Presentazione di FlipFly a Inno2days del 15 dicembre 2011Inno2Days
Paolo Rossetti, Francesca Vigorelli e Alberto Negrin, tutti partner di Flipfly, hanno condotto l’area Cambiamente all'Inno2days di Pavia del 15 dicembre 2011.
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Halo Fluorescent Lamp Fixture designed by Tycka Design featured in Economic Times on 30th November 2012 in an article "Small Design Studios win over BigBusinesses"
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L'esperimento di Afshar. Verso un nuovo approccio al principio di complementa...Fausto Intilla
Quello del fisico iraniano-americano Shahriar Sadigh Afshar, è un esperimento che negli ultimi dieci anni (il primo esperimento di Afshar, risale infatti al 2001), ha suscitato infinite critiche e dibattiti vari nella comunità dei fisici, poiché sembrerebbe inficiare le basi stesse del principio di complementarità di Niels Bohr. Con questo breve saggio sull’esperimento di Afshar, Intilla ha cercato semplicemente di raccogliere una serie di critiche nei confronti dell’esperimento in questione, elaborate (spesso con grande rigore matematico) da diversi fisici (alcuni famosi, altri un po’ meno), con l’unico scopo di dare al lettore interessato all’argomento in questione, un quadro un po’ più nitido e completo di come attualmente fisici e filosofi, tendano a volgere il loro sguardo verso l’intramontabile principio di complementarità.
La storia dell’arcobaleno è antica quanto la storia della scienza. Già Alessandro di Afrodisia (III sec. – II sec a.C.) aveva cercato di descrivere l’arcobaleno come fenomeno di luce e colori e a lui si assegna la paternità della scoperta della zona scura tra l’arcobaleno primario e quello secondario. Si deve invece ad Aristotele (384 o 383 – 322 a.C.) una prima completa descrizione del fenomeno ottico: «L’arcobaleno non forma mai un’intera circonferenza e nemmeno un arco maggiore di una semicirconferenza. Al tramonto e all’alba lo spessore dell’arco è stretto e l’arco ha la massima estensione. Quando il sole si alza maggiormente nel cielo lo spessore si allarga e la lunghezza dell’arco si riduce. Dopo l’equinozio d’autunno, nei giorni più corti, può essere visto a qualunque ora del giorno; in estate non può essere visto nelle ore del mezzogiorno. Non ci sono mai più di due arcobaleni nello stesso tempo. Ognuno di essi ha tre colori. I colori sono gli stessi in entrambi e il loro numero è identico, ma nell’arcobaleno esterno sono più deboli e la loro posizione è invertita. Nell’arcobaleno interno la prima e più larga striscia è rossa; in quello esterno la striscia più vicina a quello interno è dello stesso colore ma più stretta. Per le altre strisce vale lo stesso principio. Queste hanno gli unici colori che i pittori non possono fabbricarsi, dato che ci sono colori da essi creati con misture, ma nessuna mistura può dare il rosso, il verde e il blu. Questi sono i colori dell’arcobaleno, per quanto talora tra il rosso e il verde si possa vedere il giallo » [Aristotele, Meteorologia: Libro III]. In questo modo, l’arcobaleno entra a pieno titolo tra i fenomeni oggetto di studio da parte dei fisici anche se, secondo Lee e Fraser: « Despite its many flaws and its appeal to Pythagorean numerology, Aristotle’s qualitative explanation showed an inventiveness and relative consistency that was unmatched for centuries. After Aristotle’s death, much rainbow theory consisted of reaction to his work, although not all of this was uncritical » [Raymond L. Lee, Alistair B. Fraser. The rainbow bridge: rainbows in art, myth, and science. Penn State Press, 2001 p. 109 ]. La descrizione aristotelica dei colori dell’arcobaleno riduce a tre il loro numero e questa interpretazione fu accettata per molto tempo, con sottili differenze numerologiche associando i tre colori alla Trinità o altrimenti quattro colori associati ai quattro elementi della tradizione empedoclea. La riflessione della luce del sole tra le nuvole, lo studio dell’angolo di incidenza dei raggi luminosi, la spiegazione della forma circolare dell’arcobaleno, l’effetto ottico di profondità infinita rispetto all’origine del fenomeno luminoso sono tutte questioni che hanno incuriosito per secoli studiosi di differenti discipline.
2. Nell'estate del 1778, studiando con il microscopio solare - un
raggio di luce solare che attraversa una lente - le ombre,
proiettate su un telo, di una fiamma di candela o di diversi oggetti
incandescenti, nota che quelle ombre non sono compatte, ma
circondate da aloni luminescenti in movimento.
Microscopio solare
3. Avendo ripetuto più volte le osservazioni, si convince che quegli
aloni siano l'immagine del fluido igneo emesso dal corpo
incandescente. Nella scienza del tempo si ipotizzava che il calore
fosse una sostanza indipendente presente in ogni corpo, che
poteva liberarsi mediante un'azione esterna: per questo motivo
era chiamato anche calore latente o fluido calorico o fluido igneo:
ora Marat credette di aver scoperto il modo di renderlo visibile,
dimostrandone così l'esistenza.
