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Dott. Marco Grondacci giurista ambientale
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1
LA PREVENZIONE NELLA TUTELA DELLA SALUTE PUBBLICA NEI
PROCEDIMENTI DI VIA – AIA - AU -INDUSTRIE INSALUBRI ED EMISSIONI
ODORIGENE ED IL RUOLO DEL SINDACO
Sommario
PARTE I..................................................................................................................................................3
I POTERI SINDACALI IN MATERIA DI PREVENZIONE NELLA TUTELA DELLA SALUTE PUBBLICA NEI
PROCEDIMENTI DI VIA ED AIA ................................................................................................................3
SINTESI DEI POTERI SINDACALI IN MATERIA DI PREVENZIONE NELLA TUTELA DELLA SALUTE PUBBLICA 3
PARERE SANITARIO DEL SINDACO................................................................................................................ 4
La fonte normativa del Parere e a quale Sindaco si riferisce .................................................................... 4
Quello che non è il Parere Sanitario.......................................................................................................... 4
Il Parere Sanitario è di competenza del sindaco e non della giunta e rientra quindi nelle sue
competenze di massima autorità sanitaria e quindi non può essere rilasciato dal dirigente................... 5
Il Parere Sanitario non può essere superato/sostituito dal parere arpa-asl............................................. 6
Il Parere Sanitario del sindaco è obbligatorio............................................................................................ 6
Il Parere Sanitario negativo può essere di ostacolo al rilascio della autorizzazione................................. 7
Cosa deve contenere il parere sanitario del sindaco nella procedura di aia............................................. 8
IL PARAMETRO SALUTE PUBBLICA NELLA VIA............................................................................................. 8
Parametro Salute Pubblica nella normativa UE e nazionale sulla Valutazione di Impatto Ambientale
(VIA)........................................................................................................................................................... 8
Come attuare i parametri suddetti nella istruttoria interna al procedimento di VIA ............................... 9
La VIS nella VIA di alcune categorie di opere ............................................................................................ 9
CASO STUDIO: COME FUNZIONA LA VIS NELLA DGR LIGURE.................................................................... 11
Chi propone la VIS e chi gestisce la istruttoria interna al procedimento di VIA...................................... 11
La valutazione degli effetti sulla salute nella procedura di VIA secondo la DGR .................................... 11
IL PARAMETRO SALUTE PUBBLICA NELL’ AIA ............................................................................................ 12
Valutazione delle alternative tecniche e parametro salute .................................................................... 12
Relativamente alla Valutazione di Impatto sulla Salute nei piani di monitoraggio previsti dall’aia ....... 13
PARTE II............................................................................................................................................... 14
NORMATIVA SULLE INDUSTRIE INSALUBRI: I COMPITI DI SINDACI E ASL ............................................... 14
LA NORMATIVA E LE MODALITÀ DI CLASSIFICAZIONE DELLE INDUSTRIE COME INSALUBRI................... 14
COME INTERPRETARE L’ELENCO DI INDUSTRIE INSALUBRI DI PRIMA CLASSE DEL DECRETO 5
SETTEMBRE 1994: ESEMPI.......................................................................................................................... 15
COSA SUCCEDE QUANTO UNA ATTIVITÀ E/O IMPRESA È CLASSIFICATA INSALUBRE.............................. 15
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2
I POTERI/DOVERI DEL SINDACO PER LE INDUSTRIE INSALUBRI................................................................ 16
IL COMPORTAMENTO OMISSIVO DEL SINDACO NELL’APPLICARE LA NORMATIVA SULLE INDUSTRIE
INSALUBRI NEL SENSO SOPRA ESPOSTO PUÒ ESSERE GIUSTIFICATO DAL RILASCIO DELLE
AUTORIZZAZIONI AMBIENTALI DI SETTORE............................................................................................... 16
INDUSTRIE INSALUBRI E POTERI DEL SINDACO : UN NUOVO RUOLO DELL’IGIENE AMBIENTALE DELLE
ASL............................................................................................................................................................... 17
INDUSTRIE INSALUBRI E PIANIFICAZIONE URBANISTICA DEL TERRITORIO COMUNALE.......................... 18
UN REGOLAMENTO COMUNALE SULLA GESTIONE DELLE INDUSTRIE INSALUBRI: CONTENUTI IN SINTESI
..................................................................................................................................................................... 18
COME FINANZIARE LA ATTIVITÀ DI CONTROLLO-PIANIFICAZIONE DELLE INDUSTRIE
INSALUBRI: L’ONERE ECOLOGICO............................................................................................................... 19
CASO STUDIO : PROPOSTA DI REGOLAMENTO INDUSTRIE INSALUBRI COMUNE DI SCARPERIA E SAN
PIERO........................................................................................................................................................... 20
Premessa ................................................................................................................................................. 20
Presentazione della proposta di articolo da inserire nel regolamento urbanistico................................ 21
Fondamento normativo della proposta ...................................................................................................... 21
Introduzione articolo 72-bis al Regolamento Urbanistico....................................................................... 23
PARTE III.............................................................................................................................................. 25
COME APPLICARE LA NORMATIVA SULL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO ALLE EMISSIONI ODORIGENE . 25
PREMESSA: LE EMISSIONI ODORIGENE DIVENTA EX LEGE INQUINAMENTO ATMOSFERICO.................. 25
LA GIURISPRUDENZA SULLE EMISSIONI ODORIGENE COME INQUINAMENTO ATMOSFERICO............... 25
LA NOVITÀ INTRODOTTA DL DLGS 183/2017 ............................................................................................ 26
Premessa le autorità competenti............................................................................................................ 26
Misure per la prevenzione e limitazione delle emissioni odorigene....................................................... 26
Provvedimenti amministrativi e sanzioni penali in caso di violazioni di limiti di emissione e prescrizioni
................................................................................................................................................................. 27
Poteri di ordinanza delle autorità competenti........................................................................................ 27
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3
PARTE I
I POTERI SINDACALI IN MATERIA DI PREVENZIONE NELLA TUTELA DELLA
SALUTE PUBBLICA NEI PROCEDIMENTI DI VIA ED AIA
SINTESI DEI POTERI SINDACALI IN MATERIA DI PREVENZIONE NELLA TUTELA DELLA
SALUTE PUBBLICA
1. IL Parere Sanitario, nel caso di impianti soggetti ad Autorizzazione Integrata Ambientale
(AIA), è di competenza del Sindaco ed è obbligatorio, può diventare vincolante se motivato
nel senso che spiego nella relazione che segue e deve contenere quanto indicato dalla
giurisprudenza in materia non esistendo una legge specifica che ne definisca il contenuto.
2. Il parametro salute pubblica può essere oggetto di osservazioni specifiche sia nel senso di
valutare criticamente quanto espresso dalla documentazione presentata in sede di
procedura di valutazione (VIA – VAS) o autorizzazione (AIA, AU ex articolo 208 impianti
rifiuti) dal proponente il progetto, sia come proposte da depositare in conferenza dei
servizi che però a differenza del Parere Sanitario non hanno la stessa cogenza e quindi
possono essere considerate o meno dalla Autorità Competente a rilasciare il Paur.
3. La Valutazione di Impatto Sanitario (VIS) non è obbligatoria sia per la VIA che per l’AIA
(salvo per alcune categorie di opere in particolare: centrali termoelettriche sopra i 300MW-
raffinerie- rigassificatori) e comunque di questa Valutazione è responsabile la Autorità
Competente di VIA o VAS che deve appunto valutare all’interno del procedimento di VIA
(sulla base di attività istruttoria di ASL, Arpa, Osservatori epidemiologici regionali) quanto
proposto dal proponente del progetto in termine di prevenzione degli impatti sulla salute
pubblica all’interno della documentazione di VIA (vedi Studio di Impatto Ambientale). Però
la VIS può essere richiesta anche dal Comune territorialmente competente (che non è
Autorità Competete alla VIA o all’AIA) oppure dalle autorità che hanno titolo per
pronunciarsi all’interno del procedimento nel senso che debbano esprimere atti specifici
previsti dalla legge (autorizzazioni, nulla osta, pareri obbligatori).
4. Quindi il Parere Sanitario va distinto dalla Valutazione di Impatto Sanitario o dalla
Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario (così definita dalle linee guida del
Sistema Nazionale per la Protezione Ambientale o da quelle dell’Istituto Superiore di
Sanità) . Infatti il Parere è un atto amministrativo obbligatorio interno alla Conferenza
Servizi e distinto dalla procedura di VIA e ha la finalità di proporre prescrizioni di
prevenzione nella tutela della salute pubblica che possono essere inserite nel
provvedimento finale di autorizzazione dell’impianto. La VIS invece è un documento non
obbligatorio che serve per valutare come il parametro salute pubblica è stato preso in
considerazione all’interno del procedimento di VIA e/o AIA, parametro che deve comunque
essere valutato a prescindere dallo svolgimento della VIS.
5. In conclusione la mancanza del Parere Sanitario produce un vizio nella procedura , la
mancanza della VIS in se non produce alcun vizio nella procedura perchè non è
obbligatoria, invece la mancata valutazione del parametro Salute Pubblica nella VIA e
nell’AIA (quindi nel PAUR nel caso in esame) può produrre un vizio di merito per carenze
nei contenuti della istruttoria che porta alla decisione finale ovviamente nel caso in cui
chiunque partecipi al procedimento di Valutazione e /o Autorizzazione (non solo alla
Conferenza dei Servizi ma anche con le osservazioni del pubblico) dimostri tale lacuna
istruttoria.
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Possiamo quindi concludere questa premessa affermando che il parametro salute pubblica viene
in considerazione in due aspetti nel procedimento in oggetto:
1. Il Parere Sanitario del Sindaco
2. Il Parametro salute pubblica nel procedimento di Valutazione e/o Autorizzazione (spesso a
livello regionale assorbiti nel Provvedimento autorizzatorio unico regionale – PAUR articolo 27-bis
del dlgs 152/2006) comprensivo della VIA e dell’AIA che può essere supportata dalla Valutazione di
Impatto Sanitario
Di seguito svolgerò un approfondimento per dimostrare i 5 assunti sopra riassunti.
PARERE SANITARIO DEL SINDACO
La fonte normativa del Parere e a quale Sindaco si riferisce
Il primo riguarda il c.d. Parere del Sindaco come previsto dal comma 6 articolo 29-quater del DLgs
152/2006. Recita la norma in questione con riferimento al rilascio della Autorizzazione Integrata
Ambientale (AIA): “ 6. Nell'ambito della Conferenza dei servizi di cui al comma 5, vengono acquisite
le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265,
nonché la proposta dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per le
installazioni di competenza statale, o il parere delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione
dell'ambiente, per le altre installazioni, per quanto riguarda le modalità di monitoraggio e
controllo degli impianti e delle emissioni nell'ambiente.”
La norma è applicabile alla procedura in oggetto in quanto il PAUR comprende sia la Valutazione di
Impatto Ambientale che l’AIA.
Intanto una precisazione: risulta dalla lettera della legge che si usa al singolare il termine Sindaco
proprio perché si fa riferimento non genericamente a tutte le Amministrazioni Comunali
interessate dal procedimento ma solo, in questo caso, al Comune territorialmente interessato dal
progetto sottoposto ad autorizzazione.
Quello che non è il Parere Sanitario
Chi cerca di sminuire il valore del Parere Sanitario afferma che:
1. non si tratterebbe di un parere ma di una mera presentazione di prescrizioni
2. si tratterebbe di una competenza disciplinata da una normativa (RD 1265/1934 industrie
insalubri) ormai superata e comunque non applicabile al caso in questione.
Sulla tesi 1: le prescrizioni all’interno di una conferenza dei servizi devono essere depositate e
messe a verbale con un atto sistemico e ben motivato quindi di fatto, prima ancora che di diritto, è
un parere in termini procedimentali, altrimenti la presa di posizione del Sindaco rischierebbe di
essere non coordinata anzi frammentata in tante singole richieste che si perderebbero nei verbali
della conferenza dei servizi propedeutica al rilascio dell’AIA, depotenziando una funzione del
Sindaco che come vedremo nella seconda part di questo post può essere molto utile se ben
esercitata.
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La tesi 2 va analizzata sotto due aspetti.
Il primo aspetto è che la normativa sulle industrie insalubri è una norma tenuta attualmente in
vigore dal Decreto Ministeriale 5/9/1994 che oltretutto elenca le industrie insalubri tra cui ci sono
gli impianti di rifiuti come è noto. Ma la norma è anche applicata attualmente dalla giurisprudenza
amministrativa.
Il secondo aspetto invece riguarda il rapporto tra normativa delle industrie insalubri e parere del
Sindaco all’interno del procedimento di autorizzazione ma anche revisione dell’AIA.
Qui, a mio avviso, ci sono lacune di conoscenza della materia da parte dei vari Sindaci che cercano
scuse per non utilizzare questo potere che gli riconosce la legge (comma 6 articolo 29quater del
DLgs 152/2006).
Intanto la norma che prevede questo Parere è vero che cita a sua volta il Regio Decreto del 1934
(cioè la disciplina delle industrie insalubri) ma solo per specificare che il Parere del Sindaco in sede
di AIA viene rilasciato appunto proprio dal Sindaco stesso (non da altri soggetti istituzionali) come
massima Autorità Sanitaria presente sul territorio comunale come confermato dal Decreto
Ministeriale del 1994. Però la normativa sulle industrie insalubri prevede che l’intervento del
Sindaco avvenga solo dopo la classificazione di industria insalubre che richiede esplicito parere
dell’ASL territorialmente competente e l’intervento del Sindaco è solo quello della ordinanza per
limitare eventuali superamenti della normale tollerabilità da parte delle emissioni dell’industria
insalubre (articolo 217), la regolamentazione della localizzazione delle industrie insalubri invece è
competenza del Comune con appositi regolamenti (articolo 216). Quindi l’intervento del Sindaco è
eventuale dipende solo dal verificarsi di un disagio sanitario prodotto dall’impianto.
Nella disciplina dell’AIA il Sindaco invece deve esprimere il proprio parere all’interno della
Conferenza dei Servizi a prescindere dai disagi esistenti sia nel caso di revisione/aggiornamento di
AIA esistente che di AIA nuova.
Ecco perché la tesi 2 (vedi sopra) non ha alcun fondamento.
Il Parere Sanitario è di competenza del sindaco e non della giunta e rientra quindi nelle sue
competenze di massima autorità sanitaria e quindi non può essere rilasciato dal dirigente.
Afferma la sentenza del TAR Lazio sezione Latina n. 819 del 2009:
“..emerge l’attribuzione di una competenza nominativamente specificata, particolarmente
rilevante quanto al valore da attribuire ad eventuali precedenti avvisi ed alle disposizioni che
ordinariamente concernono la distribuzione e la titolarità dei poteri amministrativi. In altri termini
la riprodotta disposizione assegna al sindaco, e solo a questi, in un ambito ben individuato, il
potere di dettare le “prescrizioni” di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n.
1265… quanto invece, all’aspetto che involge l’indicata competenza dirigenziale, sfugge alla
ricorrente che detta espressa assegnazione, risulta coerente con il sistema delineato dal D. Lgs. 18
agosto 2000, n. 265, il quale oltre che ad attribuire ogni potere gestorio alla dirigenza comunale,
testualmente prevede all’articolo 107, comma 4, che “Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione
del principio di cui all’articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad
opera di specifiche disposizioni legislative.”.
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Il Parere Sanitario non può essere superato/sostituito dal parere arpa-asl
Si veda sempre la sentenza del TAR Lazio sez. Latina del 2009: ”deve obiettarsi che le autorità
richiamate e presenti in conferenza (ARPAT, ASL ndr.) si esprimono a tutela dell’ambiente, nel
mentre le prescrizioni di cui ai citati articoli 216 e 217 sono espressamente richieste ed oggetto di
una previsione che si aggiunge e che si inserisce nella fase antecedente al rilascio. In realtà ancora
una volta, alla tesi della ricorrente si oppone l’articolo 5, comma 14, del D. Lgs. 59/2005 il quale,
oltre a prevedere l’acquisizione delle “prescrizioni” del sindaco, testualmente contempla che
“L’autorità competente, ai fini del rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, acquisisce, …,
… il parere … delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente negli altri casi per
quanto riguarda il monitoraggio ed il controllo degli impianti e delle emissioni nell’ambiente.”.
L’impostazione qui disattesa in definitiva, oltre che ad essere contrastata dal dato positivo,
comporterebbe una non condivisibile duplicazione, da escludersi perché la citata normativa ascrive
a competenze diverse la tutela di distinti interessi (alla ASL quella correlata alle emissioni; al
sindaco quella rapportata al possibile “pericolo o danno per la salute pubblica”
A conferma si veda
T.A.R. Marche, Sezione I, 25 luglio 2013 che ribadisce la autonoma distinzione del Parere Sanitario
del Sindaco rispetto agli atti e funzioni di altri enti preposti alla tutela ambientale: “3.8 Non è
altresì condivisibile l’affermazione di parte ricorrente per cui il parere del sindaco come autorità
sanitaria che non potrebbe investire aspetti ambientali, dato che l’inquinamento e comunque
l’impatto di una discarica non può essere considerato privo di aspetti sanitari. Del resto, per quanto
riguarda la inquadrabilità del parere del Sindaco tra quelli delle autorità di cui al più volte citato
art. 14 c. quater, il Collegio ritiene che, come già osservato in giurisprudenza, in materia di rifiuti
tale ruolo non possa che essere riconosciuto. Si deve infatti rilevare lo strettissimo legame
intercorrente tra la tutela dell'ambiente e l'incomprimibile diritto di cui all'art. 32 della Carta
Fondamentale”.
Il Parere Sanitario del sindaco è obbligatorio
Vista la autonomia del Parere Sanitario come riportata dalla giurisprudenza sopra citata questo
atto nelle procedure di AIA è obbligatorio perché propedeutico a perfezionare l’atto finale cioè
l’AIA esercitando una funzione quella di Autorità sanitaria non assorbita dall’AIA come dimostra
l’elenco ex allegato IX alla parte II del DLgs 152/2006.
D’altronde la conferma di questa tesi sta nella lettera del comma 6 articolo 29-quater DLgs
152/2006. Questo comma oltre a prevedere che il Parere Sanitario del Sindaco sia “acquisito dalla
Conferenza dei Servizi” afferma ulteriormente che detta Conferenza deve acquisire anche: “la
proposta dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per le installazioni di
competenza statale, o il parere delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente,
per le altre installazioni, per quanto riguarda le modalità di monitoraggio e controllo degli impianti
e delle emissioni nell'ambiente.” Ora è indiscutibile che la lettera della legge appena citata metta il
Parere del Sindaco, sullo stesso piano, al fine di una completa istruttoria per il rilascio dell’AIA, di
altri pareri di enti che devono per legge partecipare alla Conferenza dei Servizi esprimendo il loro
punto di vista pena la incompletezza della istruttoria che comporterebbe la illegittimità del
provvedimento finale di autorizzazione.
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D’altronde quando la legge ha voluto riconoscere la non obbligatorietà dell’intervento del Sindaco
nell’ambito di un procedimento di AIA lo ha fatto. Si veda il comma 7 articolo 29-quater del DLgs
152/2006 dove non casualmente si usa il termine “il sindaco, qualora lo ritenga necessario
nell'interesse della salute pubblica.. può chiedere il riesame dell’AIA”
Il Parere Sanitario negativo può essere di ostacolo al rilascio della autorizzazione
Ritorniamo sempre alla sentenza del TAR Latina del 2009 dove i ricorrenti contro il mancato
rilascia dell’AIA per parere sanitario negativo del Sindaco affermavano: “il parere negativo del
sindaco del comune di Pontinia non sarebbe poi di ostacolo al rilascio dell’autorizzazione integrata
ambientale, stante la collocazione nella conferenza di servizi a carattere istruttorio, connotazione
che implicherebbe la possibilità di superare detto parere e di rilasciare la richiesta autorizzazione;”
La sentenza del TAR chiarisce la non fondatezza dei ricorrenti affermando quanto segue “dal dato
positivo, si desume che l’autorità procedente deve comunque concludere nei termini fissati i lavori
della conferenza e che, per il caso di dissenso manifestato dal titolare di attribuzioni inerenti ad un
cd. interesse sensibile, alla stessa è preclusa la possibilità di assumere una determinazione
favorevole collocandosi la competenza ad un distinto livello. Il che si è verificato nella fattispecie
nella quale il dissenso, veicolato dal parere sindacale negativo, investe un interesse sensibile
(quello “alla tutela della salute e della pubblica incolumità” di cui agli articoli 14 - quater, comma
3, legge 241/1990 e 217 R.D. 1265/1934); dissenso che, in quanto tale, non poteva essere superato
e/o composto nella citata sede ed è stato correttamente presupposto dalla provincia al fine di
attivare la conferenza permanente Stato Regioni”.
