiamata e-Ink.
Grazie a queste caratteristiche gli e-book reader cercano di riprodurre l’esperienza di
lettura della carta risolvendo le problematiche della portabilità e dell’affaticamento visi-
vo dovuto alla retroilluminazione dei comuni monitor LCD di un personale computer o
di un tablet. I più evoluti permettono di connettersi alla rete WiFi o 3G e quindi di scari-
care nuovi titoli. La lettura è consentita da appositi software che prendono il nome dallo
stesso dispositivo.
Sono considerati dispositivi mobili anche le console giochi e i lettori mp3.
I formati
Lo sviluppo del mercato sia dei dispositivi, caratterizzato da un altissimo grado di inno-
vazione, che delle piattaforme, nonché dei servizi per la distribuzione di app e prodotti
editoriali, porta a una eterogeneità di formati e versioni software, con relative problema-
tiche di compatibilità e trasportabilità.
La progettazione e la distribuzione dei contenuti richiede quindi l’analisi del mercato e
una scelta circa le tecnologie da adottare e i fornitori disponibili, considerando vantaggi
e svantaggi delle diverse opzioni.
Le app
Le app native sono programmi progettati per uno specifico sistema operativo, nel lin-
guaggio e nell’ambiente di sviluppo supportato da quel sistema; sono installate in locale
sui rispettivi dispositivi.
Il loro vantaggio è che possono sfruttare a pieno le funzionalità offerte dal sistema ope-
rativo, potendo accedere agli altoparlanti, alla macchina fotografica, al sensore GPS.
Inoltre, le app native possono essere disponibili offline, possono salvare localmente i
dati o i documenti richiesti e ricavare la posizione corrente dell’utente.
 14
Altri benefici sono l’usabilità e la grafica progettata appositamente. Infine, non hanno
bisogno di essere aperte attraverso un browser poiché l’accesso avviene direttamente dal
sistema operativo.
Lo svantaggio risiede invece nel fatto che ogni sistema operativo richiede uno sviluppo
ad hoc e gli aggiornamenti dell’applicazione sono complessi, il che comporta tempi e
costi molto elevati.
Per rendere le applicazioni disponibili è anche necessario caricarle sullo store di un for-
nitore. C'è da dire che in alcuni casi i tempi necessari per la distribuzione sono molto
lunghi. Tuttavia, il sistema dello store può essere usato in modo vantaggioso per vende-
re il contenuto: il provider ha una gestione centralizzata per il pagamento e consente di
raggiungere facilmente un ampio pubblico e il target desiderato.
Siti web mobile
In alternativa alle app è possibile rendere disponibile il contenuto attraverso i siti web.
Essendo basati su tecnologie standard come HTML5, CSS3 e JavaScript, non è necessa-
ria alcuna installazione e sono fruibili attraverso un browser da qualunque sistema ope-
rativo e dispositivo.
Un altro grande vantaggio di un sito web è la capacità di adattarsi alle peculiarità dei
diversi dispositivi, anche attraverso diverse rappresentazioni dei contenuti, sfruttando il
paradigma del responsive design discusso più avanti, nel capitolo quattro.
Infine i siti web possono essere pubblicati e aggiornati in tempo reale senza le proble-
matiche legate al processo di licenza sui marketplace.
A differenza delle app native, le applicazioni web presentano lo svantaggio di non poter
accedere alle funzioni hardware dei dispositivi e di avere il graphic design limitato da
alcune problematiche legate ai browser.
E-book
Gli e-book sono versioni digitali di libri stampati che possono essere fruiti non solo da-
gli e-book reader, ma anche da tablet e smarthphone grazie a software dedicati.
Per quanto vi sia un numero elevato di formati, la maggioranza degli e-book sono rea-
lizzati in tre formati: PDF, Mobi ed ePUB. Quest’ultimo si sta affermando come
standard, in quanto è un formato aperto, supportato da tutti i dispositivi in commercio, e
reflowable, ovvero l’impaginazione si adatta in base al dispositivo di visualizzazione,
all’orientamento della pagina e alle scelte dell’utente.
Il mercato degli e-book è in continua crescita e dall’anno scolastico 2014-15 in Italia vi
sarà obbligo dell’adozione del libro misto, ovvero tutti i libri di testo dovranno avere
una versione in formato e-book.
  15
Oltre a consentire operazioni che facilitano la fruizione tipiche dei documenti digitali,
quali sottolineature, impostazione di segnalibri, ricerche testuali, gli e-book possono
integrare link ipertestuali, animazioni, audio e video. Se opportunamente progettate,
queste caratteristiche potrebbero suggerire nuovi percorsi di fruizione che ne estendano
le potenzialità e conducano a un ripensamento del libro.
L’idea di un libro acquistabile esclusivamente nella sua interezza è ormai molto lontana
dalle esigenze del lettore, il quale chiede la libertà di poter selezionare la porzione di
contenuto di suo interesse, secondo il modello già affermatosi nella musica con iTunes
della Apple, che consente l'acquisto di un singolo brano invece dell’intero CD, e la crea-
zione di una propria playlist.
La prospettiva è dunque quella del libro aperto, che possa essere utilizzato, modificato e
distribuito liberamente, e sia adattabile ai diversi dispositivi.
I sistemi operativi
Considerato che dal giugno del 2013, data in cui Nokia ha ufficialmente comunicato che
non avrebbe più prodotto dispositivi dotati di Symbian OS, il sistema operativo (nato
nel 1998 e utilizzato prevalentemente dal produttore finlandese) non è più supportato da
nessun hardware; i sistemi che attualmente si dividono il mercato degli smartphone
sono quattro.
La Figura 1 offre una schematizzazione della loro penetrazione nel mercato.
Android
È il sistema operativo di Google. Dall’ottobre 2008, data di lancio del primo dispositivo
equipaggiato Android, ha conquistato quote crescenti di mercato, diventando il più dif-
fuso al mondo, anche perché scelto da molti grandi produttori di smartphone, Samsung
in primis: è perciò supportato da una ampissima gamma di dispositivi, di varie fasce di
prezzo.
Basato su Kernel Linux, si caratterizza per l’architettura open source, che permette di
modificare e distribuire liberamente il codice sorgente. Le app, scritte da un’ampia co-
munità di sviluppatori con una versione modificata del linguaggio di programmazione
Java, sono distribuite attraverso Google Play, lo store di Google. L’apertura del sistema
è causa di alcuni limiti di sicurezza. La versione più recente è la 4.3 “Jelly Bean”.
iOS
Di Apple, è considerato il primo sistema operativo per telefoni touch (in realtà nel 1992
l’IBM aveva prodotto Simon, con un’interfaccia completamente touch) e comunque
 16
quello che ha sicuramente rivoluzionato il mondo mobile, grazie all’intuitività dell’in-
terfaccia. È utilizzato per iPhone, iPod touch e iPad.
Nato nel gennaio 2007, è attesa la versione 7 per l’autunno 2013. Derivazione di Unix,
si tratta di un sistema proprietario e chiuso che non consente livelli di personalizzazione.
Le app, che per andare in esecuzione hanno bisogno di iOS, sono distribuite dall’Apple
Store, che conta il maggior numero di applicazioni. L’ampia offerta di app e l’ecosiste-
ma creato grazie a servizi gratuiti come iCloud, iMessage e iTunes per la sincroniz-
zazione con gli altri prodotti Apple, oltre alla qualità costruttiva e alla forte componente
di design, caratterizzante da sempre i prodotti della casa di Cupertino, ne rappresentano
i punti di forza.
Windows Phone
È il sistema operativo per smartphone di Microsoft basato su Kernel Windows NT. Nato
nel febbraio del 2010, in discontinuità con il suo predecessore Windows Mobile con il
quale è incompatibile, è giunto alla versione 8. Supporta il multitouch, offre un’inte-
grazione con i social network e contiene un'edizione mobile di Office 2013.
Utilizza la nuova interfaccia Microsoft, caratterizzata da un design flat, la cui schermata
principale (chiamata Start), è composta da “Live tiles”, collegamenti ad applicazioni,
funzioni o oggetti individuali che si aggiornano in tempo reale: per esempio, il tile di un
account e-mail mostra il numero di messaggi non letti.
La sincronizzazione avviene con il software Zune, anche in wireless. Il marketplace è
Windows Phone Store, con un’offerta ancora limitata. È supportato da dispositivi HTC,
Samsung, Huawei, e soprattutto Nokia, che ha abbandonato definitivamente Symbian.
BlackBerry OS
È il sistema operativo per la linea di smartphone BlackBerry. È un sistema proprietario
basato su Kernel QNX, che solo da gennaio 2013, con l’ultima versione 10 ha adottato
un’interazione touch, sostituendo i vecchi trackball e trackpad.
Da sempre rivolto a una utenza business, ha perso importanti quote di mercato, perden-
do il terzo posto a discapito di Windows Phone. Non molte le app a disposizione nello
store BlackBerry World.
  17
Figura 1. Smartphone OS Market Share, 2013 Q3 [Worldwide Quarterly Mobile Tracker. IDC, 2013].
1.3 Ubiquitous e pervasive computing
L’odierna disponibilità di dispositivi diversi per ogni individuo - smartphone, tablet,
lettori mp3, e-book reader, computer desktop - definisce un modello “molti per uno”, e
rappresenta lo stadio attuale nell’evoluzione del rapporto numerico tra uomo e computer.
Infatti, agli inizi il paradigma era “uno per tutti", un solo computer per molti utenti: era-
no gli anni del mainframe, un calcolatore costoso e ingombrante, usato esclusivamente
da specialisti e tecnici informatici, all’interno di contesti specifici come università, cen-
tri di ricerca e di elaborazione dati nelle grandi aziende.
Agli inizi degli anni 80, l’arrivo del personal computer e soprattutto delle interfacce gra-
fiche a manipolazione diretta, ha segnato un passaggio importante, una rivoluzione che
ha diffuso progressivamente il computer in tutte le fasce di utenza, secondo il paradig-
ma “uno per persona”.
Nel modello “molti per uno”, l’utente accede ai diversi dispositivi a seconda del mo-
mento, delle condizioni e delle esigenze, a volte utilizzandone contemporaneamente più
di uno. I dispositivi interagiscono tra loro solo raramente e sempre per iniziativa
dell’utente.
La tendenza tuttavia è quella di creare un ambiente intelligente che avvolga l’uomo, in
cui i dispositivi diffusi in modo invisibile interagiscono tra loro autonomamente. Le te-
cnologie dell’informazione e della comunicazione si innestano nel mondo fisico dotan-
dolo di intelligenza, pervadendo la vita delle persone nelle diverse attività e nei diffe-
renti momenti della giornata. Oggetti quotidiani come penne, abiti, edifici, incorporano
Google Play
Store
App
Store
BlackBerry
World
Windows Phone
Store
Sistema
operativo
Market
place
Market
share
App
79.3% 13.2% 3.7% 2.9%
Android iOS Windows Phone BlackBerry OS
700k 850k 145k 125k
 18
capacità di calcolo. Il confine tra mondo naturale e mondo artificiale diventa impalpabi-
le. Queste tecnologie, definite sensibili, in quanto in grado di scambiare informazioni,
possono integrare un sistema di posizionamento globale (Gps), permettendo l’individua-
zione di tutti gli spostamenti e la storia di un oggetto: dalla fabbrica dov’è stato prodotto,
ai materiali usati, ai mezzi che lo hanno trasportato.
Le ricerche su questo progressivo avanzamento della tecnologia nel mondo fisico sono
partite negli anni Ottanta in California, allo Xerox Parc di Palo Alto - il centro di ricerca
a cui si devono importanti innovazioni quali le interfacce grafiche a icone e finestre, ba-
sate su un sistema di interazione a manipolazione diretta attraverso il mouse, i collega-
menti ethernet, le stampanti laser - quando Marc Weiser, esattamente nell’88, parlò di
ubiquitous computing, termine usato in modo parzialmente intercambiabile con perva-
sive computing, intelligence ambient, internet of things.
Diversi i filoni che stanno portando all’ubiquitous computing: l’information in places, i
media sono inseriti nell’ambiente; smart rooms, ambienti che reagiscono alla presenza
di chi li occupa; smart cities, spazi urbani in grado di elaborare informazioni per miglio-
rare la qualità della vita dei cittadini; sentient object, oggetti fisici in grado di comu-
nicare e di compiere elaborazioni; tangible bits, la possibilità di interagire con il mondo
virtuale manipolando oggetti fisici; wearable computer, strumenti di calcolo da indossa-
re o integrati negli abiti e negli accessori [Rheingold, 2003].
Un’altra direzione di questa tendenza alla diffusione dell'intelligenza digitale nell’am-
biente circostante è quella che dà vita alla realtà aumentata, nella quale un livello ulte-
riore integra la realtà, fornendo informazioni su ciò che si sta vedendo in un dato mo-
mento nel mondo fisico circostante.
Per riassumere l’insieme di queste ricerche e descrivere gli scenari che si prospettano,
Rheingold [2002] riprende quanto detto in un intervento del 2000 dal presidente dei
Bell Labs: “Quando i vostri figli avranno pressappoco la vostra età […], una megarete
di reti ricoprirà tutta la terra come una pelle. Mentre le comunicazioni diventeranno più
veloci, più agili, meno costose e più intelligenti nel prossimo millennio, questa pelle,
nutrita da un flusso costante di informazioni […], comprenderà milioni di strumenti
elettronici di misurazione che controlleranno le città, le strade e l’ambiente.”
Con questo ambiente sono in grado di comunicare gli attuali smartphone, sempre più
telecomando per gestire il mondo fisico, strumento di navigazione e interazione con la
realtà intessuta di chip.
  19
La geolocalizzazione
La possibilità di conoscere la propria posizione è una forma di informazione legata al
contesto che offre uno spettro infinito di possibili servizi, anche sul web.
Wikipedia nel maggio del 2103 ha lanciato Nearby (in italiano “nelle vicinanze”), una
nuova pagina che fornisce in tempo reale informazioni geolocalizzate.
L'utente in mobilità, visitando la nuova pagina, accessibile sia da mobile che da Pc,
ottiene informazioni e suggerimenti sui punti di interesse presenti nelle vicinanze del
luogo da cui si connette. L'estrazione di contenuti georeferenziati è resa possibile da
Geodata, un'estensione di MediaWiki che permette l'inserimento delle coordinate geo-
grafiche in allegato agli articoli.
Questo nuovo servizio è stato annunciato dalla Wikimedia Foundation sul blog ufficiale
in un post del 29 maggio in cui Jon Robson ha spiegato che Nearby fornisce un servizio
utile all'utente che, al contempo, arricchisce la piattaforma di contenuti soprattutto foto-
grafici sempre attuali.
L’identificazione della posizione di un feature phone è possibile attraverso la triangola-
zione delle antenne, mentre quella di uno smartphone può sfruttare anche il segnale
WiFi e il GPS.
Per quanto molto più lento all’avvio e consumi batteria supplementare, il posizionamen-
to più accurato si ottiene attraverso l’uso di chip dotati di segnale GPS: in ogni modo, i
browser web sono in grado di determinare l’informazione più corretta in un determinato
momento.
Il GPS, Global Positioning System, fornisce gratuitamente all’utente, fermo o in movi-
mento, ininterrottamente e indipendentemente dalle condizioni meteorologiche, infor-
mazioni di estrema precisione sulla sua posizione, sulla velocità e sul tempo, ovunque
sulla terra. Il calcolo della posizione avviene da parte di un dispositivo ricevente che
triangola i segnali radio proveniente da 31 satelliti in orbita
Il GPS è stato sviluppato nel 1973 per scopi militari dal governo americano che ne de-
tiene tuttora il controllo. Il servizio è stato aperto al mondo nel 1991, con un segnale
intenzionalmente degradato, con una precisione di 100-150 m. Nel maggio 2000, tale
degradazione è stata disabilitata, mettendo così a disposizione per gli usi civili la preci-
sione attuale di circa 10-20 metri.
Attualmente, dunque, i sistemi GPS sono utilizzati da varie tipologie di utenti e per di-
versi scopi. Sono utilizzati nelle rotte aree e nautiche, per i soccorsi, per il controllo del
territorio, come antifurto, ma anche come oggetto personale per la navigazione in auto e
nelle attività sportive all'aperto.
Oltre ai dispositivi dedicati, i chip GPS sono stati integrati negli smartphone, rendendo
possibile un nuovo mercato dei servizi basati sul posizionamento.
 20
Il governo americano ha stabilito che entro il 2005 tutti i telefoni cellulari dovessero
essere dotati di sistemi per il rilevamento della posizione in modo da migliorare i servizi
di emergenza.
In Giappone sono stati progettati e prodotti cellulari con un GPS in grado di rilevare
anche la direzione in cui viene orientato il telefono.
La presenza massiccia di GPS, di dispositivi vari, di servizi di diversa natura, sul territo-
rio, fa sì che le aree urbane siano attraversate da reti informative capillari all’interno
delle quali l’informazione scorre massicciamente. Quest’insieme di strumenti di comu-
nicazione potrebbe essere usato per disegnare città che facilitino la convivialità e assicu-
rino sicurezza.
La realtà aumentata
Negli anni novanta un filone di studi ha indagato sul concetto di realtà virtuale, ovvero
la possibilità di esplorare una realtà fittizia, ricostruita in grafica tridimensionale. Si trat-
tava di un’esperienza immersiva in una realtà ricostruita, che poteva essere esplorata, e
con la quale era possibile interagire, attraverso un guanto e un casco collegati a un com-
puter.
Gli sforzi successivi della ricerca si sono concentrati sulla possibilità di mischiare il
mondo virtuale con quello fisico, dando luogo a un importante filone denominato “aug-
mented reality” (A.R., realtà aumentata).
La realtà aumentata nasce dall’idea di poter utilizzare un dispositivo da indossare per
ampliare la capacità sensoriale umana, invece che per l’immersione in un ambiente
virtuale.
La finalità è di associare, a livello planetario, le informazioni ai luoghi, in modo che
possano essere percepite come se si fosse effettivamente in quel luogo: quindi vedere
l’informazione nel suo contesto, sovrapposta agli oggetti fisici, arricchendo il mondo
reale.
Un siffatto sistema dovrebbe essere costituito da: una infrastruttura di codificazione del
mondo [Rheingold, 2003], ovvero un server in grado di immagazzinare le informazioni
collegate a tutta la superficie del globo; dispositivi mobili o indossabili dall’utente dota-
ti di sistema di localizzazione geografica; accesso wifi per contattare il server; un soft-
ware per creare, leggere e modificare l’informazione associata ai diversi luoghi. Infine
un paio di occhiali consentirebbe di percepire l’informazione associata all’ambiente
fisico come se fosse sovrapposta.
La pervasività della tecnologia genera tuttavia la problematica legata alla privacy e al
controllo delle informazioni.
  21
HP suggerisce che l’uso del web quale infrastruttura per collegare le tecnologie mobili a
quelle pervasive possa consentire di avere un accesso aperto, evitando che il controllo
sia nelle mani di aziende private.
Nell’ambito di CoolTown, l’esperimento di informatica pervasiva di HP, i ricercatori
della multinazionale hanno inventato Websigns [2001, op. cit.], segnali virtuali combi-
nazione di informazioni e coordinate geografiche, che l’utente scarica (per la parte rela-
tiva a una determinata località) sul proprio dispositivo, cosicché nessuno conosca la sua
posizione quando interroga il database.
Se l’accesso alle informazioni che aumentano la realtà avviene attraverso dispositivi
indossabili dedicati si ha un’esperienza immersiva, viceversa con i dispositivi mobili
attualmente in commercio la ricerca si indirizza verso l’ambito dei cellulari sensibili al
contesto.
A seconda delle modalità con cui avviene l’accesso alle informazioni che aumentano la
realtà, la ricerca procede lungo due direzioni: quella degli smartphone sensibili al conte-
sto, e quella volta ad assicurare un’esperienza immersiva attraverso dispositivi indos-
sabili quali gli occhiali.
Realtà aumentata su dispositivi mobili e desktop
La realtà aumentata su smartphone consiste essenzialmente nella possibilità di avere
informazioni contestuali, che dipendono dal luogo in cui ci si trova. Cosicché con uno
smartphone dotato di GPS per il posizionamento, di magnetometro (bussola) e di colle-
gamento internet WiFi, è possibile conoscere i siti di interesse storico-culturale o gli al-
berghi e i ristoranti vicini, oppure entrare in un museo o in una biblioteca per ottenere
informazioni sui pezzi presenti.
Applicazioni di AR, generalmente sviluppate con tecnologia Adobe Flash, fruibili da
browser, sono possibili anche su desktop computer, attraverso l’uso di QR (codici simili
a quelli a barre) letti dalla webcam.
Negli ultimi anni, noti brand hanno esplorato l’integrazione della realtà aumentata nelle
loro attività di advertising. Un esempio molto affascinate di augmented advertising è
quello progettato e realizzato dall’agenzia digitale Appshaker [2013] di Londra per il
lancio del canale televisivo di National Geographic. Cinque scene tridimensionali con
qualità broadcast di delfini, leopardi, astronauti, tempeste e dinosauri, hanno riempito
gli spazi di un centro commerciale guadagnando l'attenzione dei presenti, che si sono
potuti immergere nel fantastico mondo di National Geographic (Figura 2).
 22
Figura 2. La campagna National Geographic che usa un’applicazione di realtà aumentata [Appshaker, 2011].
Google Glass
Project Glass [Google, 2013] è il progetto di realtà aumentata di Google che utilizza un
paio di occhiali (Figura 3) per visualizzare lo strato di informazioni associate all’am-
biente circostante.
