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Sara Viscione
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      L‟OSCENO E LA TRASCENDENZA NEL PERIFÉRICO DE OBJETOS DI
         DANIEL VERONESE. IL CASO STUDIO DI CÁMARA GESELL


El Periférico de Objetos di Daniel Veronese: l’osceno e la
trascendenza
   Daniel Veronese è l‟esponente più significativo di una nuova
generazione di drammaturghi argentini che, tra la metà e la fine degli
anni „80, si distinguono per la loro importante produzione artistica, sia
per la quantità che per la qualità estetica delle loro opere. Oggi
costituiscono una presenza indiscutibile nel campo teatrale nazionale.
    Nella sua poetica Veronese affronta temi importanti come la critica
delle strutture del dramma moderno. Sin dalla sua prima pièce mostra
la volontà di allontanarsi dalla forma di rappresentazione realista e di
non sottomettersi alla costruzione psicologica del personaggio, al
modello tipico dell‟opera teatrale moderna. Egli crea un universo
drammatico che parte dall‟osservazione della realtà, ma se ne discosta
poeticamente attraverso l‟uso di alcuni artifici tipici dell‟opera d‟arte
post-avanguardistica (l‟immagine surrealista, una struttura narrativa
caratterizzata dal montaggio di frammenti o unità che sembrano
distanti fra loro e la causalità del vincolo tra gli avvenimenti).
    Una delle caratteristiche del suo teatro è la componente della
violenza e dell‟oscenità; mondo violento, teatro della violenza: questa
sembra essere l‟equazione simbolica da cui parte l‟autore argentino,
giacchè nella sua drammaturgia la violenza e la disuguaglianza sono
alla base dei vincoli umani.1 Violenza praticata fisicamente e
simbolicamente, che viola tutti i diritti (libertà, identità, salute,
proprietà, intimità, dignità, ecc.), violenza mostrata oscenamente, ma
allo stesso tempo negata verbalmente e velata dall‟eufemismo.
Riferendosi a El Periférico de Objetos, gruppo teatrale di cui

1
    Daniel Veronese, Cuerpo de Prueba I, Buenos Aires, Atuel, 2005, pp. 24-25.
Veronese è fondatore, l‟autore argentino afferma in un‟intervista del
1993:

       “Siempre tratamos de ser obscenos, porque si bien sabemos que al
    público le puede producir escozor, a la larga agradece el haber visto
    algo osceno en el escenario. Cuando sale o al día siguiente (…)”.2

    Nel teatro di Daniel Veronese importante è la relazione di
infrasciencia (impossibilità di pervenire alla conoscenza) del
personaggio con il mondo, e dello spettatore con l‟universo
drammatico, l‟impossibilità di comprendere il mondo e l‟accettazione
del “non sapere” come componente essenziale del nostro rapporto
dell‟esperienza con il reale. La violenza e l‟impossibilità di
comprendere il mondo e le sue regole producono paura nell‟individuo-
spettatore. Il mondo è vissuto come dominio degli altri - quelli che
dominano i meccanismi della violenza o che conoscono i suoi segreti-,
è visto come luogo di ostilità e pericolo, come un ordine inabitabile.
L‟incapacità di pervenire alla conoscenza si riflette anche sul
rapporto tra artista e creazione: l‟autore nella sua opera non esprime
un sapere che già conosceva prima della sua creazione, ma un “sapere
sconosciuto” prima di essa, dunque il significato dell‟opera si
costruisce a posteriori, soltanto dopo la sua realizzazione. Infatti, in A
propósito de Música Rota y Máquina Hamlet, testo del 1995,
Veronese afferma:3

       “La pretensión es que también nuestra visión como creadores
    (autor, director, actores, músicos, escenógrafos, etc.), por momentos
    se desoriente y pierda su centro, y necesitemos dar un salto más allá
    para establecer nuevos valores. Plantear la idea de un teatro un poco
    más irracional que el que comúnemente vemos. Que me permita a mí
    mismo mirar como un extraño a mi propia creación, plasmar mi
    contradicción en la imagen”.4

    La sua visione “pessimista” o “negativa” del mondo parte dalla
relazione diretta con l‟orrore dell‟esperienza storica (vedi le ripetute
dittature in Argentina e in America Latina), ma il suo teatro implica in


2
  Intervista a Daniel Veronese realizzata da Jorge Dubatti nel dicembre 1993.
3
  Daniel Veronese, Cuerpo de Prueba I, cit., p. 26.
4
  Daniel Veronese, A propósito de Música Rota y Máquina Hamlet (metatesto), 1995,
fotocopia ceduta dall‟autore.
realtà una posizione positiva, di fiducia nella sua funzione e nel valore
che esso ha per il pubblico:

       “Plasmar una visión negativa del hombre en mi universo dramático
    no significa promover el pesimismo en el espectador: es una
    advertencia del mundo que va a venir, no una apología de la crueldad
    y la tragedia. Si yo no creyera en mi fuero íntimo que con mis obras
    puedo modificar algo, no haría teatro”.5

    Nella poetica di Veronese si avverte una contrapposizione tra due
diversi modi di fare teatro: la finzione e la non-finzione, la
rappresentazione e la presentazione, la metafora e l‟esperienza diretta
della vita. Nel teatro degli ultimi trent‟anni c‟è stato un declino della
finzione in favore della presentazione. Forse il miglior esempio di
questo nuovo modo di rappresentare la scena drammatica (non-
finzione) si può trovare in Un hombre que se ahoga, in cui El
Periférico introduce gli animatori nello scenario, rendendoli così
visibili agli occhi dello spettatore. Al contrario, con Crónica de la
caída de uno de los hombres de ella, Los corderos, Conversación
nocturna e Luisa ci si trova di fronte a testi di finzione teatrale.
    Altra componente estremamente interessante dell‟opera di
Veronese è l‟immaginario animale, un aspetto della sua poetica che
non è ancora stato studiato in profondità. L‟autore pensa agli uomini
come animali e probabilmente lo fa per esprimere metaforicamente la
sua visione tragica del mondo, così come la sua diagnosi
dell‟incapacità dell‟uomo di sostenere i principi civilizzatori.
    Veronese mette in evidenza la relazione che intercorre tra gli
uomini-animali e la poetica della tragedia: tale connessione è portata
al suo punto di maggior articolazione in Zooedipous (Periférico de
Objetos, 1998, regia e drammaturgia di Veronese con la
collaborazione di Ana Alvarado e Emilio García Wehbi).6 In questo
testo il Periférico mostra un mondo dominato dall‟elemento animale,
che rappresenta il “nuovo ordine” storico e culturale dopo la
distruzione della civiltà,       un ordine zoocentrico e pertanto
paradossalmente astorico e aculturale; un ordine precedente alla
civiltà. Dunque le utopie antropocentriste e razionaliste


5
  Daniel Veronese, Cuerpo de Prueba. Textos teatrales, Buenos Aires, Oficina de
Publicaciones del Ciclo Básico Común, 1997, p. 12.
6
  Daniel Veronese, Cuerpo de Prueba I, cit., pp. 30-33.
dell‟Umanesimo, dell‟Illuminismo e del Positivismo sembrano molto
lontane.
    L‟elemento animale non ha qui un significato satirico, bensì
filosofico e metafisico: gli uomini di Zooedipous non sono più uomini,
ma animali, e tra tutti gli animali si impongono gli insetti, i più
mostruosi, i più sgradevoli, quelli più lontani dall‟identità umana.
    El Periférico guarda all‟uomo di fine secolo come ad un nuovo
Edipo: questi ha superato i limiti della civiltà e della Modernità. Per il
gruppo il racconto su cui si basa la tragedia Edipo Re è un altro:
l‟uomo ha attentato ai fondamenti del suo essere al mondo, ha ucciso
il suo mondo. Questa riscrittura della poetica della tragedia del mito di
Edipo è la dimostrazione della fine di un altro mito: quello del
progresso illimitato dell‟uomo, della fiducia cieca nelle possibilità
umane.
    El Periférico immagina l‟ultima regressione possibile dell‟uomo
prima della scomparsa della specie. L‟uomo-animale è quello il cui
mondo è regredito ad un ordine precedente alla civiltà, ad un mondo
senza leggi, che diventa un orbe infernale. Gli uomini sono animali
perché non hanno saputo sostenere il mondo degli uomini: lo hanno
distrutto, sono ritornati ad un ordine anteriore non più umano. In
sintesi, l‟uomo-animale è l‟antieroe tragico che ispira orrore e pietà
per la sua umiliazione.7
    El Periférico de Objetos in pochi anni ha saputo proporsi
all‟attenzione della scena internazionale per la sua ricerca espressiva
complessa che riunisce diverse linee di indagine e rinuncia
deliberatamente alle formule e ai riferimenti estetici consueti. Daniel
Veronese, uno dei fondatori del gruppo, dice a proposito del suo teatro
periferico:8

       “Trazar un mapa con las zonas de teatralidad periféricas, allí es
    donde los distintos elementos (lo familiar y lo misterioso, lo
    reconocido y lo siniestro) se deben encontrar y enfrentar. Que el texto
    sea desbordado por la plástica, el objeto por lo coreográfico que hay
    en él, el gesto por la palabra inadecuada, inesperada. Trocar la forma
    única en ambivalente. Fomentar e incentivar el encuentro de signos
    dramatúrgicos no reconocibles, las zonas de oscuridad y misterio”.9


7
  Ivi, p. 34.
8
   Fernanda Hrelia, Teatro del Cono Sud. Esperienze e voci della scena ispano-
americana, Roma, Editoria & Spettacolo, 2004, p. 87.
9
  Daniel Veronese, Cuerpo de Prueba. Textos teatrales, cit., p. 16.
Sin dall‟inizio questo gruppo dimostra la capacità di conquistarsi
uno spazio e un pubblico proponendo una teatralità che coniuga
elementi distinti. I fondatori, oltre alla competenza nell‟animazione di
marionette, hanno anche una solida formazione nel campo della
pittura e delle arti plastiche, della drammaturgia e della regia. Già
dalla loro prima esperienza insieme si definisce una linea di ricerca
coinvolgente: le possibilità sceniche della tensione tra l‟attore e
l‟oggetto.10
    Il procedimento fondamentale utilizzato nelle messinscene del
Periférico è il lavoro con gli oggetti, espediente che proviene dalla
tradizione del simbolismo e del ready-made dadaista. L‟autonomia
degli oggetti, presentati al di fuori del loro contesto abituale, mira a
rendere libera la percezione dello spettatore. La rottura con il
personaggio tradizionale comporta la necessità di crearne un nuovo
tipo: frammentato, che si trasforma durante il corso della
rappresentazione scenica, non antropomorfo. L‟attore si trasforma in
marionetta o in oggetto e nel contempo si realizza il processo inverso:
il pupazzo si umanizza e acquista l‟importanza di un personaggio. Gli
uomini sono uguali ai pupazzi, giocattoli di un mondo crudele e
opprimente che non offre alcuna via d‟uscita. Dall‟altra parte la
giustapposizione di immagini di forte impatto, cariche di significato,
contribuisce a creare un clima oppressivo e sinistro, che si lega alla
crisi dei valori tradizionali, all‟incomunicabilità e alla distruzione
della società.11
    Generalmente i pupazzi utilizzati sono svestiti e la loro struttura
interna è visibile al pubblico: in questo modo si evita qualunque tipo
di identificazione tra pupazzo e attore e quindi qualsiasi forma di
antropomorfizzazione. Gli oggetti sono un prolungamento esterno del
corpo umano, una protesi; l‟attore non si nasconde dietro o sotto di
essi come nel teatro di marionette, dove l‟oggetto si umanizza
attraverso l‟imitazione, al contrario il pupazzo denuncia la propria
artificialità e quella dell‟attore che lo muove. Questo attore,
doppiamente artificiale poiché non recita, si trasforma egli stesso in
protesi ed il corpo diventa così sempre più materiale. Tale materialità
del corpo e la coscienza di essa lo trasformano nell‟oggetto
privilegiato di rappresentazione, ossia della teatralità.