In particolare il comma 1 dell’articolo 14 quinquies (che ha ripreso il sopra citato articolo 14-
quater comma 3 nelle legga 241/1990) afferma sul punto del dissenso in conferenza dei
servizi: “1. Avverso la determinazione motivata di conclusione della conferenza, entro 10 giorni
dalla sua comunicazione, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-
territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini
possono proporre opposizione al Presidente del Consiglio dei ministri a condizione che abbiano
espresso in modo inequivoco il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della
conferenza. Per le amministrazioni statali l'opposizione è proposta dal Ministro competente..”
Tradotto in caso di dissenso espresso dal parere sanitario del Comune si rinvia alla intesa Governo
Regione che solo se non raggiunta comporterà una apposita deliberazione del Consiglio dei
Ministri……quindi come dire un serie di passaggi non semplici se il Comune presentasse un Parere
Sanitario ben motivato.
A conferma di quanto sopra si veda il T.A.R. Marche, Sezione I, 25 luglio 2013 che chiarisce a sua
volta cosa succede se in Conferenza dei Servizi alti enti si oppongono al parere del Sindaco:
“non è condivisibile la tesi di parte ricorrente per cui la Regione, in quanto autorità procedente,
avrebbe dovuto superare i pareri negativi e imporre il proprio parere favorevole. Ciò anche a
prescindere dal disposto dell’art. 14 quater della legge 241/90, in quanto l’impostazione di parte
ricorrente sembra contraria alla natura stessa della Conferenza di servizi, che è volta alla
composizione e al confronto degli interessi delle autorità coinvolte.
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Di conseguenza, per stabilire quali siano le posizioni prevalenti dovrà tenersi conto del ruolo che le
diverse amministrazioni assumono in sede di conferenza. Ciò porta, ovviamente a valutate con
particolare attenzione al dissenso proveniente dagli enti esponenziali di comunità territoriali (Tar
Marche.418/2013, cit.)”.
Sul punto si veda anche TAR Lombardia sez. Brescia n°1225/2017 confermata dalla sentenza
del Consiglio n° 983 del 2019)
Cosa deve contenere il parere sanitario del sindaco nella procedura di aia
Il TAR Sicilia sentenza n. 1524 del 2015 afferma quanto segue:
1. Le prescrizioni devono essere “lato sensu” tecniche al fine di prevenire o impedire eventuali
pericoli di danni per la salute pubblica
2. le prescrizioni che se non accolte possono bloccare la autorizzazione deve essere fondate da
congrua e seria attività istruttoria sui paventati inconvenienti sanitari e che si sia vanamente
tentato di eliminarli
3. il Comune può discostarsi dai pareri favorevoli resi da altre autorità sanitarie ed ambientali solo
in caso di assoluta insufficienza, carenza e approssimazione degli stessi e qualora sussistano
allegazioni che provino oltre ogni dubbio l’inattendibilità dei pareri e la sussistenza di comprovati
elementi che dimostrino la sussistenza di inconvenienti sanitari
Come si vede quindi anche questa sentenza non mette in discussione il potere del Sindaco di
rilasciare il Parere ma semmai i contenuti dello stesso ma se questo potere non viene esercitato
ovviamente non sapremo mai se i contenuti sussistevano o meno!
IL PARAMETRO SALUTE PUBBLICA NELLA VIA
Parametro Salute Pubblica nella normativa UE e nazionale sulla Valutazione di Impatto
Ambientale (VIA)
La nuova Direttiva 2014/52/UE modificando l’articolo 3 della Direttiva 2011/92/UE ha ridefinito i
fattori che devono essere presi in considerazione per valutare gli effetti ambientali del progetto
oggetto della VIA. Vengono introdotti rispetto la testo precedente i seguenti fattori:
1. Territorio
2. Popolazione e salute umana
3. Biodiversità
Quanto sopra è recepito nel DLgs 152/2006 allegato VII (contenuti dello Studio di Impatto
Ambientale): descrizione dello stato dell’ambiente interessato dal progetto, con particolare
riferimento alla popolazione, salute umana (punto 4 allegato VII)
Descrizione dei probabili impatti rilevanti del progetto proposto, dovuti, tra l'altro: d) ai rischi per
la salute umana (punto 5 allegato VII)
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Come attuare i parametri suddetti nella istruttoria interna al procedimento di VIA
È stata introdotta la definizione di Valutazione di Impatto Sanitario nel DLgs 152/2006 che alla
lettera l-bis comma 1 articolo 5 così viene definita: “elaborato predisposto dal proponente sulla
base delle linee guida adottate con decreto del Ministro della salute, che si avvale dell’Istituto
superiore di sanità, al fine di stimare gli impatti complessivi, diretti e indiretti, che la realizzazione e
l’esercizio del progetto può procurare sulla salute della popolazione;…”.
La VIS nella VIA di alcune categorie di opere
Il comma 2 articolo 23 del DLgs 152/2006 (come modificato dal DLgs 104/2017) introduce l’obbligo
di svolgere prima del provvedimento finale di VIA una Valutazione di Impatto Sanitario su
iniziativa del proponente il progetto da sottoporre a VIA tenuto conto delle linee guida del
Ministero della Salute, il decreto non è mai stato emanato ma sono state emanate le linee guida
sia del SNPA (1 , 2) che dell’ISS (3). Occorre aggiungere che le linee guida dell’ISS sono state
recentemente aggiornate (4) . Al di la del giudizio scientifico non di competenza di queste note , si
rileva come anche questa versione ha il limite di non definire come la VIS si integri con le
procedure di VAS e VIA.
Questo obbligo però si applica solo ad alcune categorie di progetti sottoposti a VIA secondo la
vigente normativa, in particolare:
1. Raffinerie di petrolio greggio, impianti di gassificazione e liquefazione di almeno 500 tonnellate
al giorno di carbone o di scisti bituminosi, terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto
(punto 1 allegato II alla Parte II del DLgs 152/2006)
1 A due anni dell’approvazione ed emanazione con Delibera del Consiglio Federale,il Presidente dell’ISPRA, informato
il Consiglio del SNPA, ha inserito nelle pagina di presentazione delle linee guida per la Valutazione di Impatto
Integrata Ambientale e Sanitaria (VIIAS) la seguente frase:
“Il documento finalizzato da SNPA nel 2015, anche con l’intento di promuovere futuri percorsi operativi integrati da
condividere con gli esperti della Sanità, va inteso come una ricognizione tecnico-scientifica degli elementi metodologici
e di contesto fruibili per la valutazione della componente salute nelle procedure di valutazione ambientale, materia
successivamente disciplinata sotto il profilo normativo dal recente Decreto legislativo n. 104/2017 di recepimento della
Direttiva UE in materia di VIA.”
2 http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/pubblicazioni-del-sistema-agenziale/linee-guida-per-la-valutazione-
integrata-di-impatto-ambientale-e-sanitario-viias-nelle-procedure-di-autorizzazione-ambientale-vas-via-e-aia
3 Secondo una interpretazione di parte del mondo scientificio che si occupa di epidemiologia queste linee guida ISS:
- sono generiche e scarsamente operative;
- non prevedono una progressione metodologica di applicazione, ovvero non consentono di procedere con indagini
di diverso dettaglio e/o distinte per fasi a seconda della tipologia di impianto e del tipo di impatto;
- propongono la centralità della valutazione del rischio da un punto di vista prettamente tossicologico senza
considerare l’approccio epidemiologico, nonostante la numerosa letteratura di settore e le linee guida messe a punto
in precedenza da altri soggetti pubblici (linee guida VIIAS del SNPA e linee guida VIS del progetto CCM T4HIA);
- presentano una insufficiente attenzione al background sanitario ed ambientale;
- utilizzano in modo non documentato la classificazione internazionale delle sostanze cancerogene come
discriminante per i livelli di accettabilità del rischio. La classificazione di cancerogenicità delle sostanze viene
effettuata da vari organismi accreditati (IARC, ECHA, US-EPA) sulla base delle evidenze scientifiche disponibili. Tale
classificazione dipende pertanto dalla disponibilità di evidenze scientifiche di cancerogenicità delle sostanze e non
dalla potenza cancerogena delle stesse.
4 http://old.iss.it/publ/?lang=1&id=3193&tipo=5
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2. centrali termiche e altri impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW
(punto 2) allegato II alla Parte II del DLgs 152/2006).
Riguardo ai contenuti della Valutazione di Impatto il predetto comma 2 articolo 23 DLgs 152/2006
cita direttamente l’ISS quindi rinvia alle linee guida predisposte dall'Istituto superiore di sanità.
Inoltre per le attività di controllo e di monitoraggio relative alla valutazione di impatto sanitario
l'autorità competente si avvale dell'Istituto superiore di sanità, che opera con le risorse umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica.
La norma costituisce una integrazione a quanto previsto dal Decreto Ministero Salute 24 aprile
2013 che prevedeva l’introduzione della VIS nelle procedure di AIA ma solo per le installazioni
definite strategiche, quindi per ora applicabile solo al caso Ilva (vedi successivamente in questa
relazione ultimo capitolo: LA VALUTAZIONE DEL DANNO SANITARIO NELL’AIA DELLE IMPRESE
STRATEGICHE: LEGGE 231/2012 E LEGGE N. 89 DEL 3 AGOSTO 2013).
Il comma 2 articolo 23 del DLgs 152/2006 quindi estende l’obbligo della VIS a tutti gli impianti che
rientrano nelle due categorie sopra esaminate in caso di applicazione della VIA.
I limiti di questa norma sono i seguenti:
1. non si applica a tutte le altre categorie di progetti sottoponibili a VIA ex allegato II alla Parte II
del DLgs 152/2006. Progetti che possono avere impatti sanitari se non maggiori quanto meno
simili a raffinerie, gassificatori, rigassificatori e centrali termolettriche;
2. non si applica alle procedure di AIA almeno per le installazioni più impattanti, considerato che
non sempre AIA e VIA avvengano contemporaneamente sullo stesso impianto e/o progetto;
3. per definire il contenuto della VIS si faccia rinvio a successive linee guida dell’Istituto Superiore
di Sanità e non si citino quelle già esistenti prodotte dal sistema delle Agenzie Ambientali e
dall’Ispra che hanno il pregio di inserire la Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario
nelle procedure di VIA e VAS e AIA.
4. la previsione che le risorse da utilizzare per applicare la VIS non debbano comportare nuovi
oneri per la finanza pubblica, il che significa di fatto l’impossibilità per l’ISS di svolgere i compiti
che questa norma gli assegna. Non comprendendo che la VIS prevenendo l’impatto sanitario
ridurrà complessivamente i costi sanitari anche pubblici per cifre per maggiori di quelle necessarie
per il suo funzionamento e applicazione concreta.
5. la mancata definizione dei passaggi formali che l’ISS dovrà svolgere per integrare la attività del
valutatore cioè l’Autorità Competente al rilascio del provvedimento di VIA.
Questi 5 limiti, tutti insieme, potranno comportare una sostanziale non applicazione di questo
nuovo strumento di valutazione pur introdotto obbligatoriamente nel nostro ordinamento dalla
nuova legge sopra descritta.
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CASO STUDIO: COME FUNZIONA LA VIS NELLA DGR LIGURE
Chi propone la VIS e chi gestisce la istruttoria interna al procedimento di VIA
Con DGR del 30/12/2016 n°1295 (5)la Regione Liguria ha approvato le linee guida per la
Valutazione di Impatto sulla Salute nelle procedure di VIA e VAS.
La VIS può essere proposta dal proponente o committente oppure dal Comune sul cui territorio si
deve realizzare il piano, il programma o il progetto o è situato l’impianto, nonché dalle istituzioni
chiamate ad esprimersi sul processo di valutazione o autorizzazione. La VIS viene realizzata dall’ASL
territorialmente competente congiuntamente ad ARPAL e/o Aziende ospedaliere-IRCCS/Osservatori
epidemiologici regionali, anche esterni alla Regione, che possono avvalersi del supporto scientifico
delle Università e degli Istituti di ricerca pubblici.
La VIS può essere proposta dal proponente o committente oppure dal Comune sul cui territorio si
deve realizzare il piano, il programma o il progetto o è situato l’impianto, nonché dalle istituzioni
chiamate ad esprimersi sul processo di valutazione o autorizzazione. La VIS viene realizzata dall’ASL
territorialmente competente congiuntamente ad ARPAL e/o Aziende ospedaliere-IRCCS/Osservatori
epidemiologici regionali, anche esterni alla Regione, che possono avvalersi del supporto scientifico
delle Università e degli Istituti di ricerca pubblici.
La valutazione degli effetti sulla salute nella procedura di VIA secondo la DGR
Lo studio d’impatto ambientale (SIA) deve comprendere uno specifico capitolo che consenta al
proponente di affrontare la componente ambientale salute pubblica e di proporre una valutazione
degli impatti del progetto in esame.
Occorre che lo studio si componga delle seguenti sezioni: 1. Descrizione delle emissioni/scarichi
nelle matrici ambientali; Sezione 2. Valutazione della popolazione direttamente esposta; Sezione 3.
Valutazione di impatto diretto; Sezione 3.1: Analisi della letteratura scientifica e stima degli impatti
attesi; Sezione 3.2: Stato di salute ante-operam della popolazione esposta e stima di impatto in fase
di cantiere, esercizio e dismissione; Sezione 3.3: Conclusione della valutazione di impatto diretto;
Sezione 4. Valutazione della popolazione indirettamente esposta; Sezione 5. Valutazione di impatto
indiretto; Sezione 6. Monitoraggi e mitigazioni.
Qualora il proponente ritenga ed argomenti che gli impatti sono trascurabili, dovrà descrivere: a) la
struttura ante-operam della popolazione esposta, con particolare riguardo ai gruppi vulnerabili e/o
suscettibili di popolazione; b) la frequenza ante-operam degli indicatori di interesse nella sola
popolazione esposta. In base a queste informazioni, alle stime di rischio ed alle variazioni
dell’esposizione previste, il proponente deve calcolare gli impatti attesi in fase di cantiere, esercizio
e dismissione, sia singoli, sia cumulati, precisando la metodologia di calcolo utilizzata e la
popolazione di riferimento ed esplicitando il risultato, nonché descrivendo anche gli scenari che ha
utilizzato per produrre la stima generale d’impatto.
La stima d’impatto sanitario potrà essere prodotta utilizzando l’approccio (tossicologico e/o
epidemiologico) appropriato.
Oltre a produrre un effetto sulla salute della popolazione esposta direttamente alle emissioni
dell’opera nelle diverse matrici ambientali, questa potrebbe influenzare altri determinanti della
5 http://iterg.regione.liguria.it/VisTutti.asp
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salute di una popolazione che può combaciare in tutto o in parte con quella direttamente esposta
alle emissioni dell’opera stessa, per cui il proponente deve rendere un’analisi di tipo qualitativo per
valutare se esiste una popolazione soggetta a variazioni positive o negative dei seguenti
determinanti di salute: a) comportamenti e stili di vita; b) condizioni di vita e lavorative; c) fattori
sociali; d) fattori economici; e) servizi. L’utilizzo degli strumenti informatizzati di VIS Rapida (
Strumenti di VIS Rapida / VISPA) e della Tabella 1 (ispirata agli strumenti Vispa) può facilitare il
proponente nell’individuazione di tali variazioni.
Il proponente, infine, deve descrivere la situazione ante-operam della popolazione esposta alle ricadute
indirette dell’opera in termini di indicatori socioeconomici quali deprivazione, scolarità, occupazione,
PIL pro-capite e fornire una valutazione, ove possibile quantitativa, degli impatti indiretti dell’opera sulla
popolazione. L’utilizzo degli strumenti di VIS Rapida può facilitare il proponente nella stesura di questa
descrizione.
IL PARAMETRO SALUTE PUBBLICA NELL’ AIA
Nella Direttiva 2010/75/UE al punto 2 articolo 3 la definizione di inquinamento ai fini del rilascio
dell’AIA riguarda anche la possibilità di “nuocere alla salute umana”. A conferma che l’istruttoria
che porta al rilascio dell’AIA riguarda la tutela della salute umana si veda:
1. il considerando 18 alla Direttiva prevede che tra gli obiettivi della stessa ci sia anche la necessità
di autorizzazione a tutte quelle modifiche delle installazioni esistenti che possano avere
significativi effetti negativi sulla salute umana o sull’ambiente senza un’autorizzazione
concessa conformemente alla presente direttiva
2. le ispezioni non sono limitate a verificare il rispetto delle prescrizioni della autorizzazione ma
devono anche monitorare l’impatto ambientale e quindi prevenire il rischio ambientale delle
installazione soggette ad AIA. Tutto ciò si traduce in Piano di Ispezione e quindi di Monitoraggio
che devono valutare i rischi ambientali distinguendo il criterio di rispetto delle condizioni di AIA da
quello degli impatti potenziali e reali delle installazioni autorizzate sulla salute umana (paragrafo 4
articolo 23)
Valutazione delle alternative tecniche e parametro salute
In altri termini si trattava e si tratta di valutare le alternative tecnico gestionali (tenendo conto
delle Migliori tecnologie disponibili - MTD) della installazione, scegliendo quelle più adeguata al
quadro sanitario emerso dal Parere del Sindaco oltre dalla istruttoria di AIA e non solo ai report
della UE e linee guida nazionali in materia. Questo è permesso dallo strumento amministrativo
della norma di qualità ambientale (lettera i-nonies articolo 5 DLgs 152/2006) che non è altro che
una serie di prescrizioni innovative, rispetto alla legge, e specifiche per il sito in questione.
Questa Valutazione delle Alternative Tecnico Gestionali è disciplinata dal Decreto Ministeriale
1/10/2008 (Emanazione di linee guida in materia di analisi degli aspetti economici e degli effetti
incrociati per le attività soggette ad AIA).
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Relativamente alla Valutazione di Impatto sulla Salute nei piani di monitoraggio previsti dall’aia
Come afferma la Direttiva 2010/75/UE (paragrafo 4 articolo 23) le ispezioni delle installazione
soggette ad AIA devono non solo verificare il rispetto delle prescrizioni contenute nella
autorizzazione ma anche effettuare monitoraggi sui rischi sulla salute a prescindere dal rispetto
delle prescrizioni autorizzatorie. Tale norma è ripresa dal comma 11-ter articolo 29-decies del DLgs
152/2016 (6).
