2. Il ragazzo seduto di fianco a me
Edmond Sichrovsky
Dovrebbe essere facile, pensai, mentre
mi preparavo ad andare alle superiori.
Non mi aspettavo di avere problemi a
fare amicizia o interagire con i miei
compagni di classe. Purtroppo la mia
sicurezza fu delusa il primo giorno di
scuola, quando feci conoscenza con il
ragazzo seduto vicino a me nell’aula.
Sean era alto più o meno come me, ma
pesava quasi il doppio. Studiava in
modo sbadato, non si preparava mai
per i compiti in classe, gridava e
insultava studenti e insegnanti. Si
vantava continuamente dei videogiochi
violenti che faceva e la loro influenza si
vedeva chiaramente nel suo
comportamento arrabbiato
e distruttivo. Ben presto cominciai a desiderare di non stare seduto di fianco a
lui.
Passarono le settimane e Sean sembrava peggiorare continuamente. Era
sempre insufficiente, litigava con gli altri ragazzi e non aveva amici. Facevo del
mio meglio per essere cortese, ma mantenevo le distanze.
Un giorno, all’ora di pranzo, l’unico posto libero in mensa era vicino a Sean e
mi ci sono seduto con riluttanza. Abbiamo cominciato a parlare e durante
quella breve conversazione ho scoperto che suo padre era morto quando lui
era piccolo e sua madre faceva il turno di notte. Di conseguenza lui era a casa
da solo quasi tutte le sere e passava del tempo con lei solo nei fine settimana.
Provai vergogna per il mio atteggiamento critico e decisi di avvicinarmi un po’
a lui, nonostante non fossi molto incline a farlo.
3. All’inizio i miei tentativi furono accolti con
scherno e rifiuti. Scoprii che Sean era stato
oggetto di bullismo in passato e sembrava
che per reazione avesse sviluppato una
facciata dura e insensibile. Era difficile
sceglierlo quando facevamo le squadre ed
era penoso cercare di fare amicizia con lui
quando tutti i miei sforzi erano accolti con
osservazioni beffarde. Spesso avevo la
tentazione di arrabbiarmi con lui e mi
chiedevo se ne valesse la pena.
Con il passare dei mesi, però, Sean cominciò
a diventare più amichevole. Poi, una
mattina, più di quattro mesi dopo quella
prima conversazione nella mensa, Sean
insistette per sedersi con me per un’attività
di classe. Ne fui colpito. «Dici sempre che non vuoi più vedermi», gli dissi.
«Non è vero!» replicò con un sorriso. «Sei il mio unico amico, l’unica persona
cui importa di me. Voglio che restiamo sempre amici».
Quel giorno non solo feci un’amicizia che continua ancora adesso, ma scopri
anche una preziosa verità: in qualsiasi modo una persona agisca, si comporti
o sembri essere, tutti vogliono e hanno bisogno di amore e approvazione.
Sotto la superficie dura della facciata di una persona c’è spesso un fiore in
attesa di germogliare. Le parole e i gesti gentili sono per il cuore umano ciò
che il sole è per i fiori. Possono volerci giorni, settimane, a volte perfino mesi
e anni perché i nostri sforzi siano ricompensati da risultati, ma un giorno
quella persona sboccerà.
Quando Gesù disse «ama il tuo prossimo», non parlava soltanto della
persona che abita di fianco a te. Vuole farci condividere il suo amore con
chiunque abbia bisogno della nostra cura e della nostra attenzione, che si
tratti del postino, della donna delle pulizie, dell’impiegato allo sportello o del
bullo seduto di fianco a noi a scuola.
4. Il potere di una pesca
Durante la guerra mondiale 2, la divisione di Tom era catturata dall’esercito
italiano e tutti i soldati erano portati in Italia. Li avevano fatti sfilare per le
strade, facendo del loro meglio per umiliarli. Mentre passavano per le strade,
la gente li scherniva, li copriva di sputi e sfogava su di loro rabbia e
risentimento.
Improvvisamente, dalla folla canzonatoria «è uscita una bambina, mi ha
messo in mano una pesca ed è corsa via prima che potessi ringraziarla». E
Tom continuò: «Non ho mai mangiato una pesca così buona».
