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1. Dove va la pedagogia?
V EDIZIONE SUMMER
SCHOOL
TRENTO 2010
Ripensare i fondamenti della pedagogia
Nobile Elena
2. Ambito di ricerca
Filosofia dell’educazione
“sigillo formale del discorso pedagogico e
modello (discorsivo) della problematizzazione
radicale dei suoi problemi” (Cambi, F. 2004)
“il compito è quello di coordinare, animare,
organizzare-secondo una logica “dialettica”-il
sapere/agire educativo e mantenere aperti e in
costante tensione i problemi ricorrenti (Mariani,
A., 2009)
3. Questioni problematiche
Quali connotati assumono spazio e tempo,
coordinate dell’agire educativo, nell’epoca della
razionalità tecnologica?
Le tecnologie ci permettono di essere
contemporaneamente in più luoghi, ma questo ci
garantisce la prossimità relazionale all’altro e,
prima ancora a noi stessi?
Quale il posto riservato, in questo mondo, alle
persone apparentemente in ritardo, le persone
disabili?
4. Responsabilità del filosofo
dell’educazione
Affrontare l’emergenza educativa che caratterizza
il nostro esistere quotidiano sostando
pazientemente sulle situazioni particolari.
Situazioni a partire da cui risuona la necessità di
ripensare i presupposti epistemologici da un lato
e antropologici, assiologici ed etici dall’altro
della pedagogia.
5. Questione epistemologica
Che tipo di scienza è la pedagogia?
“arte dell’educazione” (Dewey, J., 1990)
“insieme di metodi sistematici di ricerca che, se
applicati su un insieme di fatti, ci fornisce una
migliore comprensione dell’evento” (Dewey, J.,
1990)
6. Questione metodologica
Quale metodo di ricerca?
Superamento dicotomia approccio
qualitativo/quantitativo e approdo ad un
approccio critico (Rowbottom, D.P.-Ainston,
S.J., 2006)
Passaggio dalla Research on Education alla
Educational Research (Elliot, J., 2006)
7. Educational Research come phronesis
Se l’Educational Research può essere pensata
come scienza pratica, essa è concettualizzabile
come phronesis:
“disposizione vera, ragionata, disposizione
all’azione avente per oggetto ciò che è bene e ciò
che è male per l’uomo … è disposizione all’azione
nel campo dei beni umani” (Aristotele, 1996)
8. Quale possibile paradigma?
Il paradigma, da assumere come iniziale ipotesi,
è quello della cura (fondamento ontologico in
Heidegger, declinato nella prassi educativa da
Granese, Conte e Mortari).
Cura intesa nei termini della Fürsorge
9. Questione antropologica
Chi è l’altro? E’ persona:
“avidità di presenza” caratterizzata da
padronanza e scelta (Mounier, E., 2004).
Attraverso la relazione con l’altro sviluppa
l’iniziativa “che giudica la situazione
trascendendola” (Pareyson, L. 1985) dando
inizio ad una nuova azione che determina non
tanto “l’inizio di qualcosa, ma di qualcuno”
(Arendt, H., 2006)
10. Quale autonomia?
Se con Heidegger il dasein è sempre Mit-dasein
allora
Il riconoscimento della dipendenza sociale è la
chiave per la vera indipendenza (McIntyre, A.)
11. dunque …
Quale esperienza facciamo se essa è mediata
dalla tele-tecnologia?
Che ne è dell’irreversibilità del tempo se ciò che
siamo è appiattito ad immagine sempre
riproducibile?
La prossimità relazionale può essere garantita
dalle relazioni visuali, dalla presenza
nell’assenza?
12. Ripensare la relazione educativa
Causa finale della cura autentica
Polo etico: responsabilità come capacità di
rispondere al volto dell’altro, ma facendo sempre
ritorno a sé
Polo affettivo: amore pensoso che ci permette di
considerare l’altro nella sua unicità e singolarità
13. Circolarità teoria-prassi
Cosa significa che l’altro è persona? L’evento è
misurabile in termini di efficacia-efficienza?
Quale rapporto tra tecnica e prossimità
relazionale?
Se la responsabilità consiste anche nel saper far
ritorno a sé, in che modo l’educatore ha cura di
sé? E’ necessario uno spazio terapeutico?
14. Circolarità teoria-prassi
Se l’essere umano è dipendente, che ne è
dell’autonomia? La relazione educativa si
conclude perché la persona è diventata
autonoma?
Cosa significa porsi in relazione con l’altro? E’
sufficiente uno schermo? Quale lo spazio delle
emozioni?