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La storia dell’ Epigramma

 -    L’epigramma letterario

-L   ’ epigramma in Grecia: le Origini

 -L’epigramma latino: dall’ età
 imperiale a Marziale
L’epigramma letterario
      Il termine
                                               è di derivazione greca,infatti
      “epigramma”                              deriva dal greco “epigrapho”
                                               che significa “scrivo su”(epì =
                                               “sopra” ,”grapho”= scrivo) ed
                                               equivale nella lingua latina al
                                               termine “inscriptio”.




  Coerentemente al significato di questo termine,l’epigramma indica propriamente
quella che in origine era l’inscrizione funebre o di carattere commemorativo (in modo
   da poter ricordare fatti,luoghi e persone) che veniva incisa prevalentemente su
  pietra,oppure su bronzo. In ogni caso,non v’è dubbio che poteva anche,sotto una
penna ispirata,diventare una vera e propria poesia (si pensi,ad esempio, agli epigrammi
                      di Simonide di Ceo,risalenti al VI-V sec. a.C.)
L’epigramma divenne un vero e proprio                        Momento in cui la
genere letterario solo con l’ Ellenismo                      poesia, come
                                                             espressione di gusti e
                                                             sensibilità
                                                             nuovi,mutò dal punto
                                                             di vista dei contenuti
                                                             e dell stile.

 Del periodo originario restò all’epigramma la brevità compensata da ricchezza di
 contenuto e da perfezione tecnica e stilistica. Lo scopo preponderante, però, di
 colpire il lettore attraverso le suggestioni, finì poi per soffocare sotto il peso di
 un’erudizione eccessiva.


   I temi fondamentali contenuti in un epigramma sono:
   1) Lo sfogo confidenziale dei sentimenti
   2) Motivi conviviali di invito alla gioia
   3) Riflessioni sulla caducità dei beni terreni
   4) Temi satirici,indovineli scherzi dal punto di vista metrico.
In Grecia il genere                         Ma comunque,ha delle attestazioni
epigrammatico ha le                         in tutto il corso della letteratura
sue radici in tempi                         greca,infatti i primi epigrammi greci
antichissimi                                risalgono al VII sec. a.C. (ad esempio
                                            quelli di Archiloco ),di tipo:



                                               votivo


                                               sepolcrale
La fioritura vera e propria del genere si realizzò però solo nell’età
ellenistica,diventando una delle forme principali della lirica soprattuto negli
epigrammi di tipo amoroso di:
-Leonida di Taranto : in cui sono espresse delle riflessioni profonde riguardo la
                       brevità della vita e la fragilità delle gioie amorose;
-Asclepiade di Samo: in cui si può scorgere un epigramma dai contenuti molto
                       più dotti,e di conseguenza un genere diverso,che
                       raggiunge la sua massima importanza con Meleagro di
                       Giàdara.
Fu proprio Meleagro di                                    Essa venne da lui
Giadara a scrivere la più                                 intitolata “Corona”
importante raccolta di                                    perché ad ogni
epigrammi di stampo                                       poeta faceva
ellenistico                                               corrispondere il
                                                          nome di un fiore

    La stessa cosa venne poi ripresa successivamente
    Da Filippo di Tessalonica,che nel I sec. d. C. compilò una raccolta di
    epigrammi. Insieme a lui un dotto bizantino, Filippo Costantino di
    Cefala,scrisse un’altra raccolta durante il 900 d. C.



    Queste antologie però non sono state ritrovate,ma in compenso ci
    è pervenuta l’ ”Anthologia Palatina”. Essa è composta da 15
    libri,che comprendono circa 3700 epigrammi scritti da poeti fra il V
    secolo a. C. fino all’età bizantina.

    Il libro più importante dell’Anthologia Palatina è l’ “Appendix
    Planudea” in cui sono riportati 388 epigrammi scritti da Massimo
    Planude,un monaco bizantino.
A Roma l’epigramma fece il                        In realtà fu solo Catullo
 suo ingresso solo sullo                           che diede una vera e
 scorcio del II sec. a.C.                          propria dignità al
                                                   genere letterario,nel I
                                                   sec. a.C.