Facciamo parlare (anzi scrivere: pagina 8) il Rapporto 2016 sui controlli ambientali AIA/Seveso
del Sistema Agenziale (ISPRA/ARPA/APPA): “Con il passare del tempo e con l’aumentare del
numero degli impianti autorizzati, l’approccio alla programmazione è stato sempre più
caratterizzato da una preventiva valutazione della criticità ambientale degli impianti soggetti a
controllo, in accordo inoltre con gli esiti delle verifiche ispettive precedenti. Con l’entrata in vigore
del d.lgs. 46/2014 tale impostazione è stata confermata, in particolare nell’art. 29-decies comma
11-ter, ove si definisce che <<… il periodo tra due visite in loco non deve superare un anno per le
installazioni che presentano i rischi più elevati, tre anni per le installazioni che presentano rischi
meno elevati, sei mesi per installazioni per le quali la precedente ispezione ha evidenziato una
grave inosservanza delle condizioni di autorizzazione. Tale periodo é determinato, tenendo conto
delle procedure di cui al comma 11-bis, lettera d), sulla base di una valutazione sistematica
effettuata dalla Regione o dalla Provincia autonoma sui rischi ambientali delle installazioni
interessate, che considera almeno: a) gli impatti potenziali e reali delle installazioni interessate
sulla salute umana e sull'ambiente, tenendo conto dei livelli e dei tipi di emissioni, della sensibilità
dell'ambiente locale e del rischio di incidenti; b) il livello di osservanza delle condizioni di
autorizzazione; c) la partecipazione del gestore al sistema dell'Unione di ecogestione e audit
(EMAS) (a norma del regolamento (CE) n. 1221/2009) …”
6 11-ter Il periodo tra due visite in loco non supera un anno per le installazioni che presentano i rischi più elevati, tre anni per le installazioni che
presentano i rischi meno elevati, sei mesi per installazioni per le quali la precedente ispezione ha evidenziato una grave inosservanza delle
condizioni di autorizzazione. Tale periodo è determinato, tenendo conto delle procedure di cui al comma 11-bis, lettera d), sulla base di una
valutazione sistematica effettuata dalla Regione o dalla Provincia autonoma sui rischi ambientali delle installazioni interessate, che considera
almeno:
a) gli impatti potenziali e reali delle installazioni interessate sulla salute umana e sull'ambiente, tenendo conto dei livelli e dei tipi di emissioni, della
sensibilità dell'ambiente locale e del rischio di incidenti;
b) il livello di osservanza delle condizioni di autorizzazione;
c) la partecipazione del gestore al sistema dell'Unione di ecogestione e audit (EMAS) (a norma del regolamento (CE) n. 1221/2009.
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PARTE II
NORMATIVA SULLE INDUSTRIE INSALUBRI: I COMPITI DI SINDACI E ASL
Seguendo da anni numerose vertenze ambientali in giro per l’Italia mi è spesso capitato di
incontrare problematiche legate alle c.d. industrie insalubri di prima classe e di registrare come
Sindaci e ASL non applichino correttamente la normativa che disciplina queste attività e come
su questa normativa ci sia un confusione che spesso e volentieri è voluta.
Vediamo quindi di chiarire quali sono le industrie insalubri, come vengono classificate, cosa
devono fare i gestori di tali industrie, gli amministratori pubblici e gli enti di controllo tecnico
secondo normativa e giurisprudenza…
LA NORMATIVA E LE MODALITÀ DI CLASSIFICAZIONE DELLE INDUSTRIE COME INSALUBRI
La classificazione di una industria insalubre di prima classe è soltanto un atto di ratifica ex lege in
rapporto all’elenco del Decreto Ministeriale 5 settembre 1994 (per l'elenco vedi QUI). In altri
termini se l’impresa in questione svolge una attività o detiene/tratta materiali e sostanze
rientranti nell’allegato I a detto Decreto è automaticamente classificata insalubre. Quindi le
autorità competenti (Asl sotto il profilo della istruttoria tecnica e il Sindaco titolare della funziona
di massima Autorità Sanitaria sul Territorio) devono limitarsi a prendere atto di tale attività e
applicare le seguenti chiarissime norme del testo unico sanitario (RD 27 luglio 1934 n° 165):
Art. 216
“Le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono
riuscire in altro modo pericolose alla salute de gli abitanti sono indicate in un elenco diviso in due
classi. La prima classe comprende quelle che debbono essere isolate nelle campagne e tenute
lontane dalle abitazioni; la seconda, quelle che esigono speciali cautele per la incolumità del
vicinato. Questo elenco, compilato dal Consiglio superiore di sanità, è approvato dal Ministro per
l'interno, sentito il Ministro per le corporazioni (ora vedi Ministro Sanità e più recentemente della
Salute n.d.r.), e serve di norma per l’esecuzione delle presenti disposizioni. Le stesse norme stabilite
per la formazione dell’elenco sono seguite per iscrivervi ogni altra fabbrica o manifattura che
posteriormente sia riconosciuta insalubre. Una industria o manifattura la quale sia inserita nella
prima classe, può essere permessa nell’abitato, quante volte l’industriale che l’esercita provi che,
per l’introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca nocumento alla salute
del vicinato. Chiunque intende attivare una fabbrica o manifattura, compresa nel sopra indicato
elenco, deve quindici giorni prima darne avviso per iscritto al podestà (ndr vedi ora il Sindaco), il
quale, quando lo ritenga necessario nell’interesse della salute pubblica, può vietarne la attivazione
o subordinarla a determinate cautele.”
Art. 217
“Quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da
manifatture o fabbriche, possono riuscire di pericolo o di danno per la salute pubblica, il podestà
prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno o il pericolo e si assicura della
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loro esecuzione ed efficienza. Nel caso di inadempimento il podestà (ora il Sindaco n.d.r.) può
provvedere di ufficio nei modi e termini stabiliti nel testo unico della legge comunale e provinciale.”
COME INTERPRETARE L’ELENCO DI INDUSTRIE INSALUBRI DI PRIMA CLASSE DEL DECRETO 5
SETTEMBRE 1994: ESEMPI
L'elenco è suddiviso per sostanze utilizzate (sottoallegato A, prodotti sottoallegato B, categorie di
attività sottoallegato C). Molte di queste categorie di attività vanno lette insieme con le sostanze
utilizzate nel processo produttivo di cui al sottoallegato A. Quindi non è facile distinguere, ad
esempio, in un atto politico di principio come può essere un ordine del giorno di un Consiglio
Comunale, che inevitabilmente non può avere avuto una istruttoria adeguata. Vi faccio un
esempio: la categoria 15 tra le attività riguarda le industrie chimiche dove c'è scritto: : "produzioni
anche per via petrolchimica non considerate nelle altre voci". Ora le “altre voci” come dice la legge
si perdono nell'elenco del sottoallegato B quello sul tipo di prodotti realizzati dalla attività e/o
impianto. Quindi distinguere per singole attività la eventuale esclusione può essere fatto solo
dopo adeguata istruttoria e non certo in un atto politico (mozione) del consiglio altrimenti si
rischia di ammettere non volendo attività potenzialmente inquinanti tanto quanto i rifiuti, per
esempio, ma sono solo esempi ovviamente: concerie, recupero di auto rottamate etc. L’istruttoria
verrà svolta dagli uffici e dalla giunta inserendo una norma specifica nel nuovo PUC o nella
Variante e/o Regolamento ad hoc che dovranno essere motivate adeguatamente ricordando che
cmq: “le scelte urbanistiche dettate dall’Amministrazione comunale mediante la relativa
strumentazione piano regolatore costituiscono valutazioni connotate da amplissima
discrezionalità, sottratte come tali al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori
di fatto abnormi ovvero da manifesta irragionevolezza” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 ottobre
2013, n.5114). N
COSA SUCCEDE QUANTO UNA ATTIVITÀ E/O IMPRESA È CLASSIFICATA INSALUBRE
Quando invece occorre applicare quanto previsto dal comma 5 articolo 216 sopra riportato
(verificare che l’azienda non rechi nocumento al pubblico) occorre che tale verifica sia fatta in
concreto per dimostrare la pericolosità effettiva o meno dell’azienda.
Non solo ma l’ industria che abbia adottato certi accorgimenti tecnici – o speciali cautele – che
l’abbiano resa meno inquinante, o meno pericolosa, o meno nociva per l’ambiente esterno ed il
vicinato, non perde affatto le «caratteristiche» di industria insalubre.
Quindi occorrerebbe predisporre regolamenti e protocolli che monitorizzino in continuo questi
impianti secondo l'evoluzione:
- del contesto del sito in cui operano,
- la normativa ambientale che ne disciplina le emissioni e i rischi
- le tecnologie che li caratterizzano,
- le modifiche nella gestione del ciclo di attività.
Afferma la Circolare del 19 marzo 1982, n. 19, prot. n. 403/8.2/459, Ministero della Sanità -
Direzione Generale dei Servizi di Igiene Pubblica Div. III, pag. 2 u.c: “…la classificazione delle
lavorazioni insalubri non può e non deve rimanere fine a se stessa esaurendosi in un mero
automatismo burocratico” ma occorre: “… un esame specifico e puntuale (il quale) non può essere
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realisticamente effettuato - in dettaglio - che dall’autorità locale”. Il Ministero prosegue
affermando: “E’ evidente che qualora da tale esame risulti che le cause d’insalubrità potenziale,
che hanno determinato l’inclusione dell’attività nella Prima classe dell’elenco, sono state eliminate
o quantomeno ridotte in termini accettabili si applica il caso previsto dal 5° comma dell’art. 216
T.U.LL.SS.”.
Tutto ciò risulta ancora più necessario quando la attività produce disagi di tipo ambientale e
sanitario ai residenti degli edifici limitrofi.
I POTERI/DOVERI DEL SINDACO PER LE INDUSTRIE INSALUBRI
La giurisprudenza del Consiglio di Stato chiarisce quale ruolo del Sindaco in materia di industrie
insalubri e come esercitarlo, si veda:
1. Consiglio di Stato Sez. III, n. 4687, del 24 settembre 2013: “Spetta al sindaco, all’uopo ausiliato
dall’unità sanitaria locale, la valutazione della tollerabilità o meno delle lavorazioni provenienti
dalle industrie classificate “insalubri”, e l’esercizio di tale potestà può avvenire in qualsiasi tempo e,
quindi, anche in epoca successiva all'attivazione dell’impianto industriale e può estrinsecarsi con
l’adozione in via cautelare di interventi finalizzati ad impedire la continuazione o l’evolversi di
attività che presentano i caratteri di possibile pericolosità, per effetto di esalazioni, scoli e rifiuti e
ciò per contemperare le esigenze di pubblico interesse con quelle dell'attività produttiva “
2. Consiglio di Stato, Sez, V, n. 6264, del 27 dicembre 2013: “Spetta al Sindaco, all'uopo ausiliato
dalla struttura sanitaria competente, il cui parere tecnico ha funzione consultiva ed
endoprocedimentale, la valutazione della tollerabilità, o meno, delle lavorazioni provenienti dalle
industrie cosiddette "insalubri", l'esercizio della cui potestà potendo avvenire in ogni tempo e
potendo esplicarsi mediante l'adozione, in via cautelare, di interventi finalizzati ad impedire la
continuazione o l'evolversi di attività aventi carattere di pericolosità”.
Come si vede la giurisprudenza è chiara il Sindaco è titolare delle funzioni di controllo sulle
industrie insalubri e non può scaricare le responsabilità sulle eventuali omissioni dell'ASL. Questo
significa che sta al Sindaco formalizzare richiesta all'ASL di svolgere i controlli e se questa ultima
non li svolge o non li può svolgere utilizzare altri soggetti sia pubblici (Istituto Superiore Sanità,
Università) che privati (professionisti in epidemiologia ambientale).
IL COMPORTAMENTO OMISSIVO DEL SINDACO NELL’APPLICARE LA NORMATIVA SULLE INDUSTRIE
INSALUBRI NEL SENSO SOPRA ESPOSTO PUÒ ESSERE GIUSTIFICATO DAL RILASCIO DELLE
AUTORIZZAZIONI AMBIENTALI DI SETTORE.
Non solo per quelle con istruttoria più complessa (AIA) ma anche per quelle relative ad impianti
minori ma che rientrano comunque nelle industrie classificabili insalubri (Autorizzazione Unica
Ambientale: AUA). Infatti il DPR 133/3/2013 n. 59 (Regolamento recante la disciplina
dell'autorizzazione unica ambientale) all’articolo 3 elenca le autorizzazioni settoriali assorbite
dall’AUA:
a) autorizzazione agli scarichi di cui al capo II del titolo IV della sezione II della Parte terza del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
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b) comunicazione preventiva di cui all'articolo 112 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per
l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi
oleari e delle acque reflue provenienti dalle aziende ivi previste;
c) autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti di cui all'articolo 269 del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
d) autorizzazione generale di cui all'articolo 272 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
e) comunicazione o nulla osta di cui all'articolo 8, commi 4 o comma 6, della legge 26 ottobre
1995, n. 447;
f) autorizzazione all'utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura di cui
all'articolo 9 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99;
g) comunicazioni in materia di rifiuti di cui agli articoli 215 e 216 del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152.
Risulta chiaramente dal suddetto elenco come la lettera della legge non faccia alcun riferimento
ai poteri del Sindaco come Autorità Sanitaria ai sensi dell’articolo più volte citato sopra. Quindi
restano pienamente i poteri del Sindaco in materia di industrie insalubri.
Quanto sopra vale anche per altre procedure autorizzatorie minori come la Procedura Abilitativa
Semplificata per gli impianti alimentati da energia rinnovabile o assimilata. L’articolo 6 del DLgs
28/2011 al comma 2, già citato, prevede che nella dichiarazione del proponente la PAS si debba
dimostrare il rispetto oltre che delle norme urbanistiche dell’area interessata dal progetto (come
esaminato per la Omissione 1) anche le “norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie”.
Stesso discorso per l’autorizzazione unica degli impianti da fonti rinnovabili di cui all’articolo 1 del
DLgs 387 del 2003.
INDUSTRIE INSALUBRI E POTERI DEL SINDACO : UN NUOVO RUOLO DELL’IGIENE
AMBIENTALE DELLE ASL
Per le questioni ambientali che si protraggono nel tempo occorre cambiare rotta
Predisporre rapporti sul potenziale impatto sanitario delle emissioni dall’impianto in oggetto, vale
a dire almeno un confronto tra:
1. Descrizione delle caratteristiche dell’impianto, dell’area e della popolazione potenzialmente
esposta. Vale a dire: Spazi, locali, impiantistica in base alla tipologia attività, scarichi
e approvvigionamento idrico, gestione acque meteoriche, emissioni in atmosfera, impianti
aerazione, ventilazione meccanica, condizionamento, valutazione area circostante all’impianto;
2. Valutazione del possibile impatto dell’impianto sulla salute della popolazione. Si tratta delle
procedure di c.d. “health impact assessment” con le quali, sulla base delle conoscenze scientifiche
disponibili e considerando le relazioni esposizione-risposta già scientificamente conosciute, si
valuta quale potrà essere l’impatto sanitario atteso dell’impianto sulla salute della popolazione;
3. Valutazione degli effetti sanitari dell’impianto ormai operativo sulla base dei primi due punti.
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Solo sviluppando i sopra elencati tre punti si possono comprendere: l’origine delle emissioni
odorigene prevalenti, il rischio reale per la salute dei residenti, l’efficacia delle misure predisposte
fino ad ora dal gestore dell’impianto
INDUSTRIE INSALUBRI E PIANIFICAZIONE URBANISTICA DEL TERRITORIO COMUNALE
La normativa sulle industrie Insalubri (ex Testo Unico Leggi Sanitarie del 1934) che deve uscire dal
ghetto per essere invece inserita nella pianificazione comunale come peraltro confermato da una
recente sentenza del Consiglio di Stato (vedi QUI) secondo la quale se è vero che normativa
nazionale sulle industrie insalubri (articolo 216 del T.U. n.1265/1934) non prevede un divieto
assoluto di collocazione di queste negli abitati, non è precluso né illogico fissare con norme
regolamentari parametri più rigorosi di quelli rinvenibili nell’art.216 del T.U. n.1265/1934 al fine di
conseguire una più intensa tutela della salute pubblica (Consiglio di Stato sez. V sentenza
n.338/1996).
A conforto di quanto sopra c’è la giurisprudenza amministrativa in materia. Si veda recentemente
Consiglio di Stato (con sentenza 27/5/2014 n. 2751) ha avuto modo di affermare autorevolmente:
1. l’opportunità di una diversa ubicazione se l’impianto è sotto i 500 metri dagli abitati
2. la possibilità di ricollocare l’impianto se non corrisponde ad un adeguato livello occupazionale
comparabile con i rischi ambientali sanitari e i danni economici alle abitazioni e ai residenti
3. la possibilità di utilizzare le norme tecniche attuative di un piano urbanistico comunale per
stabilire distanze di sicurezza adeguate (la sentenza fa riferimento a distanze sopra i 100 metri)
per le industrie insalubri di 1^ classe rispetto ai confini di zone residenziali o da preesistenti edifici
destinati a residenza
UN REGOLAMENTO COMUNALE SULLA GESTIONE DELLE INDUSTRIE INSALUBRI: CONTENUTI
IN SINTESI
1. I Comuni determinano i criteri di localizzazione e le condizioni per l’attivazione delle industrie
classificate insalubri, nonché la disciplina del relativo procedimento.
2. Chiunque intenda attivare una fabbrica o un’industria compresa nell’elenco delle industrie
insalubri deve presentare, anche su supporto informatico, istanza almeno quarantacinque giorni
prima di dare inizio alla messa in esercizio degli impianti .
3. L’istanza deve essere presentata all’Amministrazione Comunale e, in particolare, laddove
costituito , allo sportello unico (SUAP), corredata da documentazione idonea a descrivere il ciclo
produttivo e dall’elenco delle sostanze utilizzate nel ciclo lavorativo stesso.
4. L’amministrazione comunale si pronuncia sull’istanza entro 30 giorni dalla presentazione della
stessa, decorsi i quali l’istante può dare avvio all’attività, fatti salvi i poteri di controllo previsti
dalla normativa vigente.
5. Ai fini dell’assunzione delle decisioni, l’Amministrazione comunale si avvale dell’ASL, dell’ARPA e
degli organismi tecnici a livello territoriale di cui intenda avvalersi. ASL deve produrre appositi
Report di valutazione dell'impianto sanitario potenziale sulla base del contenuto della istanza di
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cui al punto 3
6. Nei casi in cui non si ravvisi la presenza di tutte le condizioni necessarie a garantire la tutela
della salute pubblica, l’amministrazione comunale può vietare l’attivazione dell’industria o,
subordinarla all’adozione di particolari cautele e misure atte ad assicurare le condizioni richieste.
In quest’ultimo caso, il titolare dell’impianto dovrà fornire, nei termini assegnatigli, opportuna
prova dell’adozione delle misure richieste.
7. al regolamento può essere accompagnato un protocollo operativo (da concordare con ASL o in
mancanza altri soggetti con competenze di epidemiologia ambientale) per il monitoraggio
dell'impatto sanitario delle industrie insalubri una volta installate sul territorio comunale
COME FINANZIARE LA ATTIVITÀ DI CONTROLLO-PIANIFICAZIONE DELLE INDUSTRIE
INSALUBRI: L’ONERE ECOLOGICO
La normativa sul c.d. onere ecologico nelle pratiche di rilascio dei permessi di costruire. Tale onere
è previsto dall'articolo 19 (L) del testo unico edilizia in relazione ad attività industriali artigianali.
Recita questo articolo 19:
“Contributo di costruzione per opere o impianti non destinati alla residenza
1. Il permesso di costruire relativo a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o
artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi comporta la
corresponsione di un contributo pari alla incidenza delle opere di urbanizzazione, di quelle
necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi e di quelle necessarie
alla sistemazione dei luoghi ove ne siano alterate le caratteristiche. La incidenza di tali opere è
stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base a parametri che la regione definisce con i
criteri di cui al comma 4, lettere a) e b) dell’articolo 16 (7 ), nonché in relazione ai tipi di attività
produttiva.”
Secondo il Consiglio di Stato (Sentenza 2717 del 2014) questo contributo va interpretato come un
onere sull'impatto complessivo che l'attività autorizzata ha su un territorio. Afferma la sentenza:
1. il Comune può imporre, ai titolari della attività autorizzata, nuovi oneri di tutela ambientale
anche se sia già intervenuta apposita convenzione tra gli stessi e la Amministrazione Comunale.
Non solo ma questi oneri possono riguardare ulteriori elementi oltre al trattamento delle
emissioni dovute alla attività industriale e artigianale.
