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Nizza Monferrato, marzo 2014
Viticoltura e cambiamento climatico
©Maurizio Gily www.gily.it
TENDENZE CLIMATICHE
• aumento delle temperature, maggiore in Europa negli ultimi
decenni.
• riduzione del numero di giorni piovosi, più che della quantità
annuale di pioggia: eventi estremi
Il rischio siccità è aumentato dalla perdita della
capacità dei suoli di immagazzinare acqua in molti
vigneti italiani. Cause:
• erosione, assottiglia lo strato di terreno attivo;
• perdita di sostanza organica, quindi dei colloidi
umici che favoriscono la porosità del suolo;
• costipamento causato dal passaggio di macchine
sempre più pesanti.
La tendenza è in atto da decenni: per una viticoltura
sostenibile è necessario invertirla.
La vite e l’acqua
• Louis Pasteur: “Il vino è la luce del sole catturata dall’acqua”.
• Galileo Galilei: “il vino è un composto di umore e luce”.
• La fotosintesi è fenomeno complesso ma concettualmente
semplice: la scissione della molecola dell’acqua in un atomo di
ossigeno e due di idrogeno grazie all’energia fornita dal sole e
la formazione di nuovi composti organici con il carbonio
prelevato dall’aria in forma di anidride carbonica.
Alcool, glicerina, tannini, antociani, sono fatti da questi tre
elementi.
Abbiamo un edificio fantastico costruito quasi con tre soli
mattoni, disposti in modo diverso, grazie alla luce.
La vite selvatica in natura
cresce in riva ai fiumi e si
arrampica sugli alberi,
portando fiori e frutti al di
sopra delle loro chiome,
alla luce.
1. Non è una xerofila
(piante dei climi aridi)
2. tuttavia ha la capacità di
trasportare l’acqua a grandi
altezze, come tutte le liane,
superando facilmente la
differenza di potenziale.
Vitis aeuropaea sylvestris
Riserva Naturale del Bosco
di Torino di Sangro (CH)
Aridocoltura
L’agricoltura
delle zone aride
del mondo
ottimizza la
poca acqua
disponibile
La pianta “idrovora” della pianura padana nelle sue terre di origine è
coltivata in climi aridi. Ma a destra e a sinistra c’è lo stesso mais? La
differenza macroscopica è nella densità di vegetazione.
Champagne
Sicilia
(Pachino)
QUALE
VIGNETO
CONSUMA
PIU’
ACQUA?
• Cos’è il “modello viticolo Champagne” (foto
precedente), se non il modello “mais a foglie erette e
a semina fitta” applicato alla viticoltura?
• Grande superficie illuminata, grande produzione di
biomassa, grande consumo di acqua e nutrienti, e
grande esplorazione del suolo da parte delle radici
della vite. Un motore spinto al massimo.
• Una certa scuola di pensiero sostiene che gli impianti
ad alta densità resistono meglio alla siccità. Ma la
tradizione delle zone aride e della viticoltura non
irrigua, mediterranea e del Nuovo Mondo, e la
pratica di chi utilizza impianti di irrigazione, dicono
esattamente il contrario.
Densità bassa e chioma a ombrello.
Dry farming a Frog’s Leap, Napa, California.
STOP AI LUOGHI COMUNI
• I pionieri della viticoltura in California nel XIX secolo
piantavano con sesti molto larghi, meno di 1000 viti
per ettaro, avendo osservato le tecniche di
aridocoltura dei nativi americani, per aumentarlo poi
con la diffusione dell’irrigazione.
Quando, nel 1975, il Cabernet di Stag’s Leap vinse il
Paris Challenge di Parigi battendo tutti i grand cru di
Bordeaux, il vigneto aveva meno di 2000 viti per
ettaro, contro i 7000 di Bordeaux.
Qual è la densità ideale?
• non esiste un modello viticolo buono per tutte le situazioni: la
Borgogna non è la Maremma, il Nebbiolo non è il Pinot nero e
la Champagne non somiglia affatto alla Val di Noto.
