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nuovi
media
on
line
10
comunicazione e i social network
e autrice di un manuale edito da
Apogeo che si intitola “LinkedIn,
la rete per trovare il lavoro dei
sogni”, 160 pagine in cui si
spiega come fare a sfruttare al
meglio LinkedIn e si dedicano
dei capitoli alla presenza delle
aziende nostrane sul social
media e a come gli head hunter
(cacciatori di teste) cerchino
i profili più specializzati.
Il tutto ruota, dunque, attorno a
una parola: lavoro. E di questi
tempi, si sa, qualsiasi occasione in
più per trovarne uno, va presa al
volo. L’hanno capito anche coloro
che si muovono nel campo
dell’arte contemporanea, che,
come racconta Napolitano, “sono
su LinkedIn per promuovere le
proprie gallerie e si affidano al
social media per un primo
contatto. Insomma, per fare
relazioni”. Non sono da meno le
aziende, che lo usano sia per
pubblicare annunci (esiste una
voce del menu in alto denominata
appunto “lavoro”) che per
verificare le credenziali e la
veridicità di curriculum o
proposte di collaborazioni
ricevute. “Provate a cercarvi su
Google o su qualsiasi altro motore
– spiega ancora la consulente –: il
link che si rifà al profilo LinkedIn
vi apparirà nella prima pagina e
sicuramente tra le prime tre
posizioni, il che dimostra una
grande indicizzazione e dà la
possibilità a chi vuole sapere
di cosa vi occupate e dove
operate di vederlo subito”.
Una volta registrati su
www.linkedin.com, su quali
aspetti puntare per creare un
profilo adatto? “Innanzitutto, sul
summary, ossia la descrizione
sintetica di quello che fate e
sapete fare – precisa Napolitano
–. Va curato bene, in poche righe
bisogna saper descriversi al
meglio, perché chi lavora nelle
risorse umane spesso non scorre
fino alla fine tutto il profilo
professionale di un candidato,
ma legge quelle prime parole
che possono fare la differenza”.
E le prime righe sono importanti
non solo per quello che si può
dire, ma anche per quello
che si può mostrare. Se avete
fatto una ricerca di cui siete
particolarmente orgogliosi o
siete dei grafici che vogliono
far vedere il proprio lavoro o
ancora degli scrittori, giornalisti,
creatori di App o di tutto quello
che è possibile testimoniare
attraverso la Rete, potete usare
LinkedIn in più modi: mettendo
il link diretto al vostro sito, al
vostro blog o ad altri siti in cui
si è parlato di voi o ancora
condividere una presentazione
tramite slideshare, che – come
dice la parola stessa – permette
di caricare in Rete le vostre
attività sotto forma di slide.
Non solo. È anche possibile
postare sul proprio profilo un
curriculum vitae che può essere
scaricato da chi è interessato.
Il passaggio immediatamente
successivo prevede l’indicazione
delle referenze, che LinkedIn,
sfruttando un modo di lavorare
tipicamente anglosassone,
consente di far vedere sul profilo
precedentemente “costruito”.
“Fate in modo che a scrivervele
sia qualcuno che ha lavorato
realmente con voi – continua
Antonella –. Meglio se è stato un
vostro capo o una persona con
cui avete operato a stretto
contatto. E poi non trascurate i
gruppi, ma seguite quei 4 o
5 in cui potete partecipare
attivamente”. Importanti non
solo perché si condividono
informazioni legate alla sfera
professionale d’appartenenza,
ma anche perché all’interno è
possibile trovare offerte di
lavoro, bandi di concorso o
eventi da non perdere. Alcuni,
come quello denominato
“Offerte di lavoro e opportunità
per psicologi e psicoterapeuti”,
dichiarano apertamente quali
saranno le informazioni
condivise, altri, come “Il mercato
italiano del lavoro”, si
propongono di affrontare il tema
da più punti di vista e sono
frequentati da professionisti,
responsabili delle risorse umane
e anche da cacciatori di teste.
Che nei gruppi si muovono
spesso anche per vedere come
un potenziale candidato si
rapporta agli altri e discute di
un determinato argomento.
