5. Introduzione
Questo breve saggio si propone di descrivere, in maniera chiara, puntuale e
precisa, quali siano i modelli operativi da utilizzare nell’ambito della didattica
dell’italiano a stranieri. L’insegnamento della lingua italiana, per quanto questo
possa sembrare una materia ormai vecchia, pressata giorno dopo giorno sempre
di più dai calchi dall’inglese, dagli anglicismi e dai prestiti, è e rimane tuttora
una tra le lingue più studiate al mondo, soprattutto nei paesi anglofoni Per
comprendere meglio tali modelli bisogna tuttavia comprendere i passaggi che
hanno portato all’elaborazione di tali modelli: l’insegnamento dell’italiano come
L2, vale a dire come lingua non materna ha subìto, negli ultimi anni, una
considerevole rivalutazione; non solo a causa della sempre più numerosa
presenza di apprendenti di origine straniera, ma anche all’attenzione, data dalla
politica recente, alla questione dell’apprendimento dell’italiano per persone di
nazionalità estera, soprattutto di provenienza extraeuropea. L’insegnamento di
tale disciplina, difatti, costituisce la colonna portante su cui sono basati i processi
di apprendimento ma soprattutto di integrazione socio-comunitaria degli stranieri
residenti sul suolo italiano. E’ difatti ai docenti che si apprestano a svolgere il
loro insegnamento della lingua italiana che è dedicato questo breve saggio.
L’interazione docente-allievo ai fini dell’apprendimento fa parte della storia
dell’umanità, e tra i primi esempi che possiamo prendere in considerazione vi è
quello del dialogo socratico. In tale dialogo che ha luogo tra docente-discente, è
di fondamentale importanza la conversazione, operata mediante la maieutica. Il
maestro, infatti, si affianca al discepolo cercando, attraverso la riflessione ed un
dialogo mirato, di portare l’allievo a conoscenza di ciò che il maestro vuole far
apprendere. Lo strumento del dialogo socratico rimase in auge anche nel
medioevo periodo in cui venne utilizzato spesso nella cosiddetta lectio, la quale
prevedeva la discussione maestro-apprendente con una prospettiva euristica1
,
vale a dire attraverso l’assunzione di un’ipotesi come idea stimolatrice. Al
giorno d’oggi tale metodo non viene quasi più utilizzato tranne in rari casi; un
6. esempio sono le scuole di dottorato rappresentano un esempio di contesto in cui,
grazie all’elevata specializzazione degli allievi, è possibile un dialogo pari a pari
docenti-allievi e quindi si applica il dialogo socratico. Molto utilizzato invece
soprattutto nell’Ottocento - ed anche al giorno d’oggi come metodo di
apprendimento nei libri di lingue straniere - è il metodo grammaticale-deduttivo,
nel quale prima viene esposta la regola e poi vengono svolti esercizi
applicazione della regola stessa. Tale metodo segue il passaggio regola-
riflessione-elemento concettuale. È dunque l’esatto opposto del metodo induttivo
(il dialogo socratico) ove si ha il passaggio elemento concettuale-riflessione-
regola.
I modelli di cui ci occuperemo sono stati elaborati per la maggior parte in tempi
recenti a sostegno di alcune discipline tra le quali:
La linguistica;
La neurolinguistica;
La pedagogia;
La sociolinguistica;
La pragmatica.
I modelli operativi che prenderemo in considerazione nell’ambito della didattica
dell’italiano a stranieri sono:
1. La lezione;
2. L’unità didattica (e l’unità didattica testuale);
3. L’Unità di apprendimento;
4. I Learning Object;
5. Il modulo;
6. L’unità di lavoro.
9. E’ possibile sostituire il termine lezione con incontro, qualora si intenda la
lezione come il lasso di tempo che intercorre nell’incontro docente-apprendenti.