2. L’onere ecologico può essere imposto anche successivamente al rilascio del permesso di
costruire
3. L’onere ecologico può essere imposto successivamente alla firma di convenzioni o al rilascio del
permesso di costruire anche nel caso in cui l’Amministrazione Comunale non lo avesse applicato in
precedenza per errore
4. l’onere ecologico è applicabile anche se la eventuale convenzione tra il privato concessionato e
la Amministrazione non lo prevedeva
7 a) all'ampiezza ed all'andamento demografico dei comuni; b) alle caratteristiche geografiche dei comuni;
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5. l’onere ecologico non è finalizzato ad imporre la copertura di spesa di opere che sono
comunque dovute in quanto realizzazioni di urbanizzazioni primarie“
6. l’onere ecologico riguarda solo le attività industriali a prescindere dalle dimensioni (rileva solo
l’impatto potenziale e reale su ambiente e salute) e l’assolvimento dello stesso non comprende
quelle opere che sono comunque dovute per leggi specifiche
7. l’onere ecologico quindi va commisurato agli effetti inquinanti complessivi che l’attività
industriale produce.
Ovviamente la applicazione dell’onere ecologico sopra descritto dovrà essere, soprattutto nel suo
ammontare, adeguatamente motivato.
Tutto ciò apre una scommessa importante non solo per le Regioni (che devono fissare ex lege i
criteri per quantificare l’onere) ma anche per i Comuni che dovranno meglio definire i parametri di
qualità e gli obiettivi di prevenzione nella tutela di ambiente e salute della loro circoscrizione
territoriale, attraverso:
a. i loro strumenti di pianificazione del territorio,
b. la loro attività di programmazione dei controlli sulle attività esistenti e le modifiche delle stesse
c. la loro attività di conoscenza della qualità dell’ambiente e dei rischi presenti nella loro
circoscrizione territoriale di competenza.
CASO STUDIO : PROPOSTA DI REGOLAMENTO INDUSTRIE INSALUBRI COMUNE DI
SCARPERIA E SAN PIERO
Premessa
L’attuale REGOLAMENTO URBANISTICO del Comune Adottato con delibera del Consiglio comunale
20 Aprile 2009, n. 9 all’articlo 72 contiene varie indicazioni per misure di mitigazione ambientali
ma relativamente al parametro salute pubblica con particolare riferimento alla industrie insalubri
così come classificate dal DM del 1994 non contiene indicazioni specifiche se non in relazione
all’inquinamento elettromagnetico.
Con il presente contributo si vuole proporre di introdurre nel regolamento urbanistico un nuovo
articolo (72-bis)
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Presentazione della proposta di articolo da inserire nel regolamento urbanistico
I comuni determinano i criteri di localizzazione e le condizioni per l’attivazione delle industrie
classificate insalubri, nonché la disciplina del relativo procedimento.
Chiunque intenda attivare una fabbrica o un’industria compresa nell’elenco delle industrie
insalubri deve presentare, anche su supporto informatico, istanza almeno quarantacinque giorni
prima di dare inizio alla messa in esercizio degli impianti .
L’istanza deve essere presentata all’amministrazione comunale e, in particolare, laddove
costituito , allo sportello unico (SUAP), corredata da documentazione idonea a descrivere il ciclo
produttivo e dall’elenco delle sostanze utilizzate nel ciclo lavorativo stesso.
L’amministrazione comunale si pronuncia sull’istanza entro 30 giorni dalla presentazione della
stessa, decorsi i quali l’istante può dare avvio all’attività, fatti salvi i poteri di controllo previsti
dalla normativa vigente.
Ai fini dell’assunzione delle decisioni, l’Amministrazione comunale si avvale dell’ASL, dell’ARPA e
degli organismi tecnici a livello territoriale di cui intenda avvalersi.
Nei casi in cui non si ravvisi la presenza di tutte le condizioni necessarie a garantire la tutela della
salute pubblica, l’amministrazione comunale può vietare l’attivazione dell’industria o,
subordinarla all’adozione di particolari cautele e misure atte ad assicurare le condizioni richieste.
In quest’ultimo caso, il titolare dell’impianto dovrà fornire, nei termini assegnatigli, opportuna
prova dell’adozione delle misure richieste.
Fondamento normativo della proposta
Articolo 7 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali approvato con decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267
Art. 7. Regolamenti
1. Nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dello statuto, il comune e la provincia adottano regolamenti
nelle materie di propria competenza ed in particolare per l'organizzazione e il funzionamento delle
istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per
l'esercizio delle funzioni.
Articolo 23 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112,
23. Conferimento di funzioni ai comuni
1. Sono attribuite ai comuni le funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l'ampliamento, la cessazione, la
riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi, ivi incluso il rilascio delle concessioni o
autorizzazioni edilizie.
2. Nell'ambito delle funzioni conferite in materia di industria dall'articolo 19, le regioni provvedono, nella propria
autonomia organizzativa e finanziaria, anche attraverso le provincie, al coordinamento e al miglioramento dei servizi e
dell'assistenza alle imprese, con particolare riferimento alla localizzazione ed alla autorizzazione degli impianti
produttivi e alla creazione di aree industriali. L'assistenza consiste, in particolare, nella raccolta e diffusione, anche in
via telematica, delle informazioni concernenti l'insediamento e lo svolgimento delle attività produttive nel territorio
regionale, con particolare riferimento alle normative applicabili, agli strumenti agevolativi e all'attività delle unità
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organizzative di cui all'articolo 24, nonché nella raccolta e diffusione delle informazioni concernenti gli strumenti di
agevolazione contributiva e fiscale a favore dell'occupazione dei lavoratori dipendenti e del lavoro autonomo.
3. Le funzioni di assistenza sono esercitate prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività
produttive anche avvalendosi delle strutture tecnico-organizzative dei consorzi di sviluppo industriale di cui
all'articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317.
Articolo 64 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno
1931, n. 773, i comuni determinano i criteri di localizzazione e le condizioni per l’attivazione delle
industrie classificate insalubri, nonché la disciplina del relativo procedimento nel rispetto dei
principi di cui agli articoli 6 e 7.
Art. 64
Salvo quanto è stabilito dall'articolo precedente (depositi oli minerali), le manifatture, le fabbriche e i depositi di
materie insalubri o pericolose possono essere impiantati ed esercitati soltanto nei luoghi e con le condizioni
determinate dai regolamenti locali.
In mancanza di regolamenti il Sindaco provvede sulla domanda degli interessati.
Gli interessati possono ricorrere al Prefetto che provvede, sentito il consiglio provinciale sanitario, e, se occorre,
l'ufficio del genio civile.
Regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 Testo unico delle leggi sanitarie relativamente agli articoli
216, 217 e 218
Art. 216
Le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo
pericolose alla salute de gli abitanti sono indicate in un elenco diviso in due classi.
La prima classe comprende quelle che debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni; la
seconda, quelle che esigono speciali cautele per la incolumità del vicinato.
Questo elenco, compilato dal Consiglio superiore di sanità, è approvato dal Ministro per l'interno, sentito il
Ministro per le corporazioni, e serve di norma per l'esecuzione delle presenti disposizioni.
Le stesse norme stabilite per la formazione dell'elenco sono seguite per iscrivervi ogni altra fabbrica o manifattura che
posteriormente sia riconosciuta insalubre.
Una industria o manifattura la quale sia inserita nella prima classe, può essere permessa nell'abitato, quante volte
l'industriale che l'esercita provi che, per l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca
nocumento alla salute del vicinato.
Chiunque intende attivare una fabbrica o manifattura, compresa nel sopra indicato elenco, deve quindici giorni prima
darne avviso per iscritto al podestà, il quale, quando lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, può
vietarne la attivazione o subordinarla a determinate cautele. Il contravventore è punito con la sanzione
amministrativa da L. 40.000 a L 400.000.
Art. 217
Quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o
fabbriche, possono riuscire di pericolo o di danno per la salute pubblica, il podestà prescrive le norme da
applicare per prevenire o impedire il danno o il pericolo e si assicura della loro esecuzione ed efficienza.
Nel caso di inadempimento il podestà può provvedere di ufficio nei modi e termini stabiliti nel testo unico
della legge comunale e provinciale.
Art. 218
I regolamenti locali di igiene e sanità stabiliscono le norme per la salubrità dell'aggregato urbano e rurale e
delle abitazioni, secondo le istruzioni di massima emanate dal Ministro per l'interno.
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Circolare del 19 marzo 1982, n. 19, prot. n. 403/8.2/459, Ministero della Sanità - Direzione
Generale dei Servizi di Igiene Pubblica Div. III, pag. 2 u.c secondo la quale “…la classificazione delle
lavorazioni insalubri non può e non deve rimanere fine a se stessa esaurendosi in un mero
automatismo burocratico” ma occorre: “… un esame specifico e puntuale (il quale) non può essere
realisticamente effettuato - in dettaglio - che dall’autorità locale”. Il Ministero prosegue
affermando: “E’ evidente che qualora da tale esame risulti che le cause d’insalubrità potenziale,
che hanno determinato l’inclusione dell’attività nella Prima classe dell’elenco, sono state eliminate
o quantomeno ridotte in termini accettabili si applica il caso previsto dal 5°comma dell’art. 216
T.U.LL.SS.”.
Introduzione articolo 72-bis al Regolamento Urbanistico
La Procedura per il Parere Sanitario del Sindaco in materia di industrie insalubri nuove ed esistenti
1. Il presente articolo disciplina le competenze del Comune in materia di industria insalubri di
prima classe
2. Le industrie o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono
riuscire in alcun modo pericolose alla salute degli abitanti sono indicate in un elenco approvato
con Decreto Ministero Sanità 5 settembre 1994
3. Chiunque intenda attivare, una fabbrica o un’industria compresa nell’elenco di cui all’articolo 2
deve presentare, anche su supporto informatico, istanza almeno quarantacinque giorni prima di
dare inizio alla messa in esercizio degli impianti
4. Chi gestisce una attività esistente che rientra nell’elenco di cui al comma 2 deve entro 60 giorni
da apposita richiesta del Sindaco presentare la documentazione di cui al successivo comma 5
5. L’istanza deve essere presentata all’amministrazione comunale corredata da documentazione
idonea a descrivere il ciclo produttivo e dall’elenco delle sostanze utilizzate nel ciclo lavorativo
stesso.
6. L’amministrazione comunale esprime parere sull’istanza di cui al comma 3 sulla
documentazione di cui al comma 4 entro 30 giorni dalla presentazione della stessa, ferme
restando le autorizzazioni nulla osta e altri provvedimenti disciplinati dalla vigente normativa
nazionale e regionale
7. Ai fini del rilascio del parere, l’Amministrazione comunale si avvale dell’ASL, dell’ARPAT e degli
organismi tecnici e scientifici a livello territoriale di cui intenda avvalersi.
8. Il Parere di cui al comma 6 dovrà rispettare i principi e le destinazioni funzionali della vigente
Pianificazione urbanistica comunale e sovraordinata comprese quelle relative all’uso produttivo a
fini di industria e artigianato
9. Nei casi in cui non si ravvisi la presenza di tutte le condizioni necessarie a garantire la tutela
della salute pubblica o di contrasto con le norme della pianificazione urbanistica comunale e
sovraordinata vigente, l’amministrazione comunale può vietare l’attivazione dell’industria o,
subordinarla all’adozione di particolari cautele e misure atte ad assicurare le condizioni richieste.
In quest’ultimo caso, il titolare dell’impianto dovrà fornire, nei termini assegnatigli, opportuna
prova dell’adozione delle misure richieste.
10. Il parere sanitario dovrà prevedere:
a) una valutazione della rilevanza sanitaria delle emissioni dell’impianto
b) una valutazione dello stato sanitario della popolazione interessata
c) una valutazione dello stato e della evoluzione del contesto urbanistico interessato dall’impianto
d) una valutazione dei rischi di incidenti rilevanti dall’impianto
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Parametri per l’istanza di attivazione di industria insalubre e la documentazione per le industrie
insalubri esistenti
1. Destinazione d'uso "I - Industriale/Artigianale" dei locali in cui si insedia l'attività di industria
insalubre;
2. Assenza della dichiarazione, con specifica ordinanza sindacale, di inagibilità dei locali in cui viene
insediata l'attività, o, nel caso di precedente dichiarazione di inagibilità degli stessi, successivo
deposito di certificato di agibilità atto a superare l'ordinanza;
3. Rispetto dei requisiti igienico - edilizi richiamati dal Regolamento urbanistico e/o edilizio,
nonché dalla normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e, se sono trattati anche alimenti, dalla
vigente normativa comunitaria, nazionale e regionale in materia;
4. Rispetto dei limiti acustici previsti dalla relativa zonizzazione territoriale, attestato da
certificazione di impatto acustico, redatta da un tecnico abilitato iscritto in apposito albo a meno
che l'attività non rientri tra quelle escluse dall'obbligo di presentazione dell'impatto acustico;
5. Rispetto delle norme ambientali e relativo possesso di Autorizzazione Unica Ambientale
qualora l'impresa sia soggetta all'ottenimento delle stesse ai sensi del DLgs. 152/2006 e del D.P.R.
59/2013;
6. Adempimento degli obblighi prescritti dalla normativa antincendio.
Criteri per stimare la criticità connessa al rilascio di sostanze pericolose anche al fine di poter
effettuare il parere sanitario del Sindaco
1. conoscenza approfondita dei recettori ambientali presenti nella zona;
2. valutazione dei tempi di intervento da parte delle unità di soccorso;
3. presenza nell’azienda di un programma di controllo e manutenzione dello stato di integrità
degli impianti
4. allestimento di procedure per la gestione di misure di emergenza.
5. criteri per stimare la criticità connessa al trasporto di merci e sostanze pericolose quali:
a) compatibilità con il carico sul traffico stradale ordinario;
b) separazione tra viabilità utilizzata per l’accesso all’attività produttiva e quella per arrivare
all’elemento vulnerabile;
c) presenza di una doppia viabilità indipendente di accesso all’attività produttiva;
d) presenza di una doppia viabilità indipendente di accesso all’elemento vulnerabile;
e) frequenti trasporti di merci pericolose;
f) intralcio della viabilità utilizzata dai mezzi di soccorso (VVF, 118) in caso di incidente nell’attività;
g) classificazione delle sostanze presenti nell’attività (in particolare quelle pericolose per
l’ambiente);
h)la tipologia di scenario incidentale potenzialmente attesa;
i)- il carico indotto dall’attività produttiva sulle infrastrutture di trasporto.
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PARTE III
COME APPLICARE LA NORMATIVA SULL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO
ALLE EMISSIONI ODORIGENE
PREMESSA: LE EMISSIONI ODORIGENE DIVENTA EX LEGE INQUINAMENTO ATMOSFERICO
Fino ad ora le emissioni odorigene erano considerate inquinamento ai sensi della Parte V del DLgs
152/2006 (testo unico ambientale) solo per la giurisprudenza.
Nel frattempo nel 2017 è stato introdotto nel DLgs 152/2006 l’articolo 272-bis che disciplina le
modalità con le quali le Regioni (con apposite linee guida) possono definire i parametri affinché le
autorità competenti a rilasciare le autorizzazioni alle emissioni possano imporre prescrizioni e
limiti specifici alle emissioni odorigene.
Infine con il Decreto Legislativo 30 luglio 2020, n.102 le emissioni odorigene sono entrate
pienamente nelle definizioni del DLgs 152/2006 articolo 268: “f-bis) emissioni odorigene: emissioni
convogliate o diffuse aventi effetti di natura odorigena;”.
In questo modo se fino a questa ultima norma, molto dipendeva dalle interpretazioni della
giurisprudenza oppure dalla discrezionalità delle Regioni Province nell’applicare l’articolo 272-bis
ora non ci sono più scuse!
Le emissioni odorigene sono inquinamento atmosferico per legge e vanno sempre disciplinate in
qualsiasi autorizzazione su emissioni aeriformi e non farlo può comportare un comportamento
omissivo da parte della Pubblica Amministrazione competente. Non solo ma una volta disciplinate
dette emissioni se le prescrizioni sono violate le autorità competenti devono attivarsi per farle
rispettare senza scuse come “la difficoltà di misurare gli odori o stabilire limiti agli odorigeni”
Vediamo più precisamente la descrizione di detta giurisprudenza e successiva normativa sopra
sintetizzata.
LA GIURISPRUDENZA SULLE EMISSIONI ODORIGENE COME INQUINAMENTO ATMOSFERICO
Secondo la univoca ormai giurisprudenza in materia, le prescrizioni della autorizzazione che
limitano le emissioni diffuse o convogliate riguardano anche le emissioni odorigene a prescindere
dal fatto che per queste ultime siano o meno stati determinati degli specifici limiti delle
concentrazioni odorigene.
Quindi se vengono violate le prescrizioni autorizzatorie relative alle emissioni diffuse in una
situazione dove queste si accompagnano ad emissioni odorigene ci sono gli estremi per l’esercizio
del potere di diffida e di revoca della autorizzazione stessa. Per cui è inammissibile che una volta
ammessa l’esistenza di emissioni odorigene insieme con emissioni diffuse in violazione delle
prescrizioni autorizzatorie si permetta ad un impianto di riaprire la propria attività in attesa di un
ipotetico progetto di risanamento tutto da definire. Come ha spiegato il Consiglio di
Stato (sentenza n° 4588 del 10/9/2014) in base al principio di precauzione, applicabile anche alle
emissioni odorigene, se c’è un rischio sanitario in atto anche potenziale la attività va sospesa
quanto meno per permettere gli interventi adeguati per eliminare le emissioni più fastidiose. In
caso contrario il principio di leale collaborazione tra imprese e cittadini diventa una scusa per
continuare a produrre fastidi.
Per cui con questa sentenza il Consiglio di Stato afferma il seguente principio generale: la tutela
della salute e dell’ambiente richiede da parte di amministratori e tecnici degli enti pubblici
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competenti una volontà di analizzare nel merito i rischi per la popolazione delle attività inquinanti
a prescindere dal rispetto formale di autorizzazioni e procedure settoriali.
LA NOVITÀ INTRODOTTA DL DLGS 183/2017
Il DLGS 183/2017 (Attuazione della direttiva (UE) 2015/2193 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa alla limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni
inquinanti originati da impianti di combustione medi, nonché per il riordino del quadro normativo
degli stabilimenti che producono emissioni nell'atmosfera) ha introdotto un nuovo articolo nel
testo unico ambientale (Parte V relativa alla tutela della qualità dell’aria e alla disciplina delle
emissioni aeriformi). Si tratta dell’articolo 272-bis.
Premessa le autorità competenti
Una precisazione quando nelle norme citate di seguito, nel presente post, si fa riferimento alle
autorità competenti, per capire a quali enti specifici ci si rapporta occorre vedere la normativa
delle singole regioni e come questa abbia ripartito le funzioni anche in materia di emissioni
aeriformi tra Regione, Città Metropolitane/Province, Comuni e Arpa.
In Liguria dette competenze restano alle Città Metropolitane e Province secondo la legge regionale
15/2015. In Emilia Romagna per fare un altro esempio le competenze autorizzatorie sono state in
parte affidate alla Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale.
Misure per la prevenzione e limitazione delle emissioni odorigene
Secondo il nuovo articolo 272-bis del DLgs 152/2006 la normativa regionale o le
autorizzazioni possono prevedere misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni
odorigene a tutti gli impianti ed alle attività che producono emissioni in atmosfera.
Tali misure possono anche includere, ove opportuno, alla luce delle caratteristiche degli impianti e
delle attività presenti nello stabilimento e delle caratteristiche della zona interessata:
a) valori limite di emissione espressi in concentrazione (mg/Nm³) per le sostanze odorigene;
b) prescrizioni impiantistiche e gestionali e criteri localizzativi per impianti e per
attività aventi un potenziale impatto odorigeno, incluso l'obbligo di attuazione di piani di
contenimento;
c) procedure volte a definire, nell'ambito del procedimento autorizzativo, criteri localizzativi in
funzione della presenza di ricettori sensibili nell'intorno dello stabilimento;
d) criteri e procedure volti a definire, nell'ambito del procedimento autorizzativo, portate
massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse
in unità odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento;
e) specifiche portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in
unita' odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento,
Inoltre resta fermo, in caso di disciplina regionale, il potere delle autorizzazioni di stabilire valori
limite più severi con le modalità previste all'articolo 271 del DLgs 152/2006. Vediamo con quali
modalità:
1. valutare misure più restrittive nel caso che dai piani e programmi di qualità dell'aria previsti
dalla vigente normativa emergano criticità ambientali e sanitarie.
