Le risorse dallo Stato ai partiti sono lo strumento per assicurare ai cittadini il diritto di partecipare alla vita politica e al governo della propria comunità, ma anche a garantire regole uguali, certe e trasparenti per tutti. Come funziona il finanziamento pubblico ai partiti politici? Come evolverà essendo stati formalmente aboliti i contributi pubblici?
1. QUANTI SOLDI AI PARTITI
COME HA FUNZIONATO E COME
EVOLVERÀ IL FINANZIAMENTO DEI
PARTITI POLITICI TRA CONTRIBUTI
PUBBLICI (FORMALMENTE ABOLITI) E
DONAZIONI PRIVATE
Settembre 2016
2. UNA GARANZIA PER LA DEMOCRAZIA
«Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per
concorrereconmetododemocraticoadeterminarelapoliticanazionale»
(art. 49 Cost.).
«Ai Gruppi parlamentari (…) sono assicurate le risorse necessarie
allo svolgimento della loro attività” (art. 13, Reg. Camera) e “un unico
contributo annuale proporzionale alla loro consistenza numerica» (art.
16, Reg. Senato).
Il finanziamento pubblico della politica è considerato un baluardo della
democrazia.
Le risorse dallo Stato ai partiti sono lo strumento per assicurare ai
cittadini il diritto di partecipare alla vita politica e al governo della
propria comunità, ma anche a garantire regole uguali, certe e
trasparenti per tutti.
3. Collusione e corruzione incidono
profondamente sull’opinione pubbli-
ca: il finanziamento pubblico della po-
litica diviene tra i simboli della parti-
tocrazia e non più uno strumento per
difendere le libertà civili.
Il 21 Febbraio 2014 è approvata la
Legge 13/2014 sull’abolizione del
finanziamento pubblico diretto che,
all’art. 1, stabilisce: «il rimborso delle
spese per le consultazioni elettorali e
i contributi pubblici erogati per l’attività
politica e a titolo di cofinanziamento
sono aboliti».
2014: UNA PROSPETTIVA NUOVA
Quindi?
Dal 2017, i partiti dovranno
contare soprattutto sulle ri-
sorse dei privati (singoli cit-
tadini, associazioni, aziende,
eccetera) sia per concorrere
alle elezioni che, dopo, per
gestire l’ordinario. È un cam-
bio di passo sostanziale, al-
meno sulla carta: l’abolizione
dei rimborsi elettorali, infatti,
non comporterà automatica-
mente la fine del sostegno
pubblico ai partiti.
4. GLI ALBORI DEL FINANZIAMENTO PUBBLICO
1958
Luigi Sturzo, per porre un argine al reiterarsi degli scandali che,
dall’inizio della Repubblica, avevano coinvolto numerosi rappresentanti
politici accusati di un uso poco trasparente di fondi privati, propose
un Disegno di Legge per il finanziamento pubblico dei partiti.
Affermò: «Quando entrate e spese sono circondate dal segreto circa la
loro provenienza e destinazione, la corruzione diventa impunita».
La proposta normativa non fu mai approvata dal Parlamento.
5. NEL 1974 CI RIESCE LA DC
È il primo quadro regolato-
rio sul finanziamento della
politica in Italia, che riguarda
sia i Gruppi parlamentari
che l’attività elettorale.
1974
Flaminio Piccoli, deputato DC,
è firmatario del Disegno di
Legge “Contributo dello Stato al
finanziamento dei partiti politici”,
approvato in soli 16 giorni con
un’ampia maggioranza (L. 195/74
cd. Legge Piccoli) e contrari solo i
membri del Partito Liberale.
6. I SOLDI NON BASTANO, AUMENTIAMOLI
1981
L’ammontare della quota di finanziamento pubblico ai partiti fu
notevolmente incrementata (L. 659/81), ma al contempo fu introdotta
una norma che obbligò i partiti a presentare ogni anno un rendiconto
finanziario su entrate e uscite. Utile in teoria, inutile nella pratica visto
che la Legge non prevedeva controlli.
È stato inoltre introdotto il divieto per i partiti (e i loro membri) di
ricevere finanziamenti dalla pubblica amministrazione, da enti pubblici
o a partecipazione pubblica.
7. 1978
Il Partito Liberale propone un referendum abrogativo della Legge
Piccoli, ma non raggiunge il quorum.
1993
Ancora scossi dal ciclone Tangentopoli, gli Italiani sono chiamati ad
esprimersi ancora sulla Legge Piccoli (questa volta il referendum fu
promosso dai Radicali).