10
  Fernanda Hrelia, Op. cit., p. 87.
11
   Silvina Díaz, “El Teatro Posmoderno en Buenos Aires: una respuesta a la
globalización cultural” in Dramateatro revista digital, 16, 2005.
Nelle opere del Periférico gli oggetti si impadroniscono dello
spazio, lo invadono e trasformano l‟attore nel loro strumento. Il
minimo movimento, lo spostamento di un dito o della bocca, di una
ciglia sono determinati quasi matematicamente. In questo modo sia il
corpo che gli oggetti si riferiscono a loro stessi e tematizzano la loro
materialità e quella del teatro.12
    L‟idea di “marionettista visibile” in scena si deve ad Ariel Bufano,
che in questo modo cambia definitivamente l‟estetica del teatro di
marionette in Argentina: questo è il punto di partenza per i
componenti di El Periférico de Objetos.
    Il gruppo si muove verso la ricerca di un linguaggio espressivo che
comprenda l‟oggetto come natura quasi morta, la violenza dell‟attore
sull‟oggetto e di questo sul suo animatore umano. L‟aspetto sinistro,
lo sguardo osceno e impietoso sul dolore del mondo, la manipolazione
di materia organica viva o morta accolgono l‟influenza di Duchamp e
Beuys, del dadaismo, oltre che quella di scrittori come Kafka, di artisti
come Dennis Oppenheim e fotografi.
    Nel lavoro del gruppo l‟oggetto non sostituisce l‟attore, e neanche
l‟attore rimpiazza l‟oggetto. La loro convivenza in scena acquista un
carattere perturbante le cui ultime conseguenze non sono state ancora
del tutto sperimentate. 13
    Tradizionalmente nel teatro di marionette e di pupazzi l‟animatore
resta nascosto dietro ad una struttura o ad un vestito nero con il volto
coperto o scoperto, ma comunque in perfetta neutralità d‟espressione e
di gesti, perché l‟unico obiettivo è creare un effetto: far sì che
l‟oggetto sembri muoversi da solo. Però l‟animatore è un attore latente
in scena, e per questo i componenti di El Periférico de Objetos
decidono di non usarlo in un unico senso, ma di renderlo palesemente
responsabile di quanto avviene in scena. Sorprendere, produrre un atto
estetico utilizzando tutti gli strumenti tecnici che l‟attore-animatore
possiede, sviare lo sguardo dello spettatore dall‟oggetto come centro
del discorso e aggiungere nuovi termini espressivi agli elementi
drammatici sono gli intenti di questo tipo di teatro14.
    La particolare combinazione del teatro di oggetti con quello di
attori genera una ritualistica scenica unica. Nelle opere di questo
teatro è impressionante vedere il modo in cui un pupazzo, con i suoi

12
    Alfonso de Toro, Estrategias posmodernas y postcoloniales en el teatro
latinoamericano actual, Frankfurt-Madrid, Vervuert-Iberoamericana, 2004, pp. 17.
13
   Fernanda Hrelia, Op. cit., p. 93.
14
   Alfonso de Toro, Op. cit., p. 18.
manipolatori visibili, possa commuovere e perfino caricare lo
spettatore di angoscia. Quando i burattinai di El Periférico
maneggiano gli oggetti pensano che ci siano una vittima ed un
carnefice, e lo spettatore ripone nel pupazzo, che prende vita, tutti i
suoi fantasmi e i suoi desideri e si identifica sempre con il più
sofferente. Il pupazzo di questo tipo di scena si muove senza effetti di
occultamento: si vede che l‟oggetto in realtà è mosso da un
burattinaio, ma per un breve momento il pubblico crede che esso sia
vivo e tutto ciò produce una sensazione sinistra.
    La loro ricerca estetica è tesa a creare un campo scenico
drammatico che permetta all‟attore e all‟oggetto di recitare
instaurando un vincolo tra essi e lo spettatore. Perchè l‟oggetto e
l‟attore compongano una totalità, ma allo stesso tempo abbiano
identità separate, occorre creare un campo specifico di tensione tra
l‟oggetto e il manipolatore: così si crea una magia nell‟interazione tra
l‟attore-manipolatore e l‟oggetto.
    Il modo in cui il gruppo argentino costruisce gli spettacoli è
“incosciente” e molto “ludico”: i suoi componenti generalmente hanno
un periodo di prova, di esperimento in cui giocano con ciò che accade
loro nella scena, con gli oggetti che trovano per strada o che comprano
e che si uniscono per creare un rompicapo che solo alla fine si
ordina.15
    Daniel Veronese accetta, per la sua estetica teatrale, un antecedente
in Tadeusz Kantor16, soprattutto nell‟uso di pupazzi antropomorfici di
misura reale. Questo regista teatrale, infatti, è stato uno dei primi a
lavorare con attori e con pupazzi ed a sviluppare la sensazione di
morte delle cose. Per lui un manichino è un oggetto provocatorio,
ironico, una burla crudele per l‟uomo, simile alla morte, poiché privo
dell‟anima. L‟uso di questo elemento ambiguo degli oggetti, che
vengono presentati per ciò che sono o che evocano, sembra essere la
chiave dell‟estetica di El Periférico de Objetos. In questa c‟è una
trascendenza, perchè si lavora sulla morte; si descrive una situazione
di periferia, di zone tra la vita e la morte, tra il bene e il male, tra
l‟essere vittima o carnefice. Malgrado tali caratteristiche si tratta di un

15
   Intervista cit. a El Periférico de Objetos.
16
    Tadeusz Kantor (1915-1990) è inventore di un‟originale forma di linguaggio
espressivo a metà fra il teatro e le arti visive: la sua poetica è caratterizzata dalla
necessità di non fornire testi codificati quanto piuttosto situazioni evocative,
rifuggendo da un teatro di significato per proporre, al contrario, la totale
disintegrazione del linguaggio, sia esso verbale che gestuale.
teatro ottimista, perché mostra il lato pericoloso e difficile della vita
al fine di sensibilizzare e trasformare lo spettatore. Come afferma
Veronese in una intervista del 1996:

         “Yo soy una persona optimista, si fuese pesimista no haría teatro. El teatro
      me permite por catarsis expulsar los fantasmas. Hay quienes ven en nuestros
      espectáculos una poética sobre lo trágico que les permite cierto aire nuevo que
      por momentos es más optimista que un espectáculo que se dice optimista.
      Que la gente salga movilizada, de una forma completamente distinta a la que
      entró al teatro es algo muy importante. Si una persona sale con dolor de
      estómago eso es bueno también.”17

    Dunque El Periférico non cerca un pubblico compiaciuto, ma gioca
con lui, vuole perturbarlo, mostrando nella scena la sua conflittuale
relazione con esso. In Máquina Hamlet un pupazzo di misura reale
resta in prima fila, tra le persone, come uno del pubblico e alla fine
dello spettacolo un sorteggio indica che questo spettatore-pupazzo è
stato scelto per far parte della scena: la sua sorte è fatale, esso viene
assassinato e il suo corpo sottomesso ad una pioggia di dardi. In tutti
gli spettacoli del gruppo il pubblico si sente manipolato e c‟è la
tendenza a trasformare lo spettatore in soggetto attivo, senza che però
egli partecipi alla rappresentazione scenica; è un modo di
coinvolgerlo, senza che smetta di essere spettatore.
    La scena è vista come il luogo ideale per sensibilizzare le persone.
Pertanto, ponendo lo spettatore di fronte ad ambiguità e a soluzioni
incerte, El Periférico de Objetos non vuole creare un teatro di risposte,
ma mostrare qualcosa che le persone non vogliono vedere:
l‟inaspettato. Dunque, quello che caratterizza la scena “periférica” è
un elemento molto difficile da definire: l‟elemento primordiale del
genere teatrale, secondo cui è soltanto nella scena che si può vedere
ciò che in altri luoghi non è dato vedere.18
    Altro aspetto interessante della poetica del Periférico è l‟elemento
sinistro: la presenza del burattinaio nella scena provoca un effetto
sinistro perché, da un lato, osservare una persona che maneggia un
piccolo oggetto e fa di lui ciò che vuole produce disagio, dall‟altro,
con i pupazzi si possono creare situazioni drammatiche che sarebbero
difficili da realizzare con gli attori. Le opere di El Periférico de



17
     Ibidem.
18
     Ibidem.
Objetos sono caratterizzate da un tratto sinistro nel senso che «viene
messo alla luce ciò che dovrebbe restare nascosto».19
    L‟uso di bambole di porcellana o di plastica dura, molte delle quali
private della testa, e di pupazzi con le cavità oculari vuote o con uno
sguardo penetrante, che si muovono nella scena come se avessero vita
propria, provoca forti emozioni angosciose.
    Anche se nel resto del mondo il contatto diretto con le marionette e
il non voler nascondere il manipolatore non era una novità, in
Argentina il burattinaio ha sempre conservato la distanza con
l‟oggetto per creare la magia con la quale sembra che il burattino
abbia indipendenza di movimento. La scelta del Periférico di apparire
in scena come manipolatori è legata, in principio, ad un aspetto
strettamente tecnico: quanto più il manipolatore è vicino al burattino,
tanto più preciso può essere il movimento.
    Inoltre il gruppo lavora al burattino-pupazzo-oggetto: si tratta di
utilizzare l‟oggetto quale strumento d‟espressione. El Periférico de
Objetos cerca di rompere con i miti, e uno di questi è la magia di tutto
ciò che è nascosto, occulto. Il gruppo crea lo stesso effetto di vita
nell‟oggetto, ma senza nascondere nulla: gli spettatori vedono il
pupazzo muoversi, ma il manipolatore non è nascosto. In questo modo
il manipolatore si trasforma in interprete, così come l‟oggetto.
    Tra l‟oggetto e il manipolatore si stabilisce un vincolo. Questo
rapporto prima era dato in un solo senso: dal manipolatore
all‟oggetto.20 Negli spettacoli del Periférico l‟oggetto si vincola
interpretativamente e/o affettivamente con il burattinaio e si crea un
altro livello di magia che non è legato all‟occultamento del
manipolatore: l‟animatore non solo presenta il burattino ma, mentre
questo compie una determinata azione, realizza un‟altra azione
distinta o simile, però con un‟altra intenzione. Non è nemmeno chiaro
se il manipolatore agisce come se fosse un ente autonomo o se è
l‟oggetto a guidare il burattinaio.
    Il fatto che i manipolatori siano visibili e intervengano in modo
diretto sugli oggetti, relazionandosi con essi, determina un altro livello
di finzione che, secondo Veronese:



19
  W.J. Schelling, Filosofia della mitologia, Milano, Mursia, 1990, p. 474.
20
  Cecilia Propato, “El elemento siniestro en las obras del Periféricos de Objetos” in
Poéticas argentinas de Siglo XX, Buenos Aires, Editorial de Belgrano, 1998, pp. 387-
394.
“supera el nivel de ficción de la técnica preciosista de manipulación. Al
     estar el manipulador a la vista, no se sabe si el manipulador lo maneja al
     objeto o éste se mueve solo -y ese detalle presenta una carga siniestra-”21.

       Con la contrapposizione tra un elemento inerte (l‟oggetto) e
qualcosa di vivo (il manipolatore), con l‟immagine di un piccolo
oggetto maneggiato da qualcuno più grande di esso si ha la sensazione
che il pupazzo abbia indipendenza, malgrado la presenza evidente del
burattinaio; questo potenzia il senso dell‟elemento sinistro. Per di più
l‟apparizione del manipolatore in scena è un atto Unheimlich 22,
perché questi sarebbe dovuto rimanere nascosto, segreto e invece
viene mostrato in piena luce. 23
    Secondo Sigmund Freud l‟elemento sinistro non è rappresentato da
un elemento nuovo, ma da qualcosa che è sempre stato familiare alla
vita psichica e che si trasforma in estraneo attraverso il processo della
sua repressione.
    Grazie alla traduzione in castigliano delle opere complete di Freud
(Lo siniestro), Daniel Veronese e Emilio García Wehbi si sono
avvicinati alla dottrina freudiana ed hanno realizzato così un
adattamento libero sullo scritto di Freud sul racconto di E.T.A.
Hoffmann 24, El hombre de arena.
    Secondo E. Jentsch 25 (citato da Sigmund Freud in Il Perturbante)
uno dei procedimenti per evocare facilmente l‟elemento sinistro
attraverso le narrazioni è lasciare che il lettore (e lo spettatore) sia in
dubbio se la figura che gli si presenta davanti è una persona o un
automa 26. El Periférico si serve di questo metodo, che cancella i limiti
tra fantasia e realtà, per produrre nello spettatore la sensazione che sta

21
   Intervista a El Periférico de Objetos realizzata da Cecilia Propato il 10 aprile 1994.
22
    Nel famoso saggio Il Perturbante, originariamente pubblicato nel 1919, Freud
identifica il concetto di “perturbante” con il termine “das Unheimliche”: la parola
tedesca “Unheimlich” ha la sua radice antitetica in “heimlich”, da “Heim”, casa, e in
“heimisch”, ossia familiare, abituale. Per Freud il “perturbante”, ciò che porta
angoscia, è un non-familiare, qualcosa che assomiglia al nostro ambiente domestico
ma che in realtà cela in sé un che di straniero, sconosciuto, enigmatico.
23
   Cecilia Propato, “El elemento siniestro en las obras del Periféricos de Objetos”, cit.,
pp. 387-394.
24
   Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, autore principe del “fantastico”, è lo scrittore a
cui esplicitamente Freud si ispira per il “perturbante”.
25
   Ernest Jentsch è autore del saggio “Sulla Psicologia dell‟unheimliche” del 1906.
Freud riprende la terminologia usata in questo saggio per elaborare la sua teoria del
“Perturbante”.
26
   Ernest Jentsch, Sulla Psicologia dell’unheimliche, Pisa, Nistri-Listri, 1906, pp. 399-
410.
accadendo un evento terribile; si rivolge al suo sistema nervoso, nel
senso che egli si chiede: quello che sto vedendo è una invenzione del
mio inconscio che proietta immagini sinistre, che ci sono sempre state
ma che solo ora si manifestano? Dunque per Veronese ed Emilio
García Wehbi il significato dell‟elemento sinistro si riferisce a «ciò
che sarebbe dovuto rimanere nascosto, ma che viene alla luce»27.
    El Periférico de Objetos lavora sui morti che sarebbero dovuti
rimanere sepolti e che vengono fuori per raccontare una storia (in El
hombre de arena). Forse perché i componenti del gruppo si sono
avvicinati al significato di “ciò che è sinistro”, la messa in scena
periferica ha condotto inevitabilmente al tema dei desaparecidos.
I desaparecidos sono morti ed è sinistro portare il tema alla luce: è
così sinistro quello che è accaduto, che la società preferisce che resti
nascosto, seppellito. Portando il tema alla luce, questo gruppo si
trasforma in osceno: attraverso l‟uso dei pupazzi esso riesce a
raccontare storie orribili, che altrimenti non possono essere
rappresentate con gli attori. Questa è l‟essenza del teatro del
Periférico.28