Gli occhiali, dotati di una piccola lente-display sull'occhio e di una videocamera, con-
sentono di scattare foto, registrare video, leggere e inviare e-mail, avere indicazioni stra-
dali, effettuare videochiamate, tradurre testi.
Le specifiche tecniche, rilasciate nell’aprile del 2013, sono: display ad alta risoluzione,
fotocamera da 5MP e video a 720px, WiFi 802.11b/g e Bluetooth, 12 GB di memoria
utilizzabile, sincronizzato con Google Cloud Storage.
Dopo una prima fase di sperimentazione partita alla I/O conference del 2012 e rivolta ad
alcuni sviluppatori, nel febbraio del 2013 Google ha lanciato il concorso #ifihadglass,
riservato ai residenti negli Stati Uniti, ai quali è stato chiesto di descrivere, attraverso
Google+ e Twitter, cosa avrebbero fatto se avessero avuto gli occhiali: in palio la possi-
bilità di acquistarli. Fra i partecipanti ne sono stati selezionati 8.000 ai quali, a partire
dallo scorso maggio, è stata spedita una prima versione del dispositivo al costo di 1500$.
Al momento Google non sta più acquisendo richieste. Una versione per tutti i consuma-
tori a un prezzo più basso è prevista nel 2014.
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Nel giugno del 2013 i Google Glass sono stati sperimentati in sala operatoria, durante
un intervento chirurgico di gastrostomia, dal Dr. Rafael Grossman il quale ha voluto
così mostrare come il dispositivo e la sua piattaforma hanno un grande potenziale nel
settore sanitario dove potrebbero consentire, in maniera molto semplice, una migliore
consultazione intra-operatoria, il tutoraggio chirurgico, e l'educazione medica a distanza.
Figura 3. Google Glass: il dispositivo e una visualizzazione di informazioni sovrapposte [Google, 2013].
Wearable computing per l’intelligenza umana
Il termine cyborg, coniato da Manfred Clynes e Nathan Kline dalla fusione dei termini
cybernetic e organism, indica l’unione di parti umane con parti sintetiche.
Il primo e forse più noto cyborg è il canadese Steve Mann, ricercatore al MIT e docente
alla University of Toronto, il quale ha parlato del concetto di “gente intelligente”, con il
quale sottolinea la necessità di puntare sull’intelligenza umana nello sviluppo dell’infra-
struttura tecnologica [Mann, 2001].
 24
La humanistic intelligence punta alla dignità umana, che si può ottenere, metaforica-
mente e concretamente, trasformando il corpo attraverso l’impiego di protesi che con-
sentano di controllare l’ambiente circostante.
Obiettivo del wearable computing e della humanistic intelligence è quello di consentire
un nuovo modo di essere e non solo di fare. Il wearable computing per Mann è un mez-
zo di potenziamento personale, che consente di muoversi in libertà, strumento per un’in-
telligenza umanistica condivisa.
Da giovanissimo Mann realizza il suo primo prototipo Wear Comp 0, esperimento che
perfeziona negli anni e che dura da oltre 30 anni. Wear Comp è un casco con integrati
una video camera e un computer per l’elaborazione e la selezione delle riprese video.
Grazie a WearComp Mann seleziona ed elabora immagini, testi, dati e, attraverso un
sistema WiFi realizzato nel 1994, riesce anche a inviare e-mail e navigare sul web in
modalità always on.
Mann contesta la direzione intrapresa nella ricerca dal MIT e sostiene che WearComp è
antitetico rispetto al concetto di smart rooms e di ubiquitous computing che utilizzano il
calcolo distribuito, l’uso di videocamere e microfoni diffusi nell’ambiente, privilegian-
do la struttura all’individuo, le cose alle persone.
Il wearable computing per Mann permette agli individui di dotarsi di strumenti per la
propria protezione in modo individuale, indipendente e privato. Inoltre il potenziamento
personale dovuto ai mezzi di calcolo indossati è anche nella possibilità di filtrare la rap-
presentazione visiva della “società dello spettacolo”, che passa attraverso gli stimoli
della pubblicità, dei messaggi commerciali e delle vetrine degli spazi urbani della con-
temporaneità. La possibilità di accendere e spegnere questi stimoli visivi, selezionan-
done alcuni, offre importanti opportunità, sia di personalizzazione dello spazio vitale
sociale, che di difesa dal bombardamento visivo e sonoro proveniente dall’esterno.
1.4 Reti sociali mobili
Una rete sociale è costituita da un insieme di soggetti, i nodi della rete, nonché dalle
relazioni tra i soggetti della rete. La rete sociale è dunque la struttura di relazioni le cui
caratteristiche possono essere usate per spiegare il comportamento delle persone che
costituiscono la rete.
Le reti sociali come rappresentazione dei rapporti sociali e il suo metodo di studio,
l’analisi delle reti sociali, sono stati adottati come strumenti teorici per lo studio di nu-
merosi fenomeni e processi.
  25
Lo studio delle reti sociali, che ha come focus l’intreccio complesso di relazioni sociali
che definisce la società, ha origine molto prima che fossero inventati le reti di computer
e i dispositivi mobili.
Wellman, esponente dell’analisi strutturale americana - il filone di studi sviluppatosi ad
Harvard a partire dagli anni ’70, che attribuisce importanza alla forma delle reti più che
al loro contenuto - sostiene che le reti di computer sono reti sociali e che l’analisi delle
reti sociali tradizionali possa essere applicata ai cyberspazi sociali. Quest’ultima idea
viene estesa da Rheingold secondo cui può essere applicata anche agli spazi mobili.
Diversi studiosi sottolineano come le reti di computer, nel momento in cui mettono in
contatto le persone, soprattutto grazie a uno dei servizi della grande rete internet quale
la posta elettronica, diventano reti sociali connesse attraverso i dispositivi tecnologici.
Gli appartenenti a tali reti, distribuiti sull'intero territorio, possono dar luogo a delle vere
e proprie comunità caratterizzate da un senso di appartenenza e identità sociale che non
è legato alla contiguità fisica. Sono le persone, indipendentemente dal luogo dove vivo-
no e lavorano, a rappresentare i nodi di comunicazione delle reti di relazioni e di inte-
ressi comuni, di tutte le epoche, e soprattutto di quelle della net-society.
La domanda che si pone Rheingold [2003] è: cosa succede alle comunità virtuali quan-
do passano dai computer ai telefono cellulari? A quali forme sociali daranno vita le
masse in movimento che si scambiano messaggi con i cellulari?
Il valore delle reti
Il legame tra le caratteristiche tecniche delle reti telematiche e le potenzialità comunica-
tive delle reti sociali può essere spiegato da tre leggi che definiscono il valore di una re-
te in riferimento al numero di connessioni, e che spiegano il modo in cui il valore viene
modificato dall’influsso della tecnologia.
La legge di Sarnoff, legata alle reti televisive radiofoniche - le quali trasmettono pro-
grammi da poche stazioni a molti fruitori - afferma che il valore di una rete di broad-
casting è proporzionale al numero degli utenti: più persone sono collegate, maggiore è il
valore della rete. Da questa legge deriva il criterio di attribuzione di valore alla pubblici-
tà. Ne deriva che il valore di una rete è lineare e la comunicazione è di tipo one to many.
Secondo la legge di Metcalfe invece il valore di una rete, in cui ogni nodo può raggiun-
gere tutti gli altri, cresce con il quadrato del numero di nodi. Il fax ne è un esempio: una
sola macchina fax è inutile ma il suo valore cresce in funzione delle persone che se ne
servono per inviare e ricevere. Ne deriva che la connessione di reti tra loro indipendenti
crea un valore più elevato della somma dei valori delle singole reti. La diffusione di In-
ternet è dovuta in parte a questo principio.
 26
A sua volta David Reed, ricercatore del MIT, ha osservato che il valore di una rete, In-
ternet in particolare, non cresce proporzionalmente, ma in modo esponenziale quando
consente di formare gruppi con interessi comuni che condividono idee, obiettivi e con
un senso di appartenenza. Questa legge dunque lega le reti di computer alle reti sociali.
Quindi quando una rete è in grado di diffondere qualcosa, come nel caso della televisio-
ne, il valore è lineare; quando permette scambi tra tutti i nodi, il valore cresce al
quadrato; quando la rete offre la possibilità di formare gruppi, il valore è esponenziale.
Inoltre, ciò che è importante in una rete è legato alla scala di una rete. Nelle reti che
hanno una crescita lineare, domina il contenuto; poche fonti in competizione si conten-
dono il pubblico sulla base della qualità dei contenuti. Nelle reti che crescono in modo
quadratico, diventa centrale quello che viene scambiato: e-mail, denaro, servizi. Quando
invece una rete è regolata dalla legge di Reed, allora assume rilievo ciò che è costruito
di comune accordo, gruppi di discussione, di acquisto, di lavoro.
Fukuyama [1996, op. cit.] ritiene che esista una stretta correlazione tra la prosperità di
un’economia e il capitale sociale, definito come la facilità con cui le persone possono
formare nuove associazioni; allora, se i beni in comune saranno accessibili a molti, “la
cornucopia dei beni condivisi” potrà portare benefici diffusi [Rheingold, 2003].
Le Smart Mobs
La caduta del presidente delle Filippine Estrada nel gennaio del 2001, a opera di quella
che è stata definita la generazione Txt, e la vittoria nella battaglia di Seattle per protesta-
re contro il World Trade Center nel 1999, sono i due episodi più eclatanti di mobilita-
zione di massa organizzati e coordinati con l’invio di sms, l’impiego di dispositivi
mobili, e l’uso delle reti sociali mobili. Due episodi che hanno dimostrato la forza delle
Smart Mobs.
Smart Mobs è il termine con il quale Rheingold indica i gruppi di persone che utilizzano
nuove tecnologie mobili e wireless per organizzarsi e coordinarsi, istantaneamente e con
modalità inedite, in azioni collettive pur senza conoscersi tra loro.
Le tecnologie della comunicazione wireless offrono quindi alla gente un nuovo modo di
unire le loro forze, dando luogo a comportamenti basati sul coordinamento istantaneo,
permettendo azioni collettive non realizzabili altrimenti. I dispositivi mobili collegati a
internet in modalità wireless rappresentano un medium del tutto nuovo che consentirà di
fare cose che non potevano essere fatte prima; e non semplicemente un modo per fare in
movimento quello che prima si faceva da fermi.
  27
Il termine Mob è utilizzato dall’autore per significare sia mobile che folla, quindi smart
mobs indica cellulari intelligenti e folle intelligenti, che grazie all’uso di terminali mo-
bili possono dar luogo a eventi di vario tipo sfruttando l’intelligenza collettiva.
Le smart mobs possono considerarsi reti sociali mobili ad hoc, in quanto entrambe com-
binano l’elaborazione, la comunicazione, la reputazione e la conoscenza della posizione,
messe a disposizione dalla tecnologia mobile, per dar vita a una nuova forma sociale.
Reti sociali perché ogni individuo delle smart mobs è un nodo che ha collegamenti con
gli altri; mobili perché i nodi possono spostarsi ed entrare nella rete in qualunque mo-
mento; ad hoc perché l’organizzazione della rete avviene in modo estemporaneo, infor-
male e istantaneo sulla base di un obiettivo preciso, evolvendo a volte, ma non necessa-
riamente, in forme più stabili assimilabili a quelle delle comunità.
L’idea di reti mobili ad hoc, perché possano funzionare in pratica, deve risolvere alcune
problematiche legate alla privacy e alla reputazione.
La reputazione
Un progetto di reti di strumenti mobili ad hoc, per sostenere le reti sociali delle persone
che li indossano, è stato realizzato dal Wearable Computing Group utilizzando il peer to
peer e le tecnologie wireless.
Le reti mobili ad hoc rappresentano una modalità per generare dinamicamente nubi tem-
poranee di potenza di calcolo distribuito ed elaborazione ubiqua, che può essere usata
negli incontri faccia a faccia per facilitare e promuovere le interazioni sociali umane. In
tempi brevi le modalità di unirsi agli altri - per aumentare le conoscenze, scambiare beni,
incontrare partner - potrebbero cambiare in modo radicale avendo la possibilità di sape-
re le caratteristiche e le esigenze di chi è nelle vicinanze.
Cosicchè un nuovo digital divide separerà chi saprà sfruttare le tecnologie mobili per
riunirsi in gruppi da chi non sarà in grado di farlo.
Tuttavia, affinchè comunità mobili ad hoc si organizzino in modo cooperativo, facendo
emergere un’intelligenza collettiva e producendo ricchezza per sé e l’intera collettività,
occorre superare i problemi legati alla fiducia e alla privacy che nascono quando i com-
puter mobili si scambiano informazioni.
Assume quindi rilievo il concetto di reputazione, che può essere considerato il punto di
convergenza tra tecnologia e collaborazione.
Sistemi di controllo della reputazione efficaci hanno contribuito al successo di siti come
eBay e Amazon, fornendo agli utenti un contesto attendibile per poter operare le loro
scelte di acquisto. La creazione di criteri di controllo della reputazione diventa allora il
punto chiave perché si creino smart mobs efficaci, sia per scopi democratici che teppi-
 28
stici, in grado di sfruttare il potenziale dei “superorganismi”, denominazione assegnata
da Wheeler alle colonie di formiche, capaci di svolgere in gruppo compiti che nessun
singolo potrebbe eseguire da solo.
1.5 Accesso e competenze
Il progresso tecnologico si accompagna alla nascita di una nuova era economico-sociale,
in cui i mercati cedono il passo alle reti e la proprietà è progressivamente sostituita dal-
l’accesso. Questo cambiamento produce effetti di grandissima entità sulla società, ridi-
segnandone gli assetti in tutti gli ambiti.
È l’era dell’accesso descritta da Rifkin [1999] nella quale la proprietà privata continua a
esistere ma cessa di essere scambiata. Chi detiene la proprietà di un bene lo affitta, lo
cede in uso temporaneo, a fronte di un corrispettivo, eventualmente sotto forma di abbo-
namento. Lo scambio non riguarda più la proprietà ma l’accesso; la proprietà del ca-
pitale fisico, fondamentale nella civiltà industriale, diventa meno rilevante: quello che
assume rilievo è il capitale intellettuale. Nella nuova economia acquistano importanza le
idee e i concetti, assume valore la componente immateriale, che non può essere scam-
biata, rimanendo patrimonio di chi la detiene: può solo essere affittata. Il possesso è
diventato quindi obsoleto, quasi un limite, inadatto a un’economia in vorticosa trasfor-
mazione, in cui la rapidità dell’innovazione tecnologica ha accorciato il ciclo di vita dei
prodotti.
Nell’era dell’accesso gli assunti economici dell’era del mercato sono del tutto nuovi: le
reti sostituiscono i mercati, i fornitori si sostituiscono ai venditori, si può godere di un
qualunque bene attraverso l’accesso.
Il passaggio dal regime di proprietà a quello di accesso cambia in modo radicale il con-
cetto di potere economico e comporterà cambiamenti nel modo di governare.
L’uomo che vivrà nell’era dell’accesso sarà verosimilmente profondamente diverso da
quello che ha considerato la proprietà un’estensione dell’essere.
I cambiamenti economici sono parte di una trasformazione più profonda dell’intero si-
stema capitalistico, che vedrà uno spostamento dalla produzione industriale a quella cul-
turale, in cui gli scambi di beni e servizi lasceranno il campo a scambi di esperienze
culturali.
Di “Economia delle esperienze” parlano Pine e Gilmoure nella loro analisi della nuova
economia, in cui alle due condizioni di scarsità della domanda/sovrabbondanza dell’of-
ferta e di pervasività della tecnologia, aggiungono quella dell’evoluzione dei contenuti
della domanda. Dopo le commodity ci sono stati prima i beni, quindi i servizi, a cui, an-
  29
che a causa di internet, “la più grande forza di massificazione nota all’uomo”, si stanno
sostituendo le esperienze, “eventi che coinvolgono gli individui sul piano personale” in
quattro ambiti: intrattenimento, educazione, evasione, esperienza estetica.
Nell’era dell’accesso si passa dall’etica del lavoro all’etica del gioco, dalla mercifica-
zione del lavoro a quella del divertimento e delle risorse culturali.
La mercificazione della cultura implica un cambiamento epocale nella natura dell’occu-
pazione. L’innovazione tecnologica rende inutile il lavoro umano nella produzione di
beni e servizi, non solo con riferimento a quello strettamente manuale. Le nuove oppor-
tunità di occupazione saranno nelle attività culturali a pagamento.
I confini tra comunicazione, condivisione e commercio saranno sempre più labili, il
tempo libero scomparirà, diventando integralmente tempo commerciale. Il capitalismo,
dopo aver mercificato spazio e materia, passerà alla mercificazione del tempo e della
vita. Ma la vita come esperienza a pagamento porta alla morte della cultura, definendo i
tratti della crisi della postmodernità.
Nella new-economy, in cui l’esperienza umana è acquistata attraverso l’accesso alle reti
telematiche, il già profondo divario tra chi ha e chi non ha sarà ancora più grande tra chi
è connesso e chi non lo è.
Web 2.0 e partecipazione
La rivoluzione digitale innescata dalla crescita e dalla diffusione della rete internet a
tutta la popolazione ha un momento topico nella nascita del cosiddetto web 2.0, termine
coniato da O’Reilly durante una conferenza presso O’Really Media per identificare il
profondo rinnovamento e la crescita che stava interessando la rete.
Conviene ricordare che il web 2.0 rappresenta uno stadio evolutivo del web non legato a
cambiamenti tecnologici, che si caratterizza per la partecipazione attiva degli utenti, i
quali trasformando dati (remixability) e creando contenuti (user generated content), con-
tribuiscono alla formazione di un’intelligenza collettiva.
Questo cambio di prospettiva che trasforma gli utenti da semplici fruitori a produttori di
contenuti - progettati, modificati o semplicemente condivisi - ha delle ripercussioni sul-
le relazioni comunicative tra aziende, politica, istituzioni e il consumatore/utente/cittadi-
no, il quale improvvisamente ha la possibilità di interloquire utilizzando uno strumento
di comunicazione in grado di raggiungere un pubblico sempre più esteso.
Il nuovo paradigma mette peraltro in crisi l’intera industria editoriale e le regole sul di-
ritto d’autore, accelerando un processo che il web aveva già innescato e delineando un
nuovo contesto culturale. Si tratta di un contesto caratterizzato da una partecipazione
estesa alla produzione e distribuzione di media che ha fatto parlare Jenkins di “culture
 30
partecipative”. Una partecipazione che può aiutare i giovani, futuri cittadini, a costruire
la propria identità e ad acquisire le capacità per decodificare il sistema simbolico nel
quale sono immersi.
Infatti, le culture partecipative rappresentano ambienti di apprendimento informale idea-
li che Jenkins [2010] chiama spazi di affinità, in quanto consentono un coinvolgimento
spontaneo, libero, diversificato; sono sostenuti da uno sforzo comune che travalica le
differenze sociali, demografiche e culturali; motivano all’acquisizione di nuove cono-
scenze, sfruttando l’esperienza degli altri.
A differenza dei sistemi formali di istruzione, l’apprendimento informale degli spazi di
affinità è sperimentale, creativo, specifico, innovativo; inoltre dalle comunità, che evol-
vono e mutano continuamente, si può decidere di uscire in qualunque momento.
In questo nuovo scenario le preoccupazioni delle famiglie - legate al tempo trascorso
sugli schermi a discapito di altre attività ludiche nel mondo reale, peraltro già espresse
per il consumo televisivo - per quanto comprensibili, dovrebbero ora valutare adeguata-
mente le competenze che è possibile acquisire con i nuovi media.
Le competenze per la partecipazione
L’idea che la formazione possa essere un processo limitato e circoscritto a una parte
della vita, non è più perseguibile in una società in continuo mutamento, in cui il ciclo di
vita della validità delle conoscenze e delle competenze si è accorciato.
Per fronteggiare l’altissima obsolescenza delle competenze è necessaria la capacità di
intraprendere un percorso di formazione ininterrotto. La formazione e l’aggiornamento
delle competenze non può più essere limitato nei tempi, nei modi e nella forma, richie-
dendo invece di poter essere innestati e integrati nello svolgersi della vita, senza solu-
zione di continuità.
Cosicché diventa fondamentale la capacità di imparare a imparare, di dotarsi degli stru-
menti per gestire autonomamente questo nuovo processo di formazione e apprendimen-
to, accedendo in modo consapevole alla conoscenza condivisa che innerva gli scambi
comunicativi nelle reti telematiche, attraverso le piattaforme del web 2.0.
I giovani in età scolare partecipano ormai attivamente a tali scambi, in veste di creatori
di media, con i blog o le pagine web personali, in cui realizzano in prima persona im-
magini, video, suoni, testi, o manipolano contenuti prodotti da altri, per condividerli con
le proprie reti di conoscenze all’interno dei social media, delle chat e dei forum, produ-
cendo conoscenza in determinati ambiti di interesse personale. In questo scenario, di-
venta fondamentale la scuola.
  31
Jenkins [2010] sostiene da una parte l’importanza di accrescere nelle scuole la cosiddet-
ta media literacy; dall’altra che la scuola abbia un ruolo nell’insegnarla, promuovendo
la media education; è necessario infatti evitare che si formi autonomamente, per tre ra-
gioni di fondo:
• il divario di partecipazione: non è sufficiente estendere a tutti il solo accesso al web,
essendo altrettanto necessario insegnare a usarlo e a comprenderne le logiche di
fondo;
• il problema della trasparenza: l’uso dello strumento non garantisce né la capacità di
valutare criticamente l’attendibilità delle fonti di informazione nè di individuare e
separare le forme di pubblicità, sempre più pervasive e intelligenti, innestate nei con-
tenuti;
• la sfida etica: il ruolo di produttori di contenuti richiede una valutazione etica delle
azioni intraprese sul web.