• Non è soltanto il numero di viti, ma il numero di foglie (e di
grappoli) per unità di superficie, in particolare quelle esposte
al sole e al vento, che determina la quantità di acqua che
viene traspirata come vapore acqueo, e quindi persa in
atmosfera, e questo non è solo funzione della densità di
impianto ma anche di altri fattori: il vigore delle piante, la
forma e la gestione della chioma. Inoltre i vitigni autoctoni del
Nord consumano più acqua di quelli del Sud, o comunque
vanno prima in stress.
C’è inerbimento … … e inerbimento
L’inerbimento dell’interfila è compatibile con un clima asciutto? La vegetazione
consuma acqua, ma non è un problema nella stagione in cui è disponibile
Cover crop di favino, inverno,
Sicilia. Foto M. Pierucci
Cover crop di favino, inverno,
Sicilia. Foto M. Pierucci
Inerbimento spontaneo,,
estate, Piemonte. Foto M. Gily
C’è pergola … … e pergola
DISTANZA DEL FRUTTO DAL SUOLO
Vicino al suolo c’è la massima escursione termica: più caldo di
giorno, più freddo di notte.
+ Escursione termica= + qualità?
In condizioni climatiche estreme e senza irrigazione può
essere preferibile avere meno escursione ma evitare livelli
termici critici.
Inoltre non tutti i precursori degli aromi si avvantaggiano di
escursioni termiche elevate. I norisoprenoidi (frutta tropicale)
preferiscono notti più calde (D. Tomasi su Glera). Chardonnay
siciliano: profumi di ananas e frutto della passione.
utile per la sanità dell'uva
perché il vento è mal tollerato
dai funghi e disturba anche il
volo di alcuni insetti (tignole).
Brezze meridionali umide
favoriscono l'oidio
possibili scottature sul grappolo in
associazione con alti livelli di UV, soprattutto
se il grappolo viene scoperto dopo la fase di
mignolatura/prechiusura. Respirazione e
quindi distruzione di alcuni composti:
precursori aromatici e antociani. Due fattori
fondamentali: distanza dal suolo e
ombreggiamento dei grappoli nelle ore più
calde.
la luce ha effetti positivi sull'allegagione,
sulla sintesi del colore, sulla sintesi di
alcuni precursori aromatici, sulla sintesi
della pruina. I raggi ultravioletti hanno
un'azione antioidica. Una luminosità alta
non è mai negativa per il frutto se
associata a temperature basse o medie.frutti
abbassa l'umidità relativa
ll'interno della chioma e
aumenta la traspirazione, a
meno che non sia vento umido.
Non è un grave problema se c'è
acqua sufficiente nel terreno,
altrimenti accelera l'entrata in
stress idrico
gli stomi si chiudono per limitare la
traspirazione, si chiude la porta di ingresso
alla CO2 e la fotosintesi si blocca. La
temperatura critica dipende da tre fattori:
umidità relativa dell'aria, vitigno e stato idrico
del suolo. Nei climi caldi in estati molto calde
la maturazione non accelera, ma al contrario
rallenta.
fondamentale per la fotosintesi. Solo le
foglie in piena luce sono attive. Quelle del
secondo strato sono neutre, producono
con la fotosintesi e consumano con la
respirazione. Quelle in ombra (terzo
strato) sono passive, consumano più di
quanto producono e aumentano l'umidità
dentro la chiomafoglie
ventotemperature > 32-35 gradiluce
Una chioma troppo rada e con grappoli
totalmente scoperti rischia lo stress da
eccesso di traspirazione: nei casi più gravi
ustioni sul frutto e caduta precoce delle foglie.
Aumento di PH per caduta dell'acido malico.
Perdita di aromi. Climi aridi:alberello, pergola.
buona illuminazione sia della chioma che
del frutto. La fotosintesi è ottimizzata.
chiome aperte e
produzione
moderata
il rischio di stress idrico è direttamente
proporzionale alla densità della chioma e alla
produzione di frutto. Nel caso è possibile
intervenire riducendo una o entrambe.
