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Stringhe relativistiche classiche
Gabriele Pompa
8 Ottobre 2010
Indice
1 Le Idee 2
1.1 UNIFICARE: breve cronistoria della Fisica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
1.2 Limiti del modello standard e necessità di ulteriori unificazioni . . . . . . . . . . . 2
1.3 Una proposta: la teoria delle stringhe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.4 (possibili) verifiche sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.5 Unicità della soluzione? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
2 Il Formalismo 5
2.1 Nozioni di geometria differenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2.2 Un linguaggio mutuato dalla Relatività . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
2.3 Elettrodinamica relativistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
2.4 Richiami di Meccanica Lagrangiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
3 Stringa relativistica 12
3.1 foglio-universo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
3.2 L’Azione di Nambu-Goto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
3.3 Invarianza per Riparametrizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
3.4 Equazioni del Moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
3.5 Il Gauge Statico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
3.6 La stringa statica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
Bibliografia 21
1
1 Le Idee
1.1 UNIFICARE: breve cronistoria della Fisica
Unificare: ridurre più cose o parti a un tutto unico, riunirle insieme in un tutto omogeneo.
(fonte: Enciclopedia Treccani)
Lo sviluppo della Fisica, nei secoli, può essere riletto come un costante processo di unificazione
in teorie più ampie di modelli parziali, formulati per descrivere fenomeni apparentemente scor-
relati. Così la nostra interpretazione dell’ Elettricità e del Magnetismo, originariamente ritenuti
indipendenti, fu orientata verso una visione più completa della loro fenomenologia: le osservazioni
di Oersted circa la presenza di un campo orientante generato da una spira percorsa da corrente
(1819) e quelle successive di Faraday sulla generazione di campi elettrici da parte di un campo
magnetico variabile nel tempo (1831) misero in luce la loro mutua correlazione fenomenologica.
Ad essa, in principio, non rispondeva una teoria altrettanto organica. Fu James Clerk Maxwell
nel 1865 a costruire un insieme consistente di equazioni (note oggi, appunto, come equazioni di
Maxwell, o dell’elettrodinamica) che riunisse compiutamente Elettricità e Magnetismo. E’ fonda-
mentale osservare che tale unificazione non è affatto opzionale: teorie separate per Elettricità e
Magnetismo sarebbero inconsistenti. Agli inizi del ’900 con la teoria della Relatività Speciale di
Albert Einstein si assistette ad un nuovo cambio di paradigma: spazio e tempo non possono essere
nozioni separate. La nota relazione E = mc2
sancisce l’intercambiabilità di massa ed energia,
quantità fino ad allora trattate indipendentemente dalla meccanica newtoniana. Negli stessi anni,
per opera di Schrödinger, Heisenberg e Dirac, nasce la Meccanica Quantistica, che contribuisce in
senso unificante con la rivoluzionaria scoperta (in Fisica nulla si inventa) della corrispondenza tra
osservabili ed operatori. La MQ si è rivelata talmente predittiva che oggi si ritiene che ogni teoria
fisica, perchè possa produrre esatte predizioni, debba essere opportunamente quantizzata, ossia
formulata (o ri-formulata) in termini dei costituenti elementari, o quanti, del campo considerato,
per tenere conto della natura intimamente discontinua del mondo microscopico. Il concetto di
unificazione che si sta delineando può essere riguardato come unificazione delle forze oggi note:
di Gravità, Elettromagnetica, Nucleare Debole e Forte. Le interazioni e.m. e deboli furono unite
concettualmente nell’unica forza: Elettrodebole nel modello di Weinberg-Salam (anni ’60) e quan-
tizzate nella teoria Quanto-Elettrodebole. D’altra parte la procedura di quantizzazione ha successo
anche per la forza Nucleare Forte (o forza di colore) i cui quanti, i gluoni, interagiscono con i quark
nella teoria della Cromo-Dinamica Quantistica (QCD). La teoria Quanto-Elettrodebole e la QCD
sono oggi trattate insieme a formare il Modello Standard, sebbene ad oggi non ci sia una profonda
unificazione tra i due settori del Modello.
1.2 Limiti del modello standard e necessità di ulteriori unificazioni
Il Modello Standard (SM) rappresenta appieno la nostra conoscenza odierna della Fisica delle
particelle. Prevede l’esistenza di 60 particelle: 12 campi di forza bosonici (8 gluoni, 3 bosoni
intermedi ed il fotone) mediatori delle interazioni e 48 campi fermionici, ossia particelle di materia,
suddivisi in 36 quark (suddivisi in 6 sapori ⇥ 3 colori ciascuno + le rispettive anti-particelle) e 12
leptoni suddivisi nelle 3 famiglie elettronica, muonica e tauonica.
I limiti del SM sono essenzialmente di due tipi:
• non include la Gravità
• contiene parametri che non possono essere calcolati all’interno del SM
Ad oggi le estensioni del SM volgono da una parte nel senso della Grand Unified Theory (GUT):
teoria che prevede l’unificazione delle interazioni Elettrodeboli con la QCD, dall’altra mirano
all’introduzione della Supersimmetria: tipo di simmetria che legherebbe bosoni e fermioni, quindi
forza e materia. E’ tuttavia da notare che tali possibili estensioni appaiono essere, almeno per
ora: opzionali. D’altra parte una reale teoria del tutto deve comprendere la Gravità, con o senza
unificazioni. Il vero problema, in questo senso, risulta essere l’evidente difficoltà riscontrata dalle
2
procedure di quantizzazione del campo Gravitazionale ossia nella riformulazione della Teoria della
Relatività Generale di Einstein in termini di una Teoria della Gravitazione Quantistica. Tenuto
conto della trascurabilità per molte applicazioni in ambito microscopico della forza di Gravità, si
usa lavorare con la Gravità classica (a cui quella generale si riduce nel limite di campo debole, cioè
a livello microscopico) accoppiata al Modello Standard.
Tuttavia una teoria della gravitazione quantistica è indispensabile per studiare:
• la fisica dei primi istanti successivi al Big Bang
• alcune proprietà dei Buchi neri
In conclusione: sembra essere necessaria (nel senso di non opzionale) una teoria che comprenda
la Gravitazione, unificando la forza di gravità con le altre forze.
1.3 Una proposta: la teoria delle stringhe
E’ su questa via unificatrice che si innesta la Teoria delle Stringhe (ST): in questa teoria tutte le
forze sono unificate profondamente, difatti tutte le particelle sono niente altro che modi vibrazionali
dell’unico ente fondamentale: la stringa.
A favore della teoria delle stringhe le seguenti considerazioni:
1. non contiene parametri variabili: non può essere cioè deformata con continuità (l’unico
parametro da cui dipende è la lunghezza caratteristica della stringa: `s)
2. il numero delle dimensioni dello spazio-tempo non è un’ipotesi (come nel caso dello
spazio-tempo 4-dim del Modello Standard), bensì è un risultato. In particolare, il numero
delle dimensioni ottenute non è 4, bensì 10. Tuttavia la ST prevede la possibilità che le 6
dimensioni spaziali extra siano raggomitolate su se stesse in un volume talmente piccolo che
la loro presenza possa non essere rilevata mediante esperimenti a bassa energia.
3. include la gravità ed essendo una teoria quantistica, essa si propone come possibile teo-
ria della gravitazione quantistica1
. Difatti, il gravitone, ossia il quanto del Campo Gra-
vitazionale, emerge con naturalezza nella ST come particolare modo vibrazionale della
stringa.
1.4 (possibili) verifiche sperimentali
Oggi ancora non esistono! Bisogna però tenere in conto che per indirizzare precisamente un espe-
rimento è necessario possedere predizioni chiare da verificare, che per il momento non possediamo.
Possibili verifiche sperimentali della ST potrebbero venire da:
• rilevamenti di dimensioni spaziali extra: lo spazio-tempo della ST ha 10 dimensioni:
1 temporale e 9 spaziali. Se la teoria è corretta, le ulteriori dimensioni spaziali dovrebbero
prima o poi essere scoperte. Ora, la ST prevede che tali ulteriori dimensioni spaziali siano
raggomitolate in un volume talmente piccolo da non essere rilevate con esperimenti a bas-
sa energia, tuttavia essa non vieta affatto la possibilità che esse si sviluppino su distanze
macroscopiche (10 1
mm). Ricerche di questo tipo potrebbero essere effettuate mediante
esperimenti gravitazionali con pendoli di torsione, oppure negli acceleratori di particelle.
• scoperta di stringhe cosmiche: secondo la ST sarebbero state prodotte nell’universo
primordiale e dovrebbero essere particolari stringhe tirate fino a coprire l’intero universo
osservabile. Potrebbero essere rilevate via lenti gravitazionali o onde gravitazionali.
• scoperta della Supersimmetria: la sua scoperta (negli acceleratori) potrebbe, per via in-
diretta, mostrare la correttezza della ST in quanto è stato dimostrato che la compattificazione
delle 6 dimensioni extra dello spazio-tempo porterebbe a una teoria supersimmetrica.
1Sebbene questo punto sia delicato e non ancora del tutto certo, va notato che la teoria delle stringhe non incontra
le inconsistenze nella quantizzazione del campo Gravitazionale incontrate, invece, dalla Gravitazione Quantistica.
3
1.5 Unicità della soluzione?
Un’affermazione banale:
« La natura è una! Ergo non può esistere più di una teoria che la descriva. »
Nella sua ovvietà questa affermazione racchiude un problema cruciale allo stato attuale della ST:
è stato detto che una delle peculiarità della ST sia la mancanza di parametri variabili, ossia la sua
indeformabilità. Tuttavia questa caratteristica non comporta necessariamente l’unicità della ST:
esiste più di una Teoria delle Stringhe! nel senso che esiste più di una teoria che non
possa essere modificata dalla variazione di parametri continui.
Una possibile schematizzazione delle ST esistenti è la seguente:
• teorie a stringhe chiuse
• teorie a stringhe sia aperte sia chiuse2
.
Un’ulteriore suddivisione è su base dimensionale (dello spazio-tempo):
• stringhe bosoniche (26-dim): tutte le loro vibrazioni rappresentano solo bosoni, l’assenza
dei fermioni le rende poco realistiche.
• superstringhe (10-dim): il loro spettro riproduce sia bosoni che fermioni, ed essi appa-
iono essere legati da Supersimmetria. Tutti i modelli moderni di ST sono costruiti con
superstringhe. Dalla metà degli anni ’80 sono note 5 teorie a superstringhe (10-dim) + la
M-theory3
(11-dim). Oggi si ritiene che queste 6 teorie siano aspetti differenti di un’unica
teoria, tutt’ora ignota.
Allo stato attuale, la ST eredita dalla Relatività Generale un problema grave: esistono molte
soluzioni della Teoria delle Stringhe, ossia molti modelli cosmologici, dipendenti da parametri
sia continui, sia discreti. Ovviamente un solo modello (se la ST è corretta) descrive il nostro
universo. Scartando i modelli aventi parametri continui, i quali predirrebbero l’esistenza di campi
di massa nulla mai osservati, rimangono comunque un numero astronomico di modelli consistenti,
dipendenti da parametri discreti: qualcosa come 10500
!
Un’ultima considerazione: la Teoria delle Stringhe predice l’esistenza della gravità ed è una vera
sorpresa il fatto che essa emerga dai modi vibrazionali quantistici della stringa4
, dato che in nessun
modo essa è stata introdotta di proposito.
2teorie a stringhe soltanto aperte non si considerano in quanto stringhe aperte possono sempre richiudersi
3è ottenuta come particolare limite da una delle altre cinque.
4e non da quelli classici
4
2 Il Formalismo
La Teoria delle Stringhe lavora in un spazio-tempo fisico 10-dim, di cui 9 sono dimensioni spaziali
e una temporale5
: in questa sezione cercherò brevemente di formalizzare i contenuti geometrici,
di formalismo e meccanici adatti a lavorare in uno spazio siffatto.
2.1 Nozioni di geometria differenziale
Per questa sezione si faccia riferimento a [2, cap 1], [3, cap 3 e 4] e [6].
La geometria differenziale è la geometria adatta a descrivere uno spazio curvo6
. In questo contesto,
definisco varietà M, d-dimensionale, uno spazio topologico continuo7
, tale che ogni punto p di
M ammetta un intorno aperto Up mappato da un’applicazione biettiva f su un relativo aperto
Ad
di Rd
; la dimensione di M è detta d.
Un sistema di coordinate (o carta) è una nozione locale, relativa ad uno specifico punto p 2 M,
e consiste nella coppia data dall’intorno aperto Up e dall’omeomorfismo 8
f all’ aperto Ad
di Rd
:
x 2 Up ⇢ M
f
7 ! (x1
, ..., xd
) 2 Ad
⇢ Rd
(1)
Siano U e V due aperti di M, tali che: U  V 6= ; e siano f e g due mappe distinte ad aperti Ad
e
Bd
di Rd
rispettivamente: data l’intersezione non vuota di U e V posso definire trasformazione
di coordinate l’applicazione composta:
g f 1
: Rd
! Rd
tale che: yµ
= yµ
(x1
, ..., xd
) con µ = 1, ..., d (2)
Siano la trasformazione di coordinate h : Rd
! Rd
e la funzione coordinata ui
: Rd
! R, e
quindi (ui
h) : Rd
! R;
per definizione:
h è smooth () (ui
h) 2 C1
(Rd
) 8i = 1, ..., d (3)
Nel seguito si considereranno solo trasformazioni di coordinate smooth con inversa smooth, ossia:
diffeomorfismi su Rd
.
La regolarità della trasformazione è assicurata 9
dalla condizione det(J)6= 0 in cui J è lo
Jacobiano della trasformazione, ossia la matrice di elementi:
Jµ
⌫ = {
@yµ
@x⌫
} µ, ⌫ = 1, ..., d (4)
Qualora non generi confusione userò la notazione: @⌫yµ
al posto di @yµ
@x⌫ .
I diffeomorfismi su Rd
costituiscono una classe di applicazioni che legano spazi di pari dimensione
d. Esistono tuttavia applicazioni che hanno una chiara rappresentazione geometrica: è il caso delle
superfici.
Una superficie ⌃2
è, in generale, una sub-varietà 2-dimensionale immersa in uno spazio: varietà
d-dimensionale.
Di particolare interesse nel caso della ST è il foglio-universo, ossia quella superficie descritta
dall’evoluzione spazio-temporale della stringa. Ci tornerò.
Definisco superficie ⌃2
l’immagine dell’applicazione tale che:
(⌧, ) 2 R2
7 ! {Xµ
(⌧, )} 2 Rd
µ = 1, ..., d (5)
Denoterò con lettere maiuscole Xµ
le coordinate spazio-temporali xµ
(⌧, ), cioè qualora descrivano
punti di ⌃2
. Ricordo che le usuali nozioni di sistemi di coordinate e relative trasformazioni sono
5pare non sia possibile costruire una teoria consistente che preveda più di una dimensione temporale
6il senso intuitivo della parola è sufficiente ai nostri scopi.
7ad esempio, secondo il criterio di Hausdorff [4, pag 27]: ogni coppia di punti distinti di M possiede intorni
disgiunti.
8applicazione continua tra spazi topologici dotata di inversa continua.
9Teorema della funzione inversa
5
locali, di conseguenza: anche la parametrizzazione (⌧, ) di ⌃2
vale localmente (su un aperto) sulla
superficie.
La regolarità di ⌃2
è assicurata dall’invertibilità dell’applicazione che la definisce, ossia deve valere:
rg(J(⌧, )) = rg
✓
@⌧ X1
· · · @⌧ Xd
@ X1
· · · @ Xd
◆
= 2 (6)
In ogni punto p della varietà M posso definire uno spazio tangente Tp
10
i cui elementi sono i
vettori tangenti a M in p. Questa definizione puntuale di vettore è estendibile localmente ai
punti x dell’intorno Up nel seguente modo: definisco fibrato tangente TU (ad M in p) l’unione
disgiunta di tutti gli spazi tangenti ai punti x 2 Up: TU =
S
x2Up
Tp e definisco campo vettoriale
!
V l’applicazione:
!
V : U ! TU tale che: x 2 Up
!
V
7 ! dXx, cioè che ad ogni punto di Up associa
un vettore di Tp.