12. Fig. c
Tale metodo è valido anche per il contatto con i contenuti di una disciplina di
studio utilizzando le tre fasi (globalità-analisi-sintesi) e ponendo queste ultime
come fasi fondamentali del modello dell’unità didattica (indicata dalla sigla
U.D.). Le tre fasi principali dell’U.D. si articolano in un periodo che va dalle 4
alle 6 ore(6-8 ore per la scuola secondaria). Nell’arco di questo periodo
l’attenzione si focalizza su uno o più obiettivi glottodidattici. Alle tre fasi
fondamentali vanno poi aggiunte una all’inizio (motivazione) e due (riflessione e
controllo) dopo la fase di sintesi. L’andamento delle fasi sarà quindi costituito:
1. MOTIVAZIONE;
2. GLOBALITÀ;
3. ANALISI;
4. SINTESI;
5. RIFLESSIONE;
6. CONTROLLO (verifica da parte del docente).
A questo punto ci dobbiamo porre la seguente domanda:in che cosa consistono
tali fasi? Come già detto, esse rivestono un ruolo chiave all’interno dell’unità
didattica, e per essere precisi:
1. Motivazione: nella fase di motivazione vengono proposte attività di
13. brainstorming (tempesta di idee) al fine di elicitare le conoscenze
pregresse degli apprendenti sul tema trattato nell’ unità didattica;
2. Globalità: è l’incontro iniziale con il testo che viene analizzato nella sua
interezza a partire dal contesto;
3. Analisi: nella fase di analisi vengono svolte attività che portano
all’esplorazione del testo in tutte le sue caratteristiche: linguistiche,
testuali, pragmatiche… possono anche essere svolte attività di tipo
euristico o induttivo;
4. Sintesi: vengono reimpiegate le strutture ed i contenuti incontrati nel
testo mediante esercizi di ripetizione o discussioni;
5. Riflessione: attraverso il metodo induttivo (passaggio dal caso particolare
alla regola generale) vengono sistematizzati i fenomeni (linguistici e
culturali) incontrati nel testo;
6. Controllo: in questa fase il docente verifica se gli obiettivi glottodidattici
prefissati sono stati raggiunti, in caso affermativo si potrà passare
all’U.D. successiva, in caso negativo, dovranno essere effettuate attività
di rinforzo e di recupero.
Il percorso dell’unità didattica, articolato in queste sei fasi, è giustificato secondo
l’italianista Marcel Danesi dai processi mentali legati alla comprensione ed alla
produzione del linguaggio. Danesi sostiene infatti che i processi mentali di
apprendimento si svolgono nei due emisferi cerebrali secondo uno schema ben
preciso ed in particolare:
a. L’emisfero destro percepisce il messaggio nel suo insieme, nella sua
globalità;
b. L’emisfero sinistro percepisce meglio i singoli elementi con strategie
cognitive di tipo analitico, logico e sequenziale.
Dopo aver percepito l’input sia nel suo insieme (emisfero destro) sia nei singoli
elementi (emisfero sinistro) la mente umana entra nella fase intermodale, dove
entrambi gli emisferi lavorano per utilizzare autonomamente le informazioni
derivate dallo stimolo. In tale maniera sono giustificate le tre fasi fondamentali
dell’U.D. : GLOBALITÀ-ANALISI-SINTESI. Tale sequenza corrisponde anche
14. al principio di bidirezionalità emisferica.
GLOBALITÀ ANALISI SINTESI
(emisfero destro) (emisfero sinistro) (fase intermodale)
È opportuno ora chiedersi: per quali casi l’unità didattica è applicabile e per
quali non lo è ? Il modello dell’unità didattica è applicabile in molti casi perché:
a. Mette a fuoco la necessità di tenere conto dei processi mentali implicati
nell’apprendimento della L2 (lingua seconda);
b. Rende conto del fatto che l’acquisizione della L2 non avviene solo
nell’incontro con il docente, ma necessita anche di attività di lavoro
autonomo ed extrascolastico;
c. Contiene l’idea del carico di lavoro documentabile;
L’unità didattica è quindi l’unità di organizzazione del lavoro formativo,
articolata in momenti funzionali che ruotano intorno al testo, inteso come unità
fondamentale della comunicazione.
