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NON TREMARE QUANDO LEGGI

                      Racconti di vampiri e non solo


INDICE

- I demoni del buio
- La bestia
- Incontri notturni
- Amore per sempre
- C'è ancora
- Giro giro tondo
- La pendola
- La strega nera
- Karen
- Il muro
- Non dormire la notte
- Quando apro gli occhi
- Dolcetto o scherzetto?
- La zucca
- L'invitato
- La fonte
- Ritornando
- La soffitta
PREFAZIONE

18 racconti del brivido. In alcuni sono protagonisti i vampiri del Maine
(fanno parte del mio Ciclo Vampirica, serie Dorry), in altri oggetti che
sembrano normali, come bambole o pendole, ma che in realtà sono stati
prodotti dal diavolo. E poi fantasmi, streghe, pazzi stupratori, esseri
dell'altro mondo, mostri che si credeva che esistessero solo nella nostra
fantasia di bambini. Storie che fanno paura, specialmente quando si
leggono dal proprio e-reader la notte, con la finestra che emette dei flash
dovuti ai lampi del temporale.
E quando capita attenti che il vostro cuore regga quando sentite un passo in
soffitta.

Claudio Vasi
I DEMONI DEL BUIO

       «Io penso a una cosa più banale... si chiama sopravvivenza».


Tebe, Egitto, 7 aprile 2010

Il sole, non ancora alto nel cielo, oggi scalda più del solito. Landolf si
copre con un parasole mentre cammina verso la tomba scoperta un mese
prima. Accanto a lui c'è il suo assistente egiziano, Hassan. La scoperta che
hanno fatto è incredibile, e non per il fatto che la tomba è del parente di
Amenofi IV, il faraone che venerava il dio Aton, il quale rappresentava tutti
gli dei. Fu l'unico caso, al tempo degli antichi egiziani, di enoteismo, cioè
di venerazione di un unico dio che però rappresenta tutti gli dei. La
scoperta è incredibile perché nella tomba di Ramesse, un lontano zio di
Akhenaton, sono scolpiti dei geroglifici che parlano di strani dei, chiamati
Dei del buio. A quanto pare gli egiziani in quel periodo oltre ad Aton
veneravano anche questi. Nessun archeologo ha mai sentito parlare di loro.
Landolf si avvicina alla porta della tomba camminando a fatica, mentre il
sudore gli appiccica la camicia sulla schiena. Un vento leggero solleva di
poco la sabbia, spostandola da una duna all'altra, eternamente. La tomba
non è stata disseppellita del tutto ma l'entrata principale è accessibile.
Prima di entrare Landolf si volta per vedere se l'assistente Hassan l'ha
seguito. Quando hanno scoperto l'entrata, due settimane prima, chiusa da
un grande blocco di marmo, egli aveva sconsigliato Landolf di entrare.
Sulla porta infatti erano incisi dei geroglifici che intimavano i visitatori ad
andarsene. Se questi non avessero ubbidito la malasorte li avrebbe colpiti.
Landolf si era messo a ridere ed aveva detto ad Hassan che nessun
archeologo può credere a quelle stupidaggini, scritte solamente per tenere
lontani i ladri di tombe. E Hassan è uno dei più bravi usciti dall'università
del Cairo.
«Io... non so perché l'ho detto. Avete ragione voi, Landolf», aveva detto
Hassan.
Landolf ora guarda l'antica porta della tomba, distesa sulla sabbia. Domani
arriverà un camion e la porterà in un luogo sicuro. Sono riusciti a toglierla
una settimana prima con due catene ed un bulldozer. Landolf entra e
percorre un basso corridoio in discesa. Nel casco ha una lampada ed in
mano ha una torcia. Anche Hassan ha una luce fissata sul suo casco.
Mentre ode i propri passi echeggiare, Landolf sente l'odore di chiuso. La
prima volta che aveva percorso il corridoio aveva creduto di dover trovare
una finta tomba e di dover perdere tempo a cercare quella vera. Questo e
altri stratagemmi usavano gli egiziani per nascondere le spoglie dei
deceduti. Invece dopo il corridoio si era trovato nella tomba. E' anche vero
che Ramesse non era un faraone ma un sacerdote di Amon. Landolf aveva
visto due statue, situate prima della porta che accede alla stanza dov'è
sepolto Ramesse. Ne era rimasto esterrefatto. Raffiguravano due mostri,
metà umani e metà bestie; molto simili ai moderni lupi mannari. Il viso
aveva poco di umano ma quello che l'aveva colpito di più erano i lunghi
denti aguzzi e gli occhi senza pupilla. Erano ricoperti di pelo, avevano
degli zoccoli al posto dei piedi e alle mani dei lunghi artigli. Era convinto
che fosse tutto uno scherzo. Probabilmente la tomba stessa era una grossa
burla. Ma uno studio accurato delle due statue e la datazione col carbonio
14 hanno rivelato che sono due autentiche statue della XVIII dinastia. Sono
state scolpite al tempo dell'Antico Egitto. Entrati nella tomba hanno
scoperto il sarcofago intatto ma mancavano molte delle reliquie che si
trovano di solito nelle tombe di quel genere. Evidentemente i ladri sono
riusciti ad entrare molto probabilmente già ai tempi di Ramesse e i suoi
familiari hanno chiuso la tomba con quella grande lastra di marmo. Questa
è la teoria di Landolf. Oltre alle statue quello che più aveva colpito
l'archeologo il giorno dell'apertura della tomba erano i geroglifici sui muri,
intatti tranne una piccola parte coperta da terra. In quella parete era
riportato un testo che Ramesse aveva scritto quando era in vita. Parlava di
strani esseri comparsi qualche anno prima in Egitto. Dei mostri che
comparivano col buio (e che vivevano nei luoghi bui) e che attaccavano le
persone facendole a pezzi. Nessuna arma le feriva, solo la luce. Quella dei
fuochi bastava a tenerli lontano. Quegli esseri, chiamati «gli dei del buio»,
si allontanavano con l'arrivo del sole. Ad un certo punto così com'erano
apparsi, all'improvviso scomparvero. Gli stessi esseri che Ramesse ha
voluto fare scolpire nella porta per spaventare i ladri. Facendo magari
credere che nella tomba ci fossero anche loro. Naturalmente secondo
Landolf ed Hassan i geroglifici sono opera di fantasia di Ramesse o di
qualc'un altro. Una fiaba.
«Più che dei mi sembrano demoni», aveva detto Hassan quel giorno.
«La concezione di demoni esiste solo col cristianesimo», aveva risposto
Landolf.
Da quella volta però li hanno chiamati così, «i demoni del buio».
Ora Landolf vuole pulire l'unica parte del muro rovinata dal tempio. C'è
una parola, che non si riesce a leggere. Col guanto Landolf comincia a
sfregare leggermente la terra che la copre. Hassan gli fa luce con una
grande torcia. Uno scarafaggio si avvicina alla sua mano. Esso proviene
dal deserto; è sicuramente entrato dall'unica entrata aperta da due settimane
dato che nessun insetto sarebbe riuscito a sopravvivere nella tomba chiusa.
Landolf legge la parola e contemporaneamente colpisce con un dito, senza
sapere, l'insetto.
«Ha!», urla Hassan alzandosi ed indietreggiando.
«Non ti spaventare Hassan. Hai letto anche tu vero la parola? Non crederai
veramente a questa storia? E poi Ramesse mica era un veggente»
«Non è per quello Landolf che mi sono spaventato. Guarda lo
scarafaggio», dice Hassan.
Landolf gira il capo e guarda vicino alla sua mano. Lo scarafaggio è morto.
Capovolto all'insù, è immobile.
«E' un brutto presagio», dice Hassan.
Landolf guarda stupito prima l'insetto e poi i geroglifici che formano la
parola.
Quest'ultima è: «Torneranno».

Ingolstadt, Germania, 10 Maggio 2010

Udo, sorpreso, alza gli occhi dal libro che sta leggendo. Hanno suonato al
campanello ma non aspettava nessuna visita. Sua figlia dovrebbe arrivare a
trovarlo domani. Udo è da tre anni divorziato da Crystal. La loro unica
figlia è stata lasciata in custodia a sua moglie. Ora Emma ha diciotto anni e
viene da sola a trovarlo. Ha trovato un ragazzo e si è appena iscritta
all'università ma vive ancora con la mamma. Potrebbe venire a fargli visita
quante volte vuole ma più di una volta al mese Udo non la vede.
Chi ha suonato allora?
Udo si alza e va a vedere sul monitor accanto alla porta. Una telecamera
infatti inquadra le persone che sono davanti al cancello. All'inizio non lo
riconosce poi Udo si lascia sfuggire un'esclamazione.
«Ah... Landolf».
Apre il cancello premendo un tasto poi esce in giardino ad attenderlo.
«Landolf, che piacere vederti! Sono anni che non ci vediamo. Sei tornato
ad insegnare?», dice Udo.
«Ciao Udo. No, sono ancora un archeologo. Ho trovato una tomba
importante a Tebe», dice Landolf.
«Lo so, l'ho letto sul giornale. Entra che ti offro qualcosa».
Quando Landolf entra nella villa del suo vecchio amico pensa quasi di
essere tornato a casa sua. Vede reperti archeologici da tutte le parti. La
maggior parte saranno delle copie dato che i musei se li tengono stretti.
«Non sapevo avessi messo un recinto e un cancello elettrico. In Baviera di
solito non ci sono recinti o muri. I ladri sono rari e quei pochi vengono
subito arrestati dalla polizia», dice Landolf.
«E' una abitudine che ho portato dall'America», dice Udo.
Udo è stato per qualche anno ad insegnare archeologia in California. Non
stava male là ma la nostalgia della Germania gli ha fatto cambiare idea ed è
tornato ad Ingolstadt cinque anni prima. Insegna alla università della città
ed aiuta dei giovani archeologi che ha conosciuto. Ha anche pubblicato un
libro sugli antichi egizi.
«Vorrei parlarti dei demoni del buio. Li conosci o ne hai mai sentito
parlare?», dice Landolf mentre segue Udo nel salotto.
Udo fa accomodare nel divano il suo amico poi va verso una vetrina.
«Vuoi qualcosa di forte o vado in cucina a prenderti una birra?», dice Udo
girandosi, mentre tiene aperta la porta della vetrina.
«Una birra, grazie», dice Landolf.
Udo esce un attimo. Landolf vede dei libri sul tavolino di vetro e li prende.
Legge i titoli. Rimane sorpreso quando vede il titolo di uno, «I demoni del
buio» di Thomas Eichmann. Quando torna Udo con le due birre vede il suo
amico bianco in volto e si preoccupa.
«Cos'hai Landolf? Ti senti male?», dice.
«No. E' che pensavo sapessi solo io dell'esistenza dei demoni del buio.
Questo libro è stato scritto nel 1940 vedo. Evidentemente questi però non
sono gli stessi di cui ti volevo parlare. Quelli che conosco io sono descritti
su dei geroglifici in una antica tomba a Tebe», dice Landolf.
Udo sorride poi si siede sulla poltrona ed appoggia sul tavolino due birre
weizen in bottiglia da 50 cl e due grandi bicchieri.
«Beh, quelli del libro che hai in mano sono creature che sono apparse
all'improvviso nel 1940 in Germania, vicino a Berlino. Dei mostri metà
uomini, metà animali che si muovono solo nel buio. Hanno ucciso,
secondo Eichmann, molte persone facendole a pezzi. Non mangiavano le
vittime, provavano gusto solo ad uccidere. Rifuggivano la luce. E così
come sono apparsi...», dice sorridendo.
«... sono scomparsi. Non è possibile sono gli stessi! Ora ti racconto quello
che ho visto io», dice Landolf.
L'archeologo si versa nel bicchiere la birra, ne beve un sorso poi riepiloga
tutto quello che ha scoperto nella tomba di Ramesse. Man mano che
racconta Udo diviene sempre più serio e attento e il suo sorriso scompare.
«Thomas Eichmann, che era uno scienziato, afferma che quelle creature
che lui, come te e Hassan, avete chiamato Demoni del buio, le ha viste
veramente. Sono state solo qualche giorno, poi si sono dileguate. Non dice
che erano una leggenda e specifica che il libro non è un'opera di fantasia.
Sono gli stessi certo. Sei sicuro che la tua tomba non sia una bufala?», dice
Udo.
«Assolutamente. Comunque non devi pensare che quello che dica
Eichmann sia vero. Probabilmente aveva saputo della loro esistenza in un
libro che parlava dell'Antico Egitto e da lì si è inventato tutto. Ha voluto
continuare la leggenda», dice Landolf.
«Mai saputo niente sui demoni della notte prima di avere letto questo. E sì
che mi ritengo abbastanza esperto sugli antichi egizi. Non come te, però...»
«Posso tenerlo? Non c'è scritto qualcosa di più su questi esseri?»
«Beh. Secondo lui essi provengono da un'altra dimensione. Solamente
quando il decimo pianeta si allinea alla terra ed il sole, essi riescono a
venire nella Terra. Finito il breve allineamento scompaiono».
Ladolf si mette a ridere. Poi beve un altro sorso.
«Thomas era un bravo scrittore altro che scienziato. Da quando in qua ci
sono dieci pianeti nel nostro sistema solare? Adesso poi ce ne sono solo
otto di pianeti. Ma una volta era Plutone era considerato un pianeta non un
pianeta nano», dice Landolf.
«Sono pienamente d'accordo con te. E poi secondo il suo libro il prossimo
allineamento sarebbe proprio questo anno, nel 2010. Sono solo stupito che
sono stati nominati in una tomba egiziana, tutto qui. Se vuoi il libro te lo
presto, vedi te», dice Udo.
«Sì, grazie. Te lo torno domani. Lo leggo stasera nella mia casa a Monaco.
Non l'ho ancora venduta sai? Ci sono affezionato».
«E' una bella casa».
«Ora devo andare Udo, grazie della birra. Devo vedere un archeologo che
oggi parla ad una conferenza sull'Antico Egitto proprio nella tua
università».
«Ha, Himmler. A me non piace, io non ci vengo. Torna quando vuoi e tieni
il libro finché ti pare», dice Udo.
«Grazie ancora. D'accordo», dice Landolf alzandosi in piedi.
I due si stringono la mano. Landolf saluta e poi esce dalla casa.
Dopo che ha visto il suo amico chiudere il cancello ed allontanarsi, Udo
guarda il cielo. Si sta annuvolando, forse pioverà come ha detto il meteo.
Udo chiude la porta e torna, pensieroso, verso il salotto. Ad un tratto le
manca Crystal. Così, di punto in bianco. Udo prende il telefonino dal
tavolino e fa il numero di sua moglie. Il telefono suona a vuoto. La
comunicazione s'interrompe, lei ha respinto la telefonata. Udo getta il
cellulare sul tavolino poi va verso la vetrina dove tiene gli alcolici.

Quando Landolf è uscito dall'università ha sentito dei tuoni in lontananza.
Mentre torna con la propria Audi A8 verso casa, comincia a piovere e
scende il buio. E' scoppiato un forte temporale. Landolf arriva casa, mette
l'auto nel garage ed entra in casa. Ripone nell'armadio il soprabito.
Cammina verso la cucina e spegne la luce. Sente un tonfo alle proprie
spalle. L'archeologo rabbrividisce e per un attimo pensa ai demoni. Ma
potrebbe essere un ladro, più reale e più pericoloso della sua fantasia. Si
volta e nel buio vede che l'armadio del guardaroba è lievemente aperto.
Riaccende la luce e si avvicina all'armadio. Per un istante immagina se
stesso mentre prende una delle ante, la tira a sé e viene assalito da un
demone che si era nascosto dentro.
Lo apre.
Nell'armadio ci sono solo le sue giacche ed il soprabito che aveva appena
indossato, il quale è raggomitolato sul fondo. Ecco cos'era quel rumore.
Semplicemente un abito che è caduto. Landolf lo prende e lo rimette
sull'appendino.
Landolf mette a bagnomaria (usando una delle poche pentole che ha nella
casa, le altre le ha portate con sé nel bungalow in Egitto) due wurstel e li
mangia. Poi sale nel suo studio, accende la lampada della scrivania e
spegne la luce principale. A lui piace leggere o lavorare con solo una
piccola luce proiettata sulla scrivania. Si mette a sfogliare il libro, leggendo
piccole parti di brano a caso. Poi torna a pagina 1 e inizia a leggerlo. Fuori
sente l'ululare del vento ed il ticchettio della pioggia sui vetri della finestra.
Ogni tanto un forte tuono lo fa sobbalzare.
Secondo il libro Thomas scoprì il decimo pianeta con un telescopio.
Proprio quel giorno vide gli esseri, dalla terrazza su cui era, aggirarsi nel
giardino. Prese un fucile dall'armadio, controllò che tutte le porte e finestre
fossero sprangate e poi si chiuse in camera con la luce accesa. Il giorno
dopo scoprirono molte persone uccise, sbranate o fatte a pezzi da quelli che
chiamarono demoni del buio. Quella sera si salvò solo perché era presente
ad un falò di un suo amico. I demoni si avvicinavano ma avevano paura.
All'inizio pensavano del fuoco ma poi scoprì che avevano paura della luce.
Thomas, che aveva la propria arma con sé, sparò da vicino a molte di
quelle creature ma nessuna morì. Landolf continua la lettura ma si
assopisce sempre di più.
Si sveglia all'improvviso. Era addormentato ma è stato svegliato da un
rumore, come di un passo pesante. Si guarda in giro. Nell'angolo della
stanza, dove c'è l'attaccapanni, gli pare di vedere una sagoma umana nel
buio. Lo studio è grande e la luce della lampada non arriva ad illuminare
quella parte. Sembra proprio un uomo.
«Chi sei?», dice ad alta voce.
Nessuna risposta.
Landolf vorrebbe alzarsi e andare ad accendere l'interruttore della luce
principale ma per farlo deve avvicinarsi all'attaccapanni, posto accanto alla
porta.
«Di cosa ho paura? Mica dei demoni, che non esistono», pensa.
Landolf guarda bene la sagoma. Forse è solo un cappotto che prima non
aveva notato. La sagoma non si è mai mossa da quando l'intravista,
neanche quando le ha parlato. L'archeologo si alza e si dirige verso
l'interruttore.
La sagoma non si muove.
Accende la luce.
E' solo un cappotto.
«Che stupido che sono!», pensa.
Un forte tuono lo fa sobbalzare. Il temporale non è diminuito d'intensità,
anzi. Landolf si avvicina alla finestra e scosta la tenda. Guarda sulla strada.
Un lampo la illumina e vede un uomo peloso coprirsi gli occhi con le
braccia ed urlare. E' nudo e sembra proprio uno di quei demoni.
«Impossibile, devo aver bevuto troppi cocktail alla conferenza», pensa.
Il lampo torna ad illuminare la strada. In quel breve istante vede tre esseri
pelosi, con artigli alle mani e zoccoli, camminare leggermente gobbi. Uno
di loro alza la testa e lo guarda. Segue il tuono.
Landolf chiude le tende.
«Calmati. E uno scherzo sicuramente», pensa, non tanto convinto.
Scosta di nuovo le tende e guarda nel giardino, che è illuminato
perennemente da luci a led. Vede delle sagome correre verso la casa. Sente
nettamente rumori di zoccoli. Inoltre li ha visti bene: sembrano reali non
delle persone travestite. E' in preda di un'allucinazione? Sta forse
sognando? Non si era addormentato mentre leggeva il libro sui demoni?
Certo, è un incubo.
Si guarda in giro. Non sembra che quello che veda non sia reale.
Sente un botto. Qualcuno ha sfondato la porta d'ingresso.
Il cuore gli si ferma. Sono loro.
E' oggi il giorno predestinato, ora lo sa. E non ha nessuna arma in casa.
Corre verso l'interruttore per accenderlo ma dall'angolo dell'attaccapanni
qualcosa si muove verso lui. Si ferma immediatamente. Sente un basso
ringhio e una sagoma si avvicina alla luce della lampada. Non è illuminato
del tutto ma Landolf riconosce il demone. Alto, ha lunghi artigli, zoccoli e
due lunghi canini. L'essere ringhia nuovamente e mostra dei denti terribili,
lunghi e storti. I suoi occhi senza pupilla sono orrendi. Landolf va verso la
luce.
«La lampada non fa abbastanza luce,dannazione!», pensa.
Sente degli zoccoli dietro di sé. Si gira e vede un'altra sagoma avvicinarsi
lentamente. Apre un cassetto ed estrae una torcia. L'accende e gliela punta
contro, sul viso. Il demone urla e si sposta velocemente. Landolf ha tutta la
schiena sudata e trema. Muove la torcia in tutta la stanza. Adesso ce ne
sono almeno dieci. L'intero studio echeggia di ringhi. Landolf sente un
altro tuono poi va via la luce.
E' mancata la corrente.
«No!», urla.
Sente degli zoccoli avvicinarsi velocemente e punta la torcia in quella
direzione. Un demone ringhia ed indietreggia. L'archeologo si volta e punta
la luce verso un altro, il quale emana a sua volta un terribile verso.
Quest'ultimo assomiglia a quello di un giaguaro ferito ma con un suono più
acuto. Per un attimo vede la luce trapassare il corpo del demone che
nell'area colpita dal fascio è diventato semitrasparente. Poi il demone
scappa.
Una mano gli prende la torcia e con uno strattone gliela prende. Landolf
vede la luce carambolare nell'aria poi la torcia si schianta sul muro,
rompendosi.
Tutto è buio.
«No, lasciatemi, non ho fatto niente!», urla Landolf.
L'archeologo è colpito da qualcosa di pesante e cade a terra. Uno di loro gli
è saltato addosso.
Poco dopo sente delle lancinanti ferite alla schiena.
L'urlo di Landolf si sente fino in strada.
I demoni lo sbranano.
Una BMW si ferma davanti una casa. Immanuel è venuto a prendere il suo
amico Christian. Assieme andranno nel solito pub a far due chiacchiere.
Stasera è stanco, non vuole fare tardi. Immanuel ha avuto una giornata
massacrante. Nella azienda dove lavora come impiegato ha ricevuto molte
telefonate. Ora sta ascoltando una radio dove trasmettono musiche degli
anni 80, le sue preferite con la luce dell'abitacolo spenta. Si volta e vede
verso la casa del suo amico. La luce della cucina è spenta. Solo la luce in
una camera è accesa. Mentre arrivava con l'auto Christian gli aveva inviato
un sms in cui diceva che stava finendo di cenare e che poteva aspettarlo
fuori poiché subito dopo l'avrebbe raggiunto essendo già pronto. E' strano
che non sia già uscito, pensa Immanuel, poiché Christian mangia veloce, in
cinque minuti ha già finito tutto. L'ha visto di persona a casa sua una volta.
Sarà tornato in camera per prendere qualcosa, forse il cellulare.
Immanuel sgrana gli occhi. Sbaglia o la finestra della cucina è sfondata?
Col buio della notte è difficile vedere. Alla radio fanno Wild Boys la
canzone dei Duran Duran che preferisce. Immanuel guarda l'autoradio.
Christian sarà salito in camera, tutto qua. E per quanto riguarda la finestra
avrà visto male.
Uno scoppio alla sua destra lo fa sobbalzare. Immanuel sente dei pezzettini
di vetri colpirgli il viso, pizzicandolo come punture di api. Si volta e vede
un uomo che entra dal finestrino allungando il braccio. Quando sente degli
artigli penetrare nella carne della spalla urla e vede che quello che l'ha
preso non è un uomo.
E' un mostro.
Il viso è umano ma ha il naso schiacciato simile a quello di un cane. Gli
occhi sono senza pupilla e la bocca enorme mostra dei lunghi denti. Il
mostro urla poi tira. Immanuel sente un dolore lancinante alla spalla
mentre viene trascinato verso il finestrino. Tiene il braccio della creatura,
tentando di toglierselo. Sente che attraversa il finestrino, delle schegge gli
fanno dei lunghi tagli alla pancia. Una mano del mostro infila le punte
delle dita sul suo sterno poi con un rapido movimento verso il basso gli
apre il petto. Immanuel urla mentre sente litri di sangue caldo bagnargli le
gambe.
Allan sta facendo l'amore con sua moglie nel letto. E' felice, le cose gli
stanno andando bene. Grazie a quelle azioni ha avuto abbastanza soldi per
aprire un attività, un negozio di home theater, il suo sogno. Home Theater
Dreamer ha avuto successo e non ha molti clienti durante la settimana ma
quei pochi gli comprano apparecchiature da migliaia di euro. Il sabato
invece è pieno. Vuole molto bene a sua moglie, Bridget. Sua moglie ha un
orgasmo, lui la segue poco dopo.
Qualcuno lo prende per le spalle. Allan non capisce cosa succede, si sente
volare nella stanza e poi colpire il muro. Cade nell'oblio, svenuto. Non si
risveglierà più.
«Chi è? Cos'è successo? Allan? Allan rispondi», urla Bridget.
Lei sente un uomo saltarle addosso.
«Lasciami bastardo!», urla Bridget.
La donna crede di stare per essere violentata. Invece sente degli artigli
penetrarle nelle carni, muovendosi velocemente. La donna strilla mentre il
demone la fa a pezzi.