Un altro modo per farsi notare
dalle aziende è descrivere le
proprie competenze con parole
chiave: questo permette di far
capire a chi sta guardando il
profilo di cosa ci si occupa, ma
soprattutto agevola quando le
aziende, che usano sempre più
un profilo corporate (con tutta
una serie di vantaggi per loro e
che prevede un investimento
economico da parte delle
aziende stesse), stanno facendo
una ricerca inserendo
determinati parametri. “Se
corrispondono a quello che
sapete fare, è più facile che
arrivino a voi”, spiega ancora
Antonella Napolitano. Come è
successo ad Andrea Russo, 30
anni, che ricopre la posizione di
area sales per la Toscana e
l’Umbria per l’agenzia
immobiliare ReMax e ha trovato
Sono sempre più numerose le aziende italiane che si rivolgono al social network,
non solo per la richiesta di professionalità specializzate,ma anche per verificare
le credenziali e la veridicità di curriculum o proposte di collaborazione ricevute
S
22 - 28 MARZO 2012 | N. 9
Cercare lavoro
aitempidiLinkedIn
CRISTINA MACCARRONE
L
e aziende preferiscono ancora LinkedIn,
ma strizzano l’occhio anche agli altri
social network. A dimostrarlo è
un’indagine dal titolo “Recruting e social
network”, a cura di Lorenzo Pulici, specialista
in risorse umane di Synesis Career Service, e
condotta tra i mesi di dicembre 2011 e gennaio
2012 su un campione di oltre 200 selezionatori
del personale, tra Hr recruiter, Hr manager e
responsabili di area di aziende presenti sul
territorio nazionale. Dal sondaggio emerge che
il 37,5 per cento delle imprese segue una vera
e propria policy per il recruitment attraverso i
social network, ma che il 73,6 per cento delle
aziende dichiara di avvalersi dei social
network senza una vera e propria procedura
aziendale ufficiale. La parte del leone la fa
LinkedIn, usato dal 96,1 per cento delle
imprese contattate, seguito da Facebook,
che viene adoperato nel 37,7 per cento dei
casi. In crescendo Twitter, scelto anche dal
18,2 per cento delle società, e Youtube, dal
6,5 per cento, mentre un 5,2 per cento dà
peso in materia di recruting anche ai blog.
L’indagine dà anche interessanti informazioni
sui profili più ricercati tramite i social network.
Al primo posto le aziende vanno a pescare in
Rete i commerciali (46,6 per cento), seguiti dai
profili economici (43,2), dagli ingegneristici
(40,9) e informatici (20,5). Chance inferiori,
almeno per quanto riguarda la ricerca attiva da
parte delle aziende, per chi lavora nell’area
umanistica (10,2 per cento), in quella legale
(9,1), scientifica (6,8), medicale (5,7). Fanalino
di coda – e del resto non stupisce neanche
tanto, visto che sono in pochi i professionisti del
settore presenti sui social network – è il profilo
dell’architetto (1,1). I responsabili delle risorse
umane intervistati hanno asserito di ricorrere
ai social media per cercare candidati in
maniera costante nel 27,6 per cento dei casi,
saltuaria nel 46 per cento. Il 19,5 per cento
adopera questi canali solamente per verificare
le candidature che riceve, mentre il 14,6
per cento dichiara di non farne ancora uso.
Per quel che riguarda le assunzioni, sembra
che LinkedIn, Facebook & co funzionino
abbastanza bene. La maggior parte delle
aziende ha concluso positivamente almeno
una selezione che ha utilizzato un social
network come canale di recruiting: il 56,5 per
cento degli intervistati ha inserito il candidato
nell’organico. “È decisamente interessante il
fatto che due aziende su tre riconoscano e
utilizzino i social network per valutare profili e
per selezionare nuove risorse, e che lo
facciano anche indipendentemente dal fatto
che esista una procedura formale a livello
aziendale”, commenta Pulici. “Se è vero che
è LinkediIn a farla da padrone tra i social
network più adoperati dai recruiter, è
anche importante sottolineare come ogni
social media abbia un proprio codice e un
proprio linguaggio e possa quindi essere
uno strumento di ricerca per determinate
tipologie di ruoli professionali”. C. M.
I commerciali
i più “pescati”
PROFILI CON MAGGIORI CHANCE
Scrivere le proprie esperienze
professionali a partire dalla più
recente per arrivare alla più datata,
mettersi in contatto con colleghi
passati, attuali o con chi si
vorrebbe lavorare in futuro. E
ancora: entrare a far parte di
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tanto o solo le proprie passioni,
ma soprattutto la propria
professionalità. Se si volesse essere
riduttivi, si potrebbe descrivere
così quello che è LinkedIn, il social
network per eccellenza dedicato al
mondo del lavoro. Se si volesse
essere riduttivi, appunto, e
invece le vie per trovare un
impiego o quelle delle opportunità
professionali interessanti
possono essere le più svariate.
Che nel nostro paese LinkedIn
stia diventando sempre più
diffuso, lo dimostra non solo il
fatto che l’azienda di Mountain
View qualche mese fa ha aperto
una sede a Milano, ma anche che
a essersi iscritti sul social network
sono più di 2 milioni di italiani.