Tom aveva oltre settant’anni, ma gli occhi gli brillavano mentre raccontava la
storia di quella bambina italiana che era stata gentile con lui in un periodo di
odio profondo e d’inimicizia tra due paesi in guerra. Nel suo momento di
vergogna e disperazione, una bambina senza nome aveva sfidato la
pressione sociale per fare un semplice regalo di sincera compassione. Aveva
ignorato il suo stato di soldato di un paese straniero e l’aveva visto come un
essere umano ferito e bisognoso di un segno di dolcezza.
5. Il ricordo di quella pesca gli era rimasto in mente nei duri anni successivi,
mentre la guerra volgeva al termine, e ancora in seguito ogni volta che aveva
bisogno della forza per aggrapparsi alla speranza, lasciarsi indietro la pena e il
dolore della guerra e iniziare una vita nuova.
Probabilmente lei non aveva dato molto peso al suo gesto; dopotutto era
«soltanto» una pesca. Probabilmente non si era mai sognata che lui facesse
tesoro della sua benevolenza per il resto della vita; né che la storia sarebbe
stata raccontata in un documentario che probabilmente ha ispirato altri a
raccontare la storia.
Dovremmo quindi adoperarci per la pace condividendo «pesche» d’amore e
misericordia, anche quando è rischioso o anticonvenzionale, perché varrà
veramente la pena di seminare quel «frutto»: le varie anime rinvigorite, i
cuori tristi rallegrati, le persone sole amate.
6. L’argenteria rubata
Il classico letterario di Victor Hugo, I miserabili, racconta la storia di Jean
Valjean, la cui vita già difficile è rovinata da quell’unica decisione di rubare
una pagnotta per sfamare i figli di sua sorella. In conseguenza di ciò, passa i
diciannove anni successivi nel famigerato bagno penale di Tolone. Dopo il
rilascio, impossibilitato a trovare lavoro perché ex-galeotto, Valjean mendica
aiuto dal vescovo di Digne, che lo sfama e gli offre un letto per la notte.
Valjean, disperato per quello che sembra un futuro estremamente squallido,
cede alla tentazione e ruba parte dell’argenteria del vescovo, scomparendo
nella notte. Non arriva molto lontano, però, prima di essere arrestato e
trascinato di fronte al vescovo. Sapendo quel che succederà a Valjean se fosse
condannato di nuovo, il buon vescovo accetta il rischio e dice ai poliziotti:
«L’argenteria gliel’ho data io».
Valjean è libero dalle conseguenze legali della sua azione, ma non ancora
dalle sue cattive abitudini. Dopo un altro furto, è spinto a un punto di
decisione e questa volta si pente. Da quel momento è un uomo nuovo. Passa
per altri sconvolgimenti e affronta altre decisioni difficili negli anni a seguire,
ma rimane fedele al nuovo corso che Dio l’ha aiutato a seguire.
7. Tre tazze di tè
Alexander Sichrovsky
Subito dopo essermi diplomato
alle superiori, decisi di unirmi a
due miei amici per un viaggio
lungo le coste occidentali del
Mediterraneo. Era il 1969 e le
strade europee erano piene di
giovani che girovagavano alla
ricerca di un significato nella
vita. Scendemmo in treno fino a
Napoli, dove prendemmo una
nave che ci portò a Tunisi. Da lì
viaggiammo lungo la costa
nordafricana, chiedendo
passaggi a camionisti e
automobilisti.
Una volta ci trovammo bloccati in una zona isolata, lontana da paesi o villaggi.
Quando scese la notte decidemmo di andare sulla spiaggia, srotolare i nostri
sacchi a pelo e dormire sulla sabbia calda.
La mattina presto, mentre mettevamo via le nostre cose, si avvicinò un uomo
anziano, camminando lentamente. Alzando lo sguardo vidi una capanna di
paglia un po’ più in là sulla spiaggia; nel buio fitto della notte precedente non
l’avevamo notata. L’uomo era vestito in maniera molto modesta e aveva in
mano un vassoio. Deve aver qualcosa da vendere, pensai. Invece, appena
arrivò più vicino, vidi che ci stava portando tre tazze fumanti di tè alla menta.