Un urlo di donna proviene dalla strada. Amadeus, che stava guardando un
documentario sui leoni, gira il capo, sorpreso.
«Cos'era papà?», chiede Paula, sua figlia. Ha sedici anni. E' bella ed ha
lunghi capelli biondi.
«Non lo so, ma non mi sembrava la televisione», dice alzandosi dal divano
e andando verso la finestra.
«Era una persona, non la tv. Cos'è successo?», dice Paula, bianca in volto.
Amadeus la guarda.
«Non preoccuparti, ora vedo», dice scostando la tenda.
Dalla finestra vede la strada e, aldilà, la casa della vicina. In quella
abitazione abita un'anziana, da sola. Dalla porta aperta escono tre figure.
Nel buio non riesce a vedere chi sono. Si fermano e guardano nella sua
direzione. Amadeus chiude la tenda.
«Mi sembra che siano ladri. Paula telefona alla polizia», dice Amadeus
andando nel suo studio.
«Non lasciarmi sola, ho paura!», dice Paula.
«Telefona!», dice suo padre dall'altra stanza.
Paula prende il cordless e chiama il 118. Amadeus rientra nel soggiorno
con una pistola Beretta in mano.
«Papà, attento con quella pistola», dice Paula.
«Sono un poliziotto, amore, so usarla. Allora con quel telefono?», dice
Amadeus.
«Una voce dice che tutte le linee sono occupate».
«Impossibile, ci dev'essere una centralinista che smista le chiamate».
«Ti dico che non funziona. Ho appena riprovato».
Un grosso botto fa saltare Paula.
«Pa! Hanno buttato giù la porta!»
«Chiuditi nel mio studio a chiave, svelta! E chiudi la luce», dice Amadeus.
«Ma... e tu?»
«Vai!»
Paula corre nello studio e chiude la porta a chiave, come suggerito.
Amadeus allunga la mano sinistra (nella destra tiene la pistola alzata) e
spegne la luce. Una debole luce lunare penetra attraverso le tende.
Amadeus si è messo con le spalle al muro tenendo alla sua destra la
finestra. Loro non sapranno dov'è ma lui invece conosce benissimo il suo
salotto. E l'unica porta dove possono entrare, quella dall'altra parte della
stanza.
La porta si apre di botto, sbattendo sul muro.
Sua figlia urla.
«Paula!», dice Amadeus.
Una sagoma si avvicina a lui correndo. Amadeus spara. Il lampo illumina
un essere peloso e con grossi artigli. Non rallenta nemmeno. L'uomo spara
altre due volte. Una mano gli stringe la gola, lui lascia cadere la pistola
prendendo l'arto del mostro, istintivamente. Il mostro lo stringe a sé,
tenendo la schiena dell'uomo a ridosso del suo petto. Gli mette l'altra mano
sotto il mento, da sopra la testa.
Poi tira.
Amadeus urla. Nella stanza si sente un tremendo rumore di strappo, poi un
corpo cadere. Infine una cosa cade per terra, rotolando vicino alla poltrona.
E' la testa di Amadeus.
11 Maggio

Udo si sveglia con un forte mal di testa. Ieri notte ha bevuto molto whisky.
Ha pensato a sua moglie, a quanto la ama ancora... non contraccambiato.
Crystal convive con un prete protestante. Ad un certo punto, barcollando,
ricorda di essere venuto in camera. Poi niente.
Rialzandosi si accorge che si era buttato a pesce sul letto. Si volta. La luce
è accesa, non l'ha neanche spenta.
«Maledizione, che stupido sono», pensa.
Si guarda in giro. La porta è aperta anche se si ricordava di averla chiusa.
Evidentemente non l'ha fatto; con la sbornia che ha avuto se n'è
dimenticato.
Udo guarda la sveglia, deve andare all'università. Sono le dieci. Ha saltato
una lezione senza avvertire, gli studenti saranno inferociti. Prende il
cellulare vede che l'ha chiamato sua figlia, ieri notte. Riprova a chiamare
anche se a quest'ora forse è a una lezione. E' cosi, non risponde, anche se è
stranamente ha lasciato acceso il telefonino (evidentemente è silenzioso).
Udo si alza, va verso la finestra e scosta la tenda. Guarda in strada. Sta per
girarsi quando qualcosa attira la sua attenzione. Un uomo è disteso su un
mare di sangue davanti ad una macchina, sul marciapiede, di fronte al
cancello dei vicini. Il finestrino è esploso. Udo scende velocemente le scale
ed esce. Va verso quello che gli sembra un ragazzo.
Udo si tiene sul muretto della casa del vicino e si gira, vomitando. Le
budella del ragazzo sono sparse sul marciapiede. La vittima ha gli occhi
spalancati e il viso è deformato dal terrore. Udo si allontana, per
riprendersi. Sta quasi per svenire. Guarda nel giardino del vicino. Accanto
ad una finestra vede un braccio staccato di netto, sanguinante. Il mondo per
lui diviene nero.
Quando apre gli occhi gli sembra di essere in paradiso, sta vedendo una
bellissima ragazza. Grandi occhi azzurri da cerbiatto, capelli castani corti a
caschetto e nasino all'insù.
«Signore, sta bene?», dice la ragazza.
Non è un sogno, è la verità. Udo spera però che tutto quello che ha visto
prima sia stato un sogno. Dietro di lei vede la strada dove abita.
«Io... non mi sono sentito bene», dice, poi gira il capo verso il corpo
straziato.
«Allora... non era un sogno», dice.
«No, è tutto vero. Dei mostri hanno ucciso centinaia di persone stanotte.
Ho guardato almeno tre case, di quelle con la porta aperta. Non ne voglio
vedere più», dice la ragazza.
Udo guarda la ragazza. Alta, magra, ha un fisico da modella e un lungo
coltello che le spunta da sotto la corta giacca. E' infilato nella cintura.
«Ha notato il coltello? E' per difendermi, non abbia paura», dice la ragazza.
«Io... mi chiamo Udo Schmidt. Abito nella casa dietro di me. Per quanto
riguarda i killer, è sicura che non siano uomini? Il ragazzo qua accanto...».
«Le sembra possibile che sia stato un uomo a farlo? Comunque piacere, mi
chiamo Jessica Heydrich. Abito nel quartiere successivo. Quasi tutte le
abitazioni hanno la porta sfondata o aperta. Tutti i corpi sono sbranati,
mutilati o fatti a pezzi. Sono sicura che non sono state delle persone... li ho
visti».
Per un attimo Udo pensa ai demoni del buio ma poi scarta l'idea.
«Sicura che non siano terroristi?», dice Udo.
Jessika lo guarda malamente.
«No, eh? Non lo penso neanche io», dice Udo ricordandosi che ha dormito
con la luce accesa.
«Senti, Jessika. Ieri notte cos'hai visto o sentito? Io dormivo alla grossa
non ho sentito niente», dice ancora Udo.
«Non so se devo raccontare le mie cose personali ad uno sconosciuto»,
dice Jessika.
«Hai sentito l'odore dell'alcool, vero? E' vero, ho bevuto ieri sera, perché
mia moglie... Oh mio dio, Crystal ed Emma staranno bene? Devo andare,
scusa»
«No, signore, aspetti. Non voglio stare da sola», dice la ragazza.
«Non volevi raccontarmi cos'hai visto ieri sera... e adesso vuoi venire con
me in auto? Non ti capisco, Jessika»
«Io... sono terrorizzata. E se quelle... cose sono ancora in giro?»
Udo la guarda a bocca aperta. Ha ragione, non ci aveva nemmeno pensato.
«D'accordo venga con me. Non ho armi però», dice andando verso il suo
garage.
Udo entra in casa, seguito dalla ragazza. Entrano in garage. Lui apre il
portone e poi la sua macchina, un Audi A8. Jessika ci entra veloce, come il
garage stesse per bruciare. Udo prende un accetta e a sua volta sale in auto.
Jessika lo guarda spaventata, mette una mano sulla maniglia della portiera.
«Tranquilla è per difenderci. Non ho altro», dice Udo riponendola sul
sedile posteriore.
Jessika guarda l'ascia poi annuisce e toglie la mano dalla maniglia. Udo fa
retromarcia. Poi preme il telecomando e il portone si richiude. Esce in
strada.
«E poi tu hai un coltello», dice Udo.
Jessika fa un mezzo sorriso e poi dice: «Le racconterò adesso cos'ho visto
ieri sera, mentre guida.»
Udo annuisce ma non dice niente, accelera.
«Non corra troppo», dice Jessika.
«Puoi darmi del tu, Jessika. Chiamami Udo. Ho fretta di vedere mia figlia.
Non ci ammazzeremo tranquilla. Questa Audi è stabile ed ha quattro ruote
motrici», dice Udo.
«Va bene, sign... Udo. Ieri notte mentre leggevo un libro ... Sono
all'università, sai... Beh, ho sentito delle urla. Sono scesa dal letto e andata
alla finestra. Non ho acceso la luce principale ho lasciato acceso solo
lampada sul comodino. Attraverso il vetro ho visto delle sagome
camminare sulla strada....

Jessika vede un uomo saltare addosso ad una persona e cominciare a
picchiarla. Sono teppisti. No, non la sta malmenando... muove le braccia in
modo strano. Jessika si mette una mano sulla bocca. La sta sbranando. Non
è possibile! Jessika chiude la tenda, va nel soggiorno e accende la luce.
Non vuole rimanere nel buio, ha troppa paura. Chi era quell'assassino? Era
veramente un uomo?
Controlla che la porta dell'appartamento sia chiusa. La porta è blindata,
l'aveva messa il proprietario, prima che decidesse di affittarla.
Dal bagno sente la finestra andare a pezzi e un rumore. Poi dei passi.
Jessika va in cucina e da un cassetto prende un lungo coltello da cucina,
poi prende il cellulare che ha sul banco tra la cucina e il soggiorno. Con la
sinistra digita il segnale del soccorso col centralino, il 118 1. Mentre lo fa
guarda con la bocca aperta la porta del bagno. Ha tanta paura.
Ma essa rimane chiusa. Il centralino non risponde. Tenta di chiamare
direttamente la polizia. Una voce automatica dice che tutte le linee sono
occupate. Chiama i suoi genitori e il ragazzo ma entrambi non rispondono.
Dal bagno non ci sono più rumori.
Ma Jessika è sicura che ci sia qualcuno.
Rimane in piedi, appoggiata al banco, per un periodo indeterminato. Ad un
certo punto si accorge che sta per addormentarsi, in piedi. Forse nel bagno
non c'è nessuno: qualcuno avrà tirato, non si sa il perché, un sasso alla
finestra del suo bagno e l'avrà rotta. Jessika mette una sedia di traverso
sulla maniglia della porta del bagno per chiuderla, per sicurezza e torna
nella sua camera. Accende la luce principale e sente un orribile urlo alla
sua sinistra. Si gira e vede un mostro, un umanoide con lunghi artigli alle
mani e zoccoli ai piedi. Spalancando la bocca esso mostra dei lunghi denti
appuntiti e storti. Jessika urla La creatura cerca di andare verso la finestra e
man mano che corre diviene sempre più traslucido. Diviene trasparente e
prima che tocchi la finestra scompare. Solo ora si accorge che la finestra è
spalancata. L'ha chiusa ed è rimasta per gran parte della notte con tutte le
luci accese, sopra il letto, tremando. Le luci li uccidono. Ha sentito urla,
spari in lontananza, rumore di zoccoli fuori dalla porta, come se ci fosse un
cavallo in giardino e qualcuno parlare in una strana lingua. Il bagno è
rimasto silenzioso. Poi si è addormentata.

«Non mi crede, vero? Pensa che sia pazza. L'ho creduto anch'io stamani
quando mi sono svegliata», dice Jessika.
«Ho detto che puoi darmi del tu. No, non penso che tu lo sia. Non dopo
quello che ho visto. Da come hai descritto il mostro e il fatto che la luce
l'ha ucciso mi ha fatto capire che purtroppo avevo ragione. Sono tornati i
demoni della notte...», dice Udo.
«Cosa... sono? Non li ho mai sentiti nominare».
Udo schiva un'auto ferma sulla sua corsia. La portiera è spalancata. Sotto la
macchina c'è un lago di sangue. Udo la supera tranquillamente, dall'altra
parte non arriva nessuno. In verità non ha incrociato un'auto da quando è
partito. Jessika guarda dentro l'abitacolo quando ci passano vicino.
Gira immediatamente la testa.
«Forse il conducente è ancora vivo...», dice Udo, guardando la strada.
Comincia a rallentare.
«No... l'ho visto», dice Jessika.
Udo accelera. Mentre guida dice tutto quello che sa sui demoni della notte.
«Forse nessuno sapeva della loro leggenda perché è stata rimossa dalla
memoria. Probabilmente l'unico libro che parla di loro è quello di Thomas.
I demoni fanno troppa paura...», dice.
«Per favore non mi parli... di loro», dice Jessika con un tono di una che sta
per piangere.
«Voleva sì o no sapere... scusa. Come vuoi. E' già andata dai suoi genitori,
vero?»
«Sì... C'era solo mia mamma, mio padre è morto due anni fa di cancro. E il
mio ragazzo. La mamma... mio dio...», dice Jessika.
«Va bene, non faccio ulteriori domande. Scusa se te l'ho chiesto», dice
Udo.
«Figurati. Sì, andiamo da tua moglie, forse riusciamo a salvare qualcuno».
«Tutti quelli vivi di sicuro, basta dire loro di non stare mai al buio... Se ci
sono altre persone vive».
«Io ho incrociato un uomo anziano mentre camminavo nella tua via...
continuava a dire: 'Madge, Madge'. Probabilmente il nome di sua moglie.
Gli ho parlato ma era come se non esistessi. Ha tirato dritto...», dice
Jessika.

Per la strada incontrano diverse macchine ferme in mezzo alla strada o
parcheggiate con le portiere aperte o i finestrini sfondati. Non incrociano
nessuno.
Davanti alla casa di Crystal c'è una macchina della polizia con le portiere
aperte. Il lampeggiante è ancora in funzione ma l'auto è spenta. Udo
parcheggia e scende dall'auto con l'accetta in mano, poi corre, lasciando
aperta la portiera. Jessika gli corre dietro. In giardino vede Udo saltare un
corpo ed entrare nella porta della casa aperta. Jessika vede che il professore
ha evitato un poliziotto morto. Il cadavere è senza testa. Urla e si tiene una
mano in bocca. Poi sente l'urlo di Udo. Jessika vorrebbe intervenire ma ha
una paura matta dei demoni. Estrae dalla cintura il coltello da cucina e
rimane lì, ferma, a due passi dal morto. Poi sente singhiozzare. Salta il
poliziotto ed entra nel corridoio. Nota che la luce è spenta, quindi l'accende
immediatamente. Udo nella foga di entrare non se n'è accorto, ha rischiato.
Secondo lui i demoni si rintanano nel buio, anche di giorno. In cucina,
dov'è Udo, la luce invece è accesa. Nel corridoio c'è una poliziotta. Ha in
mano una pistola. Ma le manca una gamba. Il professore è in ginocchio e
piange sul corpo della moglie, steso su un lago di sangue. Jessika torna
fuori e va a vomitare nel giardino, lontano dal poliziotto.
La porta elettrica del garage si apre e da esso esce Udo con una pala in
mano. Senza dirle niente e senza neanche guardarla comincia a scavare una
fossa in giardino. Jessika le si avvicina.
«Udo... e tua figlia?», dice Jessika mettendogli la mano sinistra sulla
schiena.
Lui smette di scavare.
«E' in camera...»
Udo continua a scavare. Jessika ripone il coltello nella cintura dei jeans
senza chiedergli ulteriori informazioni.
«Così hai ancora il coltello... non penso serva contro i demoni», dice Udo,
senza girarsi.
«Mi dà sicurezza...»
«Sì, hai ragione», dice Udo gettando una badilata di terra.
«C'è un altra pala?», dice Jessika.
«Sì, nel garage. E' illuminato», dice Udo.
E' illuminato, pensa Udo. E' la nuova frase per dire che un posto è sicuro?
Ma è così veramente? Saranno al sicuro? Basterà che entrino in casa al
tramonto e che tengano la luce accesa tutta la notte? E quanto dovranno
aspettare prima che la corrente s'interrompi? Quanti sono sopravvissuti? E
quanto staranno nella Terra i demoni? Qualche giorno? Sempre?
Queste e altre mille domande tormentano Udo mentre scava. E se le fa per
non pensare ai suoi cari. Proprio per lo stesso motivo Jessika lo sta
aiutando a scavare la fossa per Crystal ed Emma.
Per non pensare.