Si pronunciano nettamente in favore dell’abolizione del finanziamento
pubblico con un voto plebiscitario: il 90,3% vuole abolirlo.
I PRIMI MALUMORI
8. PUNTO E A CAPO?
1993
Il Governo Amato, a pochi giorni dal referendum abrogativo, istituisce
un contributo per le spese elettorali di € 0,83 per cittadino, anche se
non votante, da distribuire ai movimenti politici a titolo di rimborso per
le spese sostenute.
Grazie al nuovo sistema, nel 1994 le elezioni politiche garantirono ai
partiti l’equivalente di € 46,9 milioni, più € 23,4 milioni in occasione
delle elezioni europee dello stesso anno.
9. LA REINTRODUZIONE DEFINITIVA
lo stato patrimoniale e il
conto economico, sottoposto
al controllo della Presidenza
della Camera; il rendiconto
delle spese elettorali è
sottoposto al vaglio della
Corte dei Conti. Nel 2012,
una Legge potenzierà il
controlloeconomicosuipartiti
(L. 96/2016), prevedendo che
solo le formazioni dotate
di statuto hanno diritto al
rimborso elettorale.
1997
Viene approvata la Legge 2/1997
“Normeperlaregolamentazionedella
contribuzione volontaria ai movimenti
o partiti politici”, che prevede la
possibilità di destinare il 4 per 1.000
dell’imposta sul reddito delle persone
fisiche a partiti e movimenti politici
(salvo però non poter indicare a quale
partito!). Quell’anno, fu introdotta una
norma transitoria che destinava ai
partiti, per il 1997 soltanto, un fondo
di € 82.633.000. È rafforzato l’obbligo
di rendicontazione: ogni partito deve
redigere un bilancio annuale, incluso
10. L’ AFFERMARSI DI UN SISTEMA COMPLESSO
1999
Furono istituiti (L. 157/1999) cinque fondi per il rimborso delle spese
elettorali per:
Camera dei Deputati
Senato della Repubblica
Parlamento Europeo
Consigli regionali
Referendum
L’ ammontare dei rimborsi non dipendeva dalle spese effettivamente
sostenute nel corso della campagna elettorale (per questo tutti i partiti
ricevanopiùdiquantospendevano).Perusufruirne,ipartiti/movimenti
avrebbero però dovuto ottenere almeno l’1% dei voti validi (contro il
3% del regime precedente). Per favorire la parità di genere, i partiti
fruitori dei rimborsi furono obbligati a destinare il 5% dei fondi per
favorire l’inclusione delle donne nella vita politica.
11. E SI CHIAMANO ANCORA RIMBORSI
Ulteriori revisioni del quadro
regolatorio hanno reso i rimborsi
elettorali “annuali”, ovvero stanziati a
cadenza annuale indipendentemente
dallo svolgersi di elezioni.
Nel 2006 (L. 51/2006) si stabilì che
il rimborso elettorale avrebbe dovuto
essereelargitoperognunodei5anni
dellalegislatura,indipendentemente
dalla sua durata effettiva.
E fu così che grazie alle elezioni
anticipate del 2008 i partiti godettero
di doppie entrate.
Il paradosso dei soldi anche
aipartitidisciolti:tuttiipartitiin
quell’anno ricevettero i fondi
della vecchia legislatura
non conclusa e quelli della
legislatura appena avviata.
Nonsolo:lanormaportòpure
al finanziamento di partiti
ormai inesistenti quali i DS,
la Margherita, AN o Forza
Italia.
12. Il Governo Monti approva nello
stesso anno la Legge “sulla riduzione
dei contributi pubblici in favore dei
partiti, incluse alcune misure per
garantire la trasparenza e i controlli
dei rendiconti” (L. 96/2012), che
ha decurtato del 50% il totale dei
rimborsi ai partiti.
LA DENUNCIA E LA PRIMA MARCIA INDIETRO
A Marzo 2012, il GRECO
(GRoups d’Etats contre la
COrruptions/Group of States
against Corruption), in un
documento sulla trasparenza
del finanziamento dei partiti
politici, ha evidenziato per
l’Italia alcune anomalie,
a partire da numerosi casi
di rendicontazioni false o
incomplete.
13. STOP AI RIMBORSI ELETTORALI
Il 13 dicembre 2013 il Presidente del Consiglio Enrico Letta lancia il
tweet: «Avevo promesso ad aprile abolizione finanziamento pub-
blico ai partiti entro l’anno. L’ho confermato mercoledì».