In questo modo, definito su Up un sistema di coordinate {xµ
} è possibile esprimere il vettore11
dXx in coordinate (e poterci, quindi, lavorare).
Siano dunque: Ad
⇢ Rd
, Up ⇢ M, f 1
: Ad
! Up e
!
V l’applicazione che mappa:
x 2 Up
!
V
7 ! dXx 2 Tp ⇢ TU , allora vale il seguente diagramma:
Ad f 1
7 ! Up
!
V
7 ! TU
(7)
(x1
, ..xd
) 7 ! x 7 ! dXx
A sua volta, un vettore tangente in x ad una varietà d-dimensionale (quale è lo spazio fisico della
Teoria delle Stringhe) si denoterà come: dX ⌘ dXµ
= dXµ
(x1
, ..., xd
) µ = 1, ..., d in cui ho omesso
la dipendenza dal punto, ritenendola sottintesa: ribadisco la puntualità della nozione di tangenza
e la località di quella di parametrizzazione {xµ
} ⌘ (x1
, ..., xd
)12
.
Concentriamoci sui vettori tangenti ad una superficie come ⌃2
in un punto x di un aperto Up ⇢ ⌃2
:
se ne può dare una caratterizzazione affatto rigorosa ma di chiaro significato geometrico.
La superficie ⌃2
, parametrizzata con (⌧, ) a valori in un aperto di R2
, sia descritta dalle equazioni
parametriche:
⌃2
:
8
><
>:
X1
= X1
(⌧, )
...
...
Xd
= Xd
(⌧, )
(8)
Scelto un punto p 2 ⌃2
: p0 = p0(⌧0, 0) ⌘ X1
(⌧0, 0), ..., Xd
(⌧0, 0) , peraltro generico, riman-
gono definite sulla superficie delle curve, le cosiddette linee ⌧ e , in questo modo:
linea ⌧ :
8
><
>:
X1
= X1
(⌧, 0)
...
...
Xd
= Xd
(⌧, 0)
(9)
linea :
8
><
>:
X1
= X1
(⌧0, )
...
...
Xd
= Xd
(⌧0, )
(10)
10in generale: dim(Tp) = dim(M) = d
11o meglio: l’immagine dXx, tramite il campo vettoriale
!
V , di un punto x 2 Up
12un’unica mappa f per descrivere tutti i punti dello spazio fisico della ST, richiederebbe una regolarità eccezionale
(analogamente per lo spazio-tempo). Basti pensare che nemmeno una comunissima sfera è ricopribile con un’unica
carta...
6
I vettori dX0
⌧ e dX0
, tangenti a tali curve nel punto p0 di ⌃2
, saranno descritti nello spazio dalle
coordinate:
dX0
⌧ ⌘ @⌧ X1
(⌧0, 0), ..., @⌧ Xd
(⌧0, 0)
dX0
⌘ @ X1
(⌧0, 0), ..., @ Xd
(⌧0, 0)
(11)
Data l’arbitrarietà di p0 2 ⌃2
si vede che la regolarità della superficie, espressa da rg(J) = 2
nella (6), equivale a supporre che in ogni punto della superficie i due vettori dX0
⌧ e dX0
siano
linearmente indipendenti.
D’altra parte, si consideri la generica curva C di R2
, parametrizzata in s 2 I ⇢ R:
C :
⇢
⌧ = ⌧(s)
= (s)
s 2 I (12)
e si supponga che: (⌧(s0), (s0)) = (⌧0, 0).
Quindi C verrà proiettata su ⌃2
nella curva C0
:
C0
:
8
><
>:
X1
= X1
(⌧(s), (s))
...
...
Xd
= Xd
(⌧(s), (s))
s 2 I (13)
ed il punto p0 ⌘ X1
(⌧0, 0), ..., Xd
(⌧0, 0) ⌘ X1
(⌧(s0), (s0)), ..., Xd
(⌧(s0), (s0)) 2 C0
, ossia
C0
passa per p0.
Il vettore tangente a C0
in p0 sarà il vettore di Tp0
13
:
dX0
ds
= dX0
⌧
d⌧
ds
|s0
+ dX0 d
ds
|s0
(14)
Sapendo che i due vettori dX0
⌧ e dX0
di Tp0
:
• sono, punto per punto, tangenti alle linee ⌧ e , rispettivamente,
• sono linearmente indipendenti,
• fissato il punto p0 2 ⌃2
, il vettore tangente a qualunque arco di curva regolare tracciato su
⌃2
può essere espresso come combinazione lineare dei dX0
⌧ e dX0
, secondo la (14),
concludiamo che (omettendo la dipendenza dal punto, sottintesa) i vettori:
(dX⌧ , dX ) sono una base puntuale su Tp (15)
rispetto alla quale il generico vettore tangente a (un arco di curva regolare su) ⌃2
può essere scritto
come:
dX
ds
= dX⌧
d⌧
ds
+ dX
d
ds
(16)
Nel seguito denoterò il vettore tangente di Tp, di cui alla (16), con:
dX
ds
def
= dX ⌘ dXµ
µ = 1, ..., d (17)
le sue coordinate rispetto alla base puntuale (15) con:
✓
d⌧
ds
,
d
ds
◆
def
= (d⌧, d ) (18)
13dalla regola di derivazione delle funzioni vettoriali di variabile reale
7
e indicherò i vettori di tale base, (15), come:
dX⌧ ⌘ @⌧ X1
, ..., @⌧ Xd def
= ˙Xµ
⌘ ˙X
dX ⌘ @ X1
, ..., @ Xd def
= Xµ0
⌘ X0
(19)
in cui, ribadendo che tale definizione è valida fissato il punto di ⌃2
, le derivate che compaiono
nell’espressione in coordinate si intendono calcolate in tale punto, così come appare esplicitamente
in (11). Con le notazioni introdotte, nel seguito denoterò il vettore tangente ⌃2
in un punto, come:
dX = ˙Xd⌧ + X0
d (20)
o anche compattamente, mediante la convenzione di Einstein per la somma:
dX =
@X
@⇠↵
d⇠↵
dove: ↵, = 1, 2 con
⇢
d⇠1
= d⌧
d⇠2
= d
(21)
ovvero, in termini di coordinate nello spazio fisico:
dXµ
= ˙Xµ
d⌧ + Xµ0
d µ = 1, ..., d (22)
Le precedenti definizioni e notazioni si estendono al caso in cui la varietà all’interno della quale la
superficie è immersa sia lo spazio-tempo della ST, semplicemente ponendo:
µ = 0, ..., d
Tratteremo il foglio-universo come superficie una nello spazio-tempo.
2.2 Un linguaggio mutuato dalla Relatività
Per questa sezione si faccia riferimento a [1, cap 2] e [8, Parte II, cap 2].
La Relatività Generale di Einstein costituisce, sotto molti aspetti, il limite a grande distanza (ossia
campo Gravitazionale debole) della Teoria delle Stringhe. La ST modifica la Teoria della Relatività
per tenere conto della Meccanica Quantistica, tuttavia essa mantiene il formalismo di Einstein,
ampliando la notazione per descrivere uno spazio-tempo avente 9 dimensioni spaziali. Nello spazio-
tempo della Relatività speciale, 4-dim, le trasformazioni che legano sistemi di riferimento inerziali
sono le trasformazioni di Lorentz le cui caratteristiche salienti sono:
• rispettano il dato sperimentale che la velocità della luce sia pari a c in qualsiasi sistema di
riferimento inerziale.
• sono trasformazioni unitarie, ovvero sono rappresentabili da matrici Lµ
⌫ ortogonali:
L 1
= LT
. Questa peculiarità fa si che rispetto ad esse sia invariante la forma quadratica
s2
= (ct)
2
+
P
i=1,2,3 (xi
)
2
detta norma di Minkowsky del quadri-vettore che congiun-
ge il punto (0, ..., 0) con il punto di coordinate (x0
, ..., x3
) dello spazio-tempo 4 dim. Questo
concetto, che fa leva sull’intuitiva richiesta di invarianza della distanza tra punti rispetto al
sistema di riferimento (quindi di coordinate) scelto per misurarla, è noto come invarianza di
Lorentz.
• det(L) = 1 quindi esse sono sempre invertibili: L 1
esiste sempre.
Definisco tensore metrico di Minkowsky ⌘µ⌫ = diag{ 1, 1, 1, 1} (se espresso in coordinate carte-
siane) la forma bilineare che associa a due vettori il loro prodotto scalare relativistico:
a0
b0
+ a1
b1
+ ... + a3
b3 def
= ⌘(!a ,
!
b ) = 14
⌘(aµ
e(µ), b⌫
e(⌫)) = 15
⌘µ⌫aµ
b⌫
14detta {e(↵)} una base sullo spazio Tp, localmente tangente allo spazio-tempo, su cui sono definiti tali vettori,
ed utilizzando la convenzione di sommazione di Einstein
15sfruttando la bilinearità, e per definizione di coordinate di un tensore su una base di Tp ⌦ Tp. Esula dai miei
scopi motivare geometricamente la corrispondenza tensore a 2 indici , matrice
8
ossia in termini differenziali, valutando il prodotto scalare del vettore dxµ
per se stesso:
ds2
= ⌘µ⌫dxµ
dx⌫
Si può dimostrare che, sotto un cambiamento di coordinate xµ
! x↵0
= x↵0
(xµ
),
detta ⇤ = {@↵0xµ
} la matrice Jacobiana associata alla trasformazione considerata, il tensore ⌘µ⌫,
come del resto qualsiasi tensore
✓
0
2
◆
, si trasforma secondo:
⌘(xµ
) = ⌘µ⌫ ! ⌘0
(x↵0
) = ⌘↵0 0 = ⇤µ
↵0⌘µ⌫⇤⌫
0 = ⇤T
⌘(xµ
(x↵0
))⇤
Sotto una trasformazione di Lorentz, il 4-vettore (o quadri-vettore) si trasforma secondo:
dxµ
! dx0↵
= L↵
µdxµ
.
Ne consegue che l’invarianza di Lorentz è un’invarianza di valore e forma del ds2
ossia:
⌘µ⌫dxµ
dx⌫
= ds2
= ds02
= ⌘0
↵ dx0↵
dx0
= 16
⌘↵ L↵
µdxµ
L ⌫dxµ
, ⌘µ⌫ = L↵
µ⌘↵ L ⌫
si può quindi stabilire il criterio:
L è una trasformazione di Lorentz () verifica: ⌘ = LT
⌘L
Concetti come quadrivettori di genere tempo, spazio e luce sono estesi naturalmente ad uno spazio-
tempo D-dimensionale, D = d + 1.
In particolare, definisco quadrivettore del genere tempo un vettore
!
dx congiungente eventi la cui
distanza spaziale sia minore della distanza che potrebbe percorrere la luce nell’intervallo di tempo
che li separa.
In termini differenziali:
P
i=0,1,...,d (dxi
)
2
< (dx0
)
2
ossia: un quadrivettore del genere tempo ha
norma definita negativa: k
!
dxk
2
< 0.
La ST mutua in toto questo linguaggio, particolarmente duttile per estendere i suoi risultati a
spazi d-dimensionali più generali dello spazio-tempo di Minkowsy.
2.3 Elettrodinamica relativistica
Su questa guida ripercorro i risultati notevoli dell’Elettromagnetismo nella sua formulazione co-
variante, più adatta all’estensione allo spazio-tempo a 10 dimensioni.
Per questa sezione si faccia riferimento a [1, cap 3].
Definisco il quadrivettore potenziale elettrodinamico: Aµ
= ( , A1
, A2
, A3
) a cui corrisponde
l’1-forma associata: Aµ = ( , A1
, A2
, A3
) secondo la corrispondenza Aµ = ⌘µ⌫A⌫
.
Definisco tensore elettromagnetico Fµ⌫ il tensore
✓
0
2
◆
: Fµ⌫ = @µA⌫ @⌫Aµ, manifestamente
antisimmetrico: Fµ⌫ = F⌫µ , che17
è esprimibile nella seguente forma matriciale:
Fµ⌫ =
0
B
B
@
0 Ex Ey Ez
Ex 0 Bz By
Ey Bz 0 Bx
Ez By Bx 0
1
C
C
A (23)
Come noto dall’elettromagnetismo classico, si possono introdurre i Potenziali vettore
!
A e scalare
, mediante i quali i campi
!
E e
!
B possono essere definiti secondo le:
!
E =
1
c
@
!
A
@t
r (24)
!
B = r ⇥
!
A (25)
16per come è scritto il ds2, affinchè sia vera l’uguaglianza ds2 = ds02
deve essere: ⌘0
↵ = ⌘↵ cioè deve avere la
stessa struttura in entrambi i sistemi di riferimento
17come si può verificare eseguendo esplicitamente i calcoli che ne definiscono gli elementi
9
Condizione necessaria e sufficiente per l’introduzione dei Potenziali è la validità delle equazioni di
Maxwell omogenee 18
:
r ⇥
!
E =
1
c
@
!
B
@t
(26)
r ·
!
B = 0 (27)
Una volta introdotti i Potenziali, tali equazioni risultano identicamente soddisfatte.
Per scrivere le (26) e (27) in forma relativisticamente consistente, definisco il tensore a tre indici
T µ⌫:
T µ⌫ = @ Fµ⌫ + @⌫F µ + @µF⌫ (28)
che, per come è definito Fµ⌫, verifica:
T µ⌫ = 0 (29)
Essendo Fµ⌫ = F⌫µ, ne consegue che T µ⌫ è antisimmetrico rispetto allo scambio di una qualsiasi
coppia di indici consecutivi, quindi T µ⌫ è totalmente anti-simmetrico. Ne consegue:
T µ⌫ non identicamente nullo () indici tutti diversi (30)
Tralasciando, quindi, gli elementi identicamente nulli e tenendo conto che, per la (29): permu-
tazioni di indici non possono imporre nuove condizioni fisiche, segue che il numero di elementi
indipendenti di T µ⌫ in uno spazio-tempo 4-dim è 19
:
✓
4
3
◆
= 4!
3!(4 3)! = 4 , ovvero:
T012 = 0 = @0F12 + @2F01 + @1F20 = 1
c
@Bz
@t
@Ex
@y
+
@Ey
@x
= 1
c
@Bz
@t
+ (r ⇥
!
E )z
T013 = 0 = @0F13 + @3F01 + @1F30 = 1
c
@By
@t
@Ex
@z
+ @Ez
@x
= 1
c
@By
@t
+ (r ⇥
!
E )y
T023 = 0 = @0F23 + @3F02 + @2F30 = 1
c
@Bx
@t
@Ey
@z
+ @Ez
@y
= 1
c
@Bx
@t
+ (r ⇥
!
E )x
T123 = 0 = @1F23 + @3F12 + @2F31 = @Bx
@x
+ @Bz
@z
+
@By
@y
= r ·
!
B
(31)
che altro non sono che le equazioni di Maxwell omogenee. La (29) è quindi del tutto equivalente alle
(26) e (27): identicamente soddisfatta al momento dell’introduzione del quadrivettore potenziale
elettrodinamico Aµ
.
Per la determinazione dei Potenziali si dovrà ricorrere alle equazioni di Maxwell non omogenee:
r ·
!
E = ⇢ (32)
r ⇥
!
B =
1
c
!
J +
1
c
@
!
E
@t
(33)
in cui ⇢ e
!
J sono le densità, rispettivamente di carica e di corrente.
Definisco il quadrivettore densità di corrente: jµ
= (c⇢,
!
J ) e considero il tensore
✓
2
0
◆
associato
ad Fµ⌫:
Fµ⌫
= ⌘µ↵
⌘⌫
F↵ = ⌘µ↵
⌘⌫
(@↵A @ A↵) = 20
@µ
A⌫
@⌫
Aµ
(34)
18scritte nel sistema di Heaviside-Lorentz, in cui ~ e c sono costanti adimensionali poste uguali ad 1 ) tempo
e lunghezza hanno le stesse dimensioni, pari a quelle dell’inverso dell’energia. Inoltre, essendo c = 1p
✏0µ0
, si pone
anche: ✏0 = µ0 = 1 in modo tale che la costante (adimensionale) di struttura fine ↵ = e2
4⇡✏0~c
= 1
137
, il cui valore
è indipendente dal sistema di unità di misura, possa scriversi come: ↵ = e2
4⇡
, da cui si vede che anche la carica
elettrica e è adimensionale.