È quindi importante che la scuola ripensi al processo di costruzione delle competenze
per affrontare queste problematiche, in modo da garantire a tutti i giovani l’accesso con-
sapevole alla cultura partecipativa.
Peraltro, nell'arena competitiva del terzo millennio, nella società delle reti, in un mondo
immateriale, le competenze rappresentano il fattore discriminante per il successo indivi-
duale.
La riduzione dei posti di lavoro, dovuta alle ristrutturazioni determinate dall'innovazio-
ne tecnologica, prima ancora che alla crisi economica in atto - e che Rifkin [2002] par-
lando di “fine del lavoro” considera endemica - penalizzerà sempre più coloro che non
possiedono le competenze per operare in un mondo ad altissima complessità.
Il rischio di estromissione dai cicli produttivi è molto elevato e lo sarà in modo crescen-
te per larga parte della popolazione: la crisi di lavoro risparmierà solo quelli che Rifkin
[2002] definisce “gli analisti dei simboli”, ovvero coloro in grado di decodificare il
mondo simbolico nel quale viviamo. Anzi, sostiene lo studioso americano, le opportuni-
tà di lavoro e di reddito per costoro saranno crescenti.
Quali dunque le competenze per poter entrare a far parte della elite descritta da Rifkin?
L'Institute for the Future (IFTF) - un gruppo di ricerca strategica no-profit con sede a
Palo Alto, che opera da 40 anni all'identificazione dei trend emergenti che trasforme-
ranno il mercato e la società nell'era della globalizzazione - ha realizzato per lo Univer-
sity of Phoenix Research Institute uno studio volto a individuare gli skill del prossimo
futuro.
Il rapporto “Future Work Skills 2020” analizza i fattori chiave che ridisegneranno lo
scenario del mondo del lavoro; anziché definire quale sarà il lavoro del futuro, impredi-
 32
cibile per la velocità dei cambiamenti in atto, si focalizza su skill e capacità necessari
nei prossimi 10 anni.
Tali skill sono:
• Comprensione dei significati. Saper determinare e approfondire il significato di ciò
che accade;
• Intelligenza sociale. Saper comunicare velocemente con gli altri e di favorire le inte-
razioni desiderate;
• Pensiero creativo. Trovare soluzioni e risposte al di là di regole e schemi imposti;
• Competenza multiculturale. Operare in contesti culturali diversi;
• Pensiero elaborativo. Saper tradurre i dati in concetti e viceversa, nonché saper estra-
polare dati dai ragionamenti;
• Conoscenza new media. Saper valutare criticamente e sviluppare contenuti utiliz-
zando nuove forme di media, sfruttandoli per una comunicazione persuasiva;
• Multidisciplinarietà. Comprendere concetti interdisciplinari;
• Organizzazione mentale. Saper rappresentare e sviluppare attività e processi di lavo-
ro per ottenere gli obiettivi desiderati;
• Gestione delle informazioni. Saper selezionare le informazioni per importanza e
massimizzare le funzioni cognitive attraverso l'uso di strumenti e tecniche;
• Collaborazione virtuale. Lavorare collaborativamente in maniera produttiva, moti-
vando il proprio operato, all'interno di team virtuali.
Si tratta dunque di abilità sociali, cooperative, di comprensione e gestione dell’inces-
sante flusso comunicativo nel quale siamo immersi, che passa in primo luogo attraverso
la media literacy, la conoscenza dei codici linguistici dei media digitali.
Le competenze digitali che le istituzioni formative sono chiamate a includere tra gli
obiettivi delle attività curriculari, non sono dunque limitate all’utilizzo della tecnologia
informatica o all’integrazione della didattica frontale con le attività laboratoriali. La
formazione scolastica deve fornire gli strumenti culturali per cercare, selezionare, filtra-
re, valutare criticamente, rielaborare e condividere l’enorme mole di informazione che
avvolge e caratterizza gli ambienti di rete. Gli stessi risultati dei motori di ricerca inclu-
dono e privilegiano contenuti pubblicizzati, secondo modalità di rappresentazione visiva
che non sono conosciute ai più, risultando quindi non riconoscibili come tali.
La capacità dello studente di saper selezionare autonomamente la conoscenza utile,
all’interno dello sterminato patrimonio informativo presente in rete, creando connessio-
ni al suo interno, è centrale nella teoria del connettivismo di Siemens [2005].
Tutto questo, peraltro, non deve far ignorare o passare in subordine l’importanza della
dimensione tecnica. I giovani studenti, di tutte le età, hanno infatti anche bisogno di co-
  33
noscere i paradigmi e i frame operativi che caratterizzano i diversi software; di com-
prendere come si elaborano immagini, video e suoni; di saper utilizzare i browser per la
navigazione e i client di posta elettronica per gestire la comunicazione; di avere consa-
pevolezza delle opportunità offerte dal formato digitale, per non incappare in modi
d’uso che ripropongono l’approccio con oggetti non digitali; consci che tra le dimensio-
ni tecnica e culturale vi è un forte relazione di reciprocità, un legame a doppio filo di cui
è importante riconoscere l’esistenza.
 34
  35
2. Mobile Learning
Nello scenario descritto, in cui i dispositivi mobili sono entrati in modo prorompente
nella vita quotidiana degli individui, modificandola profondamente in tutti i suoi aspetti,
trovano spazio nuovi modi di insegnare e di apprendere.
L’obiettivo è quello di trarre vantaggio nel processo di insegnamento/apprendimento dal
diffuso utilizzo di tecnologia mobile.
Pda, computer tablet, telefoni cellulari, utilizzati come strumenti di formazione, possono
essere i nuovi mezzi, attraverso cui è possibile costruire percorsi di apprendimento.
Il filone di studi che si è occupato di indagare l’uso delle tecnologie mobili e wireless in
ambito educativo è il mobile learning.
Parallelamente alla forte diffusione di dispositivi mobili presso tutta la popolazione e
allo sviluppo di dispositivi sempre più performanti, utilizzati in processi di apprendi-
mento ubiqui, le esperienze, gli studi e le ricerche nel mobile learning diventano sempre
più numerose, cresce il numero di conferenze e la letteratura propone contributi che ri-
portano e analizzano il risultato dei più importanti progetti sull’impiego di dispositivi
mobili nell’apprendimento.
L’interesse crescente del mondo della ricerca al mobile learning è giustificato da alme-
no tre ragioni: i cellulari sono diffusi in modo capillare consentendo di comunicare con
chiunque; i cellulari accompagnano sempre gli studenti che possono così essere rag-
giunti in qualunque momento e ovunque si trovino; i cellulari non veicolano solo voce,
messaggi e oggetti multimediali, ma sono soprattutto un mezzo per intrattenere relazioni
sociali [Arrigo et al., 2008].
Ci sono differenti modalità e numerosi processi che la gente usa per apprendere, tra cui i
più efficaci sono ascoltare, osservare, imitare, domandare, riflettere, provare, stimare,
predire, meditare, far pratica [Prensky, 2007]. Tutti questi processi possono essere sup-
portati dai cellulari. Inoltre, i cellulari ben si legano allo stile veloce, casuale e multi-
tasking dei “Digital natives”.
In quest’ottica può essere utile riflettere sul concetto di mobilità, che rappresenta intui-
tivamente l’elemento caratterizzante del mobile learning, ovvero sulle relazioni tra le
variabili dispositivo - utente - contenuti, e la mobilità, valutando come ognuna di esse
genera modalità di apprendimento differenti, caratterizzate da specifiche peculiarità.
 36
2.1 Cos’è il mobile learning
Il mobile learning è una modalità di apprendimento e di distribuzione di contenuti for-
mativi di qualunque tipologia, che sfrutta dispositivi portatili, smartphone, pda, palmari,
computer tablet, netbook con accesso alla rete internet in modalità wireless.
Questi strumenti tecnologici consentono una modalità di studio in mobilità, di tipo no-
madica, con possibilità di accedere alle informazioni offerte da internet, anche di tipo
contestuale al luogo in cui si è, rimanendo in contatto con la propria rete di conoscenze,
che evidentemente non è più limitata a cerchie definite in base alla contiguità geografica.
In questo modo l’apprendimento non è più vincolato a un determinato luogo fisico o a
determinati orari prestabiliti; è possibile apprendere ovunque e in qualunque momento,
cosicché i tempi morti e quelli di spostamento possono diventare momenti di apprendi-
mento e di formazione.
L'attesa di un autobus o un treno o i tempi di viaggio possono essere sfruttati per acce-
dere a risorse formative, che evidentemente, devono essere adeguatamente progettate
per poter essere utilmente fruite in tali contesti. Utile soprattutto a studenti adulti e già
impegnati con il lavoro, si tratta di una modalità che ben si integra con altre attività, non
richiedendo una netta separazione e un’allocazione predeterminata di tempo. L’appren-
dimento diventa quindi ubiquo e onnipresente.
Questa nuova relazione con l'apprendimento dell’individuo del terzo millennio è legata
sia alla perenne connessione con i dispositivi, le proprie cerchie, e le reti telematiche -
definita always on; sia al concetto che si va affermando di lifelong learning, ovvero la
necessità di apprendere continuamente durante tutto l’arco della vita.
Questa nuova doppia condizione prende forma con la diffusione di internet e le conse-
guenti profonde modificazioni della vita, sociale e lavorativa; e si compie assumendo
nuovi connotati, con la diffusione dei nuovi dispositivi mobili.
L’acquisizione delle competenze necessarie per competere nella società della conoscen-
za avviene in modo continuo durante tutto l’arco della vita accedendo a risorse infor-
mative e contenuti formativi sempre disponibili attraverso dispositivi tecnologici colle-
gati alla rete internet; quando i dispositivi diventano portatili, l’accesso è consentito
anche in mobilità, in ogni contesto, durante tutta la giornata, sfruttando i momenti liberi.
Mobilità e apprendimento
Un possibile approccio alla comprensione del mobile learning e alla sua definizione può
passare attraverso l’individuazione e il riconoscimento delle differenze con altre moda-
  37
lità di apprendimento. Solo cosi è possibile tracciare le caratteristiche, immaginare un
format, definire una struttura.
La prima evidente differenza tra il mobile learning e le altre metodologie formative è
data dal fatto che i soggetti coinvolti nel processo di apprendimento (discenti e/o docen-
ti) possono essere in movimento, ossia l’apprendimento avviene attraverso lo spazio e il
tempo.
A questo scopo risulta interessante una classificazione [Naismith et al., 2004, op. cit.]
che segmenta i diversi dispositivi mobili, utilizzando due delle caratteristiche peculiari
delle tecnologie mobili: l’essere portatili e personali.
Lo schema che la rappresenta utilizza così i due assi personale/condiviso e portati-
le/statico (Figura 4).
Figura 4. Classificazione dei dispositivi mobili. [Naismith et al., 2004].
Quadrante 1 - Dispositivi portabili/personali
dispositivi a cui generalmente si fa riferimento quando la gente comune pensa alle tec-
nologie mobili: telefonini, PDA, tablet, computer portatili.
Quadrante 2 - Dispositivi statici/personali
dispositivi utilizzati come supporto all’attività didattica svolta in classe, ad esempio i si-
stemi di risposta automatica. La componente personale è dovuta all’utilizzo individuale,
per quanto non siano di proprietà e quindi non hanno le caratteristiche che ne derivano.
Sono statiche, perché utilizzate in classe o nel luogo fisico dove è erogata la didattica.
Mobile phone
Game
console
PDA
Classroom
response system
Videoconferencing
Lim
Kiosk
Tablet Pc
Laptop
Personal
Shared
Portable
1 2
3 4
Static
 38
Quadrante 3 - Dispositivi portabili/condivisi
tecnologie che forniscono esperienza educativa in movimento, quali i chioschi multi-
mediali, nei luoghi di interesse culturale e nei musei per fornire informazioni storiche o
su ciò che è possibile vedere; nelle aree urbane per fornire informazioni di pubblica uti-
lità come gli orari dei mezzi di trasporto o le mappe delle città. In questo caso la porta-
bilità è riferita all’utente che si muove per fruire dei contenuti e non al dispositivo. Inol-
tre, queste tecnologie, essendo condivise tra molti utenti, non hanno nulla di personale.
Quadrante 4 - Dispositivi statici/condivisi
tecnologie di grosse dimensioni, poco portabili, pensate per condividere interazioni tra
utenti. Ad esempio le Lim e i sistemi di videoconferenza.
Da notare come in questa classificazione, i dispositivi mobili, al momento dell'utilizzo
in classe, perdono la proprietà di mobilità; al contrario, dispositivi ingombranti e statici
come i chioschi multimediali possano consentire un apprendimento mobile, in quanto
favoriscono la conoscenza dell’utente in mobilità.
Il concetto di apprendimento mobile non è quindi limitato all’impiego di dispositivi
mobili, ma può essere esteso in una prospettiva più ampia, che considera la modalità di
apprendimento emergente dallo sviluppo tecnologico e dalle pratiche sociali innestate e
intrecciate a tale sviluppo.
Peraltro, un’attività di apprendimento che si connota per l’uso di dispositivi mobili non
necessariamente è fruibile solo attraverso essi, anzi generalmente lo studente integra
modalità e device diversi per accedere ai contenuti a seconda del momento, della situa-
zione e soprattutto delle diverse affordance offerte. Cosicché l’uso di postazioni fisse
integra quello di dispositivi mobili, a volta diversi, come ad esempio uno smartphone e
un tablet. E le offerte formative spesso sono di tipo blended, contemplando quindi an-
che momenti di formazione in presenza.
Con mobile learning quindi si intende sia l’uso dei dispositivi mobili in classe, come
supporto alle attività di apprendimento formali, sia l’uso di tecnologia mobile personale
per l’apprendimento in movimento nei diversi contesti, in una visione più ampia del
concetto di apprendimento nella mobile society [Sharples, Kukuluska-Hulme, 2010].
Queste due prospettive possono essere considerate i due poli estremi di un asse (Figura
5) che va dal miglioramento dell’apprendimento in classe attraverso dispositivi quali i
sistemi di risposta portatili, all’apprendimento come parte della vita di ogni giorno per
mezzo della comunicazione informale e la condivisione di conoscenza con i cellulari.
  39
Haldeld
response
systems
Fixed setting, curriculum led Mobile, informal
PDAs in
classrooms
Mobile
technology Handheld
tourist guides
Social networ-
king and media
creation on
smartphones
Informal
collaboration
with mobile
phones
Figura 5. Alcuni tipi di mobile learning attraverso la dimensione
che va dal curriculum in classe a quello informale estremamente mobile [Sharples, 2010].
La rappresentazione grafica proposta da Sharples riassume alcune forme di apprendi-
mento che fanno uso di dispositivi mobili e, per certi versi, rappresenta l’evoluzione
della ricerca e lo sviluppo delle prospettive teoriche e pedagogiche sul mobile learning.
A un’iniziale visione tecnocentrica, si è sostituito un approccio più articolato centrato
sullo studente e il contesto in cui egli si muove, per arrivare a porre le basi di una teoria
per il mobile learning.
Di seguito le prospettive più ricorrenti e ritenute maggiormente significative.
La visione tecnocentrica
I primi progetti hanno essenzialmente esplorato l’utilizzo delle nuove tecnologie mobili
all’interno della classe per supportare l’insegnamento e l’apprendimento.
Questa visione tecnocentrica considera il mobile learning come apprendimento basato
sull’uso di tecnologie mobili come i PDA, gli smartphone, i tablet, le console. Il focus è
sulla tecnologia e le sue caratteristiche, la mobilità è riferita al dispositivo, considerato
veicolo di contenuti.
Ne deriva una visione dell’insegnamento come processo di tipo trasmissivo, in cui il
ruolo centrale è assunto dai contenuti, ai quali si può accedere senza limiti spazio-tem-
porali, attraverso un dispositivo mobile.
Questa interpretazione, si riflette sulle prime definizioni del mobile learning: “è un ap-
prendimento che avviene attraverso elaboratori mobili: palmari, dispositivi basati su
Windows CE, anche il vostro telefono cellulare” [Quinn, 2000, op. cit.].
Il mobile learning come evoluzione dell’e-learning
Rilievo alla componente tecnologica è dato anche dalla prospettiva, ampiamente adotta-
ta dagli studi sul mobile learning, che lo definisce in termini dell’e-learning. Più esat-
tamente questo approccio considera il mobile learning un’evoluzione dell’e-learning, un
sottoinsieme dell’e-learning che si caratterizza per l’integrazione con il mobile compu-
 40
ting: il mobile learning rappresenta uno stadio successivo dell’istruzione supportata dal
mezzo elettronico.
Per Shepherd [2001], “Mobile learning is not just electronic, it’s mobile”.
Per Harris [2001], “m-learning is the point at which mobile computing and e-learning
intersect to produce an anytime, anywhere learning experience”; quindi il mobile learn-
ing si compie quando l’esperienza di apprendimento mediato dalla tecnologia, grazie
alle tecnologie mobile, diventa fruibile in qualunque momento e in qualunque posto,
estendendo la libertà dei tempi dell’e-learning anche a quella dei luoghi.
Tuttavia, questo legame con l’e-learning non deve portare a far considerare il mobile
learning come una versione in miniatura, facilmente trasportabile, delle attività erogate
per la fruizione su una postazione fissa.
La possibilità della fruizione dei contenuti in mobilità, va oltre le caratteristiche intrin-
seche del dispositivo: trasportabilità e personalizzazione, aggiungendo nuove dimensio-
ni alle attività di formazione e di supporto al discente, che sono in relazione soprattutto
con i diversi tipi di interazione che si possono sviluppare tra gli studenti e il contesto
educativo e alla conseguente ridefinizione dell’attività e del contenuto, generata dal
contesto [Bianco et al., 2009].
Il mobile learning centrato sullo studente
Una definizione in grado di abbracciare le due prospettive dell’asse - dell’apprendimen-
to con dispositivi mobili e dello studente che apprende in mobilità - è quella di O’Mal-
ley [2003, op. cit.]: “Qualsiasi tipo di apprendimento che avviene quando lo studente
non è in un luogo fisso e predeterminato, oppure quando lo studente si avvantaggia del-
le opportunità di apprendimento offerte dalla tecnologia mobile”.
Questa definizione sposta il focus dalla mobilità del dispositivo a quella dello studente,
considerando il mobile learning dalla prospettiva di chi apprende.
2.2 Una teoria per il mobile learning
Dunque il mobile learning deve far propri i comportamenti degli individui per allestire
ambienti di apprendimento che si innestino nelle vite individuali quotidiane, fronteg-
giando il continuo mutamento e adattamento di tali comportamenti e le modificazioni
nelle modalità d’uso dei dispositivi.
Questa caratteristica di mutevolezza rappresenta un’ulteriore difficoltà nella definizione
di una teoria del mobile learning, anch’essa destinata a evolvere continuamente e con-
  41
correntemente ai comportamenti individuali, alle modalità con cui vengono impiegati
gli spazi e i tempi della quotidianità e delle attività formative e di apprendimento.
Quindi per quanto nella post-modernità, fagocitata da un continuo cambiamento, il ruo-
lo di una teoria come costrutto in grado di fornire informazioni predittive presenta molte
criticità [Traxler, 2009], la comunità scientifica ha operato diversi tentativi di concettua-
lizzare il mobile learning inquadrandolo all’interno di un frame teorico in grado di pro-
durre generalizzazioni.
Una parte di questi studi ha condiviso la Teoria dell’Attività di Engeström [1987], che
ha origine nella “Scuola storico-culturale russa”, sviluppata da Vygotsky e Leont’ev
agli inizi del novecento. In questa prospettiva l’apprendimento è analizzato nella dimen-
sione storico-culturale e si caratterizza come processo situato, socialmente mediato e
distribuito tra un individuo, le altre persone della comunità e gli artefatti, in accordo con
la divisione del lavoro e le regole dell’intero sistema di attività.
La relazione dialettica tra apprendimento e tecnologia
Sulla Teoria dell’Attività è imperniato il framework teorico proposto da Sharple et al.
[2005], per elaborare il quale gli autori definiscono in primo luogo alcuni criteri che una
teoria sul mobile learning dovrebbe soddisfare.
Prendere in considerazione la mobilità degli studenti; coprire sia l’apprendimento for-
male che quello informale; e per essere efficace, in linea con l’US National Research
Council, centrare l’apprendimento su:
- studenti: l’apprendimento si costruisce partendo dalle capacità e dalle conoscenze
degli studenti, allo scopo di porli nelle condizioni migliori per riflettere e ragionare
sulla propria esperienza;
- conoscenze: la formazione si basa su conoscenze solide e scientificamente valide
trasmesse in modo efficace, con un uso originale di concetti e metodi;
- valutazione: la valutazione deve fornire supporto, incoraggiamento e suggerimenti
utili allo studente per fargli raggiungere gli obiettivi prefissati;
- comunità: il contributo degli studenti più esperti e competenti nel gruppo aiuta i pari
in difficoltà e promuove il senso di comunità.
Sharples et al. [2005] caratterizzano il mobile learning come un processo di “coming to
know” attraverso le conversazioni, rese possibili dalle interazioni in un contesto in pe-
renne ridefinizione, tra chi apprende e la tecnologia; e analizzano il sistema di attività
del mobile learning, descrivendo la relazione dialettica tra tecnologia e apprendimento
attraverso una versione adattata del modello di attività di Engeström (Figura 6).
 42
Figura 6. A Framework for analysing mobile learning [Sharple et al., 2007].
In linea con la teoria dell’attività, l’apprendimento viene considerato come un sistema
di attività storico-culturale, mediato da artefatti che consentono agli studenti l’acquisi-
zione di conoscenze e competenze. Questa analisi individua due livelli di attività media-
te dagli artefatti.