Non tutti attivi: alcuni si fermano
allo scrivere il proprio nome e
cognome, titolo di studi e lavoro
attuale e desiderato. Ma molti lo
usano davvero, per dirla
all’inglese, come un business
social network. E se in un primo
momento a indirizzarsi in tal
senso erano per lo più
professionisti appartenenti al
mondo dell’Ict o a quello della
comunicazione e del marketing,
ultimamente su Linkedin “sono
sempre più partecipi anche coloro
che lavorano in settori che non
ti aspetteresti, come quello
bancario, e che tradizionalmente
si servivano di altri canali”,
osserva Antonella Napolitano,
consulente per le aziende sulla
09p10-11_ok 20/03/12 13.09 Pagina 10
11
T
ra gli ultimi in ordine d’arrivo
c’è Pinterest, ma in Italia in
pochi lo conoscono, mentre è
ancora presto per capire se condividere
foto, video, discussioni e quant’altro
serva a trovare un lavoro. Comunque,
se in America – dove tutto ebbe inizio –
questo nuovo social network ha avuto
un exploit di 10 milioni di utenti in soli
4 mesi, un motivo ci sarà. Da noi al
momento lo si guarda con interesse, si
comincia a provarlo, ma non è ancora
diventato d’uso comune. D’altronde,
per entrare a farne parte è necessario,
così come lo era per Google Plus agli
inizi, che qualcuno ci inviti. Non è così
invece per i più “vecchi” Facebook,
seguitissimo nel nostro paese, e per
Twitter, che, complici prima Fiorello
con il suo show e poi quotidiani
e televisioni che attingono da esso
in continuazione, sta conoscendo
una popolarità sempre crescente.
Ma i social network, quelli che – a
differenza di LinkedIn – non sono
dichiaratamente dedicati al
reclutamento di professionalità,
servono davvero a trovare un lavoro?
Sembrerebbe proprio di sì. Anzi, stando
a quanto rivela la seconda edizione
dell’Osservatorio Iulm sull’uso dei
social media da parte delle aziende,
presentata il 15 marzo scorso, quello
creato da Zuckerberg è scelto dal 71,1
per cento delle aziende che hanno
attivato almeno un social media. Il che
vuol dire che buona parte delle società
italiane, anche quelle piccole, sono su
Facebook con una loro pagina. Non
tutte la curano ancora a dovere, ma
iscriversi può voler dire trovare annunci
di lavoro e opportunità ancor prima che
vengano pubblicati sul sito ufficiale e dà
la possibilità di dialogare direttamente
con l’azienda. Che avrà tutto l’interesse
a rispondere alle domande che vengono
poste, anche perché la pagina viene
usata come strumento di marketing. Su
Facebook le aziende cercano per lo più
profili junior o giovani talenti, mentre
preferiscono LinkedIn per i profili di
più alto livello, ma le cose, visto la
crescente diffusione di quest’ultimo,
sono sempre più destinate a cambiare.
Twitter, vista la sua specificità, non
sembrerebbe un social network per
trovare lavoro: descriversi e condividere
informazioni in 140 caratteri non è
facile, ma è una sintesi che aiuta a farsi
conoscere e a crearsi una buona
reputazione on line, il che porta prima
o poi a trovare dei contatti “proficui”.
Come spiega Ivana Pais, ricercatrice in
sociologia economica all’Università
Cattolica di Milano con interesse verso i
social media: “Twitter fa già una prima
selezione e l’utente presente ha un
profilo mediamente più alto: chi non ha
molto di interessante da comunicare
difficilmente ci resta a lungo”. Le
persone vengono notate dalle aziende,
“perché magari hanno partecipato a dei
convegni e hanno twittato i loro
commenti in diretta usando l’hashtag
(ossia la parola chiave, quella che aiuta
nella ricerca ed è preceduta dal segno #,
ndr) ufficiale. Ciò aiuta in particolare
durante i meeting in cui l’interesse
è concentrato sui relatori e il pubblico
ha scarse possibilità di esprimersi”.
Ciò che conta dunque è come ci si
rapporta e quello che si condivide in
Rete. Maria Michela Calculli (su Twitter è
@mammaeconomia) racconta così il suo
primo “contatto lavorativo”: “Sono su
Twitter dal marzo 2011 e nel mio
twittare compulsivo, una sera d’estate ho
postato l’ennesima foto di mio figlio ed è
successa una cosa bellissima. Sono stata
contattata dal mensile ‘Giovani genitori’
e ho scritto il mio primo articolo sui
nativi digitali”. Ma non è finita qui:
“Qualche mese fa, un twittero (utente di
Twitter, ndr) con cui ho fatto amicizia mi
scrive per chiedermi se può propormi
un lavoro, accetto e subito dopo vengo
ingaggiata come blogger professionista.
