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Analisi dell’andamento dell’economia sarda e della Diocesi di Cagliari *
La base informativa per le analisi di contesto
In questo capitolo viene descritto il contesto economico sociale di riferimento considerando
innanzitutto l’evoluzione della dimensione regionale, per poi concentrarsi nel secondo paragrafo
sulle informazioni a livello di Diocesi di Cagliari, che permettono di contestualizzare correttamente
gli interventi di contrasto alla povertà attuati dalla Caritas diocesana. L’analisi di contesto si basa
quindi, a seconda dei livelli territoriali considerati, su informazioni di natura diversa.
In particolare nel cercare di caratterizzare il contesto economico regionale sono state
utilizzate fonti informative disallineate temporalmente, l’indagine continua sulle forze di lavoro
(RCFL aggiornata al II trim. 2013) e i conti economici territoriali dell’ISTAT (aggiornati al 2011),
due indagini di complessità differente che insieme permettono di costruire un quadro di come sta
evolvendo l’economia regionale. L’analisi dei conti economici territoriali consente di capire come
contribuiscono i settori produttivi alla creazione del Valore aggiunto e come lo stesso viene poi
distribuito tra consumi e investimenti. La RCFL permette invece di vedere i riflessi delle dinamiche
economiche sul mercato del lavoro ma soprattutto consente di avere informazioni più recenti sulle
dinamiche in corso.
I dati disponibili per la Diocesi consentono invece esclusivamente un’analisi demografica
della popolazione e del tessuto produttivo, un’analisi sui redditi dei contribuenti e una integrazione
sul mercato del lavoro.
1. Il contesto regionale.
I conti territoriali
Un primo sguardo ai macrosettori rivela tra il 2009 e il 20011 una dinamica1
del Valore aggiunto
regionale in leggera ripresa (1,2% contro 2,7% Italia) dopo la forte caduta avvenuta tra il 2008 e il
2009 (-4,2% contro -5,6% Italia) che risulta da una crescita sia a livello regionale che nazionale del
settore dei servizi (3,6% in Sardegna contro 2,1% in Italia) che in Sardegna raggiunge un peso
percentuale dell’81%, cui si contrappone una caduta del settore agricolo più marcata in Sardegna
che in Italia ed una dinamica del valore aggiunto industriale sempre negativa in Sardegna (-23% sul
periodo 2007-2011 e -9% dal 2009 al 2011) ed in leggera ripresa dal 2009 in Italia (+4,7%).
Milioni di Euro – Valori assoluti2
Sardegna Italia
2007 2008 2009 2010 2011 2007 2008 2009 2010 2011
Agricoltura 1047,29 1036,76 1005,36 1011,36 978,11 28332,4 28728,7 28006,6 27932,2 27825,0
Industria 5558,48 5436,46 4678,92 4467,26 4261,55 361869,9 351378,4 303955,8 317371,6 318111,5
Servizi 21373,05 21601,15 21216,95 21617,91 21979,17 954104,2 948978,0 923238,8 936004,5 942899,3
Totale 27978,83 28074,37 26901,23 27096,52 27218,83 1344306,49 1329085,05 1255201,20 1281308,31 1288835,80
Fonte: ISTAT, Contabilità territoriale.
La conseguenza di queste dinamiche è la seguente struttura del valore aggiunto, in cui a parità di
peso del settore agricolo, il settore dei servizi cresce e compensa sostanzialmente la caduta del
settore industriale.
*
A cura di Giorgio Garau e Lucia Schirru, Vispo Srl.
1
I tassi di crescita e quindi le dinamiche sono calcolate a partire dai valori concatenati che, in maniera simile a
quanto si faceva in passato con l’utilizzo degli aggregati a prezzi costanti, consentono di osservare le dinamiche
temporali senza che le stesse siano influenzate dalle variazioni dei prezzi settoriali.
2
Valori concatenati ai prezzi del 2005.
2	
  
	
  
Struttura percentuale
Sardegna Italia
2007 2008 2009 2010 2011 2007 2008 2009 2010 2011
Agricoltura 3,743 3,693 3,737 3,732 3,594 2,108 2,162 2,231 2,180 2,159
Industria 19,867 19,364 17,393 16,486 15,657 26,919 26,438 24,216 24,769 24,682
Servizi 76,390 76,943 78,870 79,781 80,750 70,974 71,401 73,553 73,051 73,159
Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT, Contabilità territoriale.
Tassi di crescita (valori percentuali)
Sardegna Italia
08/07 09/08 10/09 11/10 08/07 09/08 10/09 11/10
Agricoltura -1,0% -3,0% 0,6% -3,3% 1,4% -2,5% -0,3% -0,4%
Industria -2,2% -13,9% -4,5% -4,6% -2,9% -13,5% 4,4% 0,2%
Servizi 1,1% -1,8% 1,9% 1,7% -0,5% -2,7% 1,4% 0,7%
Totale 0,3% -4,2% 0,7% 0,5% -1,1% -5,6% 2,1% 0,6%
Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT, Contabilità territoriale.
Nell’ambito dell’industria manifatturiera i cali più rilevanti sono rappresentati in Sardegna dai
settori della Raffinazione e della Chimica e da quello della Metallurgia (-37%). Mostrano invece
dinamiche particolarmente favorevoli il settore Tessile (+35%), l’industria Alimentare (+8,6%) e
quella dei Mobili e Altre industrie manifatturiere (+11,5%).
Relativamente invece al settore dei servizi, le dinamiche più rilevanti a livello regionale
riguardano in positivo i Servizi domestici (25,3%), i servizi di Alloggio e ristorazione (+34,1%) e le
Attività artistiche e di intrattenimento (+7,3%). Presentano invece una dinamica negativa le Attività
del commercio all’ingrosso e al dettaglio (-16,8%) e le Attività immobiliari (-2,5%).
Consideriamo di seguito la distribuzione delle risorse tra consumi e accumulazione. Se si
considera che il Pil a livello regionale tra il 2009 e il 2010 rimane pressoché invariato, alla
sostanziale tenuta dei consumi delle famiglie e della PA si contrappongono una riduzione degli
investimenti (-6,6%) e della spesa per consumi finali delle ISP (-1,2%). A livello nazionale invece
sempre tra il 2009 e il 2010 riprende la crescita del Pil (+1,8%) dei consumi delle famiglie (+1,2%)
ma soprattutto riprendono gli investimenti (+2,1%).
Principali voci di Contabilità - Valori assoluti in milioni di euro3
Sardegna Italia
2007 2008 2009 2010 2011 2007 2008 2009 2010 2011
Pil 31253 31258 29776 29831 29854 1492671 1475412 1394347 1419604 1425792
Cons. finali 29598 29435 29103 29075 19729 1177720 1170644 1157577 1166018 866460
- Spesa fam 20411 20244 19902 19836 19729 878250 869510 854009 864345 866460
- Spesa ISP 116 115 117 116 5703 5691 5823 5796
- Spesa PA 9071 9076 9084 9124 293766 295443 297744 295877
IFL 8132 7277 6424 5999 316570 304741 268985 274739
Fonte: ISTAT, Contabilità territoriale.
3
Valori concatenati ai prezzi del 2005.
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Tassi di crescita (valori percentuali)
Sardegna Italia
08/07 09/08 10/09 11/10 08/07 09/08 10/09 11/10
Pil 0,0% -4,7% 0,2% 0,1% -1,2% -5,5% 1,8% 0,4%
Cons. finali -0,5% -1,1% -0,1% -32,1% -0,6% -1,1% 0,7% -25,7%
- Spesa famiglie -0,8% -1,7% -0,3% -0,5% -1,0% -1,8% 1,2% 0,2%
- Spesa ISP -0,5% 1,8% -1,2% -- -0,2% 2,3% -0,5% --
- Spesa PA 0,1% 0,1% 0,4% -- 0,6% 0,8% -0,6% --
IFL -10,5% -11,7% -6,6% -- -3,7% -11,7% 2,1% --
Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT, Contabilità territoriale.
A queste tendenze del valore aggiunto settoriale fa riscontro l’occupazione settoriale che come
risulta dalla contabilità territoriale cresce o diminuisce negli stessi settori individuati poc’anzi. Se si
vuole invece avere un’idea di come queste tendenze, riflesso delle crisi settoriali, della crisi
generale e dell’interrelazione tra settori produttivi (una crisi settoriale incide sui settori collegati), si
riflettano sulla disoccupazione e quindi creino tensione sul mercato del lavoro, determinando una
sottoutilizzazione della manodopera e in definitiva uno spreco di risorse umane, si deve considerare
l’indagine continua sulle forze di lavoro dell’ISTAT che consente trimestralmente di seguire le
dinamiche strutturali e congiunturali. Da questa indagine risulta che nel corso degli anni 2009-2012
si sono fatti sentire in maniera forte anche in Sardegna gli effetti della crisi in atto.
Il mercato del lavoro.
Dinamiche strutturali
Tenendo conto delle medie annuali delle rilevazioni ISTAT a livello regionale, si rileva che dopo un
quadriennio di crescita dell’occupazione e di riduzione della disoccupazione (dal 13,9% nel 2004 al
9,9% nel 2007), negli ultimi anni si registra una frenata del tasso di occupazione determinata da una
sostanziale caduta della componente maschile (dal 66,4 al 60,3%) e da una discreta crescita di
quello femminile (dal 39 al 43,1%). Risale invece di quasi sei punti percentuali in cinque anni il
tasso di disoccupazione, passando dal 9,9% nel 2007 al 15,6% nel 2012 nonostante nel 2011 la
leggera caduta dei tassi facesse pensare ad una inversione di tendenza. Le dinamiche di genere sono
differenziate perché, come vedremo nel seguito, diversi sono i settori economici coinvolti dal
peggioramento dell’andamento della situazione economica e sono comunque in netto sfavore per la
componente maschile più pesantemente coinvolta nella crisi del settore industriale a differenza della
componente femminile, prevalente nei servizi alla persona, che abbiamo visto costituire l’elemento
di tenuta di questi ultimi anni.
Tassi di occupazione1
e disoccupazione4
- Medie anni 2007-2012
2007 2008 2009 2010 2011 2012
Tasso di Occupazione Totale 52,8 52,5 50,8 51 52 51,7
Tasso di Occupazione Maschi 66,4 64,4 61,4 60,2 61,4 60,3
Tasso di Occupazione Femmine 39 40,4 40,2 41,8 42,6 43,1
Tasso di Disoccupazione Totale 9,9 12,2 13,3 14,1 13,6 15,6
Tasso di Disoccupazione Maschi 7,2 9,8 11,5 13,6 12,8 15,3
Tasso di Disoccupazione Femmine 14,2 15,8 16 14,9 14,6 15,9
Fonte: RCFL, Media anni 2007 – 2012.
1
Il tasso di occupazione è riferito alla classe 15-64 anni.
4
Il tasso di disoccupazione è riferito alla classe 15-74 anni.
4	
  