Il livello semiotico descrive l’apprendimento come un sistema di segni nel quale le
azioni del soggetto per il raggiungimento degli obiettivi sono mediate da artefatti cultu-
rali.
Il livello tecnologico rappresenta l’apprendimento strettamente collegato con la tecnolo-
gia; mentre gli artefatti, come computer e cellulari, fungono da agenti nel processo di
apprendimento, creando un sistema per mediare la collaborazione tra gli studenti e per
favorire la riflessione.
La distinzione tra i due livelli di analisi può essere utile per fornire: con il piano semio-
tico un framework teorico per analizzare l’apprendimento nell’era della mobilità, e con
il piano tecnologico un framework per la definizione dei requisiti dei sistemi di mobile
learning. I due livelli tuttavia possono essere sovrapposti per consentire una visione oli-
stica complessiva del sistema di apprendimento.
Nel loro framework, gli autori rinominano i fattori culturali con i termini: controllo,
contesto e comunicazione.
Il controllo può essere centralizzato nella figura del docente, distribuito tra gli studenti,
o passare alle tecnologie. Da un punto di vista tecnologico questo consente agli studenti
di scegliere i tempi, l’accesso alle risorse, il ritmo e lo stile di interazione.
Communication
Technological
(communication channels and protocols)
Semiotic
(conversation and division of labour)
Context
Technological
(physical context)
Semiotic
(community)
Mediating artifacts
Tools
(mobile learning technology)
Signs
(learning resources)
Control
Technological
(human computer interaction)
Semiotic
(social rules)
Subject
Technological
(technology user)
Semiotic
(learner)
Object
Technological
(access to information)
Semiotic
(knowledge and skills)
Changed object
(revised knowledge and skills)
  43
L’interazione con la tecnologia avviene tuttavia all’interno di un sistema sociale con
proprie regole e convenzioni; ma le persone e i gruppi possono costruire norme infor-
mali relative al modo in cui vogliono lavorare e apprendere.
Il contesto è un costrutto fondamentale dell’apprendimento che include le molteplici co-
munità di attori e le tecnologie, che interagiscono intorno a un obiettivo condiviso.
Per quanto riguarda la comunicazione è evidente la relazione tra l’emergere di forme
linguistiche e di interazione, con la conseguente nascita di una comunità con proprie re-
gole, e le modalità di comunicazione permesse dalla tecnologia. Si pensi alle e-mail e
agli sms.
Con il loro framework gli autori forniscono uno strumento per la progettazione e l’ana-
lisi di nuovi ambienti per l’apprendimento e propongono una teoria integrata del mobile
learning nella quale apprendimento e tecnologia sono in una profonda e continua rela-
zione di co-evoluzione, attraverso la mediazione degli artefatti.
Questa relazione dialettica, infine, conduce a un processo di appropriazione della tecno-
logia da parte dello studente, il quale utilizza i dispositivi per la costruzione della pro-
pria conoscenza e il miglioramento del proprio apprendimento, entrando però a volte in
conflitto con le pratiche esistenti.
Il modello FRAME
Sulla teoria dell’attività e su un approccio socio-costruttivista si basa il modello FRA-
ME (Framework for the Rational Analysis of Mobile Education) proposto da Koole
[2006], che intende fornire un supporto alla progettazione di materiali e di attività, effi-
caci sia nell’apprendimento formale sia in quello informale, che consentano agli stude-
nti di avvantaggiarsi al meglio dell’esperienza mobile.
Con l’ausilio di una checklist (omessa) si può rappresentare una guida allo sviluppo e
alla valutazione degli ambienti di mobile learning.
Il modello descrive il mobile learning come un processo risultante dalla convergenza
della tecnologia mobile, le capacità umane di apprendimento e l’interazione sociale.
Il processo si svolge all’interno di un contesto di informazione in cui gli studenti, collet-
tivamente e individualmente, interagiscono attraverso la mediazione della tecnologia
con l’informazione, creandola e utilizzandola.
Il modello è rappresentato da un diagramma di Venn (Figura 7) in cui i dispositivi, gli
studenti, e gli aspetti sociali, si intersecano a coppie, e in un’intersezione primaria
(DLS) che definisce la situazione ideale di mobile learning. Valutando il grado in cui le
tre aree sono utilizzate nell’ambito di un’attivita, i progettisti possono utilizzare il mo-
dello per migliorare l’efficacia della mobile learning experience.
 44
Device Aspect (D)
Descrive le caratteristiche fisiche, tecniche e funzionali di un dispositivo mobile che de-
rivano dal design dell’hardware e del software, e hanno un impatto sul livello di confort
dell’utente. I dispositivi forniscono l’interfaccia tra lo studente in mobilità e i task di ap-
prendimento, le loro caratteristiche hanno un significativo impatto sull’usabilità. Un di-
spositivo ben progettato consente di focalizzarsi sugli aspetti cognitivi, descritti negli
aspetti dell’utente (L), invece che sul dispositivo stesso.
Learner Aspect (L)
Prende in considerazione le abilità cognitive degli individui, la memoria, le conoscenze
pregresse, e le possibili emozioni. Questi aspetti descrivono il modo in cui gli studenti
usano quello che già sanno, e come codificano, immagazzinano e trasferiscono informa-
zione. Basandosi sulle diverse teorie dell’apprendimento, spiega come il mobile learn-
ing offra un ambiente esteso dove gli studenti possono interagire all’interno dei loro
ambienti fisici e sociali, accedere a contenuti in formati diversi, e comprendere i conte-
sti e gli usi dell’informazione.
Figura 7. Il modello FRAME.
(D)
Device
Aspect
(L)
Learner
Aspect
(DL)
Device Usability
Intersection
(S)
Social
Aspect
(DLS)
Mobile
Learning
(LS)
Interaction
Learning
(DS)
Social
Technology
Information
Context
  45
Social Aspect (S)
In linea con il costruttivismo, considera i processi di cooperazione e interazione sociale.
Gli individui grazie alle regole di cooperazione sono in grado di scambiare informazioni,
acquisire conoscenze e sostenere pratiche culturali.
Le regole di cooperazione sono determinate dalla cultura dello studente o dell’ambiente
in cui l’interazione ha luogo. Nel mobile learning questa cultura può essere fisica o vir-
tuale.
Device Usability Intersection (DS)
Mette in relazione le caratteristiche del dispositivo mobile con i compiti di apprendi-
mento legati alla manipolazione e alla memorizzazione delle informazioni. Questi pro-
cessi possono influenzare la soddisfazione e il senso di confort psicologico dell’utente,
il carico cognitivo, la capacità di accedere alle informazioni e di muoversi attraverso
differenti luoghi fisici e virtuali.
Social Technology Intersection (ST)
Descrive come i dispositivi mobili permettono agli utenti di comunicare e collaborare
con gli altri ottenendo accesso ai diversi sistemi in rete. Quando le persone sono in gra-
do di scambiare informazioni rilevanti in un preciso momento possono partecipare in
situazioni collaborative che sono normalmente difficoltose a distanza.
I dispositivi hardware e software forniscono i diversi mezzi di connettività: invio di Sms,
telefonia, accesso wireless a internet.
Quello che in questo caso è importante, tuttavia, sono i significati dello scambio di in-
formazioni e della collaborazione tra persone con diversi obiettivi e intenti.
Interaction Learning Intersection (BC)
Si focalizza sull’interazione sociale. La partecipazione alle comunità di apprendimento
e di pratica possono fornire ambienti sociali di apprendimento in cui gli studenti posso-
no acquisire informazioni e negoziare significati, sia confrontando la loro interpretazio-
ne con quella degli autori, sia interagendo con gli altri individui direttamente.
Considera i bisogni degli studenti a distanza come se fossero situati all’interno di un
unico ambiente e cultura. Tale setting impatta sulla capacità dello studente di capire, ne-
goziare, integrare, interpretare e usare nuove idee, come richiedono l’istruzione formale
e l’apprendimento informale.
 46
Mobile Learning Process (DLS)
Le tre intersezioni si sovrappongono e convergono nell’intersezione primaria (DLS),
che definisce il processo del mobile learning. Il mobile learning per le sue caratteristi-
che consente agli studenti l’accesso a una varietà di risorse umane, sistemi e dati, e li
assiste nel valutare e selezionare informazioni rilevanti, ridefinendo i loro obiettivi. Il
mobile learning è, tuttavia, anche limitato dalle configurazioni hardware e software dei
dispositivi mobili, e dipendente dagli adattamenti nelle strategie di insegnamento e ap-
prendimento.
2.3 Self paced learning
“I benefici sono evidenti, specialmente per gli insegnanti che vivono lunghe vacanze
estive”, con questa affermazione provocatoria, Anderson [2010] conclude la sua oculata
e attenta argomentazione sull’inadeguatezza di un modello formativo che impone tempi
e scadenze.
Per l’autore le ragioni della scansione in cui sono articolati anni scolastici e semestri
universitari sono un’eredità dell’era industriale, in cui la regolarità e la gestione a bloc-
chi consentiva una standardizzazione dell’intero sistema di istruzione.
La gestione degli studenti in gruppi, oltre a facilitare l’interazione tra pari, è derivata
come risposta ai tempi liberi dall’agricoltura nei mesi invernali e ha consentito un’eco-
nomia di scala per cui un singolo insegnante è impiegato per insegnare contemporanea-
mente a molti studenti.
Nella mobile society del ventunesimo secolo, nell’era delle reti, la vita è caratterizzata
dalla frammentarietà, dalle opportunità che derivano dalle scelte individuali, e dalla per-
sonalizzazione degli stili di vita e dei propri percorsi formativi e professionali.
Questo assetto sociale risulta evidentemente in linea con le caratteristiche di flessibilità
del modello del self paced learning, strutturato in contenuti progettati per poter essere
fruiti in autonomia da ogni studente, massimizzandone la libertà.
L’idea è quella di rifiutare l’assunto, evidentemente scorretto, che tutti gli studenti im-
parino alla stessa velocità, che possano adeguare la loro vita per seguire il gruppo di stu-
denti di una classe, che possano cominciare e terminare i loro studi lo stesso giorno, a
dispetto delle diverse circostanze di vita. [Anderson 2010].
Avere l’opportunità di studiare al proprio ritmo consente agli studenti di avere il con-
trollo del proprio apprendimento e di conciliare lo studio all’insieme di altre attività il
cui margine di variabilità è ormai alto nella scansione quotidiana.
  47
A differenza del concetto di mera istruzione a distanza, che evidentemente annulla la
problematica della distanza geografica, il self paced dà anche l’opportunità di ulteriori
libertà, consentendo agli individui di decidere quando iniziare, che tipo di relazioni ave-
re con pari e docenti e, ancora più importante, il proprio ritmo di studio.
Il modello del self paced è in crescita nei contesti formativi di tutto il mondo: sempre
più istituzioni lo adottano, anche in considerazione dei limiti di fattibilità organizzativa
dei modelli collaborativi - costi, compresenza, durata delle attività - che spesso ne im-
pediscono la loro adozione.
Il self paced ricompare, quindi, nello scenario delle discussioni teoriche, anche se con
un formato tecnico e organizzativo modificato dai concetti di mobilità e di ubiquità.
Il problema che si pone tuttavia è quello di verificare se la libertà di avere il controllo e
di decidere arbitrariamente i propri tempi, aiuti o pregiudichi l’efficacia dell'apprendi-
mento; se gli studenti, anche quelli con esperienze pregresse e competenze specifiche,
sono in grado di gestire autonomamente questo tipo di esperienza.
Come testimoniato da alcuni studi [Anderson, 2010], questa libertà spesso si accompa-
gna a tempi più lunghi, risultati inferiori, e un tasso superiore di abbandono.
Il tasso di abbandono più alto è presumibilmente dovuto all’impreparazione da parte di
molti studenti alla gestione dei ritmi di studio, anche in considerazione del fatto che non
gli è mai stata data possibilità di sperimentarlo. D’altro canto nei periodi successivi alla
scuola e all’università tutti saranno chiamati a gestire il ritmo del loro apprendimento
formale e non formale, peraltro da conciliare con le altre attività quotidiane.
Per poter gestire in piena autonomia un’attività di apprendimento, gli studenti devono
possedere la capacità di autoregolazione, che si sviluppa nel tempo e non è limitata alle
azioni di responsabilizzazione dell'individuo. Si tratta di una competenza organizzativa
estremamente soggetta agli effetti delle crisi motivazionali. La formazione a distanza,
per questa ragione, tende a essere un modello organizzativo strutturato, fortemente im-
pregnata di consigli per lo studio e programmata in modo che i compiti siano propor-
zionali, in termini di difficoltà, alle tipologie di contenuto e di esercitazione formativa.
Un’attenta analisi del self paced learning richiede quindi che si valutino al contempo
vantaggi e problematiche a esso legati, allo scopo di poter predisporre ambienti di ap-
prendimento efficaci.
Un’altra preoccupazione del mondo scientifico è che il self paced neghi agli studenti
l’opportunità di partecipare a confronti e discussioni tra pari, portando così a un appren-
dimento superficiale.
Anderson [2010] sostiene che il coinvolgimento non è legato al formato del corso, ri-
chiamando l'evidenza che molti studenti, sia in corsi online che in classe, sono poco
coinvolti, e che non necessariamente il self paced debba implicare l’annullamento di
Wireless society, mobile learning
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Wireless society, mobile learning

  • 1.   UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA Wireless society, mobile learning Anno Accademico 2012-2013 Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata Corso di Laurea Magistrale in Teorie e Metodologie dell’e-Learning e della Media Education Relatore Prof.ssa Paula De Waal Laureando Gaetano Lopez
  • 2.   1 Indice Introduzione 3 PARTE PRIMA L’APPRENDIMENTO NELL’ERA DELLA MOBILITÀ 1. Wireless society 9 1.1 Gli utenti mobile nel mondo 1.2 I dispositivi e la tecnologia 1.3 Ubiquitous e pervasive computing 1.4 Reti sociali mobili 1.5 Accesso e conoscenza 2. Mobile learning 35 2.1 Cos’è il mobile learning 2.2 Una teoria per il mobile learning 2.3 Self paced learning 2.4 I contenuti 2.5 Quale valutazione 2.6 Ricerche e progetti nel mobile learning
  • 3.  2 PARTE SECONDA MOBILE DESIGN 3 Usabilità e mobile learning 67 3.1 Usabilità ed emozioni 3.2 Mobile usability 3.3 Usabilità e apprendimento 4. Responsive design 87 4.1 Cos’è il responsive design 4.2 Creare layout flessibili 4.3 Media queries 4.4 Progettare responsive 4.5 Un sito responsive Conclusioni 131 Riferimenti bibliografici e sitografici 135
  • 4.   3 Introduzione Il resoconto delle vendite di personal computer nel corso del primo trimestre del 2013, da parte di importanti società di ricerca e consulenza dell’information technology come IDC e Gartner, evidenzia, rispetto allo stesso periodo del 2012, un calo superiore al 10%. Il calo, che ha colpito soprattutto le soluzioni netbook, ovvero quei pc di dimen- sioni, prestazioni e costi ridotti, solo parzialmente è riconducibile alla crisi economica planetaria, essendo ascrivibile soprattutto alla crescita esponenziale di smartphone e ta- blet, che stanno diventando i dispositivi privilegiati nel consumo tecnologico dell’intera popolazione. Circa un quarto del traffico web passa da dispositivi mobili, le vendite di tablet nel 2013 sono stimate in più di 100 milioni. Una ricerca dell’International Telecommunication Union indica che entro il 2014 il nu- mero di dispositivi mobili nel mondo supererà la popolazione dell’intero pianeta con un tasso di penetrazione del 96% a livello mondiale. I dispositivi mobili, dunque, si stanno diffondendo in modo sempre più capillare, coin- volgendo tutte le fasce di età e di ceto, in tutti i paesi del mondo. Una frase ricorrente nella letteratura sul mobile learning, indicativa dell’uso intensivo dei cellulari da parte delle nuove generazioni, ormai esteso a tutti, è quella di uno stu- dente giapponese, riportata da Marc Prensky [2004]: “Quando perdi il tuo telefonino perdi una parte del tuo cervello”. Diverse le ragioni della grande diffusione dei dispositivi mobili: la loro semplicità di utilizzo, il fatto di essere un oggetto di uso quotidiano, percepito come personale e fami- liare da chiunque, il progressivo abbassamento dei prezzi, la possibilità di accedere alle reti wireless, la crescente esigenza di comunicazione digitale, il fatto di poter utilizzare in modo convergente le diverse funzionalità che stanno caratterizzando i dispositivi di ultima generazione. I nuovi smarphphone, infatti, consentono di affiancare alla funzionalità telefonica, un insieme crescente di funzioni: realizzare video e foto, collegarsi in rete, sfruttare l’enor- me massa di app disponibili; diventando utili sia nella comunicazione interpersonale classica, sia in ambito aziendale e professionale. Funzioni implementate con tecnologie sempre più raffinate e in grado di assicurare risultati inimmaginabili sino a poco tempo
  • 5.  4 fa. In luglio 2013 Nokia ha annunciato il rilascio del nuovo Lumia 1020, dotato di una fotocamera di 41 megapixel, definendolo un “photophone”. Si tratta quindi di una combinazione di fattori sociali, economici e tecnologici che pos- sono contribuire alla crescita e alla diffusione del mobile learning, non solo tra i digital natives ma anche all’interno dei contesti aziendali e per la platea di soggetti impegnati nell’apprendimento continuo. Si parla sempre più spesso di mobile society, ovvero di una società sempre connessa, attraverso dispositivi di tipo diverso, indipendentemente dal luogo e dall’attività svolta in un determinato momento. Si va compiendo il paradigma dell'ubiquitous computing, preconizzato da Weiser al termine degli anni ’80, secondo cui saremmo stati sempre connessi attraverso mezzi di calcolo diversi, diffusi nell'ambiente, nascosti dai designer negli oggetti di uso comune. Sono in crisi tutti gli assunti e i paradigmi che hanno regolato e assicurato continuità e sostenibilità alla società industriale, ivi compresi quelli della formazione e dell’istru- zione. Le diverse attività quotidiane non sono più scandite in maniera rigorosa: l’ap- prendimento - che è interconnesso al gioco, alle relazioni, al lavoro - dura tutta la vita e non ha più un’unica sede e un unico momento. Nuovi modelli interattivi prendono forma e cercano di qualificare l’esperienza d’uso con i diversi dispositivi attraverso le interfacce e la loro usabilità. Il mobile learning incrociando questo scenario deve far propri i paradigmi emergenti, comprendendo a fondo le affordance e i vincoli, cercando di intuire i modelli d’uso che si affermeranno. L’evoluzione della società, i crescenti bisogni individuali, i cambiamenti economici e del mercato del lavoro da un lato; il nuovo ruolo giocato dalla comunicazione tra tutti gli attori sociali per la diffusione e lo sviluppo di nuove tecnologie dall’altro; pongono il problema di attualizzare e ridefinire, alla luce di un nuovo sentire, il concetto di appren- dimento. Si tratta di comprendere in che modo le tecnologie in generale e quelle mobili e wireless stanno trasformando il mondo della scuola, della formazione e le forme dell’apprendimento. Il quadro di interdipendenza esistente tra dimensione sociale, evoluzione tecnologica, mondo economico e apprendimento induce a valutare gli aspetti sistemici, evitando un discorso centrato sul solo apprendimento. Il focus è allora da un lato sull’apprendimento nel terzo millennio, considerando l’apprendimento un mattone che si inserisce in un più ampio comportamento sociale dell’individuo; dall’altro, sulle interfacce e la loro usabilità, e sulle condizioni d’uso dei dispositivi, aspetti centrali nella fruizione e nella progettazione di qualunque artefatto tecnologico.
  • 6.   5 Tenendo in mente che l’uso dei nuovi dispositivi, indipendentemente dagli obiettivi che in un determinato momento l’utente intende raggiungere, debba essere sempre accom- pagnato da aspetti di joyability, in quanto la dimensione ludica e di piacevolezza del- l’interazione non è separabile dall’artefatto, ma ne è parte integrante, caratterizzando l’intera esperienza, sia essa di svago, lavorativa o di apprendimento. Soprattutto in con- siderazione del fatto che i confini tra le varie attività diventano sempre più labili, e ognuna di esse si inserisce nel flusso continuo della quotidianità mediata dai dispositivi mobili connessi attraverso internet, sempre più in modalità wireless. Questo lavoro si propone dunque di delineare lo scenario sociale, economico, tecnolo- gico che ha portato alla diffusione dei dispositivi mobili e allo sviluppo del mobile learning. L’idea è quella di individuare i tratti distintivi che caratterizzano la socialità nel terzo millennio, nell’epoca della connessione perenne, in cui l’apprendimento dura per tutta la vita, e i dispositivi mobili consentono agli studenti di gestire in modo nuovo la propria formazione, assecondando una modalità nomadica che incarna un nuovo mo- do di vivere il quotidiano e la propria vita, non più preordinata, in divenire, giorno per giorno, dipendentemente dai cambiamenti, che rappresentano l’unico dato certo. Il lavoro è stato strutturato in quattro capitoli suddivisi in due parti. Nel primo capitolo si analizza lo scenario socio-economico e lo sviluppo della tecnolo- gia mobile. Il secondo capitolo analizza le caratteristiche del mobile learning, in modo da compren- derne le specificità uniche in vista di una teoria. Il terzo affronta le problematiche relative all’usabilità dei dispositivi mobili e specifica- tamente nell’utilizzo per la didattica. Il quarto si addentra nella problematica specifica del responsive web design, ovvero del- la filosofia progettuale che si è andata affermando nello sviluppo di siti web destinati a una fruizione su tutti i dispositivi. Questa sezione è stata peraltro concepita e adeguata per una fruizione mobile, utilizzando iTunes U come sistema per la gestione del corso. È possibile iscriversi al corso, con un dispositivo mobile Apple, all’indirizzo web: https://itunesu.itunes.apple.com/enroll/KLX-X2P-CF5.