Prima di entrare in Twitter, ero
un’impiegata amministrativa in
maternità. Oggi ho la partita Iva, un po’
di clienti e una serie di collaborazioni
tutte costruite intorno ai social media”.
Ma non di soli social network
americani vive l’Italia. Anche noi
abbiamo cominciato a creare dei social
network che hanno come obiettivo
quello di far incontrare aziende e
candidati. Ultimo in ordine d’arrivo
Egomnia, creato da Matteo Achilli,
ventenne studente della Bocconi e
dedicato in particolare a studenti e
neolaureati. La parola d’ordine qui è
ranking: il social network consente a
chi si iscrive inserendo i titoli di
studio, le certificazioni linguistiche, le
esperienze lavorative, i periodi di
studio o soggiorno all’estero di avere
un “punteggio” unico e così di essere
trovato dalle aziende che a loro volta
sul sito inseriscono annunci di lavoro
e offerte di stage. Egomnia parte
dallo stesso principio di Google,
secondo cui, in base agli algoritmi,
nel motore di ricerca appaiono tra
le prime pagine i siti più visitati.
Jobberone, che fa capo a una Srl con
sede a Brescia guidata da Olive Mayr e
che si può leggere sia all’italiana che
all’inglese, è un social network che
mira a fare incontrare non solo laureati
e aziende, ma anche e soprattutto quei
profili considerati meno top, come
pizzaioli, camerieri, personale
d’albergo e così via, per i quali, come
dicono i fondatori, “non c’era ancora
un mercato vero e proprio”. La ricerca
da parte dell’utente avviene inserendo
parametri come la professione e il
luogo in cui si vuole lavorare, ma se c’è
un’offerta di lavoro in un posto a pochi
chilometri dalla zona desiderata, il
social network segnalerà comunque
l’offerta e la distanza prevista. Come dire:
le vie della Rete sono infinite. C. M.
Seneiprimitempi
l’utilizzoeralimitato
aiprofessionisti
appartenentialmondo
dell’Ictoaquello
dellacomunicazione
edelmarketing,oggi
vifannoricorsoanche
figurepiù“tradizionali”
“
”
Le vie della Rete sono infinite
LE OFFERTE DEL NOSTRO PAESE
LAVORO&SINDACATO
22 - 28 MARZO 2012 | N. 9
©
D.
FRACCHIA/IMAGOECONOMICA
SEGUIILTEMASU ›rassegna.it
›Usa: il lavoro si trova sui social…
http://goo.gl/IpSqI
›Ravenna: i centri per l’impiego…
http://goo.gl/y38zv
n
il suo lavoro proprio grazie al
social network. Anzi, è più
corretto dire che “è stato
trovato”. L’azienda con cui
attualmente lavora, un anno fa
cercava una persona con il suo
profilo: “Grazie a LinkedIn i
responsabili delle risorse umane
hanno trovato il mio curriculum
senza che fossi io a contattarli,
sebbene ci fosse una ricerca in
corso. Mi hanno poi mandato
una mail per comunicarmi il loro
interesse e telefonato per un
colloquio. Il mio curriculum
vitae attualmente è visibile a
1.500 contatti. Sicuramente, tra
tutti i social, LinkedIn è quello
che permette di fare incrociare
aziende e professionisti, ma
anche Twitter e Facebook
possono servire come
promozione personale, ti
permettono di creare una
buona reputazione on line.
Sono sui social network da 5
anni e adesso li uso anche
per promuovere il mio lavoro:
grazie a essi riesco a entrare in
contatto con persone interessate
ad avere un rapporto simile
alla messaggistica istantanea e
legato alla diffusione e
condivisione di informazioni”.