	
  
In valore assoluto, nel 2012 le persone in cerca di occupazione risultano 109 mila, 18 mila in più
rispetto al 2009 a fronte di un numero quasi immutato di occupati ma di un sostanziale aumento
delle Forze di Lavoro (da 683 mila a 705 mila). Un discorso a parte merita la categoria, definita a
livello europeo e poi introdotta nel 2012 dall’ISTAT, delle Forze di Lavoro potenziali. Tale
aggregato risulta dalla somma di “inattivi disponibili a lavorare” (non hanno cioè cercato
attivamente lavoro nelle ultime quattro settimane) al cui interno si trovano gli scoraggiati e gli
“inattivi che cercano lavoro ma non sono subito disponibili a lavorare”. Se lo si somma ai
disoccupati si ha la misura delle persone potenzialmente impiegabili nei processi produttivi,
indicatore simile a quello che in passato era il tasso di disoccupazione allargato. La ricostruzione di
tale aggregato permette di osservare una leggera crescita (da 114 mila a 117 mila) che non fa che
sottolineare ulteriormente il progressivo ingrossamento della platea dei disoccupati.
Forze di lavoro, inattivi e FL potenziali - Media RFCL 2009-2012. Valori assoluti in migliaia
Tipologia 2009 2010 2011 2012
M F Tot M F Tot M F Tot M F Tot
Forze di lavoro 408 275 683 409 282 691 410 286 696 412 292 705
Occupati 361 231 592 353 240 593 358 244 602 349 246 595
Disoccupati 47 44 91 55 42 98 52 42 94 63 46 109
Inattivi 302 472 774 302 468 770 302 466 768 300 459 759
Forze di lavoro potenziali* 42 72 114 42 64 106 48 67 115 46 70 117
Fonte: RCFL, Media anni 2009 – 2012.
Il confronto tra le medie ISTAT degli ultimi quattro anni evidenzia dunque la seguente
fenomenologia. Da un lato si assiste, al termine del processo di espansione dell’occupazione, che
tuttavia si sostanzia in una più drastica riduzione dell’occupazione maschile (-12 mila maschi in tre
anni) a fronte di una complessiva tenuta dell’occupazione femminile (+15 mila donne). Dall’altro
lato, si rileva un aumento significativo della disoccupazione (+16 mila maschi e + 2 mila donne in
tre anni) ed una riduzione degli inattivi in età da lavoro. In definitiva per la componente femminile
si osserva un passaggio di circa 13 mila unità da inattivi a Forza Lavoro e una sostanziale tenuta dei
livelli di disoccupazione (tra il 2009 e il 2012 il tasso di disoccupazione femminile non muta) sia in
senso stretto che nella definizione allargata. Per la componente maschile si osserva invece un
travaso da occupati a disoccupati per circa 12 mila unità cui si aggiungono altri 4mila nuovi
disoccupati e ulteriori 4mila forze di lavoro potenziali. Tutto ciò è chiaramente il riflesso delle crisi
produttive che come abbiamo ribadito più volte colpiscono pesantemente settori la cui occupazione
è a prevalente composizione maschile.
Evidentemente la crisi agisce sull’offerta di lavoro, spingendo una parte della popolazione
inattiva, soprattutto donne, ad uscire dall’inattività e a ricercare attivamente lavoro. Parallelamente
si assiste invece, per la componente maschile, all’incremento della platea degli sfiduciati. A livello
settoriale si riduce l’occupazione nell’industria e nelle costruzioni, tiene invece quella nel
commercio e nei servizi (dove si concentra l’occupazione femminile). E’ chiaro in sintesi il
passaggio da una fase di espansione ad una di contrazione della base occupazionale.
Occupati totali per settore economico. Valori assoluti in migliaia
Agricoltura Ind. in senso stretto Costruzioni Commercio Altri servizi
Media 2006 37 71 63 99 338
Media 2007 39 72 67 95 340
Media 2008 37 69 62 134 309
Media 2009 34 66 62 129 302
Media 2010 29 65 57 139 304
Media 2011 32 61 54 132 323
Media 2012 32 61 54 132 323
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Fonte:Rilevazione continua delle forze di lavoro. Medie RCFL.
Indicazioni di tendenza.
Un’analisi delle dinamiche trimestrali (congiunturali) permette di comprendere meglio la
pervasività del fenomeno di crisi che, è diventata realmente drammatica a livello regionale nel corso
dell’ultimo anno mentre a livello nazionale e mondiale si tenta di uscire dalla crisi. In effetti, un
primo segnale inequivocabile della crisi si ha nell’andamento altalenante del tasso di occupazione
femminile e nella sostanziale incapacità del sistema produttivo di rilanciarne la crescita (nel II
trimestre del 2012 il suo valore è praticamente uguale a quello del II trimestre del 2009). Negli
ultimi 3 trimestri la situazione sta invece effettivamente peggiorando e il tasso di occupazione
scende sotto al 40%.
Anche relativamente alla disoccupazione (netta e allargata) la cui dinamica è espressa
meglio dai tassi tendenziali (calcolati rapportando il valore di ogni trimestre al valore dello stesso
trimestre dell’anno precedente) si osserva, dopo l’aumento dei primi due trimestri del 2010,
un’inversione di tendenza che dura per cinque trimestri e che però riparte in maniera negativa dal
IV trimestre del 2011 e dopo un 2012 altalenante chiude nel 2013 al 18,7%. L’analisi dei tassi
tendenziali mette in evidenza la debolezza della componente femminile il cui tasso di
disoccupazione in calo sino al II trimestre del 2011 riprende la sua crescita un trimestre prima del
tasso di disoccupazione totale. Tuttavia la risalita del tasso di disoccupazione femminile (+ 3,1% tra
II trim 2012 e II trim 2013 contro +3,7% per la disoccupazione totale) è meno accentuata di quella
del tasso di disoccupazione totale e questo significa che è la componente maschile della forza
lavoro a soffrire maggiormente.
Un ragionamento inverso può essere fatto se si guarda alla % delle FL potenziali dove la
componente femminile, tra il II trim del 2012 ed il corrispondente trimestre del 2013, aumenta
dell’1,1% contro la componente totale che aumenta solo dello 0,2% (il raffronto tra i primi trimestri
del 2013 e del 2012 permette di sottolineare questo fenomeno in maniera ancora maggiore). In altri
termini si potrebbe pensare che l’accentuazione delle criticità del mercato del lavoro sardo che
rientra in crisi nel corso del 2011 determinano per la componente femminile uno spostamento dalla
disoccupazione allo scoraggiamento o ricerca non attiva di un lavoro.
Tassi di occupazione e disoccupazione
2010 2011 2012 2013
I II III IV I II III IV I II III IV I II
T. Occup.
Tot.
50,1 53 50,8 50,2 51,8 52,1 53,3 50,9 52,1 52,6 52,5 49,8 48,8 48,3
T. di Occup.
F
40,8 43,2 41,5 41,7 41,9 42,9 43 42,6 44,4 43,2 43,7 41,2 41,1 39,1
T. Disocc.
Tot.
16,1 13,3 12,4 14,7 13,5 13 11,2 16,3 16,2 15 14,6 16,4 18,5 18,7
T. Disocc. F 17,9 14,1 11,6 15,9 14,6 14 11,8 17,5 15,8 15,8 15,3 16,8 17,2 18,9
F L pot. Tot. 15,4 16,6 16,3 16,4 15,9 17,7 18,3 16,6
F L pot. F 22,6 23,4 23,9 24,8 21,9 25,6 28,8 25,9
Fonte: Rilevazione continua delle forze di lavoro.
Tra il II trim del 2010 ed il II trim del 2013 l’occupazione si riduce complessivamente di 65 mila
unità. A livello di settore economico si osserva una dinamica negativa di quasi tutti i settori tranne
l’Agricoltura (sostanzialmente stabile dopo la crescita nei due anni intermedi ed il calo dell’ultimo
anno) ed il settore dell’Industria in senso stretto (che dopo il calo dei due anni intermedi aumenta
gli occupati tra il II trim del 2012 ed il II trim del 2013 di ben 12 mila unità e nell’intero periodo
preso in considerazione di 3 mila unità). La crisi peggiore riguarda il settore del Commercio (-
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28mila unità), quello degli Altri servizi (-24 mila unità) e il settore delle Costruzioni (-15mila
occupati).
Occupati totali per settore economico
2010 2011 2012 2013
I II III IV I II III IV I II III IV I II
Agricoltura 31 27 26 33 36 30 31 31 32 36 35 30 29 27
Ind senso
stretto
63 66 68 63 61 64 65 55 53 57 57 49 59 69
Costruzioni 60 57 53 57 59 52 58 46 47 46 48 50 41 42
Commercio 122 143 153 137 121 125 150 132 127 124 140 132 119 115
Altri servizi 303 324 293 295 325 332 312 324 341 343 321 310 311 300
Totale 580 617 593 584 601 603 615 587 601 606 602 572 558 552
Fonte: Rilevazione continua delle forze di lavoro.
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2. La Diocesi di Cagliari.
Aspetti demografici
In Sardegna risiedono 1.640.379 persone (fine 2012), l’1,55 per mille in più rispetto all’anno
precedente. Una variazione esigua se confrontata col resto del Paese in cui il tasso di crescita è del
4,9 per mille. L'incremento registrato nell’Isola è spiegato esclusivamente dal movimento
migratorio estero. Infatti, nel 2012, sono negativi sia il saldo naturale, che il movimento migratorio
interno (tra comuni italiani). E' quindi l’incremento del numero di stranieri a far aumentare la
popolazione. Questi ultimi sono però ancora in numero esiguo, rappresentando appena il 2,2% dei
sardi, mentre a livello nazionale la percentuale si attesta al 7,4%.
Più di un terzo (il 34,5%) della popolazione regionale è concentrata nella Diocesi di Cagliari
in cui risiedono 566.481 persone. Nella provincia di Cagliari, che si utilizza come approssimazione
della diocesi quando mancano i dati per l’analisi, i residenti sono leggermente meno, 551.077,
anche se i comuni sono due in più, e rappresentano il 33,6% dell’intera popolazione sarda.
Il tasso di crescita registrato nella provincia nel 2012 è più elevato di quello regionale e
arriva al 2,15 per mille. La crescita stavolta non è legata ai soli stranieri, ma contribuiscono anche i
trasferimenti di residenza da altri comuni sardi o italiani. Il saldo naturale è però ancora negativo.
Fig. 1. Comuni appartenenti alla diocesi e alla provincia di Cagliari.
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat
La distribuzione per fasce d’età della popolazione della Diocesi è la seguente: 70 mila hanno
meno di 15 anni (il 12,4%), 390 mila sono in età da lavoro (in termini percentuali rappresentano il
68,7% della popolazione); e 107 mila hanno invece superato i 64 anni (sono il 19%). Nella
provincia di Cagliari e nell’intera regione le percentuali sono pressoché identiche. Si notano delle
differenze solo col confronto nazionale in cui sono più numerosi i giovani e gli anziani, e sono
meno le persone in età da lavoro.
Arancione: comuni diocesi e provincia
Rosso: solo diocesi
Giallo: solo provincia
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Popolazione per fasce d'età al 01/01/2012
0-14 anni 15-64 anni 65-100 anni Popolazione totale
Diocesi di Cagliari 69.860 388.248 107.109 565.217
% 12,4% 68,7% 19,0% 100%
Provincia di Cagliari 67.784 377.369 104.740 549.893
% 12,3% 68,6% 19,0% 100%	
  