Il caso studio di Cámara Gesell

    La produzione drammatica del Periférico de Objetos di Daniel
Veronese riassume i cambiamenti che avvengono nel nuovo teatro
argentino, miscela straordinaria di tradizione e novità. Il drammaturgo
argentino è un dei migliori esempi di una “drammaturgia d‟autore”
che si integra in modo fecondo con una “drammaturgia di regista”:
nella sua opera l‟autore combina la pratica drammaturgica, nel
significato classico (intesa come quella prodotta da drammaturghi che
creano il loro testo indipendentemente dal lavoro di regia o di
recitazione), con la scrittura di regia (quella creata dal regista quando
questi realizza un‟opera a partire dalla sua scrittura scenica, prendendo
come spunto l‟adattamento libero di un testo precedente).
    Veronese lavora ad un concetto di “opera aperta” che fa sì che i
suoi testi siano liberi dalla loro messa in scena; egli non si preoccupa
di fissare in modo rigido e severo le matrici della messinscena: il testo
Cámara Gesell, del 1993, ne è un chiaro esempio.


27
     W.J. Schelling, Op. cit., p. 474.
28
     Cecilia Propato, Op. cit., pp. 387-394.
Mentre le sue prime opere (Crónica de la caída de uno de los
hombres de ella, le due prime parti della trilogia Del maravilloso
mundo de los animales: Los corderos e Conversación nocturna)
mostrano una evidente connessione con l‟eredità della testualità di
Griselda Gambaro e Eduardo Pavlovsky, poiché esse “si fanno carico”
di una tradizione testuale, Cámara Gesell (1993-1994), insieme a
Señoritas porteñas (1993) e Luz de mañana en un traje marrón
(1993), segna l‟inizio di un nuovo tipo di scrittura drammatica che
configura quello che Veronese, riferendosi a Música Rota e Máquina
Hamlet, definì come un

      “teatro de sabotaje al espectador, un teatro descentralizado que va a conformar
      un espacio de creación inexplorado hasta el momento” 29.

    Pertanto il testo Cámara Gesell si pone come testo simbolo di
questa nuova drammaturgia in cui l’autore costruisce la sua opera
direttamente sulla scena.
    Rispetto alle precedenti esperienze del teatro di Daniel Veronese,
nello spettacolo Cámara Gesell vi è una nuova presenza in scena,
quella di un‟attrice che non è anche un‟animatrice di oggetti: Laura
Yusem.
    Laura interpreta Tomás, il protagonista. Nello spettacolo si
racconta l‟infanzia e la giovinezza di Tomás, la sua incomunicabilità,
il rapporto conflittuale con la sua famiglia d‟origine e poi con quella
adottiva, con la sua sessualità e con la società in generale e le
successive crudeltà e repressioni che fanno di lui alla fine un
assassino.
    Lo spettacolo inizia con la presentazione di Tomás e con la
descrizione del suo nucleo familiare. Già dalla prima scena intitolata
“Sucesos en el hogar primero” risalta la fredda immagine di questo
nucleo familiare che spingerà Tomás a scappare e a passare da una
famiglia all‟altra fino a compiere il disperato gesto di avvelenare i
suoi “secondi genitori”.
    È il giorno del suo quinto compleanno e tutta la sua famiglia è
riunita insieme agli amici per festeggiare. Il padre e la madre cercano
di divertire gli invitati con intrattenimenti infantili, ma
improvvisamente la delicata immagine familiare viene distrutta: la
madre rimprovera Tomás perché si accorge del suo desiderio di morte
nei confronti della famiglia.

29
     Daniel Veronese, Cuerpo de Prueba. Textos teatrales, cit., p. 12.
Nella seconda scena, “La fuga”, il protagonista decide di scappare
di casa e di cercare una nuova famiglia. Nella scena successiva, “La
vida en el segundo hogar”, Tomás viene presentato un po‟ cresciuto
nella sua nuova casa. Il bambino si rende conto che la somiglianza del
suo nuovo fratello con quello precedente è raccapricciante, ma anche i
“secondi genitori” rassomigliano spaventosamente ai “primi genitori”.
Così i giochi con il fratello diventano terribilmente tristi e comincia a
farsi avanti l‟elemento sinistro, violento nel crudele gioco del
martello.
    In “Mujer desconocida que llega de la calle” viene descritto il
“secondo padre” di Tomás che, approfittando dell‟assenza della
moglie, cerca di rimpiazzarla con una donna sconosciuta che arriva
dalla strada di nome Amanda. La scena ha un forte contenuto erotico
poiché il protagonista assiste, pieno di desiderio nei confronti della
giovane donna, all‟incontro di questa con il padre; Amanda sembra
essere il riflesso fedele della giovane amica di famiglia che
frequentava la sua vecchia casa e che esercitava sui bambini la
seduzione tipica della sua età.
    La quinta e la sesta scena, rispettivamente “El envenenamiento” e
“Trágica desaparición de segundos Padres y Hermano segundo”,
rappresentano l‟avvelenamento della seconda famiglia per opera di
Tomás. Il giovane protagonista, approfittando della tensione che si
instaura tra i due genitori dopo l‟arrivo di Amanda in casa, prepara il
tè e all‟ultimo momento lo sostituisce accidentalmente con del veleno:
il suo secondo padre e la sua seconda madre muoiono e così viene
accusato di omicidio.
    Nella vicenda successiva, “Un interrogatorio”, il bambino si trova
di fronte a due personaggi incaricati dell‟interrogatorio, questi si
confondono dolorosamente con i suoi “secondi genitori” e nella scena
seguente, “La tortura”, sono descritti personaggi che maneggiano
apparecchi da dentista, troppo simili ad investigatori, mentre l‟aiutante
del dentista appare simile al compagno del poliziotto della scena
precedente. Queste due figure a loro volta sono tremendamente
identiche ai suoi “secondi genitori”. Tutto è davvero spaventoso,
mentre numerosi pazienti attendono il loro momento e il loro
supplizio.
    In questa parte l‟attore che impersonifica Tomás è sostituito da un
oggetto, poiché deve essere sottoposto ad alcune vessazioni e abusi da
parte del personale.
Nella nona scena, “Asesinato de asistente social”, il protagonista
viene rinchiuso in una cella di massima sicurezza e l‟assistente sociale
gli fa visita per indagare sulla sua infanzia e per cercare di salvarlo dal
difficile momento. Questa nuova figura femminile ha tutte le
caratteristiche di Amanda, e così il bambino la uccide, di fronte agli
occhi di numerosi testimoni rinchiusi nelle celle vicine.
    La scena finale descrive il protagonista circondato da innumerevoli
personaggi che si confondono con quelli delle scene precedenti: uno di
essi assomiglia terribilmente al dentista descritto nella scena “La
tortura”, un altro assomiglia ad uno dei poliziotti incaricati
dell‟interrogatorio, ma sembra anche il suo primo padre, il quale si
comporta come se Tomás non avesse mai abbandonato la sua casa.
Tutto è strano: la scena si conclude con i personaggi che rievocano la
sua prima famiglia.
    L‟unica figura umana è Laura/Tomás, tutte le altre figure sono
oggetti. In questo spettacolo gli animatori, visibili solo fino al busto
perché si affacciano da porte montate su grandi telai, sono “presenze”
che con i loro corpi e i loro sguardi creano il clima oppressivo della
rappresentazione. La messinscena è realizzata in un piccolo spazio a
più livelli, con botole dalle quali oggetti e animatori appaiono e
scompaiono dalla scena. Lo spazio in se stesso è un oggetto-
personaggio che il pubblico vede modificarsi e utilizzarsi in molteplici
varianti secondo le necessità delle scene, come una grande casa di
bambole.
    Il titolo Cámara Gesell si riferisce ad un dispositivo di vetro creato
da Arnold Gesell (1880-1961), uno psicologo e pediatra
nordamericano, la cui principale area di ricerca e di interesse era
l‟osservazione dello sviluppo sia fisico che mentale dei bambini, dalla
nascita fino alla pubertà. Per poter formulare le sue diagnosi Gesell
introdusse un elemento molto importante: l‟uso della fotografia e
dell‟osservazione basato sul “one-way mirrors as research tools”;
questo dispositivo è usato dalla polizia, nelle camere di sicurezza, nei
centri di diagnosi psicologica, ecc. perché permette all‟osservatore di
vedere attraverso un vetro senza essere visto da chi si trova dall‟altra
parte.
    Nello spettacolo di Veronese, anche se il vetro non c‟è, la
situazione dello spettatore è comunque assolutamente oscena, poichè
il pubblico, molto vicino alla scena, quasi dentro di essa, vede senza
essere visto l‟intimità dei personaggi.
In Cámara Gesell l‟osservato è Tomás, interpretato
alternativamente dall‟attrice Laura Yusem e da un pupazzo. Vi sono
inoltre tre animatori vestiti completamente di nero che interpretano i
medici, due pupazzi, una bambola di dimensioni ridotte ed un‟altra di
nome Amanda. La scena è caratterizzata da una specie di tavolo da
gioco di scacchi, sotto il quale vi è uno spazio segreto con numerose
porte di uscita. Vi è una sovrapposizione di “Cámaras Gesell”: c‟è lo
spazio della messinscena che costituisce la “Cámara” verso cui guarda
il pubblico, ma successivamente la poltrona posta al centro di tale
spazio mette in evidenza l‟esistenza di un‟altra “Cámara” e di un terzo
spazio rappresentato dal tavolo di scacchi, che con la sua costruzione
interna rappresenta la terza “Cámara Gesell”. La poltrona, che ha le
caratteristiche di una semplice poltrona da salotto, appare invece come
una sorta di sedia elettrica o come una poltrona da dentista e viene poi
rimpiazzata da una cella di prigione con un letto da camera operatoria
e di tortura. Questa poltrona apre e chiude lo spettacolo.
    Lo spazio scenico di Cámara Gesell è una deformazione crudele,
terribile di una scatola di bambole di dimensione subnormale. Il
pavimento è pieno di trappole, stanze di tortura, altre “Cámaras
Gesell”, stanze di interrogatorio, dimora di mostri, prolungamento
dello spazio scenico. Una voce narra, spiega, medita sulla scena,
descrive movimenti e spostamenti (come in Potestad o in Porotos di
Pavlovsky); essa ha una funzione metateatrale:

      “Llamemos Tomás al sujeto apto para desear. Veamos por un instante esta
     cálida imagen del nucleo familiar. (…) Su madre primera es a quién tocaría
     con extender la mano derecha hacia adelante. Si quisiera tocar a su padre
     primero, en cambio, tendría que desplazar la mano izquierda hacia el costado
     (…). A su hermano, si estuviese en la escena, lo tocaría (…).30”

    Questa voce in off si contrappone all‟immagine scenica, poiché a
volte il discorso e il tono della voce (mite, tranquillo e inoffensivo)
contraddicono le azioni violente della scena. Il tono calmo della voce
placa le mostruosità della scena.
    Tomás è circondato da oggetti, ha perso i suoi “primi” genitori e
trova i “secondi” (adottivi) genitori e un “secondo” fratello. La “nuova
famiglia”, la “nuova casa” comincia a trasformarsi in un luogo di
terrore, in un “micro-fascismo-quotidiano-borghese”. Le prime
violenze le riceve da suo fratello, il quale, invece di radergli la barba,