La luce fatica a raggiugnere gli strati
interni. La fotosintesi può non essere
sufficiente alla maturazione. Alti livelli di
potassio nel frutto. pH elevato.
chiome vigorose e
produzione
abbondante
temperature > 32-35 gradiluce
Piemonte: i “sorì” sono ancora le zone migliori per la viticoltura? Il cambiamento del clima
tende a rompere gli schemi. Qualificati esperti propongono una gerarchia qualitativa dei
cru del Barolo. Ma, mentre il tiratore spara, il bersaglio si muove!
Secondo una famosa “review”
di Jackson e Lombard
(American J. of Enology and Viticulture, 1993)
i vini migliori si fanno dove le
uve maturano in zona
climatica alfa, cioè con
temperature medie non
superiori a 15 gradi per i vitigni
“internazionali” considerati
(Pinot nero, Cabernet S. e
Riesling). Il Centro Italia è al
limite solo per il Cab, mentre il
Sud è fuori per tutto, a meno
della viticoltura in quota.
• Se l’Italia ha creato nei secoli una straordinaria varietà di
paesaggi viticoli non è frutto del caso, ma di un equilibrio tra
la pianta e l’ambiente che va quanto meno capito, prima di
cancellare le tecniche tradizionali e introdurne di nuove.
• Il 2012, con finale di stagione molto caldo, è stato un anno
buono non solo per l’alberello, il cui adattamento a climi
semiaridi è noto, ma anche per i sistemi a pergola, dal Veneto
all’Abruzzo: sempre più rivalutati, dopo essere stati
ingiustamente accusati di essere uno strumento del demonio
per fare produzioni spaventose di uva.
E a volte lo sono davvero, ma la colpa non è mai della pianta,
sempre dell’uomo.
• Con ondate di calore molto intenso e bassa umidità relativa,
dall’invaiatura in poi, l’ombreggiamento creato dalla pergola
e la maggior distanza dal suolo protegge il frutto dagli eccessi
termici, i cui effetti sono perdita di precursori aromatici, di
colore e di acido malico, e nel peggiore dei casi appassimento
precoce del frutto immaturo. Con una gestione accorta della
chioma si possono ottenere, anche nei sistemi a spalliera,
risultati simili, ma non uguali.
DISTANZA DEL FRUTTO DAL SUOLO
Vicino al suolo c’è la massima escursione termica: più caldo di
giorno, più freddo di notte. + Escursione termica= + qualità?
Non sempre.
In condizioni climatiche estreme e senza irrigazione può
essere preferibile avere meno escursione ma evitare livelli
termici critici.
• Ho capito meglio il concetto di terroir nei paesi dove questo concetto è
arrivato da poco, come in Australia. L’irrigazione RDI, cioè a deficit
regolato, si basa sul principio che per fare un vino di qualità la vite non
deve avere a disposizione tutta l’acqua che vorrebbe se crescesse, come
in natura, in riva a un fiume, ma solo una parte. E’ un regime di dieta
restrittiva, che porta ad uno stress moderato (mild stress). Sotto l’effetto
di condizioni ambientali debolmente stressanti la pianta accelera la
maturazione del frutto e del seme per assicurare la continuità della
specie. Ma se lo stress è eccessivo l’effetto è negativo.
• I terroir “classici” dei vini europei sono quelli in cui, senza irrigazione,
per la combinazione del clima e del terreno, la pianta entra nel regime di
stress moderato al momento opportuno. Un carattere fondamentale
della vocazione viticola di un territorio è quindi il modo come si muove
l’acqua negli strati superficiali e medi del terreno.
Ma l’aumento dei fenomeni estremi, almeno in alcune annate, può
sconvolgere questa “vocazionalità” imponendo alla vite uno stress troppo
severo, dalle conseguenze gravi.
L’osservazione
dell’apice
vegetativo.