  • 7.  6
  • 8.   7 PARTE PRIMA L’APPRENDIMENTO NELL’ERA DELLA MOBILITÀ
  • 9.  8
  • 10.   9 1. Wireless society 1.1 Gli utenti mobile nel mondo La comunicazione wireless è la tecnologia che si è diffusa più velocemente di qualun- que altra nella storia [Catsells et al., 2008]. I dati della diffusione di dispositivi di tele- fonia mobile, aggiornati alla fine del 2012, sono riepilogati nel report “The mobile con- sumer”, rilasciato da Nielsen nel febbraio 2013. Il documento aggrega i dati raccolti, con metodologie diverse a seconda del paese, da un’indagine condotta in 9 paesi e 4 continenti. In tutti i paesi il campione raggiunto, se- lezionato casualmente, ha un’età compresa tra i 16 e i 64 anni. Le interviste sono state condotte nel primo semestre del 2012, in un lasso di tempo mediamente di uno/due mesi, su tutto il territorio nazionale, in modalità online, a possessori sia di smartphone, in nu- mero maggiore, sia di altri tipi di mobile phone. Caratteristiche degli utenti, penetrazione dei dispositivi Dal report emerge che i dispositivi mobili hanno raggiunto la massa critica e il numero di coloro che possiedono un telefono cellulare non cresce più dalla prima metà del 2012, tanto nei paesi sviluppati che in quelli in forte crescita. Diversa è invece la distribuzione del tipo di dispositivo posseduto; mentre in Cina due terzi dei possessori di cellulari ha uno smartphone, in India lo ha solo il 10% e ben l’80% ha uno feature phone. In Corea, patria della Samsung - quindi uno dei maggiori paesi produttori, il 99% della popolazione possiede un cellulare, di cui il 67% è uno smarphone. Tra i paesi avanzati, gli Stati Uniti hanno la minor diffusione di smartpho- ne; infatti sia pure in crescita, solo il 61% della popolazione ne possiede uno. In Turchia e Brasile sono molto diffusi i multimedia phone, telefoni con capacità simili agli smart- phone, ma senza sistemi operativi avanzati quali, iOS, Android, Windows Phone. La diffusione degli smartphone presenta differenze di genere in tutti i paesi, con divari più marcati in Cina, Brasile e Russia (il 17%, 16% e 13% rispettivamente). In generale gli smartphone sono più diffusi tra gli uomini, eccetto l’Australia; e i feature phone so- no più diffusi tra le donne.
  • 11.  10 I più giovani possiedono soprattutto smartphone, i più vecchi i feature phone. A questa tendenza ci sono tuttavia alcune eccezioni: in Italia la fascia di età che ha più smarphone è 35-64, mentre l’India ha una maggior penetrazione dei feature phone in tutte le fasce di età; un trend generalizzato suggerisce che l’adozione di smartphone continuerà a cre- scere tra i consumatori più giovani. Alcuni consumatori, per la crescente importanza che la tecnologia mobile riveste sia in ambito professionale che in quello personale, possiedono più di un cellulare; in Russia più di un utente su due (51%) possiede due o più dispositivi, in Brasile il 48%, in Italia il 35%. Il costo dei piani tariffari incide profondamente sulla scelta dell’operatore e dello stesso dispositivo, dato che gli smarphone con più funzionalità richiedono spesso maggior traf- fico dati. In alcuni paesi come India e Russia, dove la spesa media mensile con gli smartphone è significativamente più alta di quella con qualunque dispositivo mobile, e dove i feature phone sono più diffusi, i consumatori scelgono opzioni flessibili e meno costose, come le tariffe a consumo o sfruttando la connessione wifi. Per quanto riguarda il tipo di uso che si fa con gli smartphone, spicca in tutto il mondo l’invio di sms, anche con dispositivi dotati di sistemi operativi evoluti e di caratteristi- che multimediali. Anche l’uso di e-mail, instant messaging, social network e app sono molto comuni in tutto il mondo con un’eccezione degli ultimi due in India. E-commerce, video e pubblicità Gli acquisti su smartphone sono ancora molto poco diffusi in gran parte del mondo. I sud coreani sono i più attivi nell’uso della multimedialità e dell’e-commerce, mentre i brasiliani sono gli utenti che maggiormente utilizzano i social media sui loro smartpho- ne. Quando si tratta invece dell’uso di app, gli Stati Uniti sono i maggiori utilizzatori dei social network (85%), seguiti da Brasile (67%), Cina (60%), Uk (58%). Gli smartphone hanno maggior impatto nello shopping negli Usa dove i dispositivi sono ampiamente utilizzati per la comparazione dei prezzi e per l’acquisto di prodotti. Diffusa modalità d’uso, nonostante le dimensioni ridotte del monitor, è anche quella della visione di video, prevalente nei paesi emergenti, soprattutto in Cina, e meno fre- quente nei paesi sviluppati con l’eccezione degli Usa. La visione di video in mobilità non è tuttavia utilizzata in maniera sostitutiva di quella in televisione, ma consente di accedere a contenuti video indipendentemente dalla posi- zione: la maggioranza dei possessori di smartphone ha infatti dichiarato che i video in
  • 12.   11 mobilità non hanno modificato le loro abitudini e il tempo dedicato alla visione della televisione tradizionale. L’impatto degli smartphone sulla visione della tv tradizionale si è rivelato più evidente nei paesi con economie ad alta crescita: il 23% in Cina e il 28% in India ha dichiarato che la fruizione della televisione è diminuita. Con l’aumento dell’uso degli smartphone, non sorprende l’uso del mobile advertising: eccetto l’India, in tutti i paesi oltre il 50% di utenti riceve annunci almeno una volta al giorno. L’efficacia di questi annunci varia per paese. In quelli avanzati è meno probabile che la gente mostri interesse e interagisca, di quanto accada nei paesi emergenti: in India, per esempio, dove è meno probabile ricevere annunci, gli utenti sono maggiormente pro- pensi a farsi coinvolgere dalla pubblicità o a fornire informazioni personali agli inser- zionisti. 1.2 I dispositivi e le tecnologie Il prorompente aumento delle vendite di dispositivi mobili si è accompagnato a una vor- ticosa evoluzione delle caratteristiche hardware e software, che procede senza soluzione di continuità. Non solo nuove generazioni di smartphone, ma anche l’ingresso nell’arena competitiva del mercato di dispositivi diversi dal telefono, di diverse dimensioni e caratteristiche: si tratta di una competizione tra categorie di dispositivi che probabilmente vedrà la scom- parsa di alcuni e l’affermazione di altri. Perché se è vero che ognuno di noi potrebbe avvantaggiarsi dal possesso di tipologie diverse di dispositivi, è altrettanto vero che la tendenza, per ragione di costi ma soprat- tutto di comodità, è verso la riduzione al minimo del numero di dispositivi: idealmente uno, da affiancare magari a una postazione fissa. È fuori di dubbio che la selezione è personale e viene fatta sulla base delle proprie esi- genze e della disponibilità economica: tuttavia emergeranno scelte comuni, decretando la selezione della specie. Si tratta di una competizione che avviene sulla base delle caratteristiche e delle affor- dance consentite nei diversi contesti d’uso. Va da sé che il dispositivo ineludibile, posseduto ormai da chiunque, è in buona parte del mondo il cellulare, sempre più spesso uno smartphone, ovvero un computer a porta- ta di mano per circa sei miliardi di utenti nel mondo.
  • 13.  12 I dispositivi mobili Di seguito un elenco delle principali categorie di dispositivi mobili, ritenendo tali solo quelli che possono essere tenuti in una mano. Non sono quindi presi in considerazione dispositivi portatili come notebook e netbook; questi ultimi stanno scomparendo in quanto hanno perso di significato, non andando a soddisfare più alcuna specifica esigenza d’uso, non consentendo la trasportabilità di un tablet e al contempo non assicurando la potenza di calcolo e l’ergonomia di un notebook o di un desktop. Palmari (PDA) Sono computer portatili di dimensioni ridotte che si tengono nel palmo di una mano; l’interazione avviene attraverso apposite penne con le quali è possibile scrivere. Integra- no le funzioni di un telefono cellulare, di posizionamento geografico (GPS) e di collega- mento internet wireless a cui, installando programmi appositamente sviluppati, si posso- no aggiungere funzionalità. Sono stati i primi dispositivi di piccole dimensioni sul mercato, molto utilizzati nelle esperienze di mobile learning (in particolare il PocketPC, palmare Microsoft molto adatto alla multimedialità), che tendono però a scomparire. Grazie ai costi contenuti, hanno un loro mercato ormai solo in ambito aziendale, dove sono dati ai dipendenti per svolgere le loro mansioni, ad esempio nei locali pubblici per prendere le ordinazioni. Smartphone Gli smartphone rappresentano l’archetipo del dispositivo mobile per la società del terzo millennio. Sono telefoni cellulari che, integrando le caratteristiche di un PDA, risultano il dispositivo più versatile, in grado di soddisfare una ampissima gamma di esigenze. Integrano fotocamere, videocamere e altoparlanti e sono dotati di connettività wireless; le funzionalità possono essere estese con l’installazione di App sviluppate da chiunque, distribuite dagli store gratuitamente o a pagamento. I telefoni mobili possono essere considerati una vera e propria estensione della mano - in Finlandia sono descritti dal termine Kanny, diminuitivo della parola mano - immedia- tamente disponibili per la consultazione degli aggiornamenti (e-mail, social network, news) e per l'invio di comandi; strumenti di esplorazione della realtà, che non sono né fuori, né dentro il nostro sistema cognitivo [Mantovani 1998, op cit. in Riva], che con- tribuiscono ad esprimere un’identità; Foucault ha parlato di tecnologie del sé, dispositivi che rendono possibile la costruzione sociale dell’identità individuale.
  • 14.   13 Tablet I tablet, evoluzione dei tablet Pc, condividono con gli smartphone molte caratteristiche, il sistema operativo e l’uso di App. Sono dispositivi con interazione touch, di dimensio- ne variabile dai 7” ai 10.1”, dotati di connettività 3G e wireless, che utilizzano una tastiera virtuale su schermo e in alcuni casi sono provvisti di tastiera removibile. E-book reader Si tratta di un dispositivo portatile, dedicato esclusivamente alla lettura degli e-book, con un display di dimensioni variabili dai 5” ai 9.7” di diagonale, non retroilluminato, che utilizza una tecnologia a inchiostro elettronico chiamata e-Ink. Grazie a queste caratteristiche gli e-book reader cercano di riprodurre l’esperienza di lettura della carta risolvendo le problematiche della portabilità e dell’affaticamento visi- vo dovuto alla retroilluminazione dei comuni monitor LCD di un personale computer o di un tablet. I più evoluti permettono di connettersi alla rete WiFi o 3G e quindi di scari- care nuovi titoli. La lettura è consentita da appositi software che prendono il nome dallo stesso dispositivo. Sono considerati dispositivi mobili anche le console giochi e i lettori mp3. I formati Lo sviluppo del mercato sia dei dispositivi, caratterizzato da un altissimo grado di inno- vazione, che delle piattaforme, nonché dei servizi per la distribuzione di app e prodotti editoriali, porta a una eterogeneità di formati e versioni software, con relative problema- tiche di compatibilità e trasportabilità. La progettazione e la distribuzione dei contenuti richiede quindi l’analisi del mercato e una scelta circa le tecnologie da adottare e i fornitori disponibili, considerando vantaggi e svantaggi delle diverse opzioni. Le app Le app native sono programmi progettati per uno specifico sistema operativo, nel lin- guaggio e nell’ambiente di sviluppo supportato da quel sistema; sono installate in locale sui rispettivi dispositivi. Il loro vantaggio è che possono sfruttare a pieno le funzionalità offerte dal sistema ope- rativo, potendo accedere agli altoparlanti, alla macchina fotografica, al sensore GPS. Inoltre, le app native possono essere disponibili offline, possono salvare localmente i dati o i documenti richiesti e ricavare la posizione corrente dell’utente.
  • 15.  14 Altri benefici sono l’usabilità e la grafica progettata appositamente. Infine, non hanno bisogno di essere aperte attraverso un browser poiché l’accesso avviene direttamente dal sistema operativo. Lo svantaggio risiede invece nel fatto che ogni sistema operativo richiede uno sviluppo ad hoc e gli aggiornamenti dell’applicazione sono complessi, il che comporta tempi e costi molto elevati. Per rendere le applicazioni disponibili è anche necessario caricarle sullo store di un for- nitore. C'è da dire che in alcuni casi i tempi necessari per la distribuzione sono molto lunghi. Tuttavia, il sistema dello store può essere usato in modo vantaggioso per vende- re il contenuto: il provider ha una gestione centralizzata per il pagamento e consente di raggiungere facilmente un ampio pubblico e il target desiderato. Siti web mobile In alternativa alle app è possibile rendere disponibile il contenuto attraverso i siti web. Essendo basati su tecnologie standard come HTML5, CSS3 e JavaScript, non è necessa- ria alcuna installazione e sono fruibili attraverso un browser da qualunque sistema ope- rativo e dispositivo. Un altro grande vantaggio di un sito web è la capacità di adattarsi alle peculiarità dei diversi dispositivi, anche attraverso diverse rappresentazioni dei contenuti, sfruttando il paradigma del responsive design discusso più avanti, nel capitolo quattro. Infine i siti web possono essere pubblicati e aggiornati in tempo reale senza le proble- matiche legate al processo di licenza sui marketplace. A differenza delle app native, le applicazioni web presentano lo svantaggio di non poter accedere alle funzioni hardware dei dispositivi e di avere il graphic design limitato da alcune problematiche legate ai browser. E-book Gli e-book sono versioni digitali di libri stampati che possono essere fruiti non solo da- gli e-book reader, ma anche da tablet e smarthphone grazie a software dedicati. Per quanto vi sia un numero elevato di formati, la maggioranza degli e-book sono rea- lizzati in tre formati: PDF, Mobi ed ePUB. Quest’ultimo si sta affermando come standard, in quanto è un formato aperto, supportato da tutti i dispositivi in commercio, e reflowable, ovvero l’impaginazione si adatta in base al dispositivo di visualizzazione, all’orientamento della pagina e alle scelte dell’utente. Il mercato degli e-book è in continua crescita e dall’anno scolastico 2014-15 in Italia vi sarà obbligo dell’adozione del libro misto, ovvero tutti i libri di testo dovranno avere una versione in formato e-book.
  • 16.   15 Oltre a consentire operazioni che facilitano la fruizione tipiche dei documenti digitali, quali sottolineature, impostazione di segnalibri, ricerche testuali, gli e-book possono integrare link ipertestuali, animazioni, audio e video. Se opportunamente progettate, queste caratteristiche potrebbero suggerire nuovi percorsi di fruizione che ne estendano le potenzialità e conducano a un ripensamento del libro. L’idea di un libro acquistabile esclusivamente nella sua interezza è ormai molto lontana dalle esigenze del lettore, il quale chiede la libertà di poter selezionare la porzione di contenuto di suo interesse, secondo il modello già affermatosi nella musica con iTunes della Apple, che consente l'acquisto di un singolo brano invece dell’intero CD, e la crea- zione di una propria playlist. La prospettiva è dunque quella del libro aperto, che possa essere utilizzato, modificato e distribuito liberamente, e sia adattabile ai diversi dispositivi. I sistemi operativi Considerato che dal giugno del 2013, data in cui Nokia ha ufficialmente comunicato che non avrebbe più prodotto dispositivi dotati di Symbian OS, il sistema operativo (nato nel 1998 e utilizzato prevalentemente dal produttore finlandese) non è più supportato da nessun hardware; i sistemi che attualmente si dividono il mercato degli smartphone sono quattro. La Figura 1 offre una schematizzazione della loro penetrazione nel mercato. Android È il sistema operativo di Google. Dall’ottobre 2008, data di lancio del primo dispositivo equipaggiato Android, ha conquistato quote crescenti di mercato, diventando il più dif- fuso al mondo, anche perché scelto da molti grandi produttori di smartphone, Samsung in primis: è perciò supportato da una ampissima gamma di dispositivi, di varie fasce di prezzo. Basato su Kernel Linux, si caratterizza per l’architettura open source, che permette di modificare e distribuire liberamente il codice sorgente. Le app, scritte da un’ampia co- munità di sviluppatori con una versione modificata del linguaggio di programmazione Java, sono distribuite attraverso Google Play, lo store di Google. L’apertura del sistema è causa di alcuni limiti di sicurezza. La versione più recente è la 4.3 “Jelly Bean”. iOS Di Apple, è considerato il primo sistema operativo per telefoni touch (in realtà nel 1992 l’IBM aveva prodotto Simon, con un’interfaccia completamente touch) e comunque
  • 17.  16 quello che ha sicuramente rivoluzionato il mondo mobile, grazie all’intuitività dell’in- terfaccia. È utilizzato per iPhone, iPod touch e iPad. Nato nel gennaio 2007, è attesa la versione 7 per l’autunno 2013. Derivazione di Unix, si tratta di un sistema proprietario e chiuso che non consente livelli di personalizzazione. Le app, che per andare in esecuzione hanno bisogno di iOS, sono distribuite dall’Apple Store, che conta il maggior numero di applicazioni. L’ampia offerta di app e l’ecosiste- ma creato grazie a servizi gratuiti come iCloud, iMessage e iTunes per la sincroniz- zazione con gli altri prodotti Apple, oltre alla qualità costruttiva e alla forte componente di design, caratterizzante da sempre i prodotti della casa di Cupertino, ne rappresentano i punti di forza. Windows Phone È il sistema operativo per smartphone di Microsoft basato su Kernel Windows NT. Nato nel febbraio del 2010, in discontinuità con il suo predecessore Windows Mobile con il quale è incompatibile, è giunto alla versione 8. Supporta il multitouch, offre un’inte- grazione con i social network e contiene un'edizione mobile di Office 2013. Utilizza la nuova interfaccia Microsoft, caratterizzata da un design flat, la cui schermata principale (chiamata Start), è composta da “Live tiles”, collegamenti ad applicazioni, funzioni o oggetti individuali che si aggiornano in tempo reale: per esempio, il tile di un account e-mail mostra il numero di messaggi non letti. La sincronizzazione avviene con il software Zune, anche in wireless. Il marketplace è Windows Phone Store, con un’offerta ancora limitata. È supportato da dispositivi HTC, Samsung, Huawei, e soprattutto Nokia, che ha abbandonato definitivamente Symbian. BlackBerry OS È il sistema operativo per la linea di smartphone BlackBerry. È un sistema proprietario basato su Kernel QNX, che solo da gennaio 2013, con l’ultima versione 10 ha adottato un’interazione touch, sostituendo i vecchi trackball e trackpad. Da sempre rivolto a una utenza business, ha perso importanti quote di mercato, perden- do il terzo posto a discapito di Windows Phone. Non molte le app a disposizione nello store BlackBerry World.
  • 18.   17 Figura 1. Smartphone OS Market Share, 2013 Q3 [Worldwide Quarterly Mobile Tracker. IDC, 2013]. 1.3 Ubiquitous e pervasive computing L’odierna disponibilità di dispositivi diversi per ogni individuo - smartphone, tablet, lettori mp3, e-book reader, computer desktop - definisce un modello “molti per uno”, e rappresenta lo stadio attuale nell’evoluzione del rapporto numerico tra uomo e computer. Infatti, agli inizi il paradigma era “uno per tutti", un solo computer per molti utenti: era- no gli anni del mainframe, un calcolatore costoso e ingombrante, usato esclusivamente da specialisti e tecnici informatici, all’interno di contesti specifici come università, cen- tri di ricerca e di elaborazione dati nelle grandi aziende. Agli inizi degli anni 80, l’arrivo del personal computer e soprattutto delle interfacce gra- fiche a manipolazione diretta, ha segnato un passaggio importante, una rivoluzione che ha diffuso progressivamente il computer in tutte le fasce di utenza, secondo il paradig- ma “uno per persona”. Nel modello “molti per uno”, l’utente accede ai diversi dispositivi a seconda del mo- mento, delle condizioni e delle esigenze, a volte utilizzandone contemporaneamente più di uno. I dispositivi interagiscono tra loro solo raramente e sempre per iniziativa dell’utente. La tendenza tuttavia è quella di creare un ambiente intelligente che avvolga l’uomo, in cui i dispositivi diffusi in modo invisibile interagiscono tra loro autonomamente. Le te- cnologie dell’informazione e della comunicazione si innestano nel mondo fisico dotan- dolo di intelligenza, pervadendo la vita delle persone nelle diverse attività e nei diffe- renti momenti della giornata. Oggetti quotidiani come penne, abiti, edifici, incorporano Google Play Store App Store BlackBerry World Windows Phone Store Sistema operativo Market place Market share App 79.3% 13.2% 3.7% 2.9% Android iOS Windows Phone BlackBerry OS 700k 850k 145k 125k
  • 19.  18 capacità di calcolo. Il confine tra mondo naturale e mondo artificiale diventa impalpabi- le. Queste tecnologie, definite sensibili, in quanto in grado di scambiare informazioni, possono integrare un sistema di posizionamento globale (Gps), permettendo l’individua- zione di tutti gli spostamenti e la storia di un oggetto: dalla fabbrica dov’è stato prodotto, ai materiali usati, ai mezzi che lo hanno trasportato. Le ricerche su questo progressivo avanzamento della tecnologia nel mondo fisico sono partite negli anni Ottanta in California, allo Xerox Parc di Palo Alto - il centro di ricerca a cui si devono importanti innovazioni quali le interfacce grafiche a icone e finestre, ba- sate su un sistema di interazione a manipolazione diretta attraverso il mouse, i collega- menti ethernet, le stampanti laser - quando Marc Weiser, esattamente nell’88, parlò di ubiquitous computing, termine usato in modo parzialmente intercambiabile con perva- sive computing, intelligence ambient, internet of things. Diversi i filoni che stanno portando all’ubiquitous computing: l’information in places, i media sono inseriti nell’ambiente; smart rooms, ambienti che reagiscono alla presenza di chi li occupa; smart cities, spazi urbani in grado di elaborare informazioni per miglio- rare la qualità della vita dei cittadini; sentient object, oggetti fisici in grado di comu- nicare e di compiere elaborazioni; tangible bits, la possibilità di interagire con il mondo virtuale manipolando oggetti fisici; wearable computer, strumenti di calcolo da indossa- re o integrati negli abiti e negli accessori [Rheingold, 2003]. Un’altra direzione di questa tendenza alla diffusione dell'intelligenza digitale nell’am- biente circostante è quella che dà vita alla realtà aumentata, nella quale un livello ulte- riore integra la realtà, fornendo informazioni su ciò che si sta vedendo in un dato mo- mento nel mondo fisico circostante. Per riassumere l’insieme di queste ricerche e descrivere gli scenari che si prospettano, Rheingold [2002] riprende quanto detto in un intervento del 2000 dal presidente dei Bell Labs: “Quando i vostri figli avranno pressappoco la vostra età […], una megarete di reti ricoprirà tutta la terra come una pelle. Mentre le comunicazioni diventeranno più veloci, più agili, meno costose e più intelligenti nel prossimo millennio, questa pelle, nutrita da un flusso costante di informazioni […], comprenderà milioni di strumenti elettronici di misurazione che controlleranno le città, le strade e l’ambiente.” Con questo ambiente sono in grado di comunicare gli attuali smartphone, sempre più telecomando per gestire il mondo fisico, strumento di navigazione e interazione con la realtà intessuta di chip.