30
     Daniel Veronese, Cuerpo de Prueba I, cit., p. 183.
gli infligge una serie di pugnalate al viso. La famiglia comincia a
mostrare subito un‟enorme aggressività: i pupazzi come valanghe si
gettano sulla torta di compleanno e finiscono per lottare fra loro; poi
arriva Amanda, che il padre accoglie dalla strada e che rimpiazza la
madre. Questo nuovo personaggio, che provoca desiderio in Tomás e
nel padre, sarà poi causa di discordia. Tomás sente la sua nuova
famiglia come una maledizione e la avvelena, per cui viene
incarcerato e sottoposto ad un interrogatorio. Nell‟assistente sociale
Tomás riconosce Amanda, il suo grande amore, ma riconosce anche
uno dei torturatori. La tortura si realizza al buio e con in sottofondo
una musica di tango distorta (di tanto in tanto si ascolta la voce di
Gardel). Poi si susseguono vertiginosamente una serie di immagini e
nei “secondi” genitori Tomás riconosce i “primi” e il terrore torna nel
contesto di una famiglia apparentemente pacifica. Alla fine la poltrona
resta vuota al centro della “Cámara”.
    Nel suo lavoro interpretativo l‟attrice che interpreta Tomás, Laura
Yusem, senza trucco né altro tipo di caratterizzazione, ma solo
attraverso il costume - un vestito da uomo -, si rapporta in modo
conflittuale con i personaggi: i suoi genitori-oggetti, i poliziotti e il
dentista-oggetti che la torturano, gli esseri umani-animatori-oggetti,
uno spazio-oggetto che ingloba tutti, creando intorno a sé uno strano
territorio di materiale inorganico che si rapporta con la sua immagine
umana e che in certi momenti può persino imitarla, ma che comunque
resta una deformazione della sua umanità 31.
   In Cámara Gesell Tomás rappresenta l‟uomo. Il suo immenso corpo
(in relazione ai piccoli oggetti, alla metà del corpo visibile degli
animatori e allo spazio ridotto) appare tremante, sensibile, fragile di
fronte alla crudezza del mondo degli oggetti. E‟ un corpo umano che
accresce la sua umanità davanti agli oggetti. Egli è l‟individuo, gli
oggetti sono la famiglia e la società.
    Sin dal principio dell‟opera viene messo in evidenza il carattere di
ambiguità, poiché il protagonista è un bambino interpretato da una
donna. La figura di Yusem, il suo viso inespressivo e indifferente, il
suo silenzio e la sua passività sono l‟incarnazione della quintessenza
dello spirito dell‟opera: Tomás rappresenta, nella creazione di Yusem,
l‟immagine ideale dell‟uomo di fine secolo concepita da Veronese 32.

31
   Fernanda Hrelia, Op. cit.
32
   Ana Alvarado, El Objeto de las Vanguardias del siglo xx en el Teatro Argentino de
la Post-dictadura, Tesi di laurea, Buenos Aires, Universidad de Buenos Aires (s.d.),
p. 19.
La storia di Cámara Gesell nasce a partire da una lettura
psicoanalitica: di fronte ad un piccolo problema familiare un bambino
esprime il desiderio di essere rapito, di essere portato in un'altra casa,
che crede essere la sua vera casa. Una fantasia ricorrente: Tomás, un
bambino che si sente spinto ad abbandonare la sua famiglia poiché
crede che i suoi genitori non siano quelli con i quali vive, teme che i
suoi veri genitori, quelli che lui merita, non verranno più a cercarlo.
Così passa di famiglia in famiglia, rendendosi conto che quella
sensazione di malessere familiare non lo abbandona e si ripete ogni
volta, come se non smettesse mai di abbandonare la sua prima
famiglia. Tomás cade nel “delirio del rapimento” o nell‟angoscia del
rapimento (la castrazione); è un bambino che cerca l‟Heimlich o
l‟Heimisch e cade nell‟Unheimlich.
    Ma Cámara Gesell si può anche leggere come la rappresentazione-
denuncia dei rapimenti compiuti dai servizi segreti della polizia
argentina, che hanno reso orfani i bambini figli di genitori “terroristi”
e li hanno poi dati in adozione ai membri degli stessi servizi segreti.
Questi bambini da alcuni anni cominciano a venire a conoscenza che i
loro genitori non sono quelli di sangue, ma adottivi e facenti parte del
sistema repressivo di Videla.
    Cámara Gesell è anche la rappresentazione dell‟abbandono dei
genitori adottivi da parte del bambino che va così incontro ad una
ricerca senza senso e senza fine, messa bene in evidenza dalla sintassi
frammentata e non casuale della messinscena. La ricerca dei genitori,
che mai il bambino incontrerà, rappresenta in realtà la ricerca di se
stesso e del suo “io”.
    In quest‟opera di Veronese il passaggio da una scena all‟altra è
segnato dagli “apagones” della luce, che sono correlati all‟alternarsi
delle scene di apparente pace familiare e di crudeltà, oscurità e
violenza (come in El hombre de arena 33, dove le scene si susseguono
in un ritmo di “entierro” e “desentierro”).
    Ad un livello più generale vi è lo Stato come macrostruttura
fascista e ad un microlivello il seno familiare.34 La dimensione
microsociale, rappresentata da una famiglia che appare conosciuta e
tranquillizzante, si contrappone ad una dimensione macrosociale,


33
   L‟opera El hombre de arena è l‟adattamento libero sullo scritto di Freud sul
racconto di E.T.A. Hoffmann realizzato da Daniel Veronese e Emilio García Wehbi.
34
   Alfonso de Toro, “El Periférico de Objetos II: Prácticas de corporalización y
descorporalización” in Gestos, 41, 2006, pp. 16-17.
rappresentata dalle istituzioni e dallo Stato: la famiglia come struttura
che si ripete come scatole cinesi verso una macro-famiglia.
    La manifestazione del male in ciò che è familiare e quotidiano, la
possibilità che un fatto sembri familiare ma che allo stesso tempo
appartenga ad una razza ignota per lo spettatore, il sabotare la
possibilità di ragionamento dello spettatore e per questo rivolgersi
sempre al suo sistema nervoso sono caratteristiche importanti di
Cámara Gesell e dell‟opera di Veronese in generale. Si tratta di una
poetica della perversione, di una poetica della “sottrazione”: un
bambino è sottratto alla sua casa, il mondo è sottratto all‟esperienza
di questo bambino. La “sottrazione” è il nucleo del lavoro di
Veronese, del lavoro con gli oggetti. La “sottrazione” è anche un
elemento presente nella poetica dell‟oggetto: oggetto privato della
vita, degli arti, della testa, dell‟identità. Infatti la maggior parte dei
pupazzi utilizzati negli spettacoli di El Periférico de Objetos non ha la
parte superiore della testa, il cranio è aperto giacchè per l‟usura quasi
tutti hanno perso la parte che corrisponde al cuoio capelluto. Tale
caratteristica, assolutamente accidentale, serve per animarli con
maggiore comodità e provoca nello spettatore un impulso sadico,
crudele riguardo al tema trattato. L‟oggetto stesso dunque è non solo il
protagonista, bensì il tema viscerale della produzione di El Periférico
de Objetos.
    In Cámara Gesell ricorrono diversi linguaggi scenici: come si è
detto, il testo è raccontato da un narratore off che descrive, analizza,
costantemente al presente, le vicende e le implicazioni della scena
“muta”. Discorso letterario e scenico procedono parallelamente, si
avvicinano in alcune occasioni, si corrompono a vicenda e si separano
di nuovo.
    La mescolanza di attori e pupazzi animati rappresenta una nuova
zona di sperimentazione: in questo caso l‟attrice che impersona Tomás
non anima oggetti, ma si relaziona con essi senza che in questo gioco
di animazione partecipino gli animatori. Lo scenario è concepito come
una grande scatola di bambole, un dispositivo scenico con infinite
trappole, uscite e porte, che include oggetti in miniatura di scala
subnormale.
    Il carattere sinistro del gioco entra immediatamente in contrasto
con l‟immagine naïf, infantile del mondo delle bambole. L‟immagine
dell‟animatore e il suo viso, insieme all‟interazione dei pupazzi e
dell‟attrice, creano una ludica situazione di disperazione. Per ottenere
ciò l‟attrice ricorre alla contrazione dell‟espressione facciale e del
movimento corporale e gestuale; la rigidità espressiva si mimetizza
con l‟estetica del pupazzo. L‟espressività dell‟attore è ridotta al campo
della possibilità dell‟oggetto e non il contrario: vi è dunque la fusione
dell‟animatore con l‟oggetto. E‟ necessario semplificare l‟espressione:
semplicità ma anche particolarità, poichè è importante che ogni
movimento o immagine sia minimo ma anche unico.
    La creazione di questo spazio particolare pone lo spettatore in una
zona di pericolo. Come si è detto, una Cámara Gesell è quel
dispositivo di vetro che permette all‟osservatore di guardare attraverso
di esso senza essere visto da chi si trova dall‟altra parte, il quale
invece vede solo un specchio. Osservare senza essere visti: situazione
di oscenità totale.
    Perché ci sia lo sguardo sconcertato del pubblico, che vede
stravolta la sua aspettativa, è necessario che la situazione si mostri
come conosciuta, ma che si sveli immediatamente davanti ai suoi
occhi e risulti offensiva alla vista. Dunque, ci troviamo di fronte ad
una “poetica dell‟osceno”, nella quale risiede tutta la forza positiva e
di denuncia del teatro di Veronese. Osceno nel senso etimologico del
termine: ciò che non deve essere rappresentato di fronte alla vista
dello spettatore. Lo stesso Veronese descrive questo aspetto della sua
opera in modo straordinario:

      “Hago teatro para hacer visibile lo que culturalmente de ninguna forma y bajo
      ningún pretexto puede serlo. Y es gracioso, el resultado tiene algo de
      revolución: lo que se verá será doblemente visible ya que ese hecho se
      alumbra por sobre el resto de lo escenificado, sólo por estar en el lugar
      inadecuado. Esa es mi cuestión, la que con más interés me mueve a realizar
      escritura en teatro. Teatro de lo obsceno”.35




35
     Daniel Veronese, Cuerpo de Prueba. Textos teatrales, cit., p. 15.
Conclusioni

    Dall‟analisi finora svolta si evince che l‟opera di Daniel Veronese
e del gruppo da lui fondato, El Periférico de Objetos, è di grande
valore artistico: essa è lo specchio dei nostri tempi e riflette la
“frammentarietà” della realtà contemporanea, in particolare nella
dissoluzione del personaggio come ente psicologico. In questo teatro
quest‟ultimo appare “frammentato” ed il suo ruolo è semplicemente
quello di “riferire” il discorso dell‟autore. Nella drammaturgia di
Veronese il testo si presenta, inoltre, come assolutamente areferenziale
ed è lo spettatore a conferire ad esso il significato.
    Si può dire che l‟autore argentino lavora ad un‟estetica del
nichilismo: egli mostra la disgregazione testuale e sociale,
l‟incomunicabilità familiare, il feroce consumismo, la violenza
gratuita e l‟assenza d‟amore della convivenza postmoderna. I suoi testi
sono vicini alla forma del monologo e in essi i personaggi hanno una
scarsa o nulla connessione tra loro. Le sue opere sono atemporali, con
pochi riferimenti spaziali: si tratta di una drammaturgia molto
particolare, che offre al lettore-spettatore immagini aspre, ambigue.
Questo teatro non propone una rappresentazione globale ed unitaria
della realtà, poiché questa viene percepita come frammentaria.
    I testi di Veronese si possono includere nella drammaturgia di
intertesto postmoderno: una testualità in apparenza pessimista che
ama l‟ironia e che elude la denuncia. Questo teatro di intertesto
postmoderno rifiuta il linguaggio realista, ritenendo che esso abbia
smesso di essere “verosimile” e “teatrale”. 36
    Nelle sue opere l‟autore di Buenos Aires rappresenta il rapporto
che intercorre tra un soggetto (manipolatore) ed un oggetto, e in
questa relazione egli fa riferimento alla tragica situazione dell‟uomo:
simile ad un pupazzo, questi appare come il giocattolo di un mondo
crudele che non offre via d‟uscita.
    Partendo dalla sua esperienza della dittatura, Veronese descrive la
crisi dei valori tradizionali, l‟incomunicabilità e la distruzione della
società, ma non lo fa semplicemente per dare una visione pessimista
del mondo, bensì per sensibilizzare la coscienza dell‟individuo e
stimolarlo a compiere una rivoluzione interiore.
    È proprio in Cámara Gesell che risalta la costante dell‟universo
drammatico di Veronese: la riflessione sulla oscura visione dell‟uomo
36
  Osvaldo Pellettieri, “Situación actual de la dramaturgia porteña” in Revista Las
Puertas del Drama, 3, 2000, pp. 9-12.
e del mondo, la celata manifestazione del male nel familiare e nel
quotidiano, espressione dell‟elemento sinistro secondo la definizione
di Freud. Veronese rifiuta ogni atteggiamento didascalico, così da
creare un‟opera “aperta”, contro ogni corrente scolastica. Questa
forma “aperta” ha permesso che il testo fosse messo in scena anche da
altri registi, ovviamente in modo diverso rispetto a quello realizzato da
Veronese.
    Pertanto Cámara Gesell è l‟opera che segna il punto di svolta nel
processo di maturazione artistica di Daniel Veronese, il quale
concretizza in essa la sua originale ed innovativa “idea” di teatro.
    Questi aspetti della sua poetica evidenziano il ruolo determinante
da lui svolto nella letteratura latinoamericana ed è per la loro unicità
ed originalità che Veronese viene considerato uno degli artisti più
rilevanti nel panorama teatrale argentino contemporaneo.
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“900 – Rassegna di storia contemporanea”, numero monografico:
“America Latina – Inventare la nazione” – Teatro e società nel Rio de
la Plata (F. Hrelia), n. 4, Gennaio-Giugno 2001.