19essendo le coordinate spazio-temporali: 4 raggruppate a terne
20innalzando l’indice dell’operatore di derivazione @µ mediante la metrica inversa di Minkowsky: ⌘µ⌫ , secondo:
@⌫ = ⌘µ⌫ @µ
10
rappresentabile in forma matriciale come:
Fµ⌫
=
0
B
B
@
0 Ex Ey Ez
Ex 0 Bz By
Ey Bz 0 Bx
Ez By Bx 0
1
C
C
A (35)
Si può verificare che le 4 equazioni:
@⌫Fµ⌫
=
1
c
jµ
(36)
ovvero, secondo la (34), in termini del potenziale Aµ
, le (⇤
def
= @⌫
@⌫):
@µ
@⌫A⌫
⇤Aµ
=
1
c
jµ
(37)
rappresentano in forma relativisticamente consistente le 4 equazioni (32) e (33).
Osserviamo, infine, che le definizioni (24) e (25) lasciano un margine di arbitrarietà ai potenziali:
( ,
!
A) sono fisicamente equivalenti a ( 0
,
!
A0
), cioè generano gli stessi campi
!
E e
!
B, se:
7 ! 0
=
1
c
@✏
@t
(38)
!
A 7 !
!
A0
=
!
A + r✏ (39)
Queste ultime sono dette trasformazioni di gauge e la funzione regolare ✏ = ✏(t, !x ) è detta para-
metro di gauge.
In forma covariante21
tali trasformazioni si scrivono:
Aµ 7 ! A0
µ = Aµ + @µ✏ (40)
La corrispondenza dell’invarianza dei campi
!
E e
!
B rispetto a trasformazioni di gauge (38) e (39)
è l’invarianza del tensore Fµ⌫ rispetto alle (40) 22
.
L’estensione dei concetti di campo elettrico
!
E e campo magnetico
!
B ad uno spazio con d dimensioni
spaziali mostra delle sorprese: in tale spazio l’analogo di un vettore spaziale !v ⌘ (vx, vy, vz) sarà
un oggetto a 9 coordinate. Quindi potremo estendere la definizione di potenziale elettrodinamico
Aµ
semplicemente ponendo: µ = 0, 1, ..., d e, mantenendo la relazione (34) che lo lega a Fµ⌫
,
possiamo interpretare:
• Ei ⌘ F0i
i = 1, ..., d. Si capisce, quindi, che il campo Elettrico permane un vettore spaziale
in qualsiasi dimensione.
• B ⌘ Fij
i, j = 1, ..., d. Dalla (35) si comprende che solo per d = 3 il campo B è un vettore
spaziale: B ⌘
!
B. Ad esempio, se d = 4 (cioè in uno spazio-tempo 5-dim): le componenti del
campo B saranno interpretabili come gli elementi indipendenti della matrice quadrata 4 ⇥ 4
antisimmetrica B ⌘ {Fij
} i, j = 1, ..., 4. Poichè tali elementi sono 6: B1, ..., B6 , appare
chiaro che il campo B non possa essere interpretato come un vettore spaziale, avente soltanto
4 componenti.
2.4 Richiami di Meccanica Lagrangiana
Per questa sezione si faccia riferimento a [8, cap 2, 3 e 6] e [1, cap 4.5].
Si consideri un sistema fisico puntiforme localizzato nello spazio tempo dal punto di coordinate
21covariante è detto il seguente modo di trasformarsi: Aµ0 = { @x
@xµ0 }A = ⇤ µ0 A rispetto a un cambio di
coordinate xµ 7! x↵0
= x↵0
(xµ)
22come deve essere, essendo i suoi elementi proprio le componenti dei campi
!
E e
!
B , invarianti per trasformazioni
di gauge dei potenziali da cui si ricavano
11
{x0
, ..., xd
}. Per tale sistema definirò Lagrangiana la funzione L = T V , essendo T e V rispetti-
vamente l’energia cinetica e potenziale del sistema.
Dunque, in generale:
L = L{xµ
, @txµ
} µ = 0, ..., d (41)
Tale sistema descrive nello spazio-tempo una curva , detta linea-universo, rappresentabile para-
metricamente mediante il parametro ⌧ 2 (⌧iniziale, ⌧finale): 23
= {xµ
(⌧)} µ = 0, ..., d (42)
La linea-universo è una curva con orientamento verso il futuro, ovvero il campo di vettori tangenti
ad essa è costituito esclusivamente da vettori del genere tempo: 24
ciò si traduce nella possibilità
di definire istantaneamente un sistema di riferimento lorentziano in cui il sistema sia fermo.
Definisco Azione S il funzionale lineare:
S =
Z
Lds =
Z ⌧f
⌧i
L{xµ
, @⌧ xµ
}d⌧ (43)
essendo ds una misura su .
Si consideri una variazione del cammino , nulla agli estremi del cammino stesso, ossia si consideri
una nuova curva:
0
= {xµ
(⌧) + xµ
(⌧)} in cui: xµ
(⌧i) = xµ
(⌧f ) e µ = 0, ..., d (44)
Secondo il principio di Hamilton: descrive un moto fisico se, in corrispondenza ad essa, è nulla
la variazione prima di S, ovvero se vale:
S0
=
Z
0
Lds =
Z ⌧f
⌧i
L{xµ
+ xµ
, @⌧ (xµ
+ xµ
)}d⌧ = S + S ⌘ S () S = 0 (45)
Ciò, fisicamente, è equivalente ad affermare che le: {xµ
} µ = 0, ..., d risolvano le equazioni del
moto del sistema.
3 Stringa relativistica
La trattazione lagrangiana del moto di un sistema puntiforme, cioè 0-dimensionale, può essere
estesa al caso di un sistema 1-dimensionale, quale è la stringa.
3.1 foglio-universo
Per questa sezione si faccia riferimento a [1, cap 6].
Una stringa descrive nello spazio-tempo una superficie, detta foglio-universo, che come visto può
essere vista come un’applicazione:
(⌧, ) 2 R2
7 ! {Xµ
(⌧, )} 2 Rd+1
µ = 0, ..., d (46)
A seconda che la stringa in questione sia aperta o chiusa, il foglio-u risulterà, topologicamente,
una striscia o un tubo: una stringa su tale superficie è il luogo dei punti tali che: X0
= cost 25
.
23il parametro ⌧ può, eventualmente, coincidere con la coordinata temporale in un certo sistema di riferimento
di Lorentz, ossia inerziale.
24che i vettori tangenti a siano soltanto del genere tempo si può intuire considerando una parametrizzazione
⌧ = t per cui due eventi dello spazio tempo, prossimi l’uno all’altro ed appartenenti a , essendo punti visitati da
una particella fisica, verificano (in termini infinitesimi): ds2 = (dx0)
2
+
P
i=0,1,...,d (dxi)
2
< 0 e quindi la norma
dei vettori tangenti è: k
!
dxk
2
= k dxµ
dt
k
2
< 0, cioè definita negativa.
25osservo che, in generale, per una generica parametrizzaione (⌧, ) del foglio-universo, una curva X0 = cost non
corrisponde ad alcuna curva {Xµ(⌧0, )}, ossia a ⌧ = cost = ⌧0. Ciò a meno che non si effettui una particolare
parametrizzazione, ad esempio: gauge statico, ossia una scelta appropriata del legame tra X0 (ossia t) e ⌧. Questa
possibilità verrà esaminata più avanti.
12
Puntualmente tale superficie si caratterizza mediante un piano tangente su cui può essere sempre
definita una base puntuale di vettori, uno di genere tempo ed un altro di genere spazio.
La necessità dell’esistenza, in ogni punto del foglio-u, di direzioni space-like è motivata dal fatto
che, rispetto ad un punto sulla superficie, i vettori tangenti space-like puntano in direzione dei
punti definenti la stringa in quel determinato istante 26
.
D’altra parte, il fatto che debbano esistere, quasi ovunque, anche direzioni time-like è consistente
con l’impossibilità di tracciare la traiettoria di ogni singolo punto p 27
costituente la stringa: ad
una direzione time-like nel punto p, corrisponde un osservatore di Lorentz che vede tale punto in
quiete. Poichè se esiste una direzione time-like ne devono esistere infinite (per continuità) lungo
una stringa (intesa come curva X0
= cost sul foglio-u), parimenti sono ivi densi i sistemi lorentziani
definibili: ognuno di essi vedrà il punto p in quiete, il che mostra l’impossibilità di ricostruirne la
traiettoria.
Osservo, tuttavia, che può esistere un numero finito di punti sul foglio-universo per i quali non è
definibile una direzione time-like.
L’esistenza di direzioni time-like e space-like nella quasi totalita dei punti garantisce la fisicità del
moto.
In corrispondenza di tali punti si può infatti mostrare che:
( ˙X · X0
)2
( ˙X)2
(X0
)2
> 0 (47)
in cui, con riferimento alla (19), ˙X e X0
sono i (d + 1)-vettori tangenti al foglio-universo della base
puntuale coordinata alle linee ⌧ e ed ho denotato con il simbolo · il prodotto scalare definito
nello spazio-tempo (non necessariamente minkowskiano).
Difatti, si consideri un punto p del foglio-universo in cui esistano sia direzioni space-like che time-
like. Si fissi la base puntuale
n
˙X, X0
o
in Tp, di cui alle (15) e (19).
Il generico vettore tangente di Tp può essere scritto, oltre che come in (20), anche dipendentemente
da un parametro 2 ( 1, 1) che permette di ottenere, al variare del suo valore, tutti i vettori
di Tp:
dX( ) = ˙X + X0
con: 2 ( 1, 1) (48)
ossia, in coordinate nello spazio-tempo:
dXµ
( ) = ˙Xµ
+ Xµ0
con: 2 ( 1, 1) e µ = 0, ..., d (49)
Si osservi che il vettore di base X0
è ottenibile come: Xµ0
= lim !+1 dXµ
( ).
L’idea è quella di mostrare che l’esistenza di direzioni (ossia vettori -variabili) space-like e time-
like in p coincida con la (47).
Considerato che:
kdX( )k2
= k ˙X + X0
k2
= 2
kX0
k2
+ 2
⇣
˙X · X0
⌘
+ k ˙Xk2
def
= P2
[ ]
osservo che se, come da ipotesi, in p esistono sia direzioni space-like, sia time-like, allora i vettori
di Tp come dX( ) devono, al variare di , poter essere sia del genere spazio, che tempo.
D’altra parte questo equivale al cambiamento di segno, al variare di , della norma kdX( )k2
ossia, in ultimo, al fatto che il polinomio di secondo grado in : P2
[ ] ammetta due radici reali.
E’ noto che ciò consista nella positività del suo discriminante:
( ˙X · X0
)2
( ˙X)2
(X0
)2
> 0
Ma questa condizione è precisamente la (47): quanto si voleva provare.
26difatti, dati più eventi separati l’un l’altro in modo space-like, esiste un sistema di Lorentz nel quale essi
avvengono simultaneamente, ma in posti diversi: definiscono un oggetto a quell’istante.
27punto geometrico, non fisico: la stringa non ha costituenti più elementari secondo la ST.
13
3.2 L’Azione di Nambu-Goto
Per questa sezione si faccia riferimento a [1, cap 6] e [6].
La richiesta più ragionevole che si possa fare ad un funzionale d’azione S, affinchè sia relativisti-
camente consistente, è che esso dia luogo ad equazioni del moto invarianti per trasformazioni di
Lorentz.
Si consideri, infatti, un moto {xµ
} di un sistema nello spazio tempo. Sarebbe assurda la situazione
in cui, secondo un osservatore di Lorentz, tale moto sia fisico28
, mentre per un altro osservatore
quello stesso moto sia proibito! D’altra parte uno dei requisiti fondamentali che si richiede alle
trasformazioni di Lorentz (che legano, appunto, sistemi di riferimento reciprocamente inerziali),
è che esse garantiscano che le equazioni del moto valide in un riferimento inerziale, permangano
valide anche in un qualsiasi altro sistema inerziale.
Poichè, quindi, le equazioni del moto si ricavano imponendo la stazionarietà del funzionale d’azione,
ne consegue che:
un funzionale d’azione relativisticamente consistente deve essere uno scalare di Lorentz. 29
Alla luce di questa considerazione si può comprendere che un’azione S di un punto materiale nello
spazio tempo debba essere legata all’invariante di Lorentz: tempo proprio, relativo al cammino
percorso dal punto: il dtproprio, a meno del fattore c, coincide con la lunghezza propria ds del
cammino:
dtproprio =
ds
c
(50)
Si può ragionare per analogia e concludere che, nel caso della stringa, l’integrale d’azione sia
proporzionale all’invariante legato al foglio-u considerato: l’area propria.
Tale integrale è detto azione di Nambu-Goto.
S =
T0
c
Z ⌧f
⌧i
d⌧
Z 1
0
d
q
( ˙X · X0
)2 ( ˙X)2(X0
)2 (51)
in cui:
• ho parametrizzato il foglio-u con ⌧ 2 (⌧i, ⌧f ) e 2 (0, 1
30
),
• T0 può essere considerata la tensione della stringa (come si vedrà nel seguito),
• ho usato la notazione: ˙X e X0
, di cui alla (19)
Infatti, scelto un punto p0 sul foglio-universo, i generici vettori di Tp0
tangenti alle linee ⌧ e (9)
e (10) in p0, rispetto alla base puntuale ivi definita:
n
˙X, X0
o
, di cui alle (15) e (19), saranno ,
secondo le (18), rispettivamente: 8
<
:
˙Xd⌧ / ˙X
X0
d / X0
(52)
ed, in generale, non saranno ortogonali, bensì formeranno un angolo ✓.
L’elemento d’area dA del foglio-u attorno a p0 può considerarsi identificato con l’area del paral-
lelogramma infinitesimo individuato dai vettori (52) su Tp0
e può quindi essere scritto in funzione
del determinante di Gram di tali vettori 31
:
dA =
v
u
u
u
t
k ˙Xd⌧k2
( ˙Xd⌧) · (X0
d )
( ˙Xd⌧) · (X0
d ) kX0
d k
= d⌧d
v
u
u
u
t
k ˙Xk2 ˙X · X0
˙X · X0
k ˙Xk2
= d⌧d
p
(53)
28cioè S calcolato su tale moto sia stazionario, ovvero {xµ} soddisfi le equazioni del moto in tale riferimento
29qualsiasi sia la linea-universo o il foglio-universo su cui S è calcolato.
30nel caso di una stringa aperta, 1 > 0 ha il chiaro significato di coordinata dei punti che si mappano sul bordo
del foglio-u: luogo geometrico descritto dagli estremi di una stringa aperta nel tempo. Nel caso di una stringa
chiusa, invece, non esistendo estremi, si può pensare ad una parametrizzazione 2 [0, 1 ⌘ ls] , essendo ls la
lunghezza della stringa
31difatti il determinante di Gram è pari alla (area)2 del parallelogramma individuato dai vettori ˙Xd⌧ e X0
d
su Tp0
14
in cui ho denotato con = det({ ↵ }) il determinante di Gramm.
Il prodotto scalare che compare è quello definito nello spazio-tempo, dunque non necessariamente
minkowskiano.
Per quanto mostrato in (47), il radicando sarebbe negativo.
Si consideri quindi lo stesso oggetto con il radicando di segno opposto 32
, da questo (sommando
sugli elementi d’area) si ottiene il funzionale area propria:
A =
Z
d⌧d
p
(54)
Si osservi che essendo: [⌧] = T ; [ ] = [Xµ
] = L il funzionale d’area ha correttamente le dimensioni
di una superficie.
Considerando ora che S deve avere dimensioni: [S] = ML2
T , mentre T0 e c hanno rispettivamente
le dimensioni di una forza e di una velocità: [T0] = ML
T 2 e [c] = L
T , è dimensionalmente corretto
definire azione di Nambu-Goto l’integrale in (51):
S =
T0
c
Z ⌧f
⌧i
d⌧
Z 1
0
d
q
( ˙X · X0
)2 ( ˙X)2(X0
)2 =
T0
c
Z
d⌧d
p
(55)
Il segno negativo davanti all’integrale verrà giustificato più avanti.