Soltanto lui seppe dare, con attenta e sincera commozione e con toni di
immediatezza, un’idea reale all’esperienza amorosa e umana,molto sofferta e
vissuta.

Dopo Catullo                         Solo con l’avvento dell’impero possiamo
                                     assistere ad una ulteriore fioritura della
                                     poesia epigrammatica,ma ora in essa
                                     prendono un forte sopravvento i toni


                                             scherzosi

                                            satirici
                  Catullo (84-83 a.C.-54
                  a.C)
Proprio a Roma il genere torna in auge solo con Marziale che cercherà di rivalutare
l’epigramma in modo da divenire un vero e proprio modello per tutti gli scrittori latini
dell’età moderna,applicando alcune modifiche tecniche nella stesura stessa degli
epigrammi.
    In cosa però consiste l’orginalità e la novità nella tecnica di Marziale?
 La caratteristica peculiare degli epigrammi dell’autore è l’introduzione della vena
 comica. Infatti:

 1 °parte del carme: è apparentemente seria e ricca di contenuti,in modo tale da
                     rappresentare la società che si muove intorno a lui,piuttosto che la
                     sua interiorità;
 2° parte del carme : tale serietà viene completamente ribaltata da un distico
                     conclusivo che contiene una battuta a sorpresa .
     La raccolta più significativa di epigrammi scritti da Marziale risale all’85 d. C.
     ed è divisa in 12 libri. Tali componimenti non riuscirono però ad arginare la
     sua pessima condizione sociale: non a caso, egli vagheggia in questi
     epigrammi il suo stile di vita basato su:
     -esistenza semplice
     -esistenza appartata e a contatto con la natura;

       “a me piacciono un focolare ed un tetto che non disdegna il fumo che lo
              annerisce. Una fonte fresca e l’erba incolta” (2,90,7-10)
Marziale è il maestro insuperato dell’epigramma comico-giocoso. Egli
lo costruisce con grande abilità,in modo da conferire in aspettato e
sorprendente rilievo alla “punta” comica finale. Anzitutto egli prepara
accuratamente la battuta finale creando la necessaria tensione
d’attesa; inoltre ricorre alla massima concretezza di rappresentazione
scegliendo soggetti interessanti e indulgendo in particolari realistici
(diversamente,dagli epigrammi greci del I sec. d.C.,che si limitano per
lo più a riprodurre “tipi” generici); usa nomi propri – anche se per lo
più fittizi – allo scopo di risvegliare maggiormente l’attenzione dei
lettori,sempre lieti di sentir dir male del prossimo;anche nelle puntate
più sarcastiche non abbandona mai il fondamentale tono giocoso,per
non guastare l’effetto comico; infine,adopera uno stile semplice e
scorrevole.
In questi epigrammi di comicità “dinamica”- nei quali,cioè,ogni verso
avvia alla soluzione comica finale – Marziale è grandissimo; forse più
sbiadito appare in quelli di comicità “statica”, in cui, cioè, il comico si
presenta fin dall’inizio nei tratti descrittivi o nelle metafore.

                                             (P. Frassinetti, “Storia della
                                             letteratura latina”, Minerva
                                             Italica, Bergamo,
                                             1968,pp.315-316)
In sostanza,Marziale fa della poesia epigrammatica lo strumento per descrivere la
corruzione romana in tutte le sue sfaccettature,in vena comica,un aspetto che ci
dimostra la sua totale insensibilità nei confronti delle “distrazioni” dei suoi simili,e
della rigidità di alcuni,atteggiamento tipico di chi si isola e si avvia alle maggiori
manie.

                     In effetti,perché ridiamo?
    Cervasato,nella “Prefazione a Bergson”, “Il riso,saggio sul significato del
    comico” (1922) afferma:

    “Il riso è un’arma che la società adopera contro i suoi membri che tendono
    ad appartarsi. Essa punisce,l’isolato che è insocievole o si avvia a divenirlo.
    Poiché la nostra “elasticità mentale” deriva dal continuo contatto col
    mondo,avviene che chi si isola si irrigidisce e avvia il suo essere lungo linee
    non più elastiche ma automatiche.”