Quando il viticcio
supera in altezza
l’ultima foglia
significa che la
vite è in
accrescimento e
non è in stress
idrico
(foto Gily, mano
D’Angelone)
Cos’è il “mild stress”?
©Maurizio Gily 2004
Esiti di grave deficit idrico su
Sangiovese,
foto F. Burroni,
pagina facebook agronominvigna
• Bisogna fare il possibile perché la vite si mantenga dentro l’area
del mild stress senza bisogno di apportare acqua. Tuttavia a
volte questo può non essere sufficiente, e allora ben vengano i
gocciolatori.
Il divieto dell’irrigazione in viticoltura è un vincolo
anacronistico, legato a tempi in cui sia il clima che le tecniche
di irrigazione erano diversi.
• Piuttosto è importante fare buon uso della risorsa acqua,
perché è diverso pompare l’acqua da una falda sotterranea o
prenderla da un bacino di collina che si è creato per
immagazzinare le piogge in eccesso nei giorni e nelle stagioni
piovose, limitando così anche i rischi legati alle piene a valle.
I vincoli per i vini a doc e docg devono servire a fare vini più
buoni: quando il risultato è fare vini più cattivi vuol dire che i
vincoli sono sbagliati .
• In alcune esperienze in corso soprattutto in Spagna
(ma non solo) si stanno sperimentando tecniche di
adattamento al riscaldamento del clima, anche al
fine di produrre vini più freschi e meno alcolici. Si
tratta di fare, più o meno, l’esatto opposto di ciò che
noi agronomi abbiamo consigliato negli ultimi
decenni, come si vede nella slide successiva.
INDIETRO TUTTA!
Alcune tecniche proposte per contrastare il riscaldamento
climatico, la maturazione troppo precoce e l’eccesso di alcool
(a meno di spostare il vigneto in altitudine e/o latitudine):
• densità di impianto più basse
• più gemme per pianta se non ci sono condizioni
limitanti (ad es. se c’è irrigazione)
• maggiore altezza da terra del frutto
• riduzione dell’altezza della parete fogliare e del
rapporto foglie/frutti
• ombreggiamento parziale della parete e del
frutto
• cimature tardive per limitare la fotosintesi.
Grazie per l’attenzione Maurizio Gily
www.gily.it

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Vite e cambiamento climatico gily

  • 1. Nizza Monferrato, marzo 2014 Viticoltura e cambiamento climatico ©Maurizio Gily www.gily.it
  • 2. TENDENZE CLIMATICHE • aumento delle temperature, maggiore in Europa negli ultimi decenni. • riduzione del numero di giorni piovosi, più che della quantità annuale di pioggia: eventi estremi
  • 3. Il rischio siccità è aumentato dalla perdita della capacità dei suoli di immagazzinare acqua in molti vigneti italiani. Cause: • erosione, assottiglia lo strato di terreno attivo; • perdita di sostanza organica, quindi dei colloidi umici che favoriscono la porosità del suolo; • costipamento causato dal passaggio di macchine sempre più pesanti. La tendenza è in atto da decenni: per una viticoltura sostenibile è necessario invertirla.
  • 4. La vite e l’acqua • Louis Pasteur: “Il vino è la luce del sole catturata dall’acqua”. • Galileo Galilei: “il vino è un composto di umore e luce”. • La fotosintesi è fenomeno complesso ma concettualmente semplice: la scissione della molecola dell’acqua in un atomo di ossigeno e due di idrogeno grazie all’energia fornita dal sole e la formazione di nuovi composti organici con il carbonio prelevato dall’aria in forma di anidride carbonica. Alcool, glicerina, tannini, antociani, sono fatti da questi tre elementi. Abbiamo un edificio fantastico costruito quasi con tre soli mattoni, disposti in modo diverso, grazie alla luce.
