1. Dove va la pedagogia?
V EDIZIONE SUMMER SCHOOL
TRENTO 2010
Autore: Francesco Paolo Calvaruso (dottorando SDISU – UNICAL)
Struttura di afferenza: Università della Calabria, Scuola Dottorale
Internazionale di Studi Umanistici – Indirizzo: Modelli di formazione: analisi
teorica e comparazione
Titolo del lavoro di ricerca: Le scuole rurali in Sicilia fra prossimità e
spaesamento: dalla terra alla Terra
Parole - chiave:
- Scuole rurali
- Lotta all’analfabetismo
- Educazione alla cittadinanza e promozione sociale
- Rapporto “natura – cultura”
- Memoria come concetto pedagogico
Trento, palazzo dell’Istruzione, aula “Pietro Bertolini”, 17 IX 2010
2. Struttura di afferenza …
Università della Calabria
Arcavacata di Rende (CS)
Cubo 18/B
Facoltà di Lettere e Filosofia
Dipartimento di Scienze dell’Educazione
Direttore: Prof. Viviana Burza
S.D.I.S.U.
Scuola Dottorale Internazionale
di Studi Umanistici
Direttore:Prof. Daniele Gambarara
Tutor: Prof. Sandra Chistolini
Indirizzo "Modelli di formazione: analisi teorica e comparazione": teoria ed
epistemologia dei processi formativi; pedagogia dei processi interculturali; sistemi
scolastici comparati; didattica interculturale; teoria della valutazione dei sistemi
educativi.
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3. Campo della ricerca …
Introduzione
Dove va la pedagogia? Essa ha da tempo intrapreso i “nuovi” sentieri
dell’intercultura, aprendo sempre più il campo delle sue indagini ad una
dimensione internazionale, nel tentativo di creare una cultura dell’inter-
cultura fra i cittadini di un mondo ormai globalizzato. Si profilano
all’orizzonte delle pedagogia “nuovi scenari” (iper-urbani), “nuovi sistemi”
(trans-nazionali) e “nuove rappresentazioni” (intorno all’uomo e alla sua
posizione nel cosmo); ma il fatto, il già avvenuto, la memoria segnano le
tracce lungo le quali ci siamo incamminati. Dimenticare il senso
dell’armonico rapporto fra la terra e le persone per cingere, in un abbraccio
a volte freddo e smisurato, la Terra non vuol dire ipso facto saper muoversi
con intenzionalità verso il “nuovo”, ma recidere le ragioni delle radici. La
pedagogia è strutturalmente rivolta al futuro, ma il suo avvenire appare
meno radioso se nell’affanno del nuovo ad ogni costo essa trascura o cela
ciò che di significativo ha contrassegnato l’iter del suo complesso sforzo di
umanizzazione.
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4. Campo della ricerca …
Motivazione
Il concetto di cittadinanza da sempre assume un carattere nevralgico nello
studio intorno alle modalità di trasmissione dell’identità sociale di tutte le
nazioni che nella scuola trovano il principale volano della loro crescita
materiale e spirituale. Al di là delle critiche mosse per un concreto pericolo
d’indottrinamento civico (più marcatamente individuabile quando il potere ha
assunto o assume la forma dirigista se non dittatoriale), ciò che appare in
ogni caso indiscutibile è la costante esigenza moderna di dotarsi d’un
sistema formativo formale capillare sì da raggiungere la popolazione in
ogni angolo del proprio territorio per istruirla ed educarla ad una certa idea
dell’essere cittadino.
La presente indagine intende riportare alla luce l’esperienza delle
scuole rurali in Sicilia, ove l’aggettivo “rurale” è riconducibile, al di là delle
diciture ufficiali, a quei luoghi di istruzione formale rivolti in prevalenza ai figli
dei contadini, site ed operanti fra le campagne siciliane, la cui azione ha
garantito ad una consistente fetta di cittadini la possibilità di una
scolarizzazione tesa anche ad una più ampia prospettiva d’inclusione
sociale.