  • 20.   19 La geolocalizzazione La possibilità di conoscere la propria posizione è una forma di informazione legata al contesto che offre uno spettro infinito di possibili servizi, anche sul web. Wikipedia nel maggio del 2103 ha lanciato Nearby (in italiano “nelle vicinanze”), una nuova pagina che fornisce in tempo reale informazioni geolocalizzate. L'utente in mobilità, visitando la nuova pagina, accessibile sia da mobile che da Pc, ottiene informazioni e suggerimenti sui punti di interesse presenti nelle vicinanze del luogo da cui si connette. L'estrazione di contenuti georeferenziati è resa possibile da Geodata, un'estensione di MediaWiki che permette l'inserimento delle coordinate geo- grafiche in allegato agli articoli. Questo nuovo servizio è stato annunciato dalla Wikimedia Foundation sul blog ufficiale in un post del 29 maggio in cui Jon Robson ha spiegato che Nearby fornisce un servizio utile all'utente che, al contempo, arricchisce la piattaforma di contenuti soprattutto foto- grafici sempre attuali. L’identificazione della posizione di un feature phone è possibile attraverso la triangola- zione delle antenne, mentre quella di uno smartphone può sfruttare anche il segnale WiFi e il GPS. Per quanto molto più lento all’avvio e consumi batteria supplementare, il posizionamen- to più accurato si ottiene attraverso l’uso di chip dotati di segnale GPS: in ogni modo, i browser web sono in grado di determinare l’informazione più corretta in un determinato momento. Il GPS, Global Positioning System, fornisce gratuitamente all’utente, fermo o in movi- mento, ininterrottamente e indipendentemente dalle condizioni meteorologiche, infor- mazioni di estrema precisione sulla sua posizione, sulla velocità e sul tempo, ovunque sulla terra. Il calcolo della posizione avviene da parte di un dispositivo ricevente che triangola i segnali radio proveniente da 31 satelliti in orbita Il GPS è stato sviluppato nel 1973 per scopi militari dal governo americano che ne de- tiene tuttora il controllo. Il servizio è stato aperto al mondo nel 1991, con un segnale intenzionalmente degradato, con una precisione di 100-150 m. Nel maggio 2000, tale degradazione è stata disabilitata, mettendo così a disposizione per gli usi civili la preci- sione attuale di circa 10-20 metri. Attualmente, dunque, i sistemi GPS sono utilizzati da varie tipologie di utenti e per di- versi scopi. Sono utilizzati nelle rotte aree e nautiche, per i soccorsi, per il controllo del territorio, come antifurto, ma anche come oggetto personale per la navigazione in auto e nelle attività sportive all'aperto. Oltre ai dispositivi dedicati, i chip GPS sono stati integrati negli smartphone, rendendo possibile un nuovo mercato dei servizi basati sul posizionamento.
  • 21.  20 Il governo americano ha stabilito che entro il 2005 tutti i telefoni cellulari dovessero essere dotati di sistemi per il rilevamento della posizione in modo da migliorare i servizi di emergenza. In Giappone sono stati progettati e prodotti cellulari con un GPS in grado di rilevare anche la direzione in cui viene orientato il telefono. La presenza massiccia di GPS, di dispositivi vari, di servizi di diversa natura, sul territo- rio, fa sì che le aree urbane siano attraversate da reti informative capillari all’interno delle quali l’informazione scorre massicciamente. Quest’insieme di strumenti di comu- nicazione potrebbe essere usato per disegnare città che facilitino la convivialità e assicu- rino sicurezza. La realtà aumentata Negli anni novanta un filone di studi ha indagato sul concetto di realtà virtuale, ovvero la possibilità di esplorare una realtà fittizia, ricostruita in grafica tridimensionale. Si trat- tava di un’esperienza immersiva in una realtà ricostruita, che poteva essere esplorata, e con la quale era possibile interagire, attraverso un guanto e un casco collegati a un com- puter. Gli sforzi successivi della ricerca si sono concentrati sulla possibilità di mischiare il mondo virtuale con quello fisico, dando luogo a un importante filone denominato “aug- mented reality” (A.R., realtà aumentata). La realtà aumentata nasce dall’idea di poter utilizzare un dispositivo da indossare per ampliare la capacità sensoriale umana, invece che per l’immersione in un ambiente virtuale. La finalità è di associare, a livello planetario, le informazioni ai luoghi, in modo che possano essere percepite come se si fosse effettivamente in quel luogo: quindi vedere l’informazione nel suo contesto, sovrapposta agli oggetti fisici, arricchendo il mondo reale. Un siffatto sistema dovrebbe essere costituito da: una infrastruttura di codificazione del mondo [Rheingold, 2003], ovvero un server in grado di immagazzinare le informazioni collegate a tutta la superficie del globo; dispositivi mobili o indossabili dall’utente dota- ti di sistema di localizzazione geografica; accesso wifi per contattare il server; un soft- ware per creare, leggere e modificare l’informazione associata ai diversi luoghi. Infine un paio di occhiali consentirebbe di percepire l’informazione associata all’ambiente fisico come se fosse sovrapposta. La pervasività della tecnologia genera tuttavia la problematica legata alla privacy e al controllo delle informazioni.
  • 22.   21 HP suggerisce che l’uso del web quale infrastruttura per collegare le tecnologie mobili a quelle pervasive possa consentire di avere un accesso aperto, evitando che il controllo sia nelle mani di aziende private. Nell’ambito di CoolTown, l’esperimento di informatica pervasiva di HP, i ricercatori della multinazionale hanno inventato Websigns [2001, op. cit.], segnali virtuali combi- nazione di informazioni e coordinate geografiche, che l’utente scarica (per la parte rela- tiva a una determinata località) sul proprio dispositivo, cosicché nessuno conosca la sua posizione quando interroga il database. Se l’accesso alle informazioni che aumentano la realtà avviene attraverso dispositivi indossabili dedicati si ha un’esperienza immersiva, viceversa con i dispositivi mobili attualmente in commercio la ricerca si indirizza verso l’ambito dei cellulari sensibili al contesto. A seconda delle modalità con cui avviene l’accesso alle informazioni che aumentano la realtà, la ricerca procede lungo due direzioni: quella degli smartphone sensibili al conte- sto, e quella volta ad assicurare un’esperienza immersiva attraverso dispositivi indos- sabili quali gli occhiali. Realtà aumentata su dispositivi mobili e desktop La realtà aumentata su smartphone consiste essenzialmente nella possibilità di avere informazioni contestuali, che dipendono dal luogo in cui ci si trova. Cosicché con uno smartphone dotato di GPS per il posizionamento, di magnetometro (bussola) e di colle- gamento internet WiFi, è possibile conoscere i siti di interesse storico-culturale o gli al- berghi e i ristoranti vicini, oppure entrare in un museo o in una biblioteca per ottenere informazioni sui pezzi presenti. Applicazioni di AR, generalmente sviluppate con tecnologia Adobe Flash, fruibili da browser, sono possibili anche su desktop computer, attraverso l’uso di QR (codici simili a quelli a barre) letti dalla webcam. Negli ultimi anni, noti brand hanno esplorato l’integrazione della realtà aumentata nelle loro attività di advertising. Un esempio molto affascinate di augmented advertising è quello progettato e realizzato dall’agenzia digitale Appshaker [2013] di Londra per il lancio del canale televisivo di National Geographic. Cinque scene tridimensionali con qualità broadcast di delfini, leopardi, astronauti, tempeste e dinosauri, hanno riempito gli spazi di un centro commerciale guadagnando l'attenzione dei presenti, che si sono potuti immergere nel fantastico mondo di National Geographic (Figura 2).
  • 23.  22 Figura 2. La campagna National Geographic che usa un’applicazione di realtà aumentata [Appshaker, 2011]. Google Glass Project Glass [Google, 2013] è il progetto di realtà aumentata di Google che utilizza un paio di occhiali (Figura 3) per visualizzare lo strato di informazioni associate all’am- biente circostante. Gli occhiali, dotati di una piccola lente-display sull'occhio e di una videocamera, con- sentono di scattare foto, registrare video, leggere e inviare e-mail, avere indicazioni stra- dali, effettuare videochiamate, tradurre testi. Le specifiche tecniche, rilasciate nell’aprile del 2013, sono: display ad alta risoluzione, fotocamera da 5MP e video a 720px, WiFi 802.11b/g e Bluetooth, 12 GB di memoria utilizzabile, sincronizzato con Google Cloud Storage. Dopo una prima fase di sperimentazione partita alla I/O conference del 2012 e rivolta ad alcuni sviluppatori, nel febbraio del 2013 Google ha lanciato il concorso #ifihadglass, riservato ai residenti negli Stati Uniti, ai quali è stato chiesto di descrivere, attraverso Google+ e Twitter, cosa avrebbero fatto se avessero avuto gli occhiali: in palio la possi- bilità di acquistarli. Fra i partecipanti ne sono stati selezionati 8.000 ai quali, a partire dallo scorso maggio, è stata spedita una prima versione del dispositivo al costo di 1500$. Al momento Google non sta più acquisendo richieste. Una versione per tutti i consuma- tori a un prezzo più basso è prevista nel 2014.
  • 24.   23 Nel giugno del 2013 i Google Glass sono stati sperimentati in sala operatoria, durante un intervento chirurgico di gastrostomia, dal Dr. Rafael Grossman il quale ha voluto così mostrare come il dispositivo e la sua piattaforma hanno un grande potenziale nel settore sanitario dove potrebbero consentire, in maniera molto semplice, una migliore consultazione intra-operatoria, il tutoraggio chirurgico, e l'educazione medica a distanza. Figura 3. Google Glass: il dispositivo e una visualizzazione di informazioni sovrapposte [Google, 2013]. Wearable computing per l’intelligenza umana Il termine cyborg, coniato da Manfred Clynes e Nathan Kline dalla fusione dei termini cybernetic e organism, indica l’unione di parti umane con parti sintetiche. Il primo e forse più noto cyborg è il canadese Steve Mann, ricercatore al MIT e docente alla University of Toronto, il quale ha parlato del concetto di “gente intelligente”, con il quale sottolinea la necessità di puntare sull’intelligenza umana nello sviluppo dell’infra- struttura tecnologica [Mann, 2001].
  • 25.  24 La humanistic intelligence punta alla dignità umana, che si può ottenere, metaforica- mente e concretamente, trasformando il corpo attraverso l’impiego di protesi che con- sentano di controllare l’ambiente circostante. Obiettivo del wearable computing e della humanistic intelligence è quello di consentire un nuovo modo di essere e non solo di fare. Il wearable computing per Mann è un mez- zo di potenziamento personale, che consente di muoversi in libertà, strumento per un’in- telligenza umanistica condivisa. Da giovanissimo Mann realizza il suo primo prototipo Wear Comp 0, esperimento che perfeziona negli anni e che dura da oltre 30 anni. Wear Comp è un casco con integrati una video camera e un computer per l’elaborazione e la selezione delle riprese video. Grazie a WearComp Mann seleziona ed elabora immagini, testi, dati e, attraverso un sistema WiFi realizzato nel 1994, riesce anche a inviare e-mail e navigare sul web in modalità always on. Mann contesta la direzione intrapresa nella ricerca dal MIT e sostiene che WearComp è antitetico rispetto al concetto di smart rooms e di ubiquitous computing che utilizzano il calcolo distribuito, l’uso di videocamere e microfoni diffusi nell’ambiente, privilegian- do la struttura all’individuo, le cose alle persone. Il wearable computing per Mann permette agli individui di dotarsi di strumenti per la propria protezione in modo individuale, indipendente e privato. Inoltre il potenziamento personale dovuto ai mezzi di calcolo indossati è anche nella possibilità di filtrare la rap- presentazione visiva della “società dello spettacolo”, che passa attraverso gli stimoli della pubblicità, dei messaggi commerciali e delle vetrine degli spazi urbani della con- temporaneità. La possibilità di accendere e spegnere questi stimoli visivi, selezionan- done alcuni, offre importanti opportunità, sia di personalizzazione dello spazio vitale sociale, che di difesa dal bombardamento visivo e sonoro proveniente dall’esterno. 1.4 Reti sociali mobili Una rete sociale è costituita da un insieme di soggetti, i nodi della rete, nonché dalle relazioni tra i soggetti della rete. La rete sociale è dunque la struttura di relazioni le cui caratteristiche possono essere usate per spiegare il comportamento delle persone che costituiscono la rete. Le reti sociali come rappresentazione dei rapporti sociali e il suo metodo di studio, l’analisi delle reti sociali, sono stati adottati come strumenti teorici per lo studio di nu- merosi fenomeni e processi.
  • 26.   25 Lo studio delle reti sociali, che ha come focus l’intreccio complesso di relazioni sociali che definisce la società, ha origine molto prima che fossero inventati le reti di computer e i dispositivi mobili. Wellman, esponente dell’analisi strutturale americana - il filone di studi sviluppatosi ad Harvard a partire dagli anni ’70, che attribuisce importanza alla forma delle reti più che al loro contenuto - sostiene che le reti di computer sono reti sociali e che l’analisi delle reti sociali tradizionali possa essere applicata ai cyberspazi sociali. Quest’ultima idea viene estesa da Rheingold secondo cui può essere applicata anche agli spazi mobili. Diversi studiosi sottolineano come le reti di computer, nel momento in cui mettono in contatto le persone, soprattutto grazie a uno dei servizi della grande rete internet quale la posta elettronica, diventano reti sociali connesse attraverso i dispositivi tecnologici. Gli appartenenti a tali reti, distribuiti sull'intero territorio, possono dar luogo a delle vere e proprie comunità caratterizzate da un senso di appartenenza e identità sociale che non è legato alla contiguità fisica. Sono le persone, indipendentemente dal luogo dove vivo- no e lavorano, a rappresentare i nodi di comunicazione delle reti di relazioni e di inte- ressi comuni, di tutte le epoche, e soprattutto di quelle della net-society. La domanda che si pone Rheingold [2003] è: cosa succede alle comunità virtuali quan- do passano dai computer ai telefono cellulari? A quali forme sociali daranno vita le masse in movimento che si scambiano messaggi con i cellulari? Il valore delle reti Il legame tra le caratteristiche tecniche delle reti telematiche e le potenzialità comunica- tive delle reti sociali può essere spiegato da tre leggi che definiscono il valore di una re- te in riferimento al numero di connessioni, e che spiegano il modo in cui il valore viene modificato dall’influsso della tecnologia. La legge di Sarnoff, legata alle reti televisive radiofoniche - le quali trasmettono pro- grammi da poche stazioni a molti fruitori - afferma che il valore di una rete di broad- casting è proporzionale al numero degli utenti: più persone sono collegate, maggiore è il valore della rete. Da questa legge deriva il criterio di attribuzione di valore alla pubblici- tà. Ne deriva che il valore di una rete è lineare e la comunicazione è di tipo one to many. Secondo la legge di Metcalfe invece il valore di una rete, in cui ogni nodo può raggiun- gere tutti gli altri, cresce con il quadrato del numero di nodi. Il fax ne è un esempio: una sola macchina fax è inutile ma il suo valore cresce in funzione delle persone che se ne servono per inviare e ricevere. Ne deriva che la connessione di reti tra loro indipendenti crea un valore più elevato della somma dei valori delle singole reti. La diffusione di In- ternet è dovuta in parte a questo principio.
  • 27.  26 A sua volta David Reed, ricercatore del MIT, ha osservato che il valore di una rete, In- ternet in particolare, non cresce proporzionalmente, ma in modo esponenziale quando consente di formare gruppi con interessi comuni che condividono idee, obiettivi e con un senso di appartenenza. Questa legge dunque lega le reti di computer alle reti sociali. Quindi quando una rete è in grado di diffondere qualcosa, come nel caso della televisio- ne, il valore è lineare; quando permette scambi tra tutti i nodi, il valore cresce al quadrato; quando la rete offre la possibilità di formare gruppi, il valore è esponenziale. Inoltre, ciò che è importante in una rete è legato alla scala di una rete. Nelle reti che hanno una crescita lineare, domina il contenuto; poche fonti in competizione si conten- dono il pubblico sulla base della qualità dei contenuti. Nelle reti che crescono in modo quadratico, diventa centrale quello che viene scambiato: e-mail, denaro, servizi. Quando invece una rete è regolata dalla legge di Reed, allora assume rilievo ciò che è costruito di comune accordo, gruppi di discussione, di acquisto, di lavoro. Fukuyama [1996, op. cit.] ritiene che esista una stretta correlazione tra la prosperità di un’economia e il capitale sociale, definito come la facilità con cui le persone possono formare nuove associazioni; allora, se i beni in comune saranno accessibili a molti, “la cornucopia dei beni condivisi” potrà portare benefici diffusi [Rheingold, 2003]. Le Smart Mobs La caduta del presidente delle Filippine Estrada nel gennaio del 2001, a opera di quella che è stata definita la generazione Txt, e la vittoria nella battaglia di Seattle per protesta- re contro il World Trade Center nel 1999, sono i due episodi più eclatanti di mobilita- zione di massa organizzati e coordinati con l’invio di sms, l’impiego di dispositivi mobili, e l’uso delle reti sociali mobili. Due episodi che hanno dimostrato la forza delle Smart Mobs. Smart Mobs è il termine con il quale Rheingold indica i gruppi di persone che utilizzano nuove tecnologie mobili e wireless per organizzarsi e coordinarsi, istantaneamente e con modalità inedite, in azioni collettive pur senza conoscersi tra loro. Le tecnologie della comunicazione wireless offrono quindi alla gente un nuovo modo di unire le loro forze, dando luogo a comportamenti basati sul coordinamento istantaneo, permettendo azioni collettive non realizzabili altrimenti. I dispositivi mobili collegati a internet in modalità wireless rappresentano un medium del tutto nuovo che consentirà di fare cose che non potevano essere fatte prima; e non semplicemente un modo per fare in movimento quello che prima si faceva da fermi.