  • 5. La vite selvatica in natura cresce in riva ai fiumi e si arrampica sugli alberi, portando fiori e frutti al di sopra delle loro chiome, alla luce. 1. Non è una xerofila (piante dei climi aridi) 2. tuttavia ha la capacità di trasportare l’acqua a grandi altezze, come tutte le liane, superando facilmente la differenza di potenziale. Vitis aeuropaea sylvestris Riserva Naturale del Bosco di Torino di Sangro (CH)
  • 6. Aridocoltura L’agricoltura delle zone aride del mondo ottimizza la poca acqua disponibile
  • 7. La pianta “idrovora” della pianura padana nelle sue terre di origine è coltivata in climi aridi. Ma a destra e a sinistra c’è lo stesso mais? La differenza macroscopica è nella densità di vegetazione.
  • 9. • Cos’è il “modello viticolo Champagne” (foto precedente), se non il modello “mais a foglie erette e a semina fitta” applicato alla viticoltura? • Grande superficie illuminata, grande produzione di biomassa, grande consumo di acqua e nutrienti, e grande esplorazione del suolo da parte delle radici della vite. Un motore spinto al massimo. • Una certa scuola di pensiero sostiene che gli impianti ad alta densità resistono meglio alla siccità. Ma la tradizione delle zone aride e della viticoltura non irrigua, mediterranea e del Nuovo Mondo, e la pratica di chi utilizza impianti di irrigazione, dicono esattamente il contrario.
  • 10. Densità bassa e chioma a ombrello. Dry farming a Frog’s Leap, Napa, California.
  • 11. STOP AI LUOGHI COMUNI • I pionieri della viticoltura in California nel XIX secolo piantavano con sesti molto larghi, meno di 1000 viti per ettaro, avendo osservato le tecniche di aridocoltura dei nativi americani, per aumentarlo poi con la diffusione dell’irrigazione. Quando, nel 1975, il Cabernet di Stag’s Leap vinse il Paris Challenge di Parigi battendo tutti i grand cru di Bordeaux, il vigneto aveva meno di 2000 viti per ettaro, contro i 7000 di Bordeaux.
  • 12. Qual è la densità ideale? • non esiste un modello viticolo buono per tutte le situazioni: la Borgogna non è la Maremma, il Nebbiolo non è il Pinot nero e la Champagne non somiglia affatto alla Val di Noto. • Non è soltanto il numero di viti, ma il numero di foglie (e di grappoli) per unità di superficie, in particolare quelle esposte al sole e al vento, che determina la quantità di acqua che viene traspirata come vapore acqueo, e quindi persa in atmosfera, e questo non è solo funzione della densità di impianto ma anche di altri fattori: il vigore delle piante, la forma e la gestione della chioma. Inoltre i vitigni autoctoni del Nord consumano più acqua di quelli del Sud, o comunque vanno prima in stress.
  • 13. C’è inerbimento … … e inerbimento L’inerbimento dell’interfila è compatibile con un clima asciutto? La vegetazione consuma acqua, ma non è un problema nella stagione in cui è disponibile Cover crop di favino, inverno, Sicilia. Foto M. Pierucci Cover crop di favino, inverno, Sicilia. Foto M. Pierucci Inerbimento spontaneo,, estate, Piemonte. Foto M. Gily
  • 14. C’è pergola … … e pergola
  • 15. DISTANZA DEL FRUTTO DAL SUOLO Vicino al suolo c’è la massima escursione termica: più caldo di giorno, più freddo di notte. + Escursione termica= + qualità? In condizioni climatiche estreme e senza irrigazione può essere preferibile avere meno escursione ma evitare livelli termici critici. Inoltre non tutti i precursori degli aromi si avvantaggiano di escursioni termiche elevate. I norisoprenoidi (frutta tropicale) preferiscono notti più calde (D. Tomasi su Glera). Chardonnay siciliano: profumi di ananas e frutto della passione.