32il che equivale a scambiare le due colonne nel determinante
15
3.3 Invarianza per Riparametrizzazione
Per questa sezione si faccia riferimento a [1, cap 6].
La domanda che ci si pone ora è la seguente: l’integrale d’azione di Nambu-Goto dipende dalla
particolare parametrizzazione (⌧, ) scelta? La risposta, intuitivamente, è: no!
Infatti esso è proporzionale al funzionale d’area, che è un integrale di superficie: mi aspetto, quindi,
che il suo valore sia indipendente dalla parametrizzazione scelta per calcolare l’integrale.
Consideriamo il generico vettore tangente al foglio-universo (sottintendo nel punto p e ne ometto
la dipendenza esplicita), di cui alle (20) e (21), che qui riscrivo:
dX = ˙Xd⌧ + X0
d =
@X
@⇠↵
d⇠↵
dove: ↵, = 1, 2 con
⇢
d⇠1
= d⌧
d⇠2
= d
(56)
La distanza invariante ds2
, calcolata tra due punti appartenenti al foglio-universo continuerà a
potersi esprimere tramite prodotto scalare33
del vettore tangente dX per se stesso. Tuttavia la
dipendenza dXµ
= dXµ
(⌧, ) in (22), fa si che:
ds2
= kdXk2
= (dX) · (dX) = (
@X
@⇠↵
d⇠↵
) · (
@X
@⇠
d⇠ ) =
@X
@⇠↵
@X
@⇠
d⇠↵
d⇠ = ↵ d⇠↵
d⇠ (57)
dove la matrice { ↵ }, detta metrica indotta (sul foglio universo, dalla metrica definita nello
spazio-tempo), è stata introdotta nella (53). Si consideri ora il funzionale area propria definito in
(54), sia: ⇢
ˆ⌧ = ˆ⌧(⌧, )
ˆ = ˆ(⌧, )
(58)
la generica trasformazione di coordinate su R2
, a cui è associata la matrice Jacobiana ⇤ = {@⇠↵
@ ˆ⇠i
} e
sia: ˆ⇤ = { @ ˆ⇠i
@⇠↵ } la sua inversa (i, ↵ = 1, 2).
Dalla definizione di inversa: ⇤ˆ⇤ = ˆ⇤⇤ = I e quindi: det(⇤)det(ˆ⇤) = 1.
Sotto questo cambiamento di coordinate, la metrica indotta ↵ si trasforma secondo:
↵ (⌧, ) = ˆ⇤i
↵ˆij (ˆ⌧(⌧, ), ˆ(⌧, )) ˆ⇤j
(59)
ossia, in forma matriciale:
{ ↵ } = (ˆ⇤)T
{ˆij} ˆ⇤ (60)
Di conseguenza il determinante della metrica indotta 34
= det({ ↵ }) si trasforma secondo:
= det(ˆ⇤) ˆ det(⇤) (61)
da cui ottengo il modo in cui viene modificato l’integrando dell’azione di Nambu-Goto a seguito
di una riparametrizzazione generica (58):
= det(ˆ⇤)ˆdet(ˆ⇤) =)
p
=
p
ˆ |det(ˆ⇤)| (62)
D’altra parte la riparametrizzazione (58) modifica l’elemento d’area d⌧d secondo:
d⌧d = |det(⇤)|dˆ⌧dˆ (63)
Complessivamente ottengo la manifesta invarianza per riparametrizzazione del funzionale d’area
e, quindi, dell’azione di Nambu-Goto:
Z
d⌧d
p
=
Z
dˆ⌧dˆ|det(⇤)|
p
ˆ|det(ˆ⇤)| =
Z
dˆ⌧dˆ
p
ˆ (64)
33ribadisco: non necessariamente di Minkowsky, dipende dalla metrica definita nello spazio-tempo
34ossia il determinante di Gramm
16
3.4 Equazioni del Moto
Per questa sezione si faccia riferimento a [1, cap 6].
Cercando la particolare forma del foglio-universo che renda stazionaria l’azione di Nambu-Goto
ricavo le equazioni del moto.
Si consideri una parametrizzazione: ⌧ 2 [⌧i, ⌧f ] e 2 [0, 1] e l’espressione dell’azione di Nambu-
Goto:
S =
Z ⌧f
⌧i
d⌧L =
Z ⌧f
⌧i
d⌧
Z 1
0
d L( ˙Xµ
, Xµ0
) (65)
in termini del funzionale densità di Lagrangiana:
L( ˙Xµ
, Xµ0
) =
T0
c
q
( ˙X · X0
)2 ( ˙X)2(X0
)2 (66)
Sotto una variazione del foglio-u:
{Xµ
(⌧, )} =) {Xµ
(⌧, ) + Xµ
(⌧, )} (67)
nulla agli estremi temporali 35
:
Xµ
(⌧i, ) = Xµ
(⌧f , ) = 0 (68)
la densità di Lagrangiana subirà la variazione:
L(@⌧ (Xµ
+ Xµ
), @ (Xµ
+ Xµ
)) = L( ˙Xµ
+
@( Xµ
)
@⌧
, Xµ0
+
@( X )
@
) =
= L( ˙Xµ
, Xµ0
) +
@L
@ ˙Xµ
@( Xµ
)
@⌧
+
@L
@Xµ0
@( Xµ
)
@
= L + L (69)
per cui la variazione dell’azione di Nambu-Goto avrà l’espressione:
S =
Z ⌧f
⌧i
d⌧
Z 1
0
d
✓
@L
@ ˙Xµ
@( Xµ
)
@⌧
+
@L
@Xµ0
@( Xµ
)
@
◆
(70)
Si definiscono: 8
>>>><
>>>>:
P⌧
µ = @L
@ ˙Xµ
= T0
c
(
˙
X·X0
)X0
µ (X0
) ˙Xµ
q
(
˙
X·X0
)2 (
˙
X)2(X0
)2
Pµ = @L
@Xµ0 = T0
c
(
˙
X·X0
) ˙Xµ (
˙
X)2
X0
µ
q
(
˙
X·X0
)2 (
˙
X)2(X0
)2
(71)
dove ˙Xµ e X0
µ sono stati ottenuti come abbassamento di indice mediante la metrica gµ⌫ dello
spazio tempo.
Se supponiamo, come qui e nel seguito, uno spazio-tempo localmente di Minkowsky (ossia: piatto),
in coordinate cartesiane: gµ⌫ ⌘ ⌘µ⌫ = diag{ 1, 1, 1, 1} e, quindi: ⌘µ⌫
˙X⌫
= ˙Xµ (analogamente
per: X0
µ ).
Con questa notazione, svolgendo l’integrale, S può essere scritta come:
S =
Z 1
0
d
⇥
Xµ
P⌧
µ
⇤⌧f
⌧i
+
Z ⌧f
⌧i
d⌧
⇥
Xµ
Pµ
⇤ 1
0
Z ⌧f
⌧i
d⌧
Z 1
0
d Xµ
⇢
@P⌧
µ
@⌧
+
@Pµ
@
(72)
Affinchè S sia stazionaria i tre integrali devono annullarsi: il primo integrale è nullo una volta
imposto l’annullarsi della variazione Xµ
agli estremi ⌧i e ⌧f , ossia note le condizioni iniziali e
finali. Il secondo integrale è calcolato ai bordi spaziali del foglio ed il suo annullarsi dipende dalle
condizioni al bordo:
35anticipo qui l’esistenza di un legame tra ⌧ ed il tempo
17
• condizioni di Dirichlet @Xµ
@⌧ (⌧, 0) = @Xµ
@⌧ (⌧, 1) = 0 e µ 6= 0. Esse impongono, fisicamente,
l’immutabilità temporale delle componenti spaziali dei punti di bordo del foglio-u, individuati
dalle linee-universo degli estremi della stringa.
La condizione µ 6= 0 è necessaria per la relazione definibile tra ⌧ e tempo: se ⌧ varia, il
tempo deve variare.
In forma equivalente, le condizioni di Dirichlet si possono esprimere anche come:
Xµ
(⌧, 0) = Xµ
(⌧, 1) = 0, ovvero ponendo uguale a zero la variazione del foglio-universo in
corrispondenza alle posizioni degli estremi della stringa durante la sua evoluzione temporale.
• condizioni ad estremi liberi Pµ (⌧, 0) = Pµ (⌧, 1) = 0. Sono dette così in quanto non
pongono alcun vincolo alla variazione Xµ
negli estremi (⌧, ).
Osservo che le coordinate temporali degli estremi possono essere vincolate solamente con condizioni
ad estremi liberi, per cui si richiederà sempre:
P0 (⌧, 0) = P0 (⌧, 1) = 0 µ = 0, ..., d (73)
Le condizioni di bordo possono essere espresse in modi differenti, a seconda della coordinata e
dell’estremo considerato.
Le stringhe chiuse non sono soggette a condizioni di bordo, non possedendo estremi.
Come si vede, le condizioni di Dirichlet impongono agli estremi della stringa di restare fermi
durante il moto (in termini di una o più coordinate, di uno o entrambe gli estremi). L’oggetto
a cui gli estremi sono fissati è detto D-brana (D per Dirichlet) e nella ST è un oggetto reale,
definito dalla sua dimensionalità, ovvero dal numero di coordinate spaziali che vincola all’estremo
che le è ancorato.
Infine, imponendo l’annullarsi dell’ultimo integrale, ricavo le equazioni del moto di una stringa
relativistica:
@P⌧
µ
@⌧
+
@Pµ
@
= 0 (74)
3.5 Il Gauge Statico
Per questa sezione si faccia riferimento a [1, cap 6].
L’azione di Nambu-Goto è invariante per riparametrizzazione, dunque siamo liberi di scieglierne
una che semplifichi le equazioni del moto.
Si consideri l’iper-piano t = t0 nello spazio tempo. Esso intersecherà il foglio-universo lungo la
curva X0
= cost = ct0, ossia lungo la stringa al tempo t0 nel sistema di riferimento di Lorentz
scelto.
Se la relazione tra X0
e ⌧ dipende anche da , allora ⌧ varierà lungo una curva X0
= cost in
quanto essa sarà individuata, sul foglio-universo, da punti a ⌧ variabile.
La parametrizzazione del gauge statico è una parametrizzazione parziale (coinvolge soltanto la
coordinata ⌧) che consiste nell’imporre: ⌧ = t0, ossia imporre che una stringa, quindi una curva
di eventi simultanei36
avvenuti all’istante t0, sia l’immagine di un segmento ⌧ = cost = t0.
Esteso il procedimento ad ogni istante di tempo, il risultato sarà una mappa per cui due punti
t-simultanei sul foglio-universo sono immagine di due punti ⌧-simultanei nello spazio (⌧, ) dei
parametri, ossia semplicemente:
⌧ ⌘ t 8t (75)
Da questa scelta ne consegue che la dipendenza da (⌧, ) delle coordinate Xµ
dei punti sul foglio-
universo sarà:
Xµ
(⌧, ) =
8
<
:
X0
(⌧)
def
= ct(⌧) ⌘ c⌧ ) X0
⌘ X0
(t) se µ = 0
Xµ
(t, ) se µ = 1, ..., d
9
=
;
= {ct,
!
X(⌧, )} (76)
36in un certo sistema lorentziano
18
ovvero:
@⌧ Xµ
⌘ @tXµ
(77)
per cui le (19) diventano: 8
>><
>>:
˙Xµ
⌘
⇣
c, @t
!
X
⌘
Xµ0
⌘
⇣
0, @
!
X
⌘ (78)
3.6 La stringa statica
Per questa sezione si faccia riferimento a [1, cap 6].
Applichiamo, ora, la parametrizzazione di gauge statico al caso particolare in cui si abbia una
stringa aperta allungata lungo l’asse X1
tra 0 ed a (quindi ortogonale agli altri assi spaziali), e
che sia statica.
Ciò significa che, nella sua evoluzione temporale, la stringa visiterà i punti dello spazio-tempo 37
tali che:
8
>>>><
>>>>:
X0
(t) = ct
X1
(t, ) ⌘ 38
X1
( ) = f( ) dove: f(0) = 0 , f( 1
) = a e df
d > 0 e continua
X2
= · · · = Xd
= 0
(79)
Volendo esplicitare l’indipendenza delle coordinate spaziali dei punti del foglio-universo rispetto
al tempo t:
@Xµ
@t
= 0 µ = 1, · · · , d (80)
Ricordo che stiamo considerando un foglio-universo parametrizzato:
⌧ 2 [⌧i, ⌧f ] e 2 [0, 1].
La richiesta: df
d > 0 e continua è stata fatta in modo da avere una mappa invertibile tra X1
2 [0, a]
e 2 [0, 1
].
Tenuto conto che, essendo la stringa statica ed allungata solo lungo X1
, le (78) (valide comunque,
stante la parametrizzazione di gauge statico) si riducono alle:
8
>>>>>>>>>>>><
>>>>>>>>>>>>:
˙Xµ
⌘
0
B
@c, 0,
@tX2
,···,@tXd
z }| {
0, · · · , 0
1
C
A
Xµ0
⌘
0
B
@0, df
d ,
@ X2
,···,@ Xd
z }| {
0, · · · , 0
1
C
A
(81)
Per come sono definiti i P⌧
µ in (71), in questo caso essi sono nulli 8µ e le equazioni del moto (74)
si riducono all’espressione:
@Pµ
@
= 0 µ = 0, ..., d (82)
sistema di equazioni che rappresentano le equazioni della stringa relativistica statica nel gauge
statico. Osserviamo che la configurazione spazio-temporale della stringa statica nel gauge statico,
di cui alle (79) (ossia le equazioni parametriche del suo foglio-universo), è fisicamente realizzabile
37che individueranno il suo foglio-universo
19
in quanto soddisfa le equazioni del moto (82).
Infatti, in questo caso, l’espressione di Pµ in (71) si riduce a:
Pµ =
T0
c
c2
X0
µ
p
c2(f0)2
= T0
X0
µ
f0
6= 0 () X0
µ ⌘ X0
1 = f0
(83)
quindi le equazioni del moto (82) sono soddisfatte 8µ.
Per come è stata formulata, la configurazione statica in (79) soddisfa manifestamente le condizioni
al bordo di Dirichlet per le coordinate spaziali.
L’unica condizione da verificare è la (73) per la coordinata temporale degli estremi della stringa.
Dalle (79) e (83) si ha che:
P0 (⌧, ) = 0 8 2 [0, 1] =) P0 (⌧, 0) = P0 (⌧, 1) = 0 (84)
Anche le condizioni (73) sono soddisfatte.
Siamo ora in grado di motivare il segno negativo davanti all’integrale (51) che definisce l’azione
di Nambu-Goto, quantomeno nel particolare caso di stringa statica nel gauge statico. Essendo la
stringa statica: Ecinetica
def
= T = 0, quindi la sua lagrangiana L = T V si riduce all’opposto
dell’energia potenziale: L = V e, del tutto in generale, la sua azione si scriverà:
S =
Z tf
ti
dtL =
Z tf
ti
dt( V ) (85)
in cui si è utilizzata l’identificazione del gauge statico: ⌧ ⌘ t.
D’altra parte, secondo le (81) (ed utilizzando prodotti scalari minkowskiani), l’azione di Nambu-
Goto (51) si riduce a:
S =
T0
c
Z tf
ti
dt
Z 1
0
d
p
0 ( c2)(f0)2 = T0
Z tf
ti
dt
Z 1
0
d
✓
df
d
◆
= (86)
= T0
Z tf
ti
dt [f( )] 1
0 = T0
Z tf
ti
dt (a 0) =
Z tf
ti
dt ( T0a) (87)
da cui, confrontando (85) e (86) si vede che: l’energia potenziale di una stringa relativistica statica,
allungata lungo l’asse X1
tra 0 ed a, è:
V = T0a (88)
Si conclude che:
• il segno negativo in (51) è corretto, pena una energia potenziale negativa: assurdo! Essendo
la stringa sottoposta ad una qualche forza che la tende;
• T0 può essere davvero inteso come tensione della stringa, sia da un punto di vista dimensio-
nale: [T0] = M L
T 2 e [a] = L =) [V ] = ML2
T 2 = Energia (come deve essere), sia da una punto
di vista meccanico: T0a è effettivamente l’Epotenziale di una corda di tensione costante T0,
allungata di una quantità a dalla sua lunghezza di riposo: nulla!