Finita la fossa hanno messo i corpi delle due povere donne in una coperta e
gettati nella loro tomba. Già che erano ci hanno gettato anche i corpi dei
poliziotti. Prima di farlo si sono tenuti le loro pistole Beretta con un
caricatore di scorta. Una l'ha presa Jessika, la quale si è sbarazzata del
coltello. Ricoperta la fossa comune, Udo ha costruito una croce con due
pezzi di legno. Sopra ha scritto con un pennarello indelebile i loro nomi. Se
sopravvive farà una croce migliore.
«Sei sicuro che non sia sopravvissuto nessuno? Cioè... magari ci sono
ancora le pompe funebri», dice Jessika.
«Non lo so. Tu sei stata in qualche casa oggi? Ne ho viste tante con la porta
aperta o sfondata mentre guidavo», dice Udo.
«Beh... sì. Ho trovato solo morti. In un giardino c'era un filo della corrente
penzolante. Era stato strappato. Lì non sono entrata. L'unico che ho visto
vivo oltre a te è quell'uomo di cui ti ho parlato».
Il filo della corrente strappato non dice niente di buono, pensa Udo.
«Vieni con me? Devo andare in un centro commerciale», dice.
«Sì...»
«Prima vorrei prendere un'altra arma, più efficace. Il padre di Crystal era
un cacciatore. Mia moglie ha tenuto di ricordo un fucile».
Udo si avvia verso casa. Jessika lo segue. L'uomo va verso una porta.
«Aspetta, vai in cantina?», dice la ragazza.
«Sì, perché?», dice Udo.
«Puoi accendere la luce da fuori?»
«No, però l'interruttore è sulle scale, appena dietro la porta. Hai ragione,
devo stare attento, potrebbero esserci dei demoni».
Udo si avvicina alla porta e appoggia l'orecchio sulla porta della cantina.
Non sente nessun rumore. Estrae la pistola che aveva infilato nei pantaloni
e la tiene con la destra in alto, dopo aver tolto la sicura. Con la sinistra apre
la porta.
Non l'ha aperta neanche di venti centimetri che un grosso braccio peloso
fuoriesce dal pertugio e lo prende per la manica. Il demone tira e Udo
finisce sulla porta, chiudendola. Jessika urla. Udo tira il braccio più forte
che può e riesce a strappare il giubbotto, poi chiude la porta. Per fortuna il
mostro l'ha preso per la manica e non per il braccio. Si allontana di qualche
passo poi spara tre volte sulla porta. Il rimbombo della pistola nella casa è
frastornante. Jessika si tiene le mani sulle orecchie mentre continua ad
urlare, per l'emozione. L'odore della polvere da sparo è nauseante. Udo
rimane immobile, con un espressione stupita sul viso e il braccio destro
allungato nell'atto di mirare. Vede il fumo uscire dai buchi dei proiettili.
Dubita che abbia fatto del male al demone anche se era dietro subito dietro
la porta. L'odore della polvere da sparo ristagna nel corridoio.
«Basta la pistola. Andiamo», dice Udo girandosi e avviandosi all'uscita.
«Non gli hai fatto niente», dice Jessika.
La ragazza lo segue. E' contenta di uscire alla luce del sole che ora è alto.
«Come stai?», chiede a Udo.
«Bene... un po' scosso ma a posto a parte una manica rotta. Ma adesso nel
negozio potrò prendere un altro giubbotto», dice quest'ultimo.
I due salgono sull'Audi e poi si allontanano. Nessuno dei due parla durante
il tragitto. Jessika guarda fuori dal finestrino le case con le finestre rotte e
le porte aperte. Ogni tanto passano davanti un negozio con la vetrina
sfondata dal quale suona un allarme. Ma sul marciapiede non vedono
nessuno.
«Dici che dovremmo vedere se ci sono persone ferite?», dice ad un tratto
Jessika.
«Non sono un dottore. Tu cosa studi?»,dice Udo guardandola per un
attimo.
Ogni volta che la guarda sembra sempre più bella.
«Conservazione dei beni culturali alla tua università. Non sono un medico.
E' anche vero che per le ferite gravi non potremmo fare niente, però...»
«Hai ragione, dovremmo cercare dei sopravvissuti. Ma non possiamo
andare in giro casa per casa. Ce ne sono migliaia ad Ingolstadt»
La macchina passa davanti all'Audi Forum. Di solito nella sua piazza si
intravedono dei visitatori che vanno verso il museo o l'Audi Bar e delle
macchine come la sua parcheggiate davanti a quest'ultimo. Oggi è deserto.
«Io lavoravo part time in un negozio di vestiti in centro. Ho fatto anche la
barista; il bar non era mio», dice Jessika.
«Prima hai detto 'alla tua università'. Mi hai visto là? Io non ti ho mai
notata»
«Io sì, ti ho visto passare una volta. Ma non mi hai vista evidentemente.
Non eri un mio professore»
Udo si ferma con l'auto nel parcheggio di un grosso centro commerciale.
Vedendo che è entrato storto nelle linee fa retro per allineare meglio la
macchina.
«Non occorreva. Forse saremo solo noi i clienti in tutta la giornata.... anche
se spero di no», dice Jessika.
«La forza dell'abitudine», dice Udo.
Quest'ultimo apre il cassetto e prende una torcia. Sceso dalla macchina se
la mette nella tasca interna della giacca e si avvia verso l'entrata con
Jessika al suo fianco. La ragazza ha notato che ha chiuso l'auto, un'altra
cosa che forse non serviva, ma non dice niente. Il centro commerciale è
chiuso, come pensava Udo. La porta a vetri principale però è sfondata.
L'allarme suona ma nel parcheggio non c'è nessuna macchina della polizia.
Udo estrae la sua pistola e passa per l'apertura, cautamente per non
tagliarsi. Jessika lo segue.
«Non si potrebbe, è chiuso», dice la ragazza.
«Quello che prenderò lo pagherò appena tutto torna normale, se mai lo
sarà», dice Udo.
«Non dire così, sto cercando di non pensare che la nostra vita cambierà
radicalmente. Se i sopravvissuti sono pochi ci vorranno anni per tornare a
come eravamo prima. Bisogna vedere se sono sopravvissuti poliziotti e
politici. Riavviare in tal caso l'intero sistema politico e di giustizia... se sarà
possibile».
«Io penso a una cosa più banale... si chiama sopravvivenza».
Camminano nel corridoio principale ai cui lati ci sono negozi.
«Per adesso dobbiamo pensare a vivere durante il giorno e sopravvivere la
notte», dice Udo.
«Non penso che la tua pistola serva contro i demoni. E comunque le luci
del corridoio principale sono accese», dice Jessika.
«Non è per i demoni che ho estratto la pistola. Non vorrei che fosse stato
qualche delinquente a rompere il vetro. C'è sempre qualcuno che approfitta
del caos».
«Hai ragione».
Jessika si guarda in torno. Guarda le vetrine chiuse dei negozi. Alcune sono
illuminate ma altre no. In quest'ultime il vetro è sfondato e vede delle
sagome muoversi nell'ombra.
«Ci sono i demoni nei negozi bui. Siamo al sicuro vero?», dice.
«Finché c'è la luce sì», dice Udo.
Il professore si rende conto solo adesso che è importante che facciano il
più presto possibile. Pensa al filo strappato nel giardino. Sono stati
sicuramente i demoni. Tolta la corrente, hanno avuto via libera in quella
casa. Sono intelligenti, come aveva scritto Thomas sul suo libro. Dove
sono le cabine elettriche in questo centro? Spera non all'interno, ma nel
parcheggio esterno. Basta però che uno di loro sia chiuso in una stanza
buia dove sono gli interruttori generali e che li senta camminare... Non
vuole pensarci. Con la sua torcia non li fermerebbe.
«Non parliamo se non serve e cerchiamo di non fare troppo rumore», dice
piano Udo.
«Va bene».
I due giungono all'ingresso del supermercato principale, quello più grande.
E' illuminato. Udo mette via la pistola, prende un carrello e dice a Jessika
di prenderne una altro.
«Perché?», dice lei.
«Tu fai la spesa e prendi solo viveri a lunga conservazione. Io prendo delle
cose che ci serviranno stanotte. Poi ti dico, fidati. Sbrighiamoci!»
«Oki»
  Le porte a battenti automatiche sono spente quindi loro passano per
l'uscita, che ne è priva. Non c'è nessuno nel negozio.
«Che strano vederlo così deserto. Fa impressione», dice Jessika.
«Già».
Jessika esegue le indicazioni di Udo, buttando nel carrello scatolette e altri
viveri a lunga conservazione, senza soffermarsi sulla marca. Udo riempie il
carrello di grosse torce e pile. Nel reparto vestiti si prende anche una
giacca nuova.
Quando si incrociano lei dice: «Quante torce e pile! Perché?»
«Io penso che i demoni prima o poi staccheranno la corrente principale alla
casa dove andremo. Intendo dire il filo, quello in alto. E non so ripararlo.
Le pile illumineranno la stanza»
«Andremo?»
«Vedi te Jessika se rimanere con me. Se vuoi ci spartiamo la roba. Pensavo
che assieme fossimo più sicuri».
«Certo che rimango con te... da sola stanotte non voglio stare. Ma non
nello stesso letto. Non pensare male»
«Tranquilla non sono uno di quelli che ci prova appena può... anche se sei
molto bella»
«Grazie».
«E poi i professori non dovrebbero andare coi propri studenti», dice Udo
spingendo il carrello.
Jessika ride. Vanno in una cassa, che è vuota e spenta. Udo passa per
prima. Jessika, prima di seguirlo, prende una manciata di barrette di
cioccolata.
«L'ho sempre desiderato prenderne molte ma da bambina non avevo i soldi
e adesso non le prendevo per la dieta... ma oggi chi se ne frega... Andiamo
a casa mia che è più piccola e quindi più facile da proteggere», dice
Jessika.
«E' quello che pensavo, se sei d'accordo».
«D'accordissima».
La luce del corridoio per un attimo cala poi riprende.
Jessika urla: «No!»
«Sbrighiamoci. A me non è mai piaciuto stare tanto in un centro
commerciale», dice Udo correndo mentre spinge il carrello. In realtà lui
pensa alle luci, che potrebbero spegnersi.
«Non è il momento di fare dello spirito...» dice Jessika imitandolo.
Mentre corrono Jessika vede delle ombre dietro alle vetrine spente. I
demoni si stanno agitando. Le luci traballano ancora. Per uscire Udo
sfonda una parte della porta a vetri. Nessuno dei due si si ferisce. L'allarme
suona ancora.
«Che fastidioso», dice Udo rallentando. Ora sono al sicuro.
Jessika si gira verso l'entrata principale del centro.
Le luci si sono spente. Li vedo muoversi», dice.
«Già... Non potremo più tornarci», dice Udo.
«Non è l'unico anche se era il più grande»,dice Jessika.
Caricano l'Audi, che non ha problemi di spazio, poi vanno dove abita
Jessika, seguendo le sue indicazioni.

Il suo condominio ha solo due piani ma lei abita al piano terra. Appena
entra a piedi nel giardino, Udo nota il prato tagliato, un bellissimo vecchio
albero e un motocoltivatore parcheggiato sulla destra, tra la casa e le alte
siepi, accanto una finestra.
«Stai vedendo il motocoltivatore? L'ha parcheggiato là il mio vicino, sotto
alla finestra della mia camera. Lo usiamo per tagliare l'erba. Vedi l'attrezzo
attaccato dietro?», dice Jessika.
«Sì», dice Udo.
Entrano in casa.
«Bello il tuo appartamento, anche se non è molto grande», dice Udo.
«Tu dormirai sul divano letto. Stamani ho rischiato sai, andando in bagno.
Ho tolto la sedia ed acceso la luce. Non c'era nessuno. Il demone era
andato via ma non lo sapevo. Non sapevo neanche che ero una delle poche
sopravvissute. L'ho scoperto quando sono uscita dopo la colazione per
andare all'università», dice Jessika.
Guarda il professore per un attimo poi dice ancora: «Adesso riponi le cose
mentre preparo il pranzo», dice Jessika.
Jessika vuole aprire il frigo ma ha un attimo di esitazione.
«Non avere paura, Jessika. I demoni non sono così stupidi. Sanno che se si
nascondono là dentro appena uno apre la porta viene investito dalla luce
esterna e del frigo. E poi penso che respirino come noi... penso», dice Udo.
Jessika ride.
«Hai ragione. Che strana idea ho avuto. Un demone nel frigo», dice
aprendolo.
Sentono un botto e Jessika urla.
Un contenitore di cartone con delle uova è caduto sul pavimento.
«L'ho messo male. Che stupida sono a spaventarmi sempre!», dice la
ragazza.
«E' naturale. Però abbiamo delle uova in meno. Alcune si sono rotte», dice
Udo prendendo il contenitore e sorridendo.
Jessika ride. Guarda nel frigo. Dentro ci sono formaggio, degli yogurt e la
verdura. Nel freezer c'è della carne.
«Sono dei veri demoni o creature reali?», dice Jessika.
«Non lo so».
«Se sono demoni perché entrano sfondando le porte? E se hanno un corpo
fisico perché le pallottole li trapassano?»
«I don't know».
Jessika cuoce due bistecche e le mette su due piatti sul tavolo. Accanto
pone anche delle salse e una lattina di birra per Udo. Lei beve succo di
frutta. Udo ringrazia di tutto. Mangiando diminuisce il loro nervosismo.
«Stamani quasi ti prendeva quel mostro», dice sorridendo Jessika.
«L'ho scampata bella, sì. Come mai stamattina eri nella mia via?», dice
Udo.
«Camminavo a caso. Dopo quello che ho visto ero sotto shock. Ho
telefonato a tutti i contatti che avevo nel cellulare ma nessuno mi ha
risposto. Poi ti ho visto cadere in lontananza. Pensi che ci siano altre
persone oltre a noi e al tizio che ho incontrato?», dice Jessika.
«Sì. Vedi, molte persone avranno visto dalla finestra i demoni e magari
saranno rimasti barricati in casa con le luci accese. Però alcuni di loro
saranno stati presi nei corridoi e stanze buie e la maggior parte alla fine,
sentendosi sicuri, avranno spento la luce per dormire... ad altri hanno
staccato la luce, come hai visto. Quelli che non si sono accorti dei demoni
semplicemente stavano dormendo»
«Mio dio», dice Jessika.
Udo diviene serio per un attimo. Ha pensato a sua moglie ed Emma.
Jessika lo intuisce guardandolo e il ricordo va subito a sua madre e a
Ludwig, il suo ragazzo. Sparecchia la tavola, per non far capire a Udo che
sta piangendo.
«Sei figlia unica?»
«Sì...»
«Anche io. E sono orfano. I miei genitori sono morti in un incidente aereo
quando avevo ventidue anni».
«Mi dispiace molto».
Dopo sparecchiato, mentre Jessika pulisce i piatti per riporli nella
lavastoviglie, Udo pensa a come disporre le torce. Le mette in modo che
nessuna parte dell'appartamento sia al buio. Neanche in camera, bagno e
ripostiglio, le uniche stanze oltre alla cucina/soggiorno. Accanto a loro
mette delle pile di riserva.
«Ecco fatto. Ogni tanto dovremo andare a recuperare altre pile. Ne
abbiamo quante ne vogliamo, ci sono parecchi negozi in città. Spero
comunque che i demoni non stacchino la luce. Comunque se nessuno bada
alla centrale elettrica prima o poi mancherà la corrente in tutta la città»,
dice Udo.
Il professore comincia ad accendere tutte le pile, in tutte le stanze.
«Facciamo una prova. Chiudi le persiane», dice.
«Sei... sicuro?», dice Jessika.
«Sì. Tanto fuori nel corridoio non ci sono demoni».
Jessika chiude le persiane poi, assieme a Udo, spegne una alla volta tutte le
luci delle stanze dell'appartamento. C'è una fioca illuminazione ma poche
zone buie. Jessika si guarda in giro, nervosa. Le pare di sentire un rumore.
Udo riaccende la luce principale e riapre le finestre. Jessika si tranquillizza.
«Ho visto dove sono le zone semibuie, faccio una piccola modifica», dice.
Dopo aver sistemato e provato le torce i due escono dall'appartamento. Se i
demoni le prendono ne cercheranno altre. Prima di tutto hanno seppellito la
madre e l'ex ragazzo di Jessika poi sono andati dalla polizia per vedere se
qualcuno di loro è ancora in vita.
Dalla polizia hanno trovato soltanto cadaveri.
«Forse alcuni di loro sono a casa», dice Udo.
Hanno provato anche ad andare da alcuni dei loro amici, di quelli che
abitano in città, ma senza buon esito. E' stato anche da Landolf ma l'ha
trovato con la schiena aperta. Il suo corpo era semivuoto. Nessun
sopravvissuto.
Scoraggiati hanno cominciato a vagare per Ingolstadt in auto. Hanno anche
fatto una passeggiata in centro ma non hanno visto nessuno. Verso le sette
sono tornati in auto. Udo guarda l'indicatore della benzina. Ha ancora un
quarto. Meno male, ha paura di rimanere a piedi e in tal caso dovrebbero
tornare a casa prima del buio, cioè verso le otto e i distributori di
carburante non funzionano. Tornati a casa hanno trovato le torce al loro
posto.
Mentre cenano Udo vede i raggi del sole di colore rosso fuoco attraverso la
finestra; sta tramontando. Le luci in casa sono già accese ma per sicurezza
Udo accende tutte le torce.
«Torneranno?», dice Jessika.
«Sì», dice Udo.
«Sei sicuro che staccheranno la luce?»
«No ma se lo faranno e le torce sono spente non avremo il tempo di
accenderle. Tanto di pile sono pieni i centri commerciali».
Jessika accende la tv ma solo in un canale c'è segnale. Stanno trasmettendo
Derrick, un telefilm.
«Probabilmente quella stazione sta trasmettendo automaticamente una
sequenza di trasmissioni già registrata. Una volta terminata il computer l'ha
ripropone da zero. E' impossibile che non trasmettano tg straordinari dopo
quello che è successo», dice Udo.
Jessika accende la radio del suo impianto stereo. Le stazioni sembrano
mute. Ad un certo punto si sente una voce femminile.
«Per i pochi radiospettatori ancora in vita ripeto quello che ho già detto.
Tenere sempre le luci accese. E' la luce che tiene lontani quei mostri. Cosa
pensa che siano quelle creature, professore Himmler?»
«Himmler! Lo conosco», dice Udo.
«Sssst!», dice Jessika.
«Non ne ho idea. Purtroppo tutti i miei conoscenti esperti su tale campo
sono morti...»
«Non tutti, ci sono anch'io... anche se non sono un vero e proprio esperto »,
dice Udo.
«...sembrano persone più che demoni. Hanno l'aspetto dei cosiddetti
'demoni del buio' e hanno le loro stesse caratteristiche. Le pallottole li
trapassano; nessuna arma li può fermare se non, come ha già ripetuto lei,
la luce. Per me vengono da un altro mondo...»
La voce passa alla donna.
«Sta calando il buio, state pronti. Non avvicinatevi a porte e finestre che
danno all'esterno poiché essi sono in grado di spezzarle e di trascinarvi
fuori. Anche se si comportano da animali sono molto intelligenti..»
«Qualcun'altro è rimasto in vita allora oltre all'uomo che ho visto, bene»,
dice Jessika.
«Bene», ripete con un tono serio Udo.

Le ombre si allungano sulla strada ma Sophie e suo marito Robert ancora
non hanno visto nessun movimento in giro. Sono bloccati nella loro auto.
La benzina è finita a circa 30 chilometri da casa loro. Robert non ha
guardato l'indicatore della benzina prima di partire dalla casa dei suoceri.
Rischiamo di raggiungerli in paradiso, pensa Robert. Nell'abitacolo è
accesa la luce.
«Non riesci ad accendere la macchina, vero?», dice Sophie. Ha
cinquant'anni.
«No, te l'ho già detto, è finita la benzina. Spero che la luce dell'abitacolo
basti a tenerli lontani. In caso tu punta loro quella torcia che ti ho dato in
mano. Purtroppo dobbiamo dormire qui, la casa più vicino era senza
corrente, hai visto anche tu», dice Robert.
«E... se non vengono più? Forse se ne sono andati, è già buio e non vedo
ancora nessuno», dice Sophie.
«Allora dormiamo qui comunque e poi domani cerchiamo un distributore
sperando che la pompa funzioni. Spero proprio che tu abbia rag...»
In quel momento sentono l'auto scuotersi su è giù. Sophie urla. Qualcuno la
sta sbattendo. Dal finestrino Robert vede che sono due di quei mostri. I
loro ruggiti sono terribili. Veloci come sono venuti scompaiono nel buio.
La luce fa loro male.
«Vogliono spaventarci per farci uscire. Stai tranquilla, hai sentito la radio.
La luce li spaventa. Ho chiuso le portiere, no?», dice Robert con voce
tremante.
«Sì è... chiusa. Ma loro possono sfondare il finestrino. Hai visto com'era
ridotta la porta del nostro garage!»
«Se ne vedi avvicinare uno punta la luce della torcia sul suo viso. Forse ad
un certo punto smetteranno di provarci e allora forse riuscirai a dormire».
«Non riuscirò mai a farlo! Li senti? I loro maledetti zoccoli...»
«Non capisco come hanno fatto ad avvicinarsi così silenziosamente ...»
L'auto viene sollevata parzialmente dal davanti. Sophie urla. Si sente un
crac e il cofano viene alzato.
«Cosa fanno, Robert? Ho paura».
«La batteria!», urla Robert.
L'abitacolo cala al buio. Le portiere vengono divelte e gli sposi trascinati
fuori.

Albrecht guarda fuori dalla sua finestra. Li vede muoversi. Ma ha acceso
tutte le luci in casa, è al sicuro. Quei bastardi non riusciranno a fregarlo. E'
riuscito a sopravvivere alla guerra, non morirà a causa di mostri che
parlano un lingua gutturale. Albrecht è un ex SS. In mano ha una Luger
P08. Vede uno di loro arrampicarsi sul palo della corrente.
«Sei furbo, mostro, ma adesso finirai fulminato, idiota», dice Albrecht.
Albrecht vede che il demone strappa il filo ma rimane aggrappato sul palo,
indenne. E nella casa scende l'oscurità. Dopo tanti anni ripiomba in lui la
paura che aveva durante la guerra. Di essere ucciso durante un azione di
guerra, di un bombardamento, di essere catturato dai sovietici. La porta
della stanza chiusa a chiave viene scardinata. Lui si volta e con le mani
tremanti mira alla sagoma che sta correndo verso di lui e fa fuoco.