  • 28.   27 Il termine Mob è utilizzato dall’autore per significare sia mobile che folla, quindi smart mobs indica cellulari intelligenti e folle intelligenti, che grazie all’uso di terminali mo- bili possono dar luogo a eventi di vario tipo sfruttando l’intelligenza collettiva. Le smart mobs possono considerarsi reti sociali mobili ad hoc, in quanto entrambe com- binano l’elaborazione, la comunicazione, la reputazione e la conoscenza della posizione, messe a disposizione dalla tecnologia mobile, per dar vita a una nuova forma sociale. Reti sociali perché ogni individuo delle smart mobs è un nodo che ha collegamenti con gli altri; mobili perché i nodi possono spostarsi ed entrare nella rete in qualunque mo- mento; ad hoc perché l’organizzazione della rete avviene in modo estemporaneo, infor- male e istantaneo sulla base di un obiettivo preciso, evolvendo a volte, ma non necessa- riamente, in forme più stabili assimilabili a quelle delle comunità. L’idea di reti mobili ad hoc, perché possano funzionare in pratica, deve risolvere alcune problematiche legate alla privacy e alla reputazione. La reputazione Un progetto di reti di strumenti mobili ad hoc, per sostenere le reti sociali delle persone che li indossano, è stato realizzato dal Wearable Computing Group utilizzando il peer to peer e le tecnologie wireless. Le reti mobili ad hoc rappresentano una modalità per generare dinamicamente nubi tem- poranee di potenza di calcolo distribuito ed elaborazione ubiqua, che può essere usata negli incontri faccia a faccia per facilitare e promuovere le interazioni sociali umane. In tempi brevi le modalità di unirsi agli altri - per aumentare le conoscenze, scambiare beni, incontrare partner - potrebbero cambiare in modo radicale avendo la possibilità di sape- re le caratteristiche e le esigenze di chi è nelle vicinanze. Cosicchè un nuovo digital divide separerà chi saprà sfruttare le tecnologie mobili per riunirsi in gruppi da chi non sarà in grado di farlo. Tuttavia, affinchè comunità mobili ad hoc si organizzino in modo cooperativo, facendo emergere un’intelligenza collettiva e producendo ricchezza per sé e l’intera collettività, occorre superare i problemi legati alla fiducia e alla privacy che nascono quando i com- puter mobili si scambiano informazioni. Assume quindi rilievo il concetto di reputazione, che può essere considerato il punto di convergenza tra tecnologia e collaborazione. Sistemi di controllo della reputazione efficaci hanno contribuito al successo di siti come eBay e Amazon, fornendo agli utenti un contesto attendibile per poter operare le loro scelte di acquisto. La creazione di criteri di controllo della reputazione diventa allora il punto chiave perché si creino smart mobs efficaci, sia per scopi democratici che teppi-
  • 29.  28 stici, in grado di sfruttare il potenziale dei “superorganismi”, denominazione assegnata da Wheeler alle colonie di formiche, capaci di svolgere in gruppo compiti che nessun singolo potrebbe eseguire da solo. 1.5 Accesso e competenze Il progresso tecnologico si accompagna alla nascita di una nuova era economico-sociale, in cui i mercati cedono il passo alle reti e la proprietà è progressivamente sostituita dal- l’accesso. Questo cambiamento produce effetti di grandissima entità sulla società, ridi- segnandone gli assetti in tutti gli ambiti. È l’era dell’accesso descritta da Rifkin [1999] nella quale la proprietà privata continua a esistere ma cessa di essere scambiata. Chi detiene la proprietà di un bene lo affitta, lo cede in uso temporaneo, a fronte di un corrispettivo, eventualmente sotto forma di abbo- namento. Lo scambio non riguarda più la proprietà ma l’accesso; la proprietà del ca- pitale fisico, fondamentale nella civiltà industriale, diventa meno rilevante: quello che assume rilievo è il capitale intellettuale. Nella nuova economia acquistano importanza le idee e i concetti, assume valore la componente immateriale, che non può essere scam- biata, rimanendo patrimonio di chi la detiene: può solo essere affittata. Il possesso è diventato quindi obsoleto, quasi un limite, inadatto a un’economia in vorticosa trasfor- mazione, in cui la rapidità dell’innovazione tecnologica ha accorciato il ciclo di vita dei prodotti. Nell’era dell’accesso gli assunti economici dell’era del mercato sono del tutto nuovi: le reti sostituiscono i mercati, i fornitori si sostituiscono ai venditori, si può godere di un qualunque bene attraverso l’accesso. Il passaggio dal regime di proprietà a quello di accesso cambia in modo radicale il con- cetto di potere economico e comporterà cambiamenti nel modo di governare. L’uomo che vivrà nell’era dell’accesso sarà verosimilmente profondamente diverso da quello che ha considerato la proprietà un’estensione dell’essere. I cambiamenti economici sono parte di una trasformazione più profonda dell’intero si- stema capitalistico, che vedrà uno spostamento dalla produzione industriale a quella cul- turale, in cui gli scambi di beni e servizi lasceranno il campo a scambi di esperienze culturali. Di “Economia delle esperienze” parlano Pine e Gilmoure nella loro analisi della nuova economia, in cui alle due condizioni di scarsità della domanda/sovrabbondanza dell’of- ferta e di pervasività della tecnologia, aggiungono quella dell’evoluzione dei contenuti della domanda. Dopo le commodity ci sono stati prima i beni, quindi i servizi, a cui, an-
  • 30.   29 che a causa di internet, “la più grande forza di massificazione nota all’uomo”, si stanno sostituendo le esperienze, “eventi che coinvolgono gli individui sul piano personale” in quattro ambiti: intrattenimento, educazione, evasione, esperienza estetica. Nell’era dell’accesso si passa dall’etica del lavoro all’etica del gioco, dalla mercifica- zione del lavoro a quella del divertimento e delle risorse culturali. La mercificazione della cultura implica un cambiamento epocale nella natura dell’occu- pazione. L’innovazione tecnologica rende inutile il lavoro umano nella produzione di beni e servizi, non solo con riferimento a quello strettamente manuale. Le nuove oppor- tunità di occupazione saranno nelle attività culturali a pagamento. I confini tra comunicazione, condivisione e commercio saranno sempre più labili, il tempo libero scomparirà, diventando integralmente tempo commerciale. Il capitalismo, dopo aver mercificato spazio e materia, passerà alla mercificazione del tempo e della vita. Ma la vita come esperienza a pagamento porta alla morte della cultura, definendo i tratti della crisi della postmodernità. Nella new-economy, in cui l’esperienza umana è acquistata attraverso l’accesso alle reti telematiche, il già profondo divario tra chi ha e chi non ha sarà ancora più grande tra chi è connesso e chi non lo è. Web 2.0 e partecipazione La rivoluzione digitale innescata dalla crescita e dalla diffusione della rete internet a tutta la popolazione ha un momento topico nella nascita del cosiddetto web 2.0, termine coniato da O’Reilly durante una conferenza presso O’Really Media per identificare il profondo rinnovamento e la crescita che stava interessando la rete. Conviene ricordare che il web 2.0 rappresenta uno stadio evolutivo del web non legato a cambiamenti tecnologici, che si caratterizza per la partecipazione attiva degli utenti, i quali trasformando dati (remixability) e creando contenuti (user generated content), con- tribuiscono alla formazione di un’intelligenza collettiva. Questo cambio di prospettiva che trasforma gli utenti da semplici fruitori a produttori di contenuti - progettati, modificati o semplicemente condivisi - ha delle ripercussioni sul- le relazioni comunicative tra aziende, politica, istituzioni e il consumatore/utente/cittadi- no, il quale improvvisamente ha la possibilità di interloquire utilizzando uno strumento di comunicazione in grado di raggiungere un pubblico sempre più esteso. Il nuovo paradigma mette peraltro in crisi l’intera industria editoriale e le regole sul di- ritto d’autore, accelerando un processo che il web aveva già innescato e delineando un nuovo contesto culturale. Si tratta di un contesto caratterizzato da una partecipazione estesa alla produzione e distribuzione di media che ha fatto parlare Jenkins di “culture
  • 31.  30 partecipative”. Una partecipazione che può aiutare i giovani, futuri cittadini, a costruire la propria identità e ad acquisire le capacità per decodificare il sistema simbolico nel quale sono immersi. Infatti, le culture partecipative rappresentano ambienti di apprendimento informale idea- li che Jenkins [2010] chiama spazi di affinità, in quanto consentono un coinvolgimento spontaneo, libero, diversificato; sono sostenuti da uno sforzo comune che travalica le differenze sociali, demografiche e culturali; motivano all’acquisizione di nuove cono- scenze, sfruttando l’esperienza degli altri. A differenza dei sistemi formali di istruzione, l’apprendimento informale degli spazi di affinità è sperimentale, creativo, specifico, innovativo; inoltre dalle comunità, che evol- vono e mutano continuamente, si può decidere di uscire in qualunque momento. In questo nuovo scenario le preoccupazioni delle famiglie - legate al tempo trascorso sugli schermi a discapito di altre attività ludiche nel mondo reale, peraltro già espresse per il consumo televisivo - per quanto comprensibili, dovrebbero ora valutare adeguata- mente le competenze che è possibile acquisire con i nuovi media. Le competenze per la partecipazione L’idea che la formazione possa essere un processo limitato e circoscritto a una parte della vita, non è più perseguibile in una società in continuo mutamento, in cui il ciclo di vita della validità delle conoscenze e delle competenze si è accorciato. Per fronteggiare l’altissima obsolescenza delle competenze è necessaria la capacità di intraprendere un percorso di formazione ininterrotto. La formazione e l’aggiornamento delle competenze non può più essere limitato nei tempi, nei modi e nella forma, richie- dendo invece di poter essere innestati e integrati nello svolgersi della vita, senza solu- zione di continuità. Cosicché diventa fondamentale la capacità di imparare a imparare, di dotarsi degli stru- menti per gestire autonomamente questo nuovo processo di formazione e apprendimen- to, accedendo in modo consapevole alla conoscenza condivisa che innerva gli scambi comunicativi nelle reti telematiche, attraverso le piattaforme del web 2.0. I giovani in età scolare partecipano ormai attivamente a tali scambi, in veste di creatori di media, con i blog o le pagine web personali, in cui realizzano in prima persona im- magini, video, suoni, testi, o manipolano contenuti prodotti da altri, per condividerli con le proprie reti di conoscenze all’interno dei social media, delle chat e dei forum, produ- cendo conoscenza in determinati ambiti di interesse personale. In questo scenario, di- venta fondamentale la scuola.
  • 32.   31 Jenkins [2010] sostiene da una parte l’importanza di accrescere nelle scuole la cosiddet- ta media literacy; dall’altra che la scuola abbia un ruolo nell’insegnarla, promuovendo la media education; è necessario infatti evitare che si formi autonomamente, per tre ra- gioni di fondo: • il divario di partecipazione: non è sufficiente estendere a tutti il solo accesso al web, essendo altrettanto necessario insegnare a usarlo e a comprenderne le logiche di fondo; • il problema della trasparenza: l’uso dello strumento non garantisce né la capacità di valutare criticamente l’attendibilità delle fonti di informazione nè di individuare e separare le forme di pubblicità, sempre più pervasive e intelligenti, innestate nei con- tenuti; • la sfida etica: il ruolo di produttori di contenuti richiede una valutazione etica delle azioni intraprese sul web. È quindi importante che la scuola ripensi al processo di costruzione delle competenze per affrontare queste problematiche, in modo da garantire a tutti i giovani l’accesso con- sapevole alla cultura partecipativa. Peraltro, nell'arena competitiva del terzo millennio, nella società delle reti, in un mondo immateriale, le competenze rappresentano il fattore discriminante per il successo indivi- duale. La riduzione dei posti di lavoro, dovuta alle ristrutturazioni determinate dall'innovazio- ne tecnologica, prima ancora che alla crisi economica in atto - e che Rifkin [2002] par- lando di “fine del lavoro” considera endemica - penalizzerà sempre più coloro che non possiedono le competenze per operare in un mondo ad altissima complessità. Il rischio di estromissione dai cicli produttivi è molto elevato e lo sarà in modo crescen- te per larga parte della popolazione: la crisi di lavoro risparmierà solo quelli che Rifkin [2002] definisce “gli analisti dei simboli”, ovvero coloro in grado di decodificare il mondo simbolico nel quale viviamo. Anzi, sostiene lo studioso americano, le opportuni- tà di lavoro e di reddito per costoro saranno crescenti. Quali dunque le competenze per poter entrare a far parte della elite descritta da Rifkin? L'Institute for the Future (IFTF) - un gruppo di ricerca strategica no-profit con sede a Palo Alto, che opera da 40 anni all'identificazione dei trend emergenti che trasforme- ranno il mercato e la società nell'era della globalizzazione - ha realizzato per lo Univer- sity of Phoenix Research Institute uno studio volto a individuare gli skill del prossimo futuro. Il rapporto “Future Work Skills 2020” analizza i fattori chiave che ridisegneranno lo scenario del mondo del lavoro; anziché definire quale sarà il lavoro del futuro, impredi-
  • 33.  32 cibile per la velocità dei cambiamenti in atto, si focalizza su skill e capacità necessari nei prossimi 10 anni. Tali skill sono: • Comprensione dei significati. Saper determinare e approfondire il significato di ciò che accade; • Intelligenza sociale. Saper comunicare velocemente con gli altri e di favorire le inte- razioni desiderate; • Pensiero creativo. Trovare soluzioni e risposte al di là di regole e schemi imposti; • Competenza multiculturale. Operare in contesti culturali diversi; • Pensiero elaborativo. Saper tradurre i dati in concetti e viceversa, nonché saper estra- polare dati dai ragionamenti; • Conoscenza new media. Saper valutare criticamente e sviluppare contenuti utiliz- zando nuove forme di media, sfruttandoli per una comunicazione persuasiva; • Multidisciplinarietà. Comprendere concetti interdisciplinari; • Organizzazione mentale. Saper rappresentare e sviluppare attività e processi di lavo- ro per ottenere gli obiettivi desiderati; • Gestione delle informazioni. Saper selezionare le informazioni per importanza e massimizzare le funzioni cognitive attraverso l'uso di strumenti e tecniche; • Collaborazione virtuale. Lavorare collaborativamente in maniera produttiva, moti- vando il proprio operato, all'interno di team virtuali. Si tratta dunque di abilità sociali, cooperative, di comprensione e gestione dell’inces- sante flusso comunicativo nel quale siamo immersi, che passa in primo luogo attraverso la media literacy, la conoscenza dei codici linguistici dei media digitali. Le competenze digitali che le istituzioni formative sono chiamate a includere tra gli obiettivi delle attività curriculari, non sono dunque limitate all’utilizzo della tecnologia informatica o all’integrazione della didattica frontale con le attività laboratoriali. La formazione scolastica deve fornire gli strumenti culturali per cercare, selezionare, filtra- re, valutare criticamente, rielaborare e condividere l’enorme mole di informazione che avvolge e caratterizza gli ambienti di rete. Gli stessi risultati dei motori di ricerca inclu- dono e privilegiano contenuti pubblicizzati, secondo modalità di rappresentazione visiva che non sono conosciute ai più, risultando quindi non riconoscibili come tali. La capacità dello studente di saper selezionare autonomamente la conoscenza utile, all’interno dello sterminato patrimonio informativo presente in rete, creando connessio- ni al suo interno, è centrale nella teoria del connettivismo di Siemens [2005]. Tutto questo, peraltro, non deve far ignorare o passare in subordine l’importanza della dimensione tecnica. I giovani studenti, di tutte le età, hanno infatti anche bisogno di co-
  • 34.   33 noscere i paradigmi e i frame operativi che caratterizzano i diversi software; di com- prendere come si elaborano immagini, video e suoni; di saper utilizzare i browser per la navigazione e i client di posta elettronica per gestire la comunicazione; di avere consa- pevolezza delle opportunità offerte dal formato digitale, per non incappare in modi d’uso che ripropongono l’approccio con oggetti non digitali; consci che tra le dimensio- ni tecnica e culturale vi è un forte relazione di reciprocità, un legame a doppio filo di cui è importante riconoscere l’esistenza.
  • 35.  34
  • 36.   35 2. Mobile Learning Nello scenario descritto, in cui i dispositivi mobili sono entrati in modo prorompente nella vita quotidiana degli individui, modificandola profondamente in tutti i suoi aspetti, trovano spazio nuovi modi di insegnare e di apprendere. L’obiettivo è quello di trarre vantaggio nel processo di insegnamento/apprendimento dal diffuso utilizzo di tecnologia mobile. Pda, computer tablet, telefoni cellulari, utilizzati come strumenti di formazione, possono essere i nuovi mezzi, attraverso cui è possibile costruire percorsi di apprendimento. Il filone di studi che si è occupato di indagare l’uso delle tecnologie mobili e wireless in ambito educativo è il mobile learning. Parallelamente alla forte diffusione di dispositivi mobili presso tutta la popolazione e allo sviluppo di dispositivi sempre più performanti, utilizzati in processi di apprendi- mento ubiqui, le esperienze, gli studi e le ricerche nel mobile learning diventano sempre più numerose, cresce il numero di conferenze e la letteratura propone contributi che ri- portano e analizzano il risultato dei più importanti progetti sull’impiego di dispositivi mobili nell’apprendimento. L’interesse crescente del mondo della ricerca al mobile learning è giustificato da alme- no tre ragioni: i cellulari sono diffusi in modo capillare consentendo di comunicare con chiunque; i cellulari accompagnano sempre gli studenti che possono così essere rag- giunti in qualunque momento e ovunque si trovino; i cellulari non veicolano solo voce, messaggi e oggetti multimediali, ma sono soprattutto un mezzo per intrattenere relazioni sociali [Arrigo et al., 2008]. Ci sono differenti modalità e numerosi processi che la gente usa per apprendere, tra cui i più efficaci sono ascoltare, osservare, imitare, domandare, riflettere, provare, stimare, predire, meditare, far pratica [Prensky, 2007]. Tutti questi processi possono essere sup- portati dai cellulari. Inoltre, i cellulari ben si legano allo stile veloce, casuale e multi- tasking dei “Digital natives”. In quest’ottica può essere utile riflettere sul concetto di mobilità, che rappresenta intui- tivamente l’elemento caratterizzante del mobile learning, ovvero sulle relazioni tra le variabili dispositivo - utente - contenuti, e la mobilità, valutando come ognuna di esse genera modalità di apprendimento differenti, caratterizzate da specifiche peculiarità.
  • 37.  36 2.1 Cos’è il mobile learning Il mobile learning è una modalità di apprendimento e di distribuzione di contenuti for- mativi di qualunque tipologia, che sfrutta dispositivi portatili, smartphone, pda, palmari, computer tablet, netbook con accesso alla rete internet in modalità wireless. Questi strumenti tecnologici consentono una modalità di studio in mobilità, di tipo no- madica, con possibilità di accedere alle informazioni offerte da internet, anche di tipo contestuale al luogo in cui si è, rimanendo in contatto con la propria rete di conoscenze, che evidentemente non è più limitata a cerchie definite in base alla contiguità geografica. In questo modo l’apprendimento non è più vincolato a un determinato luogo fisico o a determinati orari prestabiliti; è possibile apprendere ovunque e in qualunque momento, cosicché i tempi morti e quelli di spostamento possono diventare momenti di apprendi- mento e di formazione. L'attesa di un autobus o un treno o i tempi di viaggio possono essere sfruttati per acce- dere a risorse formative, che evidentemente, devono essere adeguatamente progettate per poter essere utilmente fruite in tali contesti. Utile soprattutto a studenti adulti e già impegnati con il lavoro, si tratta di una modalità che ben si integra con altre attività, non richiedendo una netta separazione e un’allocazione predeterminata di tempo. L’appren- dimento diventa quindi ubiquo e onnipresente. Questa nuova relazione con l'apprendimento dell’individuo del terzo millennio è legata sia alla perenne connessione con i dispositivi, le proprie cerchie, e le reti telematiche - definita always on; sia al concetto che si va affermando di lifelong learning, ovvero la necessità di apprendere continuamente durante tutto l’arco della vita. Questa nuova doppia condizione prende forma con la diffusione di internet e le conse- guenti profonde modificazioni della vita, sociale e lavorativa; e si compie assumendo nuovi connotati, con la diffusione dei nuovi dispositivi mobili. L’acquisizione delle competenze necessarie per competere nella società della conoscen- za avviene in modo continuo durante tutto l’arco della vita accedendo a risorse infor- mative e contenuti formativi sempre disponibili attraverso dispositivi tecnologici colle- gati alla rete internet; quando i dispositivi diventano portatili, l’accesso è consentito anche in mobilità, in ogni contesto, durante tutta la giornata, sfruttando i momenti liberi. Mobilità e apprendimento Un possibile approccio alla comprensione del mobile learning e alla sua definizione può passare attraverso l’individuazione e il riconoscimento delle differenze con altre moda-
  • 38.   37 lità di apprendimento. Solo cosi è possibile tracciare le caratteristiche, immaginare un format, definire una struttura. La prima evidente differenza tra il mobile learning e le altre metodologie formative è data dal fatto che i soggetti coinvolti nel processo di apprendimento (discenti e/o docen- ti) possono essere in movimento, ossia l’apprendimento avviene attraverso lo spazio e il tempo. A questo scopo risulta interessante una classificazione [Naismith et al., 2004, op. cit.] che segmenta i diversi dispositivi mobili, utilizzando due delle caratteristiche peculiari delle tecnologie mobili: l’essere portatili e personali. Lo schema che la rappresenta utilizza così i due assi personale/condiviso e portati- le/statico (Figura 4). Figura 4. Classificazione dei dispositivi mobili. [Naismith et al., 2004]. Quadrante 1 - Dispositivi portabili/personali dispositivi a cui generalmente si fa riferimento quando la gente comune pensa alle tec- nologie mobili: telefonini, PDA, tablet, computer portatili. Quadrante 2 - Dispositivi statici/personali dispositivi utilizzati come supporto all’attività didattica svolta in classe, ad esempio i si- stemi di risposta automatica. La componente personale è dovuta all’utilizzo individuale, per quanto non siano di proprietà e quindi non hanno le caratteristiche che ne derivano. Sono statiche, perché utilizzate in classe o nel luogo fisico dove è erogata la didattica. Mobile phone Game console PDA Classroom response system Videoconferencing Lim Kiosk Tablet Pc Laptop Personal Shared Portable 1 2 3 4 Static
  • 39.  38 Quadrante 3 - Dispositivi portabili/condivisi tecnologie che forniscono esperienza educativa in movimento, quali i chioschi multi- mediali, nei luoghi di interesse culturale e nei musei per fornire informazioni storiche o su ciò che è possibile vedere; nelle aree urbane per fornire informazioni di pubblica uti- lità come gli orari dei mezzi di trasporto o le mappe delle città. In questo caso la porta- bilità è riferita all’utente che si muove per fruire dei contenuti e non al dispositivo. Inol- tre, queste tecnologie, essendo condivise tra molti utenti, non hanno nulla di personale. Quadrante 4 - Dispositivi statici/condivisi tecnologie di grosse dimensioni, poco portabili, pensate per condividere interazioni tra utenti. Ad esempio le Lim e i sistemi di videoconferenza. Da notare come in questa classificazione, i dispositivi mobili, al momento dell'utilizzo in classe, perdono la proprietà di mobilità; al contrario, dispositivi ingombranti e statici come i chioschi multimediali possano consentire un apprendimento mobile, in quanto favoriscono la conoscenza dell’utente in mobilità. Il concetto di apprendimento mobile non è quindi limitato all’impiego di dispositivi mobili, ma può essere esteso in una prospettiva più ampia, che considera la modalità di apprendimento emergente dallo sviluppo tecnologico e dalle pratiche sociali innestate e intrecciate a tale sviluppo. Peraltro, un’attività di apprendimento che si connota per l’uso di dispositivi mobili non necessariamente è fruibile solo attraverso essi, anzi generalmente lo studente integra modalità e device diversi per accedere ai contenuti a seconda del momento, della situa- zione e soprattutto delle diverse affordance offerte. Cosicché l’uso di postazioni fisse integra quello di dispositivi mobili, a volta diversi, come ad esempio uno smartphone e un tablet. E le offerte formative spesso sono di tipo blended, contemplando quindi an- che momenti di formazione in presenza. Con mobile learning quindi si intende sia l’uso dei dispositivi mobili in classe, come supporto alle attività di apprendimento formali, sia l’uso di tecnologia mobile personale per l’apprendimento in movimento nei diversi contesti, in una visione più ampia del concetto di apprendimento nella mobile society [Sharples, Kukuluska-Hulme, 2010]. Queste due prospettive possono essere considerate i due poli estremi di un asse (Figura 5) che va dal miglioramento dell’apprendimento in classe attraverso dispositivi quali i sistemi di risposta portatili, all’apprendimento come parte della vita di ogni giorno per mezzo della comunicazione informale e la condivisione di conoscenza con i cellulari.