20
Riferimenti bibliografici
[1] Barton Zwiebach. A First Course in String Theory. Cambridge university press, 2009.
[2] Barrett O’Neill. Semi-Riemannian Geometry with applications to Relativity. Academic Press,
1983.
[3] Stefano Marchiafava. Appunti di Geometria Differenziale - Parte I. Edizioni Nuova Cultura,
2007.
[4] M.A. Naimark. Normed Algebras. Wolters-Noordhoff Publishing, 1972.
[5] Serge Lang. Algebra Lineare. Bollati Bordigheri, ristampa del 2008.
[6] Giuliano Romani. Geometria (dispense per il corso). Corso del 2003-04.
[7] Valeria Ferrari. Relativita’ Generale (dispense per il corso). Aggiornate al 2009.
[8] Carlo Marchioro. Appunti di Meccanica analitica e relativistica (dispense per il corso).
Stampato presso il Centro Stampa Nuova Cultura, aggiornate al 2007.
21

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Stringhe Relativistiche Classiche

  • 1. Stringhe relativistiche classiche Gabriele Pompa 8 Ottobre 2010 Indice 1 Le Idee 2 1.1 UNIFICARE: breve cronistoria della Fisica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 1.2 Limiti del modello standard e necessità di ulteriori unificazioni . . . . . . . . . . . 2 1.3 Una proposta: la teoria delle stringhe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1.4 (possibili) verifiche sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1.5 Unicità della soluzione? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 2 Il Formalismo 5 2.1 Nozioni di geometria differenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 2.2 Un linguaggio mutuato dalla Relatività . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 2.3 Elettrodinamica relativistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 2.4 Richiami di Meccanica Lagrangiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 3 Stringa relativistica 12 3.1 foglio-universo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 3.2 L’Azione di Nambu-Goto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 3.3 Invarianza per Riparametrizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 3.4 Equazioni del Moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 3.5 Il Gauge Statico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 3.6 La stringa statica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 Bibliografia 21 1
  • 2. 1 Le Idee 1.1 UNIFICARE: breve cronistoria della Fisica Unificare: ridurre più cose o parti a un tutto unico, riunirle insieme in un tutto omogeneo. (fonte: Enciclopedia Treccani) Lo sviluppo della Fisica, nei secoli, può essere riletto come un costante processo di unificazione in teorie più ampie di modelli parziali, formulati per descrivere fenomeni apparentemente scor- relati. Così la nostra interpretazione dell’ Elettricità e del Magnetismo, originariamente ritenuti indipendenti, fu orientata verso una visione più completa della loro fenomenologia: le osservazioni di Oersted circa la presenza di un campo orientante generato da una spira percorsa da corrente (1819) e quelle successive di Faraday sulla generazione di campi elettrici da parte di un campo magnetico variabile nel tempo (1831) misero in luce la loro mutua correlazione fenomenologica. Ad essa, in principio, non rispondeva una teoria altrettanto organica. Fu James Clerk Maxwell nel 1865 a costruire un insieme consistente di equazioni (note oggi, appunto, come equazioni di Maxwell, o dell’elettrodinamica) che riunisse compiutamente Elettricità e Magnetismo. E’ fonda- mentale osservare che tale unificazione non è affatto opzionale: teorie separate per Elettricità e Magnetismo sarebbero inconsistenti. Agli inizi del ’900 con la teoria della Relatività Speciale di Albert Einstein si assistette ad un nuovo cambio di paradigma: spazio e tempo non possono essere nozioni separate. La nota relazione E = mc2 sancisce l’intercambiabilità di massa ed energia, quantità fino ad allora trattate indipendentemente dalla meccanica newtoniana. Negli stessi anni, per opera di Schrödinger, Heisenberg e Dirac, nasce la Meccanica Quantistica, che contribuisce in senso unificante con la rivoluzionaria scoperta (in Fisica nulla si inventa) della corrispondenza tra osservabili ed operatori. La MQ si è rivelata talmente predittiva che oggi si ritiene che ogni teoria fisica, perchè possa produrre esatte predizioni, debba essere opportunamente quantizzata, ossia formulata (o ri-formulata) in termini dei costituenti elementari, o quanti, del campo considerato, per tenere conto della natura intimamente discontinua del mondo microscopico. Il concetto di unificazione che si sta delineando può essere riguardato come unificazione delle forze oggi note: di Gravità, Elettromagnetica, Nucleare Debole e Forte. Le interazioni e.m. e deboli furono unite concettualmente nell’unica forza: Elettrodebole nel modello di Weinberg-Salam (anni ’60) e quan- tizzate nella teoria Quanto-Elettrodebole. D’altra parte la procedura di quantizzazione ha successo anche per la forza Nucleare Forte (o forza di colore) i cui quanti, i gluoni, interagiscono con i quark nella teoria della Cromo-Dinamica Quantistica (QCD). La teoria Quanto-Elettrodebole e la QCD sono oggi trattate insieme a formare il Modello Standard, sebbene ad oggi non ci sia una profonda unificazione tra i due settori del Modello. 1.2 Limiti del modello standard e necessità di ulteriori unificazioni Il Modello Standard (SM) rappresenta appieno la nostra conoscenza odierna della Fisica delle particelle. Prevede l’esistenza di 60 particelle: 12 campi di forza bosonici (8 gluoni, 3 bosoni intermedi ed il fotone) mediatori delle interazioni e 48 campi fermionici, ossia particelle di materia, suddivisi in 36 quark (suddivisi in 6 sapori ⇥ 3 colori ciascuno + le rispettive anti-particelle) e 12 leptoni suddivisi nelle 3 famiglie elettronica, muonica e tauonica. I limiti del SM sono essenzialmente di due tipi: • non include la Gravità • contiene parametri che non possono essere calcolati all’interno del SM Ad oggi le estensioni del SM volgono da una parte nel senso della Grand Unified Theory (GUT): teoria che prevede l’unificazione delle interazioni Elettrodeboli con la QCD, dall’altra mirano all’introduzione della Supersimmetria: tipo di simmetria che legherebbe bosoni e fermioni, quindi forza e materia. E’ tuttavia da notare che tali possibili estensioni appaiono essere, almeno per ora: opzionali. D’altra parte una reale teoria del tutto deve comprendere la Gravità, con o senza unificazioni. Il vero problema, in questo senso, risulta essere l’evidente difficoltà riscontrata dalle 2
  • 3. procedure di quantizzazione del campo Gravitazionale ossia nella riformulazione della Teoria della Relatività Generale di Einstein in termini di una Teoria della Gravitazione Quantistica. Tenuto conto della trascurabilità per molte applicazioni in ambito microscopico della forza di Gravità, si usa lavorare con la Gravità classica (a cui quella generale si riduce nel limite di campo debole, cioè a livello microscopico) accoppiata al Modello Standard. Tuttavia una teoria della gravitazione quantistica è indispensabile per studiare: • la fisica dei primi istanti successivi al Big Bang • alcune proprietà dei Buchi neri In conclusione: sembra essere necessaria (nel senso di non opzionale) una teoria che comprenda la Gravitazione, unificando la forza di gravità con le altre forze. 1.3 Una proposta: la teoria delle stringhe E’ su questa via unificatrice che si innesta la Teoria delle Stringhe (ST): in questa teoria tutte le forze sono unificate profondamente, difatti tutte le particelle sono niente altro che modi vibrazionali dell’unico ente fondamentale: la stringa. A favore della teoria delle stringhe le seguenti considerazioni: 1. non contiene parametri variabili: non può essere cioè deformata con continuità (l’unico parametro da cui dipende è la lunghezza caratteristica della stringa: `s) 2. il numero delle dimensioni dello spazio-tempo non è un’ipotesi (come nel caso dello spazio-tempo 4-dim del Modello Standard), bensì è un risultato. In particolare, il numero delle dimensioni ottenute non è 4, bensì 10. Tuttavia la ST prevede la possibilità che le 6 dimensioni spaziali extra siano raggomitolate su se stesse in un volume talmente piccolo che la loro presenza possa non essere rilevata mediante esperimenti a bassa energia. 3. include la gravità ed essendo una teoria quantistica, essa si propone come possibile teo- ria della gravitazione quantistica1 . Difatti, il gravitone, ossia il quanto del Campo Gra- vitazionale, emerge con naturalezza nella ST come particolare modo vibrazionale della stringa. 1.4 (possibili) verifiche sperimentali Oggi ancora non esistono! Bisogna però tenere in conto che per indirizzare precisamente un espe- rimento è necessario possedere predizioni chiare da verificare, che per il momento non possediamo. Possibili verifiche sperimentali della ST potrebbero venire da: • rilevamenti di dimensioni spaziali extra: lo spazio-tempo della ST ha 10 dimensioni: 1 temporale e 9 spaziali. Se la teoria è corretta, le ulteriori dimensioni spaziali dovrebbero prima o poi essere scoperte. Ora, la ST prevede che tali ulteriori dimensioni spaziali siano raggomitolate in un volume talmente piccolo da non essere rilevate con esperimenti a bas- sa energia, tuttavia essa non vieta affatto la possibilità che esse si sviluppino su distanze macroscopiche (10 1 mm). Ricerche di questo tipo potrebbero essere effettuate mediante esperimenti gravitazionali con pendoli di torsione, oppure negli acceleratori di particelle. • scoperta di stringhe cosmiche: secondo la ST sarebbero state prodotte nell’universo primordiale e dovrebbero essere particolari stringhe tirate fino a coprire l’intero universo osservabile. Potrebbero essere rilevate via lenti gravitazionali o onde gravitazionali. • scoperta della Supersimmetria: la sua scoperta (negli acceleratori) potrebbe, per via in- diretta, mostrare la correttezza della ST in quanto è stato dimostrato che la compattificazione delle 6 dimensioni extra dello spazio-tempo porterebbe a una teoria supersimmetrica. 1Sebbene questo punto sia delicato e non ancora del tutto certo, va notato che la teoria delle stringhe non incontra le inconsistenze nella quantizzazione del campo Gravitazionale incontrate, invece, dalla Gravitazione Quantistica. 3
  • 4. 1.5 Unicità della soluzione? Un’affermazione banale: « La natura è una! Ergo non può esistere più di una teoria che la descriva. » Nella sua ovvietà questa affermazione racchiude un problema cruciale allo stato attuale della ST: è stato detto che una delle peculiarità della ST sia la mancanza di parametri variabili, ossia la sua indeformabilità. Tuttavia questa caratteristica non comporta necessariamente l’unicità della ST: esiste più di una Teoria delle Stringhe! nel senso che esiste più di una teoria che non possa essere modificata dalla variazione di parametri continui. Una possibile schematizzazione delle ST esistenti è la seguente: • teorie a stringhe chiuse • teorie a stringhe sia aperte sia chiuse2 . Un’ulteriore suddivisione è su base dimensionale (dello spazio-tempo): • stringhe bosoniche (26-dim): tutte le loro vibrazioni rappresentano solo bosoni, l’assenza dei fermioni le rende poco realistiche. • superstringhe (10-dim): il loro spettro riproduce sia bosoni che fermioni, ed essi appa- iono essere legati da Supersimmetria. Tutti i modelli moderni di ST sono costruiti con superstringhe. Dalla metà degli anni ’80 sono note 5 teorie a superstringhe (10-dim) + la M-theory3 (11-dim). Oggi si ritiene che queste 6 teorie siano aspetti differenti di un’unica teoria, tutt’ora ignota. Allo stato attuale, la ST eredita dalla Relatività Generale un problema grave: esistono molte soluzioni della Teoria delle Stringhe, ossia molti modelli cosmologici, dipendenti da parametri sia continui, sia discreti. Ovviamente un solo modello (se la ST è corretta) descrive il nostro universo. Scartando i modelli aventi parametri continui, i quali predirrebbero l’esistenza di campi di massa nulla mai osservati, rimangono comunque un numero astronomico di modelli consistenti, dipendenti da parametri discreti: qualcosa come 10500 ! Un’ultima considerazione: la Teoria delle Stringhe predice l’esistenza della gravità ed è una vera sorpresa il fatto che essa emerga dai modi vibrazionali quantistici della stringa4 , dato che in nessun modo essa è stata introdotta di proposito. 2teorie a stringhe soltanto aperte non si considerano in quanto stringhe aperte possono sempre richiudersi 3è ottenuta come particolare limite da una delle altre cinque. 4e non da quelli classici 4