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5. Campo della ricerca …
Posizione del problema
Il presente progetto di ricerca, situabile all’interno del Tema 9
“Storia della scuola e delle istituzioni educative e formative” della V
edizione Summer School SIREF, evidenzia il ruolo delle scuole
rurali in Sicilia (dalla riforma Gentile sino agli anni 2000), poste in
essere sia per una maggiore capillarità dell’istruzione sia per una
più ampia promozione della cultura della cittadinanza. Molte scuole
rurali sono state chiuse per motivi economico-sociali ma hanno per
anni assolto un prezioso compito educativo portando la
conoscenza anche fra i figli dei contadini, limitando la dispersione
scolastica e favorendo i processi di inclusione sociale. Le
scuole rurali e montane sono presidi civici da rivalutare anche in
una prospettiva di apprendimento permanente tramite un loro
diverso utilizzo.
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6. Campo della ricerca …
Quadro metodologico
La ricerca è stata condotta, al di là di una ricca consultazione di libri e
riviste, secondo un approccio di tipo qualitativo, avvalendosi
soprattutto di interviste (libere, o non direttive, e semi-strutturate) a
maestri ed ex allievi, cui si è affiancata un’attenta lettura degli archivi
delle scuole rurali individuate. Tale scelta euristica è stata preferita
rispetto ad altre angolazioni d’indagine poiché si è ritenuto di
fondamentale rilievo dar spessore ad una prospettiva di tipo
interpretativo, attingendo ad un significativo novero di memorie e
prassi didattiche che hanno fatto emergere un tessuto narrativo utile alla
riflessione pedagogica.
Le scuole maggiormente prese in esame sono state quelle ubicate
nei borghi rurali presenti in quasi tutte le provincie siciliane, che nel loro
insieme costituiscono un significativo spaccato delle altre numerose
istituzioni presenti in tutta l’Isola.
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7. Campo della ricerca …
Risultati attesi o ottenuti
Fra questi:
• Queste scuole esistevano sin dall’Unità d’Italia. Il fascismo ne amplia il numero,
proseguendo nella lotta all’analfabetismo e alla diffusione di talune malattie ed
introducendo in modo marcato la sua ideologia in vista di una nazionalizzazione delle
masse contadine;
• Lo specifico delle scuole rurali in Sicilia si sposa, alla fine degli anni ’30, con il progetto
del c.d. “assalto al latifondo”;
• In seguito agli eventi della seconda guerra mondiale, soprattutto a partire dello sbarco
degli Alleati nell’estate del 1943, queste scuole subiscono una radicale modifica di più
parti dei programmi e soprattutto rispetto alla didattica, in una nuova prospettiva
democratica;
• In epoca repubblicana le scuole rurali continuano ad esistere, con programmi identici a
quelli svolti nelle città, fino a tutti gli anni ’80, quando il mutato scenario nazionale
determina lo spopolamento delle campagne e l’abbandono delle famiglie rurali delle
aree in cui erano state realizzate queste scuole, che di conseguenza chiudono
progressivamente anche per motivi di spesa ormai ritenuta inutile.
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8. Campo della ricerca …
Conclusioni
Le scuole site in aree rurali in Sicilia hanno sicuramente contribuito negli anni a ridurre il divario
culturale e sociale esistente fra città e campagna, promuovendo fra la popolazione contadina uno
spirito di maggiore partecipazione alla vita civile e incrementando il livello di consapevolezza del
proprio apporto economico alla ricchezza della nazione. Questi istituti hanno valorizzato il territorio e
la cultura locale, armonizzando la dimensione regionale con quella nazionale.
Le interviste raccolte hanno posto in luce l’armonico rapporto natura-cultura di un simile
laboratorio di inclusione sociale presente così capillarmente in un’Isola spesso segnata, sino a
qualche anno addietro, da ampie fasce di analfabetismo.
Se i dati statistici di più organismi internazionali oggi rilevano che la popolazione urbana ha ormai
superato quella rurale e le condizioni delle nostre città appaiono sempre più caratterizzate da una
strana forma di “affollata solitudine”, dove tutti convergono recidendo ogni legame di appartenenza,
il recupero di queste scuole potrebbe in talune zone contribuire ad arginare il continuo e pericoloso
spopolamento delle campagne e contrastare la dispersione scolastica di quei bambini le cui
famiglie ancora risiedono in aree rurali e montane.
A dimostrazione del fatto che queste scuole possano vivere ancora con un compito anche
diverso, ma pur sempre educativo in chiave di competenze di cittadinanza attiva, valga come
esempio la realtà di alcuni plessi scolastici come quelli di Borgo Gattuso-Petilia, trasformato in un
museo di storia contadina e quello di Borgo Rizza, dove l’Unione Europea e il Comune di Carlentini
hanno investito consistenti fondi per un riutilizzo a carattere culturale e ricreativo.