Sardegna 200.420 1.107.522 329.904 1.637.846
% 12,2% 67,6% 20,1% 100%
Italia 8.325.217 38.698.168 12.370.822 59.394.207
% 14,0% 65,2% 20,8% 100%
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat
Le imprese
Delle 147 mila imprese operanti nell’Isola, il 31% ha sede nella provincia di Cagliari: 46
mila, diminuite rispetto al 2011. Le cessazioni di attività avvenute nel corso del 2012 sono state più
numerose delle nuove iniziative, facendo registrare un tasso di crescita negativo (-0,51%) in linea
con quanto accaduto nel resto della regione.
Il commercio è il settore prevalente (32% mentre la media regionale è del 27,5%). Il
secondo settore per numerosità di imprese è l’agricoltura, col 16,2% in provincia e il 23,5% in
regione. Seguono le costruzioni, con una percentuale del 14% (14,9% a livello regionale).
L’industria in senso stretto non arriva all’8%, mentre le attività dei servizi di alloggio e ristorazione
si quotano per un 7%, leggermente meno rispetto al livello regionale (8%).
Distribuzione delle aziende per settore di attività economica (2012).
Cagliari Sardegna
Settore numero di
imprese
% numero di
imprese
%
"Commercio all'ingrosso, al dettaglio e
riparazioni autoveicoli e motocicli"
14.771 32% 40.318 28%
"Agricoltura, caccia e pesca" 7.462 16% 34.482 24%
"costruzioni" 6.430 14% 21.903 15%
"Industria in senso stretto" 3.540 8% 11.357 8%
"Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione " 3.127 7% 11.400 8%
"Altre attività dei servizi" 1.682 4% 5.085 3%
"Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto
alle imprese"
1.641 4% 4.226 3%
" Trasporto e magazzinaggio" 1.512 3% 4.517 3%
"Attività professionali, scientifiche e tecniche" 1.397 3% 2.863 2%
"Servizi di informazione e comunicazione" 1.353 3% 2.842 2%
"Attività immobiliari" 934 2% 2.179 1%
"Attività finanziarie e assicurative" 843 2% 2.040 1%
"Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e
divertimento"
427 1% 1.340 1%
"Sanità e assistenza sociale" 389 1% 925 1%
"Istruzione" 303 1% 651 0%
"Imprese non classificate" 38 0% 139 0%
Totale 45.849 146.267
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Infocamere
9	
  
	
  
I redditi
Nel 2011 i contribuenti sardi (soggetti alle imposte addizionali Irpef) sono 756 mila, stabili rispetto
al 2010, e hanno dichiarato mediamente 21.107 euro, 2.400 euro in meno rispetto ai connazionali
residenti fuori regione. In un anno il reddito è aumentato di appena un punto percentuale, meno di
200 euro, esattamente come nel resto d’Italia. I contribuenti della diocesi di Cagliari sono tra i più
“facoltosi” in regione e il loro reddito è arrivato a 23.138 euro, staccando di più di due mila euro
quello medio regionale e di più di 5 mila euro quello della diocesi di Ozieri, che risulta in tutto il
periodo considerato la più povera in Sardegna.
Reddito medio annuo delle 10 diocesi (Reddito imponibile ai fini delle addizionali Irpef, valori in euro)
Reddito medio annuo
Diocesi 2007 2008 2009 2010 2011
Ales Terralba 17.191 17.301 17.529 17.811 18.105
Alghero Bosa 19.141 19.274 19.669 19.933 20.176
Cagliari 22.157 22.260 22.589 22.939 23.138
Iglesias 19.114 19.290 19.391 19.628 19.840
Lanusei 17.493 17.546 17.835 17.980 18.221
Nuoro 18.583 18.598 19.006 19.249 19.478
Oristano 19.155 19.245 19.641 19.885 20.037
Ozieri 17.141 17.329 17.540 17.732 18.008
Sassari 21.243 21.327 21.640 22.000 22.086
Tempio Ampurias 19.551 19.433 19.488 19.536 19.729
Sardegna 20.286 20.355 20.638 20.915 21.107
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat
Dal 2007 al 2011 il reddito medio per contribuente è aumentato in tutte le diocesi, anche se il tasso
di crescita annuale risulta molto variabile. Nella diocesi di Cagliari, a parte l’ultimo anno in cui la
equivale, la crescita del reddito medio risulta sempre leggermente superiore a quella regionale.
Variazioni annuali del reddito medio delle diocesi (valori percentuali)
Diocesi 08/07 09/08 10/09 11/10
Ales Terralba 0,6% 1,3% 1,6% 1,7%
Alghero Bosa 0,7% 2,0% 1,3% 1,2%
Cagliari 0,5% 1,5% 1,6% 0,9%
Iglesias 0,9% 0,5% 1,2% 1,1%
Lanusei 0,3% 1,6% 0,8% 1,3%
Nuoro 0,1% 2,2% 1,3% 1,2%
Oristano 0,5% 2,1% 1,2% 0,8%
Ozieri 1,1% 1,2% 1,1% 1,6%
Sassari 0,4% 1,5% 1,7% 0,4%
Tempio Ampurias -0,6% 0,3% 0,2% 1,0%
Sardegna 0,3% 1,4% 1,3% 0,9%
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat
10	
  