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2. regolamentare i periodi di malfunzionamento e arresto degli impianti
3. nel caso di emissione di sostanza classificate come cancerogene e tossiche per l’organismo
umano stabilire prescrizioni volte a consentire la stima delle quantità di tali sostanze emesse
durante i periodi in cui si verificano anomalie o guasti o durante gli altri periodi transitori e fissare
appositi valori limite di emissione, riferiti a tali periodi, espressi come flussi di massa annuali.
4. stabilire nella, per il monitoraggio delle emissioni anche odorigene di competenza del gestore,
l'esecuzione di misure periodiche basate su metodi discontinui o l'utilizzo di sistemi di
monitoraggio basati su metodi in continuo.
Provvedimenti amministrativi e sanzioni penali in caso di violazioni di limiti di emissione e
prescrizioni
1. prevedere se si verifica un'anomalia o un guasto tale da non permettere il rispetto di valori
limite di emissione, l'autorità competente deve essere informata entro le otto ore successive e
può disporre la riduzione o la cessazione delle attività o altre prescrizioni.
2. se si realizza quanto previsto al punto 1 occorre applicare la procedura di cui al comma 20-ter
dell’articolo 271. Secondo questa procedura il gestore deve procedere al ripristino della
conformità nel più breve tempo possibile. In tali casi, l'autorità competente impartisce al gestore
prescrizioni dirette al ripristino della conformità, fissando un termine per l'adempimento, e
stabilisce le condizioni per l'esercizio dell'impianto fino al ripristino. La continuazione dell'esercizio
non é in tutti i casi concessa se la non conformità dei valori misurati ai valori limite prescritti può
determinare un pericolo per la salute umana o un significativo peggioramento della qualità
dell'aria a livello locale. Nel caso in cui il gestore non osservi la prescrizione entro il termine fissato
si applica, per tale inadempimento, la sanzione prevista all'articolo 279, comma 2.
3. il reato ex articolo 279 si applica anche se si accerta una difformità tra i valori misurati e i valori
limite prescritti, sulla base di metodi di campionamento e di analisi o di sistemi di monitoraggio in
continuo delle emissioni
Poteri di ordinanza delle autorità competenti
Se si accerta, nel corso dei controlli effettuati da Arpa e ASL, la non conformità dei valori misurati
ai valori limite prescritti, l'autorità competente impartisce al gestore, con ordinanza, prescrizioni
dirette al ripristino della conformità nel più breve tempo possibile, sempre che tali prescrizioni
non possano essere imposte sulla base di altre procedure previste dalla vigente normativa.
La cessazione dell'esercizio dell'impianto deve essere sempre disposta se la non conformità
può determinare un pericolo per la salute umana o un significativo peggioramento della qualità
dell'aria a livello locale

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Poteri sindacali in materia di prevenzione nella tutela della salute pubblica

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  • 2. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 2 I POTERI/DOVERI DEL SINDACO PER LE INDUSTRIE INSALUBRI................................................................ 16 IL COMPORTAMENTO OMISSIVO DEL SINDACO NELL’APPLICARE LA NORMATIVA SULLE INDUSTRIE INSALUBRI NEL SENSO SOPRA ESPOSTO PUÒ ESSERE GIUSTIFICATO DAL RILASCIO DELLE AUTORIZZAZIONI AMBIENTALI DI SETTORE............................................................................................... 16 INDUSTRIE INSALUBRI E POTERI DEL SINDACO : UN NUOVO RUOLO DELL’IGIENE AMBIENTALE DELLE ASL............................................................................................................................................................... 17 INDUSTRIE INSALUBRI E PIANIFICAZIONE URBANISTICA DEL TERRITORIO COMUNALE.......................... 18 UN REGOLAMENTO COMUNALE SULLA GESTIONE DELLE INDUSTRIE INSALUBRI: CONTENUTI IN SINTESI ..................................................................................................................................................................... 18 COME FINANZIARE LA ATTIVITÀ DI CONTROLLO-PIANIFICAZIONE DELLE INDUSTRIE INSALUBRI: L’ONERE ECOLOGICO............................................................................................................... 19 CASO STUDIO : PROPOSTA DI REGOLAMENTO INDUSTRIE INSALUBRI COMUNE DI SCARPERIA E SAN PIERO........................................................................................................................................................... 20 Premessa ................................................................................................................................................. 20 Presentazione della proposta di articolo da inserire nel regolamento urbanistico................................ 21 Fondamento normativo della proposta ...................................................................................................... 21 Introduzione articolo 72-bis al Regolamento Urbanistico....................................................................... 23 PARTE III.............................................................................................................................................. 25 COME APPLICARE LA NORMATIVA SULL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO ALLE EMISSIONI ODORIGENE . 25 PREMESSA: LE EMISSIONI ODORIGENE DIVENTA EX LEGE INQUINAMENTO ATMOSFERICO.................. 25 LA GIURISPRUDENZA SULLE EMISSIONI ODORIGENE COME INQUINAMENTO ATMOSFERICO............... 25 LA NOVITÀ INTRODOTTA DL DLGS 183/2017 ............................................................................................ 26 Premessa le autorità competenti............................................................................................................ 26 Misure per la prevenzione e limitazione delle emissioni odorigene....................................................... 26 Provvedimenti amministrativi e sanzioni penali in caso di violazioni di limiti di emissione e prescrizioni ................................................................................................................................................................. 27 Poteri di ordinanza delle autorità competenti........................................................................................ 27
  • 3. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 3 PARTE I I POTERI SINDACALI IN MATERIA DI PREVENZIONE NELLA TUTELA DELLA SALUTE PUBBLICA NEI PROCEDIMENTI DI VIA ED AIA SINTESI DEI POTERI SINDACALI IN MATERIA DI PREVENZIONE NELLA TUTELA DELLA SALUTE PUBBLICA 1. IL Parere Sanitario, nel caso di impianti soggetti ad Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), è di competenza del Sindaco ed è obbligatorio, può diventare vincolante se motivato nel senso che spiego nella relazione che segue e deve contenere quanto indicato dalla giurisprudenza in materia non esistendo una legge specifica che ne definisca il contenuto. 2. Il parametro salute pubblica può essere oggetto di osservazioni specifiche sia nel senso di valutare criticamente quanto espresso dalla documentazione presentata in sede di procedura di valutazione (VIA – VAS) o autorizzazione (AIA, AU ex articolo 208 impianti rifiuti) dal proponente il progetto, sia come proposte da depositare in conferenza dei servizi che però a differenza del Parere Sanitario non hanno la stessa cogenza e quindi possono essere considerate o meno dalla Autorità Competente a rilasciare il Paur. 3. La Valutazione di Impatto Sanitario (VIS) non è obbligatoria sia per la VIA che per l’AIA (salvo per alcune categorie di opere in particolare: centrali termoelettriche sopra i 300MW- raffinerie- rigassificatori) e comunque di questa Valutazione è responsabile la Autorità Competente di VIA o VAS che deve appunto valutare all’interno del procedimento di VIA (sulla base di attività istruttoria di ASL, Arpa, Osservatori epidemiologici regionali) quanto proposto dal proponente del progetto in termine di prevenzione degli impatti sulla salute pubblica all’interno della documentazione di VIA (vedi Studio di Impatto Ambientale). Però la VIS può essere richiesta anche dal Comune territorialmente competente (che non è Autorità Competete alla VIA o all’AIA) oppure dalle autorità che hanno titolo per pronunciarsi all’interno del procedimento nel senso che debbano esprimere atti specifici previsti dalla legge (autorizzazioni, nulla osta, pareri obbligatori). 4. Quindi il Parere Sanitario va distinto dalla Valutazione di Impatto Sanitario o dalla Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario (così definita dalle linee guida del Sistema Nazionale per la Protezione Ambientale o da quelle dell’Istituto Superiore di Sanità) . Infatti il Parere è un atto amministrativo obbligatorio interno alla Conferenza Servizi e distinto dalla procedura di VIA e ha la finalità di proporre prescrizioni di prevenzione nella tutela della salute pubblica che possono essere inserite nel provvedimento finale di autorizzazione dell’impianto. La VIS invece è un documento non obbligatorio che serve per valutare come il parametro salute pubblica è stato preso in considerazione all’interno del procedimento di VIA e/o AIA, parametro che deve comunque essere valutato a prescindere dallo svolgimento della VIS. 5. In conclusione la mancanza del Parere Sanitario produce un vizio nella procedura , la mancanza della VIS in se non produce alcun vizio nella procedura perchè non è obbligatoria, invece la mancata valutazione del parametro Salute Pubblica nella VIA e nell’AIA (quindi nel PAUR nel caso in esame) può produrre un vizio di merito per carenze nei contenuti della istruttoria che porta alla decisione finale ovviamente nel caso in cui chiunque partecipi al procedimento di Valutazione e /o Autorizzazione (non solo alla Conferenza dei Servizi ma anche con le osservazioni del pubblico) dimostri tale lacuna istruttoria.
  • 4. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 4 Possiamo quindi concludere questa premessa affermando che il parametro salute pubblica viene in considerazione in due aspetti nel procedimento in oggetto: 1. Il Parere Sanitario del Sindaco 2. Il Parametro salute pubblica nel procedimento di Valutazione e/o Autorizzazione (spesso a livello regionale assorbiti nel Provvedimento autorizzatorio unico regionale – PAUR articolo 27-bis del dlgs 152/2006) comprensivo della VIA e dell’AIA che può essere supportata dalla Valutazione di Impatto Sanitario Di seguito svolgerò un approfondimento per dimostrare i 5 assunti sopra riassunti. PARERE SANITARIO DEL SINDACO La fonte normativa del Parere e a quale Sindaco si riferisce Il primo riguarda il c.d. Parere del Sindaco come previsto dal comma 6 articolo 29-quater del DLgs 152/2006. Recita la norma in questione con riferimento al rilascio della Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA): “ 6. Nell'ambito della Conferenza dei servizi di cui al comma 5, vengono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nonché la proposta dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per le installazioni di competenza statale, o il parere delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, per le altre installazioni, per quanto riguarda le modalità di monitoraggio e controllo degli impianti e delle emissioni nell'ambiente.” La norma è applicabile alla procedura in oggetto in quanto il PAUR comprende sia la Valutazione di Impatto Ambientale che l’AIA. Intanto una precisazione: risulta dalla lettera della legge che si usa al singolare il termine Sindaco proprio perché si fa riferimento non genericamente a tutte le Amministrazioni Comunali interessate dal procedimento ma solo, in questo caso, al Comune territorialmente interessato dal progetto sottoposto ad autorizzazione. Quello che non è il Parere Sanitario Chi cerca di sminuire il valore del Parere Sanitario afferma che: 1. non si tratterebbe di un parere ma di una mera presentazione di prescrizioni 2. si tratterebbe di una competenza disciplinata da una normativa (RD 1265/1934 industrie insalubri) ormai superata e comunque non applicabile al caso in questione. Sulla tesi 1: le prescrizioni all’interno di una conferenza dei servizi devono essere depositate e messe a verbale con un atto sistemico e ben motivato quindi di fatto, prima ancora che di diritto, è un parere in termini procedimentali, altrimenti la presa di posizione del Sindaco rischierebbe di essere non coordinata anzi frammentata in tante singole richieste che si perderebbero nei verbali della conferenza dei servizi propedeutica al rilascio dell’AIA, depotenziando una funzione del Sindaco che come vedremo nella seconda part di questo post può essere molto utile se ben esercitata.
  • 5. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 5 La tesi 2 va analizzata sotto due aspetti. Il primo aspetto è che la normativa sulle industrie insalubri è una norma tenuta attualmente in vigore dal Decreto Ministeriale 5/9/1994 che oltretutto elenca le industrie insalubri tra cui ci sono gli impianti di rifiuti come è noto. Ma la norma è anche applicata attualmente dalla giurisprudenza amministrativa. Il secondo aspetto invece riguarda il rapporto tra normativa delle industrie insalubri e parere del Sindaco all’interno del procedimento di autorizzazione ma anche revisione dell’AIA. Qui, a mio avviso, ci sono lacune di conoscenza della materia da parte dei vari Sindaci che cercano scuse per non utilizzare questo potere che gli riconosce la legge (comma 6 articolo 29quater del DLgs 152/2006). Intanto la norma che prevede questo Parere è vero che cita a sua volta il Regio Decreto del 1934 (cioè la disciplina delle industrie insalubri) ma solo per specificare che il Parere del Sindaco in sede di AIA viene rilasciato appunto proprio dal Sindaco stesso (non da altri soggetti istituzionali) come massima Autorità Sanitaria presente sul territorio comunale come confermato dal Decreto Ministeriale del 1994. Però la normativa sulle industrie insalubri prevede che l’intervento del Sindaco avvenga solo dopo la classificazione di industria insalubre che richiede esplicito parere dell’ASL territorialmente competente e l’intervento del Sindaco è solo quello della ordinanza per limitare eventuali superamenti della normale tollerabilità da parte delle emissioni dell’industria insalubre (articolo 217), la regolamentazione della localizzazione delle industrie insalubri invece è competenza del Comune con appositi regolamenti (articolo 216). Quindi l’intervento del Sindaco è eventuale dipende solo dal verificarsi di un disagio sanitario prodotto dall’impianto. Nella disciplina dell’AIA il Sindaco invece deve esprimere il proprio parere all’interno della Conferenza dei Servizi a prescindere dai disagi esistenti sia nel caso di revisione/aggiornamento di AIA esistente che di AIA nuova. Ecco perché la tesi 2 (vedi sopra) non ha alcun fondamento. Il Parere Sanitario è di competenza del sindaco e non della giunta e rientra quindi nelle sue competenze di massima autorità sanitaria e quindi non può essere rilasciato dal dirigente. Afferma la sentenza del TAR Lazio sezione Latina n. 819 del 2009: “..emerge l’attribuzione di una competenza nominativamente specificata, particolarmente rilevante quanto al valore da attribuire ad eventuali precedenti avvisi ed alle disposizioni che ordinariamente concernono la distribuzione e la titolarità dei poteri amministrativi. In altri termini la riprodotta disposizione assegna al sindaco, e solo a questi, in un ambito ben individuato, il potere di dettare le “prescrizioni” di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265… quanto invece, all’aspetto che involge l’indicata competenza dirigenziale, sfugge alla ricorrente che detta espressa assegnazione, risulta coerente con il sistema delineato dal D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 265, il quale oltre che ad attribuire ogni potere gestorio alla dirigenza comunale, testualmente prevede all’articolo 107, comma 4, che “Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all’articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative.”.
  • 6. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 6 Il Parere Sanitario non può essere superato/sostituito dal parere arpa-asl Si veda sempre la sentenza del TAR Lazio sez. Latina del 2009: ”deve obiettarsi che le autorità richiamate e presenti in conferenza (ARPAT, ASL ndr.) si esprimono a tutela dell’ambiente, nel mentre le prescrizioni di cui ai citati articoli 216 e 217 sono espressamente richieste ed oggetto di una previsione che si aggiunge e che si inserisce nella fase antecedente al rilascio. In realtà ancora una volta, alla tesi della ricorrente si oppone l’articolo 5, comma 14, del D. Lgs. 59/2005 il quale, oltre a prevedere l’acquisizione delle “prescrizioni” del sindaco, testualmente contempla che “L’autorità competente, ai fini del rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, acquisisce, …, … il parere … delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente negli altri casi per quanto riguarda il monitoraggio ed il controllo degli impianti e delle emissioni nell’ambiente.”. L’impostazione qui disattesa in definitiva, oltre che ad essere contrastata dal dato positivo, comporterebbe una non condivisibile duplicazione, da escludersi perché la citata normativa ascrive a competenze diverse la tutela di distinti interessi (alla ASL quella correlata alle emissioni; al sindaco quella rapportata al possibile “pericolo o danno per la salute pubblica” A conferma si veda T.A.R. Marche, Sezione I, 25 luglio 2013 che ribadisce la autonoma distinzione del Parere Sanitario del Sindaco rispetto agli atti e funzioni di altri enti preposti alla tutela ambientale: “3.8 Non è altresì condivisibile l’affermazione di parte ricorrente per cui il parere del sindaco come autorità sanitaria che non potrebbe investire aspetti ambientali, dato che l’inquinamento e comunque l’impatto di una discarica non può essere considerato privo di aspetti sanitari. Del resto, per quanto riguarda la inquadrabilità del parere del Sindaco tra quelli delle autorità di cui al più volte citato art. 14 c. quater, il Collegio ritiene che, come già osservato in giurisprudenza, in materia di rifiuti tale ruolo non possa che essere riconosciuto. Si deve infatti rilevare lo strettissimo legame intercorrente tra la tutela dell'ambiente e l'incomprimibile diritto di cui all'art. 32 della Carta Fondamentale”. Il Parere Sanitario del sindaco è obbligatorio Vista la autonomia del Parere Sanitario come riportata dalla giurisprudenza sopra citata questo atto nelle procedure di AIA è obbligatorio perché propedeutico a perfezionare l’atto finale cioè l’AIA esercitando una funzione quella di Autorità sanitaria non assorbita dall’AIA come dimostra l’elenco ex allegato IX alla parte II del DLgs 152/2006. D’altronde la conferma di questa tesi sta nella lettera del comma 6 articolo 29-quater DLgs 152/2006. Questo comma oltre a prevedere che il Parere Sanitario del Sindaco sia “acquisito dalla Conferenza dei Servizi” afferma ulteriormente che detta Conferenza deve acquisire anche: “la proposta dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per le installazioni di competenza statale, o il parere delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, per le altre installazioni, per quanto riguarda le modalità di monitoraggio e controllo degli impianti e delle emissioni nell'ambiente.” Ora è indiscutibile che la lettera della legge appena citata metta il Parere del Sindaco, sullo stesso piano, al fine di una completa istruttoria per il rilascio dell’AIA, di altri pareri di enti che devono per legge partecipare alla Conferenza dei Servizi esprimendo il loro punto di vista pena la incompletezza della istruttoria che comporterebbe la illegittimità del provvedimento finale di autorizzazione.
  • 7. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 7 D’altronde quando la legge ha voluto riconoscere la non obbligatorietà dell’intervento del Sindaco nell’ambito di un procedimento di AIA lo ha fatto. Si veda il comma 7 articolo 29-quater del DLgs 152/2006 dove non casualmente si usa il termine “il sindaco, qualora lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica.. può chiedere il riesame dell’AIA” Il Parere Sanitario negativo può essere di ostacolo al rilascio della autorizzazione Ritorniamo sempre alla sentenza del TAR Latina del 2009 dove i ricorrenti contro il mancato rilascia dell’AIA per parere sanitario negativo del Sindaco affermavano: “il parere negativo del sindaco del comune di Pontinia non sarebbe poi di ostacolo al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, stante la collocazione nella conferenza di servizi a carattere istruttorio, connotazione che implicherebbe la possibilità di superare detto parere e di rilasciare la richiesta autorizzazione;” La sentenza del TAR chiarisce la non fondatezza dei ricorrenti affermando quanto segue “dal dato positivo, si desume che l’autorità procedente deve comunque concludere nei termini fissati i lavori della conferenza e che, per il caso di dissenso manifestato dal titolare di attribuzioni inerenti ad un cd. interesse sensibile, alla stessa è preclusa la possibilità di assumere una determinazione favorevole collocandosi la competenza ad un distinto livello. Il che si è verificato nella fattispecie nella quale il dissenso, veicolato dal parere sindacale negativo, investe un interesse sensibile (quello “alla tutela della salute e della pubblica incolumità” di cui agli articoli 14 - quater, comma 3, legge 241/1990 e 217 R.D. 1265/1934); dissenso che, in quanto tale, non poteva essere superato e/o composto nella citata sede ed è stato correttamente presupposto dalla provincia al fine di attivare la conferenza permanente Stato Regioni”. In particolare il comma 1 dell’articolo 14 quinquies (che ha ripreso il sopra citato articolo 14- quater comma 3 nelle legga 241/1990) afferma sul punto del dissenso in conferenza dei servizi: “1. Avverso la determinazione motivata di conclusione della conferenza, entro 10 giorni dalla sua comunicazione, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico- territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini possono proporre opposizione al Presidente del Consiglio dei ministri a condizione che abbiano espresso in modo inequivoco il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza. Per le amministrazioni statali l'opposizione è proposta dal Ministro competente..” Tradotto in caso di dissenso espresso dal parere sanitario del Comune si rinvia alla intesa Governo Regione che solo se non raggiunta comporterà una apposita deliberazione del Consiglio dei Ministri……quindi come dire un serie di passaggi non semplici se il Comune presentasse un Parere Sanitario ben motivato. A conferma di quanto sopra si veda il T.A.R. Marche, Sezione I, 25 luglio 2013 che chiarisce a sua volta cosa succede se in Conferenza dei Servizi alti enti si oppongono al parere del Sindaco: “non è condivisibile la tesi di parte ricorrente per cui la Regione, in quanto autorità procedente, avrebbe dovuto superare i pareri negativi e imporre il proprio parere favorevole. Ciò anche a prescindere dal disposto dell’art. 14 quater della legge 241/90, in quanto l’impostazione di parte ricorrente sembra contraria alla natura stessa della Conferenza di servizi, che è volta alla composizione e al confronto degli interessi delle autorità coinvolte.