15. Capitolo 3
L’unità didattica testuale
Nel 2002 il linguista e semiologo italiano Massimo Vedovelli introdusse, nel suo
saggio sull’italiano L2 nella prospettiva del QCER, il concetto di modelli
operativi rivedendo in particolare l’unità didattica e spostando l’attenzione sulla
centralità del testo. Si afferma così il concetto di unità didattica testuale, nella
quale il testo acquisisce un ruolo dominante ai fini dello sviluppo delle
competenze linguistiche. L’input testuale offre modelli di lingua, di variabili
sociolinguistiche e pragmatiche;offre inoltre informazioni e stimoli per la
discussione. Se tutto ruota intorno al testo, è evidente che il micropercorso
costituito dall’unità didattica testuale (in sigla U.D.T.) fa riferimento alla
necessità di fornire le coordinate indispensabili per interpretare il testo. Alla base
dell’U.D.T. vi è quindi una fase di contestualizzazione al fine di arrivare al
riutilizzo dei materiali linguistici e quindi all’output comunicativo. L’unità
didattica testuale è così articolata:
1. CONTESTUALIZZAZIONE
2. LAVORO SULL’INPUT TESTUALE:
verifica della comprensione, riflessione sulle attività di comunicazione,
attività di rinforzo.
3. OUTPUT COMUNICATIVO
17. Capitolo 5
I Learning Objects
Possiamo definire i Learning Objects (in sigla L.O.) come una risorsa online per
l’apprendimento, purchè autonoma, riutilizzabile, facilmente rintracciabile e
condivisibile, composta da testi online con immagini e file audio. Deve essere
inoltre utilizzabile in pochi minuti dall’apprendente. Quali sono i vantaggi dei
Learning Objet? Intanto essi sono una risorsa didattica:
Modulare, ossia autonoma e indipendente;
Digitale, erogabile cioè a distanza;
Condivisibile, ossia utilizzabile in diversi formati (principio di
interoperabilità);
Facilmente reperibile;
Riutilizzabile, ossia avente la possibilità di essere usato infinite volte.
Il tempo entro il quale un L.O. deve essere utilizzato per impegnare il soggetto in
un’attività anche piuttosto breve (per esempio massimo per un quarto d’ora).
18. Capitolo 6
Il modulo
Possiamo definire il modulo come una parte significativa, altamente omogenea
ed unitaria, di un più esteso percorso formativo,disciplinare in grado di far
perseguire ben precisi obiettivi cognitivi verificabili, documentabili e
capitalizzabili. Il modulo è un percorso tematicamente organico che, per esempio
in ambito storico, letterario può riguardare un periodo storico o una corrente di
pensiero. Secondo Paolo Balboni, che descrive il modulo nell’ambito dei modelli
operativi comuni a tutte le situazioni glottodidattiche:
“più arduo è definire il modulo in discipline non segmentabili, basate sulla progressione per cui
nuovi elementi si accomodano accanto ai precedenti modificando continuamente la competenza,
tornando a spirale più volte su quanto acquisito1”.
La didattica per moduli è infatti una componente essenziale dell’educazione
permanente ( lifelong learning ). In particolare, il modello del modulo si
distingue per:
Autonomia: è infatti una sezione autosufficiente di un insieme di
contenuti;
Flessibilità: può essere composto da più unità didattiche;
Raccordabilità: la successione fra moduli può essere obbligata od
opzionale per consentire di organizzare percorsi reticolati alternativi;
Complessità: deve basarsi su ambiti comunicativi complessi;
Valutabilità: deve essere valutabile nel suo complesso in modo da poter
essere accreditato (secondo il principio della trasparenza dei saperi).
22. Bibliografia
Balboni, P.E, Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società complesse,
Torino, Utet, 2003.
Danesi M., Neurolinguistica e glottodidattica, Liviana, Padova, 1988.
Diadori P.,Palermo M., Troncarelli D., Insegnare l’italiano come seconda lingua,
Carocci, 2015.
Stumpf Karl, Psychologie und Erkenntnistheorie, Monaco, 1891.
Vedovelli M., L’italiano degli stranieri. Storia, attualità e prospettive ,Carocci,
2002.