	
  
Reddito medio annuo di alcune diocesi (Reddito imponibile ai fini delle addizionali Irpef, valori in euro)
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat
Nella diocesi di Cagliari c’è la minor incidenza di contribuenti con redditi bassi: nel 2011 il 36%
aveva percepito un reddito inferiore a 20 mila euro. Questa percentuale è mediamente del 40%
nell’Isola e arriva al 47% nella diocesi di Ales Terralba.
Percentuale di contribuenti che dichiarano meno di 20 mila euro annui per diocesi (Reddito imponibile ai
fini delle addizionali Irpef, valori percentuali)
%
Ales Terralba 47%
Alghero Bosa 41%
Cagliari 36%
Iglesias 42%
Lanusei 44%
Nuoro 42%
Oristano 41%
Ozieri 45%
Sassari 38%
Tempio Ampurias 42%
Sardegna 40%
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat
Se si considerano i singoli comuni della diocesi si ottiene un maggior dettaglio. Come mostra
l’immagine nei comuni in rosa la percentuale di contribuenti con meno di 20 mila euro di reddito
imponibile supera il 70%, in giallo i comuni con una percentuale di contribuenti “poveri” compresa
tra il 60 e il 70%, in verde chiaro i comuni con percentuali inferiori al 60% ma che superano il 50%.
Solo a Cagliari e hinterland si trovano percentuali inferiori al 50%.
22.157 22.260
22.589
22.939
23.138
21.243 21.327
21.640
22.000 22.086
20.286 20.355
20.638
20.915
21.107
17.141
17.329
17.540
17.732
18.008
15.000
16.000
17.000
18.000
19.000
20.000
21.000
22.000
23.000
24.000
2007 2008 2009 2010 2011
Cagliari
Sassari
Sardegna
Ozieri
11	
  
	
  
Percentuale di contribuenti che dichiarano meno di 20 mila euro annui nei comuni della diocesi
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat
Se si considera il reddito medio la situazione non appare molto differente. I comuni con reddito
superiore alla media regionale si concentrano intorno a Cagliari (che vanta il reddito medio più
elevato: 28.309 euro). Nei comuni in rosso i contribuenti hanno invece dichiarato meno di 17.500
euro annui (sempre di imponibile lordo per contribuente).
Reddito medio per contribuente nei comuni della diocesi
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat
12	
  
	
  
I pensionati
L’analisi sui redditi si riferisce all’intera popolazione comunale, si può però fare un
approfondimento sui soli pensionati5
, che risultano complessivamente 441.779 (dati Istat riferiti al
2011), sostanzialmente stabili rispetto al 2010 in cui se ne contavano 439.761 e percepiscono
mediamente 15.278 euro all’anno, 400 euro circa in più dell’anno precedente (14.842 euro). Il 31%
dei pensionati risiede nella provincia di Cagliari (sono 136.641) e anch’essi sono pressoché invariati
come numero rispetto al 2010. Come indicato per i redditi medi dei contribuenti, la provincia
cagliaritana vanta i redditi da pensione più elevati: 16.705 euro medi annui per pensionato e anche
l’incremento annuo ricevuto in media dai pensionati è stato più rilevante: 500 euro.
Mercato del lavoro
Ad integrazione dell’analisi proposta a livello regionale si presenta un quadro del mercato
del lavoro relativamente alla sola alla provincia di Cagliari, utilizzata in sostituzione della Diocesi
di cui non si dispongono i dati e si considerano le persone con più di 15 anni.
Il tasso di occupazione provinciale (stabile rispetto al 2011) è leggermente più elevato della
regione, arrivando al 42,2% (contro un 40,7% a livello regionale), è però inferiore di due punti
rispetto alla media nazionale (44%). Il tasso di disoccupazione che invece è aumentato nell’ultimo
anni di due punti percentuali (come nella media regionale), continua ad essere allineato al livello
medio sardo al 15,5% e risulta di 5 punti più elevato del valore italiano.
Se si considerano solo i giovani (fascia d’età 15-24), la differenza col resto d’Italia è ancora
più evidente. In provincia il tasso di disoccupazione giovanile è del 57,6%, 10 punti in più della
media regionale (47,3%), che diventano oltre 20 se il confronto si fa col resto d’Italia, in cui il tasso
corrisponde al 35,3%.
Popolazione con più di 15 anni
Cagliari Sardegna
2011 2012 2011 2012
Tasso di occupazione 42,1 42,2 41,1 40,7
Tasso di disoccupazione 13,2 15,5 13,5 15,5
Fonte: Dati Istat
Struttura del mercato del lavoro
La ripartizione per settori di attività mette in evidenza una distribuzione differente tra
provincia e regione. Nella prima i servizi annullano qualsiasi altra attività rappresentando l’84,6%
degli occupati. L’agricoltura è la prima a risentirne, considerato che sono appena 4 mila gli occupati
nel settore (l’1,9% in valori percentuali) in calo rispetto al 2011. Anche l’industria in senso stretto e
le costruzioni continuano a perdere occupati e attualmente rappresentano rispettivamente il 7,2% e
il 6,3% del totale dei lavoratori. Questa ripartizione differisce dalla media regionale in cui il peso
dei servizi (77,3%), pur essendo più elevato del livello nazionale lascia ancora qualche alternativa
di lavoro agli altri settori. Gli occupati in agricoltura sono infatti il 5,5%, nell’industria in senso
stretto sono il 9,1% e nelle costruzioni sono l’8,1%.
Occupati per settore economico (valori in
migliaia)
Cagliari Sardegna
Valore
assoluto
% Valore
assoluto
%
5
Tra i pensionati si considerano oltre agli anziani che godono una pensione di vecchiaia o di anzianità, anche
coloro che, a prescindere dall’età, usufruiscono di pensioni di inabilità, invalidità, pensioni sociali o assistenziali, ecc.
13	
  
	
  
Agricoltura, silvicoltura e pesca 4 1,9% 33 5,5%
Totale industria 28 13,5% 102 17,1%
Industria escluse costruzioni 15 7,2% 54 9,1%
Costruzioni 13 6,3% 48 8,1%
Totale servizi 176 84,6% 460 77,3%
Commercio, alberghi e ristoranti 38 18,3% 131 22,0%
Altre attività dei servizi 139 66,8% 329 55,3%
Totale 208 595
Fonte:	
  Nostre	
  elaborazioni	
  su	
  dati	
  Istat	
  
14	
  
	
  
Conclusioni
Si confermano le evidenze emerse nel precedente rapporto che di seguito riassumiamo:
a) il progressivo depauperamento del tessuto produttivo e il crescente travaso di occupazione
tra industria e servizi che corrisponde per certi versi ad una terziarizzazione spinta del nostro
sistema economico ma anche al porto di approdo di quote di lavoratori che l’industria, date
le condizioni di produttività imposte dalla competizione globale, non può più sostenere;
b) un ritardo nell’osservare gli effetti della crisi di circa due anni sia nei conti territoriali che
nel mercato del lavoro;
c) una caratterizzazione della disoccupazione per genere in quanto la crisi determina
l’affacciarsi sul mercato del lavoro di un numero maggiore di donne (aumenta infatti il tasso
di occupazione) ma poi una parte di queste, come si vede nell’andamento degli ultimi tre
trimestri considerati, passa dalla ricerca attiva di lavoro allo stato di inattività determinando
un innalzamento del tasso di disoccupazione femminile allargato maggiore del corrispondete
tasso globale. La dinamica della disoccupazione maschile sembra essere invece strettamente
collegata alla definitiva maturazione della situazione di crisi del settore industriale e alla
drammatica stagnazione che affligge il settore delle costruzioni.
Si può tuttavia aggiungere che l’accentuarsi della crisi a livello regionale ha intaccato anche il
settore del Commercio e, stante la difficoltà del settore delle Costruzioni, il settore delle Attività
immobiliari. Inoltre appaiono timidi segnali di ripresa nei settori manifatturieri non colpiti dalla
crisi (Tessile, Alimentare e Mobili) e soprattutto a livello nazionale riprendono gli Investimenti. I
riflessi di tutto ciò non si percepiscono ancora sul mercato del lavoro in cui continuano a crescere a
ritmi crescenti i tassi di disoccupazione quello femminile ma anche, come vedremo nel capitolo
dedicato, quello giovanile.
Se ora guardiamo alla posizione relativa della Diocesi di Cagliari rispetto alle medie
regionali, possiamo anche in questo caso confermare le principali evidenze già emerse nel
precedente rapporto e cioè:
a) una dinamica della popolazione maggiore della media regionale, cui però contribuiscono
anche i trasferimenti di residenza tra comuni;
b) redditi e pensioni mediamente più elevati del resto della regione;
c) un tasso di disoccupazione giovanile più elevato di quello medio regionale e
sensibilmente maggiore (circa 20 punti percentuali in più) della media nazionale;
d) una fortissima concentrazione degli occupati nel settore dei servizi a discapito di
Agricoltura, Industria e Costruzioni.
In definitiva la Diocesi di Cagliari è una grande area urbana mediamente più ricca, fortemente
terziarizzata, caratterizzata da dinamiche demografiche che accentuano questi tratti, il cui principale
riflesso negativo è costituito dal problema della disoccupazione giovanile. L’area è quindi solo in
apparenza lontana dalla crisi che pervade il settore industriale, poiché ad oggi il problema maggiore
sta diventando la difficoltà dei giovani ad entrare nel mercato del lavoro e verosimilmente l’attuale
struttura economica non sembra in grado di dare una risposta a questo problema.