8. Avevo solo diciotto anni, ero appena uscito da scuola, ero immaturo e
privo d’esperienza, tuttavia rimasi commosso. Perché quest’uomo, che
probabilmente aveva appena di che vivere, offriva del tè a degli
stranieri? Non aveva idea di chi fossimo e non ci conosceva, ma
riteneva suo dovere mostrarci ospitalità.
Bevemmo con gratitudine il tè dolce e fragrante e cercammo di pensare
a un modo di ripagare la cortesia dell’uomo. Offrirgli del denaro
sarebbe stato un insulto, ma rovistando negli zaini trovammo alcune
scatolette di cibo da offrirgli in cambio. Non potemmo conversare
molto, perché il suo francese era scarso e il nostro era peggio, così lo
ringraziammo e ci rimettemmo in marcia. Rimanemmo in silenzio per il
resto della mattinata, ripensando a quell’uomo gentile e alla profonda
impressione che ci aveva lasciato.
Aveva molto meno di noi, ma aveva generosamente offerto quello che
aveva. Venivamo da paesi diversi e parlavamo lingue diverse, ma un
cuore generoso e premuroso aveva superato le barriere.
9. Il coraggio di essere gentili
Olivia Bauer
In un pomeriggio di sole, circa
settant’anni fa, una bambina stava
osservando insieme ai suoi amici un
gruppo di uomini che giocavano a
calcio dietro una rete metallica
bordata di filo spinato. I bambini erano
coinvolti dall’eccitazione del gioco e
dalla bravura dei giocatori.
Improvvisamente un calcio spedì la
palla in un arco sopra la rete,
facendola cadere vicino ai bambini.
«Sarebbe bello avere un pallone per giocare», disse uno dei ragazzi.
«Teniamolo».
Ma la bambina non fu d’accordo. «Non è giusto tenerla», insistette,
ributtando la palla oltre la rete.
Questo gesto di cortesia e onestà ebbe luogo nel cuore della Germania agli
inizi degli anni ’40, durante la Seconda Guerra Mondiale. I giocatori erano
prigionieri di guerra inglesi, internati in un campo alla periferia della città.
Alcuni degli amici della bambina brontolarono. Dopotutto i giocatori erano
prigionieri, perché dovevano avere un pallone, mentre i bambini non
l’avevano?
Nella cortesia c’è forza di carattere — la forza morale e mentale di
intervenire, di dare, di credere, di perseverare, di essere fedeli alle proprie
convinzioni, anche quando vuol dire affrontare delle sfide o pagare un
prezzo. Sono questi gli atti di cortesia che lasciano un’impressione duratura.
Sono passati quasi tre quarti di secolo, ma forse ci sono ancora dei
sopravvissuti alla scena di quell’estate. Forse si ricorderanno di mia nonna, la
bambina che restituì il pallone.
10. La donna delle pulizie
Durante il mio secondo anno
alla scuola per infermiere, il
professore ci sottopose a una
prova in classe. Risposi
facilmente a tutte le domande,
finché arrivai all’ultima: «Come
si chiama la donna che fa le
pulizie nella scuola?» Doveva
essere uno scherzo. Avevo visto
diverse volte la donna delle
pulizie, ma come facevo a
sapere il suo nome? Consegnai
il compito, lasciando in bianco
l’ultima domanda.
Prima del termine della lezione, uno studente chiese se anche l’ultima
domanda contasse per il voto finale. «Certamente — rispose il professore —
Nella vostra carriera incontrerete molte persone. Tutte sono importanti e
meritano la vostra attenzione e il vostro interesse, anche solo sorridendo
loro e salutandole». Non mi sono mai dimenticata quella lezione. Ho anche
imparato che la donna si chiamava Dorothy. —Joann C. Jones
11. Image Credits:
The Boy Sitting Next to Me:
Image 1: Kirimatsu via DeviantArt.com; used under CC license. Image 2: Flamespeedy via DeviantArt.com;
used under CC-NC license.
The Power of a Peach
Image 1: National Geographic; used under Fair Use guidelines.
Image 2: Patrick via Flickr; used under Creative Commons-Attribution-Non Commercial license.
Stolen Silver
Image courtesy of http://lesmiserablesshoujocosette.wikia.com/wiki/The_Silver_Candlesticks.
Three Cups of Tea
Image 1: In public domain. Image 2: Courtesy of Wikimedia Commons
The Soccer Ball
Image is in public domain
The Cleaning Lady
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