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9. Pedagogia verde …
«Una pedagogia dell’ambiente dà alla scuola lo stimolo a non ritenersi
autosufficiente, chiusa in una routine incapace di interagire con il
contesto. Una scuola sensibile verso l’ambiente sa che la propria
azione comincia con l’attenzione a ciò che accade all’esterno; continua
nel dialogo con in soggetti che vivono sul territorio, si fa allenza con le
realtà, istituzionali e non, esistenti su di esso. Dal contatto con
l’ambiente nella sua dimensione locale, la scuola trae stimoli per
allargarsi alle dimensioni del mondo. Questa scuola, che continua fuori
dalle aule, si garantisce interesse e supera la monotonia ripetitiva di
una cultura già fatta».
«La relazione tra educazione alla legalità e coscienza ambientale non
può essere teorizzata a prescindere dal riconoscimento della fertilità
della terra, di quel “grembo fecondo”, come lo definisce Schmitt, in
riferimento al quale si svolge il lavoro dell’uomo».
« Alla luce dell’incalzante “sviluppo” tecnologico, assume sempre
maggiore evidenza la polisemia del termine “ambiente”, la sua
dimensione sistemica che comprende la terra e le culture umane, il
diritto e le pratiche educative».
[P. Malavasi, Pedagogia verde. Educare tra ecologia dell’ambiente ed ecologia umana, La
Scuola, Brescia 2008]
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10. Alcuni dati …
ITALIA
Popolazione urbana (stima – 2000): 67%
Popolazione rurale (stima – 2000): 33%
Tasso di alfabetizzazione (2001): 99,8%
PIL per settore economico (dati al 2000):
Agricoltura: 2,9%
Industria: 29,5%
Servizi: 67,6%
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11. Alcuni dati …
EUROPA
Secondo una statistica
dell’Unione Europea il 56%
della popolazione vive nelle
aree rurali
[fonte: M. Bonaccorso, Sviluppo rurale, grande occasione, in
Giornale di Sicilia, 13/1272009, p. 30]
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12. Alcuni dati …
Fonte: la Repubblica,
TERRA 24/5/2007, p. 21
Nel 2007 la popolazione urbana ha superato quella rurale
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13. Analfabetismo della popolazione
Dati e percentuali dal 1861 al 1981
[G. Genovesi, Storia della scuola in Italia dal Settecento a oggi, Laterza, Roma-Bari, p. 226]
Anni Alunni %
1861 16.999.701 78,00
1871 19.553.792 72,96
1881 19.141.157 67,26
1901 18.186.353 56,00
1911 16.107.173 46,70
1921 13.888.556 35,80
1931 7.458.909 21,00
1951 5.456.005 12,90
1961 3.796.834 8,30
1971 2.547.217 5,20
1981 1.608.212 3,10
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14. … piaga dell’analfabetismo
La
Fonte: L. Faccini, R. Graglia, G. Ricuperati, Analfabetismo e scolarizzazione, in AA.VV., Storia d’Italia, vol. 20, Atlante. Immagini e numeri
d’Italia, Il Sole 24 Ore – Einaudi, Milano 2005, pp. 768-769
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16. Strade di città …
Luigi Bartolini
La città
(in “Il Selvaggio”, n. 9°-10°, 1937):
“Ogni incontro
nelle città è un guardarsi
girare gli occhi
e dimenticarsi”
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17. Sentieri di campagna …
“L’uomo, quando non si affida alla
L’uomo,
benevolenza del sentiero di campagna,
cerca vanamente di assoggettare con i
propri piani il globo terrestre.
Minaccioso incombe il rischio che gli
uomini d’oggi rimangano pressoché
sordi al suo linguaggio. Sono prigionieri
del chiasso delle macchine, che quasi
confondono con la voce di Dio.”