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Estratto dal Rapporto Caritas 2013

  • 1. 1     Analisi dell’andamento dell’economia sarda e della Diocesi di Cagliari * La base informativa per le analisi di contesto In questo capitolo viene descritto il contesto economico sociale di riferimento considerando innanzitutto l’evoluzione della dimensione regionale, per poi concentrarsi nel secondo paragrafo sulle informazioni a livello di Diocesi di Cagliari, che permettono di contestualizzare correttamente gli interventi di contrasto alla povertà attuati dalla Caritas diocesana. L’analisi di contesto si basa quindi, a seconda dei livelli territoriali considerati, su informazioni di natura diversa. In particolare nel cercare di caratterizzare il contesto economico regionale sono state utilizzate fonti informative disallineate temporalmente, l’indagine continua sulle forze di lavoro (RCFL aggiornata al II trim. 2013) e i conti economici territoriali dell’ISTAT (aggiornati al 2011), due indagini di complessità differente che insieme permettono di costruire un quadro di come sta evolvendo l’economia regionale. L’analisi dei conti economici territoriali consente di capire come contribuiscono i settori produttivi alla creazione del Valore aggiunto e come lo stesso viene poi distribuito tra consumi e investimenti. La RCFL permette invece di vedere i riflessi delle dinamiche economiche sul mercato del lavoro ma soprattutto consente di avere informazioni più recenti sulle dinamiche in corso. I dati disponibili per la Diocesi consentono invece esclusivamente un’analisi demografica della popolazione e del tessuto produttivo, un’analisi sui redditi dei contribuenti e una integrazione sul mercato del lavoro. 1. Il contesto regionale. I conti territoriali Un primo sguardo ai macrosettori rivela tra il 2009 e il 20011 una dinamica1 del Valore aggiunto regionale in leggera ripresa (1,2% contro 2,7% Italia) dopo la forte caduta avvenuta tra il 2008 e il 2009 (-4,2% contro -5,6% Italia) che risulta da una crescita sia a livello regionale che nazionale del settore dei servizi (3,6% in Sardegna contro 2,1% in Italia) che in Sardegna raggiunge un peso percentuale dell’81%, cui si contrappone una caduta del settore agricolo più marcata in Sardegna che in Italia ed una dinamica del valore aggiunto industriale sempre negativa in Sardegna (-23% sul periodo 2007-2011 e -9% dal 2009 al 2011) ed in leggera ripresa dal 2009 in Italia (+4,7%). Milioni di Euro – Valori assoluti2 Sardegna Italia 2007 2008 2009 2010 2011 2007 2008 2009 2010 2011 Agricoltura 1047,29 1036,76 1005,36 1011,36 978,11 28332,4 28728,7 28006,6 27932,2 27825,0 Industria 5558,48 5436,46 4678,92 4467,26 4261,55 361869,9 351378,4 303955,8 317371,6 318111,5 Servizi 21373,05 21601,15 21216,95 21617,91 21979,17 954104,2 948978,0 923238,8 936004,5 942899,3 Totale 27978,83 28074,37 26901,23 27096,52 27218,83 1344306,49 1329085,05 1255201,20 1281308,31 1288835,80 Fonte: ISTAT, Contabilità territoriale. La conseguenza di queste dinamiche è la seguente struttura del valore aggiunto, in cui a parità di peso del settore agricolo, il settore dei servizi cresce e compensa sostanzialmente la caduta del settore industriale. * A cura di Giorgio Garau e Lucia Schirru, Vispo Srl. 1 I tassi di crescita e quindi le dinamiche sono calcolate a partire dai valori concatenati che, in maniera simile a quanto si faceva in passato con l’utilizzo degli aggregati a prezzi costanti, consentono di osservare le dinamiche temporali senza che le stesse siano influenzate dalle variazioni dei prezzi settoriali. 2 Valori concatenati ai prezzi del 2005.
  • 2. 2     Struttura percentuale Sardegna Italia 2007 2008 2009 2010 2011 2007 2008 2009 2010 2011 Agricoltura 3,743 3,693 3,737 3,732 3,594 2,108 2,162 2,231 2,180 2,159 Industria 19,867 19,364 17,393 16,486 15,657 26,919 26,438 24,216 24,769 24,682 Servizi 76,390 76,943 78,870 79,781 80,750 70,974 71,401 73,553 73,051 73,159 Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT, Contabilità territoriale. Tassi di crescita (valori percentuali) Sardegna Italia 08/07 09/08 10/09 11/10 08/07 09/08 10/09 11/10 Agricoltura -1,0% -3,0% 0,6% -3,3% 1,4% -2,5% -0,3% -0,4% Industria -2,2% -13,9% -4,5% -4,6% -2,9% -13,5% 4,4% 0,2% Servizi 1,1% -1,8% 1,9% 1,7% -0,5% -2,7% 1,4% 0,7% Totale 0,3% -4,2% 0,7% 0,5% -1,1% -5,6% 2,1% 0,6% Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT, Contabilità territoriale. Nell’ambito dell’industria manifatturiera i cali più rilevanti sono rappresentati in Sardegna dai settori della Raffinazione e della Chimica e da quello della Metallurgia (-37%). Mostrano invece dinamiche particolarmente favorevoli il settore Tessile (+35%), l’industria Alimentare (+8,6%) e quella dei Mobili e Altre industrie manifatturiere (+11,5%). Relativamente invece al settore dei servizi, le dinamiche più rilevanti a livello regionale riguardano in positivo i Servizi domestici (25,3%), i servizi di Alloggio e ristorazione (+34,1%) e le Attività artistiche e di intrattenimento (+7,3%). Presentano invece una dinamica negativa le Attività del commercio all’ingrosso e al dettaglio (-16,8%) e le Attività immobiliari (-2,5%). Consideriamo di seguito la distribuzione delle risorse tra consumi e accumulazione. Se si considera che il Pil a livello regionale tra il 2009 e il 2010 rimane pressoché invariato, alla sostanziale tenuta dei consumi delle famiglie e della PA si contrappongono una riduzione degli investimenti (-6,6%) e della spesa per consumi finali delle ISP (-1,2%). A livello nazionale invece sempre tra il 2009 e il 2010 riprende la crescita del Pil (+1,8%) dei consumi delle famiglie (+1,2%) ma soprattutto riprendono gli investimenti (+2,1%). Principali voci di Contabilità - Valori assoluti in milioni di euro3 Sardegna Italia 2007 2008 2009 2010 2011 2007 2008 2009 2010 2011 Pil 31253 31258 29776 29831 29854 1492671 1475412 1394347 1419604 1425792 Cons. finali 29598 29435 29103 29075 19729 1177720 1170644 1157577 1166018 866460 - Spesa fam 20411 20244 19902 19836 19729 878250 869510 854009 864345 866460 - Spesa ISP 116 115 117 116 5703 5691 5823 5796 - Spesa PA 9071 9076 9084 9124 293766 295443 297744 295877 IFL 8132 7277 6424 5999 316570 304741 268985 274739 Fonte: ISTAT, Contabilità territoriale. 3 Valori concatenati ai prezzi del 2005.
  • 3. 3     Tassi di crescita (valori percentuali) Sardegna Italia 08/07 09/08 10/09 11/10 08/07 09/08 10/09 11/10 Pil 0,0% -4,7% 0,2% 0,1% -1,2% -5,5% 1,8% 0,4% Cons. finali -0,5% -1,1% -0,1% -32,1% -0,6% -1,1% 0,7% -25,7% - Spesa famiglie -0,8% -1,7% -0,3% -0,5% -1,0% -1,8% 1,2% 0,2% - Spesa ISP -0,5% 1,8% -1,2% -- -0,2% 2,3% -0,5% -- - Spesa PA 0,1% 0,1% 0,4% -- 0,6% 0,8% -0,6% -- IFL -10,5% -11,7% -6,6% -- -3,7% -11,7% 2,1% -- Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT, Contabilità territoriale. A queste tendenze del valore aggiunto settoriale fa riscontro l’occupazione settoriale che come risulta dalla contabilità territoriale cresce o diminuisce negli stessi settori individuati poc’anzi. Se si vuole invece avere un’idea di come queste tendenze, riflesso delle crisi settoriali, della crisi generale e dell’interrelazione tra settori produttivi (una crisi settoriale incide sui settori collegati), si riflettano sulla disoccupazione e quindi creino tensione sul mercato del lavoro, determinando una sottoutilizzazione della manodopera e in definitiva uno spreco di risorse umane, si deve considerare l’indagine continua sulle forze di lavoro dell’ISTAT che consente trimestralmente di seguire le dinamiche strutturali e congiunturali. Da questa indagine risulta che nel corso degli anni 2009-2012 si sono fatti sentire in maniera forte anche in Sardegna gli effetti della crisi in atto. Il mercato del lavoro. Dinamiche strutturali Tenendo conto delle medie annuali delle rilevazioni ISTAT a livello regionale, si rileva che dopo un quadriennio di crescita dell’occupazione e di riduzione della disoccupazione (dal 13,9% nel 2004 al 9,9% nel 2007), negli ultimi anni si registra una frenata del tasso di occupazione determinata da una sostanziale caduta della componente maschile (dal 66,4 al 60,3%) e da una discreta crescita di quello femminile (dal 39 al 43,1%). Risale invece di quasi sei punti percentuali in cinque anni il tasso di disoccupazione, passando dal 9,9% nel 2007 al 15,6% nel 2012 nonostante nel 2011 la leggera caduta dei tassi facesse pensare ad una inversione di tendenza. Le dinamiche di genere sono differenziate perché, come vedremo nel seguito, diversi sono i settori economici coinvolti dal peggioramento dell’andamento della situazione economica e sono comunque in netto sfavore per la componente maschile più pesantemente coinvolta nella crisi del settore industriale a differenza della componente femminile, prevalente nei servizi alla persona, che abbiamo visto costituire l’elemento di tenuta di questi ultimi anni. Tassi di occupazione1 e disoccupazione4 - Medie anni 2007-2012 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Tasso di Occupazione Totale 52,8 52,5 50,8 51 52 51,7 Tasso di Occupazione Maschi 66,4 64,4 61,4 60,2 61,4 60,3 Tasso di Occupazione Femmine 39 40,4 40,2 41,8 42,6 43,1 Tasso di Disoccupazione Totale 9,9 12,2 13,3 14,1 13,6 15,6 Tasso di Disoccupazione Maschi 7,2 9,8 11,5 13,6 12,8 15,3 Tasso di Disoccupazione Femmine 14,2 15,8 16 14,9 14,6 15,9 Fonte: RCFL, Media anni 2007 – 2012. 1 Il tasso di occupazione è riferito alla classe 15-64 anni. 4 Il tasso di disoccupazione è riferito alla classe 15-74 anni.