Il Decreto Legge del 28 dicembre 2013, convertito poi nella Leg-
ge 13/2014, prevede l’abolizione del finanziamento pubblico diretto,
ovvero la fine dei rimborsi elettorali a decorrere dal 2017.
14. FORME RESIDUALI (MA NON TROPPO)
DI SOSTEGNO PUBBLICO
La nuova Legge delinea un sistema basato sulla contribuzione
volontaria nonché su forme di contribuzione indiretta e benefici
non monetari.
In particolare, è previsto un regime fiscale agevolato e la facoltà per
i contribuenti di destinare ai partiti il 2 x 1000 della propria imposta
sul reddito (IRE).
Le erogazioni liberali in denaro ai partiti politici beneficiano di una
detrazione dall’imposta lorda sul reddito sia delle persone fisiche che
di quelle giuridiche.
15. PARTITI AMMESSI AL FINANZIAMENTO
Sono ammessi al finanziamento privato i partiti politici
con almeno un rappresentante eletto alla Camera, al Senato, al
Parlamento Europeo o in un’Assemblea regionale o delle Province
autonome di Trento e Bolzano;
che hanno presentato, nella stessa consultazione, candidati in al-
meno tre circoscrizioni per le elezioni della Camera o in almeno
tre Regioni per il rinnovo del Senato o in un Consiglio regionale/
Provincia autonoma.
Gli stessi partiti sono ammessi alla ripartizione annuale del 2 x
1.000 dell’IRE, dietro espressa volontà del contribuente nella propria
dichiarazione dei redditi.
16. LE ALTRE AGEVOLAZIONI
Indennità parlamentari, è prassi consolidata che il parlamentare
versi una quota della propria indennità al partito di appartenenza;
tuttavia adesso sarà possibile detrarre questo contributo come
una donazione. Questa è una forma di finanziamento pubblico
doppio, poiché il contributo proviene da soldi pubblici e gode di
agevolazioni fiscali (ovvero mancate entrate nelle casse dello Stato
in favore dei partiti).
IVA agevolata al 4% per le spese di partiti e candidati in campagna
elettorale: materiale tipografico, propaganda, affitto dei locali,
manifestazioni, acquisto di spazi pubblicitari sul web.
Rimborsi per i cosiddetti messaggi autogestiti, gratis per il partito
e il candidato ma pagati all’emittente dallo Stato.
17. L’ ANELLO MANCANTE: LE FONDAZIONI
Manca nell’ordinamento italiano una regolamentazione organica
delle forme di finanziamento delle Fondazioni politiche.
La Legge del 2014 ha parzialmente ovviato a questo vuoto legislativo
estendendo le norme relative alla trasparenza e alla pubblicità degli
statuti e dei bilanci a tutte le formazioni (associazioni, fondazioni
eccetera) i cui organi direttivi, in tutto o solo in parte, sono stabiliti
da partiti/movimenti politici.
18. VERSO NUOVI SCENARI
Il finanziamento pubblico dei partiti e della vita politica in generale è
un approccio comune a quasi tutti Paesi Europei in forme diverse
(fa eccezione Malta dove non è prevista alcuna forma di sovvenzione
della politica da parte dello Stato) mentre nel resto del mondo questo
sistema è diffuso a macchia di leopardo.
Il sistema più consolidato di finanziamento privato della politica
è quello degli USA, dove la gran parte delle risorse arriva dalle
piccole donazioni dei singoli elettori, con il fund raising o altro, ma
anche in misura minore dalle imprese e dalle associazioni. Questo
a dimostrazione del fatto che negli USA il finanziamento del proprio
partito è percepito quasi come un dovere civico piuttosto che un
modo per influenzare a proprio vantaggio i processi decisionali.
L’Italia sta evolvendo verso il modello USA? Siamo ancora molto
lontani dall’affermarsi anche di questa tendenza, sebbene il
finanziamento privato della politica si stia diffondendo.
19. IL PROBLEMA DI FONDO
Abbiamo inconsciamente assimilato l’idea che il finanziamento ai par-
titi fosse uno spreco di denaro pubblico.
Ma senza un tetto alle contribuzioni dei soggetti privati, come faremo
a evitare che siano proprio i grandi contributori a dettare l’agenda
politica?
Forse bisognerebbe pensare a questo quando si invocano le “inde-
bite” influenze degli interessi economici nelle scelte politiche: altro
che Albo dei lobbisti...
20. Telos Analisi & Strategie
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