[Martin HEIDEGGER, Il sentiero di campagna]
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20. Maestri di campagna …
M.° Salvatore Natale
Dall’A.S. 1978-79 sino all’A.S. 1993-94
Scuola rurale idi Borgo “Gattuso - Petilia” (CL)
Utenza: pluriclasse, da 20 ad 1 alunna
«Insegnante […], appassionato di minerali ed ancor più del suo
mestiere, dal quale non si sente affatto lontano pur nella meritata
pensione, ha continuato, anche dopo la chiusura ufficiale della sua
amata scuola, a coltivarne l’esistenza curandone dal 2005 i locali
con la presenza di un’Associazione Culturale intitolata “Storia e
Memoria”, da lui voluta unitamente alla moglie, anch’ella docente
elementare, con l’intento di custodire e tenere assieme il sano
della civiltà contadina e la ricchezza della cultura di cui la Scuola è
ovunque portatrice. Natale è stato non solo un insegnante ma una
guida per tanti bambini, che con instancabile costanza ha sempre
cercato di trasmettere loro, su tutto, l’amore per la libertà. Un
valore inalienabile, questo, che vivifica qualsiasi contenuto
impartito nelle ore trascorse in classe. […]. Mai una frase di seppur
larvata sufficienza nei confronti delle prestazioni intellettuali degli
allievi più svantaggiati, nemmeno una sbavatura irrispettosa per
questa gente unta solo del sudore della fronte di chi dalla terra sa
trarre frutti d’ogni genere».
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21. Maestri di campagna …
M.ª Anna Maria Bruno
A.S. 1961-62
Scuola rurale in contrada “Grotta Rossa” (CL)
Utenza: una pluriclasse di 10 alunni
«La scuola era composta da una stanzetta con i banchi di
legno e come scrivania c’era un tavolo collocato sopra una
pedana di legno che ogni tanto scricchiolava e talvolta era
una tana per i topolini di campagna. Gli alunni erano dei
bambini molto affettuosi e andavano dai 6 ai 10 anni.
Svolgevo un programma didattico adatto alle esigenze di
ciascun alunno, che andava dalla classe I alla classe V. Di
loro ricordo soprattutto la semplicità e genuinità e la
voglia di apprendere. Oltre ad insegnare loro a “leggere,
scrivere e far di conto”, come si suole dire, cercavo di
comunicare sentimenti di amor patrio, di rispetto per il
prossimo e per la natura che ci circondava».
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22. Maestri di campagna …
M.ª Maria Concetta Cona
A.S. 1967-68
Scuola rurale idi Borgo “Giacomo Schirò” (PA)
Utenza: una pluriclasse di 13 alunni (di fatto 7)
«Il mio ricordo è piacevole. Ho vissuto un’esperienza cominciata
con viva preoccupazione e terminata con dispiacere per ciò che
lasciavo. Ho ancora chiaro in mente il momento esatto in cui
andai via da quella piccola scuola, che avevo imparato ad
apprezzare mese dopo mese, ma su tutto rivedo gli sguardi dei
bambini che pur emozionati mi salutavano compostamente. […].
Sono tornata a borgo Schirò qualche anno addietro ed ho provato
una forte emozione nel rivedere l’edificio, benché così malconcio, e
quella scritta a caratteri maiuscoli indicante la presenza della
“Scuola” all’ingresso della struttura, ma devo dire che altrettanto
viva è stata l’amarezza per lo stato d’abbandono in cui versa quel
luogo di formazione in cui, ai miei tempi, si faceva un tipo di
scuola che ancora, potrei tranquillamente dire, era a misura
d’uomo».
22
23. fvâÉÄx ÜâÜtÄ| ‹
Scuola rurale di Borgo “Giacomo Scuola rurale di Borgo “Antonio
Schirò” (Palermo) Bonsignore” (Agrigento)
23
24. fvâÉÄx ÜâÜtÄ| ‹
Scuola rurale di Borgo “Pietro Scuola rurale di Borgo “Angelo
Lupo” (Catania) Rizza” (Siracusa)
24
25. fvâÉÄx ÜâÜtÄ| ‹
Scuola rurale didi Borgo “Gattuso-
Scuola rurale Borgo “Pietro Scuola rurale di Borgo “Antonio
Lupo” (Catania)
Petilia” (Caltanissetta) Cascino” (Enna)
25
29. Lazio – Agro Pontino
UNIVERSITÀ
DEGLI STUDI ROMA TRE
Facoltà di Scienze della
Formazione
Dipartimento di Scienze
dell'Educazione
Via del Castro Pretorio, 20
Gli archivi sono attualmente
consultabili presso la sede di via
Manin n. 53
Giovanni Cena
(Montanaro 12 gennaio 1870 – Roma 7 dicembre 1917)
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30. Trentino – Alto Adige
Archivio dell’Opera nazionale di assistenza all’infanzia delle regioni di confine (O.N.A.I.R.C.)