  • 4. 4     In valore assoluto, nel 2012 le persone in cerca di occupazione risultano 109 mila, 18 mila in più rispetto al 2009 a fronte di un numero quasi immutato di occupati ma di un sostanziale aumento delle Forze di Lavoro (da 683 mila a 705 mila). Un discorso a parte merita la categoria, definita a livello europeo e poi introdotta nel 2012 dall’ISTAT, delle Forze di Lavoro potenziali. Tale aggregato risulta dalla somma di “inattivi disponibili a lavorare” (non hanno cioè cercato attivamente lavoro nelle ultime quattro settimane) al cui interno si trovano gli scoraggiati e gli “inattivi che cercano lavoro ma non sono subito disponibili a lavorare”. Se lo si somma ai disoccupati si ha la misura delle persone potenzialmente impiegabili nei processi produttivi, indicatore simile a quello che in passato era il tasso di disoccupazione allargato. La ricostruzione di tale aggregato permette di osservare una leggera crescita (da 114 mila a 117 mila) che non fa che sottolineare ulteriormente il progressivo ingrossamento della platea dei disoccupati. Forze di lavoro, inattivi e FL potenziali - Media RFCL 2009-2012. Valori assoluti in migliaia Tipologia 2009 2010 2011 2012 M F Tot M F Tot M F Tot M F Tot Forze di lavoro 408 275 683 409 282 691 410 286 696 412 292 705 Occupati 361 231 592 353 240 593 358 244 602 349 246 595 Disoccupati 47 44 91 55 42 98 52 42 94 63 46 109 Inattivi 302 472 774 302 468 770 302 466 768 300 459 759 Forze di lavoro potenziali* 42 72 114 42 64 106 48 67 115 46 70 117 Fonte: RCFL, Media anni 2009 – 2012. Il confronto tra le medie ISTAT degli ultimi quattro anni evidenzia dunque la seguente fenomenologia. Da un lato si assiste, al termine del processo di espansione dell’occupazione, che tuttavia si sostanzia in una più drastica riduzione dell’occupazione maschile (-12 mila maschi in tre anni) a fronte di una complessiva tenuta dell’occupazione femminile (+15 mila donne). Dall’altro lato, si rileva un aumento significativo della disoccupazione (+16 mila maschi e + 2 mila donne in tre anni) ed una riduzione degli inattivi in età da lavoro. In definitiva per la componente femminile si osserva un passaggio di circa 13 mila unità da inattivi a Forza Lavoro e una sostanziale tenuta dei livelli di disoccupazione (tra il 2009 e il 2012 il tasso di disoccupazione femminile non muta) sia in senso stretto che nella definizione allargata. Per la componente maschile si osserva invece un travaso da occupati a disoccupati per circa 12 mila unità cui si aggiungono altri 4mila nuovi disoccupati e ulteriori 4mila forze di lavoro potenziali. Tutto ciò è chiaramente il riflesso delle crisi produttive che come abbiamo ribadito più volte colpiscono pesantemente settori la cui occupazione è a prevalente composizione maschile. Evidentemente la crisi agisce sull’offerta di lavoro, spingendo una parte della popolazione inattiva, soprattutto donne, ad uscire dall’inattività e a ricercare attivamente lavoro. Parallelamente si assiste invece, per la componente maschile, all’incremento della platea degli sfiduciati. A livello settoriale si riduce l’occupazione nell’industria e nelle costruzioni, tiene invece quella nel commercio e nei servizi (dove si concentra l’occupazione femminile). E’ chiaro in sintesi il passaggio da una fase di espansione ad una di contrazione della base occupazionale. Occupati totali per settore economico. Valori assoluti in migliaia Agricoltura Ind. in senso stretto Costruzioni Commercio Altri servizi Media 2006 37 71 63 99 338 Media 2007 39 72 67 95 340 Media 2008 37 69 62 134 309 Media 2009 34 66 62 129 302 Media 2010 29 65 57 139 304 Media 2011 32 61 54 132 323 Media 2012 32 61 54 132 323
  • 5. 5     Fonte:Rilevazione continua delle forze di lavoro. Medie RCFL. Indicazioni di tendenza. Un’analisi delle dinamiche trimestrali (congiunturali) permette di comprendere meglio la pervasività del fenomeno di crisi che, è diventata realmente drammatica a livello regionale nel corso dell’ultimo anno mentre a livello nazionale e mondiale si tenta di uscire dalla crisi. In effetti, un primo segnale inequivocabile della crisi si ha nell’andamento altalenante del tasso di occupazione femminile e nella sostanziale incapacità del sistema produttivo di rilanciarne la crescita (nel II trimestre del 2012 il suo valore è praticamente uguale a quello del II trimestre del 2009). Negli ultimi 3 trimestri la situazione sta invece effettivamente peggiorando e il tasso di occupazione scende sotto al 40%. Anche relativamente alla disoccupazione (netta e allargata) la cui dinamica è espressa meglio dai tassi tendenziali (calcolati rapportando il valore di ogni trimestre al valore dello stesso trimestre dell’anno precedente) si osserva, dopo l’aumento dei primi due trimestri del 2010, un’inversione di tendenza che dura per cinque trimestri e che però riparte in maniera negativa dal IV trimestre del 2011 e dopo un 2012 altalenante chiude nel 2013 al 18,7%. L’analisi dei tassi tendenziali mette in evidenza la debolezza della componente femminile il cui tasso di disoccupazione in calo sino al II trimestre del 2011 riprende la sua crescita un trimestre prima del tasso di disoccupazione totale. Tuttavia la risalita del tasso di disoccupazione femminile (+ 3,1% tra II trim 2012 e II trim 2013 contro +3,7% per la disoccupazione totale) è meno accentuata di quella del tasso di disoccupazione totale e questo significa che è la componente maschile della forza lavoro a soffrire maggiormente. Un ragionamento inverso può essere fatto se si guarda alla % delle FL potenziali dove la componente femminile, tra il II trim del 2012 ed il corrispondente trimestre del 2013, aumenta dell’1,1% contro la componente totale che aumenta solo dello 0,2% (il raffronto tra i primi trimestri del 2013 e del 2012 permette di sottolineare questo fenomeno in maniera ancora maggiore). In altri termini si potrebbe pensare che l’accentuazione delle criticità del mercato del lavoro sardo che rientra in crisi nel corso del 2011 determinano per la componente femminile uno spostamento dalla disoccupazione allo scoraggiamento o ricerca non attiva di un lavoro. Tassi di occupazione e disoccupazione 2010 2011 2012 2013 I II III IV I II III IV I II III IV I II T. Occup. Tot. 50,1 53 50,8 50,2 51,8 52,1 53,3 50,9 52,1 52,6 52,5 49,8 48,8 48,3 T. di Occup. F 40,8 43,2 41,5 41,7 41,9 42,9 43 42,6 44,4 43,2 43,7 41,2 41,1 39,1 T. Disocc. Tot. 16,1 13,3 12,4 14,7 13,5 13 11,2 16,3 16,2 15 14,6 16,4 18,5 18,7 T. Disocc. F 17,9 14,1 11,6 15,9 14,6 14 11,8 17,5 15,8 15,8 15,3 16,8 17,2 18,9 F L pot. Tot. 15,4 16,6 16,3 16,4 15,9 17,7 18,3 16,6 F L pot. F 22,6 23,4 23,9 24,8 21,9 25,6 28,8 25,9 Fonte: Rilevazione continua delle forze di lavoro. Tra il II trim del 2010 ed il II trim del 2013 l’occupazione si riduce complessivamente di 65 mila unità. A livello di settore economico si osserva una dinamica negativa di quasi tutti i settori tranne l’Agricoltura (sostanzialmente stabile dopo la crescita nei due anni intermedi ed il calo dell’ultimo anno) ed il settore dell’Industria in senso stretto (che dopo il calo dei due anni intermedi aumenta gli occupati tra il II trim del 2012 ed il II trim del 2013 di ben 12 mila unità e nell’intero periodo preso in considerazione di 3 mila unità). La crisi peggiore riguarda il settore del Commercio (-