Sono state consultate inoltre le riviste:



“Teatro. Revista del Teatro Municipal San Martín”, “Teatro al Sur”,
“La escena latinoamericana” e “Escena Crítica”.


  Riviste on-line:


“Teatro Celcit”, “Rivista Anarchica Online”, “Crítica teatral – Teatro
Independiente”, “Dialegesthai - Rivista telematica di filosofia”,
“Sobretodo - Revista digital de crítica e investigación teatral”.


Cataloghi e programmi dei festival:


  Festival de Teatro Iberoamericano de Cádiz (Spagna)
  Festival Internacional de Buenos Aires (Argentina)
  Festival de Teatro Latinoamericano de Córdoba (Argentina)
  Festival Internacional de las Nuevas Tendencias Escénicas,
  Buenos Aires 1992 (Argentina)
Siti internet della compagnia e degli autori, di letteratura e
critica:


www.alternativateatral.com
www.analvarado.com
www.autores.org.ar
www.fundacionkonex.com.ar
www.literatura.org
www.teatroenMiami.com

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  • 1. Sara Viscione Telefono: 328 4422854 Email: sara.viscione@gmail.com SARA VISCIONE L‟OSCENO E LA TRASCENDENZA NEL PERIFÉRICO DE OBJETOS DI DANIEL VERONESE. IL CASO STUDIO DI CÁMARA GESELL El Periférico de Objetos di Daniel Veronese: l’osceno e la trascendenza Daniel Veronese è l‟esponente più significativo di una nuova generazione di drammaturghi argentini che, tra la metà e la fine degli anni „80, si distinguono per la loro importante produzione artistica, sia per la quantità che per la qualità estetica delle loro opere. Oggi costituiscono una presenza indiscutibile nel campo teatrale nazionale. Nella sua poetica Veronese affronta temi importanti come la critica delle strutture del dramma moderno. Sin dalla sua prima pièce mostra la volontà di allontanarsi dalla forma di rappresentazione realista e di non sottomettersi alla costruzione psicologica del personaggio, al modello tipico dell‟opera teatrale moderna. Egli crea un universo drammatico che parte dall‟osservazione della realtà, ma se ne discosta poeticamente attraverso l‟uso di alcuni artifici tipici dell‟opera d‟arte post-avanguardistica (l‟immagine surrealista, una struttura narrativa caratterizzata dal montaggio di frammenti o unità che sembrano distanti fra loro e la causalità del vincolo tra gli avvenimenti). Una delle caratteristiche del suo teatro è la componente della violenza e dell‟oscenità; mondo violento, teatro della violenza: questa sembra essere l‟equazione simbolica da cui parte l‟autore argentino, giacchè nella sua drammaturgia la violenza e la disuguaglianza sono alla base dei vincoli umani.1 Violenza praticata fisicamente e simbolicamente, che viola tutti i diritti (libertà, identità, salute, proprietà, intimità, dignità, ecc.), violenza mostrata oscenamente, ma allo stesso tempo negata verbalmente e velata dall‟eufemismo. Riferendosi a El Periférico de Objetos, gruppo teatrale di cui 1 Daniel Veronese, Cuerpo de Prueba I, Buenos Aires, Atuel, 2005, pp. 24-25.
  • 2. Veronese è fondatore, l‟autore argentino afferma in un‟intervista del 1993: “Siempre tratamos de ser obscenos, porque si bien sabemos que al público le puede producir escozor, a la larga agradece el haber visto algo osceno en el escenario. Cuando sale o al día siguiente (…)”.2 Nel teatro di Daniel Veronese importante è la relazione di infrasciencia (impossibilità di pervenire alla conoscenza) del personaggio con il mondo, e dello spettatore con l‟universo drammatico, l‟impossibilità di comprendere il mondo e l‟accettazione del “non sapere” come componente essenziale del nostro rapporto dell‟esperienza con il reale. La violenza e l‟impossibilità di comprendere il mondo e le sue regole producono paura nell‟individuo- spettatore. Il mondo è vissuto come dominio degli altri - quelli che dominano i meccanismi della violenza o che conoscono i suoi segreti-, è visto come luogo di ostilità e pericolo, come un ordine inabitabile. L‟incapacità di pervenire alla conoscenza si riflette anche sul rapporto tra artista e creazione: l‟autore nella sua opera non esprime un sapere che già conosceva prima della sua creazione, ma un “sapere sconosciuto” prima di essa, dunque il significato dell‟opera si costruisce a posteriori, soltanto dopo la sua realizzazione. Infatti, in A propósito de Música Rota y Máquina Hamlet, testo del 1995, Veronese afferma:3 “La pretensión es que también nuestra visión como creadores (autor, director, actores, músicos, escenógrafos, etc.), por momentos se desoriente y pierda su centro, y necesitemos dar un salto más allá para establecer nuevos valores. Plantear la idea de un teatro un poco más irracional que el que comúnemente vemos. Que me permita a mí mismo mirar como un extraño a mi propia creación, plasmar mi contradicción en la imagen”.4 La sua visione “pessimista” o “negativa” del mondo parte dalla relazione diretta con l‟orrore dell‟esperienza storica (vedi le ripetute dittature in Argentina e in America Latina), ma il suo teatro implica in 2 Intervista a Daniel Veronese realizzata da Jorge Dubatti nel dicembre 1993. 3 Daniel Veronese, Cuerpo de Prueba I, cit., p. 26. 4 Daniel Veronese, A propósito de Música Rota y Máquina Hamlet (metatesto), 1995, fotocopia ceduta dall‟autore.
  • 3. realtà una posizione positiva, di fiducia nella sua funzione e nel valore che esso ha per il pubblico: “Plasmar una visión negativa del hombre en mi universo dramático no significa promover el pesimismo en el espectador: es una advertencia del mundo que va a venir, no una apología de la crueldad y la tragedia. Si yo no creyera en mi fuero íntimo que con mis obras puedo modificar algo, no haría teatro”.5 Nella poetica di Veronese si avverte una contrapposizione tra due diversi modi di fare teatro: la finzione e la non-finzione, la rappresentazione e la presentazione, la metafora e l‟esperienza diretta della vita. Nel teatro degli ultimi trent‟anni c‟è stato un declino della finzione in favore della presentazione. Forse il miglior esempio di questo nuovo modo di rappresentare la scena drammatica (non- finzione) si può trovare in Un hombre que se ahoga, in cui El Periférico introduce gli animatori nello scenario, rendendoli così visibili agli occhi dello spettatore. Al contrario, con Crónica de la caída de uno de los hombres de ella, Los corderos, Conversación nocturna e Luisa ci si trova di fronte a testi di finzione teatrale. Altra componente estremamente interessante dell‟opera di Veronese è l‟immaginario animale, un aspetto della sua poetica che non è ancora stato studiato in profondità. L‟autore pensa agli uomini come animali e probabilmente lo fa per esprimere metaforicamente la sua visione tragica del mondo, così come la sua diagnosi dell‟incapacità dell‟uomo di sostenere i principi civilizzatori. Veronese mette in evidenza la relazione che intercorre tra gli uomini-animali e la poetica della tragedia: tale connessione è portata al suo punto di maggior articolazione in Zooedipous (Periférico de Objetos, 1998, regia e drammaturgia di Veronese con la collaborazione di Ana Alvarado e Emilio García Wehbi).6 In questo testo il Periférico mostra un mondo dominato dall‟elemento animale, che rappresenta il “nuovo ordine” storico e culturale dopo la distruzione della civiltà, un ordine zoocentrico e pertanto paradossalmente astorico e aculturale; un ordine precedente alla civiltà. Dunque le utopie antropocentriste e razionaliste 5 Daniel Veronese, Cuerpo de Prueba. Textos teatrales, Buenos Aires, Oficina de Publicaciones del Ciclo Básico Común, 1997, p. 12. 6 Daniel Veronese, Cuerpo de Prueba I, cit., pp. 30-33.
  • 4. dell‟Umanesimo, dell‟Illuminismo e del Positivismo sembrano molto lontane. L‟elemento animale non ha qui un significato satirico, bensì filosofico e metafisico: gli uomini di Zooedipous non sono più uomini, ma animali, e tra tutti gli animali si impongono gli insetti, i più mostruosi, i più sgradevoli, quelli più lontani dall‟identità umana. El Periférico guarda all‟uomo di fine secolo come ad un nuovo Edipo: questi ha superato i limiti della civiltà e della Modernità. Per il gruppo il racconto su cui si basa la tragedia Edipo Re è un altro: l‟uomo ha attentato ai fondamenti del suo essere al mondo, ha ucciso il suo mondo. Questa riscrittura della poetica della tragedia del mito di Edipo è la dimostrazione della fine di un altro mito: quello del progresso illimitato dell‟uomo, della fiducia cieca nelle possibilità umane. El Periférico immagina l‟ultima regressione possibile dell‟uomo prima della scomparsa della specie. L‟uomo-animale è quello il cui mondo è regredito ad un ordine precedente alla civiltà, ad un mondo senza leggi, che diventa un orbe infernale. Gli uomini sono animali perché non hanno saputo sostenere il mondo degli uomini: lo hanno distrutto, sono ritornati ad un ordine anteriore non più umano. In sintesi, l‟uomo-animale è l‟antieroe tragico che ispira orrore e pietà per la sua umiliazione.7 El Periférico de Objetos in pochi anni ha saputo proporsi all‟attenzione della scena internazionale per la sua ricerca espressiva complessa che riunisce diverse linee di indagine e rinuncia deliberatamente alle formule e ai riferimenti estetici consueti. Daniel Veronese, uno dei fondatori del gruppo, dice a proposito del suo teatro periferico:8 “Trazar un mapa con las zonas de teatralidad periféricas, allí es donde los distintos elementos (lo familiar y lo misterioso, lo reconocido y lo siniestro) se deben encontrar y enfrentar. Que el texto sea desbordado por la plástica, el objeto por lo coreográfico que hay en él, el gesto por la palabra inadecuada, inesperada. Trocar la forma única en ambivalente. Fomentar e incentivar el encuentro de signos dramatúrgicos no reconocibles, las zonas de oscuridad y misterio”.9 7 Ivi, p. 34. 8 Fernanda Hrelia, Teatro del Cono Sud. Esperienze e voci della scena ispano- americana, Roma, Editoria & Spettacolo, 2004, p. 87. 9 Daniel Veronese, Cuerpo de Prueba. Textos teatrales, cit., p. 16.
  • 5. Sin dall‟inizio questo gruppo dimostra la capacità di conquistarsi uno spazio e un pubblico proponendo una teatralità che coniuga elementi distinti. I fondatori, oltre alla competenza nell‟animazione di marionette, hanno anche una solida formazione nel campo della pittura e delle arti plastiche, della drammaturgia e della regia. Già dalla loro prima esperienza insieme si definisce una linea di ricerca coinvolgente: le possibilità sceniche della tensione tra l‟attore e l‟oggetto.10 Il procedimento fondamentale utilizzato nelle messinscene del Periférico è il lavoro con gli oggetti, espediente che proviene dalla tradizione del simbolismo e del ready-made dadaista. L‟autonomia degli oggetti, presentati al di fuori del loro contesto abituale, mira a rendere libera la percezione dello spettatore. La rottura con il personaggio tradizionale comporta la necessità di crearne un nuovo tipo: frammentato, che si trasforma durante il corso della rappresentazione scenica, non antropomorfo. L‟attore si trasforma in marionetta o in oggetto e nel contempo si realizza il processo inverso: il pupazzo si umanizza e acquista l‟importanza di un personaggio. Gli uomini sono uguali ai pupazzi, giocattoli di un mondo crudele e opprimente che non offre alcuna via d‟uscita. Dall‟altra parte la giustapposizione di immagini di forte impatto, cariche di significato, contribuisce a creare un clima oppressivo e sinistro, che si lega alla crisi dei valori tradizionali, all‟incomunicabilità e alla distruzione della società.11 Generalmente i pupazzi utilizzati sono svestiti e la loro struttura interna è visibile al pubblico: in questo modo si evita qualunque tipo di identificazione tra pupazzo e attore e quindi qualsiasi forma di antropomorfizzazione. Gli oggetti sono un prolungamento esterno del corpo umano, una protesi; l‟attore non si nasconde dietro o sotto di essi come nel teatro di marionette, dove l‟oggetto si umanizza attraverso l‟imitazione, al contrario il pupazzo denuncia la propria artificialità e quella dell‟attore che lo muove. Questo attore, doppiamente artificiale poiché non recita, si trasforma egli stesso in protesi ed il corpo diventa così sempre più materiale. Tale materialità del corpo e la coscienza di essa lo trasformano nell‟oggetto privilegiato di rappresentazione, ossia della teatralità. 10 Fernanda Hrelia, Op. cit., p. 87. 11 Silvina Díaz, “El Teatro Posmoderno en Buenos Aires: una respuesta a la globalización cultural” in Dramateatro revista digital, 16, 2005.