  • 40.   39 Haldeld response systems Fixed setting, curriculum led Mobile, informal PDAs in classrooms Mobile technology Handheld tourist guides Social networ- king and media creation on smartphones Informal collaboration with mobile phones Figura 5. Alcuni tipi di mobile learning attraverso la dimensione che va dal curriculum in classe a quello informale estremamente mobile [Sharples, 2010]. La rappresentazione grafica proposta da Sharples riassume alcune forme di apprendi- mento che fanno uso di dispositivi mobili e, per certi versi, rappresenta l’evoluzione della ricerca e lo sviluppo delle prospettive teoriche e pedagogiche sul mobile learning. A un’iniziale visione tecnocentrica, si è sostituito un approccio più articolato centrato sullo studente e il contesto in cui egli si muove, per arrivare a porre le basi di una teoria per il mobile learning. Di seguito le prospettive più ricorrenti e ritenute maggiormente significative. La visione tecnocentrica I primi progetti hanno essenzialmente esplorato l’utilizzo delle nuove tecnologie mobili all’interno della classe per supportare l’insegnamento e l’apprendimento. Questa visione tecnocentrica considera il mobile learning come apprendimento basato sull’uso di tecnologie mobili come i PDA, gli smartphone, i tablet, le console. Il focus è sulla tecnologia e le sue caratteristiche, la mobilità è riferita al dispositivo, considerato veicolo di contenuti. Ne deriva una visione dell’insegnamento come processo di tipo trasmissivo, in cui il ruolo centrale è assunto dai contenuti, ai quali si può accedere senza limiti spazio-tem- porali, attraverso un dispositivo mobile. Questa interpretazione, si riflette sulle prime definizioni del mobile learning: “è un ap- prendimento che avviene attraverso elaboratori mobili: palmari, dispositivi basati su Windows CE, anche il vostro telefono cellulare” [Quinn, 2000, op. cit.]. Il mobile learning come evoluzione dell’e-learning Rilievo alla componente tecnologica è dato anche dalla prospettiva, ampiamente adotta- ta dagli studi sul mobile learning, che lo definisce in termini dell’e-learning. Più esat- tamente questo approccio considera il mobile learning un’evoluzione dell’e-learning, un sottoinsieme dell’e-learning che si caratterizza per l’integrazione con il mobile compu-
  • 41.  40 ting: il mobile learning rappresenta uno stadio successivo dell’istruzione supportata dal mezzo elettronico. Per Shepherd [2001], “Mobile learning is not just electronic, it’s mobile”. Per Harris [2001], “m-learning is the point at which mobile computing and e-learning intersect to produce an anytime, anywhere learning experience”; quindi il mobile learn- ing si compie quando l’esperienza di apprendimento mediato dalla tecnologia, grazie alle tecnologie mobile, diventa fruibile in qualunque momento e in qualunque posto, estendendo la libertà dei tempi dell’e-learning anche a quella dei luoghi. Tuttavia, questo legame con l’e-learning non deve portare a far considerare il mobile learning come una versione in miniatura, facilmente trasportabile, delle attività erogate per la fruizione su una postazione fissa. La possibilità della fruizione dei contenuti in mobilità, va oltre le caratteristiche intrin- seche del dispositivo: trasportabilità e personalizzazione, aggiungendo nuove dimensio- ni alle attività di formazione e di supporto al discente, che sono in relazione soprattutto con i diversi tipi di interazione che si possono sviluppare tra gli studenti e il contesto educativo e alla conseguente ridefinizione dell’attività e del contenuto, generata dal contesto [Bianco et al., 2009]. Il mobile learning centrato sullo studente Una definizione in grado di abbracciare le due prospettive dell’asse - dell’apprendimen- to con dispositivi mobili e dello studente che apprende in mobilità - è quella di O’Mal- ley [2003, op. cit.]: “Qualsiasi tipo di apprendimento che avviene quando lo studente non è in un luogo fisso e predeterminato, oppure quando lo studente si avvantaggia del- le opportunità di apprendimento offerte dalla tecnologia mobile”. Questa definizione sposta il focus dalla mobilità del dispositivo a quella dello studente, considerando il mobile learning dalla prospettiva di chi apprende. 2.2 Una teoria per il mobile learning Dunque il mobile learning deve far propri i comportamenti degli individui per allestire ambienti di apprendimento che si innestino nelle vite individuali quotidiane, fronteg- giando il continuo mutamento e adattamento di tali comportamenti e le modificazioni nelle modalità d’uso dei dispositivi. Questa caratteristica di mutevolezza rappresenta un’ulteriore difficoltà nella definizione di una teoria del mobile learning, anch’essa destinata a evolvere continuamente e con-
  • 42.   41 correntemente ai comportamenti individuali, alle modalità con cui vengono impiegati gli spazi e i tempi della quotidianità e delle attività formative e di apprendimento. Quindi per quanto nella post-modernità, fagocitata da un continuo cambiamento, il ruo- lo di una teoria come costrutto in grado di fornire informazioni predittive presenta molte criticità [Traxler, 2009], la comunità scientifica ha operato diversi tentativi di concettua- lizzare il mobile learning inquadrandolo all’interno di un frame teorico in grado di pro- durre generalizzazioni. Una parte di questi studi ha condiviso la Teoria dell’Attività di Engeström [1987], che ha origine nella “Scuola storico-culturale russa”, sviluppata da Vygotsky e Leont’ev agli inizi del novecento. In questa prospettiva l’apprendimento è analizzato nella dimen- sione storico-culturale e si caratterizza come processo situato, socialmente mediato e distribuito tra un individuo, le altre persone della comunità e gli artefatti, in accordo con la divisione del lavoro e le regole dell’intero sistema di attività. La relazione dialettica tra apprendimento e tecnologia Sulla Teoria dell’Attività è imperniato il framework teorico proposto da Sharple et al. [2005], per elaborare il quale gli autori definiscono in primo luogo alcuni criteri che una teoria sul mobile learning dovrebbe soddisfare. Prendere in considerazione la mobilità degli studenti; coprire sia l’apprendimento for- male che quello informale; e per essere efficace, in linea con l’US National Research Council, centrare l’apprendimento su: - studenti: l’apprendimento si costruisce partendo dalle capacità e dalle conoscenze degli studenti, allo scopo di porli nelle condizioni migliori per riflettere e ragionare sulla propria esperienza; - conoscenze: la formazione si basa su conoscenze solide e scientificamente valide trasmesse in modo efficace, con un uso originale di concetti e metodi; - valutazione: la valutazione deve fornire supporto, incoraggiamento e suggerimenti utili allo studente per fargli raggiungere gli obiettivi prefissati; - comunità: il contributo degli studenti più esperti e competenti nel gruppo aiuta i pari in difficoltà e promuove il senso di comunità. Sharples et al. [2005] caratterizzano il mobile learning come un processo di “coming to know” attraverso le conversazioni, rese possibili dalle interazioni in un contesto in pe- renne ridefinizione, tra chi apprende e la tecnologia; e analizzano il sistema di attività del mobile learning, descrivendo la relazione dialettica tra tecnologia e apprendimento attraverso una versione adattata del modello di attività di Engeström (Figura 6).
  • 43.  42 Figura 6. A Framework for analysing mobile learning [Sharple et al., 2007]. In linea con la teoria dell’attività, l’apprendimento viene considerato come un sistema di attività storico-culturale, mediato da artefatti che consentono agli studenti l’acquisi- zione di conoscenze e competenze. Questa analisi individua due livelli di attività media- te dagli artefatti. Il livello semiotico descrive l’apprendimento come un sistema di segni nel quale le azioni del soggetto per il raggiungimento degli obiettivi sono mediate da artefatti cultu- rali. Il livello tecnologico rappresenta l’apprendimento strettamente collegato con la tecnolo- gia; mentre gli artefatti, come computer e cellulari, fungono da agenti nel processo di apprendimento, creando un sistema per mediare la collaborazione tra gli studenti e per favorire la riflessione. La distinzione tra i due livelli di analisi può essere utile per fornire: con il piano semio- tico un framework teorico per analizzare l’apprendimento nell’era della mobilità, e con il piano tecnologico un framework per la definizione dei requisiti dei sistemi di mobile learning. I due livelli tuttavia possono essere sovrapposti per consentire una visione oli- stica complessiva del sistema di apprendimento. Nel loro framework, gli autori rinominano i fattori culturali con i termini: controllo, contesto e comunicazione. Il controllo può essere centralizzato nella figura del docente, distribuito tra gli studenti, o passare alle tecnologie. Da un punto di vista tecnologico questo consente agli studenti di scegliere i tempi, l’accesso alle risorse, il ritmo e lo stile di interazione. Communication Technological (communication channels and protocols) Semiotic (conversation and division of labour) Context Technological (physical context) Semiotic (community) Mediating artifacts Tools (mobile learning technology) Signs (learning resources) Control Technological (human computer interaction) Semiotic (social rules) Subject Technological (technology user) Semiotic (learner) Object Technological (access to information) Semiotic (knowledge and skills) Changed object (revised knowledge and skills)
  • 44.   43 L’interazione con la tecnologia avviene tuttavia all’interno di un sistema sociale con proprie regole e convenzioni; ma le persone e i gruppi possono costruire norme infor- mali relative al modo in cui vogliono lavorare e apprendere. Il contesto è un costrutto fondamentale dell’apprendimento che include le molteplici co- munità di attori e le tecnologie, che interagiscono intorno a un obiettivo condiviso. Per quanto riguarda la comunicazione è evidente la relazione tra l’emergere di forme linguistiche e di interazione, con la conseguente nascita di una comunità con proprie re- gole, e le modalità di comunicazione permesse dalla tecnologia. Si pensi alle e-mail e agli sms. Con il loro framework gli autori forniscono uno strumento per la progettazione e l’ana- lisi di nuovi ambienti per l’apprendimento e propongono una teoria integrata del mobile learning nella quale apprendimento e tecnologia sono in una profonda e continua rela- zione di co-evoluzione, attraverso la mediazione degli artefatti. Questa relazione dialettica, infine, conduce a un processo di appropriazione della tecno- logia da parte dello studente, il quale utilizza i dispositivi per la costruzione della pro- pria conoscenza e il miglioramento del proprio apprendimento, entrando però a volte in conflitto con le pratiche esistenti. Il modello FRAME Sulla teoria dell’attività e su un approccio socio-costruttivista si basa il modello FRA- ME (Framework for the Rational Analysis of Mobile Education) proposto da Koole [2006], che intende fornire un supporto alla progettazione di materiali e di attività, effi- caci sia nell’apprendimento formale sia in quello informale, che consentano agli stude- nti di avvantaggiarsi al meglio dell’esperienza mobile. Con l’ausilio di una checklist (omessa) si può rappresentare una guida allo sviluppo e alla valutazione degli ambienti di mobile learning. Il modello descrive il mobile learning come un processo risultante dalla convergenza della tecnologia mobile, le capacità umane di apprendimento e l’interazione sociale. Il processo si svolge all’interno di un contesto di informazione in cui gli studenti, collet- tivamente e individualmente, interagiscono attraverso la mediazione della tecnologia con l’informazione, creandola e utilizzandola. Il modello è rappresentato da un diagramma di Venn (Figura 7) in cui i dispositivi, gli studenti, e gli aspetti sociali, si intersecano a coppie, e in un’intersezione primaria (DLS) che definisce la situazione ideale di mobile learning. Valutando il grado in cui le tre aree sono utilizzate nell’ambito di un’attivita, i progettisti possono utilizzare il mo- dello per migliorare l’efficacia della mobile learning experience.
  • 45.  44 Device Aspect (D) Descrive le caratteristiche fisiche, tecniche e funzionali di un dispositivo mobile che de- rivano dal design dell’hardware e del software, e hanno un impatto sul livello di confort dell’utente. I dispositivi forniscono l’interfaccia tra lo studente in mobilità e i task di ap- prendimento, le loro caratteristiche hanno un significativo impatto sull’usabilità. Un di- spositivo ben progettato consente di focalizzarsi sugli aspetti cognitivi, descritti negli aspetti dell’utente (L), invece che sul dispositivo stesso. Learner Aspect (L) Prende in considerazione le abilità cognitive degli individui, la memoria, le conoscenze pregresse, e le possibili emozioni. Questi aspetti descrivono il modo in cui gli studenti usano quello che già sanno, e come codificano, immagazzinano e trasferiscono informa- zione. Basandosi sulle diverse teorie dell’apprendimento, spiega come il mobile learn- ing offra un ambiente esteso dove gli studenti possono interagire all’interno dei loro ambienti fisici e sociali, accedere a contenuti in formati diversi, e comprendere i conte- sti e gli usi dell’informazione. Figura 7. Il modello FRAME. (D) Device Aspect (L) Learner Aspect (DL) Device Usability Intersection (S) Social Aspect (DLS) Mobile Learning (LS) Interaction Learning (DS) Social Technology Information Context
  • 46.   45 Social Aspect (S) In linea con il costruttivismo, considera i processi di cooperazione e interazione sociale. Gli individui grazie alle regole di cooperazione sono in grado di scambiare informazioni, acquisire conoscenze e sostenere pratiche culturali. Le regole di cooperazione sono determinate dalla cultura dello studente o dell’ambiente in cui l’interazione ha luogo. Nel mobile learning questa cultura può essere fisica o vir- tuale. Device Usability Intersection (DS) Mette in relazione le caratteristiche del dispositivo mobile con i compiti di apprendi- mento legati alla manipolazione e alla memorizzazione delle informazioni. Questi pro- cessi possono influenzare la soddisfazione e il senso di confort psicologico dell’utente, il carico cognitivo, la capacità di accedere alle informazioni e di muoversi attraverso differenti luoghi fisici e virtuali. Social Technology Intersection (ST) Descrive come i dispositivi mobili permettono agli utenti di comunicare e collaborare con gli altri ottenendo accesso ai diversi sistemi in rete. Quando le persone sono in gra- do di scambiare informazioni rilevanti in un preciso momento possono partecipare in situazioni collaborative che sono normalmente difficoltose a distanza. I dispositivi hardware e software forniscono i diversi mezzi di connettività: invio di Sms, telefonia, accesso wireless a internet. Quello che in questo caso è importante, tuttavia, sono i significati dello scambio di in- formazioni e della collaborazione tra persone con diversi obiettivi e intenti. Interaction Learning Intersection (BC) Si focalizza sull’interazione sociale. La partecipazione alle comunità di apprendimento e di pratica possono fornire ambienti sociali di apprendimento in cui gli studenti posso- no acquisire informazioni e negoziare significati, sia confrontando la loro interpretazio- ne con quella degli autori, sia interagendo con gli altri individui direttamente. Considera i bisogni degli studenti a distanza come se fossero situati all’interno di un unico ambiente e cultura. Tale setting impatta sulla capacità dello studente di capire, ne- goziare, integrare, interpretare e usare nuove idee, come richiedono l’istruzione formale e l’apprendimento informale.
  • 47.  46 Mobile Learning Process (DLS) Le tre intersezioni si sovrappongono e convergono nell’intersezione primaria (DLS), che definisce il processo del mobile learning. Il mobile learning per le sue caratteristi- che consente agli studenti l’accesso a una varietà di risorse umane, sistemi e dati, e li assiste nel valutare e selezionare informazioni rilevanti, ridefinendo i loro obiettivi. Il mobile learning è, tuttavia, anche limitato dalle configurazioni hardware e software dei dispositivi mobili, e dipendente dagli adattamenti nelle strategie di insegnamento e ap- prendimento. 2.3 Self paced learning “I benefici sono evidenti, specialmente per gli insegnanti che vivono lunghe vacanze estive”, con questa affermazione provocatoria, Anderson [2010] conclude la sua oculata e attenta argomentazione sull’inadeguatezza di un modello formativo che impone tempi e scadenze. Per l’autore le ragioni della scansione in cui sono articolati anni scolastici e semestri universitari sono un’eredità dell’era industriale, in cui la regolarità e la gestione a bloc- chi consentiva una standardizzazione dell’intero sistema di istruzione. La gestione degli studenti in gruppi, oltre a facilitare l’interazione tra pari, è derivata come risposta ai tempi liberi dall’agricoltura nei mesi invernali e ha consentito un’eco- nomia di scala per cui un singolo insegnante è impiegato per insegnare contemporanea- mente a molti studenti. Nella mobile society del ventunesimo secolo, nell’era delle reti, la vita è caratterizzata dalla frammentarietà, dalle opportunità che derivano dalle scelte individuali, e dalla per- sonalizzazione degli stili di vita e dei propri percorsi formativi e professionali. Questo assetto sociale risulta evidentemente in linea con le caratteristiche di flessibilità del modello del self paced learning, strutturato in contenuti progettati per poter essere fruiti in autonomia da ogni studente, massimizzandone la libertà. L’idea è quella di rifiutare l’assunto, evidentemente scorretto, che tutti gli studenti im- parino alla stessa velocità, che possano adeguare la loro vita per seguire il gruppo di stu- denti di una classe, che possano cominciare e terminare i loro studi lo stesso giorno, a dispetto delle diverse circostanze di vita. [Anderson 2010]. Avere l’opportunità di studiare al proprio ritmo consente agli studenti di avere il con- trollo del proprio apprendimento e di conciliare lo studio all’insieme di altre attività il cui margine di variabilità è ormai alto nella scansione quotidiana.
  • 48.   47 A differenza del concetto di mera istruzione a distanza, che evidentemente annulla la problematica della distanza geografica, il self paced dà anche l’opportunità di ulteriori libertà, consentendo agli individui di decidere quando iniziare, che tipo di relazioni ave- re con pari e docenti e, ancora più importante, il proprio ritmo di studio. Il modello del self paced è in crescita nei contesti formativi di tutto il mondo: sempre più istituzioni lo adottano, anche in considerazione dei limiti di fattibilità organizzativa dei modelli collaborativi - costi, compresenza, durata delle attività - che spesso ne im- pediscono la loro adozione. Il self paced ricompare, quindi, nello scenario delle discussioni teoriche, anche se con un formato tecnico e organizzativo modificato dai concetti di mobilità e di ubiquità. Il problema che si pone tuttavia è quello di verificare se la libertà di avere il controllo e di decidere arbitrariamente i propri tempi, aiuti o pregiudichi l’efficacia dell'apprendi- mento; se gli studenti, anche quelli con esperienze pregresse e competenze specifiche, sono in grado di gestire autonomamente questo tipo di esperienza. Come testimoniato da alcuni studi [Anderson, 2010], questa libertà spesso si accompa- gna a tempi più lunghi, risultati inferiori, e un tasso superiore di abbandono. Il tasso di abbandono più alto è presumibilmente dovuto all’impreparazione da parte di molti studenti alla gestione dei ritmi di studio, anche in considerazione del fatto che non gli è mai stata data possibilità di sperimentarlo. D’altro canto nei periodi successivi alla scuola e all’università tutti saranno chiamati a gestire il ritmo del loro apprendimento formale e non formale, peraltro da conciliare con le altre attività quotidiane. Per poter gestire in piena autonomia un’attività di apprendimento, gli studenti devono possedere la capacità di autoregolazione, che si sviluppa nel tempo e non è limitata alle azioni di responsabilizzazione dell'individuo. Si tratta di una competenza organizzativa estremamente soggetta agli effetti delle crisi motivazionali. La formazione a distanza, per questa ragione, tende a essere un modello organizzativo strutturato, fortemente im- pregnata di consigli per lo studio e programmata in modo che i compiti siano propor- zionali, in termini di difficoltà, alle tipologie di contenuto e di esercitazione formativa. Un’attenta analisi del self paced learning richiede quindi che si valutino al contempo vantaggi e problematiche a esso legati, allo scopo di poter predisporre ambienti di ap- prendimento efficaci. Un’altra preoccupazione del mondo scientifico è che il self paced neghi agli studenti l’opportunità di partecipare a confronti e discussioni tra pari, portando così a un appren- dimento superficiale. Anderson [2010] sostiene che il coinvolgimento non è legato al formato del corso, ri- chiamando l'evidenza che molti studenti, sia in corsi online che in classe, sono poco coinvolti, e che non necessariamente il self paced debba implicare l’annullamento di