  • 16. utile per la sanità dell'uva perché il vento è mal tollerato dai funghi e disturba anche il volo di alcuni insetti (tignole). Brezze meridionali umide favoriscono l'oidio possibili scottature sul grappolo in associazione con alti livelli di UV, soprattutto se il grappolo viene scoperto dopo la fase di mignolatura/prechiusura. Respirazione e quindi distruzione di alcuni composti: precursori aromatici e antociani. Due fattori fondamentali: distanza dal suolo e ombreggiamento dei grappoli nelle ore più calde. la luce ha effetti positivi sull'allegagione, sulla sintesi del colore, sulla sintesi di alcuni precursori aromatici, sulla sintesi della pruina. I raggi ultravioletti hanno un'azione antioidica. Una luminosità alta non è mai negativa per il frutto se associata a temperature basse o medie.frutti abbassa l'umidità relativa ll'interno della chioma e aumenta la traspirazione, a meno che non sia vento umido. Non è un grave problema se c'è acqua sufficiente nel terreno, altrimenti accelera l'entrata in stress idrico gli stomi si chiudono per limitare la traspirazione, si chiude la porta di ingresso alla CO2 e la fotosintesi si blocca. La temperatura critica dipende da tre fattori: umidità relativa dell'aria, vitigno e stato idrico del suolo. Nei climi caldi in estati molto calde la maturazione non accelera, ma al contrario rallenta. fondamentale per la fotosintesi. Solo le foglie in piena luce sono attive. Quelle del secondo strato sono neutre, producono con la fotosintesi e consumano con la respirazione. Quelle in ombra (terzo strato) sono passive, consumano più di quanto producono e aumentano l'umidità dentro la chiomafoglie ventotemperature > 32-35 gradiluce
  • 17. Una chioma troppo rada e con grappoli totalmente scoperti rischia lo stress da eccesso di traspirazione: nei casi più gravi ustioni sul frutto e caduta precoce delle foglie. Aumento di PH per caduta dell'acido malico. Perdita di aromi. Climi aridi:alberello, pergola. buona illuminazione sia della chioma che del frutto. La fotosintesi è ottimizzata. chiome aperte e produzione moderata il rischio di stress idrico è direttamente proporzionale alla densità della chioma e alla produzione di frutto. Nel caso è possibile intervenire riducendo una o entrambe. La luce fatica a raggiugnere gli strati interni. La fotosintesi può non essere sufficiente alla maturazione. Alti livelli di potassio nel frutto. pH elevato. chiome vigorose e produzione abbondante temperature > 32-35 gradiluce
  • 18. Piemonte: i “sorì” sono ancora le zone migliori per la viticoltura? Il cambiamento del clima tende a rompere gli schemi. Qualificati esperti propongono una gerarchia qualitativa dei cru del Barolo. Ma, mentre il tiratore spara, il bersaglio si muove!
  • 19. Secondo una famosa “review” di Jackson e Lombard (American J. of Enology and Viticulture, 1993) i vini migliori si fanno dove le uve maturano in zona climatica alfa, cioè con temperature medie non superiori a 15 gradi per i vitigni “internazionali” considerati (Pinot nero, Cabernet S. e Riesling). Il Centro Italia è al limite solo per il Cab, mentre il Sud è fuori per tutto, a meno della viticoltura in quota.
  • 20. • Se l’Italia ha creato nei secoli una straordinaria varietà di paesaggi viticoli non è frutto del caso, ma di un equilibrio tra la pianta e l’ambiente che va quanto meno capito, prima di cancellare le tecniche tradizionali e introdurne di nuove. • Il 2012, con finale di stagione molto caldo, è stato un anno buono non solo per l’alberello, il cui adattamento a climi semiaridi è noto, ma anche per i sistemi a pergola, dal Veneto all’Abruzzo: sempre più rivalutati, dopo essere stati ingiustamente accusati di essere uno strumento del demonio per fare produzioni spaventose di uva. E a volte lo sono davvero, ma la colpa non è mai della pianta, sempre dell’uomo.