Soprintendenza Archivistica per il Trentino-Alto Adige/Südtirol - via Vannetti, 13 - 38100 Trento
Soggetti generatori dell’Archivio:
1919-1960: Opera nazionale di assistenza all'Italia redenta (O.N.A.I.R.)
1960-1977: Opera nazionale di assistenza all'infanzia delle regioni di confine (O.N.A.I.R.C.)
Date e luoghi di esistenza
L'Opera Nazionale di Assistenza all'Italia Redenta fu fondata a Roma nel 1919, per iniziativa della duchessa Elena d'Aosta, ed operò fino al 1977
principalmente nelle "terre redente", unite all'Italia a seguito della prima Guerra mondiale, ossia la Venezia Tridentina e la Venezia Giulia, che
comprendevano fino al 1943 anche Fiume, Pola, Zara e Spalato. Il cambiamento della denominazione dell'Ente da "Opera Nazionale di Assistenza
all'Italia Redenta (O.N.A.I.R.)" a "Opera Nazionale di Assistenza all'Infanzia delle Regioni di Confine (O.N.A.I.R.C.)", deliberato dal Consiglio centrale
dell'Opera per adeguarsi alle mutate condizioni storiche, politiche e culturali e recepito nel nuovo Statuto (approvato con D.P.R. del 4 settembre
1960, n. 1625), non mutò né le competenze né l'ambito geografico di attività dell'Opera.
Di fatto l'Opera svolse la sua attività in due grandi ambiti: assistenziale ed educativo.
4. A norma del R.D. 20 agosto 1926, n. 1667, venne affidata all'O.N.A.I.R. la gestione delegata delle Scuole diurne rurali (ossia scuole elementari miste, a più classi rette da un solo
insegnante, situate in località impervie e isolate) della Venezia Tridentina (province di Trento e Bolzano).Con l'anno scolastico 1934/35 (decreto ministeriale 15 giugno 1934)
l'O.N.A.I.R. iniziava la gestione delegata delle scuole rurali uniche della Venezia Giulia (province di Trieste, Gorizia, Fiume e Pola). Nelle zone annesse all'Italia durante la Seconda
guerra mondiale (Dalmazia e Carnaro), le scuole rurali dell'O.N.A.I.R. vennero istituite con l'anno scolastico 1941/42. Per effetto della L. 31 maggio 1943, n. 570, col 30 settembre 1943
cessa la gestione delegata delle scuole rurali da parte dell'ente (art. 7). L'ente gestì in proprio, anche se in numero esiguo rispetto alle rurali, le scuole sussidiate, anch'esse uniche e
pluriclasse. A norma del R.D. 5 febbraio 1928, n. 577, le scuole sussidiate potevano essere aperte da privati o enti, dove non esistesse altra scuola, con l'autorizzazione del
Provveditore agli studi ed erano mantenute parzialmente con il sussidio dello Stato. Ebbero una certa ripresa nel secondo dopoguerra solo nella provincia di Trento, fino al settembre
1969, quando cessò la gestione dell'Opera.
5. In forza del D.L. 20 agosto 1926, n. 1667, veniva delegata all'ONAIR - assieme a quella delle scuole rurali - anche la gestione dei corsi popolari (serali e festivi) per adulti nelle
province della Venezia Tridentina. Successivi provvedimenti ministeriali estendevano tale delega alle province della Venezia Giulia (a partire dall'anno scolastico 1934/35) e della
Dalmazia (dal 1941/42).Tali corsi istituiti dall'O.N.A.I.R. nei piccoli centri rurali in collaborazione con le autorità scolastiche locali si distinguevano nei seguenti tipi: a) corsi d'alfabeto, b)
corsi complementari (insegnamento corrispondente a quello del grado superiore elementare - licenza V classe), c) corsi di cultura generale, d) corsi di lingua per emigranti, e) corsi di
specializzazione professionale, f) e g) corsi di economia domestica e specializzazione femminile (per la preparazione della massaia e delle future madri di famiglia); inoltre,
eccezionalmente, scuole di tessitura, di cucito, di agraria, ecc..