  • 6. 6     28mila unità), quello degli Altri servizi (-24 mila unità) e il settore delle Costruzioni (-15mila occupati). Occupati totali per settore economico 2010 2011 2012 2013 I II III IV I II III IV I II III IV I II Agricoltura 31 27 26 33 36 30 31 31 32 36 35 30 29 27 Ind senso stretto 63 66 68 63 61 64 65 55 53 57 57 49 59 69 Costruzioni 60 57 53 57 59 52 58 46 47 46 48 50 41 42 Commercio 122 143 153 137 121 125 150 132 127 124 140 132 119 115 Altri servizi 303 324 293 295 325 332 312 324 341 343 321 310 311 300 Totale 580 617 593 584 601 603 615 587 601 606 602 572 558 552 Fonte: Rilevazione continua delle forze di lavoro.
  • 7. 7     2. La Diocesi di Cagliari. Aspetti demografici In Sardegna risiedono 1.640.379 persone (fine 2012), l’1,55 per mille in più rispetto all’anno precedente. Una variazione esigua se confrontata col resto del Paese in cui il tasso di crescita è del 4,9 per mille. L'incremento registrato nell’Isola è spiegato esclusivamente dal movimento migratorio estero. Infatti, nel 2012, sono negativi sia il saldo naturale, che il movimento migratorio interno (tra comuni italiani). E' quindi l’incremento del numero di stranieri a far aumentare la popolazione. Questi ultimi sono però ancora in numero esiguo, rappresentando appena il 2,2% dei sardi, mentre a livello nazionale la percentuale si attesta al 7,4%. Più di un terzo (il 34,5%) della popolazione regionale è concentrata nella Diocesi di Cagliari in cui risiedono 566.481 persone. Nella provincia di Cagliari, che si utilizza come approssimazione della diocesi quando mancano i dati per l’analisi, i residenti sono leggermente meno, 551.077, anche se i comuni sono due in più, e rappresentano il 33,6% dell’intera popolazione sarda. Il tasso di crescita registrato nella provincia nel 2012 è più elevato di quello regionale e arriva al 2,15 per mille. La crescita stavolta non è legata ai soli stranieri, ma contribuiscono anche i trasferimenti di residenza da altri comuni sardi o italiani. Il saldo naturale è però ancora negativo. Fig. 1. Comuni appartenenti alla diocesi e alla provincia di Cagliari. Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat La distribuzione per fasce d’età della popolazione della Diocesi è la seguente: 70 mila hanno meno di 15 anni (il 12,4%), 390 mila sono in età da lavoro (in termini percentuali rappresentano il 68,7% della popolazione); e 107 mila hanno invece superato i 64 anni (sono il 19%). Nella provincia di Cagliari e nell’intera regione le percentuali sono pressoché identiche. Si notano delle differenze solo col confronto nazionale in cui sono più numerosi i giovani e gli anziani, e sono meno le persone in età da lavoro. Arancione: comuni diocesi e provincia Rosso: solo diocesi Giallo: solo provincia
  • 8. 8     Popolazione per fasce d'età al 01/01/2012 0-14 anni 15-64 anni 65-100 anni Popolazione totale Diocesi di Cagliari 69.860 388.248 107.109 565.217 % 12,4% 68,7% 19,0% 100% Provincia di Cagliari 67.784 377.369 104.740 549.893 % 12,3% 68,6% 19,0% 100%   Sardegna 200.420 1.107.522 329.904 1.637.846 % 12,2% 67,6% 20,1% 100% Italia 8.325.217 38.698.168 12.370.822 59.394.207 % 14,0% 65,2% 20,8% 100% Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat Le imprese Delle 147 mila imprese operanti nell’Isola, il 31% ha sede nella provincia di Cagliari: 46 mila, diminuite rispetto al 2011. Le cessazioni di attività avvenute nel corso del 2012 sono state più numerose delle nuove iniziative, facendo registrare un tasso di crescita negativo (-0,51%) in linea con quanto accaduto nel resto della regione. Il commercio è il settore prevalente (32% mentre la media regionale è del 27,5%). Il secondo settore per numerosità di imprese è l’agricoltura, col 16,2% in provincia e il 23,5% in regione. Seguono le costruzioni, con una percentuale del 14% (14,9% a livello regionale). L’industria in senso stretto non arriva all’8%, mentre le attività dei servizi di alloggio e ristorazione si quotano per un 7%, leggermente meno rispetto al livello regionale (8%). Distribuzione delle aziende per settore di attività economica (2012). Cagliari Sardegna Settore numero di imprese % numero di imprese % "Commercio all'ingrosso, al dettaglio e riparazioni autoveicoli e motocicli" 14.771 32% 40.318 28% "Agricoltura, caccia e pesca" 7.462 16% 34.482 24% "costruzioni" 6.430 14% 21.903 15% "Industria in senso stretto" 3.540 8% 11.357 8% "Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione " 3.127 7% 11.400 8% "Altre attività dei servizi" 1.682 4% 5.085 3% "Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese" 1.641 4% 4.226 3% " Trasporto e magazzinaggio" 1.512 3% 4.517 3% "Attività professionali, scientifiche e tecniche" 1.397 3% 2.863 2% "Servizi di informazione e comunicazione" 1.353 3% 2.842 2% "Attività immobiliari" 934 2% 2.179 1% "Attività finanziarie e assicurative" 843 2% 2.040 1% "Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento" 427 1% 1.340 1% "Sanità e assistenza sociale" 389 1% 925 1% "Istruzione" 303 1% 651 0% "Imprese non classificate" 38 0% 139 0% Totale 45.849 146.267 Fonte: Nostre elaborazioni su dati Infocamere
  • 9. 9     I redditi Nel 2011 i contribuenti sardi (soggetti alle imposte addizionali Irpef) sono 756 mila, stabili rispetto al 2010, e hanno dichiarato mediamente 21.107 euro, 2.400 euro in meno rispetto ai connazionali residenti fuori regione. In un anno il reddito è aumentato di appena un punto percentuale, meno di 200 euro, esattamente come nel resto d’Italia. I contribuenti della diocesi di Cagliari sono tra i più “facoltosi” in regione e il loro reddito è arrivato a 23.138 euro, staccando di più di due mila euro quello medio regionale e di più di 5 mila euro quello della diocesi di Ozieri, che risulta in tutto il periodo considerato la più povera in Sardegna. Reddito medio annuo delle 10 diocesi (Reddito imponibile ai fini delle addizionali Irpef, valori in euro) Reddito medio annuo Diocesi 2007 2008 2009 2010 2011 Ales Terralba 17.191 17.301 17.529 17.811 18.105 Alghero Bosa 19.141 19.274 19.669 19.933 20.176 Cagliari 22.157 22.260 22.589 22.939 23.138 Iglesias 19.114 19.290 19.391 19.628 19.840 Lanusei 17.493 17.546 17.835 17.980 18.221 Nuoro 18.583 18.598 19.006 19.249 19.478 Oristano 19.155 19.245 19.641 19.885 20.037 Ozieri 17.141 17.329 17.540 17.732 18.008 Sassari 21.243 21.327 21.640 22.000 22.086 Tempio Ampurias 19.551 19.433 19.488 19.536 19.729 Sardegna 20.286 20.355 20.638 20.915 21.107 Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat Dal 2007 al 2011 il reddito medio per contribuente è aumentato in tutte le diocesi, anche se il tasso di crescita annuale risulta molto variabile. Nella diocesi di Cagliari, a parte l’ultimo anno in cui la equivale, la crescita del reddito medio risulta sempre leggermente superiore a quella regionale. Variazioni annuali del reddito medio delle diocesi (valori percentuali) Diocesi 08/07 09/08 10/09 11/10 Ales Terralba 0,6% 1,3% 1,6% 1,7% Alghero Bosa 0,7% 2,0% 1,3% 1,2% Cagliari 0,5% 1,5% 1,6% 0,9% Iglesias 0,9% 0,5% 1,2% 1,1% Lanusei 0,3% 1,6% 0,8% 1,3% Nuoro 0,1% 2,2% 1,3% 1,2% Oristano 0,5% 2,1% 1,2% 0,8% Ozieri 1,1% 1,2% 1,1% 1,6% Sassari 0,4% 1,5% 1,7% 0,4% Tempio Ampurias -0,6% 0,3% 0,2% 1,0% Sardegna 0,3% 1,4% 1,3% 0,9% Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat
  • 10. 10     Reddito medio annuo di alcune diocesi (Reddito imponibile ai fini delle addizionali Irpef, valori in euro) Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat Nella diocesi di Cagliari c’è la minor incidenza di contribuenti con redditi bassi: nel 2011 il 36% aveva percepito un reddito inferiore a 20 mila euro. Questa percentuale è mediamente del 40% nell’Isola e arriva al 47% nella diocesi di Ales Terralba. Percentuale di contribuenti che dichiarano meno di 20 mila euro annui per diocesi (Reddito imponibile ai fini delle addizionali Irpef, valori percentuali) % Ales Terralba 47% Alghero Bosa 41% Cagliari 36% Iglesias 42% Lanusei 44% Nuoro 42% Oristano 41% Ozieri 45% Sassari 38% Tempio Ampurias 42% Sardegna 40% Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat Se si considerano i singoli comuni della diocesi si ottiene un maggior dettaglio. Come mostra l’immagine nei comuni in rosa la percentuale di contribuenti con meno di 20 mila euro di reddito imponibile supera il 70%, in giallo i comuni con una percentuale di contribuenti “poveri” compresa tra il 60 e il 70%, in verde chiaro i comuni con percentuali inferiori al 60% ma che superano il 50%. Solo a Cagliari e hinterland si trovano percentuali inferiori al 50%. 22.157 22.260 22.589 22.939 23.138 21.243 21.327 21.640 22.000 22.086 20.286 20.355 20.638 20.915 21.107 17.141 17.329 17.540 17.732 18.008 15.000 16.000 17.000 18.000 19.000 20.000 21.000 22.000 23.000 24.000 2007 2008 2009 2010 2011 Cagliari Sassari Sardegna Ozieri
  • 11. 11     Percentuale di contribuenti che dichiarano meno di 20 mila euro annui nei comuni della diocesi Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat Se si considera il reddito medio la situazione non appare molto differente. I comuni con reddito superiore alla media regionale si concentrano intorno a Cagliari (che vanta il reddito medio più elevato: 28.309 euro). Nei comuni in rosso i contribuenti hanno invece dichiarato meno di 17.500 euro annui (sempre di imponibile lordo per contribuente). Reddito medio per contribuente nei comuni della diocesi Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat
  • 12. 12     I pensionati L’analisi sui redditi si riferisce all’intera popolazione comunale, si può però fare un approfondimento sui soli pensionati5 , che risultano complessivamente 441.779 (dati Istat riferiti al 2011), sostanzialmente stabili rispetto al 2010 in cui se ne contavano 439.761 e percepiscono mediamente 15.278 euro all’anno, 400 euro circa in più dell’anno precedente (14.842 euro). Il 31% dei pensionati risiede nella provincia di Cagliari (sono 136.641) e anch’essi sono pressoché invariati come numero rispetto al 2010. Come indicato per i redditi medi dei contribuenti, la provincia cagliaritana vanta i redditi da pensione più elevati: 16.705 euro medi annui per pensionato e anche l’incremento annuo ricevuto in media dai pensionati è stato più rilevante: 500 euro. Mercato del lavoro Ad integrazione dell’analisi proposta a livello regionale si presenta un quadro del mercato del lavoro relativamente alla sola alla provincia di Cagliari, utilizzata in sostituzione della Diocesi di cui non si dispongono i dati e si considerano le persone con più di 15 anni. Il tasso di occupazione provinciale (stabile rispetto al 2011) è leggermente più elevato della regione, arrivando al 42,2% (contro un 40,7% a livello regionale), è però inferiore di due punti rispetto alla media nazionale (44%). Il tasso di disoccupazione che invece è aumentato nell’ultimo anni di due punti percentuali (come nella media regionale), continua ad essere allineato al livello medio sardo al 15,5% e risulta di 5 punti più elevato del valore italiano. Se si considerano solo i giovani (fascia d’età 15-24), la differenza col resto d’Italia è ancora più evidente. In provincia il tasso di disoccupazione giovanile è del 57,6%, 10 punti in più della media regionale (47,3%), che diventano oltre 20 se il confronto si fa col resto d’Italia, in cui il tasso corrisponde al 35,3%. Popolazione con più di 15 anni Cagliari Sardegna 2011 2012 2011 2012 Tasso di occupazione 42,1 42,2 41,1 40,7 Tasso di disoccupazione 13,2 15,5 13,5 15,5 Fonte: Dati Istat Struttura del mercato del lavoro La ripartizione per settori di attività mette in evidenza una distribuzione differente tra provincia e regione. Nella prima i servizi annullano qualsiasi altra attività rappresentando l’84,6% degli occupati. L’agricoltura è la prima a risentirne, considerato che sono appena 4 mila gli occupati nel settore (l’1,9% in valori percentuali) in calo rispetto al 2011. Anche l’industria in senso stretto e le costruzioni continuano a perdere occupati e attualmente rappresentano rispettivamente il 7,2% e il 6,3% del totale dei lavoratori. Questa ripartizione differisce dalla media regionale in cui il peso dei servizi (77,3%), pur essendo più elevato del livello nazionale lascia ancora qualche alternativa di lavoro agli altri settori. Gli occupati in agricoltura sono infatti il 5,5%, nell’industria in senso stretto sono il 9,1% e nelle costruzioni sono l’8,1%. Occupati per settore economico (valori in migliaia) Cagliari Sardegna Valore assoluto % Valore assoluto % 5 Tra i pensionati si considerano oltre agli anziani che godono una pensione di vecchiaia o di anzianità, anche coloro che, a prescindere dall’età, usufruiscono di pensioni di inabilità, invalidità, pensioni sociali o assistenziali, ecc.
  • 13. 13     Agricoltura, silvicoltura e pesca 4 1,9% 33 5,5% Totale industria 28 13,5% 102 17,1% Industria escluse costruzioni 15 7,2% 54 9,1% Costruzioni 13 6,3% 48 8,1% Totale servizi 176 84,6% 460 77,3% Commercio, alberghi e ristoranti 38 18,3% 131 22,0% Altre attività dei servizi 139 66,8% 329 55,3% Totale 208 595 Fonte:  Nostre  elaborazioni  su  dati  Istat  
  • 14. 14     Conclusioni Si confermano le evidenze emerse nel precedente rapporto che di seguito riassumiamo: a) il progressivo depauperamento del tessuto produttivo e il crescente travaso di occupazione tra industria e servizi che corrisponde per certi versi ad una terziarizzazione spinta del nostro sistema economico ma anche al porto di approdo di quote di lavoratori che l’industria, date le condizioni di produttività imposte dalla competizione globale, non può più sostenere; b) un ritardo nell’osservare gli effetti della crisi di circa due anni sia nei conti territoriali che nel mercato del lavoro; c) una caratterizzazione della disoccupazione per genere in quanto la crisi determina l’affacciarsi sul mercato del lavoro di un numero maggiore di donne (aumenta infatti il tasso di occupazione) ma poi una parte di queste, come si vede nell’andamento degli ultimi tre trimestri considerati, passa dalla ricerca attiva di lavoro allo stato di inattività determinando un innalzamento del tasso di disoccupazione femminile allargato maggiore del corrispondete tasso globale. La dinamica della disoccupazione maschile sembra essere invece strettamente collegata alla definitiva maturazione della situazione di crisi del settore industriale e alla drammatica stagnazione che affligge il settore delle costruzioni. Si può tuttavia aggiungere che l’accentuarsi della crisi a livello regionale ha intaccato anche il settore del Commercio e, stante la difficoltà del settore delle Costruzioni, il settore delle Attività immobiliari. Inoltre appaiono timidi segnali di ripresa nei settori manifatturieri non colpiti dalla crisi (Tessile, Alimentare e Mobili) e soprattutto a livello nazionale riprendono gli Investimenti. I riflessi di tutto ciò non si percepiscono ancora sul mercato del lavoro in cui continuano a crescere a ritmi crescenti i tassi di disoccupazione quello femminile ma anche, come vedremo nel capitolo dedicato, quello giovanile. Se ora guardiamo alla posizione relativa della Diocesi di Cagliari rispetto alle medie regionali, possiamo anche in questo caso confermare le principali evidenze già emerse nel precedente rapporto e cioè: a) una dinamica della popolazione maggiore della media regionale, cui però contribuiscono anche i trasferimenti di residenza tra comuni; b) redditi e pensioni mediamente più elevati del resto della regione; c) un tasso di disoccupazione giovanile più elevato di quello medio regionale e sensibilmente maggiore (circa 20 punti percentuali in più) della media nazionale; d) una fortissima concentrazione degli occupati nel settore dei servizi a discapito di Agricoltura, Industria e Costruzioni. In definitiva la Diocesi di Cagliari è una grande area urbana mediamente più ricca, fortemente terziarizzata, caratterizzata da dinamiche demografiche che accentuano questi tratti, il cui principale riflesso negativo è costituito dal problema della disoccupazione giovanile. L’area è quindi solo in apparenza lontana dalla crisi che pervade il settore industriale, poiché ad oggi il problema maggiore sta diventando la difficoltà dei giovani ad entrare nel mercato del lavoro e verosimilmente l’attuale struttura economica non sembra in grado di dare una risposta a questo problema.