Jessika, che sta dormendo in camera, si sveglia a causa di un forte rumore.
Attraverso la tenda della finestra entra un grosso braccio peloso. Il ruggito
del demone rintrona nella cameretta mentre Jessika urla. Poi la mano
scompare velocemente, così com'è apparsa. Per fortuna il letto è dalla parte
opposta delle finestra. Jessika allunga la mano sul comodino e prende la
pistola. In quel momento entra Udo con l'altra in mano. Jessika si gira a
guardarlo, bianca in volto.
«Tutto bene?», dice Udo.
«S...sì. Ma ho paura», dice Jessika.
«Tranquilla anche se spengono la luce ci sono le torce. Abbiamo provato
prima, non possono raggiungerle e la loro luce copre tutto l'appartamento».
«Voglio dormire di là anch'io. Non voglio stare da sola».
«Dobbiamo disfare il letto e portarlo di là, è pesante...»
«Non importa, faccio da sola se non vuoi aiutarmi».
«No, ti aiuto, no problem».
Jessika scende dal letto e comincia a togliere il piumone. Mezz'ora dopo il
suo letto è accanto al divano letto.
«Grazie Udo. Ora sono più tranquilla», dice Jessika.
«Se ci attaccano io non posso fermarli. Non conosco formule magiche»,
dice Udo.
Jessika sorride.
«Lo so», dice.
Udo non riesce a dormire: sente continuamente i loro passi e il loro
parlottare nella loro strana lingua. Non riesce a non pensare ai demoni. E a
come riducono le loro vittime.
Per distrarsi pensa a Jessika in pigiama. E' veramente sexy, anche se non ha
tanto seno. La luce va via di colpo. Ma l'appartamento è illuminato dalle
torce.
«Hanno staccato la corrente», dice Jessika.
«Già. Come vedi c'è abbastanza luce», dice Udo.
Udo pensa che se verranno attaccati sparerà un colpo in testa a Jessika e
poi a se stesso.

13 Maggio

Il giorno precedente hanno vagato in cerca di qualcuno e hanno fatto altra
spesa. La stazione radio che trasmette 24 ore su 24 notizie sui demoni ha
detto che le vittime si stimano sul 90% della popolazione della Baviera.
Del resto del mondo ancora non si sa niente. Udo e Jessika non sono
riusciti a trovare il professore Himmler e la radio dove trasmettono.
Internet poi non funziona più. Oltre che sapere dove si trova la radio,
leggendo la frequenza sul web, potevano cercare altre informazioni sui
demoni della notte.
Saranno stati quest'ultimi a bloccarlo.
La stazione ha continuato a trasmettere fino alle 21. Poi è diventata muta.
Anche l'unica emittente tv ha cessato di trasmettere. Evidentemente i
demoni le hanno tolto la corrente. La mattina Udo si sveglia con Jessika
nel suo divano letto. Lui si gira a guardarla e lei si sveglia.
«Buon... giorno. Non volevo dormire da sola. Non ti secca, vero?», dice
Jessika.
«Scherzi? A chi non piacerebbe dormire con te? Che ora è?», dice Udo
girandosi verso l'orologio sulla parete.
«Le nove», dice Jessika.
«Beh, almeno non dovremo più lavorare, per un po'».
Jessika ride. E si avvicina a lui.
«Ti piaccio?», dice Jessika.
Lui come risposta la bacia. Poi fanno l'amore.
Quando lei esce dalla doccia, coperta dall'accappatoio, lui la trova ancora
sexy.
«Farsi la doccia con l'acqua fredda non è il massimo. I demoni non hanno
staccato solo la luce ma l'intera corrente », dice Jessika.
«Se tu avessi un fornello a gas potresti scaldarti l'acqua in una pentola per
riempire la vasca da bagno. Potremmo procurarcene uno per scaldarci i
pasti», dice Udo.
Lei lo guarda.
«Per quanto riguarda quello che abbiamo appena fatto... non pensare che io
sia una di quelle, Udo. E che... volevo scaricarmi. Ero sotto pressione. Con
questo non voglio dire che tu non mi piaccia», dice Jessika.
«Lo so, è lo stesso per me. Tu mi sei piaciuta fin dall'inizio. Come
facciamo per il caffè?», dice Udo.
«Forse puoi berlo in qualche bar. A me basta qualche biscotto e un po' di
latte... se non è andato già a male».
«Dopo vado a fare un giro a cercare un bar. Ovviamente il caffè me lo farò
da solo».
«Non occorre vengo con te, se non ti secca che ti stia sempre attaccata».
«Non mi secca, anzi. Ora vado io a lavarmi».
Jessika lo ferma, poi lo bacia.
«Io finisco di prepararmi», dice lei.
«Prima di uscire ti dico dopo un idea che mi è venuta per dormire più
tranquilli. Ho paura che le torce si esauriscano mentre dormiamo...»
«Va bene», dice lei entrando in camera.
Vanno a piedi, per risparmiare benzina. Vedere la città deserta è strano. A
Jessika è venuto in mente un bar che fa angolo, dalle cui vetrate
sicuramente entra la luce del sole. Il bar, che non ha saracinesche, si
chiama Bar Italien. Quando arrivano Udo nota che aveva ragione lei:
dentro è illuminato dai raggi solari. Udo nota che la porta d'ingresso è già
stata forzata.
«Qualcuno è già entrato, forse i demoni», dice lui entrando e guardandosi
in giro».
«Non sono così brutto».
La coppia si volta e vedono un uomo alto, con gli occhiali, che sta
sorridendo.
«Buongiorno», dice Udo, mettendo la mano sotto la giacca.
«Tranquillo, non voglio farvi del male. Sono entrato qui solo per bere un
caffè», dice l'uomo.
Udo toglie la mano.
«Anche noi. Io mi chiamo Udo Schmidt e lei è Jessika Eydrich», dice.
«Il mio nome è Hans Bernstorff. Fa sempre piacere conoscere persone
nuove... specialmente quando si è solo una decina in tutta la città», dice
Hans.
«Mi scusi se stavo per prendere la pistola. Ma qualcuno potrebbe
approfittare del caos per fare quello che vuole».
«Ora faccio il caffè. C'è corrente, signor Bernstorff?», dice Jessika.
«Sì. Chiamatemi per nome. Le formalità hanno poco peso adesso», dice
Hans.
Mentre Jessika accende la macchina del caffè per scaldarla, i due uomini si
stringono la mano poi si siedono ad un tavolo.
«Il macina caffè è pieno. Che tipo di caffè volete?», dice Jessika.
«Io un espresso, grazie», dice Hans.
«Normale», dice Udo.
Poco dopo arrivano i tre caffè. Jessika ha preso caffè con latte caldo. Lei e
Udo raccontano la loro storia.
«Ora vi racconto la mia. Tre sere fa ero nel mio ufficio. Sono un sistemista,
dovevo finire un lavoro urgente per una ditta importante...», dice Hans.
Hans torna da una banca dove hanno avuto problemi con un server. Deve
finire un lavoro quindi vuole stare in ufficio ancora un poco. Mezz'ora ci
vorrà, niente di più. Poi tornerà a casa e si stenderà subito sul letto. Dove
lavora ci sono tre stanze divise da un corridoio più un bagno. Chiusa la
porta principale accende la luce (è già scuro fuori) del corridoio, va nella
stanza del server per accenderlo, spegne la luce del corridoio ed entra nella
sua stanza. Brontola. La donna delle pulizie ha lasciato per l'ennesima
volta il cestino del collega che ha la scrivania accanto alla porta, dopo
averlo svuotato, accanto a quest'ultima. Chi entra rischia di inciamparsi.
Decide di metterlo a posto dopo, ora va al suo computer. Lo avvia e carica
Mandriva 2011, una distribuzione di Linux. Dopo dieci minuti sente un
urlo provenire dalla strada. Hans si alza e va a vedere dalla finestra a vetro.
Non vede niente. Sente un rumore nel corridoio. Va a vedere.
Quando è alla porta un enorme braccio si muove nell'aria, come per
prenderlo. Lui spaventato di scatto arretra la testa. Una grande mano pelosa
e con lunghi artigli sfonda la porta aperta, lui tocca con un piede il secchio
e cade all'indietro per terra. Rimane con la bocca aperta a vedere il braccio
ritirarsi nell'oscurità del corridoio. Cos'era? Sta sognando? Le sembra di
essere in uno di quei terribili film dell'orrore.
Ma la porta sfondata è la prova che quello che è successo è reale. Si
allontana subito da essa. Sente degli zoccoli nel corridoio. E un grugnito.
Hans inghiotte la saliva. Sente altre urla provenire dalla strada.
Cosa diamine sta succedendo?
Hans rimane fermo a guardare la porta aperta, in piedi. Rimane così,
immobile, sentendo i passi del mostro nel corridoio, per almeno mezz'ora.
Poi capisce che quella creatura non vuole entrare. Pensa di essere
impazzito. Va verso il computer e si collega alla rete per sapere se esiste
una creatura come quella che ha visto. Non pensa di trovare niente.
Invece vede che non è il solo ad essere stato attaccato. Tutti i forum ne
parlano. Non ce n'è uno ma molti di quei mostri. A quanto pare hanno
paura della luce.

Hans guarda i suoi nuovi amici.
«Sono rimasto attaccato al computer tutta la notte. Gli utenti collegati alle
chat o ai forum hanno cominciato a scollegarsi. Finché non è rimasto quasi
nessuno», dice.
«Quegli utenti sono morti. I demoni hanno staccato loro la corrente», dice
Jessika.
«Esatto, lo penso anch'io», dice Hans.
«Sei stato nel tuo ufficio in questi ultimi due giorni?», dice Udo.
«Sì. Non so perché ma là c'è ancora elettricità», dice Hans.
«La toglieranno. Ti conviene venire da noi. Usiamo delle torce che
illuminano tutto l'appartamento. Prima abbiamo deciso che d'ora in poi
dormiremo a turni di tre ore. Mentre uno si riposa l'altro controlla che le
torce non si scarichino. Se una comincia soltanto a fare una luce fioca, chi
fa la guardia cambia la torcia con un'altra già pronta e sostituisce la batteria
di quella tolta. Non è il massimo perché nessuno dormirà più tutta la
notte... ma si è più sicuri. E adesso che non lavoriamo possiamo dormire
anche durante il giorno», dice Udo.
«Buona idea. Sì, mi unisco a voi così diminuiremo i turni. Tanto non ho
mai dormito in queste notti. Lo facevo di giorno. Avete un letto per me?
Altrimenti vado a casa mia a prenderlo. E' piccolo, sono single», dice
Hans.
«Puoi dormire sul suo. Da stanotte Jessika dormirà sul divano letto con me,
è abbastanza grande».
«Vi siete messi assieme?»
Jessika sorride mentre sorseggia il suo caffè. Si è seduta accanto a loro.
Guarda Udo e dice: «Sì».

14 maggio

I tre superstiti stanno facendo una colazione fredda.
«I turni di guardia sono stressanti. Ho sentito rumori di zoccoli nel
corridoio che porta agli altri appartamenti tutta la notte, e anche in
giardino. Ma non si sono fatti vedere, per fortuna», dice Udo.
«A me, da sui nervi quella loro strana lingua gutturale...», dice Jessika.
Mentre Udo guarda la sua ragazza fissare nel vuoto la stanza sentono
bussare alla porta. Si guardano con i visi stupiti. Udo va ad aprire con la
pistola in mano. Non pensa sia un demone (il sole è già alto in cielo) ma ha
paura che qualche sopravvissuto voglia approfittare dell'apocalisse che è
capitata per derubare gli altri o detenere il potere. Non tutti sono buoni
come loro.
Udo guarda dallo spioncino, poi apre la porta.
Un anziano coi vestiti sporchi e mal tenuti è sull'uscio.
«Non vi aspettavate di vedere un barbone ancora vivo, vero? Beh, a dire la
verità sono sorpreso anch'io di essere ancora in vita. L'ho passata brutta»,
dice.
«Come ha fatto a trovarci?», dice Udo.
«Vi ho visto dalla finestra. Mentre camminavo ho sentito della voci e ho
riconosciuto la macchina nel giardino. Vi ho già visti, l'altro ieri, mentre
uscivate con essa da un centro commerciale. Ma non mi avete visto», dice
l'uomo.
«Infatti. Piacere, Udo», dice l'insegnante stringendogli la mano.
«Piacere, Claus», dice il barbone.
Dopo che tutti si sono presentati, decidono di andare al Bar Italien per bere
un caffè. Lì Claus racconta la loro storia.
«Ero con un mio amico, in un paese poco distante da Ingolstadt. Stava
facendo un enorme falò con dei vecchi bancali. Alle nostre spalle avevamo
un'altra catasta di bancali. Doveva bruciare anche quella ma ne aveva
accesa solo una. Ad un certo punto ha preso una stecca infiammata dal
rogo e stava per accedere l'altra pira quando ha guardato verso la sua stalla.

«Cos'hai Jacob? Hai sentito la sirena della polizia? Siamo fottuti, è vietato
accendere fuochi», dice Claus.
«No. Sento il mio cavallo fuori dal recinto. E' vicino a noi ma non lo vedo.
Vado a vedere un attimo», dice Jacob andando verso la sua stalla tenendo
alzata la stecca infuocata. Deve stare solo attento a non spaventarlo col
fuoco.
Claus prende una sigaretta dal suo pacchetto di sigarette che ha trovato per
terra (quando l'ha trovata e ha visto che dentro c'erano cinque sigarette, lui
ha commentato: «Che spreconi!») e l'accende. Poi guarda il suo amico.
Ad un tratto una mano pelosa prende quest'ultimo per il braccio sinistro
tirandolo nel buio. Il movimento è così repentino che gli cade di mano la
torcia improvvisata. Subito dopo Claus sente delle grida strazianti. Claus
vorrebbe aiutare il suo amico, che è stato aggredito da delinquenti, ma le
sue urla non preannunciano nulla di buono. Nel buio vede qualcosa
muoversi e sente dei sinistri strappi. Jacob non urla più. Una cosa rotola
vicino al falo.
La testa di Jacob.
Claus si volta e sta per scappare quando, dove finisce la luce del falò, vede
un mostro. Un essere che Claus pensava esistesse solo nella fantasia dei
bambini. I suoi occhi non hanno pupilla. Claus si immobilizza, il suo cuore
batte rapidamente. Il mostro fa qualche passo indietro e torna nel buio.
Dopo cinque minuti pensa che abbiano paura del fuoco quindi rimane il più
vicino ad esso, con una stecca infuocata. Quando il fuoco diminuisce lui
getta sulla pira qualche altro bancale dal mucchio vicino.

Claus si accende una sigaretta e li guarda.
«Non si può fumare nei locali pubblici», dice Jessika.
Claus ride.
«Le regole non esistono più da quando sono venuti quei mostri. E poi si
poteva fino a qualche anno fa», dice Claus.
«Disturba la mia ragazza... ma faccia come crede», dice Udo.
Claus spegne la cicca sul tavolo. In quel punto si forma una macchia nera,
sulla tovaglia di plastica. Poi la getta per terra. Udo lo guarda malamente.
«Non è che perché le istituzioni non ci sono più bisogna essere
maleducati», dice Hans.
«Lascia perdere, Hans. E così Claus sei sopravvissuto perché sei rimasto
nella tenue luce di un falò? Incredibile. Sai che avevano paura della luce e
non del fuoco?», dice Udo.
«Sì, l'ho capito dopo. Anch'io mi meraviglio di non essere stato preso.
Forse avevano sul serio anche paura del fuoco. Comunque nei giorni
seguenti ho dormito in casa di Jacob. Accendendo la radio in casa sua ho
sentito che parlavano dei demoni. Poi mi sono trasferito in città. Posso
venire a stare con voi? Sono abituato a stare da solo ma la compagnia è
meglio. Non bevo più, non preoccupatevi».
«Solo se fuma in giardino», dice Udo.
«D'accordo», dice Claus.
Jessika fa un viso che dice tutto. Non è per niente contenta.
Tornano a casa di Jessika. Quando Claus va a prendere le sue cose a piedi
Hans si avvicina a Udo.
«Non mi piace quel tipo. Non possiamo accettare tutti i superstiti», dice.
«Neanche a me. E' un barbone, Udo», dice Jessika.
«E allora? E' quello che più di tutti ha bisogno di aiuto. I suoi modi li ha
imparati dalla strada. Ovviamente non era così ma lo è diventato. A causa
dell'amarezza che ha nel cuore. Non possiamo lasciarlo sbranare dai
demoni ed è quello che gli capiterà se non mette come noi delle torce nella
sua casa. Comunque lo terremo d'occhio. Se ci mette in pericolo o non
impara l'educazione lo scacceremo, tanto saprà come sopravvivere appena
glielo insegneremo», dice Udo.
Mentre Claus torna con una valigia verso la casa dei suoi nuovi amici
pensa a quella notte del falò. Quello che l'aveva innervosito non era tanto
la paura di essere preso ma il loro continuo parlare. Gli aveva fatto venire
il mal di testa.
E gli sembrava che stessero parlando proprio a lui.
Quella sera decidono di bere un poco di whisky preso dal bar. Dopo avere
riso per qualche ora raccontandosi aneddoti divertenti decidono di dormire.
Claus appoggia la bottiglia sul pavimento. Decidono i turni, il terzo lo farà
proprio lui. Prima di dormire Udo gli ricorda che dovrà cambiare le pile
per sicurezza a quell'ora. Claus annuisce.

Claus si accende una sigaretta. Spera che nessuno si svegli altrimenti lo
cacciano. E quella ragazza gli piace. Deve trovare un attimo per stare da
solo con lei. Mentre soffia via il fumo Claus la guarda mentre dorme stretta
al suo compagno. Quell'Udo! Non gli sembra tanto in gamba anche se
l'idea delle torce e dei turni non è malvagia.
Il vagabondo guarda Hans, che ronfa alla grande. Quello stupido pensava
che non si fosse accorto che lo stava spiando facendo finta di dormire. Ma
si è addormentato.
Claus è seduto sul suo letto. Assieme agli altri ne hanno portato uno da un
altro appartamento. Quando sono entrati Jessika non ha voluto seguirli,
anche se le finestre erano tutte spalancate e c'era luce. Ha detto che la
coppia che ci viveva aveva un bambino piccolo e non voleva vederlo
morto. Di lui hanno trovato infatti solo il busto superiore ma nessuno ha
detto niente a Jessika.
Claus sente parlare in corridoio.
Di nuovo loro. Vorrebbe urlargli di stare zitti ma sveglierebbe tutti. E poi
quei mostri non capirebbero.
O sì? Non sono intelligenti secondo Udo? Anche secondo me, pensa Claus
alzandosi e andando in bagno a spegnere la sigaretta nel lavandino. La
butta nel water, chiude la porta e tira l'acqua. Le voci continuano. Claus
adesso ne è come ipnotizzato. Si avvicina alla finestra. Uno di loro sta
parlando proprio a lui.
Hans si sveglia all'improvviso. Con orrore vede che metà stanza è al buio.
Vede Claus avvicinarsi ad una torcia e spegnerla.
«Riaccendi subito, carogna», dice Hans allungando le mani dove prima
aveva messo la pistola. Ma questa non c'è più.
«Cercavi questa?» dice Claus sorridendo e puntandogli l'arma.
«Bastardo, che intenzioni hai? Uccideranno anche te», dice Hans.
Jessika e Udo si svegliano.
«No, me l'hanno promesso», dice Claus.
«Mentono, lo fanno sempre», dice Udo.
«Ti sei svegliato eh? Non importa, ora spengo le torce rimanenti e voi non
farete niente se non volete essere uccisi con questa. Anzi, vi gambizzo se lo
fate, se vi sparo in testa la vostra morte sarebbe troppo dolce. Al resto
penseranno loro», dice Claus.
«Lo sapevo che eri malvagio», dice Hans.
«Non lo è. Sono i demoni che l'hanno ipnotizzato, non è in sè», dice Udo.
«Zitto» dice Claus puntandogli la pistola «potrei iniziare da te».
Jessika è terrorizzata. Vede già delle ombre nella stanza. I demoni.
Claus si avvicina ad una torcia ma viene preso da un demone. La pistola
cade per terra. La stanza si riempie di urla strazianti. Subito dopo i demoni
cominciano ad urlare strane parole. Sembra che rimproverino qualcuno.
Evidentemente il demone che ha preso Claus non doveva farlo.
«Che fine», dice Jessika.
«Se lo meritava. Stava per farcela fare anche a noi», dice Hans.
«Quel demone che l'ha ucciso ha sbagliato, avete sentito le urla dei
demoni?», dice Udo cercando la propria pistola. Ma non la trova.
Hans si alza e va a prendere la pistola che aveva Claus, poi torna subito
nella luce. Una mano si protende dal buio ma non riesce a ghermirlo.
«Cosa fai? Attento, resta nella luce», dice Udo.
«Quale? Non vedete che le torce si stanno spegnendo?», dice Hans.
In effetti la luce si è fatta più fioca. Una torcia abbassa per qualche secondo
la luminosità, poi si spegne.
«Siamo cagati», dice Hans. Guarda la sua pistola.
«Non farlo», dice Udo prendendo la bottiglia di whisky. Per terra vede
l'accendino di Claus. Stappa la bottiglia, bagna un poco un fazzoletto con il
suo contenuto, lo infila nel collo e gli dà fuoco. Si avvicina alla finestra e
lancia la bottiglia verso il grande albero. Essa esplode dandogli fuoco. In
due minuti l'albero è un'immensa torcia.
«Venite, non abbiamo alternative, le pile di scorta le ha gettate Claus nella
parte buia della stanza», dice Udo.
«Bastardo», dice Hans.
I tre escono dalla finestra e corrono verso la luce dell'albero. Nessun
demone era nel giardino vicino alla finestra. La siepe dietro l'albero prende
fuoco.
«Non è che rischiamo di bruciare anche noi?», dice Jessika.
«Sì... ma non vedo cosa possiamo fare ora», dice Udo guardando i demoni
avvicinarsi.
Hans punta verso di loro la pistola. Fa fuoco. Le pallottole li attraversano,
finendo sul muro della casa.
«Non sprecarle!», dice Udo
Hans si gira a guardarlo.
«Devo tenerne tre, vero?», dice.
Udo fa un cenno di assenso. Jessika si stringe a Udo e piange
silenziosamente.