  • 5. 2 Il Formalismo La Teoria delle Stringhe lavora in un spazio-tempo fisico 10-dim, di cui 9 sono dimensioni spaziali e una temporale5 : in questa sezione cercherò brevemente di formalizzare i contenuti geometrici, di formalismo e meccanici adatti a lavorare in uno spazio siffatto. 2.1 Nozioni di geometria differenziale Per questa sezione si faccia riferimento a [2, cap 1], [3, cap 3 e 4] e [6]. La geometria differenziale è la geometria adatta a descrivere uno spazio curvo6 . In questo contesto, definisco varietà M, d-dimensionale, uno spazio topologico continuo7 , tale che ogni punto p di M ammetta un intorno aperto Up mappato da un’applicazione biettiva f su un relativo aperto Ad di Rd ; la dimensione di M è detta d. Un sistema di coordinate (o carta) è una nozione locale, relativa ad uno specifico punto p 2 M, e consiste nella coppia data dall’intorno aperto Up e dall’omeomorfismo 8 f all’ aperto Ad di Rd : x 2 Up ⇢ M f 7 ! (x1 , ..., xd ) 2 Ad ⇢ Rd (1) Siano U e V due aperti di M, tali che: U V 6= ; e siano f e g due mappe distinte ad aperti Ad e Bd di Rd rispettivamente: data l’intersezione non vuota di U e V posso definire trasformazione di coordinate l’applicazione composta: g f 1 : Rd ! Rd tale che: yµ = yµ (x1 , ..., xd ) con µ = 1, ..., d (2) Siano la trasformazione di coordinate h : Rd ! Rd e la funzione coordinata ui : Rd ! R, e quindi (ui h) : Rd ! R; per definizione: h è smooth () (ui h) 2 C1 (Rd ) 8i = 1, ..., d (3) Nel seguito si considereranno solo trasformazioni di coordinate smooth con inversa smooth, ossia: diffeomorfismi su Rd . La regolarità della trasformazione è assicurata 9 dalla condizione det(J)6= 0 in cui J è lo Jacobiano della trasformazione, ossia la matrice di elementi: Jµ ⌫ = { @yµ @x⌫ } µ, ⌫ = 1, ..., d (4) Qualora non generi confusione userò la notazione: @⌫yµ al posto di @yµ @x⌫ . I diffeomorfismi su Rd costituiscono una classe di applicazioni che legano spazi di pari dimensione d. Esistono tuttavia applicazioni che hanno una chiara rappresentazione geometrica: è il caso delle superfici. Una superficie ⌃2 è, in generale, una sub-varietà 2-dimensionale immersa in uno spazio: varietà d-dimensionale. Di particolare interesse nel caso della ST è il foglio-universo, ossia quella superficie descritta dall’evoluzione spazio-temporale della stringa. Ci tornerò. Definisco superficie ⌃2 l’immagine dell’applicazione tale che: (⌧, ) 2 R2 7 ! {Xµ (⌧, )} 2 Rd µ = 1, ..., d (5) Denoterò con lettere maiuscole Xµ le coordinate spazio-temporali xµ (⌧, ), cioè qualora descrivano punti di ⌃2 . Ricordo che le usuali nozioni di sistemi di coordinate e relative trasformazioni sono 5pare non sia possibile costruire una teoria consistente che preveda più di una dimensione temporale 6il senso intuitivo della parola è sufficiente ai nostri scopi. 7ad esempio, secondo il criterio di Hausdorff [4, pag 27]: ogni coppia di punti distinti di M possiede intorni disgiunti. 8applicazione continua tra spazi topologici dotata di inversa continua. 9Teorema della funzione inversa 5
  • 6. locali, di conseguenza: anche la parametrizzazione (⌧, ) di ⌃2 vale localmente (su un aperto) sulla superficie. La regolarità di ⌃2 è assicurata dall’invertibilità dell’applicazione che la definisce, ossia deve valere: rg(J(⌧, )) = rg ✓ @⌧ X1 · · · @⌧ Xd @ X1 · · · @ Xd ◆ = 2 (6) In ogni punto p della varietà M posso definire uno spazio tangente Tp 10 i cui elementi sono i vettori tangenti a M in p. Questa definizione puntuale di vettore è estendibile localmente ai punti x dell’intorno Up nel seguente modo: definisco fibrato tangente TU (ad M in p) l’unione disgiunta di tutti gli spazi tangenti ai punti x 2 Up: TU = S x2Up Tp e definisco campo vettoriale ! V l’applicazione: ! V : U ! TU tale che: x 2 Up ! V 7 ! dXx, cioè che ad ogni punto di Up associa un vettore di Tp. In questo modo, definito su Up un sistema di coordinate {xµ } è possibile esprimere il vettore11 dXx in coordinate (e poterci, quindi, lavorare). Siano dunque: Ad ⇢ Rd , Up ⇢ M, f 1 : Ad ! Up e ! V l’applicazione che mappa: x 2 Up ! V 7 ! dXx 2 Tp ⇢ TU , allora vale il seguente diagramma: Ad f 1 7 ! Up ! V 7 ! TU (7) (x1 , ..xd ) 7 ! x 7 ! dXx A sua volta, un vettore tangente in x ad una varietà d-dimensionale (quale è lo spazio fisico della Teoria delle Stringhe) si denoterà come: dX ⌘ dXµ = dXµ (x1 , ..., xd ) µ = 1, ..., d in cui ho omesso la dipendenza dal punto, ritenendola sottintesa: ribadisco la puntualità della nozione di tangenza e la località di quella di parametrizzazione {xµ } ⌘ (x1 , ..., xd )12 . Concentriamoci sui vettori tangenti ad una superficie come ⌃2 in un punto x di un aperto Up ⇢ ⌃2 : se ne può dare una caratterizzazione affatto rigorosa ma di chiaro significato geometrico. La superficie ⌃2 , parametrizzata con (⌧, ) a valori in un aperto di R2 , sia descritta dalle equazioni parametriche: ⌃2 : 8 >< >: X1 = X1 (⌧, ) ... ... Xd = Xd (⌧, ) (8) Scelto un punto p 2 ⌃2 : p0 = p0(⌧0, 0) ⌘ X1 (⌧0, 0), ..., Xd (⌧0, 0) , peraltro generico, riman- gono definite sulla superficie delle curve, le cosiddette linee ⌧ e , in questo modo: linea ⌧ : 8 >< >: X1 = X1 (⌧, 0) ... ... Xd = Xd (⌧, 0) (9) linea : 8 >< >: X1 = X1 (⌧0, ) ... ... Xd = Xd (⌧0, ) (10) 10in generale: dim(Tp) = dim(M) = d 11o meglio: l’immagine dXx, tramite il campo vettoriale ! V , di un punto x 2 Up 12un’unica mappa f per descrivere tutti i punti dello spazio fisico della ST, richiederebbe una regolarità eccezionale (analogamente per lo spazio-tempo). Basti pensare che nemmeno una comunissima sfera è ricopribile con un’unica carta... 6
  • 7. I vettori dX0 ⌧ e dX0 , tangenti a tali curve nel punto p0 di ⌃2 , saranno descritti nello spazio dalle coordinate: dX0 ⌧ ⌘ @⌧ X1 (⌧0, 0), ..., @⌧ Xd (⌧0, 0) dX0 ⌘ @ X1 (⌧0, 0), ..., @ Xd (⌧0, 0) (11) Data l’arbitrarietà di p0 2 ⌃2 si vede che la regolarità della superficie, espressa da rg(J) = 2 nella (6), equivale a supporre che in ogni punto della superficie i due vettori dX0 ⌧ e dX0 siano linearmente indipendenti. D’altra parte, si consideri la generica curva C di R2 , parametrizzata in s 2 I ⇢ R: C : ⇢ ⌧ = ⌧(s) = (s) s 2 I (12) e si supponga che: (⌧(s0), (s0)) = (⌧0, 0). Quindi C verrà proiettata su ⌃2 nella curva C0 : C0 : 8 >< >: X1 = X1 (⌧(s), (s)) ... ... Xd = Xd (⌧(s), (s)) s 2 I (13) ed il punto p0 ⌘ X1 (⌧0, 0), ..., Xd (⌧0, 0) ⌘ X1 (⌧(s0), (s0)), ..., Xd (⌧(s0), (s0)) 2 C0 , ossia C0 passa per p0. Il vettore tangente a C0 in p0 sarà il vettore di Tp0 13 : dX0 ds = dX0 ⌧ d⌧ ds |s0 + dX0 d ds |s0 (14) Sapendo che i due vettori dX0 ⌧ e dX0 di Tp0 : • sono, punto per punto, tangenti alle linee ⌧ e , rispettivamente, • sono linearmente indipendenti, • fissato il punto p0 2 ⌃2 , il vettore tangente a qualunque arco di curva regolare tracciato su ⌃2 può essere espresso come combinazione lineare dei dX0 ⌧ e dX0 , secondo la (14), concludiamo che (omettendo la dipendenza dal punto, sottintesa) i vettori: (dX⌧ , dX ) sono una base puntuale su Tp (15) rispetto alla quale il generico vettore tangente a (un arco di curva regolare su) ⌃2 può essere scritto come: dX ds = dX⌧ d⌧ ds + dX d ds (16) Nel seguito denoterò il vettore tangente di Tp, di cui alla (16), con: dX ds def = dX ⌘ dXµ µ = 1, ..., d (17) le sue coordinate rispetto alla base puntuale (15) con: ✓ d⌧ ds , d ds ◆ def = (d⌧, d ) (18) 13dalla regola di derivazione delle funzioni vettoriali di variabile reale 7
  • 8. e indicherò i vettori di tale base, (15), come: dX⌧ ⌘ @⌧ X1 , ..., @⌧ Xd def = ˙Xµ ⌘ ˙X dX ⌘ @ X1 , ..., @ Xd def = Xµ0 ⌘ X0 (19) in cui, ribadendo che tale definizione è valida fissato il punto di ⌃2 , le derivate che compaiono nell’espressione in coordinate si intendono calcolate in tale punto, così come appare esplicitamente in (11). Con le notazioni introdotte, nel seguito denoterò il vettore tangente ⌃2 in un punto, come: dX = ˙Xd⌧ + X0 d (20) o anche compattamente, mediante la convenzione di Einstein per la somma: dX = @X @⇠↵ d⇠↵ dove: ↵, = 1, 2 con ⇢ d⇠1 = d⌧ d⇠2 = d (21) ovvero, in termini di coordinate nello spazio fisico: dXµ = ˙Xµ d⌧ + Xµ0 d µ = 1, ..., d (22) Le precedenti definizioni e notazioni si estendono al caso in cui la varietà all’interno della quale la superficie è immersa sia lo spazio-tempo della ST, semplicemente ponendo: µ = 0, ..., d Tratteremo il foglio-universo come superficie una nello spazio-tempo. 2.2 Un linguaggio mutuato dalla Relatività Per questa sezione si faccia riferimento a [1, cap 2] e [8, Parte II, cap 2]. La Relatività Generale di Einstein costituisce, sotto molti aspetti, il limite a grande distanza (ossia campo Gravitazionale debole) della Teoria delle Stringhe. La ST modifica la Teoria della Relatività per tenere conto della Meccanica Quantistica, tuttavia essa mantiene il formalismo di Einstein, ampliando la notazione per descrivere uno spazio-tempo avente 9 dimensioni spaziali. Nello spazio- tempo della Relatività speciale, 4-dim, le trasformazioni che legano sistemi di riferimento inerziali sono le trasformazioni di Lorentz le cui caratteristiche salienti sono: • rispettano il dato sperimentale che la velocità della luce sia pari a c in qualsiasi sistema di riferimento inerziale. • sono trasformazioni unitarie, ovvero sono rappresentabili da matrici Lµ ⌫ ortogonali: L 1 = LT . Questa peculiarità fa si che rispetto ad esse sia invariante la forma quadratica s2 = (ct) 2 + P i=1,2,3 (xi ) 2 detta norma di Minkowsky del quadri-vettore che congiun- ge il punto (0, ..., 0) con il punto di coordinate (x0 , ..., x3 ) dello spazio-tempo 4 dim. Questo concetto, che fa leva sull’intuitiva richiesta di invarianza della distanza tra punti rispetto al sistema di riferimento (quindi di coordinate) scelto per misurarla, è noto come invarianza di Lorentz. • det(L) = 1 quindi esse sono sempre invertibili: L 1 esiste sempre. Definisco tensore metrico di Minkowsky ⌘µ⌫ = diag{ 1, 1, 1, 1} (se espresso in coordinate carte- siane) la forma bilineare che associa a due vettori il loro prodotto scalare relativistico: a0 b0 + a1 b1 + ... + a3 b3 def = ⌘(!a , ! b ) = 14 ⌘(aµ e(µ), b⌫ e(⌫)) = 15 ⌘µ⌫aµ b⌫ 14detta {e(↵)} una base sullo spazio Tp, localmente tangente allo spazio-tempo, su cui sono definiti tali vettori, ed utilizzando la convenzione di sommazione di Einstein 15sfruttando la bilinearità, e per definizione di coordinate di un tensore su una base di Tp ⌦ Tp. Esula dai miei scopi motivare geometricamente la corrispondenza tensore a 2 indici , matrice 8
  • 9. ossia in termini differenziali, valutando il prodotto scalare del vettore dxµ per se stesso: ds2 = ⌘µ⌫dxµ dx⌫ Si può dimostrare che, sotto un cambiamento di coordinate xµ ! x↵0 = x↵0 (xµ ), detta ⇤ = {@↵0xµ } la matrice Jacobiana associata alla trasformazione considerata, il tensore ⌘µ⌫, come del resto qualsiasi tensore ✓ 0 2 ◆ , si trasforma secondo: ⌘(xµ ) = ⌘µ⌫ ! ⌘0 (x↵0 ) = ⌘↵0 0 = ⇤µ ↵0⌘µ⌫⇤⌫ 0 = ⇤T ⌘(xµ (x↵0 ))⇤ Sotto una trasformazione di Lorentz, il 4-vettore (o quadri-vettore) si trasforma secondo: dxµ ! dx0↵ = L↵ µdxµ . Ne consegue che l’invarianza di Lorentz è un’invarianza di valore e forma del ds2 ossia: ⌘µ⌫dxµ dx⌫ = ds2 = ds02 = ⌘0 ↵ dx0↵ dx0 = 16 ⌘↵ L↵ µdxµ L ⌫dxµ , ⌘µ⌫ = L↵ µ⌘↵ L ⌫ si può quindi stabilire il criterio: L è una trasformazione di Lorentz () verifica: ⌘ = LT ⌘L Concetti come quadrivettori di genere tempo, spazio e luce sono estesi naturalmente ad uno spazio- tempo D-dimensionale, D = d + 1. In particolare, definisco quadrivettore del genere tempo un vettore ! dx congiungente eventi la cui distanza spaziale sia minore della distanza che potrebbe percorrere la luce nell’intervallo di tempo che li separa. In termini differenziali: P i=0,1,...,d (dxi ) 2 < (dx0 ) 2 ossia: un quadrivettore del genere tempo ha norma definita negativa: k ! dxk 2 < 0. La ST mutua in toto questo linguaggio, particolarmente duttile per estendere i suoi risultati a spazi d-dimensionali più generali dello spazio-tempo di Minkowsy. 2.3 Elettrodinamica relativistica Su questa guida ripercorro i risultati notevoli dell’Elettromagnetismo nella sua formulazione co- variante, più adatta all’estensione allo spazio-tempo a 10 dimensioni. Per questa sezione si faccia riferimento a [1, cap 3]. Definisco il quadrivettore potenziale elettrodinamico: Aµ = ( , A1 , A2 , A3 ) a cui corrisponde l’1-forma associata: Aµ = ( , A1 , A2 , A3 ) secondo la corrispondenza Aµ = ⌘µ⌫A⌫ . Definisco tensore elettromagnetico Fµ⌫ il tensore ✓ 0 2 ◆ : Fµ⌫ = @µA⌫ @⌫Aµ, manifestamente antisimmetrico: Fµ⌫ = F⌫µ , che17 è esprimibile nella seguente forma matriciale: Fµ⌫ = 0 B B @ 0 Ex Ey Ez Ex 0 Bz By Ey Bz 0 Bx Ez By Bx 0 1 C C A (23) Come noto dall’elettromagnetismo classico, si possono introdurre i Potenziali vettore ! A e scalare , mediante i quali i campi ! E e ! B possono essere definiti secondo le: ! E = 1 c @ ! A @t r (24) ! B = r ⇥ ! A (25) 16per come è scritto il ds2, affinchè sia vera l’uguaglianza ds2 = ds02 deve essere: ⌘0 ↵ = ⌘↵ cioè deve avere la stessa struttura in entrambi i sistemi di riferimento 17come si può verificare eseguendo esplicitamente i calcoli che ne definiscono gli elementi 9