  • 8. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 8 Di conseguenza, per stabilire quali siano le posizioni prevalenti dovrà tenersi conto del ruolo che le diverse amministrazioni assumono in sede di conferenza. Ciò porta, ovviamente a valutate con particolare attenzione al dissenso proveniente dagli enti esponenziali di comunità territoriali (Tar Marche.418/2013, cit.)”. Sul punto si veda anche TAR Lombardia sez. Brescia n°1225/2017 confermata dalla sentenza del Consiglio n° 983 del 2019) Cosa deve contenere il parere sanitario del sindaco nella procedura di aia Il TAR Sicilia sentenza n. 1524 del 2015 afferma quanto segue: 1. Le prescrizioni devono essere “lato sensu” tecniche al fine di prevenire o impedire eventuali pericoli di danni per la salute pubblica 2. le prescrizioni che se non accolte possono bloccare la autorizzazione deve essere fondate da congrua e seria attività istruttoria sui paventati inconvenienti sanitari e che si sia vanamente tentato di eliminarli 3. il Comune può discostarsi dai pareri favorevoli resi da altre autorità sanitarie ed ambientali solo in caso di assoluta insufficienza, carenza e approssimazione degli stessi e qualora sussistano allegazioni che provino oltre ogni dubbio l’inattendibilità dei pareri e la sussistenza di comprovati elementi che dimostrino la sussistenza di inconvenienti sanitari Come si vede quindi anche questa sentenza non mette in discussione il potere del Sindaco di rilasciare il Parere ma semmai i contenuti dello stesso ma se questo potere non viene esercitato ovviamente non sapremo mai se i contenuti sussistevano o meno! IL PARAMETRO SALUTE PUBBLICA NELLA VIA Parametro Salute Pubblica nella normativa UE e nazionale sulla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) La nuova Direttiva 2014/52/UE modificando l’articolo 3 della Direttiva 2011/92/UE ha ridefinito i fattori che devono essere presi in considerazione per valutare gli effetti ambientali del progetto oggetto della VIA. Vengono introdotti rispetto la testo precedente i seguenti fattori: 1. Territorio 2. Popolazione e salute umana 3. Biodiversità Quanto sopra è recepito nel DLgs 152/2006 allegato VII (contenuti dello Studio di Impatto Ambientale): descrizione dello stato dell’ambiente interessato dal progetto, con particolare riferimento alla popolazione, salute umana (punto 4 allegato VII) Descrizione dei probabili impatti rilevanti del progetto proposto, dovuti, tra l'altro: d) ai rischi per la salute umana (punto 5 allegato VII)
  • 9. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 9 Come attuare i parametri suddetti nella istruttoria interna al procedimento di VIA È stata introdotta la definizione di Valutazione di Impatto Sanitario nel DLgs 152/2006 che alla lettera l-bis comma 1 articolo 5 così viene definita: “elaborato predisposto dal proponente sulla base delle linee guida adottate con decreto del Ministro della salute, che si avvale dell’Istituto superiore di sanità, al fine di stimare gli impatti complessivi, diretti e indiretti, che la realizzazione e l’esercizio del progetto può procurare sulla salute della popolazione;…”. La VIS nella VIA di alcune categorie di opere Il comma 2 articolo 23 del DLgs 152/2006 (come modificato dal DLgs 104/2017) introduce l’obbligo di svolgere prima del provvedimento finale di VIA una Valutazione di Impatto Sanitario su iniziativa del proponente il progetto da sottoporre a VIA tenuto conto delle linee guida del Ministero della Salute, il decreto non è mai stato emanato ma sono state emanate le linee guida sia del SNPA (1 , 2) che dell’ISS (3). Occorre aggiungere che le linee guida dell’ISS sono state recentemente aggiornate (4) . Al di la del giudizio scientifico non di competenza di queste note , si rileva come anche questa versione ha il limite di non definire come la VIS si integri con le procedure di VAS e VIA. Questo obbligo però si applica solo ad alcune categorie di progetti sottoposti a VIA secondo la vigente normativa, in particolare: 1. Raffinerie di petrolio greggio, impianti di gassificazione e liquefazione di almeno 500 tonnellate al giorno di carbone o di scisti bituminosi, terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto (punto 1 allegato II alla Parte II del DLgs 152/2006) 1 A due anni dell’approvazione ed emanazione con Delibera del Consiglio Federale,il Presidente dell’ISPRA, informato il Consiglio del SNPA, ha inserito nelle pagina di presentazione delle linee guida per la Valutazione di Impatto Integrata Ambientale e Sanitaria (VIIAS) la seguente frase: “Il documento finalizzato da SNPA nel 2015, anche con l’intento di promuovere futuri percorsi operativi integrati da condividere con gli esperti della Sanità, va inteso come una ricognizione tecnico-scientifica degli elementi metodologici e di contesto fruibili per la valutazione della componente salute nelle procedure di valutazione ambientale, materia successivamente disciplinata sotto il profilo normativo dal recente Decreto legislativo n. 104/2017 di recepimento della Direttiva UE in materia di VIA.” 2 http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/pubblicazioni-del-sistema-agenziale/linee-guida-per-la-valutazione- integrata-di-impatto-ambientale-e-sanitario-viias-nelle-procedure-di-autorizzazione-ambientale-vas-via-e-aia 3 Secondo una interpretazione di parte del mondo scientificio che si occupa di epidemiologia queste linee guida ISS: - sono generiche e scarsamente operative; - non prevedono una progressione metodologica di applicazione, ovvero non consentono di procedere con indagini di diverso dettaglio e/o distinte per fasi a seconda della tipologia di impianto e del tipo di impatto; - propongono la centralità della valutazione del rischio da un punto di vista prettamente tossicologico senza considerare l’approccio epidemiologico, nonostante la numerosa letteratura di settore e le linee guida messe a punto in precedenza da altri soggetti pubblici (linee guida VIIAS del SNPA e linee guida VIS del progetto CCM T4HIA); - presentano una insufficiente attenzione al background sanitario ed ambientale; - utilizzano in modo non documentato la classificazione internazionale delle sostanze cancerogene come discriminante per i livelli di accettabilità del rischio. La classificazione di cancerogenicità delle sostanze viene effettuata da vari organismi accreditati (IARC, ECHA, US-EPA) sulla base delle evidenze scientifiche disponibili. Tale classificazione dipende pertanto dalla disponibilità di evidenze scientifiche di cancerogenicità delle sostanze e non dalla potenza cancerogena delle stesse. 4 http://old.iss.it/publ/?lang=1&id=3193&tipo=5
  • 10. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 10 2. centrali termiche e altri impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW (punto 2) allegato II alla Parte II del DLgs 152/2006). Riguardo ai contenuti della Valutazione di Impatto il predetto comma 2 articolo 23 DLgs 152/2006 cita direttamente l’ISS quindi rinvia alle linee guida predisposte dall'Istituto superiore di sanità. Inoltre per le attività di controllo e di monitoraggio relative alla valutazione di impatto sanitario l'autorità competente si avvale dell'Istituto superiore di sanità, che opera con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. La norma costituisce una integrazione a quanto previsto dal Decreto Ministero Salute 24 aprile 2013 che prevedeva l’introduzione della VIS nelle procedure di AIA ma solo per le installazioni definite strategiche, quindi per ora applicabile solo al caso Ilva (vedi successivamente in questa relazione ultimo capitolo: LA VALUTAZIONE DEL DANNO SANITARIO NELL’AIA DELLE IMPRESE STRATEGICHE: LEGGE 231/2012 E LEGGE N. 89 DEL 3 AGOSTO 2013). Il comma 2 articolo 23 del DLgs 152/2006 quindi estende l’obbligo della VIS a tutti gli impianti che rientrano nelle due categorie sopra esaminate in caso di applicazione della VIA. I limiti di questa norma sono i seguenti: 1. non si applica a tutte le altre categorie di progetti sottoponibili a VIA ex allegato II alla Parte II del DLgs 152/2006. Progetti che possono avere impatti sanitari se non maggiori quanto meno simili a raffinerie, gassificatori, rigassificatori e centrali termolettriche; 2. non si applica alle procedure di AIA almeno per le installazioni più impattanti, considerato che non sempre AIA e VIA avvengano contemporaneamente sullo stesso impianto e/o progetto; 3. per definire il contenuto della VIS si faccia rinvio a successive linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità e non si citino quelle già esistenti prodotte dal sistema delle Agenzie Ambientali e dall’Ispra che hanno il pregio di inserire la Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario nelle procedure di VIA e VAS e AIA. 4. la previsione che le risorse da utilizzare per applicare la VIS non debbano comportare nuovi oneri per la finanza pubblica, il che significa di fatto l’impossibilità per l’ISS di svolgere i compiti che questa norma gli assegna. Non comprendendo che la VIS prevenendo l’impatto sanitario ridurrà complessivamente i costi sanitari anche pubblici per cifre per maggiori di quelle necessarie per il suo funzionamento e applicazione concreta. 5. la mancata definizione dei passaggi formali che l’ISS dovrà svolgere per integrare la attività del valutatore cioè l’Autorità Competente al rilascio del provvedimento di VIA. Questi 5 limiti, tutti insieme, potranno comportare una sostanziale non applicazione di questo nuovo strumento di valutazione pur introdotto obbligatoriamente nel nostro ordinamento dalla nuova legge sopra descritta.
  • 11. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 11 CASO STUDIO: COME FUNZIONA LA VIS NELLA DGR LIGURE Chi propone la VIS e chi gestisce la istruttoria interna al procedimento di VIA Con DGR del 30/12/2016 n°1295 (5)la Regione Liguria ha approvato le linee guida per la Valutazione di Impatto sulla Salute nelle procedure di VIA e VAS. La VIS può essere proposta dal proponente o committente oppure dal Comune sul cui territorio si deve realizzare il piano, il programma o il progetto o è situato l’impianto, nonché dalle istituzioni chiamate ad esprimersi sul processo di valutazione o autorizzazione. La VIS viene realizzata dall’ASL territorialmente competente congiuntamente ad ARPAL e/o Aziende ospedaliere-IRCCS/Osservatori epidemiologici regionali, anche esterni alla Regione, che possono avvalersi del supporto scientifico delle Università e degli Istituti di ricerca pubblici. La VIS può essere proposta dal proponente o committente oppure dal Comune sul cui territorio si deve realizzare il piano, il programma o il progetto o è situato l’impianto, nonché dalle istituzioni chiamate ad esprimersi sul processo di valutazione o autorizzazione. La VIS viene realizzata dall’ASL territorialmente competente congiuntamente ad ARPAL e/o Aziende ospedaliere-IRCCS/Osservatori epidemiologici regionali, anche esterni alla Regione, che possono avvalersi del supporto scientifico delle Università e degli Istituti di ricerca pubblici. La valutazione degli effetti sulla salute nella procedura di VIA secondo la DGR Lo studio d’impatto ambientale (SIA) deve comprendere uno specifico capitolo che consenta al proponente di affrontare la componente ambientale salute pubblica e di proporre una valutazione degli impatti del progetto in esame. Occorre che lo studio si componga delle seguenti sezioni: 1. Descrizione delle emissioni/scarichi nelle matrici ambientali; Sezione 2. Valutazione della popolazione direttamente esposta; Sezione 3. Valutazione di impatto diretto; Sezione 3.1: Analisi della letteratura scientifica e stima degli impatti attesi; Sezione 3.2: Stato di salute ante-operam della popolazione esposta e stima di impatto in fase di cantiere, esercizio e dismissione; Sezione 3.3: Conclusione della valutazione di impatto diretto; Sezione 4. Valutazione della popolazione indirettamente esposta; Sezione 5. Valutazione di impatto indiretto; Sezione 6. Monitoraggi e mitigazioni. Qualora il proponente ritenga ed argomenti che gli impatti sono trascurabili, dovrà descrivere: a) la struttura ante-operam della popolazione esposta, con particolare riguardo ai gruppi vulnerabili e/o suscettibili di popolazione; b) la frequenza ante-operam degli indicatori di interesse nella sola popolazione esposta. In base a queste informazioni, alle stime di rischio ed alle variazioni dell’esposizione previste, il proponente deve calcolare gli impatti attesi in fase di cantiere, esercizio e dismissione, sia singoli, sia cumulati, precisando la metodologia di calcolo utilizzata e la popolazione di riferimento ed esplicitando il risultato, nonché descrivendo anche gli scenari che ha utilizzato per produrre la stima generale d’impatto. La stima d’impatto sanitario potrà essere prodotta utilizzando l’approccio (tossicologico e/o epidemiologico) appropriato. Oltre a produrre un effetto sulla salute della popolazione esposta direttamente alle emissioni dell’opera nelle diverse matrici ambientali, questa potrebbe influenzare altri determinanti della 5 http://iterg.regione.liguria.it/VisTutti.asp
  • 12. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 12 salute di una popolazione che può combaciare in tutto o in parte con quella direttamente esposta alle emissioni dell’opera stessa, per cui il proponente deve rendere un’analisi di tipo qualitativo per valutare se esiste una popolazione soggetta a variazioni positive o negative dei seguenti determinanti di salute: a) comportamenti e stili di vita; b) condizioni di vita e lavorative; c) fattori sociali; d) fattori economici; e) servizi. L’utilizzo degli strumenti informatizzati di VIS Rapida ( Strumenti di VIS Rapida / VISPA) e della Tabella 1 (ispirata agli strumenti Vispa) può facilitare il proponente nell’individuazione di tali variazioni. Il proponente, infine, deve descrivere la situazione ante-operam della popolazione esposta alle ricadute indirette dell’opera in termini di indicatori socioeconomici quali deprivazione, scolarità, occupazione, PIL pro-capite e fornire una valutazione, ove possibile quantitativa, degli impatti indiretti dell’opera sulla popolazione. L’utilizzo degli strumenti di VIS Rapida può facilitare il proponente nella stesura di questa descrizione. IL PARAMETRO SALUTE PUBBLICA NELL’ AIA Nella Direttiva 2010/75/UE al punto 2 articolo 3 la definizione di inquinamento ai fini del rilascio dell’AIA riguarda anche la possibilità di “nuocere alla salute umana”. A conferma che l’istruttoria che porta al rilascio dell’AIA riguarda la tutela della salute umana si veda: 1. il considerando 18 alla Direttiva prevede che tra gli obiettivi della stessa ci sia anche la necessità di autorizzazione a tutte quelle modifiche delle installazioni esistenti che possano avere significativi effetti negativi sulla salute umana o sull’ambiente senza un’autorizzazione concessa conformemente alla presente direttiva 2. le ispezioni non sono limitate a verificare il rispetto delle prescrizioni della autorizzazione ma devono anche monitorare l’impatto ambientale e quindi prevenire il rischio ambientale delle installazione soggette ad AIA. Tutto ciò si traduce in Piano di Ispezione e quindi di Monitoraggio che devono valutare i rischi ambientali distinguendo il criterio di rispetto delle condizioni di AIA da quello degli impatti potenziali e reali delle installazioni autorizzate sulla salute umana (paragrafo 4 articolo 23) Valutazione delle alternative tecniche e parametro salute In altri termini si trattava e si tratta di valutare le alternative tecnico gestionali (tenendo conto delle Migliori tecnologie disponibili - MTD) della installazione, scegliendo quelle più adeguata al quadro sanitario emerso dal Parere del Sindaco oltre dalla istruttoria di AIA e non solo ai report della UE e linee guida nazionali in materia. Questo è permesso dallo strumento amministrativo della norma di qualità ambientale (lettera i-nonies articolo 5 DLgs 152/2006) che non è altro che una serie di prescrizioni innovative, rispetto alla legge, e specifiche per il sito in questione. Questa Valutazione delle Alternative Tecnico Gestionali è disciplinata dal Decreto Ministeriale 1/10/2008 (Emanazione di linee guida in materia di analisi degli aspetti economici e degli effetti incrociati per le attività soggette ad AIA).
  • 13. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 13 Relativamente alla Valutazione di Impatto sulla Salute nei piani di monitoraggio previsti dall’aia Come afferma la Direttiva 2010/75/UE (paragrafo 4 articolo 23) le ispezioni delle installazione soggette ad AIA devono non solo verificare il rispetto delle prescrizioni contenute nella autorizzazione ma anche effettuare monitoraggi sui rischi sulla salute a prescindere dal rispetto delle prescrizioni autorizzatorie. Tale norma è ripresa dal comma 11-ter articolo 29-decies del DLgs 152/2016 (6). Facciamo parlare (anzi scrivere: pagina 8) il Rapporto 2016 sui controlli ambientali AIA/Seveso del Sistema Agenziale (ISPRA/ARPA/APPA): “Con il passare del tempo e con l’aumentare del numero degli impianti autorizzati, l’approccio alla programmazione è stato sempre più caratterizzato da una preventiva valutazione della criticità ambientale degli impianti soggetti a controllo, in accordo inoltre con gli esiti delle verifiche ispettive precedenti. Con l’entrata in vigore del d.lgs. 46/2014 tale impostazione è stata confermata, in particolare nell’art. 29-decies comma 11-ter, ove si definisce che <<… il periodo tra due visite in loco non deve superare un anno per le installazioni che presentano i rischi più elevati, tre anni per le installazioni che presentano rischi meno elevati, sei mesi per installazioni per le quali la precedente ispezione ha evidenziato una grave inosservanza delle condizioni di autorizzazione. Tale periodo é determinato, tenendo conto delle procedure di cui al comma 11-bis, lettera d), sulla base di una valutazione sistematica effettuata dalla Regione o dalla Provincia autonoma sui rischi ambientali delle installazioni interessate, che considera almeno: a) gli impatti potenziali e reali delle installazioni interessate sulla salute umana e sull'ambiente, tenendo conto dei livelli e dei tipi di emissioni, della sensibilità dell'ambiente locale e del rischio di incidenti; b) il livello di osservanza delle condizioni di autorizzazione; c) la partecipazione del gestore al sistema dell'Unione di ecogestione e audit (EMAS) (a norma del regolamento (CE) n. 1221/2009) …” 6 11-ter Il periodo tra due visite in loco non supera un anno per le installazioni che presentano i rischi più elevati, tre anni per le installazioni che presentano i rischi meno elevati, sei mesi per installazioni per le quali la precedente ispezione ha evidenziato una grave inosservanza delle condizioni di autorizzazione. Tale periodo è determinato, tenendo conto delle procedure di cui al comma 11-bis, lettera d), sulla base di una valutazione sistematica effettuata dalla Regione o dalla Provincia autonoma sui rischi ambientali delle installazioni interessate, che considera almeno: a) gli impatti potenziali e reali delle installazioni interessate sulla salute umana e sull'ambiente, tenendo conto dei livelli e dei tipi di emissioni, della sensibilità dell'ambiente locale e del rischio di incidenti; b) il livello di osservanza delle condizioni di autorizzazione; c) la partecipazione del gestore al sistema dell'Unione di ecogestione e audit (EMAS) (a norma del regolamento (CE) n. 1221/2009.