Il calore delle siepi fa prendere fuoco il motocoltivatore. Esplode. La sua
detonazione fa scoppiare il vetro della camera di Jessika. Dalla sua finestra
esce fumo.
«Sta prendendo fuoco anche la casa!», dice Jessika.
«Meglio, avremo più luce», dice Udo.
«Ma quanto durerà?», dice Hans.
«La faremo durare», dice Udo.
Il piccolo condominio comincia ad illuminare la notte. E' difficile resistere
al fumo. Fa tanta luce ma non si avvicinano troppo alla casa, è pericoloso. I
tre si allontanano dalla macchina che ha preso fuoco. Non esplode.
L'incendio comincia a diminuire. Udo con orrore si accorge che non c'è più
niente da bruciare nelle vicinanze. La casa più vicina è a un centinaio di
metri, troppo lontana per dargli fuoco. I tre si siedono, guardando il fuoco.
Meglio quello che l'orda di assassini che si avvicina sempre più
coraggiosamente.
«Manca poco alla fine», dice Udo.
«Siete stati dei grandi amici. Ci rivediamo nell'altro mondo», dice Hans
appoggiando la canna sulla tempia e premendo il grilletto. La parte sinistra
del suo cranio esplode, finendo sul giardino. La sua testa si piega di scatto
verso quella direzione con tanta forza che si vede il suo collo piegarsi in un
angolo innaturale. Poi il suo corpo si affloscia in avanti. Jessika urla.
Udo prende la sua pistola e abbraccia la sua ragazza.
«Calmati amore», le dice.
«Udo... il fuoco... sta finendo», dice Jessika con le lacrime agli occhi.
«Ti amo», dice Udo.
«Anche io, tesoro» dice Jessika prima di baciarlo.
Jessika gli prende poi la mano con la pistola e se la punta alla tempia. Udo
la abbraccia. Vorrebbe dirle che è più sicura di morire se se la mette in
bocca ma non ne ha il coraggio. Guarda un demone avvicinarsi. Sorride
mostrando dei denti lunghi e storti.
Udo mette il dito sul grilletto.
«Vai tesoro... Sono pronta. Ti amo», dice Jessika.
Udo sta per premere il grilletto quando vede il demone diventare
trasparente. Il suo sorriso scompare. Anche un mostro posto dietro a lui
comincia a diventare traslucido. Udo lascia il grilletto.
I demoni scompaiono.
Jessika, che aveva chiuso gli occhi, dice: «Amore, se non ne hai il coraggio
lo faccio da sola».
«Sono... scomparsi», dice Udo.
Jessika apre gli occhi e scosta piano la pistola dalla sua tempia.
«E' già... l'alba?», dice con una voce tremolante. Si guarda in giro.
Il fuoco si spegne quasi del tutto, le braci illuminano debolmente i resti
della casa. Loro due vengono avvolti dal buio.
Nessuno si avvicina a loro. Regna un silenzio di tomba. Udo sente il cuore
di Jessika battere velocemente nella notte.

I demoni sono tornati nel loro mondo, l'allineamento col decimo pianeta è
finito. Ora Udo e Jessika si sono sposati e vivono in una casa
perennemente illuminata. Un gruppo di continuità autonomo, posto in una
stanza con delle luci di emergenza accese, dà corrente a tutta la casa in
caso che essa manchi. I suoi cavi scorrono dentro casa di modo che
dall'esterno nessun estraneo possa spegnerlo o manometterlo. Sono riusciti
a riattivare una centrale elettrica e una pompa di benzina. Ogni tanto vanno
a mettere un fiore sulla tomba dei loro cari e di Hans. Udo pensa ogni tanto
che se avesse aspettato soltanto un minuto adesso sarebbe ancora con loro.
Nei giorni successivi hanno scoperto che nelle altre città della Germania
molte persone sono sopravvissute. Udo è diventato il capo del gruppo che
si è formato per garantire la sicurezza delle persone. Molti sbandati hanno
infatti approfittato della tragedia per volere avere in proprio potere la
regione in cui vivevano. Ma i tedeschi che si sono salvati non hanno più
paura di niente e si sono opposti con successo. Intendono riportare tutto
alla normalità.
Il mondo intero sta uscendo dal buio in cui ha passato.

                                                                      FINE

                                                               Claudio Vasi

                                                                       2008
POSTFAZIONE

L'idea mi è venuta pensando alla paura ancestrale che hanno gli uomini del
buio. Una teoria (da alcuni negata) dice che tale paura è dovuta al fatto che
decine di migliaia di anni fa l'uomo preistorico aveva paura del buio poiché
è proprio in esso che i predatori, come i felini, si aggiravano in caccia di
carne umana. Da lì ho pensato ad un mostro che si aggirasse però SOLO
col buio.

                                  NOTE
1
 In Germania come in molti altri stati c'è un unico numero per chiamare
soccorso medico, polizia e pompieri. Una centralinista smista le chiamate.
Il numero è proprio il 118.
LA BESTIA

                       Dedicato a Sarah Scazzi e Yara


Questo racconto non ricostruisce la vicenda di Sarah ma ne racconta una
del tutto diversa, per suo rispetto. Tutti i fatti narrati, i nomi delle persone
e luoghi sono inventati. Eventuali avvenimenti realmente accaduti e
omonimie sono puramente casuali.


Unity è una piccola cittadina situata a nord-ovest di Dorry, la capitale di
questa contea del Maine. Dorry è più grande e più famoso, non tanto per la
sua ottima università, riconosciuta come una delle migliori d'America, ma
per un bosco dove scompaiono le persone e dove dicono non ci sia vita
animale. Ha una chiesa, una piazza e più bar che negozi. In proporzione ce
ne sono più di Dorry nel quale non mancano di sicuro. C'è anche un
piccolo centro commerciale, a due miglia ad est e un cimitero a nord.
Dicono che inizialmente lo volevano costruire, cento anni fa, a sud ma
hanno cambiato la locazione dalla parte opposta per evitare che sia troppo
vicino al bosco di Dorry, dove scompaiono le persone (dicono a causa di
un elevato numero di Grizzly). Naturalmente ad Unity c'è anche la scuola
superiore che io e Sammy frequentiamo. Io e lei stiamo camminando sul
marciapiede. Il sole sta calando. Samantha guarda due innamorati baciarsi
sulla panchina del parco posto nell'altro lato della strada mentre io guardo
le vetrine dei pochi negozi di Unity. Samantha è la mia migliore amica
nonché compagna di banco, e come me ha quindici anni. E' carina ma
grassottella e questo la rende insicura, anche perché viene spesso presa di
mira dai ragazzi, che sono stupidi. E' molto intelligente e simpatica, anche
se lei, come alcune compagne di classe, è invidiosa della mia bellezza. Non
sono molto alta e ho i seni meno sviluppati di Samantha ma sono magra,
bella e con grandi occhi azzurri da cerbiatto. Io e Sammy, come la chiamo
io, siamo andate a studiare in biblioteca, situata accanto alla scuola e dopo
siamo andate Da Carrie, la nostra caffetteria preferita. A me piace
sopratutto perché ci va Norman, un ragazzo bellissimo che frequenta fuori
corso il college di Dorry ma abita ad Unity. Sammy dice sempre che è
troppo grande per me ma non m'importa. Norman è un amico di Lucy ed
ha venticinque anni. Mia sorella però non mi lascia quasi mai uscire con i
suoi amici quindi lo vedo raramente. Ogni tanto viene a casa nostra e
quando lo fa non lo lascio un secondo. Lucy dice che sono troppo
opprimente e che così, anche se avesse l'età giusta (non conta nell'amore, io
le dico sempre), non combinerei mia niente. Bisogna fare capire al ragazzo
che t'interessa che ne sei attratta ma senza farlo vedere troppo e senza farlo
capire agli altri. Lascia che sbavino loro, dice sempre riguardo ai ragazzi.
“Oggi non c'era Norman”, dico guardando un bel maglioncino rosa nel
Tom's Clothes, il piccolo e unico negozio di vestiti di Unity.
“Che palle con questo qua. Hai solo lui in testa. E' troppo vecchio per te!”
“Abbiamo dieci anni di differenza, mica venti”.
“Ma alla nostra età è tanto, lui è un uomo... giovane, ma uomo. Freddy non
ti piace? Si vede che ti adora”.
“Mi segue come un cane, non ci sa fare. Uno così non m'interessa. Quello
non mi mollerebbe un istante se mi mettessi con lui. E' poi è basso”.
“Ma bello... e ricco”.
“Non m'interessano i soldi. Normal è alto”.
“Ma troppo magro. E Freddy?”.
“Non ci vai dietro te?”, dico.
“A me piace Mark”, dice Samantha.
“Senti... dì quello che vuoi, per me sei solo invidiosa”.
“Che sappia io Norman è pure fidanzato con Betty, e questo chiude ogni
tua porta”.
“Se si sposa sì, altrimenti... chissà, io ho pazienza”.
“Ma stai zitta. Con Frederick la tua storia è durata solo due mesi”.
“Con Norman è diverso. E' intelligente, simpatico e... bellissimo”.
“L'hai... già... detto! Quando t'innamori diventi noiosa”.
“Questa volta è una cosa seria”.
“Come l'ultima insomma. Comunque ti consiglio di smettere di fissarlo
quando viene Da Carrie sopratutto quando viene con Betty, la sua ragazza.
Così solo lo infastidisci”.
“Di questo ti do ragione”.
Sentiamo la sirena breve che fanno le auto della polizia mentre sulla
vetrina del negozio vedo riflessa la luce del lampeggiante. E' l'auto dello
sceriffo di Dorry, la cui giurisdizione arriva fino a Unity. Io e Samantha ci
giriamo, stupite. La luce della volante di solito è sempre spenta, anche
perché Gerry, lo sceriffo, ha poco lavoro in questo piccolo paese. Il papà lo
chiama “l'inutile divisa” e dice che non serve anche perché non accade
mai niente a Unity, a differenza di Dorry. A Unity c'è solo un negozio di
vestiti ma ci sono cinque locali, tra bar e pub. In uno di questi, l'Estern Bar,
papà incontra ogni tanto Gerry di cui è conoscente ma non amico.
Quest'ultimo le ha raccontato che a parte qualche rissa e multa
(quest'ultima appioppata solo alle poche persone che gli sono antipatiche,
Gerry infatti tende a lasciare perdere le infrazioni effettuate dai concittadini
per non farsi troppi nemici) non ha molto lavoro e di questo ne è contento.
Non gli piace andare nei casini. La sua vita si è complicata, anche a
discapito di tutti gli abitanti di Unity, da quando sono scomparse tre
ragazze: Anita, Florinda e Lara. La prima è sparita tre mesi fa, ad agosto.
Aveva sedici anni e stava tornando dall'abitazione dell'amica il cui
compleanno aveva festeggiato, alle dieci di sera, distante solo un isolato.
Non è più tornata a casa. Si pensava che fosse scappata, anche perché
diceva spesso alle sue amiche (me l'ha detto Lucy, mia sorella, le sue
amiche sono pettegole specializzate) che voleva andare via da Unity, un
paese morto. Addirittura andrei a Dorry, diceva. Mentre però lì è usuale che
le persone scompaiano, da noi no. Si è addirittura detto che fosse scappata
col suo ragazzo. Peccato che lui, assente in quel mese perché era in
vacanza con i suoi alle Hawaii, è ancora ad Unity. Col passare del tempo ci
si è dimenticato di lei (e che addosso aveva solo un vestito da sera e con sé
solo la sua borsetta) finché Florinda, una ragazza di quattordici anni, è
scomparsa mentre andava a scuola. La mamma l'ha scoperto solo la sera,
quando è tornata da lavoro e il fratellino le ha detto che Florinda non era
tornata a casa. Vane sono state le sue ricerche, anche tra i suoi amici.
Anche il suo ragazzo l'aspettava in classe (che frequentavano assieme).
Anche di lei non si è saputo più nulla. Da quando Lara, quindici anni, è
scomparsa quindi giorni fa mentre faceva jogging il paese è piombato nel
terrore. Le mamme tengono a casa le figlie e le accompagnano a scuola.
Mia mamma fa la dottoressa e mi porta ogni mattina ma dopo le lezioni
torno da sola a casa, in bus o a piedi.
Lo sceriffo esce dall'auto. E' grasso ma alto, ha circa quarantacinque anni
ma ne dimostra di più.
“Scusate il lampeggiante, l'ho azionato senza sapere. Ragazze, c'è il
coprifuoco che ci fate in giro a quest'ora? Il sole sta tramontando”, dice.
In effetti il campanile della chiesa è illuminato da una luce rossastra.
“Stiamo andando a casa”, dico.
“Vi accompagno se volete. Vi ho riconosciute, tu sei Deborah e l'altra è
Samantha”.
Dall'altra parte della strada un uomo ci guarda. Lo riconosco, è Dennis, il
bidello della strada. Continua a camminare, senza badare a noi.
“Indovinato. Io però devo andare al Bar al Bosco, mio padre mi aspetta là”,
dice Sammy.
In realtà deve comprare le sigarette. Giody, il vecchio e brutto proprietario,
gliele vende anche se non potrebbe, cosi come vende gli alcolici a
chiunque glieli chieda. Le carte d'identità sono inutili, dice sempre.
“In quel postaccio?”, dice Gerry.
“Beh... mi ha telefonato un attimo fa. E' là per comprare le sigarette, vuole
accompagnarmi proprio perché era preoccupato per me”, dice Samantha.
“Va bene, te Deborah vieni con me? E meglio se ti accompagno lo sai cosa
succede a Unity. Le ragazze della vostra età scompaiono”.
“Mi vuole spaventare?”, dico.
 Io cerco di non pensare al mostro e lui me lo ricorda. In verità sono
proprio preoccupata.
“Scusa, Deborah. Non volevo”.
Guardo Sammy. Mi fa cenno di sì. Vuole quindi che vada con lo sceriffo.
Non capisco perché. Deve incontrare qualcuno al bar? Mark, il ragazzo che
le piace?
“Va bene”, dico allo sceriffo poi a Sammy “Ci vediamo domani a scuola,
Samantha”.
“Sì, ciao a domani. Grazie dell'interessamento, Ger... sceriffo”, dice
Samantha.
“Chiamami pure, Gerry, piccola. Stai attenta il bar è lontano un miglio”.
“Poco, quindi. Deborah, ti chiamo dopo”, dice Samantha.
Saluto l'amica e salgo sulla volante. Appoggio lo zainetto tra i piedi, la
parte posteriore è chiusa da una rete per sicurezza. Nei sedili posteriori
infatti lo sceriffo dovrebbe portare i delinquenti. Ci do un'occhiata. I sedili
sono sporchi di polvere, segno che sono poco usati. Spero lo siano quando
Gerry troverà quel bastardo che rapisce le ragazze. Visto che non chiede
riscatti ho paura che ci faccia delle cose brutte.
L'auto parte.
“Samantha è in gamba, penso che non accetti passaggi da sconosciuti”,
dice sorridendo Gerry guardando nello specchietto la mia amica.
“Se ti puntano una pistola devi farlo”, dico guardando la strada.
Gerry si volta verso di me e mi guarda, stupito. Io lo guardo e sorrido.
“Hai ragione, piccola. Sai, ti conosco poco... ricordi la festa sul lago?
Eravamo nello stesso tavolo, io, te e i tuoi genitori...”
“Sì, ricordo”
Che noia quel giorno. Per fortuna è arrivata Samantha ed avevo avuto
l'occasione di sparire.
“Tu eri sempre su quel telefonino ma quando dicevi una cosa... sì, mi sei
sembrata una bambina proprio intelligente”.
“Ragazza”, dico.
“Ragazza, ragazzina, bambina... la stessa cosa”.
“Non è la stessa cosa”.
“Deborah, anche sei sembri più matura sei uguale a tutte quelle della tua
età. Vuoi sembrare grande ma non lo sei. Non ti sto facendo una colpa,
vedrai che senza accorgerti sarai adulta. Non avere fretta e goditi la tua
età”
“Qualcuno non vuole farla godere a quelle come me. Mi riferisco al
mostro”.
“Non pensarci, vedrai che lo troverò. Sto pensando a Kelvin... non dovevo
dirtelo, scusa”.
“So chi è. E' un vecchio, ex insegnante, ora alcolizzato. Ha i capelli e la
barba bianca e beve sempre birra. Guarda i cu... i sederi delle bariste e fa
commenti. Lo so perché è capitato anche quando c'ero io”.
“Anche a te?”
“A me? No, a Kelvin piacciono le ventenni, lo sanno tutti. Per me non è
lui... non so perché. E poi beve così tanto che dubito si svegli alle sette e
mezza, l'ora nella quale è scomparsa Florinda”
“Hai ragione”, dice Gerry guardando la strada.
Sembra che stia pensando. Forse le ho tolto un dubbio che aveva nella
testa. Che abbia ragione papà, che Gerry sia un “inutile divisa”? Però è
simpatico.
Penso a Samantha. Dal bar arriva a casa in dieci minuti ma sono
preoccupata lo stesso. Ha l'età delle ragazze scomparse e anche se
sovrappeso non è brutta. Il bar stesso, come diceva lo sceriffo, è mal
frequentato. Ci vanno solo vecchi e gli unici giovani che trovi lì dentro
sono alcolizzati e drogati. Ma Samantha non può stare senza le sigarette e
io non ne ho da prestargliele visto che ho lasciato senza sapere il mio
pacchetto a casa. Spero solo che la mamma non lo scopra o è capace di
rinchiudermi in casa per un anno.
“Esci sempre in coppia, come stavi facendo stasera”, dice Gerry mentre
imbocca la via dove abito.
Sì, e tu ci hai divise. Perché Sammy non ha voluto che restassi con lei?
Bastava che mi facesse no, con la testa. Forse col sì intendeva dire che
rimanessi? Non lo so, glielo chiederò dopo.
Gerry ferma l'auto di fronte a casa mia. Mentre accosta al marciapiede
vedo Felix che seduto sul muretto della mia abitazione si sta leccando le
zampe. Smette appena l'auto si ferma e mi guarda. Mi ha riconosciuto.
“Micio mao”, dico.
“Cosa?”, dice Gerry.
“Niente...”, dico arrossendo.
Che figura. Smonto dalla volante e guardo la mamma che in giardino sta
curando una delle sue piante. Lei ha il cosiddetto pollice verde e in testa
oltre alle soap opera ha solo le piante. Ha i miei stessi grandi occhi azzurri
ma i capelli castani. I capelli li ho ereditati da papà. Mamma non è
acculturata come mio padre, che scrive articoli per la Voce di Dorry e legge
libri ma è molto intelligente e accomodante.
“Come mai scendi dall'auto dello sceriffo, Deborah?”, dice mamma in tono
serio.
Come non detto.
“L'ho accompagnata io, signora. Sta venendo notte e non è sicuro
passeggiare”, dice lo sceriffo scendendo dall'auto.
Mi avvicino a Felix e l'accarezzo. Lui si gira e alza la coda e inarca la
schiena facendo le fusa. Gerry rimane in piedi con la portiera aperta,
appoggiandosi sul tettuccio dell'auto.
“Ah! Grazie sceriffo. L'ha incontrata per caso?” dice mamma.
“Sì, era con la sua amica, Samantha. Lei non ha voluto venire con noi.
L'avrei portata volentieri”, dice Gerry.
“Poteva insistere. Lo sa che ad Unity gira... quello là”, dice mamma
abbassando gli occhi su di me.
“Puoi dire il mostro, mamma. Lo dicono tutti i notiziari ed è scritto sui
giornali”.
“Leggi il giornale? Brava Deborah”, dice lo sceriffo rivolto a me, che sono
in piedi di fronte al cancelletto aperto.
“No, me li legge papà... alcune notizie intendo”, dico.
Sto ancora accarezzando Felix.
“Comunque signora, ha ragione. Dovevo insistere. Ma oramai Samantha
sarà a casa. Buonanotte, signora devo andare, mia moglie ha fatto le
lasagne e non me le voglio perdere per niente al mondo”.
Già, lo sceriffo è appassionato solo di pesca e di cibo, lo dice papà.
“Arrivederci, sceriffo e buona cena”, dice la mamma alzando la mano.
Gerry fa un gesto della mano, contento come se fosse stato salutato dal
presidente degli Stati Uniti in persona ed entra nella sua auto che
velocemente parte. Entro nel giardino e Felix con un balzo atterra sul prato
dietro di me e mi segue.
“E' ora di arrivare? Ero in pensiero”, dice mamma.
Felix si struscia sulle mie gambe.
“Sì, ho visto la chiamata quand'ero sulla volante. Prima non l'avevo sentita,
lo giuro!”
“Va bene, non dovevate andare solo a studiare in biblioteca? Se l'avete
fatto...”
“Non sono una bugiarda. Certo, che abbiamo studiato. Poi siamo venute a
piedi, per quello ci abbiamo messo molto”.
“Unity non è grande, cosa vuol dire che siete venute a piedi? La verità è
che vi siete fermati Da Carrie, come al solito. Non mi piacciono le ragazze
che frequentano i bar. Ci vanno solo i fannulloni”.
Norman, che ci va, non lo è. Aiuta suo padre nel suo negozio di frutta e
verdura e il resto del tempo studia, me l'ha detto lui. E Da Carrie beve solo
caffè. Lui è appassionato di computer, diventerà un informatico molto
bravo e famoso, lo so.
“Uffi! Posso andare a lavarmi prima di cenare, mamma?”
“Va bene, vai. E pulisci il bagno, dopo”.
“Lo faccio sempre, mamma”.
Mia madre mi guarda pensierosa. Sa che quando la chiamo mamma invece
di ma' vuole dire che sono nervosa. Mi ferma e mi sorride.
“Ero solo preoccupata, piccola. Sai che a Unity c'è il mostro”, dice
accarezzandomi una guancia.
“Lo so, mamma”, dico sorridendo.