  • 10. Condizione necessaria e sufficiente per l’introduzione dei Potenziali è la validità delle equazioni di Maxwell omogenee 18 : r ⇥ ! E = 1 c @ ! B @t (26) r · ! B = 0 (27) Una volta introdotti i Potenziali, tali equazioni risultano identicamente soddisfatte. Per scrivere le (26) e (27) in forma relativisticamente consistente, definisco il tensore a tre indici T µ⌫: T µ⌫ = @ Fµ⌫ + @⌫F µ + @µF⌫ (28) che, per come è definito Fµ⌫, verifica: T µ⌫ = 0 (29) Essendo Fµ⌫ = F⌫µ, ne consegue che T µ⌫ è antisimmetrico rispetto allo scambio di una qualsiasi coppia di indici consecutivi, quindi T µ⌫ è totalmente anti-simmetrico. Ne consegue: T µ⌫ non identicamente nullo () indici tutti diversi (30) Tralasciando, quindi, gli elementi identicamente nulli e tenendo conto che, per la (29): permu- tazioni di indici non possono imporre nuove condizioni fisiche, segue che il numero di elementi indipendenti di T µ⌫ in uno spazio-tempo 4-dim è 19 : ✓ 4 3 ◆ = 4! 3!(4 3)! = 4 , ovvero: T012 = 0 = @0F12 + @2F01 + @1F20 = 1 c @Bz @t @Ex @y + @Ey @x = 1 c @Bz @t + (r ⇥ ! E )z T013 = 0 = @0F13 + @3F01 + @1F30 = 1 c @By @t @Ex @z + @Ez @x = 1 c @By @t + (r ⇥ ! E )y T023 = 0 = @0F23 + @3F02 + @2F30 = 1 c @Bx @t @Ey @z + @Ez @y = 1 c @Bx @t + (r ⇥ ! E )x T123 = 0 = @1F23 + @3F12 + @2F31 = @Bx @x + @Bz @z + @By @y = r · ! B (31) che altro non sono che le equazioni di Maxwell omogenee. La (29) è quindi del tutto equivalente alle (26) e (27): identicamente soddisfatta al momento dell’introduzione del quadrivettore potenziale elettrodinamico Aµ . Per la determinazione dei Potenziali si dovrà ricorrere alle equazioni di Maxwell non omogenee: r · ! E = ⇢ (32) r ⇥ ! B = 1 c ! J + 1 c @ ! E @t (33) in cui ⇢ e ! J sono le densità, rispettivamente di carica e di corrente. Definisco il quadrivettore densità di corrente: jµ = (c⇢, ! J ) e considero il tensore ✓ 2 0 ◆ associato ad Fµ⌫: Fµ⌫ = ⌘µ↵ ⌘⌫ F↵ = ⌘µ↵ ⌘⌫ (@↵A @ A↵) = 20 @µ A⌫ @⌫ Aµ (34) 18scritte nel sistema di Heaviside-Lorentz, in cui ~ e c sono costanti adimensionali poste uguali ad 1 ) tempo e lunghezza hanno le stesse dimensioni, pari a quelle dell’inverso dell’energia. Inoltre, essendo c = 1p ✏0µ0 , si pone anche: ✏0 = µ0 = 1 in modo tale che la costante (adimensionale) di struttura fine ↵ = e2 4⇡✏0~c = 1 137 , il cui valore è indipendente dal sistema di unità di misura, possa scriversi come: ↵ = e2 4⇡ , da cui si vede che anche la carica elettrica e è adimensionale. 19essendo le coordinate spazio-temporali: 4 raggruppate a terne 20innalzando l’indice dell’operatore di derivazione @µ mediante la metrica inversa di Minkowsky: ⌘µ⌫ , secondo: @⌫ = ⌘µ⌫ @µ 10
  • 11. rappresentabile in forma matriciale come: Fµ⌫ = 0 B B @ 0 Ex Ey Ez Ex 0 Bz By Ey Bz 0 Bx Ez By Bx 0 1 C C A (35) Si può verificare che le 4 equazioni: @⌫Fµ⌫ = 1 c jµ (36) ovvero, secondo la (34), in termini del potenziale Aµ , le (⇤ def = @⌫ @⌫): @µ @⌫A⌫ ⇤Aµ = 1 c jµ (37) rappresentano in forma relativisticamente consistente le 4 equazioni (32) e (33). Osserviamo, infine, che le definizioni (24) e (25) lasciano un margine di arbitrarietà ai potenziali: ( , ! A) sono fisicamente equivalenti a ( 0 , ! A0 ), cioè generano gli stessi campi ! E e ! B, se: 7 ! 0 = 1 c @✏ @t (38) ! A 7 ! ! A0 = ! A + r✏ (39) Queste ultime sono dette trasformazioni di gauge e la funzione regolare ✏ = ✏(t, !x ) è detta para- metro di gauge. In forma covariante21 tali trasformazioni si scrivono: Aµ 7 ! A0 µ = Aµ + @µ✏ (40) La corrispondenza dell’invarianza dei campi ! E e ! B rispetto a trasformazioni di gauge (38) e (39) è l’invarianza del tensore Fµ⌫ rispetto alle (40) 22 . L’estensione dei concetti di campo elettrico ! E e campo magnetico ! B ad uno spazio con d dimensioni spaziali mostra delle sorprese: in tale spazio l’analogo di un vettore spaziale !v ⌘ (vx, vy, vz) sarà un oggetto a 9 coordinate. Quindi potremo estendere la definizione di potenziale elettrodinamico Aµ semplicemente ponendo: µ = 0, 1, ..., d e, mantenendo la relazione (34) che lo lega a Fµ⌫ , possiamo interpretare: • Ei ⌘ F0i i = 1, ..., d. Si capisce, quindi, che il campo Elettrico permane un vettore spaziale in qualsiasi dimensione. • B ⌘ Fij i, j = 1, ..., d. Dalla (35) si comprende che solo per d = 3 il campo B è un vettore spaziale: B ⌘ ! B. Ad esempio, se d = 4 (cioè in uno spazio-tempo 5-dim): le componenti del campo B saranno interpretabili come gli elementi indipendenti della matrice quadrata 4 ⇥ 4 antisimmetrica B ⌘ {Fij } i, j = 1, ..., 4. Poichè tali elementi sono 6: B1, ..., B6 , appare chiaro che il campo B non possa essere interpretato come un vettore spaziale, avente soltanto 4 componenti. 2.4 Richiami di Meccanica Lagrangiana Per questa sezione si faccia riferimento a [8, cap 2, 3 e 6] e [1, cap 4.5]. Si consideri un sistema fisico puntiforme localizzato nello spazio tempo dal punto di coordinate 21covariante è detto il seguente modo di trasformarsi: Aµ0 = { @x @xµ0 }A = ⇤ µ0 A rispetto a un cambio di coordinate xµ 7! x↵0 = x↵0 (xµ) 22come deve essere, essendo i suoi elementi proprio le componenti dei campi ! E e ! B , invarianti per trasformazioni di gauge dei potenziali da cui si ricavano 11
  • 12. {x0 , ..., xd }. Per tale sistema definirò Lagrangiana la funzione L = T V , essendo T e V rispetti- vamente l’energia cinetica e potenziale del sistema. Dunque, in generale: L = L{xµ , @txµ } µ = 0, ..., d (41) Tale sistema descrive nello spazio-tempo una curva , detta linea-universo, rappresentabile para- metricamente mediante il parametro ⌧ 2 (⌧iniziale, ⌧finale): 23 = {xµ (⌧)} µ = 0, ..., d (42) La linea-universo è una curva con orientamento verso il futuro, ovvero il campo di vettori tangenti ad essa è costituito esclusivamente da vettori del genere tempo: 24 ciò si traduce nella possibilità di definire istantaneamente un sistema di riferimento lorentziano in cui il sistema sia fermo. Definisco Azione S il funzionale lineare: S = Z Lds = Z ⌧f ⌧i L{xµ , @⌧ xµ }d⌧ (43) essendo ds una misura su . Si consideri una variazione del cammino , nulla agli estremi del cammino stesso, ossia si consideri una nuova curva: 0 = {xµ (⌧) + xµ (⌧)} in cui: xµ (⌧i) = xµ (⌧f ) e µ = 0, ..., d (44) Secondo il principio di Hamilton: descrive un moto fisico se, in corrispondenza ad essa, è nulla la variazione prima di S, ovvero se vale: S0 = Z 0 Lds = Z ⌧f ⌧i L{xµ + xµ , @⌧ (xµ + xµ )}d⌧ = S + S ⌘ S () S = 0 (45) Ciò, fisicamente, è equivalente ad affermare che le: {xµ } µ = 0, ..., d risolvano le equazioni del moto del sistema. 3 Stringa relativistica La trattazione lagrangiana del moto di un sistema puntiforme, cioè 0-dimensionale, può essere estesa al caso di un sistema 1-dimensionale, quale è la stringa. 3.1 foglio-universo Per questa sezione si faccia riferimento a [1, cap 6]. Una stringa descrive nello spazio-tempo una superficie, detta foglio-universo, che come visto può essere vista come un’applicazione: (⌧, ) 2 R2 7 ! {Xµ (⌧, )} 2 Rd+1 µ = 0, ..., d (46) A seconda che la stringa in questione sia aperta o chiusa, il foglio-u risulterà, topologicamente, una striscia o un tubo: una stringa su tale superficie è il luogo dei punti tali che: X0 = cost 25 . 23il parametro ⌧ può, eventualmente, coincidere con la coordinata temporale in un certo sistema di riferimento di Lorentz, ossia inerziale. 24che i vettori tangenti a siano soltanto del genere tempo si può intuire considerando una parametrizzazione ⌧ = t per cui due eventi dello spazio tempo, prossimi l’uno all’altro ed appartenenti a , essendo punti visitati da una particella fisica, verificano (in termini infinitesimi): ds2 = (dx0) 2 + P i=0,1,...,d (dxi) 2 < 0 e quindi la norma dei vettori tangenti è: k ! dxk 2 = k dxµ dt k 2 < 0, cioè definita negativa. 25osservo che, in generale, per una generica parametrizzaione (⌧, ) del foglio-universo, una curva X0 = cost non corrisponde ad alcuna curva {Xµ(⌧0, )}, ossia a ⌧ = cost = ⌧0. Ciò a meno che non si effettui una particolare parametrizzazione, ad esempio: gauge statico, ossia una scelta appropriata del legame tra X0 (ossia t) e ⌧. Questa possibilità verrà esaminata più avanti. 12
  • 13. Puntualmente tale superficie si caratterizza mediante un piano tangente su cui può essere sempre definita una base puntuale di vettori, uno di genere tempo ed un altro di genere spazio. La necessità dell’esistenza, in ogni punto del foglio-u, di direzioni space-like è motivata dal fatto che, rispetto ad un punto sulla superficie, i vettori tangenti space-like puntano in direzione dei punti definenti la stringa in quel determinato istante 26 . D’altra parte, il fatto che debbano esistere, quasi ovunque, anche direzioni time-like è consistente con l’impossibilità di tracciare la traiettoria di ogni singolo punto p 27 costituente la stringa: ad una direzione time-like nel punto p, corrisponde un osservatore di Lorentz che vede tale punto in quiete. Poichè se esiste una direzione time-like ne devono esistere infinite (per continuità) lungo una stringa (intesa come curva X0 = cost sul foglio-u), parimenti sono ivi densi i sistemi lorentziani definibili: ognuno di essi vedrà il punto p in quiete, il che mostra l’impossibilità di ricostruirne la traiettoria. Osservo, tuttavia, che può esistere un numero finito di punti sul foglio-universo per i quali non è definibile una direzione time-like. L’esistenza di direzioni time-like e space-like nella quasi totalita dei punti garantisce la fisicità del moto. In corrispondenza di tali punti si può infatti mostrare che: ( ˙X · X0 )2 ( ˙X)2 (X0 )2 > 0 (47) in cui, con riferimento alla (19), ˙X e X0 sono i (d + 1)-vettori tangenti al foglio-universo della base puntuale coordinata alle linee ⌧ e ed ho denotato con il simbolo · il prodotto scalare definito nello spazio-tempo (non necessariamente minkowskiano). Difatti, si consideri un punto p del foglio-universo in cui esistano sia direzioni space-like che time- like. Si fissi la base puntuale n ˙X, X0 o in Tp, di cui alle (15) e (19). Il generico vettore tangente di Tp può essere scritto, oltre che come in (20), anche dipendentemente da un parametro 2 ( 1, 1) che permette di ottenere, al variare del suo valore, tutti i vettori di Tp: dX( ) = ˙X + X0 con: 2 ( 1, 1) (48) ossia, in coordinate nello spazio-tempo: dXµ ( ) = ˙Xµ + Xµ0 con: 2 ( 1, 1) e µ = 0, ..., d (49) Si osservi che il vettore di base X0 è ottenibile come: Xµ0 = lim !+1 dXµ ( ). L’idea è quella di mostrare che l’esistenza di direzioni (ossia vettori -variabili) space-like e time- like in p coincida con la (47). Considerato che: kdX( )k2 = k ˙X + X0 k2 = 2 kX0 k2 + 2 ⇣ ˙X · X0 ⌘ + k ˙Xk2 def = P2 [ ] osservo che se, come da ipotesi, in p esistono sia direzioni space-like, sia time-like, allora i vettori di Tp come dX( ) devono, al variare di , poter essere sia del genere spazio, che tempo. D’altra parte questo equivale al cambiamento di segno, al variare di , della norma kdX( )k2 ossia, in ultimo, al fatto che il polinomio di secondo grado in : P2 [ ] ammetta due radici reali. E’ noto che ciò consista nella positività del suo discriminante: ( ˙X · X0 )2 ( ˙X)2 (X0 )2 > 0 Ma questa condizione è precisamente la (47): quanto si voleva provare. 26difatti, dati più eventi separati l’un l’altro in modo space-like, esiste un sistema di Lorentz nel quale essi avvengono simultaneamente, ma in posti diversi: definiscono un oggetto a quell’istante. 27punto geometrico, non fisico: la stringa non ha costituenti più elementari secondo la ST. 13
  • 14. 3.2 L’Azione di Nambu-Goto Per questa sezione si faccia riferimento a [1, cap 6] e [6]. La richiesta più ragionevole che si possa fare ad un funzionale d’azione S, affinchè sia relativisti- camente consistente, è che esso dia luogo ad equazioni del moto invarianti per trasformazioni di Lorentz. Si consideri, infatti, un moto {xµ } di un sistema nello spazio tempo. Sarebbe assurda la situazione in cui, secondo un osservatore di Lorentz, tale moto sia fisico28 , mentre per un altro osservatore quello stesso moto sia proibito! D’altra parte uno dei requisiti fondamentali che si richiede alle trasformazioni di Lorentz (che legano, appunto, sistemi di riferimento reciprocamente inerziali), è che esse garantiscano che le equazioni del moto valide in un riferimento inerziale, permangano valide anche in un qualsiasi altro sistema inerziale. Poichè, quindi, le equazioni del moto si ricavano imponendo la stazionarietà del funzionale d’azione, ne consegue che: un funzionale d’azione relativisticamente consistente deve essere uno scalare di Lorentz. 29 Alla luce di questa considerazione si può comprendere che un’azione S di un punto materiale nello spazio tempo debba essere legata all’invariante di Lorentz: tempo proprio, relativo al cammino percorso dal punto: il dtproprio, a meno del fattore c, coincide con la lunghezza propria ds del cammino: dtproprio = ds c (50) Si può ragionare per analogia e concludere che, nel caso della stringa, l’integrale d’azione sia proporzionale all’invariante legato al foglio-u considerato: l’area propria. Tale integrale è detto azione di Nambu-Goto. S = T0 c Z ⌧f ⌧i d⌧ Z 1 0 d q ( ˙X · X0 )2 ( ˙X)2(X0 )2 (51) in cui: • ho parametrizzato il foglio-u con ⌧ 2 (⌧i, ⌧f ) e 2 (0, 1 30 ), • T0 può essere considerata la tensione della stringa (come si vedrà nel seguito), • ho usato la notazione: ˙X e X0 , di cui alla (19) Infatti, scelto un punto p0 sul foglio-universo, i generici vettori di Tp0 tangenti alle linee ⌧ e (9) e (10) in p0, rispetto alla base puntuale ivi definita: n ˙X, X0 o , di cui alle (15) e (19), saranno , secondo le (18), rispettivamente: 8 < : ˙Xd⌧ / ˙X X0 d / X0 (52) ed, in generale, non saranno ortogonali, bensì formeranno un angolo ✓. L’elemento d’area dA del foglio-u attorno a p0 può considerarsi identificato con l’area del paral- lelogramma infinitesimo individuato dai vettori (52) su Tp0 e può quindi essere scritto in funzione del determinante di Gram di tali vettori 31 : dA = v u u u t k ˙Xd⌧k2 ( ˙Xd⌧) · (X0 d ) ( ˙Xd⌧) · (X0 d ) kX0 d k = d⌧d v u u u t k ˙Xk2 ˙X · X0 ˙X · X0 k ˙Xk2 = d⌧d p (53) 28cioè S calcolato su tale moto sia stazionario, ovvero {xµ} soddisfi le equazioni del moto in tale riferimento 29qualsiasi sia la linea-universo o il foglio-universo su cui S è calcolato. 30nel caso di una stringa aperta, 1 > 0 ha il chiaro significato di coordinata dei punti che si mappano sul bordo del foglio-u: luogo geometrico descritto dagli estremi di una stringa aperta nel tempo. Nel caso di una stringa chiusa, invece, non esistendo estremi, si può pensare ad una parametrizzazione 2 [0, 1 ⌘ ls] , essendo ls la lunghezza della stringa 31difatti il determinante di Gram è pari alla (area)2 del parallelogramma individuato dai vettori ˙Xd⌧ e X0 d su Tp0 14