  • 14. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 14 PARTE II NORMATIVA SULLE INDUSTRIE INSALUBRI: I COMPITI DI SINDACI E ASL Seguendo da anni numerose vertenze ambientali in giro per l’Italia mi è spesso capitato di incontrare problematiche legate alle c.d. industrie insalubri di prima classe e di registrare come Sindaci e ASL non applichino correttamente la normativa che disciplina queste attività e come su questa normativa ci sia un confusione che spesso e volentieri è voluta. Vediamo quindi di chiarire quali sono le industrie insalubri, come vengono classificate, cosa devono fare i gestori di tali industrie, gli amministratori pubblici e gli enti di controllo tecnico secondo normativa e giurisprudenza… LA NORMATIVA E LE MODALITÀ DI CLASSIFICAZIONE DELLE INDUSTRIE COME INSALUBRI La classificazione di una industria insalubre di prima classe è soltanto un atto di ratifica ex lege in rapporto all’elenco del Decreto Ministeriale 5 settembre 1994 (per l'elenco vedi QUI). In altri termini se l’impresa in questione svolge una attività o detiene/tratta materiali e sostanze rientranti nell’allegato I a detto Decreto è automaticamente classificata insalubre. Quindi le autorità competenti (Asl sotto il profilo della istruttoria tecnica e il Sindaco titolare della funziona di massima Autorità Sanitaria sul Territorio) devono limitarsi a prendere atto di tale attività e applicare le seguenti chiarissime norme del testo unico sanitario (RD 27 luglio 1934 n° 165): Art. 216 “Le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute de gli abitanti sono indicate in un elenco diviso in due classi. La prima classe comprende quelle che debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni; la seconda, quelle che esigono speciali cautele per la incolumità del vicinato. Questo elenco, compilato dal Consiglio superiore di sanità, è approvato dal Ministro per l'interno, sentito il Ministro per le corporazioni (ora vedi Ministro Sanità e più recentemente della Salute n.d.r.), e serve di norma per l’esecuzione delle presenti disposizioni. Le stesse norme stabilite per la formazione dell’elenco sono seguite per iscrivervi ogni altra fabbrica o manifattura che posteriormente sia riconosciuta insalubre. Una industria o manifattura la quale sia inserita nella prima classe, può essere permessa nell’abitato, quante volte l’industriale che l’esercita provi che, per l’introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca nocumento alla salute del vicinato. Chiunque intende attivare una fabbrica o manifattura, compresa nel sopra indicato elenco, deve quindici giorni prima darne avviso per iscritto al podestà (ndr vedi ora il Sindaco), il quale, quando lo ritenga necessario nell’interesse della salute pubblica, può vietarne la attivazione o subordinarla a determinate cautele.” Art. 217 “Quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o fabbriche, possono riuscire di pericolo o di danno per la salute pubblica, il podestà prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno o il pericolo e si assicura della
  • 15. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 15 loro esecuzione ed efficienza. Nel caso di inadempimento il podestà (ora il Sindaco n.d.r.) può provvedere di ufficio nei modi e termini stabiliti nel testo unico della legge comunale e provinciale.” COME INTERPRETARE L’ELENCO DI INDUSTRIE INSALUBRI DI PRIMA CLASSE DEL DECRETO 5 SETTEMBRE 1994: ESEMPI L'elenco è suddiviso per sostanze utilizzate (sottoallegato A, prodotti sottoallegato B, categorie di attività sottoallegato C). Molte di queste categorie di attività vanno lette insieme con le sostanze utilizzate nel processo produttivo di cui al sottoallegato A. Quindi non è facile distinguere, ad esempio, in un atto politico di principio come può essere un ordine del giorno di un Consiglio Comunale, che inevitabilmente non può avere avuto una istruttoria adeguata. Vi faccio un esempio: la categoria 15 tra le attività riguarda le industrie chimiche dove c'è scritto: : "produzioni anche per via petrolchimica non considerate nelle altre voci". Ora le “altre voci” come dice la legge si perdono nell'elenco del sottoallegato B quello sul tipo di prodotti realizzati dalla attività e/o impianto. Quindi distinguere per singole attività la eventuale esclusione può essere fatto solo dopo adeguata istruttoria e non certo in un atto politico (mozione) del consiglio altrimenti si rischia di ammettere non volendo attività potenzialmente inquinanti tanto quanto i rifiuti, per esempio, ma sono solo esempi ovviamente: concerie, recupero di auto rottamate etc. L’istruttoria verrà svolta dagli uffici e dalla giunta inserendo una norma specifica nel nuovo PUC o nella Variante e/o Regolamento ad hoc che dovranno essere motivate adeguatamente ricordando che cmq: “le scelte urbanistiche dettate dall’Amministrazione comunale mediante la relativa strumentazione piano regolatore costituiscono valutazioni connotate da amplissima discrezionalità, sottratte come tali al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto abnormi ovvero da manifesta irragionevolezza” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 ottobre 2013, n.5114). N COSA SUCCEDE QUANTO UNA ATTIVITÀ E/O IMPRESA È CLASSIFICATA INSALUBRE Quando invece occorre applicare quanto previsto dal comma 5 articolo 216 sopra riportato (verificare che l’azienda non rechi nocumento al pubblico) occorre che tale verifica sia fatta in concreto per dimostrare la pericolosità effettiva o meno dell’azienda. Non solo ma l’ industria che abbia adottato certi accorgimenti tecnici – o speciali cautele – che l’abbiano resa meno inquinante, o meno pericolosa, o meno nociva per l’ambiente esterno ed il vicinato, non perde affatto le «caratteristiche» di industria insalubre. Quindi occorrerebbe predisporre regolamenti e protocolli che monitorizzino in continuo questi impianti secondo l'evoluzione: - del contesto del sito in cui operano, - la normativa ambientale che ne disciplina le emissioni e i rischi - le tecnologie che li caratterizzano, - le modifiche nella gestione del ciclo di attività. Afferma la Circolare del 19 marzo 1982, n. 19, prot. n. 403/8.2/459, Ministero della Sanità - Direzione Generale dei Servizi di Igiene Pubblica Div. III, pag. 2 u.c: “…la classificazione delle lavorazioni insalubri non può e non deve rimanere fine a se stessa esaurendosi in un mero automatismo burocratico” ma occorre: “… un esame specifico e puntuale (il quale) non può essere
  • 16. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 16 realisticamente effettuato - in dettaglio - che dall’autorità locale”. Il Ministero prosegue affermando: “E’ evidente che qualora da tale esame risulti che le cause d’insalubrità potenziale, che hanno determinato l’inclusione dell’attività nella Prima classe dell’elenco, sono state eliminate o quantomeno ridotte in termini accettabili si applica il caso previsto dal 5° comma dell’art. 216 T.U.LL.SS.”. Tutto ciò risulta ancora più necessario quando la attività produce disagi di tipo ambientale e sanitario ai residenti degli edifici limitrofi. I POTERI/DOVERI DEL SINDACO PER LE INDUSTRIE INSALUBRI La giurisprudenza del Consiglio di Stato chiarisce quale ruolo del Sindaco in materia di industrie insalubri e come esercitarlo, si veda: 1. Consiglio di Stato Sez. III, n. 4687, del 24 settembre 2013: “Spetta al sindaco, all’uopo ausiliato dall’unità sanitaria locale, la valutazione della tollerabilità o meno delle lavorazioni provenienti dalle industrie classificate “insalubri”, e l’esercizio di tale potestà può avvenire in qualsiasi tempo e, quindi, anche in epoca successiva all'attivazione dell’impianto industriale e può estrinsecarsi con l’adozione in via cautelare di interventi finalizzati ad impedire la continuazione o l’evolversi di attività che presentano i caratteri di possibile pericolosità, per effetto di esalazioni, scoli e rifiuti e ciò per contemperare le esigenze di pubblico interesse con quelle dell'attività produttiva “ 2. Consiglio di Stato, Sez, V, n. 6264, del 27 dicembre 2013: “Spetta al Sindaco, all'uopo ausiliato dalla struttura sanitaria competente, il cui parere tecnico ha funzione consultiva ed endoprocedimentale, la valutazione della tollerabilità, o meno, delle lavorazioni provenienti dalle industrie cosiddette "insalubri", l'esercizio della cui potestà potendo avvenire in ogni tempo e potendo esplicarsi mediante l'adozione, in via cautelare, di interventi finalizzati ad impedire la continuazione o l'evolversi di attività aventi carattere di pericolosità”. Come si vede la giurisprudenza è chiara il Sindaco è titolare delle funzioni di controllo sulle industrie insalubri e non può scaricare le responsabilità sulle eventuali omissioni dell'ASL. Questo significa che sta al Sindaco formalizzare richiesta all'ASL di svolgere i controlli e se questa ultima non li svolge o non li può svolgere utilizzare altri soggetti sia pubblici (Istituto Superiore Sanità, Università) che privati (professionisti in epidemiologia ambientale). IL COMPORTAMENTO OMISSIVO DEL SINDACO NELL’APPLICARE LA NORMATIVA SULLE INDUSTRIE INSALUBRI NEL SENSO SOPRA ESPOSTO PUÒ ESSERE GIUSTIFICATO DAL RILASCIO DELLE AUTORIZZAZIONI AMBIENTALI DI SETTORE. Non solo per quelle con istruttoria più complessa (AIA) ma anche per quelle relative ad impianti minori ma che rientrano comunque nelle industrie classificabili insalubri (Autorizzazione Unica Ambientale: AUA). Infatti il DPR 133/3/2013 n. 59 (Regolamento recante la disciplina dell'autorizzazione unica ambientale) all’articolo 3 elenca le autorizzazioni settoriali assorbite dall’AUA: a) autorizzazione agli scarichi di cui al capo II del titolo IV della sezione II della Parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
  • 17. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 17 b) comunicazione preventiva di cui all'articolo 112 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari e delle acque reflue provenienti dalle aziende ivi previste; c) autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti di cui all'articolo 269 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; d) autorizzazione generale di cui all'articolo 272 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; e) comunicazione o nulla osta di cui all'articolo 8, commi 4 o comma 6, della legge 26 ottobre 1995, n. 447; f) autorizzazione all'utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99; g) comunicazioni in materia di rifiuti di cui agli articoli 215 e 216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Risulta chiaramente dal suddetto elenco come la lettera della legge non faccia alcun riferimento ai poteri del Sindaco come Autorità Sanitaria ai sensi dell’articolo più volte citato sopra. Quindi restano pienamente i poteri del Sindaco in materia di industrie insalubri. Quanto sopra vale anche per altre procedure autorizzatorie minori come la Procedura Abilitativa Semplificata per gli impianti alimentati da energia rinnovabile o assimilata. L’articolo 6 del DLgs 28/2011 al comma 2, già citato, prevede che nella dichiarazione del proponente la PAS si debba dimostrare il rispetto oltre che delle norme urbanistiche dell’area interessata dal progetto (come esaminato per la Omissione 1) anche le “norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie”. Stesso discorso per l’autorizzazione unica degli impianti da fonti rinnovabili di cui all’articolo 1 del DLgs 387 del 2003. INDUSTRIE INSALUBRI E POTERI DEL SINDACO : UN NUOVO RUOLO DELL’IGIENE AMBIENTALE DELLE ASL Per le questioni ambientali che si protraggono nel tempo occorre cambiare rotta Predisporre rapporti sul potenziale impatto sanitario delle emissioni dall’impianto in oggetto, vale a dire almeno un confronto tra: 1. Descrizione delle caratteristiche dell’impianto, dell’area e della popolazione potenzialmente esposta. Vale a dire: Spazi, locali, impiantistica in base alla tipologia attività, scarichi e approvvigionamento idrico, gestione acque meteoriche, emissioni in atmosfera, impianti aerazione, ventilazione meccanica, condizionamento, valutazione area circostante all’impianto; 2. Valutazione del possibile impatto dell’impianto sulla salute della popolazione. Si tratta delle procedure di c.d. “health impact assessment” con le quali, sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili e considerando le relazioni esposizione-risposta già scientificamente conosciute, si valuta quale potrà essere l’impatto sanitario atteso dell’impianto sulla salute della popolazione; 3. Valutazione degli effetti sanitari dell’impianto ormai operativo sulla base dei primi due punti.
  • 18. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 18 Solo sviluppando i sopra elencati tre punti si possono comprendere: l’origine delle emissioni odorigene prevalenti, il rischio reale per la salute dei residenti, l’efficacia delle misure predisposte fino ad ora dal gestore dell’impianto INDUSTRIE INSALUBRI E PIANIFICAZIONE URBANISTICA DEL TERRITORIO COMUNALE La normativa sulle industrie Insalubri (ex Testo Unico Leggi Sanitarie del 1934) che deve uscire dal ghetto per essere invece inserita nella pianificazione comunale come peraltro confermato da una recente sentenza del Consiglio di Stato (vedi QUI) secondo la quale se è vero che normativa nazionale sulle industrie insalubri (articolo 216 del T.U. n.1265/1934) non prevede un divieto assoluto di collocazione di queste negli abitati, non è precluso né illogico fissare con norme regolamentari parametri più rigorosi di quelli rinvenibili nell’art.216 del T.U. n.1265/1934 al fine di conseguire una più intensa tutela della salute pubblica (Consiglio di Stato sez. V sentenza n.338/1996). A conforto di quanto sopra c’è la giurisprudenza amministrativa in materia. Si veda recentemente Consiglio di Stato (con sentenza 27/5/2014 n. 2751) ha avuto modo di affermare autorevolmente: 1. l’opportunità di una diversa ubicazione se l’impianto è sotto i 500 metri dagli abitati 2. la possibilità di ricollocare l’impianto se non corrisponde ad un adeguato livello occupazionale comparabile con i rischi ambientali sanitari e i danni economici alle abitazioni e ai residenti 3. la possibilità di utilizzare le norme tecniche attuative di un piano urbanistico comunale per stabilire distanze di sicurezza adeguate (la sentenza fa riferimento a distanze sopra i 100 metri) per le industrie insalubri di 1^ classe rispetto ai confini di zone residenziali o da preesistenti edifici destinati a residenza UN REGOLAMENTO COMUNALE SULLA GESTIONE DELLE INDUSTRIE INSALUBRI: CONTENUTI IN SINTESI 1. I Comuni determinano i criteri di localizzazione e le condizioni per l’attivazione delle industrie classificate insalubri, nonché la disciplina del relativo procedimento. 2. Chiunque intenda attivare una fabbrica o un’industria compresa nell’elenco delle industrie insalubri deve presentare, anche su supporto informatico, istanza almeno quarantacinque giorni prima di dare inizio alla messa in esercizio degli impianti . 3. L’istanza deve essere presentata all’Amministrazione Comunale e, in particolare, laddove costituito , allo sportello unico (SUAP), corredata da documentazione idonea a descrivere il ciclo produttivo e dall’elenco delle sostanze utilizzate nel ciclo lavorativo stesso. 4. L’amministrazione comunale si pronuncia sull’istanza entro 30 giorni dalla presentazione della stessa, decorsi i quali l’istante può dare avvio all’attività, fatti salvi i poteri di controllo previsti dalla normativa vigente. 5. Ai fini dell’assunzione delle decisioni, l’Amministrazione comunale si avvale dell’ASL, dell’ARPA e degli organismi tecnici a livello territoriale di cui intenda avvalersi. ASL deve produrre appositi Report di valutazione dell'impianto sanitario potenziale sulla base del contenuto della istanza di
  • 19. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 19 cui al punto 3 6. Nei casi in cui non si ravvisi la presenza di tutte le condizioni necessarie a garantire la tutela della salute pubblica, l’amministrazione comunale può vietare l’attivazione dell’industria o, subordinarla all’adozione di particolari cautele e misure atte ad assicurare le condizioni richieste. In quest’ultimo caso, il titolare dell’impianto dovrà fornire, nei termini assegnatigli, opportuna prova dell’adozione delle misure richieste. 7. al regolamento può essere accompagnato un protocollo operativo (da concordare con ASL o in mancanza altri soggetti con competenze di epidemiologia ambientale) per il monitoraggio dell'impatto sanitario delle industrie insalubri una volta installate sul territorio comunale COME FINANZIARE LA ATTIVITÀ DI CONTROLLO-PIANIFICAZIONE DELLE INDUSTRIE INSALUBRI: L’ONERE ECOLOGICO La normativa sul c.d. onere ecologico nelle pratiche di rilascio dei permessi di costruire. Tale onere è previsto dall'articolo 19 (L) del testo unico edilizia in relazione ad attività industriali artigianali. Recita questo articolo 19: “Contributo di costruzione per opere o impianti non destinati alla residenza 1. Il permesso di costruire relativo a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi comporta la corresponsione di un contributo pari alla incidenza delle opere di urbanizzazione, di quelle necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi e di quelle necessarie alla sistemazione dei luoghi ove ne siano alterate le caratteristiche. La incidenza di tali opere è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base a parametri che la regione definisce con i criteri di cui al comma 4, lettere a) e b) dell’articolo 16 (7 ), nonché in relazione ai tipi di attività produttiva.” Secondo il Consiglio di Stato (Sentenza 2717 del 2014) questo contributo va interpretato come un onere sull'impatto complessivo che l'attività autorizzata ha su un territorio. Afferma la sentenza: 1. il Comune può imporre, ai titolari della attività autorizzata, nuovi oneri di tutela ambientale anche se sia già intervenuta apposita convenzione tra gli stessi e la Amministrazione Comunale. Non solo ma questi oneri possono riguardare ulteriori elementi oltre al trattamento delle emissioni dovute alla attività industriale e artigianale. 2. L’onere ecologico può essere imposto anche successivamente al rilascio del permesso di costruire 3. L’onere ecologico può essere imposto successivamente alla firma di convenzioni o al rilascio del permesso di costruire anche nel caso in cui l’Amministrazione Comunale non lo avesse applicato in precedenza per errore 4. l’onere ecologico è applicabile anche se la eventuale convenzione tra il privato concessionato e la Amministrazione non lo prevedeva 7 a) all'ampiezza ed all'andamento demografico dei comuni; b) alle caratteristiche geografiche dei comuni;
  • 20. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 20 5. l’onere ecologico non è finalizzato ad imporre la copertura di spesa di opere che sono comunque dovute in quanto realizzazioni di urbanizzazioni primarie“ 6. l’onere ecologico riguarda solo le attività industriali a prescindere dalle dimensioni (rileva solo l’impatto potenziale e reale su ambiente e salute) e l’assolvimento dello stesso non comprende quelle opere che sono comunque dovute per leggi specifiche 7. l’onere ecologico quindi va commisurato agli effetti inquinanti complessivi che l’attività industriale produce. Ovviamente la applicazione dell’onere ecologico sopra descritto dovrà essere, soprattutto nel suo ammontare, adeguatamente motivato. Tutto ciò apre una scommessa importante non solo per le Regioni (che devono fissare ex lege i criteri per quantificare l’onere) ma anche per i Comuni che dovranno meglio definire i parametri di qualità e gli obiettivi di prevenzione nella tutela di ambiente e salute della loro circoscrizione territoriale, attraverso: a. i loro strumenti di pianificazione del territorio, b. la loro attività di programmazione dei controlli sulle attività esistenti e le modifiche delle stesse c. la loro attività di conoscenza della qualità dell’ambiente e dei rischi presenti nella loro circoscrizione territoriale di competenza. CASO STUDIO : PROPOSTA DI REGOLAMENTO INDUSTRIE INSALUBRI COMUNE DI SCARPERIA E SAN PIERO Premessa L’attuale REGOLAMENTO URBANISTICO del Comune Adottato con delibera del Consiglio comunale 20 Aprile 2009, n. 9 all’articlo 72 contiene varie indicazioni per misure di mitigazione ambientali ma relativamente al parametro salute pubblica con particolare riferimento alla industrie insalubri così come classificate dal DM del 1994 non contiene indicazioni specifiche se non in relazione all’inquinamento elettromagnetico. Con il presente contributo si vuole proporre di introdurre nel regolamento urbanistico un nuovo articolo (72-bis)
  • 21. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 21 Presentazione della proposta di articolo da inserire nel regolamento urbanistico I comuni determinano i criteri di localizzazione e le condizioni per l’attivazione delle industrie classificate insalubri, nonché la disciplina del relativo procedimento. Chiunque intenda attivare una fabbrica o un’industria compresa nell’elenco delle industrie insalubri deve presentare, anche su supporto informatico, istanza almeno quarantacinque giorni prima di dare inizio alla messa in esercizio degli impianti . L’istanza deve essere presentata all’amministrazione comunale e, in particolare, laddove costituito , allo sportello unico (SUAP), corredata da documentazione idonea a descrivere il ciclo produttivo e dall’elenco delle sostanze utilizzate nel ciclo lavorativo stesso. L’amministrazione comunale si pronuncia sull’istanza entro 30 giorni dalla presentazione della stessa, decorsi i quali l’istante può dare avvio all’attività, fatti salvi i poteri di controllo previsti dalla normativa vigente. Ai fini dell’assunzione delle decisioni, l’Amministrazione comunale si avvale dell’ASL, dell’ARPA e degli organismi tecnici a livello territoriale di cui intenda avvalersi. Nei casi in cui non si ravvisi la presenza di tutte le condizioni necessarie a garantire la tutela della salute pubblica, l’amministrazione comunale può vietare l’attivazione dell’industria o, subordinarla all’adozione di particolari cautele e misure atte ad assicurare le condizioni richieste. In quest’ultimo caso, il titolare dell’impianto dovrà fornire, nei termini assegnatigli, opportuna prova dell’adozione delle misure richieste. Fondamento normativo della proposta Articolo 7 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 Art. 7. Regolamenti 1. Nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dello statuto, il comune e la provincia adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per l'organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l'esercizio delle funzioni. Articolo 23 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, 23. Conferimento di funzioni ai comuni 1. Sono attribuite ai comuni le funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l'ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi, ivi incluso il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie. 2. Nell'ambito delle funzioni conferite in materia di industria dall'articolo 19, le regioni provvedono, nella propria autonomia organizzativa e finanziaria, anche attraverso le provincie, al coordinamento e al miglioramento dei servizi e dell'assistenza alle imprese, con particolare riferimento alla localizzazione ed alla autorizzazione degli impianti produttivi e alla creazione di aree industriali. L'assistenza consiste, in particolare, nella raccolta e diffusione, anche in via telematica, delle informazioni concernenti l'insediamento e lo svolgimento delle attività produttive nel territorio regionale, con particolare riferimento alle normative applicabili, agli strumenti agevolativi e all'attività delle unità
  • 22. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 22 organizzative di cui all'articolo 24, nonché nella raccolta e diffusione delle informazioni concernenti gli strumenti di agevolazione contributiva e fiscale a favore dell'occupazione dei lavoratori dipendenti e del lavoro autonomo. 3. Le funzioni di assistenza sono esercitate prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive anche avvalendosi delle strutture tecnico-organizzative dei consorzi di sviluppo industriale di cui all'articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317. Articolo 64 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, i comuni determinano i criteri di localizzazione e le condizioni per l’attivazione delle industrie classificate insalubri, nonché la disciplina del relativo procedimento nel rispetto dei principi di cui agli articoli 6 e 7. Art. 64 Salvo quanto è stabilito dall'articolo precedente (depositi oli minerali), le manifatture, le fabbriche e i depositi di materie insalubri o pericolose possono essere impiantati ed esercitati soltanto nei luoghi e con le condizioni determinate dai regolamenti locali. In mancanza di regolamenti il Sindaco provvede sulla domanda degli interessati. Gli interessati possono ricorrere al Prefetto che provvede, sentito il consiglio provinciale sanitario, e, se occorre, l'ufficio del genio civile. Regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 Testo unico delle leggi sanitarie relativamente agli articoli 216, 217 e 218 Art. 216 Le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute de gli abitanti sono indicate in un elenco diviso in due classi. La prima classe comprende quelle che debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni; la seconda, quelle che esigono speciali cautele per la incolumità del vicinato. Questo elenco, compilato dal Consiglio superiore di sanità, è approvato dal Ministro per l'interno, sentito il Ministro per le corporazioni, e serve di norma per l'esecuzione delle presenti disposizioni. Le stesse norme stabilite per la formazione dell'elenco sono seguite per iscrivervi ogni altra fabbrica o manifattura che posteriormente sia riconosciuta insalubre. Una industria o manifattura la quale sia inserita nella prima classe, può essere permessa nell'abitato, quante volte l'industriale che l'esercita provi che, per l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca nocumento alla salute del vicinato. Chiunque intende attivare una fabbrica o manifattura, compresa nel sopra indicato elenco, deve quindici giorni prima darne avviso per iscritto al podestà, il quale, quando lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, può vietarne la attivazione o subordinarla a determinate cautele. Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa da L. 40.000 a L 400.000. Art. 217 Quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o fabbriche, possono riuscire di pericolo o di danno per la salute pubblica, il podestà prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno o il pericolo e si assicura della loro esecuzione ed efficienza. Nel caso di inadempimento il podestà può provvedere di ufficio nei modi e termini stabiliti nel testo unico della legge comunale e provinciale. Art. 218 I regolamenti locali di igiene e sanità stabiliscono le norme per la salubrità dell'aggregato urbano e rurale e delle abitazioni, secondo le istruzioni di massima emanate dal Ministro per l'interno.