  • 6. Nelle opere del Periférico gli oggetti si impadroniscono dello spazio, lo invadono e trasformano l‟attore nel loro strumento. Il minimo movimento, lo spostamento di un dito o della bocca, di una ciglia sono determinati quasi matematicamente. In questo modo sia il corpo che gli oggetti si riferiscono a loro stessi e tematizzano la loro materialità e quella del teatro.12 L‟idea di “marionettista visibile” in scena si deve ad Ariel Bufano, che in questo modo cambia definitivamente l‟estetica del teatro di marionette in Argentina: questo è il punto di partenza per i componenti di El Periférico de Objetos. Il gruppo si muove verso la ricerca di un linguaggio espressivo che comprenda l‟oggetto come natura quasi morta, la violenza dell‟attore sull‟oggetto e di questo sul suo animatore umano. L‟aspetto sinistro, lo sguardo osceno e impietoso sul dolore del mondo, la manipolazione di materia organica viva o morta accolgono l‟influenza di Duchamp e Beuys, del dadaismo, oltre che quella di scrittori come Kafka, di artisti come Dennis Oppenheim e fotografi. Nel lavoro del gruppo l‟oggetto non sostituisce l‟attore, e neanche l‟attore rimpiazza l‟oggetto. La loro convivenza in scena acquista un carattere perturbante le cui ultime conseguenze non sono state ancora del tutto sperimentate. 13 Tradizionalmente nel teatro di marionette e di pupazzi l‟animatore resta nascosto dietro ad una struttura o ad un vestito nero con il volto coperto o scoperto, ma comunque in perfetta neutralità d‟espressione e di gesti, perché l‟unico obiettivo è creare un effetto: far sì che l‟oggetto sembri muoversi da solo. Però l‟animatore è un attore latente in scena, e per questo i componenti di El Periférico de Objetos decidono di non usarlo in un unico senso, ma di renderlo palesemente responsabile di quanto avviene in scena. Sorprendere, produrre un atto estetico utilizzando tutti gli strumenti tecnici che l‟attore-animatore possiede, sviare lo sguardo dello spettatore dall‟oggetto come centro del discorso e aggiungere nuovi termini espressivi agli elementi drammatici sono gli intenti di questo tipo di teatro14. La particolare combinazione del teatro di oggetti con quello di attori genera una ritualistica scenica unica. Nelle opere di questo teatro è impressionante vedere il modo in cui un pupazzo, con i suoi 12 Alfonso de Toro, Estrategias posmodernas y postcoloniales en el teatro latinoamericano actual, Frankfurt-Madrid, Vervuert-Iberoamericana, 2004, pp. 17. 13 Fernanda Hrelia, Op. cit., p. 93. 14 Alfonso de Toro, Op. cit., p. 18.
  • 7. manipolatori visibili, possa commuovere e perfino caricare lo spettatore di angoscia. Quando i burattinai di El Periférico maneggiano gli oggetti pensano che ci siano una vittima ed un carnefice, e lo spettatore ripone nel pupazzo, che prende vita, tutti i suoi fantasmi e i suoi desideri e si identifica sempre con il più sofferente. Il pupazzo di questo tipo di scena si muove senza effetti di occultamento: si vede che l‟oggetto in realtà è mosso da un burattinaio, ma per un breve momento il pubblico crede che esso sia vivo e tutto ciò produce una sensazione sinistra. La loro ricerca estetica è tesa a creare un campo scenico drammatico che permetta all‟attore e all‟oggetto di recitare instaurando un vincolo tra essi e lo spettatore. Perchè l‟oggetto e l‟attore compongano una totalità, ma allo stesso tempo abbiano identità separate, occorre creare un campo specifico di tensione tra l‟oggetto e il manipolatore: così si crea una magia nell‟interazione tra l‟attore-manipolatore e l‟oggetto. Il modo in cui il gruppo argentino costruisce gli spettacoli è “incosciente” e molto “ludico”: i suoi componenti generalmente hanno un periodo di prova, di esperimento in cui giocano con ciò che accade loro nella scena, con gli oggetti che trovano per strada o che comprano e che si uniscono per creare un rompicapo che solo alla fine si ordina.15 Daniel Veronese accetta, per la sua estetica teatrale, un antecedente in Tadeusz Kantor16, soprattutto nell‟uso di pupazzi antropomorfici di misura reale. Questo regista teatrale, infatti, è stato uno dei primi a lavorare con attori e con pupazzi ed a sviluppare la sensazione di morte delle cose. Per lui un manichino è un oggetto provocatorio, ironico, una burla crudele per l‟uomo, simile alla morte, poiché privo dell‟anima. L‟uso di questo elemento ambiguo degli oggetti, che vengono presentati per ciò che sono o che evocano, sembra essere la chiave dell‟estetica di El Periférico de Objetos. In questa c‟è una trascendenza, perchè si lavora sulla morte; si descrive una situazione di periferia, di zone tra la vita e la morte, tra il bene e il male, tra l‟essere vittima o carnefice. Malgrado tali caratteristiche si tratta di un 15 Intervista cit. a El Periférico de Objetos. 16 Tadeusz Kantor (1915-1990) è inventore di un‟originale forma di linguaggio espressivo a metà fra il teatro e le arti visive: la sua poetica è caratterizzata dalla necessità di non fornire testi codificati quanto piuttosto situazioni evocative, rifuggendo da un teatro di significato per proporre, al contrario, la totale disintegrazione del linguaggio, sia esso verbale che gestuale.
  • 8. teatro ottimista, perché mostra il lato pericoloso e difficile della vita al fine di sensibilizzare e trasformare lo spettatore. Come afferma Veronese in una intervista del 1996: “Yo soy una persona optimista, si fuese pesimista no haría teatro. El teatro me permite por catarsis expulsar los fantasmas. Hay quienes ven en nuestros espectáculos una poética sobre lo trágico que les permite cierto aire nuevo que por momentos es más optimista que un espectáculo que se dice optimista. Que la gente salga movilizada, de una forma completamente distinta a la que entró al teatro es algo muy importante. Si una persona sale con dolor de estómago eso es bueno también.”17 Dunque El Periférico non cerca un pubblico compiaciuto, ma gioca con lui, vuole perturbarlo, mostrando nella scena la sua conflittuale relazione con esso. In Máquina Hamlet un pupazzo di misura reale resta in prima fila, tra le persone, come uno del pubblico e alla fine dello spettacolo un sorteggio indica che questo spettatore-pupazzo è stato scelto per far parte della scena: la sua sorte è fatale, esso viene assassinato e il suo corpo sottomesso ad una pioggia di dardi. In tutti gli spettacoli del gruppo il pubblico si sente manipolato e c‟è la tendenza a trasformare lo spettatore in soggetto attivo, senza che però egli partecipi alla rappresentazione scenica; è un modo di coinvolgerlo, senza che smetta di essere spettatore. La scena è vista come il luogo ideale per sensibilizzare le persone. Pertanto, ponendo lo spettatore di fronte ad ambiguità e a soluzioni incerte, El Periférico de Objetos non vuole creare un teatro di risposte, ma mostrare qualcosa che le persone non vogliono vedere: l‟inaspettato. Dunque, quello che caratterizza la scena “periférica” è un elemento molto difficile da definire: l‟elemento primordiale del genere teatrale, secondo cui è soltanto nella scena che si può vedere ciò che in altri luoghi non è dato vedere.18 Altro aspetto interessante della poetica del Periférico è l‟elemento sinistro: la presenza del burattinaio nella scena provoca un effetto sinistro perché, da un lato, osservare una persona che maneggia un piccolo oggetto e fa di lui ciò che vuole produce disagio, dall‟altro, con i pupazzi si possono creare situazioni drammatiche che sarebbero difficili da realizzare con gli attori. Le opere di El Periférico de 17 Ibidem. 18 Ibidem.
  • 9. Objetos sono caratterizzate da un tratto sinistro nel senso che «viene messo alla luce ciò che dovrebbe restare nascosto».19 L‟uso di bambole di porcellana o di plastica dura, molte delle quali private della testa, e di pupazzi con le cavità oculari vuote o con uno sguardo penetrante, che si muovono nella scena come se avessero vita propria, provoca forti emozioni angosciose. Anche se nel resto del mondo il contatto diretto con le marionette e il non voler nascondere il manipolatore non era una novità, in Argentina il burattinaio ha sempre conservato la distanza con l‟oggetto per creare la magia con la quale sembra che il burattino abbia indipendenza di movimento. La scelta del Periférico di apparire in scena come manipolatori è legata, in principio, ad un aspetto strettamente tecnico: quanto più il manipolatore è vicino al burattino, tanto più preciso può essere il movimento. Inoltre il gruppo lavora al burattino-pupazzo-oggetto: si tratta di utilizzare l‟oggetto quale strumento d‟espressione. El Periférico de Objetos cerca di rompere con i miti, e uno di questi è la magia di tutto ciò che è nascosto, occulto. Il gruppo crea lo stesso effetto di vita nell‟oggetto, ma senza nascondere nulla: gli spettatori vedono il pupazzo muoversi, ma il manipolatore non è nascosto. In questo modo il manipolatore si trasforma in interprete, così come l‟oggetto. Tra l‟oggetto e il manipolatore si stabilisce un vincolo. Questo rapporto prima era dato in un solo senso: dal manipolatore all‟oggetto.20 Negli spettacoli del Periférico l‟oggetto si vincola interpretativamente e/o affettivamente con il burattinaio e si crea un altro livello di magia che non è legato all‟occultamento del manipolatore: l‟animatore non solo presenta il burattino ma, mentre questo compie una determinata azione, realizza un‟altra azione distinta o simile, però con un‟altra intenzione. Non è nemmeno chiaro se il manipolatore agisce come se fosse un ente autonomo o se è l‟oggetto a guidare il burattinaio. Il fatto che i manipolatori siano visibili e intervengano in modo diretto sugli oggetti, relazionandosi con essi, determina un altro livello di finzione che, secondo Veronese: 19 W.J. Schelling, Filosofia della mitologia, Milano, Mursia, 1990, p. 474. 20 Cecilia Propato, “El elemento siniestro en las obras del Periféricos de Objetos” in Poéticas argentinas de Siglo XX, Buenos Aires, Editorial de Belgrano, 1998, pp. 387- 394.
  • 10. “supera el nivel de ficción de la técnica preciosista de manipulación. Al estar el manipulador a la vista, no se sabe si el manipulador lo maneja al objeto o éste se mueve solo -y ese detalle presenta una carga siniestra-”21. Con la contrapposizione tra un elemento inerte (l‟oggetto) e qualcosa di vivo (il manipolatore), con l‟immagine di un piccolo oggetto maneggiato da qualcuno più grande di esso si ha la sensazione che il pupazzo abbia indipendenza, malgrado la presenza evidente del burattinaio; questo potenzia il senso dell‟elemento sinistro. Per di più l‟apparizione del manipolatore in scena è un atto Unheimlich 22, perché questi sarebbe dovuto rimanere nascosto, segreto e invece viene mostrato in piena luce. 23 Secondo Sigmund Freud l‟elemento sinistro non è rappresentato da un elemento nuovo, ma da qualcosa che è sempre stato familiare alla vita psichica e che si trasforma in estraneo attraverso il processo della sua repressione. Grazie alla traduzione in castigliano delle opere complete di Freud (Lo siniestro), Daniel Veronese e Emilio García Wehbi si sono avvicinati alla dottrina freudiana ed hanno realizzato così un adattamento libero sullo scritto di Freud sul racconto di E.T.A. Hoffmann 24, El hombre de arena. Secondo E. Jentsch 25 (citato da Sigmund Freud in Il Perturbante) uno dei procedimenti per evocare facilmente l‟elemento sinistro attraverso le narrazioni è lasciare che il lettore (e lo spettatore) sia in dubbio se la figura che gli si presenta davanti è una persona o un automa 26. El Periférico si serve di questo metodo, che cancella i limiti tra fantasia e realtà, per produrre nello spettatore la sensazione che sta 21 Intervista a El Periférico de Objetos realizzata da Cecilia Propato il 10 aprile 1994. 22 Nel famoso saggio Il Perturbante, originariamente pubblicato nel 1919, Freud identifica il concetto di “perturbante” con il termine “das Unheimliche”: la parola tedesca “Unheimlich” ha la sua radice antitetica in “heimlich”, da “Heim”, casa, e in “heimisch”, ossia familiare, abituale. Per Freud il “perturbante”, ciò che porta angoscia, è un non-familiare, qualcosa che assomiglia al nostro ambiente domestico ma che in realtà cela in sé un che di straniero, sconosciuto, enigmatico. 23 Cecilia Propato, “El elemento siniestro en las obras del Periféricos de Objetos”, cit., pp. 387-394. 24 Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, autore principe del “fantastico”, è lo scrittore a cui esplicitamente Freud si ispira per il “perturbante”. 25 Ernest Jentsch è autore del saggio “Sulla Psicologia dell‟unheimliche” del 1906. Freud riprende la terminologia usata in questo saggio per elaborare la sua teoria del “Perturbante”. 26 Ernest Jentsch, Sulla Psicologia dell’unheimliche, Pisa, Nistri-Listri, 1906, pp. 399- 410.