4. DÉCOUVERTES SUR LE FEU, L'ÉLÉCTRICITÉ ET LA
LUMIÈRE
Nell'inverno di quell'anno prepara
una memoria sulla sua scoperta,
le Découvertes sur le feu, l'éléctricité
et la lumière in cui sostiene che
il fluido igneo - diverso dal fluido
dell'elettricità e della luce - è costituito
di corpuscoli pesanti e trasparenti,
il cui movimento produce gli effetti del
calore. La memoria viene presentata all'
Académie des sciences di Parigi, perché
si pronunci sulla validità scientifica delle
tesi esposte. Ripetuti gli esperimenti, la commissione
dell'Accademia, nella quale viene coinvolto per qualche tempo
anche Franklin, conclude che i fatti osservati corrispondono a quanto
esposto nella memoria di Marat, ma non si pronuncia sull'esistenza del fluido
igneo.
Benjamin
Franklin
5. DÉCOUVERTES SUR LA LUMIÈRE
Marat prepara una nuova memoria,
stampata poi con il titolo Découvertes
sur la lumière, nella quale pretende di
apportare delle correzioni alla teoria
ottica di Newton: al fisico inglese
contesta che la diffrazione sarebbe
un comportamento costante
- e non episodico - dei raggi luminosi,
che sarebbero sempre deviati nel loro
percorso rettilineo dall'attrazione di
gravità esercitata dai corpi.
Questo fatto comporterebbe, secondo
Marat, che la formazione dello spettro
ottenuto dalla rifrazione della luce nel
prisma ottico, si sarebbe in realtà già
verificata nell'aria; quanto ai colori,
essi sarebbero soltanto tre - rosso, giallo e blu - e non sette.
Newton
6. Il segretario dell'Accademia delle scienze
Condorcet nominò una commissione per la
verifica dei risultati, a capo della quale fu
posto Jacques Cousin. In attesa dei
risultati, Marat rielabora la sua
precedente memoria sul fuoco, scrivendo
le Recherches physiques sur le feu e apre
una scuola all'Hotel d'Aligre, in rue Saint-
Honoré, facendo tenere una breve serie di
corsi di fisica dall'amico abate Filassier e
dal professore della Sorbona Jacques
Charles.
Il 10 maggio del 1780 vengono rese
ubbliche le conclusioni della commissione
scientifica dell'Accademia: le esperienze
di Marat non sembrano provare ciò che
l'autore immagina e sono contrarie in
generale a ciò che si conosce dell'ottica».
Charles
7. RECHERCHES PHYSIQUES SUR L'ÉLECTRICITÉ
La decisione dell'Accademia fu naturalmente
spiacevole per Marat ma egli continuò i suoi
esperimenti e fece stampare un nuovo volume,
le Recherches physiques sur l'électricité, nel
quale sostiene che il «fluido» elettrico è
costituito da particelle che - contrariamente
all'opinione diffusa anche allora - si
attraggono tra di loro. Nel libro contesta
anche l'opinione che esistano poli elettrici di
diverso segno e dubita della reale efficacia
del parafulmine, la recente invenzione di
Franklin. Invitò anche Alessandro Volta, di
passaggio a Parigi, ad assistere ai suoi
esperimenti, ma finì per irritarsi di fronte allo
scetticismo dell'italiano. Nel marzo del 1783
ha un'autentica rissa con il professor Charles,
che si era permesso di mettere pubblicamente
in ridicolo la sua pretesa di confutare Newton.
Alessandro Volta
8. Il concorso indetto dall'Académie
royale des Sciences, Belles-
lettres et Arts di Rouen su tesi
che contestino l'efficacia
dell'elettricità nel campo medico
gli offre il destro di presentare
una memoria nella quale riferisce
di suoi esperimenti riguardanti
cure elettriche di affezioni della
più diversa natura, prive di
qualunque beneficio. Efficaci
risulterebbero invece, a suo dire,
locali applicazioni di elettrodi per
la cura degli edemi, delle
sciatiche e della gotta: e
nell'agosto del 1783 Marat ha la
soddisfazione di veder premiata
la sua memoria con la medaglia
d'oro dell'Accademia.
Académie royale des
Sciences, Belles-lettres et
Arts di Rouen
9. Nel 1786 partecipa ancora a tre concorsi scientifici, tutti incentrati
sulle radiazioni luminose e sui colori, ottenendo il premio soltanto
dall'Accademia di Rouen per una sua ricerca sui colori che appaiono
nelle bolle di sapone e di altri liquidi, per quanto il suo studio non sia
accurato e le conclusioni siano erronee: a suo avviso, infatti, «in ogni
corpo esistono particelle materiali di tre specie, ciascuna capace di
riflettere uno solo dei tre colori fondamentali, il rosso, il giallo e il blu.
Quando si separano, per l'attrazione che subiscono tra loro quelle di
identico colore, formano le iridescenze».