  • 15. in cui ho denotato con = det({ ↵ }) il determinante di Gramm. Il prodotto scalare che compare è quello definito nello spazio-tempo, dunque non necessariamente minkowskiano. Per quanto mostrato in (47), il radicando sarebbe negativo. Si consideri quindi lo stesso oggetto con il radicando di segno opposto 32 , da questo (sommando sugli elementi d’area) si ottiene il funzionale area propria: A = Z d⌧d p (54) Si osservi che essendo: [⌧] = T ; [ ] = [Xµ ] = L il funzionale d’area ha correttamente le dimensioni di una superficie. Considerando ora che S deve avere dimensioni: [S] = ML2 T , mentre T0 e c hanno rispettivamente le dimensioni di una forza e di una velocità: [T0] = ML T 2 e [c] = L T , è dimensionalmente corretto definire azione di Nambu-Goto l’integrale in (51): S = T0 c Z ⌧f ⌧i d⌧ Z 1 0 d q ( ˙X · X0 )2 ( ˙X)2(X0 )2 = T0 c Z d⌧d p (55) Il segno negativo davanti all’integrale verrà giustificato più avanti. 32il che equivale a scambiare le due colonne nel determinante 15
  • 16. 3.3 Invarianza per Riparametrizzazione Per questa sezione si faccia riferimento a [1, cap 6]. La domanda che ci si pone ora è la seguente: l’integrale d’azione di Nambu-Goto dipende dalla particolare parametrizzazione (⌧, ) scelta? La risposta, intuitivamente, è: no! Infatti esso è proporzionale al funzionale d’area, che è un integrale di superficie: mi aspetto, quindi, che il suo valore sia indipendente dalla parametrizzazione scelta per calcolare l’integrale. Consideriamo il generico vettore tangente al foglio-universo (sottintendo nel punto p e ne ometto la dipendenza esplicita), di cui alle (20) e (21), che qui riscrivo: dX = ˙Xd⌧ + X0 d = @X @⇠↵ d⇠↵ dove: ↵, = 1, 2 con ⇢ d⇠1 = d⌧ d⇠2 = d (56) La distanza invariante ds2 , calcolata tra due punti appartenenti al foglio-universo continuerà a potersi esprimere tramite prodotto scalare33 del vettore tangente dX per se stesso. Tuttavia la dipendenza dXµ = dXµ (⌧, ) in (22), fa si che: ds2 = kdXk2 = (dX) · (dX) = ( @X @⇠↵ d⇠↵ ) · ( @X @⇠ d⇠ ) = @X @⇠↵ @X @⇠ d⇠↵ d⇠ = ↵ d⇠↵ d⇠ (57) dove la matrice { ↵ }, detta metrica indotta (sul foglio universo, dalla metrica definita nello spazio-tempo), è stata introdotta nella (53). Si consideri ora il funzionale area propria definito in (54), sia: ⇢ ˆ⌧ = ˆ⌧(⌧, ) ˆ = ˆ(⌧, ) (58) la generica trasformazione di coordinate su R2 , a cui è associata la matrice Jacobiana ⇤ = {@⇠↵ @ ˆ⇠i } e sia: ˆ⇤ = { @ ˆ⇠i @⇠↵ } la sua inversa (i, ↵ = 1, 2). Dalla definizione di inversa: ⇤ˆ⇤ = ˆ⇤⇤ = I e quindi: det(⇤)det(ˆ⇤) = 1. Sotto questo cambiamento di coordinate, la metrica indotta ↵ si trasforma secondo: ↵ (⌧, ) = ˆ⇤i ↵ˆij (ˆ⌧(⌧, ), ˆ(⌧, )) ˆ⇤j (59) ossia, in forma matriciale: { ↵ } = (ˆ⇤)T {ˆij} ˆ⇤ (60) Di conseguenza il determinante della metrica indotta 34 = det({ ↵ }) si trasforma secondo: = det(ˆ⇤) ˆ det(⇤) (61) da cui ottengo il modo in cui viene modificato l’integrando dell’azione di Nambu-Goto a seguito di una riparametrizzazione generica (58): = det(ˆ⇤)ˆdet(ˆ⇤) =) p = p ˆ |det(ˆ⇤)| (62) D’altra parte la riparametrizzazione (58) modifica l’elemento d’area d⌧d secondo: d⌧d = |det(⇤)|dˆ⌧dˆ (63) Complessivamente ottengo la manifesta invarianza per riparametrizzazione del funzionale d’area e, quindi, dell’azione di Nambu-Goto: Z d⌧d p = Z dˆ⌧dˆ|det(⇤)| p ˆ|det(ˆ⇤)| = Z dˆ⌧dˆ p ˆ (64) 33ribadisco: non necessariamente di Minkowsky, dipende dalla metrica definita nello spazio-tempo 34ossia il determinante di Gramm 16
  • 17. 3.4 Equazioni del Moto Per questa sezione si faccia riferimento a [1, cap 6]. Cercando la particolare forma del foglio-universo che renda stazionaria l’azione di Nambu-Goto ricavo le equazioni del moto. Si consideri una parametrizzazione: ⌧ 2 [⌧i, ⌧f ] e 2 [0, 1] e l’espressione dell’azione di Nambu- Goto: S = Z ⌧f ⌧i d⌧L = Z ⌧f ⌧i d⌧ Z 1 0 d L( ˙Xµ , Xµ0 ) (65) in termini del funzionale densità di Lagrangiana: L( ˙Xµ , Xµ0 ) = T0 c q ( ˙X · X0 )2 ( ˙X)2(X0 )2 (66) Sotto una variazione del foglio-u: {Xµ (⌧, )} =) {Xµ (⌧, ) + Xµ (⌧, )} (67) nulla agli estremi temporali 35 : Xµ (⌧i, ) = Xµ (⌧f , ) = 0 (68) la densità di Lagrangiana subirà la variazione: L(@⌧ (Xµ + Xµ ), @ (Xµ + Xµ )) = L( ˙Xµ + @( Xµ ) @⌧ , Xµ0 + @( X ) @ ) = = L( ˙Xµ , Xµ0 ) + @L @ ˙Xµ @( Xµ ) @⌧ + @L @Xµ0 @( Xµ ) @ = L + L (69) per cui la variazione dell’azione di Nambu-Goto avrà l’espressione: S = Z ⌧f ⌧i d⌧ Z 1 0 d ✓ @L @ ˙Xµ @( Xµ ) @⌧ + @L @Xµ0 @( Xµ ) @ ◆ (70) Si definiscono: 8 >>>>< >>>>: P⌧ µ = @L @ ˙Xµ = T0 c ( ˙ X·X0 )X0 µ (X0 ) ˙Xµ q ( ˙ X·X0 )2 ( ˙ X)2(X0 )2 Pµ = @L @Xµ0 = T0 c ( ˙ X·X0 ) ˙Xµ ( ˙ X)2 X0 µ q ( ˙ X·X0 )2 ( ˙ X)2(X0 )2 (71) dove ˙Xµ e X0 µ sono stati ottenuti come abbassamento di indice mediante la metrica gµ⌫ dello spazio tempo. Se supponiamo, come qui e nel seguito, uno spazio-tempo localmente di Minkowsky (ossia: piatto), in coordinate cartesiane: gµ⌫ ⌘ ⌘µ⌫ = diag{ 1, 1, 1, 1} e, quindi: ⌘µ⌫ ˙X⌫ = ˙Xµ (analogamente per: X0 µ ). Con questa notazione, svolgendo l’integrale, S può essere scritta come: S = Z 1 0 d ⇥ Xµ P⌧ µ ⇤⌧f ⌧i + Z ⌧f ⌧i d⌧ ⇥ Xµ Pµ ⇤ 1 0 Z ⌧f ⌧i d⌧ Z 1 0 d Xµ ⇢ @P⌧ µ @⌧ + @Pµ @ (72) Affinchè S sia stazionaria i tre integrali devono annullarsi: il primo integrale è nullo una volta imposto l’annullarsi della variazione Xµ agli estremi ⌧i e ⌧f , ossia note le condizioni iniziali e finali. Il secondo integrale è calcolato ai bordi spaziali del foglio ed il suo annullarsi dipende dalle condizioni al bordo: 35anticipo qui l’esistenza di un legame tra ⌧ ed il tempo 17
  • 18. • condizioni di Dirichlet @Xµ @⌧ (⌧, 0) = @Xµ @⌧ (⌧, 1) = 0 e µ 6= 0. Esse impongono, fisicamente, l’immutabilità temporale delle componenti spaziali dei punti di bordo del foglio-u, individuati dalle linee-universo degli estremi della stringa. La condizione µ 6= 0 è necessaria per la relazione definibile tra ⌧ e tempo: se ⌧ varia, il tempo deve variare. In forma equivalente, le condizioni di Dirichlet si possono esprimere anche come: Xµ (⌧, 0) = Xµ (⌧, 1) = 0, ovvero ponendo uguale a zero la variazione del foglio-universo in corrispondenza alle posizioni degli estremi della stringa durante la sua evoluzione temporale. • condizioni ad estremi liberi Pµ (⌧, 0) = Pµ (⌧, 1) = 0. Sono dette così in quanto non pongono alcun vincolo alla variazione Xµ negli estremi (⌧, ). Osservo che le coordinate temporali degli estremi possono essere vincolate solamente con condizioni ad estremi liberi, per cui si richiederà sempre: P0 (⌧, 0) = P0 (⌧, 1) = 0 µ = 0, ..., d (73) Le condizioni di bordo possono essere espresse in modi differenti, a seconda della coordinata e dell’estremo considerato. Le stringhe chiuse non sono soggette a condizioni di bordo, non possedendo estremi. Come si vede, le condizioni di Dirichlet impongono agli estremi della stringa di restare fermi durante il moto (in termini di una o più coordinate, di uno o entrambe gli estremi). L’oggetto a cui gli estremi sono fissati è detto D-brana (D per Dirichlet) e nella ST è un oggetto reale, definito dalla sua dimensionalità, ovvero dal numero di coordinate spaziali che vincola all’estremo che le è ancorato. Infine, imponendo l’annullarsi dell’ultimo integrale, ricavo le equazioni del moto di una stringa relativistica: @P⌧ µ @⌧ + @Pµ @ = 0 (74) 3.5 Il Gauge Statico Per questa sezione si faccia riferimento a [1, cap 6]. L’azione di Nambu-Goto è invariante per riparametrizzazione, dunque siamo liberi di scieglierne una che semplifichi le equazioni del moto. Si consideri l’iper-piano t = t0 nello spazio tempo. Esso intersecherà il foglio-universo lungo la curva X0 = cost = ct0, ossia lungo la stringa al tempo t0 nel sistema di riferimento di Lorentz scelto. Se la relazione tra X0 e ⌧ dipende anche da , allora ⌧ varierà lungo una curva X0 = cost in quanto essa sarà individuata, sul foglio-universo, da punti a ⌧ variabile. La parametrizzazione del gauge statico è una parametrizzazione parziale (coinvolge soltanto la coordinata ⌧) che consiste nell’imporre: ⌧ = t0, ossia imporre che una stringa, quindi una curva di eventi simultanei36 avvenuti all’istante t0, sia l’immagine di un segmento ⌧ = cost = t0. Esteso il procedimento ad ogni istante di tempo, il risultato sarà una mappa per cui due punti t-simultanei sul foglio-universo sono immagine di due punti ⌧-simultanei nello spazio (⌧, ) dei parametri, ossia semplicemente: ⌧ ⌘ t 8t (75) Da questa scelta ne consegue che la dipendenza da (⌧, ) delle coordinate Xµ dei punti sul foglio- universo sarà: Xµ (⌧, ) = 8 < : X0 (⌧) def = ct(⌧) ⌘ c⌧ ) X0 ⌘ X0 (t) se µ = 0 Xµ (t, ) se µ = 1, ..., d 9 = ; = {ct, ! X(⌧, )} (76) 36in un certo sistema lorentziano 18
  • 19. ovvero: @⌧ Xµ ⌘ @tXµ (77) per cui le (19) diventano: 8 >>< >>: ˙Xµ ⌘ ⇣ c, @t ! X ⌘ Xµ0 ⌘ ⇣ 0, @ ! X ⌘ (78) 3.6 La stringa statica Per questa sezione si faccia riferimento a [1, cap 6]. Applichiamo, ora, la parametrizzazione di gauge statico al caso particolare in cui si abbia una stringa aperta allungata lungo l’asse X1 tra 0 ed a (quindi ortogonale agli altri assi spaziali), e che sia statica. Ciò significa che, nella sua evoluzione temporale, la stringa visiterà i punti dello spazio-tempo 37 tali che: 8 >>>>< >>>>: X0 (t) = ct X1 (t, ) ⌘ 38 X1 ( ) = f( ) dove: f(0) = 0 , f( 1 ) = a e df d > 0 e continua X2 = · · · = Xd = 0 (79) Volendo esplicitare l’indipendenza delle coordinate spaziali dei punti del foglio-universo rispetto al tempo t: @Xµ @t = 0 µ = 1, · · · , d (80) Ricordo che stiamo considerando un foglio-universo parametrizzato: ⌧ 2 [⌧i, ⌧f ] e 2 [0, 1]. La richiesta: df d > 0 e continua è stata fatta in modo da avere una mappa invertibile tra X1 2 [0, a] e 2 [0, 1 ]. Tenuto conto che, essendo la stringa statica ed allungata solo lungo X1 , le (78) (valide comunque, stante la parametrizzazione di gauge statico) si riducono alle: 8 >>>>>>>>>>>>< >>>>>>>>>>>>: ˙Xµ ⌘ 0 B @c, 0, @tX2 ,···,@tXd z }| { 0, · · · , 0 1 C A Xµ0 ⌘ 0 B @0, df d , @ X2 ,···,@ Xd z }| { 0, · · · , 0 1 C A (81) Per come sono definiti i P⌧ µ in (71), in questo caso essi sono nulli 8µ e le equazioni del moto (74) si riducono all’espressione: @Pµ @ = 0 µ = 0, ..., d (82) sistema di equazioni che rappresentano le equazioni della stringa relativistica statica nel gauge statico. Osserviamo che la configurazione spazio-temporale della stringa statica nel gauge statico, di cui alle (79) (ossia le equazioni parametriche del suo foglio-universo), è fisicamente realizzabile 37che individueranno il suo foglio-universo 19
  • 20. in quanto soddisfa le equazioni del moto (82). Infatti, in questo caso, l’espressione di Pµ in (71) si riduce a: Pµ = T0 c c2 X0 µ p c2(f0)2 = T0 X0 µ f0 6= 0 () X0 µ ⌘ X0 1 = f0 (83) quindi le equazioni del moto (82) sono soddisfatte 8µ. Per come è stata formulata, la configurazione statica in (79) soddisfa manifestamente le condizioni al bordo di Dirichlet per le coordinate spaziali. L’unica condizione da verificare è la (73) per la coordinata temporale degli estremi della stringa. Dalle (79) e (83) si ha che: P0 (⌧, ) = 0 8 2 [0, 1] =) P0 (⌧, 0) = P0 (⌧, 1) = 0 (84) Anche le condizioni (73) sono soddisfatte. Siamo ora in grado di motivare il segno negativo davanti all’integrale (51) che definisce l’azione di Nambu-Goto, quantomeno nel particolare caso di stringa statica nel gauge statico. Essendo la stringa statica: Ecinetica def = T = 0, quindi la sua lagrangiana L = T V si riduce all’opposto dell’energia potenziale: L = V e, del tutto in generale, la sua azione si scriverà: S = Z tf ti dtL = Z tf ti dt( V ) (85) in cui si è utilizzata l’identificazione del gauge statico: ⌧ ⌘ t. D’altra parte, secondo le (81) (ed utilizzando prodotti scalari minkowskiani), l’azione di Nambu- Goto (51) si riduce a: S = T0 c Z tf ti dt Z 1 0 d p 0 ( c2)(f0)2 = T0 Z tf ti dt Z 1 0 d ✓ df d ◆ = (86) = T0 Z tf ti dt [f( )] 1 0 = T0 Z tf ti dt (a 0) = Z tf ti dt ( T0a) (87) da cui, confrontando (85) e (86) si vede che: l’energia potenziale di una stringa relativistica statica, allungata lungo l’asse X1 tra 0 ed a, è: V = T0a (88) Si conclude che: • il segno negativo in (51) è corretto, pena una energia potenziale negativa: assurdo! Essendo la stringa sottoposta ad una qualche forza che la tende; • T0 può essere davvero inteso come tensione della stringa, sia da un punto di vista dimensio- nale: [T0] = M L T 2 e [a] = L =) [V ] = ML2 T 2 = Energia (come deve essere), sia da una punto di vista meccanico: T0a è effettivamente l’Epotenziale di una corda di tensione costante T0, allungata di una quantità a dalla sua lunghezza di riposo: nulla! 20
  • 21. Riferimenti bibliografici [1] Barton Zwiebach. A First Course in String Theory. Cambridge university press, 2009. [2] Barrett O’Neill. Semi-Riemannian Geometry with applications to Relativity. Academic Press, 1983. [3] Stefano Marchiafava. Appunti di Geometria Differenziale - Parte I. Edizioni Nuova Cultura, 2007. [4] M.A. Naimark. Normed Algebras. Wolters-Noordhoff Publishing, 1972. [5] Serge Lang. Algebra Lineare. Bollati Bordigheri, ristampa del 2008. [6] Giuliano Romani. Geometria (dispense per il corso). Corso del 2003-04. [7] Valeria Ferrari. Relativita’ Generale (dispense per il corso). Aggiornate al 2009. [8] Carlo Marchioro. Appunti di Meccanica analitica e relativistica (dispense per il corso). Stampato presso il Centro Stampa Nuova Cultura, aggiornate al 2007. 21