Dopocena Lucy sta vedendo un reality show seduta sul divano. Io lesono
seduta accanto. I genitori sono a dormire. A me i reality show annoiano a
morte e li ritengo stupidi. Sto studiando ma il volume della tv è troppo
elevato. Lucy ride.
La guardo.
“Ti piacciono le sue battute? E' uno stupido, quello”, dico.
“Ma ricchissimo. Sai chi è?”, dice Lucy guardandomi.
Lei è castana come mamma e anche lei ha gli occhi grandi ma neri come
quelli di papà.
“I soldi migliorano la vita ma non l'intelligenza”.
“E' una battuta di papà”, dice Lucy guardandomi come se fossi una stupida.
“Lo so, ma mi piace”, dico sorridendo.
“Non distrarmi, ora lui parla con quella pettegola”, dice Lucy tornando ad
essere rapita dalla tv.
La tv è una droga ed è la più stupida. Io vedo ogni tanto i cartoni animati
ma la maggior parte del tempo la passo a sentire musica, studiare e...
sognare. Mi piace tanto farlo. Da adulta farò la scrittrice, ho tanta fantasia.
Non tremare quando leggi   storie di vampiri e non solo
Non tremare quando leggi   storie di vampiri e non solo
Non tremare quando leggi   storie di vampiri e non solo
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Non tremare quando leggi storie di vampiri e non solo