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31. Vanna IORI (1)
Vanna IORI, Lo spazio vissuto. Luoghi educativi e soggettività,
La Nuova Italia, Firenze 1996
INTRODUZIONE
Spazio educativo inteso come «spazio entro cui si sviluppa una relazione educativa, una
trasmissione culturale e una trasformazione esistenziale in ordine ad un progetto educativo»
[p. XVII]
VI. L’edificio scolastico fra intenzionalità e vissuti
1. La scuola come spazio simbolico
«Lo spazio scolastico possiede una forte valenza simbolica in un certo senso “archetipica”,
presente nell’inconscio individuale (come spazio onirico ricorrente anche nell’età adulta) e
nell’immaginario collettivo, che parla di sé nella letteratura, nell’arte, nell’urbanistica ed in una
serie di simbologie collaterali» [p. 108]
2. Architettura scolastica e pedagogia
«Dietro ogni spazio costruito per l’educazione ci sono la storia e l’ideologia che lo hanno ispirato. I
problemi chiamati in causa per la costruzione di un edificio scolastico sono di ordine educativo,
architettonico, economico e tecnologico. “La disposizione ambientale dei luoghi di svolgimento,
si pongono come variabili formative dalle quali non è possibile prescindere in ogni operazione
concettuale di ordine pedagogico”. […]. Le costruzioni scolastiche in un certo modo
rappresentano la stratificazione storica delle concezioni pedagogiche e le differenziazioni sociali
delle diverse aree di ubicazione. L’edificio è un significante che veicola significati relativi a
determinate funzioni legate ad una visione del mondo: esprime visivamente ed esplicita le
istanze culturali, sociali e ideologiche che lo sottendono. I significanti architettonici rimandano
ai significati spaziali ed agli usi funzionali degli spazi». [pp. 100-111].
32. Vanna IORI (2)
• XI. Lo spazio urbano
1.. Lo spazio sociale, urbano, quotidiano
«Lo spazio urbano non è più luogo di integrazione ma di una convenzionale disgregazione sociale.
Paradossalmente l’urbanizzazione ha avvicinato o “ammassato” fisicamente gruppi di individui in spazi
ristretti, ma li ha allontanati psicologicamente e socialmente; legati ormai da forme di comunicazione
sempre più private del contatto corporeo e “mediate” da telefonini, citofoni, telefax, ecc., o relegati nella
solitudine passiva e unidirezionale con la TV. Ne conseguono comportamenti sempre più etero diretti,
stereotipati, omologati ed inautentici». [p. 216-217]
1.2 Città e campagna
«Il binomio bambini/città viene da tempo presentato come antinomico e fonte di numerose incompatibilità di
adattamento per il bambino rispetto ai divieti, ai rumori, ai pericoli del traffico, all’inquinamento dell’aria,
alla mancanza di spazi e spesso anche di interni. […]. Dal punto di vista pedagogico si può certo denunciare il
disagio dello stile di vita delle società a sviluppo industriale avanzato: un primato delle tecnologie che
dimentica i soggetti e si rivela, anziché liberatorio, distruttivo e alienante, con gravi ripercussioni sulla
qualità della vita dei bambini» [p. 218]
«L’ambiente in cui oggi vive la maggior parte dei bambini, anche fuori dalle città, ha sempre più assunto i
caratteri di spazio urbanizzato con conseguenti condizionamenti e modificazioni dei vissuti spaziali dei
bambini». [pp. 218-219]
«Ma è importante anche non mitizzare il binomio bambino/campagna come idealizzazione di una maggiore
autenticità esistenziale e di un sereno rapporto con la natura. Non dimentichiamo che ance negli ambienti
rurali vi può essere estraneità dei bambini al rapporto autentico con la natura, che anche lì essi sono spesso
relegati nello spazio divano-TV. Dove mancano cultura e valori per una reale attenzione alla centralità
dell’infanzia non si potranno creare condizioni per superare le diverse forme di esclusione e oppressione nei
confronti dei bambini». [pp. 219-220]
33. Vanna IORI (3)
• XII. Lo spazio naturale
1.. Abitare la terra
«Ci si sente esistere dove si può gettare attorno a sé uno sguardo nuovo, libero di abbandonarsi allo scorrere della natura, di lasciarsi semplicemente invadere dalla folla di