Le aziende italiane però, anche
se aumentate rispetto a un
anno fa, non sono ancora così
presenti su LinkedIn come ci si
aspetterebbe. “A parte qualche
raro caso di compagnie
internazionali che hanno la loro
attività anche in Italia, come Ibm
o Louis Vuitton – sottolinea
l’autrice del manuale –, il mezzo
è ancora poco sfruttato e questo
è dovuto anche al fatto che, così
come è capitato per Facebook e
succede adesso con Twitter,
difficilmente le aziende
precorrono i tempi, ma vanno lì
dove trovano le persone”. In
definitiva, LinkedIn serve
davvero a trovare quello che si
cerca? “Diciamo che ha ancora
alcune pecche, come la parte
degli annunci, che non è così
curata come dovrebbe. Più che
LinkedIn da solo, serve l’azione
combinata tra questo e altri
strumenti. Una cosa che
sicuramente permette di fare, a
differenza del web in generale, è
di vedere la Rete, ossia come le
persone sono collegate tra di
loro, e questa è un’informazione
importante da sfruttare al meglio
per trovare un lavoro”. •
09p10-11_ok 20/03/12 13.09 Pagina 11

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Social recruiting; articolo Rassegna Stampa

  • 1. nuovi media on line 10 comunicazione e i social network e autrice di un manuale edito da Apogeo che si intitola “LinkedIn, la rete per trovare il lavoro dei sogni”, 160 pagine in cui si spiega come fare a sfruttare al meglio LinkedIn e si dedicano dei capitoli alla presenza delle aziende nostrane sul social media e a come gli head hunter (cacciatori di teste) cerchino i profili più specializzati. Il tutto ruota, dunque, attorno a una parola: lavoro. E di questi tempi, si sa, qualsiasi occasione in più per trovarne uno, va presa al volo. L’hanno capito anche coloro che si muovono nel campo dell’arte contemporanea, che, come racconta Napolitano, “sono su LinkedIn per promuovere le proprie gallerie e si affidano al social media per un primo contatto. Insomma, per fare relazioni”. Non sono da meno le aziende, che lo usano sia per pubblicare annunci (esiste una voce del menu in alto denominata appunto “lavoro”) che per verificare le credenziali e la veridicità di curriculum o proposte di collaborazioni ricevute. “Provate a cercarvi su Google o su qualsiasi altro motore – spiega ancora la consulente –: il link che si rifà al profilo LinkedIn vi apparirà nella prima pagina e sicuramente tra le prime tre posizioni, il che dimostra una grande indicizzazione e dà la possibilità a chi vuole sapere di cosa vi occupate e dove operate di vederlo subito”. Una volta registrati su www.linkedin.com, su quali aspetti puntare per creare un profilo adatto? “Innanzitutto, sul summary, ossia la descrizione sintetica di quello che fate e sapete fare – precisa Napolitano –. Va curato bene, in poche righe bisogna saper descriversi al meglio, perché chi lavora nelle risorse umane spesso non scorre fino alla fine tutto il profilo professionale di un candidato, ma legge quelle prime parole che possono fare la differenza”. E le prime righe sono importanti non solo per quello che si può dire, ma anche per quello che si può mostrare. Se avete fatto una ricerca di cui siete particolarmente orgogliosi o siete dei grafici che vogliono far vedere il proprio lavoro o ancora degli scrittori, giornalisti, creatori di App o di tutto quello che è possibile testimoniare attraverso la Rete, potete usare LinkedIn in più modi: mettendo il link diretto al vostro sito, al vostro blog o ad altri siti in cui si è parlato di voi o ancora condividere una presentazione tramite slideshare, che – come dice la parola stessa – permette di caricare in Rete le vostre attività sotto forma di slide. Non solo. È anche possibile postare sul proprio profilo un curriculum vitae che può essere scaricato da chi è interessato. Il passaggio immediatamente successivo prevede l’indicazione delle referenze, che LinkedIn, sfruttando un modo di lavorare tipicamente anglosassone, consente di far vedere sul profilo precedentemente “costruito”. “Fate in modo che a scrivervele sia qualcuno che ha lavorato realmente con voi – continua Antonella –. Meglio se è stato un vostro capo o una persona con cui avete operato a stretto contatto. E poi non trascurate i gruppi, ma seguite quei 4 o 5 in cui potete partecipare attivamente”. Importanti non solo perché si condividono informazioni legate alla sfera professionale d’appartenenza, ma anche perché all’interno è possibile trovare offerte di lavoro, bandi di concorso o eventi da non perdere. Alcuni, come quello denominato “Offerte di lavoro e opportunità per psicologi e psicoterapeuti”, dichiarano apertamente quali saranno le informazioni condivise, altri, come “Il mercato italiano del lavoro”, si propongono di affrontare il tema da più punti di vista e sono frequentati da professionisti, responsabili delle risorse umane e anche da cacciatori di teste. Che nei gruppi si muovono spesso anche per vedere come un potenziale candidato si rapporta agli altri e discute di un determinato argomento. Un altro modo per farsi notare dalle aziende è descrivere le proprie competenze con parole chiave: questo permette di far capire a chi sta guardando il profilo di cosa ci si occupa, ma soprattutto agevola quando le aziende, che usano sempre più un profilo corporate (con tutta una serie di vantaggi per loro e che prevede un investimento economico da parte delle aziende stesse), stanno facendo una ricerca inserendo determinati parametri. “Se corrispondono a quello che sapete fare, è più facile che arrivino a voi”, spiega ancora Antonella Napolitano. Come è successo ad Andrea Russo, 30 anni, che ricopre la posizione di area sales per la Toscana e l’Umbria per l’agenzia immobiliare ReMax e ha trovato Sono sempre più numerose le aziende italiane che si rivolgono al social network, non solo per la richiesta di professionalità specializzate,ma anche per verificare le credenziali e la veridicità di curriculum o proposte di collaborazione ricevute S 22 - 28 MARZO 2012 | N. 9 Cercare lavoro aitempidiLinkedIn CRISTINA MACCARRONE L e aziende preferiscono ancora LinkedIn, ma strizzano l’occhio anche agli altri social network. A dimostrarlo è un’indagine dal titolo “Recruting e social network”, a cura di Lorenzo Pulici, specialista in risorse umane di Synesis Career Service, e condotta tra i mesi di dicembre 2011 e gennaio 2012 su un campione di oltre 200 selezionatori del personale, tra Hr recruiter, Hr manager e responsabili di area di aziende presenti sul territorio nazionale. Dal sondaggio emerge che il 37,5 per cento delle imprese segue una vera e propria policy per il recruitment attraverso i social network, ma che il 73,6 per cento delle aziende dichiara di avvalersi dei social network senza una vera e propria procedura aziendale ufficiale. La parte del leone la fa LinkedIn, usato dal 96,1 per cento delle imprese contattate, seguito da Facebook, che viene adoperato nel 37,7 per cento dei casi. In crescendo Twitter, scelto anche dal 18,2 per cento delle società, e Youtube, dal 6,5 per cento, mentre un 5,2 per cento dà peso in materia di recruting anche ai blog. L’indagine dà anche interessanti informazioni sui profili più ricercati tramite i social network. Al primo posto le aziende vanno a pescare in Rete i commerciali (46,6 per cento), seguiti dai profili economici (43,2), dagli ingegneristici (40,9) e informatici (20,5). Chance inferiori, almeno per quanto riguarda la ricerca attiva da parte delle aziende, per chi lavora nell’area umanistica (10,2 per cento), in quella legale (9,1), scientifica (6,8), medicale (5,7). Fanalino di coda – e del resto non stupisce neanche tanto, visto che sono in pochi i professionisti del settore presenti sui social network – è il profilo dell’architetto (1,1). I responsabili delle risorse umane intervistati hanno asserito di ricorrere ai social media per cercare candidati in maniera costante nel 27,6 per cento dei casi, saltuaria nel 46 per cento. Il 19,5 per cento adopera questi canali solamente per verificare le candidature che riceve, mentre il 14,6 per cento dichiara di non farne ancora uso. Per quel che riguarda le assunzioni, sembra che LinkedIn, Facebook & co funzionino abbastanza bene. La maggior parte delle aziende ha concluso positivamente almeno una selezione che ha utilizzato un social network come canale di recruiting: il 56,5 per cento degli intervistati ha inserito il candidato nell’organico. “È decisamente interessante il fatto che due aziende su tre riconoscano e utilizzino i social network per valutare profili e per selezionare nuove risorse, e che lo facciano anche indipendentemente dal fatto che esista una procedura formale a livello aziendale”, commenta Pulici. “Se è vero che è LinkediIn a farla da padrone tra i social network più adoperati dai recruiter, è anche importante sottolineare come ogni social media abbia un proprio codice e un proprio linguaggio e possa quindi essere uno strumento di ricerca per determinate tipologie di ruoli professionali”. C. M. I commerciali i più “pescati” PROFILI CON MAGGIORI CHANCE Scrivere le proprie esperienze professionali a partire dalla più recente per arrivare alla più datata, mettersi in contatto con colleghi passati, attuali o con chi si vorrebbe lavorare in futuro. E ancora: entrare a far parte di gruppi in cui non si