  • 1. NON TREMARE QUANDO LEGGI Racconti di vampiri e non solo INDICE - I demoni del buio - La bestia - Incontri notturni - Amore per sempre - C'è ancora - Giro giro tondo - La pendola - La strega nera - Karen - Il muro - Non dormire la notte - Quando apro gli occhi - Dolcetto o scherzetto? - La zucca - L'invitato - La fonte - Ritornando - La soffitta
  • 2. PREFAZIONE 18 racconti del brivido. In alcuni sono protagonisti i vampiri del Maine (fanno parte del mio Ciclo Vampirica, serie Dorry), in altri oggetti che sembrano normali, come bambole o pendole, ma che in realtà sono stati prodotti dal diavolo. E poi fantasmi, streghe, pazzi stupratori, esseri dell'altro mondo, mostri che si credeva che esistessero solo nella nostra fantasia di bambini. Storie che fanno paura, specialmente quando si leggono dal proprio e-reader la notte, con la finestra che emette dei flash dovuti ai lampi del temporale. E quando capita attenti che il vostro cuore regga quando sentite un passo in soffitta. Claudio Vasi
  • 3. I DEMONI DEL BUIO «Io penso a una cosa più banale... si chiama sopravvivenza». Tebe, Egitto, 7 aprile 2010 Il sole, non ancora alto nel cielo, oggi scalda più del solito. Landolf si copre con un parasole mentre cammina verso la tomba scoperta un mese prima. Accanto a lui c'è il suo assistente egiziano, Hassan. La scoperta che hanno fatto è incredibile, e non per il fatto che la tomba è del parente di Amenofi IV, il faraone che venerava il dio Aton, il quale rappresentava tutti gli dei. Fu l'unico caso, al tempo degli antichi egiziani, di enoteismo, cioè di venerazione di un unico dio che però rappresenta tutti gli dei. La scoperta è incredibile perché nella tomba di Ramesse, un lontano zio di Akhenaton, sono scolpiti dei geroglifici che parlano di strani dei, chiamati Dei del buio. A quanto pare gli egiziani in quel periodo oltre ad Aton veneravano anche questi. Nessun archeologo ha mai sentito parlare di loro. Landolf si avvicina alla porta della tomba camminando a fatica, mentre il sudore gli appiccica la camicia sulla schiena. Un vento leggero solleva di poco la sabbia, spostandola da una duna all'altra, eternamente. La tomba non è stata disseppellita del tutto ma l'entrata principale è accessibile. Prima di entrare Landolf si volta per vedere se l'assistente Hassan l'ha seguito. Quando hanno scoperto l'entrata, due settimane prima, chiusa da un grande blocco di marmo, egli aveva sconsigliato Landolf di entrare. Sulla porta infatti erano incisi dei geroglifici che intimavano i visitatori ad andarsene. Se questi non avessero ubbidito la malasorte li avrebbe colpiti. Landolf si era messo a ridere ed aveva detto ad Hassan che nessun archeologo può credere a quelle stupidaggini, scritte solamente per tenere lontani i ladri di tombe. E Hassan è uno dei più bravi usciti dall'università del Cairo. «Io... non so perché l'ho detto. Avete ragione voi, Landolf», aveva detto Hassan. Landolf ora guarda l'antica porta della tomba, distesa sulla sabbia. Domani
  • 4. arriverà un camion e la porterà in un luogo sicuro. Sono riusciti a toglierla una settimana prima con due catene ed un bulldozer. Landolf entra e percorre un basso corridoio in discesa. Nel casco ha una lampada ed in mano ha una torcia. Anche Hassan ha una luce fissata sul suo casco. Mentre ode i propri passi echeggiare, Landolf sente l'odore di chiuso. La prima volta che aveva percorso il corridoio aveva creduto di dover trovare una finta tomba e di dover perdere tempo a cercare quella vera. Questo e altri stratagemmi usavano gli egiziani per nascondere le spoglie dei deceduti. Invece dopo il corridoio si era trovato nella tomba. E' anche vero che Ramesse non era un faraone ma un sacerdote di Amon. Landolf aveva visto due statue, situate prima della porta che accede alla stanza dov'è sepolto Ramesse. Ne era rimasto esterrefatto. Raffiguravano due mostri, metà umani e metà bestie; molto simili ai moderni lupi mannari. Il viso aveva poco di umano ma quello che l'aveva colpito di più erano i lunghi denti aguzzi e gli occhi senza pupilla. Erano ricoperti di pelo, avevano degli zoccoli al posto dei piedi e alle mani dei lunghi artigli. Era convinto che fosse tutto uno scherzo. Probabilmente la tomba stessa era una grossa burla. Ma uno studio accurato delle due statue e la datazione col carbonio 14 hanno rivelato che sono due autentiche statue della XVIII dinastia. Sono state scolpite al tempo dell'Antico Egitto. Entrati nella tomba hanno scoperto il sarcofago intatto ma mancavano molte delle reliquie che si trovano di solito nelle tombe di quel genere. Evidentemente i ladri sono riusciti ad entrare molto probabilmente già ai tempi di Ramesse e i suoi familiari hanno chiuso la tomba con quella grande lastra di marmo. Questa è la teoria di Landolf. Oltre alle statue quello che più aveva colpito l'archeologo il giorno dell'apertura della tomba erano i geroglifici sui muri, intatti tranne una piccola parte coperta da terra. In quella parete era riportato un testo che Ramesse aveva scritto quando era in vita. Parlava di strani esseri comparsi qualche anno prima in Egitto. Dei mostri che comparivano col buio (e che vivevano nei luoghi bui) e che attaccavano le persone facendole a pezzi. Nessuna arma le feriva, solo la luce. Quella dei fuochi bastava a tenerli lontano. Quegli esseri, chiamati «gli dei del buio», si allontanavano con l'arrivo del sole. Ad un certo punto così com'erano apparsi, all'improvviso scomparvero. Gli stessi esseri che Ramesse ha
  • 5. voluto fare scolpire nella porta per spaventare i ladri. Facendo magari credere che nella tomba ci fossero anche loro. Naturalmente secondo Landolf ed Hassan i geroglifici sono opera di fantasia di Ramesse o di qualc'un altro. Una fiaba. «Più che dei mi sembrano demoni», aveva detto Hassan quel giorno. «La concezione di demoni esiste solo col cristianesimo», aveva risposto Landolf. Da quella volta però li hanno chiamati così, «i demoni del buio». Ora Landolf vuole pulire l'unica parte del muro rovinata dal tempio. C'è una parola, che non si riesce a leggere. Col guanto Landolf comincia a sfregare leggermente la terra che la copre. Hassan gli fa luce con una grande torcia. Uno scarafaggio si avvicina alla sua mano. Esso proviene dal deserto; è sicuramente entrato dall'unica entrata aperta da due settimane dato che nessun insetto sarebbe riuscito a sopravvivere nella tomba chiusa. Landolf legge la parola e contemporaneamente colpisce con un dito, senza sapere, l'insetto. «Ha!», urla Hassan alzandosi ed indietreggiando. «Non ti spaventare Hassan. Hai letto anche tu vero la parola? Non crederai veramente a questa storia? E poi Ramesse mica era un veggente» «Non è per quello Landolf che mi sono spaventato. Guarda lo scarafaggio», dice Hassan. Landolf gira il capo e guarda vicino alla sua mano. Lo scarafaggio è morto. Capovolto all'insù, è immobile. «E' un brutto presagio», dice Hassan. Landolf guarda stupito prima l'insetto e poi i geroglifici che formano la parola. Quest'ultima è: «Torneranno». Ingolstadt, Germania, 10 Maggio 2010 Udo, sorpreso, alza gli occhi dal libro che sta leggendo. Hanno suonato al campanello ma non aspettava nessuna visita. Sua figlia dovrebbe arrivare a trovarlo domani. Udo è da tre anni divorziato da Crystal. La loro unica figlia è stata lasciata in custodia a sua moglie. Ora Emma ha diciotto anni e
  • 6. viene da sola a trovarlo. Ha trovato un ragazzo e si è appena iscritta all'università ma vive ancora con la mamma. Potrebbe venire a fargli visita quante volte vuole ma più di una volta al mese Udo non la vede. Chi ha suonato allora? Udo si alza e va a vedere sul monitor accanto alla porta. Una telecamera infatti inquadra le persone che sono davanti al cancello. All'inizio non lo riconosce poi Udo si lascia sfuggire un'esclamazione. «Ah... Landolf». Apre il cancello premendo un tasto poi esce in giardino ad attenderlo. «Landolf, che piacere vederti! Sono anni che non ci vediamo. Sei tornato ad insegnare?», dice Udo. «Ciao Udo. No, sono ancora un archeologo. Ho trovato una tomba importante a Tebe», dice Landolf. «Lo so, l'ho letto sul giornale. Entra che ti offro qualcosa». Quando Landolf entra nella villa del suo vecchio amico pensa quasi di essere tornato a casa sua. Vede reperti archeologici da tutte le parti. La maggior parte saranno delle copie dato che i musei se li tengono stretti. «Non sapevo avessi messo un recinto e un cancello elettrico. In Baviera di solito non ci sono recinti o muri. I ladri sono rari e quei pochi vengono subito arrestati dalla polizia», dice Landolf. «E' una abitudine che ho portato dall'America», dice Udo. Udo è stato per qualche anno ad insegnare archeologia in California. Non stava male là ma la nostalgia della Germania gli ha fatto cambiare idea ed è tornato ad Ingolstadt cinque anni prima. Insegna alla università della città ed aiuta dei giovani archeologi che ha conosciuto. Ha anche pubblicato un libro sugli antichi egizi. «Vorrei parlarti dei demoni del buio. Li conosci o ne hai mai sentito parlare?», dice Landolf mentre segue Udo nel salotto. Udo fa accomodare nel divano il suo amico poi va verso una vetrina. «Vuoi qualcosa di forte o vado in cucina a prenderti una birra?», dice Udo girandosi, mentre tiene aperta la porta della vetrina. «Una birra, grazie», dice Landolf. Udo esce un attimo. Landolf vede dei libri sul tavolino di vetro e li prende. Legge i titoli. Rimane sorpreso quando vede il titolo di uno, «I demoni del
  • 7. buio» di Thomas Eichmann. Quando torna Udo con le due birre vede il suo amico bianco in volto e si preoccupa. «Cos'hai Landolf? Ti senti male?», dice. «No. E' che pensavo sapessi solo io dell'esistenza dei demoni del buio. Questo libro è stato scritto nel 1940 vedo. Evidentemente questi però non sono gli stessi di cui ti volevo parlare. Quelli che conosco io sono descritti su dei geroglifici in una antica tomba a Tebe», dice Landolf. Udo sorride poi si siede sulla poltrona ed appoggia sul tavolino due birre weizen in bottiglia da 50 cl e due grandi bicchieri. «Beh, quelli del libro che hai in mano sono creature che sono apparse all'improvviso nel 1940 in Germania, vicino a Berlino. Dei mostri metà uomini, metà animali che si muovono solo nel buio. Hanno ucciso, secondo Eichmann, molte persone facendole a pezzi. Non mangiavano le vittime, provavano gusto solo ad uccidere. Rifuggivano la luce. E così come sono apparsi...», dice sorridendo. «... sono scomparsi. Non è possibile sono gli stessi! Ora ti racconto quello che ho visto io», dice Landolf. L'archeologo si versa nel bicchiere la birra, ne beve un sorso poi riepiloga tutto quello che ha scoperto nella tomba di Ramesse. Man mano che racconta Udo diviene sempre più serio e attento e il suo sorriso scompare. «Thomas Eichmann, che era uno scienziato, afferma che quelle creature che lui, come te e Hassan, avete chiamato Demoni del buio, le ha viste veramente. Sono state solo qualche giorno, poi si sono dileguate. Non dice che erano una leggenda e specifica che il libro non è un'opera di fantasia. Sono gli stessi certo. Sei sicuro che la tua tomba non sia una bufala?», dice Udo. «Assolutamente. Comunque non devi pensare che quello che dica Eichmann sia vero. Probabilmente aveva saputo della loro esistenza in un libro che parlava dell'Antico Egitto e da lì si è inventato tutto. Ha voluto continuare la leggenda», dice Landolf. «Mai saputo niente sui demoni della notte prima di avere letto questo. E sì che mi ritengo abbastanza esperto sugli antichi egizi. Non come te, però...» «Posso tenerlo? Non c'è scritto qualcosa di più su questi esseri?» «Beh. Secondo lui essi provengono da un'altra dimensione. Solamente
  • 8. quando il decimo pianeta si allinea alla terra ed il sole, essi riescono a venire nella Terra. Finito il breve allineamento scompaiono». Ladolf si mette a ridere. Poi beve un altro sorso. «Thomas era un bravo scrittore altro che scienziato. Da quando in qua ci sono dieci pianeti nel nostro sistema solare? Adesso poi ce ne sono solo otto di pianeti. Ma una volta era Plutone era considerato un pianeta non un pianeta nano», dice Landolf. «Sono pienamente d'accordo con te. E poi secondo il suo libro il prossimo allineamento sarebbe proprio questo anno, nel 2010. Sono solo stupito che sono stati nominati in una tomba egiziana, tutto qui. Se vuoi il libro te lo presto, vedi te», dice Udo. «Sì, grazie. Te lo torno domani. Lo leggo stasera nella mia casa a Monaco. Non l'ho ancora venduta sai? Ci sono affezionato». «E' una bella casa». «Ora devo andare Udo, grazie della birra. Devo vedere un archeologo che oggi parla ad una conferenza sull'Antico Egitto proprio nella tua università». «Ha, Himmler. A me non piace, io non ci vengo. Torna quando vuoi e tieni il libro finché ti pare», dice Udo. «Grazie ancora. D'accordo», dice Landolf alzandosi in piedi. I due si stringono la mano. Landolf saluta e poi esce dalla casa. Dopo che ha visto il suo amico chiudere il cancello ed allontanarsi, Udo guarda il cielo. Si sta annuvolando, forse pioverà come ha detto il meteo. Udo chiude la porta e torna, pensieroso, verso il salotto. Ad un tratto le manca Crystal. Così, di punto in bianco. Udo prende il telefonino dal tavolino e fa il numero di sua moglie. Il telefono suona a vuoto. La comunicazione s'interrompe, lei ha respinto la telefonata. Udo getta il cellulare sul tavolino poi va verso la vetrina dove tiene gli alcolici. Quando Landolf è uscito dall'università ha sentito dei tuoni in lontananza. Mentre torna con la propria Audi A8 verso casa, comincia a piovere e scende il buio. E' scoppiato un forte temporale. Landolf arriva casa, mette l'auto nel garage ed entra in casa. Ripone nell'armadio il soprabito. Cammina verso la cucina e spegne la luce. Sente un tonfo alle proprie
  • 9. spalle. L'archeologo rabbrividisce e per un attimo pensa ai demoni. Ma potrebbe essere un ladro, più reale e più pericoloso della sua fantasia. Si volta e nel buio vede che l'armadio del guardaroba è lievemente aperto. Riaccende la luce e si avvicina all'armadio. Per un istante immagina se stesso mentre prende una delle ante, la tira a sé e viene assalito da un demone che si era nascosto dentro. Lo apre. Nell'armadio ci sono solo le sue giacche ed il soprabito che aveva appena indossato, il quale è raggomitolato sul fondo. Ecco cos'era quel rumore. Semplicemente un abito che è caduto. Landolf lo prende e lo rimette sull'appendino. Landolf mette a bagnomaria (usando una delle poche pentole che ha nella casa, le altre le ha portate con sé nel bungalow in Egitto) due wurstel e li mangia. Poi sale nel suo studio, accende la lampada della scrivania e spegne la luce principale. A lui piace leggere o lavorare con solo una piccola luce proiettata sulla scrivania. Si mette a sfogliare il libro, leggendo piccole parti di brano a caso. Poi torna a pagina 1 e inizia a leggerlo. Fuori sente l'ululare del vento ed il ticchettio della pioggia sui vetri della finestra. Ogni tanto un forte tuono lo fa sobbalzare. Secondo il libro Thomas scoprì il decimo pianeta con un telescopio. Proprio quel giorno vide gli esseri, dalla terrazza su cui era, aggirarsi nel giardino. Prese un fucile dall'armadio, controllò che tutte le porte e finestre fossero sprangate e poi si chiuse in camera con la luce accesa. Il giorno dopo scoprirono molte persone uccise, sbranate o fatte a pezzi da quelli che chiamarono demoni del buio. Quella sera si salvò solo perché era presente ad un falò di un suo amico. I demoni si avvicinavano ma avevano paura. All'inizio pensavano del fuoco ma poi scoprì che avevano paura della luce. Thomas, che aveva la propria arma con sé, sparò da vicino a molte di quelle creature ma nessuna morì. Landolf continua la lettura ma si assopisce sempre di più. Si sveglia all'improvviso. Era addormentato ma è stato svegliato da un rumore, come di un passo pesante. Si guarda in giro. Nell'angolo della stanza, dove c'è l'attaccapanni, gli pare di vedere una sagoma umana nel buio. Lo studio è grande e la luce della lampada non arriva ad illuminare
  • 10. quella parte. Sembra proprio un uomo. «Chi sei?», dice ad alta voce. Nessuna risposta. Landolf vorrebbe alzarsi e andare ad accendere l'interruttore della luce principale ma per farlo deve avvicinarsi all'attaccapanni, posto accanto alla porta. «Di cosa ho paura? Mica dei demoni, che non esistono», pensa. Landolf guarda bene la sagoma. Forse è solo un cappotto che prima non aveva notato. La sagoma non si è mai mossa da quando l'intravista, neanche quando le ha parlato. L'archeologo si alza e si dirige verso l'interruttore. La sagoma non si muove. Accende la luce. E' solo un cappotto. «Che stupido che sono!», pensa. Un forte tuono lo fa sobbalzare. Il temporale non è diminuito d'intensità, anzi. Landolf si avvicina alla finestra e scosta la tenda. Guarda sulla strada. Un lampo la illumina e vede un uomo peloso coprirsi gli occhi con le braccia ed urlare. E' nudo e sembra proprio uno di quei demoni. «Impossibile, devo aver bevuto troppi cocktail alla conferenza», pensa. Il lampo torna ad illuminare la strada. In quel breve istante vede tre esseri pelosi, con artigli alle mani e zoccoli, camminare leggermente gobbi. Uno di loro alza la testa e lo guarda. Segue il tuono. Landolf chiude le tende. «Calmati. E uno scherzo sicuramente», pensa, non tanto convinto. Scosta di nuovo le tende e guarda nel giardino, che è illuminato perennemente da luci a led. Vede delle sagome correre verso la casa. Sente nettamente rumori di zoccoli. Inoltre li ha visti bene: sembrano reali non delle persone travestite. E' in preda di un'allucinazione? Sta forse sognando? Non si era addormentato mentre leggeva il libro sui demoni? Certo, è un incubo. Si guarda in giro. Non sembra che quello che veda non sia reale. Sente un botto. Qualcuno ha sfondato la porta d'ingresso. Il cuore gli si ferma. Sono loro.
  • 11. E' oggi il giorno predestinato, ora lo sa. E non ha nessuna arma in casa. Corre verso l'interruttore per accenderlo ma dall'angolo dell'attaccapanni qualcosa si muove verso lui. Si ferma immediatamente. Sente un basso ringhio e una sagoma si avvicina alla luce della lampada. Non è illuminato del tutto ma Landolf riconosce il demone. Alto, ha lunghi artigli, zoccoli e due lunghi canini. L'essere ringhia nuovamente e mostra dei denti terribili, lunghi e storti. I suoi occhi senza pupilla sono orrendi. Landolf va verso la luce. «La lampada non fa abbastanza luce,dannazione!», pensa. Sente degli zoccoli dietro di sé. Si gira e vede un'altra sagoma avvicinarsi lentamente. Apre un cassetto ed estrae una torcia. L'accende e gliela punta contro, sul viso. Il demone urla e si sposta velocemente. Landolf ha tutta la schiena sudata e trema. Muove la torcia in tutta la stanza. Adesso ce ne sono almeno dieci. L'intero studio echeggia di ringhi. Landolf sente un altro tuono poi va via la luce. E' mancata la corrente. «No!», urla. Sente degli zoccoli avvicinarsi velocemente e punta la torcia in quella direzione. Un demone ringhia ed indietreggia. L'archeologo si volta e punta la luce verso un altro, il quale emana a sua volta un terribile verso. Quest'ultimo assomiglia a quello di un giaguaro ferito ma con un suono più acuto. Per un attimo vede la luce trapassare il corpo del demone che nell'area colpita dal fascio è diventato semitrasparente. Poi il demone scappa. Una mano gli prende la torcia e con uno strattone gliela prende. Landolf vede la luce carambolare nell'aria poi la torcia si schianta sul muro, rompendosi. Tutto è buio. «No, lasciatemi, non ho fatto niente!», urla Landolf. L'archeologo è colpito da qualcosa di pesante e cade a terra. Uno di loro gli è saltato addosso. Poco dopo sente delle lancinanti ferite alla schiena. L'urlo di Landolf si sente fino in strada. I demoni lo sbranano.
  • 12. Una BMW si ferma davanti una casa. Immanuel è venuto a prendere il suo amico Christian. Assieme andranno nel solito pub a far due chiacchiere. Stasera è stanco, non vuole fare tardi. Immanuel ha avuto una giornata massacrante. Nella azienda dove lavora come impiegato ha ricevuto molte telefonate. Ora sta ascoltando una radio dove trasmettono musiche degli anni 80, le sue preferite con la luce dell'abitacolo spenta. Si volta e vede verso la casa del suo amico. La luce della cucina è spenta. Solo la luce in una camera è accesa. Mentre arrivava con l'auto Christian gli aveva inviato un sms in cui diceva che stava finendo di cenare e che poteva aspettarlo fuori poiché subito dopo l'avrebbe raggiunto essendo già pronto. E' strano che non sia già uscito, pensa Immanuel, poiché Christian mangia veloce, in cinque minuti ha già finito tutto. L'ha visto di persona a casa sua una volta. Sarà tornato in camera per prendere qualcosa, forse il cellulare. Immanuel sgrana gli occhi. Sbaglia o la finestra della cucina è sfondata? Col buio della notte è difficile vedere. Alla radio fanno Wild Boys la canzone dei Duran Duran che preferisce. Immanuel guarda l'autoradio. Christian sarà salito in camera, tutto qua. E per quanto riguarda la finestra avrà visto male. Uno scoppio alla sua destra lo fa sobbalzare. Immanuel sente dei pezzettini di vetri colpirgli il viso, pizzicandolo come punture di api. Si volta e vede un uomo che entra dal finestrino allungando il braccio. Quando sente degli artigli penetrare nella carne della spalla urla e vede che quello che l'ha preso non è un uomo. E' un mostro. Il viso è umano ma ha il naso schiacciato simile a quello di un cane. Gli occhi sono senza pupilla e la bocca enorme mostra dei lunghi denti. Il mostro urla poi tira. Immanuel sente un dolore lancinante alla spalla mentre viene trascinato verso il finestrino. Tiene il braccio della creatura, tentando di toglierselo. Sente che attraversa il finestrino, delle schegge gli fanno dei lunghi tagli alla pancia. Una mano del mostro infila le punte delle dita sul suo sterno poi con un rapido movimento verso il basso gli apre il petto. Immanuel urla mentre sente litri di sangue caldo bagnargli le gambe.
  • 13. Allan sta facendo l'amore con sua moglie nel letto. E' felice, le cose gli stanno andando bene. Grazie a quelle azioni ha avuto abbastanza soldi per aprire un attività, un negozio di home theater, il suo sogno. Home Theater Dreamer ha avuto successo e non ha molti clienti durante la settimana ma quei pochi gli comprano apparecchiature da migliaia di euro. Il sabato invece è pieno. Vuole molto bene a sua moglie, Bridget. Sua moglie ha un orgasmo, lui la segue poco dopo. Qualcuno lo prende per le spalle. Allan non capisce cosa succede, si sente volare nella stanza e poi colpire il muro. Cade nell'oblio, svenuto. Non si risveglierà più. «Chi è? Cos'è successo? Allan? Allan rispondi», urla Bridget. Lei sente un uomo saltarle addosso. «Lasciami bastardo!», urla Bridget. La donna crede di stare per essere violentata. Invece sente degli artigli penetrarle nelle carni, muovendosi velocemente. La donna strilla mentre il demone la fa a pezzi. Un urlo di donna proviene dalla strada. Amadeus, che stava guardando un documentario sui leoni, gira il capo, sorpreso. «Cos'era papà?», chiede Paula, sua figlia. Ha sedici anni. E' bella ed ha lunghi capelli biondi. «Non lo so, ma non mi sembrava la televisione», dice alzandosi dal divano e andando verso la finestra. «Era una persona, non la tv. Cos'è successo?», dice Paula, bianca in volto. Amadeus la guarda. «Non preoccuparti, ora vedo», dice scostando la tenda. Dalla finestra vede la strada e, aldilà, la casa della vicina. In quella abitazione abita un'anziana, da sola. Dalla porta aperta escono tre figure. Nel buio non riesce a vedere chi sono. Si fermano e guardano nella sua direzione. Amadeus chiude la tenda. «Mi sembra che siano ladri. Paula telefona alla polizia», dice Amadeus andando nel suo studio. «Non lasciarmi sola, ho paura!», dice Paula.
  • 14. «Telefona!», dice suo padre dall'altra stanza. Paula prende il cordless e chiama il 118. Amadeus rientra nel soggiorno con una pistola Beretta in mano. «Papà, attento con quella pistola», dice Paula. «Sono un poliziotto, amore, so usarla. Allora con quel telefono?», dice Amadeus. «Una voce dice che tutte le linee sono occupate». «Impossibile, ci dev'essere una centralinista che smista le chiamate». «Ti dico che non funziona. Ho appena riprovato». Un grosso botto fa saltare Paula. «Pa! Hanno buttato giù la porta!» «Chiuditi nel mio studio a chiave, svelta! E chiudi la luce», dice Amadeus. «Ma... e tu?» «Vai!» Paula corre nello studio e chiude la porta a chiave, come suggerito. Amadeus allunga la mano sinistra (nella destra tiene la pistola alzata) e spegne la luce. Una debole luce lunare penetra attraverso le tende. Amadeus si è messo con le spalle al muro tenendo alla sua destra la finestra. Loro non sapranno dov'è ma lui invece conosce benissimo il suo salotto. E l'unica porta dove possono entrare, quella dall'altra parte della stanza. La porta si apre di botto, sbattendo sul muro. Sua figlia urla. «Paula!», dice Amadeus. Una sagoma si avvicina a lui correndo. Amadeus spara. Il lampo illumina un essere peloso e con grossi artigli. Non rallenta nemmeno. L'uomo spara altre due volte. Una mano gli stringe la gola, lui lascia cadere la pistola prendendo l'arto del mostro, istintivamente. Il mostro lo stringe a sé, tenendo la schiena dell'uomo a ridosso del suo petto. Gli mette l'altra mano sotto il mento, da sopra la testa. Poi tira. Amadeus urla. Nella stanza si sente un tremendo rumore di strappo, poi un corpo cadere. Infine una cosa cade per terra, rotolando vicino alla poltrona. E' la testa di Amadeus.
  • 15. 11 Maggio Udo si sveglia con un forte mal di testa. Ieri notte ha bevuto molto whisky. Ha pensato a sua moglie, a quanto la ama ancora... non contraccambiato. Crystal convive con un prete protestante. Ad un certo punto, barcollando, ricorda di essere venuto in camera. Poi niente. Rialzandosi si accorge che si era buttato a pesce sul letto. Si volta. La luce è accesa, non l'ha neanche spenta. «Maledizione, che stupido sono», pensa. Si guarda in giro. La porta è aperta anche se si ricordava di averla chiusa. Evidentemente non l'ha fatto; con la sbornia che ha avuto se n'è dimenticato. Udo guarda la sveglia, deve andare all'università. Sono le dieci. Ha saltato una lezione senza avvertire, gli studenti saranno inferociti. Prende il cellulare vede che l'ha chiamato sua figlia, ieri notte. Riprova a chiamare anche se a quest'ora forse è a una lezione. E' cosi, non risponde, anche se è stranamente ha lasciato acceso il telefonino (evidentemente è silenzioso). Udo si alza, va verso la finestra e scosta la tenda. Guarda in strada. Sta per girarsi quando qualcosa attira la sua attenzione. Un uomo è disteso su un mare di sangue davanti ad una macchina, sul marciapiede, di fronte al cancello dei vicini. Il finestrino è esploso. Udo scende velocemente le scale ed esce. Va verso quello che gli sembra un ragazzo. Udo si tiene sul muretto della casa del vicino e si gira, vomitando. Le budella del ragazzo sono sparse sul marciapiede. La vittima ha gli occhi spalancati e il viso è deformato dal terrore. Udo si allontana, per riprendersi. Sta quasi per svenire. Guarda nel giardino del vicino. Accanto ad una finestra vede un braccio staccato di netto, sanguinante. Il mondo per lui diviene nero. Quando apre gli occhi gli sembra di essere in paradiso, sta vedendo una bellissima ragazza. Grandi occhi azzurri da cerbiatto, capelli castani corti a caschetto e nasino all'insù. «Signore, sta bene?», dice la ragazza. Non è un sogno, è la verità. Udo spera però che tutto quello che ha visto prima sia stato un sogno. Dietro di lei vede la strada dove abita.
  • 16. «Io... non mi sono sentito bene», dice, poi gira il capo verso il corpo straziato. «Allora... non era un sogno», dice. «No, è tutto vero. Dei mostri hanno ucciso centinaia di persone stanotte. Ho guardato almeno tre case, di quelle con la porta aperta. Non ne voglio vedere più», dice la ragazza. Udo guarda la ragazza. Alta, magra, ha un fisico da modella e un lungo coltello che le spunta da sotto la corta giacca. E' infilato nella cintura. «Ha notato il coltello? E' per difendermi, non abbia paura», dice la ragazza. «Io... mi chiamo Udo Schmidt. Abito nella casa dietro di me. Per quanto riguarda i killer, è sicura che non siano uomini? Il ragazzo qua accanto...». «Le sembra possibile che sia stato un uomo a farlo? Comunque piacere, mi chiamo Jessica Heydrich. Abito nel quartiere successivo. Quasi tutte le abitazioni hanno la porta sfondata o aperta. Tutti i corpi sono sbranati, mutilati o fatti a pezzi. Sono sicura che non sono state delle persone... li ho visti». Per un attimo Udo pensa ai demoni del buio ma poi scarta l'idea. «Sicura che non siano terroristi?», dice Udo. Jessika lo guarda malamente. «No, eh? Non lo penso neanche io», dice Udo ricordandosi che ha dormito con la luce accesa. «Senti, Jessika. Ieri notte cos'hai visto o sentito? Io dormivo alla grossa non ho sentito niente», dice ancora Udo. «Non so se devo raccontare le mie cose personali ad uno sconosciuto», dice Jessika. «Hai sentito l'odore dell'alcool, vero? E' vero, ho bevuto ieri sera, perché mia moglie... Oh mio dio, Crystal ed Emma staranno bene? Devo andare, scusa» «No, signore, aspetti. Non voglio stare da sola», dice la ragazza. «Non volevi raccontarmi cos'hai visto ieri sera... e adesso vuoi venire con me in auto? Non ti capisco, Jessika» «Io... sono terrorizzata. E se quelle... cose sono ancora in giro?» Udo la guarda a bocca aperta. Ha ragione, non ci aveva nemmeno pensato. «D'accordo venga con me. Non ho armi però», dice andando verso il suo