  • 21. • Con ondate di calore molto intenso e bassa umidità relativa, dall’invaiatura in poi, l’ombreggiamento creato dalla pergola e la maggior distanza dal suolo protegge il frutto dagli eccessi termici, i cui effetti sono perdita di precursori aromatici, di colore e di acido malico, e nel peggiore dei casi appassimento precoce del frutto immaturo. Con una gestione accorta della chioma si possono ottenere, anche nei sistemi a spalliera, risultati simili, ma non uguali. DISTANZA DEL FRUTTO DAL SUOLO Vicino al suolo c’è la massima escursione termica: più caldo di giorno, più freddo di notte. + Escursione termica= + qualità? Non sempre. In condizioni climatiche estreme e senza irrigazione può essere preferibile avere meno escursione ma evitare livelli termici critici.
  • 22. • Ho capito meglio il concetto di terroir nei paesi dove questo concetto è arrivato da poco, come in Australia. L’irrigazione RDI, cioè a deficit regolato, si basa sul principio che per fare un vino di qualità la vite non deve avere a disposizione tutta l’acqua che vorrebbe se crescesse, come in natura, in riva a un fiume, ma solo una parte. E’ un regime di dieta restrittiva, che porta ad uno stress moderato (mild stress). Sotto l’effetto di condizioni ambientali debolmente stressanti la pianta accelera la maturazione del frutto e del seme per assicurare la continuità della specie. Ma se lo stress è eccessivo l’effetto è negativo. • I terroir “classici” dei vini europei sono quelli in cui, senza irrigazione, per la combinazione del clima e del terreno, la pianta entra nel regime di stress moderato al momento opportuno. Un carattere fondamentale della vocazione viticola di un territorio è quindi il modo come si muove l’acqua negli strati superficiali e medi del terreno. Ma l’aumento dei fenomeni estremi, almeno in alcune annate, può sconvolgere questa “vocazionalità” imponendo alla vite uno stress troppo severo, dalle conseguenze gravi.
  • 23. L’osservazione dell’apice vegetativo. Quando il viticcio supera in altezza l’ultima foglia significa che la vite è in accrescimento e non è in stress idrico (foto Gily, mano D’Angelone)
  • 24. Cos’è il “mild stress”? ©Maurizio Gily 2004 Esiti di grave deficit idrico su Sangiovese, foto F. Burroni, pagina facebook agronominvigna
  • 25. • Bisogna fare il possibile perché la vite si mantenga dentro l’area del mild stress senza bisogno di apportare acqua. Tuttavia a volte questo può non essere sufficiente, e allora ben vengano i gocciolatori. Il divieto dell’irrigazione in viticoltura è un vincolo anacronistico, legato a tempi in cui sia il clima che le tecniche di irrigazione erano diversi. • Piuttosto è importante fare buon uso della risorsa acqua, perché è diverso pompare l’acqua da una falda sotterranea o prenderla da un bacino di collina che si è creato per immagazzinare le piogge in eccesso nei giorni e nelle stagioni piovose, limitando così anche i rischi legati alle piene a valle. I vincoli per i vini a doc e docg devono servire a fare vini più buoni: quando il risultato è fare vini più cattivi vuol dire che i vincoli sono sbagliati .
  • 26. • In alcune esperienze in corso soprattutto in Spagna (ma non solo) si stanno sperimentando tecniche di adattamento al riscaldamento del clima, anche al fine di produrre vini più freschi e meno alcolici. Si tratta di fare, più o meno, l’esatto opposto di ciò che noi agronomi abbiamo consigliato negli ultimi decenni, come si vede nella slide successiva.
  • 27. INDIETRO TUTTA! Alcune tecniche proposte per contrastare il riscaldamento climatico, la maturazione troppo precoce e l’eccesso di alcool (a meno di spostare il vigneto in altitudine e/o latitudine): • densità di impianto più basse • più gemme per pianta se non ci sono condizioni limitanti (ad es. se c’è irrigazione) • maggiore altezza da terra del frutto • riduzione dell’altezza della parete fogliare e del rapporto foglie/frutti • ombreggiamento parziale della parete e del frutto • cimature tardive per limitare la fotosintesi.
  • 28. Grazie per l’attenzione Maurizio Gily www.gily.it