sensazioni che ci legano saldamente alla Terra. Per abitare “poeticamente” la terra occorre saper guardare con occhi nuovi e il cuore pieno di antica poeticità. Un
corretto rapporto con la natura passa infatti sia attraverso la conoscenza razionale e scientifica delle “cose”, sia attraverso la conoscenza emotiva delle cose in relazione
a se stessi». [p. 231]
• 2. Spazio naturale e storia dell’educazione
«Nonostante la civiltà industriale e urbana abbia sempre più allontanato dal nostro vivere l’Erlebnis della natura, i vissuti di apertura, serenità, silenzio sono ancora presenti
dentro di noi come tensione a ricercare boschi e prati, acque e cieli. […] Il contatto con lo spazio naturale è fondamentale per suscitare il senso di armonia abitativa nel
mondo; il valore pedagogico delle esperienze di contatto con la natura è così universale da apparire quasi scontato. […]. Il bambino è “naturale” e la natura dovrebbe
essere il contesto della sua formazione. Tutta la storia della pedagogia è costellata di esperienze basate sull’importanza della natura». [p. 234]
«Queste ed altre esperienze hanno in comune l’educazione del carattere, poiché l’inserimento in campagna ne costituisce non solo
lo sfondo che rende praticabile un simile intervento educativo, ma ne è il dispositivo pedagogico necessario» [p. 235]
Rousseau – Emilio;
Pestalozzi – tentativo di applicazione dell’Emilio nella fattoria di Neuhof: vita comunitaria ed a contatto con la natura e
l’esercizio dell’agricoltura;
Froebel – I giardini dell’infanzia – equivalenza bambino-pianta e naturalità dell’educazione (“gli alberi sono i miei maetri”);
[fine ‘800 – inizio ‘900] La “ècole des Roches” di Demolins, posta in piena campagna, vicino a un parco e a un ruscello per
fortificare spirito e muscoli;
D.L.E.H. (Case Tedesche di Educazione in Campagna) di Herman Lietz;
Le “scuole nuove” di Ferrière, poste in campagna così che ogni ragazzo possa esercitarsi anche in attività agricole e praticare
giochi, sport all’aperto;
Scuole lancasteriane istituite presso alcuni patrizi toscani, ad es. dal Lambruschini;
Esperienza pedagogica di Jasnaja Poljana di Tolstoj;
Dewey sostiene che sia determinante il recupero delle esperienze del contatto con la campagna, nel faticoso e travagliato
passaggio della società americana verso l’industrializzazione;
Lo scoutismo di Baden Powell, che nel contatto con la campagna, la natura vede il “grande gioco” che stimola il senso
dell’avventura.
«Nel contatto con la natura i ragazzi possono sviluppare il senso dell’abitare armonicamente la terra». [p. 236]
«Educare è indicare qua e là gli aspetti di una “esplorazione” che è fatta di cieli, di foglie, di sassi che resteranno indimenticabili
nel rapporto con lo spazio-ambiente». [p. 236]
34. Il parere del sociologo …
Intervista a Luciano GALLINO in “la Repubblica”, 24/5/2007,
p. 21
• D. Cosa significa per l’umanità intera avere più persone nelle città che
nelle aree rurali?
• R. Alcuni quell’occupazione la trovano, ma va sottolineato che molti altri non
raggiungono l’obiettivo. Dire semplicemente che oggi vi sono più persone nelle città
che nelle campagne fa pensare che i contadini hanno lasciato la zappa, si sono
trasferiti in città e hanno trovato un lavoro dignitoso. Ma questo non è sempre vero,
anzi. Se pensiamo che le persone che abitano gli slum, le baraccopoli di molte città un
miliardo, questo altera le statistiche. Un abitante di uno slum infatti, non è più un
contadino, ma non lo si può definire un abitante di una città. La sua povertà e le sue
condizioni di vita, come ha dimostrato uno studio dell’ONU, sono ai limiti della
sopravvivenza. […].
• D. Cosa c’è da aspettarsi per il futuro?
• R. Nei Paesi ricchi è già in atto un controesodo. Il peso della vita nelle metropoli
spinge molti a cercare luoghi più sereni e tranquilli nei quali vivere. Oggi i trasporti e
le comunicazioni hanno fatto sì che dal punto di vista economico e produttivo non c’è
più differenza a vivere in una città come Parigi o in un comune di 3.000 abitanti,
perché anche lì si possono realizzare le stesse cose che si fanno in città. […].
34
35. Il parere dell’urbanista …
Intervista di F. Erbani a Italo ISOLERA, in “la Repubblica”, 13/4/2010, pp.