        Si può, quindi,facilmente avvertire come nonostante il variare dei
        tempi e delle circostanze,la natura dell’uomo si presenti con
        atteggiamenti di fondo sempre costanti.
Fine

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5 epigramma

  • 1. La storia dell’ Epigramma - L’epigramma letterario -L ’ epigramma in Grecia: le Origini -L’epigramma latino: dall’ età imperiale a Marziale
  • 2. L’epigramma letterario Il termine è di derivazione greca,infatti “epigramma” deriva dal greco “epigrapho” che significa “scrivo su”(epì = “sopra” ,”grapho”= scrivo) ed equivale nella lingua latina al termine “inscriptio”. Coerentemente al significato di questo termine,l’epigramma indica propriamente quella che in origine era l’inscrizione funebre o di carattere commemorativo (in modo da poter ricordare fatti,luoghi e persone) che veniva incisa prevalentemente su pietra,oppure su bronzo. In ogni caso,non v’è dubbio che poteva anche,sotto una penna ispirata,diventare una vera e propria poesia (si pensi,ad esempio, agli epigrammi di Simonide di Ceo,risalenti al VI-V sec. a.C.)
  • 3. L’epigramma divenne un vero e proprio Momento in cui la genere letterario solo con l’ Ellenismo poesia, come espressione di gusti e sensibilità nuovi,mutò dal punto di vista dei contenuti e dell stile. Del periodo originario restò all’epigramma la brevità compensata da ricchezza di contenuto e da perfezione tecnica e stilistica. Lo scopo preponderante, però, di colpire il lettore attraverso le suggestioni, finì poi per soffocare sotto il peso di un’erudizione eccessiva. I temi fondamentali contenuti in un epigramma sono: 1) Lo sfogo confidenziale dei sentimenti 2) Motivi conviviali di invito alla gioia 3) Riflessioni sulla caducità dei beni terreni 4) Temi satirici,indovineli scherzi dal punto di vista metrico.
  • 4. In Grecia il genere Ma comunque,ha delle attestazioni epigrammatico ha le in tutto il corso della letteratura sue radici in tempi greca,infatti i primi epigrammi greci antichissimi risalgono al VII sec. a.C. (ad esempio quelli di Archiloco ),di tipo: votivo sepolcrale La fioritura vera e propria del genere si realizzò però solo nell’età ellenistica,diventando una delle forme principali della lirica soprattuto negli epigrammi di tipo amoroso di: -Leonida di Taranto : in cui sono espresse delle riflessioni profonde riguardo la brevità della vita e la fragilità delle gioie amorose; -Asclepiade di Samo: in cui si può scorgere un epigramma dai contenuti molto più dotti,e di conseguenza un genere diverso,che raggiunge la sua massima importanza con Meleagro di Giàdara.
  • 5. Fu proprio Meleagro di Essa venne da lui Giadara a scrivere la più intitolata “Corona” importante raccolta di perché ad ogni epigrammi di stampo poeta faceva ellenistico corrispondere il nome di un fiore La stessa cosa venne poi ripresa successivamente Da Filippo di Tessalonica,che nel I sec. d. C. compilò una raccolta di epigrammi. Insieme a lui un dotto bizantino, Filippo Costantino di Cefala,scrisse un’altra raccolta durante il 900 d. C. Queste antologie però non sono state ritrovate,ma in compenso ci è pervenuta l’ ”Anthologia Palatina”. Essa è composta da 15 libri,che comprendono circa 3700 epigrammi scritti da poeti fra il V secolo a. C. fino all’età bizantina. Il libro più importante dell’Anthologia Palatina è l’ “Appendix Planudea” in cui sono riportati 388 epigrammi scritti da Massimo Planude,un monaco bizantino.