condividono tanto o solo le proprie passioni, ma soprattutto la propria professionalità. Se si volesse essere riduttivi, si potrebbe descrivere così quello che è LinkedIn, il social network per eccellenza dedicato al mondo del lavoro. Se si volesse essere riduttivi, appunto, e invece le vie per trovare un impiego o quelle delle opportunità professionali interessanti possono essere le più svariate. Che nel nostro paese LinkedIn stia diventando sempre più diffuso, lo dimostra non solo il fatto che l’azienda di Mountain View qualche mese fa ha aperto una sede a Milano, ma anche che a essersi iscritti sul social network sono più di 2 milioni di italiani. Non tutti attivi: alcuni si fermano allo scrivere il proprio nome e cognome, titolo di studi e lavoro attuale e desiderato. Ma molti lo usano davvero, per dirla all’inglese, come un business social network. E se in un primo momento a indirizzarsi in tal senso erano per lo più professionisti appartenenti al mondo dell’Ict o a quello della comunicazione e del marketing, ultimamente su Linkedin “sono sempre più partecipi anche coloro che lavorano in settori che non ti aspetteresti, come quello bancario, e che tradizionalmente si servivano di altri canali”, osserva Antonella Napolitano, consulente per le aziende sulla 09p10-11_ok 20/03/12 13.09 Pagina 10
  • 2. 11 T ra gli ultimi in ordine d’arrivo c’è Pinterest, ma in Italia in pochi lo conoscono, mentre è ancora presto per capire se condividere foto, video, discussioni e quant’altro serva a trovare un lavoro. Comunque, se in America – dove tutto ebbe inizio – questo nuovo social network ha avuto un exploit di 10 milioni di utenti in soli 4 mesi, un motivo ci sarà. Da noi al momento lo si guarda con interesse, si comincia a provarlo, ma non è ancora diventato d’uso comune. D’altronde, per entrare a farne parte è necessario, così come lo era per Google Plus agli inizi, che qualcuno ci inviti. Non è così invece per i più “vecchi” Facebook, seguitissimo nel nostro paese, e per Twitter, che, complici prima Fiorello con il suo show e poi quotidiani e televisioni che attingono da esso in continuazione, sta conoscendo una popolarità sempre crescente. Ma i social network, quelli che – a differenza di LinkedIn – non sono dichiaratamente dedicati al reclutamento di professionalità, servono davvero a trovare un lavoro? Sembrerebbe proprio di sì. Anzi, stando a quanto rivela la seconda edizione dell’Osservatorio Iulm sull’uso dei social media da parte delle aziende, presentata il 15 marzo scorso, quello creato da Zuckerberg è scelto dal 71,1 per cento delle aziende che hanno attivato almeno un social media. Il che vuol dire che buona parte delle società italiane, anche quelle piccole, sono su Facebook con una loro pagina. Non tutte la curano ancora a dovere, ma iscriversi può voler dire trovare annunci di lavoro e opportunità ancor prima che vengano pubblicati sul sito ufficiale e dà la possibilità di dialogare direttamente con l’azienda. Che avrà tutto l’interesse a rispondere alle domande che vengono poste, anche perché la pagina viene usata come strumento di marketing. Su Facebook le aziende cercano per lo più profili junior o giovani talenti, mentre preferiscono LinkedIn per i profili di più alto livello, ma le cose, visto la crescente diffusione di quest’ultimo, sono sempre più destinate a cambiare. Twitter, vista la sua specificità, non sembrerebbe un social network per trovare lavoro: descriversi e condividere informazioni in 140 caratteri non è facile, ma è una sintesi che aiuta a farsi conoscere e a crearsi una buona reputazione on line, il che porta prima o poi a trovare dei contatti “proficui”. Come spiega Ivana Pais, ricercatrice in sociologia economica all’Università Cattolica di Milano con interesse verso i social media: “Twitter fa già una prima selezione e l’utente presente ha un profilo mediamente più alto: chi non ha molto di interessante da comunicare difficilmente ci resta a lungo”. Le persone vengono notate dalle aziende, “perché magari hanno partecipato a dei convegni e hanno twittato i loro commenti in diretta usando l’hashtag (ossia la parola chiave, quella che aiuta nella ricerca ed è preceduta dal segno #, ndr) ufficiale. Ciò aiuta in particolare durante i meeting in cui l’interesse è concentrato sui relatori e il pubblico ha scarse possibilità di esprimersi”. Ciò che conta dunque è come ci si rapporta e quello che si condivide in Rete. Maria Michela Calculli (su Twitter è @mammaeconomia) racconta così il suo primo “contatto lavorativo”: “Sono su Twitter dal marzo 2011 e nel mio twittare compulsivo, una sera d’estate ho postato l’ennesima foto di