60-61
D. “In questo mezzo secolo le nostre città sono peggiorate?”
R. “Dagli anni Ottanta, proprio mentre perdono residenti, le città
crescono sprecando terreno e soldi. È saltata ogni forma di
pianificazione, per cui si invade la campagna e gli insediamenti che
sorgono sono agglomerati di case tirate su a prescindere da tutto, dai
servizi, le scuole, i trasporti, il commercio”.
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36. «L’educazione viene alla luce nella costruzione dell’identità,
nell’orientamento ai valori e alla scelte della vita».
«Il valore delle pratiche educative implica la coltivazione della
memoria e la trasmissione del sapere alle giovani generazioni.
Educare dice del futuro, della speranza per l’avvenire
nell’irreversibilità del tempo della vita. L’azione educativa
costituisce un testamento che affida alla relazione umana attuale
disposizioni e valori perché sopravvivano all’istante che fugge e
orientino il domani».
[P. MALAVASI, Vita, in «Scuola Italiana Moderna », 17, 2008, p. 17]
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37. “L’educazione è l’incontro con uno spiraglio di luce, dimenticato da sguardi troppo
consueti, che sembrava condannato alla infinita ripetizione”.
“L’educazione è risveglio. Quando iniziamo a intraprendere il nostro cammino nella
foschia, quando ci avvediamo della rugosa e impervia, inevitabile, natura del suolo”.
[D. Demetrio, L’educazione non è finita. Idee per difenderla, R. Cortina Ed., Milano 2009]
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38. Narrativa …
Alessandro Petruccelli, Un giovane di campagna, Gremese, Roma 2010 [ma del 1976]
(p. 4)
«Cari genitori, non coltivate più la terra», aveva scritto tante volte a Cosimo e a Maria il figlio da Francoforte, «fatela restare
tutta saura. Lasciatevi crescere l’erba, che diventi alta come canne, io con un mese di stipendio vi comprerò il grano per un
anno intero».
«Cari genitori, non coltivate più la terra, lasciate che le piante vi crescano selvagge e che formino un bosco come quello
che vi era come quando l’avete dissodata; io con un mese di stipendio vi comprerò i fagioli, i ceci, in granoturco che vi
basteranno per sempre».
«Cari genitori, non coltivate più la terra e nell’inverno accendete un fuoco grande e stateci davanti dalla mattina alla
sera, asciugatevi di tutta la pioggia che avete presa negli inverni passati, io con un mese di stipendio vi comprerò il vino, i
vestiti, le scarpe che vi occorreranno».
«Cari genitori, non coltivate più la terra, lasciateci crescere i fiori che profumino i sudori che vi avete sparsi».
E Cosimo e Maria gli facevano rispondere: «Caro figlio, conserva lo stipendio per te e la buona fortuna ti aiuti sempre.
Noi, per questi pochi giorni che ci restano, continueremo a lavorare la terra, a chiederle il pane e il vino; tu fai parte della
generazione delle macchine, ma noi siamo grati alla terra».
(pp. 96-97)
«Ogni mattina trovo gli alberi in malinconia. Vanno perdendo sempre più l’affetto e la stima. I mandorli, i fichi, i meli sono lì
che vorrebbero dare tanti frutti e aspettano silenziosi e soli che qualcuno vada a potarli, che qualcuno si soffermi a guardarli
quando si vestono di fiori, a proteggerli quando sono per schiantarsi, a discorrere con essi sulle stagioni.
Ma ora anche chi li ha piantati e li ha visti crescere con ansia assiste indifferente, estraneo, come un uomo di città, alle
spine che li soffocano, al trattore che li colpisce alle radici. Proprio ieri il compare Filippo ha sradicato decine di piante di
fico e le ha messe a seccare con le radici all’aria.
È forse questo il tempo in cui i contadini stanno rompendo per sempre quel dialogo che avevano iniziato, chissà da
quando, con le cose della terra».
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39. I sentieri del pensiero …
“La benevolenza del sentiero di
campagna desta un senso che ama il
Libero e altresì traspone, nel luogo
propizio, la malinconia in una
estrema serenità. Quest’ultima pone
un freno all’ottusità del mero faticare
che, abbandonato a se stesso,
incrementa solo tutto ciò che è privo
di valore.
Nella luce del sentiero di campagna
che muta con il mutare delle stagioni,
sboccia e fiorisce la saggia serenità il
cui sembiante sembra soffuso di
malinconia”
[M. Heidegger, Il sentiero di campagna]
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