  • 23. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 23 Circolare del 19 marzo 1982, n. 19, prot. n. 403/8.2/459, Ministero della Sanità - Direzione Generale dei Servizi di Igiene Pubblica Div. III, pag. 2 u.c secondo la quale “…la classificazione delle lavorazioni insalubri non può e non deve rimanere fine a se stessa esaurendosi in un mero automatismo burocratico” ma occorre: “… un esame specifico e puntuale (il quale) non può essere realisticamente effettuato - in dettaglio - che dall’autorità locale”. Il Ministero prosegue affermando: “E’ evidente che qualora da tale esame risulti che le cause d’insalubrità potenziale, che hanno determinato l’inclusione dell’attività nella Prima classe dell’elenco, sono state eliminate o quantomeno ridotte in termini accettabili si applica il caso previsto dal 5°comma dell’art. 216 T.U.LL.SS.”. Introduzione articolo 72-bis al Regolamento Urbanistico La Procedura per il Parere Sanitario del Sindaco in materia di industrie insalubri nuove ed esistenti 1. Il presente articolo disciplina le competenze del Comune in materia di industria insalubri di prima classe 2. Le industrie o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in alcun modo pericolose alla salute degli abitanti sono indicate in un elenco approvato con Decreto Ministero Sanità 5 settembre 1994 3. Chiunque intenda attivare, una fabbrica o un’industria compresa nell’elenco di cui all’articolo 2 deve presentare, anche su supporto informatico, istanza almeno quarantacinque giorni prima di dare inizio alla messa in esercizio degli impianti 4. Chi gestisce una attività esistente che rientra nell’elenco di cui al comma 2 deve entro 60 giorni da apposita richiesta del Sindaco presentare la documentazione di cui al successivo comma 5 5. L’istanza deve essere presentata all’amministrazione comunale corredata da documentazione idonea a descrivere il ciclo produttivo e dall’elenco delle sostanze utilizzate nel ciclo lavorativo stesso. 6. L’amministrazione comunale esprime parere sull’istanza di cui al comma 3 sulla documentazione di cui al comma 4 entro 30 giorni dalla presentazione della stessa, ferme restando le autorizzazioni nulla osta e altri provvedimenti disciplinati dalla vigente normativa nazionale e regionale 7. Ai fini del rilascio del parere, l’Amministrazione comunale si avvale dell’ASL, dell’ARPAT e degli organismi tecnici e scientifici a livello territoriale di cui intenda avvalersi. 8. Il Parere di cui al comma 6 dovrà rispettare i principi e le destinazioni funzionali della vigente Pianificazione urbanistica comunale e sovraordinata comprese quelle relative all’uso produttivo a fini di industria e artigianato 9. Nei casi in cui non si ravvisi la presenza di tutte le condizioni necessarie a garantire la tutela della salute pubblica o di contrasto con le norme della pianificazione urbanistica comunale e sovraordinata vigente, l’amministrazione comunale può vietare l’attivazione dell’industria o, subordinarla all’adozione di particolari cautele e misure atte ad assicurare le condizioni richieste. In quest’ultimo caso, il titolare dell’impianto dovrà fornire, nei termini assegnatigli, opportuna prova dell’adozione delle misure richieste. 10. Il parere sanitario dovrà prevedere: a) una valutazione della rilevanza sanitaria delle emissioni dell’impianto b) una valutazione dello stato sanitario della popolazione interessata c) una valutazione dello stato e della evoluzione del contesto urbanistico interessato dall’impianto d) una valutazione dei rischi di incidenti rilevanti dall’impianto
  • 24. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 24 Parametri per l’istanza di attivazione di industria insalubre e la documentazione per le industrie insalubri esistenti 1. Destinazione d'uso "I - Industriale/Artigianale" dei locali in cui si insedia l'attività di industria insalubre; 2. Assenza della dichiarazione, con specifica ordinanza sindacale, di inagibilità dei locali in cui viene insediata l'attività, o, nel caso di precedente dichiarazione di inagibilità degli stessi, successivo deposito di certificato di agibilità atto a superare l'ordinanza; 3. Rispetto dei requisiti igienico - edilizi richiamati dal Regolamento urbanistico e/o edilizio, nonché dalla normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e, se sono trattati anche alimenti, dalla vigente normativa comunitaria, nazionale e regionale in materia; 4. Rispetto dei limiti acustici previsti dalla relativa zonizzazione territoriale, attestato da certificazione di impatto acustico, redatta da un tecnico abilitato iscritto in apposito albo a meno che l'attività non rientri tra quelle escluse dall'obbligo di presentazione dell'impatto acustico; 5. Rispetto delle norme ambientali e relativo possesso di Autorizzazione Unica Ambientale qualora l'impresa sia soggetta all'ottenimento delle stesse ai sensi del DLgs. 152/2006 e del D.P.R. 59/2013; 6. Adempimento degli obblighi prescritti dalla normativa antincendio. Criteri per stimare la criticità connessa al rilascio di sostanze pericolose anche al fine di poter effettuare il parere sanitario del Sindaco 1. conoscenza approfondita dei recettori ambientali presenti nella zona; 2. valutazione dei tempi di intervento da parte delle unità di soccorso; 3. presenza nell’azienda di un programma di controllo e manutenzione dello stato di integrità degli impianti 4. allestimento di procedure per la gestione di misure di emergenza. 5. criteri per stimare la criticità connessa al trasporto di merci e sostanze pericolose quali: a) compatibilità con il carico sul traffico stradale ordinario; b) separazione tra viabilità utilizzata per l’accesso all’attività produttiva e quella per arrivare all’elemento vulnerabile; c) presenza di una doppia viabilità indipendente di accesso all’attività produttiva; d) presenza di una doppia viabilità indipendente di accesso all’elemento vulnerabile; e) frequenti trasporti di merci pericolose; f) intralcio della viabilità utilizzata dai mezzi di soccorso (VVF, 118) in caso di incidente nell’attività; g) classificazione delle sostanze presenti nell’attività (in particolare quelle pericolose per l’ambiente); h)la tipologia di scenario incidentale potenzialmente attesa; i)- il carico indotto dall’attività produttiva sulle infrastrutture di trasporto.
  • 25. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 25 PARTE III COME APPLICARE LA NORMATIVA SULL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO ALLE EMISSIONI ODORIGENE PREMESSA: LE EMISSIONI ODORIGENE DIVENTA EX LEGE INQUINAMENTO ATMOSFERICO Fino ad ora le emissioni odorigene erano considerate inquinamento ai sensi della Parte V del DLgs 152/2006 (testo unico ambientale) solo per la giurisprudenza. Nel frattempo nel 2017 è stato introdotto nel DLgs 152/2006 l’articolo 272-bis che disciplina le modalità con le quali le Regioni (con apposite linee guida) possono definire i parametri affinché le autorità competenti a rilasciare le autorizzazioni alle emissioni possano imporre prescrizioni e limiti specifici alle emissioni odorigene. Infine con il Decreto Legislativo 30 luglio 2020, n.102 le emissioni odorigene sono entrate pienamente nelle definizioni del DLgs 152/2006 articolo 268: “f-bis) emissioni odorigene: emissioni convogliate o diffuse aventi effetti di natura odorigena;”. In questo modo se fino a questa ultima norma, molto dipendeva dalle interpretazioni della giurisprudenza oppure dalla discrezionalità delle Regioni Province nell’applicare l’articolo 272-bis ora non ci sono più scuse! Le emissioni odorigene sono inquinamento atmosferico per legge e vanno sempre disciplinate in qualsiasi autorizzazione su emissioni aeriformi e non farlo può comportare un comportamento omissivo da parte della Pubblica Amministrazione competente. Non solo ma una volta disciplinate dette emissioni se le prescrizioni sono violate le autorità competenti devono attivarsi per farle rispettare senza scuse come “la difficoltà di misurare gli odori o stabilire limiti agli odorigeni” Vediamo più precisamente la descrizione di detta giurisprudenza e successiva normativa sopra sintetizzata. LA GIURISPRUDENZA SULLE EMISSIONI ODORIGENE COME INQUINAMENTO ATMOSFERICO Secondo la univoca ormai giurisprudenza in materia, le prescrizioni della autorizzazione che limitano le emissioni diffuse o convogliate riguardano anche le emissioni odorigene a prescindere dal fatto che per queste ultime siano o meno stati determinati degli specifici limiti delle concentrazioni odorigene. Quindi se vengono violate le prescrizioni autorizzatorie relative alle emissioni diffuse in una situazione dove queste si accompagnano ad emissioni odorigene ci sono gli estremi per l’esercizio del potere di diffida e di revoca della autorizzazione stessa. Per cui è inammissibile che una volta ammessa l’esistenza di emissioni odorigene insieme con emissioni diffuse in violazione delle prescrizioni autorizzatorie si permetta ad un impianto di riaprire la propria attività in attesa di un ipotetico progetto di risanamento tutto da definire. Come ha spiegato il Consiglio di Stato (sentenza n° 4588 del 10/9/2014) in base al principio di precauzione, applicabile anche alle emissioni odorigene, se c’è un rischio sanitario in atto anche potenziale la attività va sospesa quanto meno per permettere gli interventi adeguati per eliminare le emissioni più fastidiose. In caso contrario il principio di leale collaborazione tra imprese e cittadini diventa una scusa per continuare a produrre fastidi. Per cui con questa sentenza il Consiglio di Stato afferma il seguente principio generale: la tutela della salute e dell’ambiente richiede da parte di amministratori e tecnici degli enti pubblici
  • 26. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 26 competenti una volontà di analizzare nel merito i rischi per la popolazione delle attività inquinanti a prescindere dal rispetto formale di autorizzazioni e procedure settoriali. LA NOVITÀ INTRODOTTA DL DLGS 183/2017 Il DLGS 183/2017 (Attuazione della direttiva (UE) 2015/2193 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa alla limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi, nonché per il riordino del quadro normativo degli stabilimenti che producono emissioni nell'atmosfera) ha introdotto un nuovo articolo nel testo unico ambientale (Parte V relativa alla tutela della qualità dell’aria e alla disciplina delle emissioni aeriformi). Si tratta dell’articolo 272-bis. Premessa le autorità competenti Una precisazione quando nelle norme citate di seguito, nel presente post, si fa riferimento alle autorità competenti, per capire a quali enti specifici ci si rapporta occorre vedere la normativa delle singole regioni e come questa abbia ripartito le funzioni anche in materia di emissioni aeriformi tra Regione, Città Metropolitane/Province, Comuni e Arpa. In Liguria dette competenze restano alle Città Metropolitane e Province secondo la legge regionale 15/2015. In Emilia Romagna per fare un altro esempio le competenze autorizzatorie sono state in parte affidate alla Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale. Misure per la prevenzione e limitazione delle emissioni odorigene Secondo il nuovo articolo 272-bis del DLgs 152/2006 la normativa regionale o le autorizzazioni possono prevedere misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene a tutti gli impianti ed alle attività che producono emissioni in atmosfera. Tali misure possono anche includere, ove opportuno, alla luce delle caratteristiche degli impianti e delle attività presenti nello stabilimento e delle caratteristiche della zona interessata: a) valori limite di emissione espressi in concentrazione (mg/Nm³) per le sostanze odorigene; b) prescrizioni impiantistiche e gestionali e criteri localizzativi per impianti e per attività aventi un potenziale impatto odorigeno, incluso l'obbligo di attuazione di piani di contenimento; c) procedure volte a definire, nell'ambito del procedimento autorizzativo, criteri localizzativi in funzione della presenza di ricettori sensibili nell'intorno dello stabilimento; d) criteri e procedure volti a definire, nell'ambito del procedimento autorizzativo, portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento; e) specifiche portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unita' odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento, Inoltre resta fermo, in caso di disciplina regionale, il potere delle autorizzazioni di stabilire valori limite più severi con le modalità previste all'articolo 271 del DLgs 152/2006. Vediamo con quali modalità: 1. valutare misure più restrittive nel caso che dai piani e programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa emergano criticità ambientali e sanitarie.
  • 27. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/ [Digitare qui] [Digitare qui] 27 2. regolamentare i periodi di malfunzionamento e arresto degli impianti 3. nel caso di emissione di sostanza classificate come cancerogene e tossiche per l’organismo umano stabilire prescrizioni volte a consentire la stima delle quantità di tali sostanze emesse durante i periodi in cui si verificano anomalie o guasti o durante gli altri periodi transitori e fissare appositi valori limite di emissione, riferiti a tali periodi, espressi come flussi di massa annuali. 4. stabilire nella, per il monitoraggio delle emissioni anche odorigene di competenza del gestore, l'esecuzione di misure periodiche basate su metodi discontinui o l'utilizzo di sistemi di monitoraggio basati su metodi in continuo. Provvedimenti amministrativi e sanzioni penali in caso di violazioni di limiti di emissione e prescrizioni 1. prevedere se si verifica un'anomalia o un guasto tale da non permettere il rispetto di valori limite di emissione, l'autorità competente deve essere informata entro le otto ore successive e può disporre la riduzione o la cessazione delle attività o altre prescrizioni. 2. se si realizza quanto previsto al punto 1 occorre applicare la procedura di cui al comma 20-ter dell’articolo 271. Secondo questa procedura il gestore deve procedere al ripristino della conformità nel più breve tempo possibile. In tali casi, l'autorità competente impartisce al gestore prescrizioni dirette al ripristino della conformità, fissando un termine per l'adempimento, e stabilisce le condizioni per l'esercizio dell'impianto fino al ripristino. La continuazione dell'esercizio non é in tutti i casi concessa se la non conformità dei valori misurati ai valori limite prescritti può determinare un pericolo per la salute umana o un significativo peggioramento della qualità dell'aria a livello locale. Nel caso in cui il gestore non osservi la prescrizione entro il termine fissato si applica, per tale inadempimento, la sanzione prevista all'articolo 279, comma 2. 3. il reato ex articolo 279 si applica anche se si accerta una difformità tra i valori misurati e i valori limite prescritti, sulla base di metodi di campionamento e di analisi o di sistemi di monitoraggio in continuo delle emissioni Poteri di ordinanza delle autorità competenti Se si accerta, nel corso dei controlli effettuati da Arpa e ASL, la non conformità dei valori misurati ai valori limite prescritti, l'autorità competente impartisce al gestore, con ordinanza, prescrizioni dirette al ripristino della conformità nel più breve tempo possibile, sempre che tali prescrizioni non possano essere imposte sulla base di altre procedure previste dalla vigente normativa. La cessazione dell'esercizio dell'impianto deve essere sempre disposta se la non conformità può determinare un pericolo per la salute umana o un significativo peggioramento della qualità dell'aria a livello locale