mio figlio ed è successa una cosa bellissima. Sono stata contattata dal mensile ‘Giovani genitori’ e ho scritto il mio primo articolo sui nativi digitali”. Ma non è finita qui: “Qualche mese fa, un twittero (utente di Twitter, ndr) con cui ho fatto amicizia mi scrive per chiedermi se può propormi un lavoro, accetto e subito dopo vengo ingaggiata come blogger professionista. Prima di entrare in Twitter, ero un’impiegata amministrativa in maternità. Oggi ho la partita Iva, un po’ di clienti e una serie di collaborazioni tutte costruite intorno ai social media”. Ma non di soli social network americani vive l’Italia. Anche noi abbiamo cominciato a creare dei social network che hanno come obiettivo quello di far incontrare aziende e candidati. Ultimo in ordine d’arrivo Egomnia, creato da Matteo Achilli, ventenne studente della Bocconi e dedicato in particolare a studenti e neolaureati. La parola d’ordine qui è ranking: il social network consente a chi si iscrive inserendo i titoli di studio, le certificazioni linguistiche, le esperienze lavorative, i periodi di studio o soggiorno all’estero di avere un “punteggio” unico e così di essere trovato dalle aziende che a loro volta sul sito inseriscono annunci di lavoro e offerte di stage. Egomnia parte dallo stesso principio di Google, secondo cui, in base agli algoritmi, nel motore di ricerca appaiono tra le prime pagine i siti più visitati. Jobberone, che fa capo a una Srl con sede a Brescia guidata da Olive Mayr e che si può leggere sia all’italiana che all’inglese, è un social network che mira a fare incontrare non solo laureati e aziende, ma anche e soprattutto quei profili considerati meno top, come pizzaioli, camerieri, personale d’albergo e così via, per i quali, come dicono i fondatori, “non c’era ancora un mercato vero e proprio”. La ricerca da parte dell’utente avviene inserendo parametri come la professione e il luogo in cui si vuole lavorare, ma se c’è un’offerta di lavoro in un posto a pochi chilometri dalla zona desiderata, il social network segnalerà comunque l’offerta e la distanza prevista. Come dire: le vie della Rete sono infinite. C. M. Seneiprimitempi l’utilizzoeralimitato aiprofessionisti appartenentialmondo dell’Ictoaquello dellacomunicazione edelmarketing,oggi vifannoricorsoanche figurepiù“tradizionali” “ ” Le vie della Rete sono infinite LE OFFERTE DEL NOSTRO PAESE LAVORO&SINDACATO 22 - 28 MARZO 2012 | N. 9 © D. FRACCHIA/IMAGOECONOMICA SEGUIILTEMASU ›rassegna.it ›Usa: il lavoro si trova sui social… http://goo.gl/IpSqI ›Ravenna: i centri per l’impiego… http://goo.gl/y38zv n il suo lavoro proprio grazie al social network. Anzi, è più corretto dire che “è stato trovato”. L’azienda con cui attualmente lavora, un anno fa cercava una persona con il suo profilo: “Grazie a LinkedIn i responsabili delle risorse umane hanno trovato il mio curriculum senza che fossi io a contattarli, sebbene ci fosse una ricerca in corso. Mi hanno poi mandato una mail per comunicarmi il loro interesse e telefonato per un colloquio. Il mio curriculum vitae attualmente è visibile a 1.500 contatti. Sicuramente, tra tutti i social, LinkedIn è quello che permette di fare incrociare aziende e professionisti, ma anche Twitter e Facebook possono servire come promozione personale, ti permettono di creare una buona reputazione on line. Sono sui social network da 5 anni e adesso li uso anche per promuovere il mio lavoro: grazie a essi riesco a entrare in contatto con persone interessate ad avere un rapporto simile alla messaggistica istantanea e legato alla diffusione e condivisione di informazioni”. Le aziende italiane però, anche se aumentate rispetto a un anno fa, non sono ancora così presenti su LinkedIn come ci si aspetterebbe. “A parte qualche raro caso di compagnie internazionali che hanno la loro attività anche in Italia, come Ibm o Louis Vuitton – sottolinea l’autrice del manuale –, il mezzo è ancora poco sfruttato e questo è dovuto anche al fatto che, così come è capitato per Facebook e succede adesso con Twitter, difficilmente le aziende precorrono i tempi, ma vanno lì dove trovano le persone”. In definitiva, LinkedIn serve davvero a trovare quello che si cerca? “Diciamo che ha ancora alcune pecche, come la parte degli annunci, che non è così curata come dovrebbe. Più che LinkedIn da solo, serve l’azione combinata tra questo e altri strumenti. Una cosa che sicuramente permette di fare, a differenza del web in generale, è di vedere la Rete, ossia come le persone sono collegate tra di loro, e questa è un’informazione importante da sfruttare al meglio per trovare un lavoro”. • 09p10-11_ok 20/03/12 13.09 Pagina 11