  • 11. accadendo un evento terribile; si rivolge al suo sistema nervoso, nel senso che egli si chiede: quello che sto vedendo è una invenzione del mio inconscio che proietta immagini sinistre, che ci sono sempre state ma che solo ora si manifestano? Dunque per Veronese ed Emilio García Wehbi il significato dell‟elemento sinistro si riferisce a «ciò che sarebbe dovuto rimanere nascosto, ma che viene alla luce»27. El Periférico de Objetos lavora sui morti che sarebbero dovuti rimanere sepolti e che vengono fuori per raccontare una storia (in El hombre de arena). Forse perché i componenti del gruppo si sono avvicinati al significato di “ciò che è sinistro”, la messa in scena periferica ha condotto inevitabilmente al tema dei desaparecidos. I desaparecidos sono morti ed è sinistro portare il tema alla luce: è così sinistro quello che è accaduto, che la società preferisce che resti nascosto, seppellito. Portando il tema alla luce, questo gruppo si trasforma in osceno: attraverso l‟uso dei pupazzi esso riesce a raccontare storie orribili, che altrimenti non possono essere rappresentate con gli attori. Questa è l‟essenza del teatro del Periférico.28 Il caso studio di Cámara Gesell La produzione drammatica del Periférico de Objetos di Daniel Veronese riassume i cambiamenti che avvengono nel nuovo teatro argentino, miscela straordinaria di tradizione e novità. Il drammaturgo argentino è un dei migliori esempi di una “drammaturgia d‟autore” che si integra in modo fecondo con una “drammaturgia di regista”: nella sua opera l‟autore combina la pratica drammaturgica, nel significato classico (intesa come quella prodotta da drammaturghi che creano il loro testo indipendentemente dal lavoro di regia o di recitazione), con la scrittura di regia (quella creata dal regista quando questi realizza un‟opera a partire dalla sua scrittura scenica, prendendo come spunto l‟adattamento libero di un testo precedente). Veronese lavora ad un concetto di “opera aperta” che fa sì che i suoi testi siano liberi dalla loro messa in scena; egli non si preoccupa di fissare in modo rigido e severo le matrici della messinscena: il testo Cámara Gesell, del 1993, ne è un chiaro esempio. 27 W.J. Schelling, Op. cit., p. 474. 28 Cecilia Propato, Op. cit., pp. 387-394.
  • 12. Mentre le sue prime opere (Crónica de la caída de uno de los hombres de ella, le due prime parti della trilogia Del maravilloso mundo de los animales: Los corderos e Conversación nocturna) mostrano una evidente connessione con l‟eredità della testualità di Griselda Gambaro e Eduardo Pavlovsky, poiché esse “si fanno carico” di una tradizione testuale, Cámara Gesell (1993-1994), insieme a Señoritas porteñas (1993) e Luz de mañana en un traje marrón (1993), segna l‟inizio di un nuovo tipo di scrittura drammatica che configura quello che Veronese, riferendosi a Música Rota e Máquina Hamlet, definì come un “teatro de sabotaje al espectador, un teatro descentralizado que va a conformar un espacio de creación inexplorado hasta el momento” 29. Pertanto il testo Cámara Gesell si pone come testo simbolo di questa nuova drammaturgia in cui l’autore costruisce la sua opera direttamente sulla scena. Rispetto alle precedenti esperienze del teatro di Daniel Veronese, nello spettacolo Cámara Gesell vi è una nuova presenza in scena, quella di un‟attrice che non è anche un‟animatrice di oggetti: Laura Yusem. Laura interpreta Tomás, il protagonista. Nello spettacolo si racconta l‟infanzia e la giovinezza di Tomás, la sua incomunicabilità, il rapporto conflittuale con la sua famiglia d‟origine e poi con quella adottiva, con la sua sessualità e con la società in generale e le successive crudeltà e repressioni che fanno di lui alla fine un assassino. Lo spettacolo inizia con la presentazione di Tomás e con la descrizione del suo nucleo familiare. Già dalla prima scena intitolata “Sucesos en el hogar primero” risalta la fredda immagine di questo nucleo familiare che spingerà Tomás a scappare e a passare da una famiglia all‟altra fino a compiere il disperato gesto di avvelenare i suoi “secondi genitori”. È il giorno del suo quinto compleanno e tutta la sua famiglia è riunita insieme agli amici per festeggiare. Il padre e la madre cercano di divertire gli invitati con intrattenimenti infantili, ma improvvisamente la delicata immagine familiare viene distrutta: la madre rimprovera Tomás perché si accorge del suo desiderio di morte nei confronti della famiglia. 29 Daniel Veronese, Cuerpo de Prueba. Textos teatrales, cit., p. 12.
  • 13. Nella seconda scena, “La fuga”, il protagonista decide di scappare di casa e di cercare una nuova famiglia. Nella scena successiva, “La vida en el segundo hogar”, Tomás viene presentato un po‟ cresciuto nella sua nuova casa. Il bambino si rende conto che la somiglianza del suo nuovo fratello con quello precedente è raccapricciante, ma anche i “secondi genitori” rassomigliano spaventosamente ai “primi genitori”. Così i giochi con il fratello diventano terribilmente tristi e comincia a farsi avanti l‟elemento sinistro, violento nel crudele gioco del martello. In “Mujer desconocida que llega de la calle” viene descritto il “secondo padre” di Tomás che, approfittando dell‟assenza della moglie, cerca di rimpiazzarla con una donna sconosciuta che arriva dalla strada di nome Amanda. La scena ha un forte contenuto erotico poiché il protagonista assiste, pieno di desiderio nei confronti della giovane donna, all‟incontro di questa con il padre; Amanda sembra essere il riflesso fedele della giovane amica di famiglia che frequentava la sua vecchia casa e che esercitava sui bambini la seduzione tipica della sua età. La quinta e la sesta scena, rispettivamente “El envenenamiento” e “Trágica desaparición de segundos Padres y Hermano segundo”, rappresentano l‟avvelenamento della seconda famiglia per opera di Tomás. Il giovane protagonista, approfittando della tensione che si instaura tra i due genitori dopo l‟arrivo di Amanda in casa, prepara il tè e all‟ultimo momento lo sostituisce accidentalmente con del veleno: il suo secondo padre e la sua seconda madre muoiono e così viene accusato di omicidio. Nella vicenda successiva, “Un interrogatorio”, il bambino si trova di fronte a due personaggi incaricati dell‟interrogatorio, questi si confondono dolorosamente con i suoi “secondi genitori” e nella scena seguente, “La tortura”, sono descritti personaggi che maneggiano apparecchi da dentista, troppo simili ad investigatori, mentre l‟aiutante del dentista appare simile al compagno del poliziotto della scena precedente. Queste due figure a loro volta sono tremendamente identiche ai suoi “secondi genitori”. Tutto è davvero spaventoso, mentre numerosi pazienti attendono il loro momento e il loro supplizio. In questa parte l‟attore che impersonifica Tomás è sostituito da un oggetto, poiché deve essere sottoposto ad alcune vessazioni e abusi da parte del personale.
  • 14. Nella nona scena, “Asesinato de asistente social”, il protagonista viene rinchiuso in una cella di massima sicurezza e l‟assistente sociale gli fa visita per indagare sulla sua infanzia e per cercare di salvarlo dal difficile momento. Questa nuova figura femminile ha tutte le caratteristiche di Amanda, e così il bambino la uccide, di fronte agli occhi di numerosi testimoni rinchiusi nelle celle vicine. La scena finale descrive il protagonista circondato da innumerevoli personaggi che si confondono con quelli delle scene precedenti: uno di essi assomiglia terribilmente al dentista descritto nella scena “La tortura”, un altro assomiglia ad uno dei poliziotti incaricati dell‟interrogatorio, ma sembra anche il suo primo padre, il quale si comporta come se Tomás non avesse mai abbandonato la sua casa. Tutto è strano: la scena si conclude con i personaggi che rievocano la sua prima famiglia. L‟unica figura umana è Laura/Tomás, tutte le altre figure sono oggetti. In questo spettacolo gli animatori, visibili solo fino al busto perché si affacciano da porte montate su grandi telai, sono “presenze” che con i loro corpi e i loro sguardi creano il clima oppressivo della rappresentazione. La messinscena è realizzata in un piccolo spazio a più livelli, con botole dalle quali oggetti e animatori appaiono e scompaiono dalla scena. Lo spazio in se stesso è un oggetto- personaggio che il pubblico vede modificarsi e utilizzarsi in molteplici varianti secondo le necessità delle scene, come una grande casa di bambole. Il titolo Cámara Gesell si riferisce ad un dispositivo di vetro creato da Arnold Gesell (1880-1961), uno psicologo e pediatra nordamericano, la cui principale area di ricerca e di interesse era l‟osservazione dello sviluppo sia fisico che mentale dei bambini, dalla nascita fino alla pubertà. Per poter formulare le sue diagnosi Gesell introdusse un elemento molto importante: l‟uso della fotografia e dell‟osservazione basato sul “one-way mirrors as research tools”; questo dispositivo è usato dalla polizia, nelle camere di sicurezza, nei centri di diagnosi psicologica, ecc. perché permette all‟osservatore di vedere attraverso un vetro senza essere visto da chi si trova dall‟altra parte. Nello spettacolo di Veronese, anche se il vetro non c‟è, la situazione dello spettatore è comunque assolutamente oscena, poichè il pubblico, molto vicino alla scena, quasi dentro di essa, vede senza essere visto l‟intimità dei personaggi.
  • 15. In Cámara Gesell l‟osservato è Tomás, interpretato alternativamente dall‟attrice Laura Yusem e da un pupazzo. Vi sono inoltre tre animatori vestiti completamente di nero che interpretano i medici, due pupazzi, una bambola di dimensioni ridotte ed un‟altra di nome Amanda. La scena è caratterizzata da una specie di tavolo da gioco di scacchi, sotto il quale vi è uno spazio segreto con numerose porte di uscita. Vi è una sovrapposizione di “Cámaras Gesell”: c‟è lo spazio della messinscena che costituisce la “Cámara” verso cui guarda il pubblico, ma successivamente la poltrona posta al centro di tale spazio mette in evidenza l‟esistenza di un‟altra “Cámara” e di un terzo spazio rappresentato dal tavolo di scacchi, che con la sua costruzione interna rappresenta la terza “Cámara Gesell”. La poltrona, che ha le caratteristiche di una semplice poltrona da salotto, appare invece come una sorta di sedia elettrica o come una poltrona da dentista e viene poi rimpiazzata da una cella di prigione con un letto da camera operatoria e di tortura. Questa poltrona apre e chiude lo spettacolo. Lo spazio scenico di Cámara Gesell è una deformazione crudele, terribile di una scatola di bambole di dimensione subnormale. Il pavimento è pieno di trappole, stanze di tortura, altre “Cámaras Gesell”, stanze di interrogatorio, dimora di mostri, prolungamento dello spazio scenico. Una voce narra, spiega, medita sulla scena, descrive movimenti e spostamenti (come in Potestad o in Porotos di Pavlovsky); essa ha una funzione metateatrale: “Llamemos Tomás al sujeto apto para desear. Veamos por un instante esta cálida imagen del nucleo familiar. (…) Su madre primera es a quién tocaría con extender la mano derecha hacia adelante. Si quisiera tocar a su padre primero, en cambio, tendría que desplazar la mano izquierda hacia el costado (…). A su hermano, si estuviese en la escena, lo tocaría (…).30” Questa voce in off si contrappone all‟immagine scenica, poiché a volte il discorso e il tono della voce (mite, tranquillo e inoffensivo) contraddicono le azioni violente della scena. Il tono calmo della voce placa le mostruosità della scena. Tomás è circondato da oggetti, ha perso i suoi “primi” genitori e trova i “secondi” (adottivi) genitori e un “secondo” fratello. La “nuova famiglia”, la “nuova casa” comincia a trasformarsi in un luogo di terrore, in un “micro-fascismo-quotidiano-borghese”. Le prime violenze le riceve da suo fratello, il quale, invece di radergli la barba, 30 Daniel Veronese, Cuerpo de Prueba I, cit., p. 183.