  • 6. A Roma l’epigramma fece il In realtà fu solo Catullo suo ingresso solo sullo che diede una vera e scorcio del II sec. a.C. propria dignità al genere letterario,nel I sec. a.C. Soltanto lui seppe dare, con attenta e sincera commozione e con toni di immediatezza, un’idea reale all’esperienza amorosa e umana,molto sofferta e vissuta. Dopo Catullo Solo con l’avvento dell’impero possiamo assistere ad una ulteriore fioritura della poesia epigrammatica,ma ora in essa prendono un forte sopravvento i toni scherzosi satirici Catullo (84-83 a.C.-54 a.C)
  • 7. Proprio a Roma il genere torna in auge solo con Marziale che cercherà di rivalutare l’epigramma in modo da divenire un vero e proprio modello per tutti gli scrittori latini dell’età moderna,applicando alcune modifiche tecniche nella stesura stessa degli epigrammi. In cosa però consiste l’orginalità e la novità nella tecnica di Marziale? La caratteristica peculiare degli epigrammi dell’autore è l’introduzione della vena comica. Infatti: 1 °parte del carme: è apparentemente seria e ricca di contenuti,in modo tale da rappresentare la società che si muove intorno a lui,piuttosto che la sua interiorità; 2° parte del carme : tale serietà viene completamente ribaltata da un distico conclusivo che contiene una battuta a sorpresa . La raccolta più significativa di epigrammi scritti da Marziale risale all’85 d. C. ed è divisa in 12 libri. Tali componimenti non riuscirono però ad arginare la sua pessima condizione sociale: non a caso, egli vagheggia in questi epigrammi il suo stile di vita basato su: -esistenza semplice -esistenza appartata e a contatto con la natura; “a me piacciono un focolare ed un tetto che non disdegna il fumo che lo annerisce. Una fonte fresca e l’erba incolta” (2,90,7-10)
  • 8. Marziale è il maestro insuperato dell’epigramma comico-giocoso. Egli lo costruisce con grande abilità,in modo da conferire in aspettato e sorprendente rilievo alla “punta” comica finale. Anzitutto egli prepara accuratamente la battuta finale creando la necessaria tensione d’attesa; inoltre ricorre alla massima concretezza di rappresentazione scegliendo soggetti interessanti e indulgendo in particolari realistici (diversamente,dagli epigrammi greci del I sec. d.C.,che si limitano per lo più a riprodurre “tipi” generici); usa nomi propri – anche se per lo più fittizi – allo scopo di risvegliare maggiormente l’attenzione dei lettori,sempre lieti di sentir dir male del prossimo;anche nelle puntate più sarcastiche non abbandona mai il fondamentale tono giocoso,per non guastare l’effetto comico; infine,adopera uno stile semplice e scorrevole. In questi epigrammi di comicità “dinamica”- nei quali,cioè,ogni verso avvia alla soluzione comica finale – Marziale è grandissimo; forse più sbiadito appare in quelli di comicità “statica”, in cui, cioè, il comico si presenta fin dall’inizio nei tratti descrittivi o nelle metafore. (P. Frassinetti, “Storia della letteratura latina”, Minerva Italica, Bergamo, 1968,pp.315-316)
  • 9. In sostanza,Marziale fa della poesia epigrammatica lo strumento per descrivere la corruzione romana in tutte le sue sfaccettature,in vena comica,un aspetto che ci dimostra la sua totale insensibilità nei confronti delle “distrazioni” dei suoi simili,e della rigidità di alcuni,atteggiamento tipico di chi si isola e si avvia alle maggiori manie. In effetti,perché ridiamo? Cervasato,nella “Prefazione a Bergson”, “Il riso,saggio sul significato del comico” (1922) afferma: “Il riso è un’arma che la società adopera contro i suoi membri che tendono ad appartarsi. Essa punisce,l’isolato che è insocievole o si avvia a divenirlo. Poiché la nostra “elasticità mentale” deriva dal continuo contatto col mondo,avviene che chi si isola si irrigidisce e avvia il suo essere lungo linee non più elastiche ma automatiche.” Si può, quindi,facilmente avvertire come nonostante il variare dei tempi e delle circostanze,la natura dell’uomo si presenti con atteggiamenti di fondo sempre costanti.
  • 10. Fine