  • 16. gli infligge una serie di pugnalate al viso. La famiglia comincia a mostrare subito un‟enorme aggressività: i pupazzi come valanghe si gettano sulla torta di compleanno e finiscono per lottare fra loro; poi arriva Amanda, che il padre accoglie dalla strada e che rimpiazza la madre. Questo nuovo personaggio, che provoca desiderio in Tomás e nel padre, sarà poi causa di discordia. Tomás sente la sua nuova famiglia come una maledizione e la avvelena, per cui viene incarcerato e sottoposto ad un interrogatorio. Nell‟assistente sociale Tomás riconosce Amanda, il suo grande amore, ma riconosce anche uno dei torturatori. La tortura si realizza al buio e con in sottofondo una musica di tango distorta (di tanto in tanto si ascolta la voce di Gardel). Poi si susseguono vertiginosamente una serie di immagini e nei “secondi” genitori Tomás riconosce i “primi” e il terrore torna nel contesto di una famiglia apparentemente pacifica. Alla fine la poltrona resta vuota al centro della “Cámara”. Nel suo lavoro interpretativo l‟attrice che interpreta Tomás, Laura Yusem, senza trucco né altro tipo di caratterizzazione, ma solo attraverso il costume - un vestito da uomo -, si rapporta in modo conflittuale con i personaggi: i suoi genitori-oggetti, i poliziotti e il dentista-oggetti che la torturano, gli esseri umani-animatori-oggetti, uno spazio-oggetto che ingloba tutti, creando intorno a sé uno strano territorio di materiale inorganico che si rapporta con la sua immagine umana e che in certi momenti può persino imitarla, ma che comunque resta una deformazione della sua umanità 31. In Cámara Gesell Tomás rappresenta l‟uomo. Il suo immenso corpo (in relazione ai piccoli oggetti, alla metà del corpo visibile degli animatori e allo spazio ridotto) appare tremante, sensibile, fragile di fronte alla crudezza del mondo degli oggetti. E‟ un corpo umano che accresce la sua umanità davanti agli oggetti. Egli è l‟individuo, gli oggetti sono la famiglia e la società. Sin dal principio dell‟opera viene messo in evidenza il carattere di ambiguità, poiché il protagonista è un bambino interpretato da una donna. La figura di Yusem, il suo viso inespressivo e indifferente, il suo silenzio e la sua passività sono l‟incarnazione della quintessenza dello spirito dell‟opera: Tomás rappresenta, nella creazione di Yusem, l‟immagine ideale dell‟uomo di fine secolo concepita da Veronese 32. 31 Fernanda Hrelia, Op. cit. 32 Ana Alvarado, El Objeto de las Vanguardias del siglo xx en el Teatro Argentino de la Post-dictadura, Tesi di laurea, Buenos Aires, Universidad de Buenos Aires (s.d.), p. 19.
  • 17. La storia di Cámara Gesell nasce a partire da una lettura psicoanalitica: di fronte ad un piccolo problema familiare un bambino esprime il desiderio di essere rapito, di essere portato in un'altra casa, che crede essere la sua vera casa. Una fantasia ricorrente: Tomás, un bambino che si sente spinto ad abbandonare la sua famiglia poiché crede che i suoi genitori non siano quelli con i quali vive, teme che i suoi veri genitori, quelli che lui merita, non verranno più a cercarlo. Così passa di famiglia in famiglia, rendendosi conto che quella sensazione di malessere familiare non lo abbandona e si ripete ogni volta, come se non smettesse mai di abbandonare la sua prima famiglia. Tomás cade nel “delirio del rapimento” o nell‟angoscia del rapimento (la castrazione); è un bambino che cerca l‟Heimlich o l‟Heimisch e cade nell‟Unheimlich. Ma Cámara Gesell si può anche leggere come la rappresentazione- denuncia dei rapimenti compiuti dai servizi segreti della polizia argentina, che hanno reso orfani i bambini figli di genitori “terroristi” e li hanno poi dati in adozione ai membri degli stessi servizi segreti. Questi bambini da alcuni anni cominciano a venire a conoscenza che i loro genitori non sono quelli di sangue, ma adottivi e facenti parte del sistema repressivo di Videla. Cámara Gesell è anche la rappresentazione dell‟abbandono dei genitori adottivi da parte del bambino che va così incontro ad una ricerca senza senso e senza fine, messa bene in evidenza dalla sintassi frammentata e non casuale della messinscena. La ricerca dei genitori, che mai il bambino incontrerà, rappresenta in realtà la ricerca di se stesso e del suo “io”. In quest‟opera di Veronese il passaggio da una scena all‟altra è segnato dagli “apagones” della luce, che sono correlati all‟alternarsi delle scene di apparente pace familiare e di crudeltà, oscurità e violenza (come in El hombre de arena 33, dove le scene si susseguono in un ritmo di “entierro” e “desentierro”). Ad un livello più generale vi è lo Stato come macrostruttura fascista e ad un microlivello il seno familiare.34 La dimensione microsociale, rappresentata da una famiglia che appare conosciuta e tranquillizzante, si contrappone ad una dimensione macrosociale, 33 L‟opera El hombre de arena è l‟adattamento libero sullo scritto di Freud sul racconto di E.T.A. Hoffmann realizzato da Daniel Veronese e Emilio García Wehbi. 34 Alfonso de Toro, “El Periférico de Objetos II: Prácticas de corporalización y descorporalización” in Gestos, 41, 2006, pp. 16-17.
  • 18. rappresentata dalle istituzioni e dallo Stato: la famiglia come struttura che si ripete come scatole cinesi verso una macro-famiglia. La manifestazione del male in ciò che è familiare e quotidiano, la possibilità che un fatto sembri familiare ma che allo stesso tempo appartenga ad una razza ignota per lo spettatore, il sabotare la possibilità di ragionamento dello spettatore e per questo rivolgersi sempre al suo sistema nervoso sono caratteristiche importanti di Cámara Gesell e dell‟opera di Veronese in generale. Si tratta di una poetica della perversione, di una poetica della “sottrazione”: un bambino è sottratto alla sua casa, il mondo è sottratto all‟esperienza di questo bambino. La “sottrazione” è il nucleo del lavoro di Veronese, del lavoro con gli oggetti. La “sottrazione” è anche un elemento presente nella poetica dell‟oggetto: oggetto privato della vita, degli arti, della testa, dell‟identità. Infatti la maggior parte dei pupazzi utilizzati negli spettacoli di El Periférico de Objetos non ha la parte superiore della testa, il cranio è aperto giacchè per l‟usura quasi tutti hanno perso la parte che corrisponde al cuoio capelluto. Tale caratteristica, assolutamente accidentale, serve per animarli con maggiore comodità e provoca nello spettatore un impulso sadico, crudele riguardo al tema trattato. L‟oggetto stesso dunque è non solo il protagonista, bensì il tema viscerale della produzione di El Periférico de Objetos. In Cámara Gesell ricorrono diversi linguaggi scenici: come si è detto, il testo è raccontato da un narratore off che descrive, analizza, costantemente al presente, le vicende e le implicazioni della scena “muta”. Discorso letterario e scenico procedono parallelamente, si avvicinano in alcune occasioni, si corrompono a vicenda e si separano di nuovo. La mescolanza di attori e pupazzi animati rappresenta una nuova zona di sperimentazione: in questo caso l‟attrice che impersona Tomás non anima oggetti, ma si relaziona con essi senza che in questo gioco di animazione partecipino gli animatori. Lo scenario è concepito come una grande scatola di bambole, un dispositivo scenico con infinite trappole, uscite e porte, che include oggetti in miniatura di scala subnormale. Il carattere sinistro del gioco entra immediatamente in contrasto con l‟immagine naïf, infantile del mondo delle bambole. L‟immagine dell‟animatore e il suo viso, insieme all‟interazione dei pupazzi e dell‟attrice, creano una ludica situazione di disperazione. Per ottenere ciò l‟attrice ricorre alla contrazione dell‟espressione facciale e del
  • 19. movimento corporale e gestuale; la rigidità espressiva si mimetizza con l‟estetica del pupazzo. L‟espressività dell‟attore è ridotta al campo della possibilità dell‟oggetto e non il contrario: vi è dunque la fusione dell‟animatore con l‟oggetto. E‟ necessario semplificare l‟espressione: semplicità ma anche particolarità, poichè è importante che ogni movimento o immagine sia minimo ma anche unico. La creazione di questo spazio particolare pone lo spettatore in una zona di pericolo. Come si è detto, una Cámara Gesell è quel dispositivo di vetro che permette all‟osservatore di guardare attraverso di esso senza essere visto da chi si trova dall‟altra parte, il quale invece vede solo un specchio. Osservare senza essere visti: situazione di oscenità totale. Perché ci sia lo sguardo sconcertato del pubblico, che vede stravolta la sua aspettativa, è necessario che la situazione si mostri come conosciuta, ma che si sveli immediatamente davanti ai suoi occhi e risulti offensiva alla vista. Dunque, ci troviamo di fronte ad una “poetica dell‟osceno”, nella quale risiede tutta la forza positiva e di denuncia del teatro di Veronese. Osceno nel senso etimologico del termine: ciò che non deve essere rappresentato di fronte alla vista dello spettatore. Lo stesso Veronese descrive questo aspetto della sua opera in modo straordinario: “Hago teatro para hacer visibile lo que culturalmente de ninguna forma y bajo ningún pretexto puede serlo. Y es gracioso, el resultado tiene algo de revolución: lo que se verá será doblemente visible ya que ese hecho se alumbra por sobre el resto de lo escenificado, sólo por estar en el lugar inadecuado. Esa es mi cuestión, la que con más interés me mueve a realizar escritura en teatro. Teatro de lo obsceno”.35 35 Daniel Veronese, Cuerpo de Prueba. Textos teatrales, cit., p. 15.
  • 20. Conclusioni Dall‟analisi finora svolta si evince che l‟opera di Daniel Veronese e del gruppo da lui fondato, El Periférico de Objetos, è di grande valore artistico: essa è lo specchio dei nostri tempi e riflette la “frammentarietà” della realtà contemporanea, in particolare nella dissoluzione del personaggio come ente psicologico. In questo teatro quest‟ultimo appare “frammentato” ed il suo ruolo è semplicemente quello di “riferire” il discorso dell‟autore. Nella drammaturgia di Veronese il testo si presenta, inoltre, come assolutamente areferenziale ed è lo spettatore a conferire ad esso il significato. Si può dire che l‟autore argentino lavora ad un‟estetica del nichilismo: egli mostra la disgregazione testuale e sociale, l‟incomunicabilità familiare, il feroce consumismo, la violenza gratuita e l‟assenza d‟amore della convivenza postmoderna. I suoi testi sono vicini alla forma del monologo e in essi i personaggi hanno una scarsa o nulla connessione tra loro. Le sue opere sono atemporali, con pochi riferimenti spaziali: si tratta di una drammaturgia molto particolare, che offre al lettore-spettatore immagini aspre, ambigue. Questo teatro non propone una rappresentazione globale ed unitaria della realtà, poiché questa viene percepita come frammentaria. I testi di Veronese si possono includere nella drammaturgia di intertesto postmoderno: una testualità in apparenza pessimista che ama l‟ironia e che elude la denuncia. Questo teatro di intertesto postmoderno rifiuta il linguaggio realista, ritenendo che esso abbia smesso di essere “verosimile” e “teatrale”. 36 Nelle sue opere l‟autore di Buenos Aires rappresenta il rapporto che intercorre tra un soggetto (manipolatore) ed un oggetto, e in questa relazione egli fa riferimento alla tragica situazione dell‟uomo: simile ad un pupazzo, questi appare come il giocattolo di un mondo crudele che non offre via d‟uscita. Partendo dalla sua esperienza della dittatura, Veronese descrive la crisi dei valori tradizionali, l‟incomunicabilità e la distruzione della società, ma non lo fa semplicemente per dare una visione pessimista del mondo, bensì per sensibilizzare la coscienza dell‟individuo e stimolarlo a compiere una rivoluzione interiore. È proprio in Cámara Gesell che risalta la costante dell‟universo drammatico di Veronese: la riflessione sulla oscura visione dell‟uomo 36 Osvaldo Pellettieri, “Situación actual de la dramaturgia porteña” in Revista Las Puertas del Drama, 3, 2000, pp. 9-12.
  • 21. e del mondo, la celata manifestazione del male nel familiare e nel quotidiano, espressione dell‟elemento sinistro secondo la definizione di Freud. Veronese rifiuta ogni atteggiamento didascalico, così da creare un‟opera “aperta”, contro ogni corrente scolastica. Questa forma “aperta” ha permesso che il testo fosse messo in scena anche da altri registi, ovviamente in modo diverso rispetto a quello realizzato da Veronese. Pertanto Cámara Gesell è l‟opera che segna il punto di svolta nel processo di maturazione artistica di Daniel Veronese, il quale concretizza in essa la sua originale ed innovativa “idea” di teatro. Questi aspetti della sua poetica evidenziano il ruolo determinante da lui svolto nella letteratura latinoamericana ed è per la loro unicità ed originalità che Veronese viene considerato uno degli artisti più rilevanti nel panorama teatrale argentino contemporaneo.
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  • 29. Siti internet della compagnia e degli autori, di letteratura e critica: www.alternativateatral.com www.analvarado.com www.autores.org.ar www.fundacionkonex.com.ar www.literatura.org www.teatroenMiami.com