  • 17. garage. Udo entra in casa, seguito dalla ragazza. Entrano in garage. Lui apre il portone e poi la sua macchina, un Audi A8. Jessika ci entra veloce, come il garage stesse per bruciare. Udo prende un accetta e a sua volta sale in auto. Jessika lo guarda spaventata, mette una mano sulla maniglia della portiera. «Tranquilla è per difenderci. Non ho altro», dice Udo riponendola sul sedile posteriore. Jessika guarda l'ascia poi annuisce e toglie la mano dalla maniglia. Udo fa retromarcia. Poi preme il telecomando e il portone si richiude. Esce in strada. «E poi tu hai un coltello», dice Udo. Jessika fa un mezzo sorriso e poi dice: «Le racconterò adesso cos'ho visto ieri sera, mentre guida.» Udo annuisce ma non dice niente, accelera. «Non corra troppo», dice Jessika. «Puoi darmi del tu, Jessika. Chiamami Udo. Ho fretta di vedere mia figlia. Non ci ammazzeremo tranquilla. Questa Audi è stabile ed ha quattro ruote motrici», dice Udo. «Va bene, sign... Udo. Ieri notte mentre leggevo un libro ... Sono all'università, sai... Beh, ho sentito delle urla. Sono scesa dal letto e andata alla finestra. Non ho acceso la luce principale ho lasciato acceso solo lampada sul comodino. Attraverso il vetro ho visto delle sagome camminare sulla strada.... Jessika vede un uomo saltare addosso ad una persona e cominciare a picchiarla. Sono teppisti. No, non la sta malmenando... muove le braccia in modo strano. Jessika si mette una mano sulla bocca. La sta sbranando. Non è possibile! Jessika chiude la tenda, va nel soggiorno e accende la luce. Non vuole rimanere nel buio, ha troppa paura. Chi era quell'assassino? Era veramente un uomo? Controlla che la porta dell'appartamento sia chiusa. La porta è blindata, l'aveva messa il proprietario, prima che decidesse di affittarla. Dal bagno sente la finestra andare a pezzi e un rumore. Poi dei passi. Jessika va in cucina e da un cassetto prende un lungo coltello da cucina,
  • 18. poi prende il cellulare che ha sul banco tra la cucina e il soggiorno. Con la sinistra digita il segnale del soccorso col centralino, il 118 1. Mentre lo fa guarda con la bocca aperta la porta del bagno. Ha tanta paura. Ma essa rimane chiusa. Il centralino non risponde. Tenta di chiamare direttamente la polizia. Una voce automatica dice che tutte le linee sono occupate. Chiama i suoi genitori e il ragazzo ma entrambi non rispondono. Dal bagno non ci sono più rumori. Ma Jessika è sicura che ci sia qualcuno. Rimane in piedi, appoggiata al banco, per un periodo indeterminato. Ad un certo punto si accorge che sta per addormentarsi, in piedi. Forse nel bagno non c'è nessuno: qualcuno avrà tirato, non si sa il perché, un sasso alla finestra del suo bagno e l'avrà rotta. Jessika mette una sedia di traverso sulla maniglia della porta del bagno per chiuderla, per sicurezza e torna nella sua camera. Accende la luce principale e sente un orribile urlo alla sua sinistra. Si gira e vede un mostro, un umanoide con lunghi artigli alle mani e zoccoli ai piedi. Spalancando la bocca esso mostra dei lunghi denti appuntiti e storti. Jessika urla La creatura cerca di andare verso la finestra e man mano che corre diviene sempre più traslucido. Diviene trasparente e prima che tocchi la finestra scompare. Solo ora si accorge che la finestra è spalancata. L'ha chiusa ed è rimasta per gran parte della notte con tutte le luci accese, sopra il letto, tremando. Le luci li uccidono. Ha sentito urla, spari in lontananza, rumore di zoccoli fuori dalla porta, come se ci fosse un cavallo in giardino e qualcuno parlare in una strana lingua. Il bagno è rimasto silenzioso. Poi si è addormentata. «Non mi crede, vero? Pensa che sia pazza. L'ho creduto anch'io stamani quando mi sono svegliata», dice Jessika. «Ho detto che puoi darmi del tu. No, non penso che tu lo sia. Non dopo quello che ho visto. Da come hai descritto il mostro e il fatto che la luce l'ha ucciso mi ha fatto capire che purtroppo avevo ragione. Sono tornati i demoni della notte...», dice Udo. «Cosa... sono? Non li ho mai sentiti nominare». Udo schiva un'auto ferma sulla sua corsia. La portiera è spalancata. Sotto la macchina c'è un lago di sangue. Udo la supera tranquillamente, dall'altra
  • 19. parte non arriva nessuno. In verità non ha incrociato un'auto da quando è partito. Jessika guarda dentro l'abitacolo quando ci passano vicino. Gira immediatamente la testa. «Forse il conducente è ancora vivo...», dice Udo, guardando la strada. Comincia a rallentare. «No... l'ho visto», dice Jessika. Udo accelera. Mentre guida dice tutto quello che sa sui demoni della notte. «Forse nessuno sapeva della loro leggenda perché è stata rimossa dalla memoria. Probabilmente l'unico libro che parla di loro è quello di Thomas. I demoni fanno troppa paura...», dice. «Per favore non mi parli... di loro», dice Jessika con un tono di una che sta per piangere. «Voleva sì o no sapere... scusa. Come vuoi. E' già andata dai suoi genitori, vero?» «Sì... C'era solo mia mamma, mio padre è morto due anni fa di cancro. E il mio ragazzo. La mamma... mio dio...», dice Jessika. «Va bene, non faccio ulteriori domande. Scusa se te l'ho chiesto», dice Udo. «Figurati. Sì, andiamo da tua moglie, forse riusciamo a salvare qualcuno». «Tutti quelli vivi di sicuro, basta dire loro di non stare mai al buio... Se ci sono altre persone vive». «Io ho incrociato un uomo anziano mentre camminavo nella tua via... continuava a dire: 'Madge, Madge'. Probabilmente il nome di sua moglie. Gli ho parlato ma era come se non esistessi. Ha tirato dritto...», dice Jessika. Per la strada incontrano diverse macchine ferme in mezzo alla strada o parcheggiate con le portiere aperte o i finestrini sfondati. Non incrociano nessuno. Davanti alla casa di Crystal c'è una macchina della polizia con le portiere aperte. Il lampeggiante è ancora in funzione ma l'auto è spenta. Udo parcheggia e scende dall'auto con l'accetta in mano, poi corre, lasciando aperta la portiera. Jessika gli corre dietro. In giardino vede Udo saltare un corpo ed entrare nella porta della casa aperta. Jessika vede che il professore
  • 20. ha evitato un poliziotto morto. Il cadavere è senza testa. Urla e si tiene una mano in bocca. Poi sente l'urlo di Udo. Jessika vorrebbe intervenire ma ha una paura matta dei demoni. Estrae dalla cintura il coltello da cucina e rimane lì, ferma, a due passi dal morto. Poi sente singhiozzare. Salta il poliziotto ed entra nel corridoio. Nota che la luce è spenta, quindi l'accende immediatamente. Udo nella foga di entrare non se n'è accorto, ha rischiato. Secondo lui i demoni si rintanano nel buio, anche di giorno. In cucina, dov'è Udo, la luce invece è accesa. Nel corridoio c'è una poliziotta. Ha in mano una pistola. Ma le manca una gamba. Il professore è in ginocchio e piange sul corpo della moglie, steso su un lago di sangue. Jessika torna fuori e va a vomitare nel giardino, lontano dal poliziotto. La porta elettrica del garage si apre e da esso esce Udo con una pala in mano. Senza dirle niente e senza neanche guardarla comincia a scavare una fossa in giardino. Jessika le si avvicina. «Udo... e tua figlia?», dice Jessika mettendogli la mano sinistra sulla schiena. Lui smette di scavare. «E' in camera...» Udo continua a scavare. Jessika ripone il coltello nella cintura dei jeans senza chiedergli ulteriori informazioni. «Così hai ancora il coltello... non penso serva contro i demoni», dice Udo, senza girarsi. «Mi dà sicurezza...» «Sì, hai ragione», dice Udo gettando una badilata di terra. «C'è un altra pala?», dice Jessika. «Sì, nel garage. E' illuminato», dice Udo. E' illuminato, pensa Udo. E' la nuova frase per dire che un posto è sicuro? Ma è così veramente? Saranno al sicuro? Basterà che entrino in casa al tramonto e che tengano la luce accesa tutta la notte? E quanto dovranno aspettare prima che la corrente s'interrompi? Quanti sono sopravvissuti? E quanto staranno nella Terra i demoni? Qualche giorno? Sempre? Queste e altre mille domande tormentano Udo mentre scava. E se le fa per non pensare ai suoi cari. Proprio per lo stesso motivo Jessika lo sta aiutando a scavare la fossa per Crystal ed Emma.
  • 21. Per non pensare. Finita la fossa hanno messo i corpi delle due povere donne in una coperta e gettati nella loro tomba. Già che erano ci hanno gettato anche i corpi dei poliziotti. Prima di farlo si sono tenuti le loro pistole Beretta con un caricatore di scorta. Una l'ha presa Jessika, la quale si è sbarazzata del coltello. Ricoperta la fossa comune, Udo ha costruito una croce con due pezzi di legno. Sopra ha scritto con un pennarello indelebile i loro nomi. Se sopravvive farà una croce migliore. «Sei sicuro che non sia sopravvissuto nessuno? Cioè... magari ci sono ancora le pompe funebri», dice Jessika. «Non lo so. Tu sei stata in qualche casa oggi? Ne ho viste tante con la porta aperta o sfondata mentre guidavo», dice Udo. «Beh... sì. Ho trovato solo morti. In un giardino c'era un filo della corrente penzolante. Era stato strappato. Lì non sono entrata. L'unico che ho visto vivo oltre a te è quell'uomo di cui ti ho parlato». Il filo della corrente strappato non dice niente di buono, pensa Udo. «Vieni con me? Devo andare in un centro commerciale», dice. «Sì...» «Prima vorrei prendere un'altra arma, più efficace. Il padre di Crystal era un cacciatore. Mia moglie ha tenuto di ricordo un fucile». Udo si avvia verso casa. Jessika lo segue. L'uomo va verso una porta. «Aspetta, vai in cantina?», dice la ragazza. «Sì, perché?», dice Udo. «Puoi accendere la luce da fuori?» «No, però l'interruttore è sulle scale, appena dietro la porta. Hai ragione, devo stare attento, potrebbero esserci dei demoni». Udo si avvicina alla porta e appoggia l'orecchio sulla porta della cantina. Non sente nessun rumore. Estrae la pistola che aveva infilato nei pantaloni e la tiene con la destra in alto, dopo aver tolto la sicura. Con la sinistra apre la porta. Non l'ha aperta neanche di venti centimetri che un grosso braccio peloso fuoriesce dal pertugio e lo prende per la manica. Il demone tira e Udo finisce sulla porta, chiudendola. Jessika urla. Udo tira il braccio più forte
  • 22. che può e riesce a strappare il giubbotto, poi chiude la porta. Per fortuna il mostro l'ha preso per la manica e non per il braccio. Si allontana di qualche passo poi spara tre volte sulla porta. Il rimbombo della pistola nella casa è frastornante. Jessika si tiene le mani sulle orecchie mentre continua ad urlare, per l'emozione. L'odore della polvere da sparo è nauseante. Udo rimane immobile, con un espressione stupita sul viso e il braccio destro allungato nell'atto di mirare. Vede il fumo uscire dai buchi dei proiettili. Dubita che abbia fatto del male al demone anche se era dietro subito dietro la porta. L'odore della polvere da sparo ristagna nel corridoio. «Basta la pistola. Andiamo», dice Udo girandosi e avviandosi all'uscita. «Non gli hai fatto niente», dice Jessika. La ragazza lo segue. E' contenta di uscire alla luce del sole che ora è alto. «Come stai?», chiede a Udo. «Bene... un po' scosso ma a posto a parte una manica rotta. Ma adesso nel negozio potrò prendere un altro giubbotto», dice quest'ultimo. I due salgono sull'Audi e poi si allontanano. Nessuno dei due parla durante il tragitto. Jessika guarda fuori dal finestrino le case con le finestre rotte e le porte aperte. Ogni tanto passano davanti un negozio con la vetrina sfondata dal quale suona un allarme. Ma sul marciapiede non vedono nessuno. «Dici che dovremmo vedere se ci sono persone ferite?», dice ad un tratto Jessika. «Non sono un dottore. Tu cosa studi?»,dice Udo guardandola per un attimo. Ogni volta che la guarda sembra sempre più bella. «Conservazione dei beni culturali alla tua università. Non sono un medico. E' anche vero che per le ferite gravi non potremmo fare niente, però...» «Hai ragione, dovremmo cercare dei sopravvissuti. Ma non possiamo andare in giro casa per casa. Ce ne sono migliaia ad Ingolstadt» La macchina passa davanti all'Audi Forum. Di solito nella sua piazza si intravedono dei visitatori che vanno verso il museo o l'Audi Bar e delle macchine come la sua parcheggiate davanti a quest'ultimo. Oggi è deserto. «Io lavoravo part time in un negozio di vestiti in centro. Ho fatto anche la barista; il bar non era mio», dice Jessika.
  • 23. «Prima hai detto 'alla tua università'. Mi hai visto là? Io non ti ho mai notata» «Io sì, ti ho visto passare una volta. Ma non mi hai vista evidentemente. Non eri un mio professore» Udo si ferma con l'auto nel parcheggio di un grosso centro commerciale. Vedendo che è entrato storto nelle linee fa retro per allineare meglio la macchina. «Non occorreva. Forse saremo solo noi i clienti in tutta la giornata.... anche se spero di no», dice Jessika. «La forza dell'abitudine», dice Udo. Quest'ultimo apre il cassetto e prende una torcia. Sceso dalla macchina se la mette nella tasca interna della giacca e si avvia verso l'entrata con Jessika al suo fianco. La ragazza ha notato che ha chiuso l'auto, un'altra cosa che forse non serviva, ma non dice niente. Il centro commerciale è chiuso, come pensava Udo. La porta a vetri principale però è sfondata. L'allarme suona ma nel parcheggio non c'è nessuna macchina della polizia. Udo estrae la sua pistola e passa per l'apertura, cautamente per non tagliarsi. Jessika lo segue. «Non si potrebbe, è chiuso», dice la ragazza. «Quello che prenderò lo pagherò appena tutto torna normale, se mai lo sarà», dice Udo. «Non dire così, sto cercando di non pensare che la nostra vita cambierà radicalmente. Se i sopravvissuti sono pochi ci vorranno anni per tornare a come eravamo prima. Bisogna vedere se sono sopravvissuti poliziotti e politici. Riavviare in tal caso l'intero sistema politico e di giustizia... se sarà possibile». «Io penso a una cosa più banale... si chiama sopravvivenza». Camminano nel corridoio principale ai cui lati ci sono negozi. «Per adesso dobbiamo pensare a vivere durante il giorno e sopravvivere la notte», dice Udo. «Non penso che la tua pistola serva contro i demoni. E comunque le luci del corridoio principale sono accese», dice Jessika. «Non è per i demoni che ho estratto la pistola. Non vorrei che fosse stato qualche delinquente a rompere il vetro. C'è sempre qualcuno che approfitta
  • 24. del caos». «Hai ragione». Jessika si guarda in torno. Guarda le vetrine chiuse dei negozi. Alcune sono illuminate ma altre no. In quest'ultime il vetro è sfondato e vede delle sagome muoversi nell'ombra. «Ci sono i demoni nei negozi bui. Siamo al sicuro vero?», dice. «Finché c'è la luce sì», dice Udo. Il professore si rende conto solo adesso che è importante che facciano il più presto possibile. Pensa al filo strappato nel giardino. Sono stati sicuramente i demoni. Tolta la corrente, hanno avuto via libera in quella casa. Sono intelligenti, come aveva scritto Thomas sul suo libro. Dove sono le cabine elettriche in questo centro? Spera non all'interno, ma nel parcheggio esterno. Basta però che uno di loro sia chiuso in una stanza buia dove sono gli interruttori generali e che li senta camminare... Non vuole pensarci. Con la sua torcia non li fermerebbe. «Non parliamo se non serve e cerchiamo di non fare troppo rumore», dice piano Udo. «Va bene». I due giungono all'ingresso del supermercato principale, quello più grande. E' illuminato. Udo mette via la pistola, prende un carrello e dice a Jessika di prenderne una altro. «Perché?», dice lei. «Tu fai la spesa e prendi solo viveri a lunga conservazione. Io prendo delle cose che ci serviranno stanotte. Poi ti dico, fidati. Sbrighiamoci!» «Oki» Le porte a battenti automatiche sono spente quindi loro passano per l'uscita, che ne è priva. Non c'è nessuno nel negozio. «Che strano vederlo così deserto. Fa impressione», dice Jessika. «Già». Jessika esegue le indicazioni di Udo, buttando nel carrello scatolette e altri viveri a lunga conservazione, senza soffermarsi sulla marca. Udo riempie il carrello di grosse torce e pile. Nel reparto vestiti si prende anche una giacca nuova. Quando si incrociano lei dice: «Quante torce e pile! Perché?»
  • 25. «Io penso che i demoni prima o poi staccheranno la corrente principale alla casa dove andremo. Intendo dire il filo, quello in alto. E non so ripararlo. Le pile illumineranno la stanza» «Andremo?» «Vedi te Jessika se rimanere con me. Se vuoi ci spartiamo la roba. Pensavo che assieme fossimo più sicuri». «Certo che rimango con te... da sola stanotte non voglio stare. Ma non nello stesso letto. Non pensare male» «Tranquilla non sono uno di quelli che ci prova appena può... anche se sei molto bella» «Grazie». «E poi i professori non dovrebbero andare coi propri studenti», dice Udo spingendo il carrello. Jessika ride. Vanno in una cassa, che è vuota e spenta. Udo passa per prima. Jessika, prima di seguirlo, prende una manciata di barrette di cioccolata. «L'ho sempre desiderato prenderne molte ma da bambina non avevo i soldi e adesso non le prendevo per la dieta... ma oggi chi se ne frega... Andiamo a casa mia che è più piccola e quindi più facile da proteggere», dice Jessika. «E' quello che pensavo, se sei d'accordo». «D'accordissima». La luce del corridoio per un attimo cala poi riprende. Jessika urla: «No!» «Sbrighiamoci. A me non è mai piaciuto stare tanto in un centro commerciale», dice Udo correndo mentre spinge il carrello. In realtà lui pensa alle luci, che potrebbero spegnersi. «Non è il momento di fare dello spirito...» dice Jessika imitandolo. Mentre corrono Jessika vede delle ombre dietro alle vetrine spente. I demoni si stanno agitando. Le luci traballano ancora. Per uscire Udo sfonda una parte della porta a vetri. Nessuno dei due si si ferisce. L'allarme suona ancora. «Che fastidioso», dice Udo rallentando. Ora sono al sicuro. Jessika si gira verso l'entrata principale del centro.
  • 26. Le luci si sono spente. Li vedo muoversi», dice. «Già... Non potremo più tornarci», dice Udo. «Non è l'unico anche se era il più grande»,dice Jessika. Caricano l'Audi, che non ha problemi di spazio, poi vanno dove abita Jessika, seguendo le sue indicazioni. Il suo condominio ha solo due piani ma lei abita al piano terra. Appena entra a piedi nel giardino, Udo nota il prato tagliato, un bellissimo vecchio albero e un motocoltivatore parcheggiato sulla destra, tra la casa e le alte siepi, accanto una finestra. «Stai vedendo il motocoltivatore? L'ha parcheggiato là il mio vicino, sotto alla finestra della mia camera. Lo usiamo per tagliare l'erba. Vedi l'attrezzo attaccato dietro?», dice Jessika. «Sì», dice Udo. Entrano in casa. «Bello il tuo appartamento, anche se non è molto grande», dice Udo. «Tu dormirai sul divano letto. Stamani ho rischiato sai, andando in bagno. Ho tolto la sedia ed acceso la luce. Non c'era nessuno. Il demone era andato via ma non lo sapevo. Non sapevo neanche che ero una delle poche sopravvissute. L'ho scoperto quando sono uscita dopo la colazione per andare all'università», dice Jessika. Guarda il professore per un attimo poi dice ancora: «Adesso riponi le cose mentre preparo il pranzo», dice Jessika. Jessika vuole aprire il frigo ma ha un attimo di esitazione. «Non avere paura, Jessika. I demoni non sono così stupidi. Sanno che se si nascondono là dentro appena uno apre la porta viene investito dalla luce esterna e del frigo. E poi penso che respirino come noi... penso», dice Udo. Jessika ride. «Hai ragione. Che strana idea ho avuto. Un demone nel frigo», dice aprendolo. Sentono un botto e Jessika urla. Un contenitore di cartone con delle uova è caduto sul pavimento. «L'ho messo male. Che stupida sono a spaventarmi sempre!», dice la ragazza.
  • 27. «E' naturale. Però abbiamo delle uova in meno. Alcune si sono rotte», dice Udo prendendo il contenitore e sorridendo. Jessika ride. Guarda nel frigo. Dentro ci sono formaggio, degli yogurt e la verdura. Nel freezer c'è della carne. «Sono dei veri demoni o creature reali?», dice Jessika. «Non lo so». «Se sono demoni perché entrano sfondando le porte? E se hanno un corpo fisico perché le pallottole li trapassano?» «I don't know». Jessika cuoce due bistecche e le mette su due piatti sul tavolo. Accanto pone anche delle salse e una lattina di birra per Udo. Lei beve succo di frutta. Udo ringrazia di tutto. Mangiando diminuisce il loro nervosismo. «Stamani quasi ti prendeva quel mostro», dice sorridendo Jessika. «L'ho scampata bella, sì. Come mai stamattina eri nella mia via?», dice Udo. «Camminavo a caso. Dopo quello che ho visto ero sotto shock. Ho telefonato a tutti i contatti che avevo nel cellulare ma nessuno mi ha risposto. Poi ti ho visto cadere in lontananza. Pensi che ci siano altre persone oltre a noi e al tizio che ho incontrato?», dice Jessika. «Sì. Vedi, molte persone avranno visto dalla finestra i demoni e magari saranno rimasti barricati in casa con le luci accese. Però alcuni di loro saranno stati presi nei corridoi e stanze buie e la maggior parte alla fine, sentendosi sicuri, avranno spento la luce per dormire... ad altri hanno staccato la luce, come hai visto. Quelli che non si sono accorti dei demoni semplicemente stavano dormendo» «Mio dio», dice Jessika. Udo diviene serio per un attimo. Ha pensato a sua moglie ed Emma. Jessika lo intuisce guardandolo e il ricordo va subito a sua madre e a Ludwig, il suo ragazzo. Sparecchia la tavola, per non far capire a Udo che sta piangendo. «Sei figlia unica?» «Sì...» «Anche io. E sono orfano. I miei genitori sono morti in un incidente aereo quando avevo ventidue anni».
  • 28. «Mi dispiace molto». Dopo sparecchiato, mentre Jessika pulisce i piatti per riporli nella lavastoviglie, Udo pensa a come disporre le torce. Le mette in modo che nessuna parte dell'appartamento sia al buio. Neanche in camera, bagno e ripostiglio, le uniche stanze oltre alla cucina/soggiorno. Accanto a loro mette delle pile di riserva. «Ecco fatto. Ogni tanto dovremo andare a recuperare altre pile. Ne abbiamo quante ne vogliamo, ci sono parecchi negozi in città. Spero comunque che i demoni non stacchino la luce. Comunque se nessuno bada alla centrale elettrica prima o poi mancherà la corrente in tutta la città», dice Udo. Il professore comincia ad accendere tutte le pile, in tutte le stanze. «Facciamo una prova. Chiudi le persiane», dice. «Sei... sicuro?», dice Jessika. «Sì. Tanto fuori nel corridoio non ci sono demoni». Jessika chiude le persiane poi, assieme a Udo, spegne una alla volta tutte le luci delle stanze dell'appartamento. C'è una fioca illuminazione ma poche zone buie. Jessika si guarda in giro, nervosa. Le pare di sentire un rumore. Udo riaccende la luce principale e riapre le finestre. Jessika si tranquillizza. «Ho visto dove sono le zone semibuie, faccio una piccola modifica», dice. Dopo aver sistemato e provato le torce i due escono dall'appartamento. Se i demoni le prendono ne cercheranno altre. Prima di tutto hanno seppellito la madre e l'ex ragazzo di Jessika poi sono andati dalla polizia per vedere se qualcuno di loro è ancora in vita. Dalla polizia hanno trovato soltanto cadaveri. «Forse alcuni di loro sono a casa», dice Udo. Hanno provato anche ad andare da alcuni dei loro amici, di quelli che abitano in città, ma senza buon esito. E' stato anche da Landolf ma l'ha trovato con la schiena aperta. Il suo corpo era semivuoto. Nessun sopravvissuto. Scoraggiati hanno cominciato a vagare per Ingolstadt in auto. Hanno anche fatto una passeggiata in centro ma non hanno visto nessuno. Verso le sette sono tornati in auto. Udo guarda l'indicatore della benzina. Ha ancora un quarto. Meno male, ha paura di rimanere a piedi e in tal caso dovrebbero
  • 29. tornare a casa prima del buio, cioè verso le otto e i distributori di carburante non funzionano. Tornati a casa hanno trovato le torce al loro posto. Mentre cenano Udo vede i raggi del sole di colore rosso fuoco attraverso la finestra; sta tramontando. Le luci in casa sono già accese ma per sicurezza Udo accende tutte le torce. «Torneranno?», dice Jessika. «Sì», dice Udo. «Sei sicuro che staccheranno la luce?» «No ma se lo faranno e le torce sono spente non avremo il tempo di accenderle. Tanto di pile sono pieni i centri commerciali». Jessika accende la tv ma solo in un canale c'è segnale. Stanno trasmettendo Derrick, un telefilm. «Probabilmente quella stazione sta trasmettendo automaticamente una sequenza di trasmissioni già registrata. Una volta terminata il computer l'ha ripropone da zero. E' impossibile che non trasmettano tg straordinari dopo quello che è successo», dice Udo. Jessika accende la radio del suo impianto stereo. Le stazioni sembrano mute. Ad un certo punto si sente una voce femminile. «Per i pochi radiospettatori ancora in vita ripeto quello che ho già detto. Tenere sempre le luci accese. E' la luce che tiene lontani quei mostri. Cosa pensa che siano quelle creature, professore Himmler?» «Himmler! Lo conosco», dice Udo. «Sssst!», dice Jessika. «Non ne ho idea. Purtroppo tutti i miei conoscenti esperti su tale campo sono morti...» «Non tutti, ci sono anch'io... anche se non sono un vero e proprio esperto », dice Udo. «...sembrano persone più che demoni. Hanno l'aspetto dei cosiddetti 'demoni del buio' e hanno le loro stesse caratteristiche. Le pallottole li trapassano; nessuna arma li può fermare se non, come ha già ripetuto lei, la luce. Per me vengono da un altro mondo...» La voce passa alla donna. «Sta calando il buio, state pronti. Non avvicinatevi a porte e finestre che
  • 30. danno all'esterno poiché essi sono in grado di spezzarle e di trascinarvi fuori. Anche se si comportano da animali sono molto intelligenti..» «Qualcun'altro è rimasto in vita allora oltre all'uomo che ho visto, bene», dice Jessika. «Bene», ripete con un tono serio Udo. Le ombre si allungano sulla strada ma Sophie e suo marito Robert ancora non hanno visto nessun movimento in giro. Sono bloccati nella loro auto. La benzina è finita a circa 30 chilometri da casa loro. Robert non ha guardato l'indicatore della benzina prima di partire dalla casa dei suoceri. Rischiamo di raggiungerli in paradiso, pensa Robert. Nell'abitacolo è accesa la luce. «Non riesci ad accendere la macchina, vero?», dice Sophie. Ha cinquant'anni. «No, te l'ho già detto, è finita la benzina. Spero che la luce dell'abitacolo basti a tenerli lontani. In caso tu punta loro quella torcia che ti ho dato in mano. Purtroppo dobbiamo dormire qui, la casa più vicino era senza corrente, hai visto anche tu», dice Robert. «E... se non vengono più? Forse se ne sono andati, è già buio e non vedo ancora nessuno», dice Sophie. «Allora dormiamo qui comunque e poi domani cerchiamo un distributore sperando che la pompa funzioni. Spero proprio che tu abbia rag...» In quel momento sentono l'auto scuotersi su è giù. Sophie urla. Qualcuno la sta sbattendo. Dal finestrino Robert vede che sono due di quei mostri. I loro ruggiti sono terribili. Veloci come sono venuti scompaiono nel buio. La luce fa loro male. «Vogliono spaventarci per farci uscire. Stai tranquilla, hai sentito la radio. La luce li spaventa. Ho chiuso le portiere, no?», dice Robert con voce tremante. «Sì è... chiusa. Ma loro possono sfondare il finestrino. Hai visto com'era ridotta la porta del nostro garage!» «Se ne vedi avvicinare uno punta la luce della torcia sul suo viso. Forse ad un certo punto smetteranno di provarci e allora forse riuscirai a dormire». «Non riuscirò mai a farlo! Li senti? I loro maledetti zoccoli...»
  • 31. «Non capisco come hanno fatto ad avvicinarsi così silenziosamente ...» L'auto viene sollevata parzialmente dal davanti. Sophie urla. Si sente un crac e il cofano viene alzato. «Cosa fanno, Robert? Ho paura». «La batteria!», urla Robert. L'abitacolo cala al buio. Le portiere vengono divelte e gli sposi trascinati fuori. Albrecht guarda fuori dalla sua finestra. Li vede muoversi. Ma ha acceso tutte le luci in casa, è al sicuro. Quei bastardi non riusciranno a fregarlo. E' riuscito a sopravvivere alla guerra, non morirà a causa di mostri che parlano un lingua gutturale. Albrecht è un ex SS. In mano ha una Luger P08. Vede uno di loro arrampicarsi sul palo della corrente. «Sei furbo, mostro, ma adesso finirai fulminato, idiota», dice Albrecht. Albrecht vede che il demone strappa il filo ma rimane aggrappato sul palo, indenne. E nella casa scende l'oscurità. Dopo tanti anni ripiomba in lui la paura che aveva durante la guerra. Di essere ucciso durante un azione di guerra, di un bombardamento, di essere catturato dai sovietici. La porta della stanza chiusa a chiave viene scardinata. Lui si volta e con le mani tremanti mira alla sagoma che sta correndo verso di lui e fa fuoco. Jessika, che sta dormendo in camera, si sveglia a causa di un forte rumore. Attraverso la tenda della finestra entra un grosso braccio peloso. Il ruggito del demone rintrona nella cameretta mentre Jessika urla. Poi la mano scompare velocemente, così com'è apparsa. Per fortuna il letto è dalla parte opposta delle finestra. Jessika allunga la mano sul comodino e prende la pistola. In quel momento entra Udo con l'altra in mano. Jessika si gira a guardarlo, bianca in volto. «Tutto bene?», dice Udo. «S...sì. Ma ho paura», dice Jessika. «Tranquilla anche se spengono la luce ci sono le torce. Abbiamo provato prima, non possono raggiungerle e la loro luce copre tutto l'appartamento». «Voglio dormire di là anch'io. Non voglio stare da sola». «Dobbiamo disfare il letto e portarlo di là, è pesante...»
  • 32. «Non importa, faccio da sola se non vuoi aiutarmi». «No, ti aiuto, no problem». Jessika scende dal letto e comincia a togliere il piumone. Mezz'ora dopo il suo letto è accanto al divano letto. «Grazie Udo. Ora sono più tranquilla», dice Jessika. «Se ci attaccano io non posso fermarli. Non conosco formule magiche», dice Udo. Jessika sorride. «Lo so», dice. Udo non riesce a dormire: sente continuamente i loro passi e il loro parlottare nella loro strana lingua. Non riesce a non pensare ai demoni. E a come riducono le loro vittime. Per distrarsi pensa a Jessika in pigiama. E' veramente sexy, anche se non ha tanto seno. La luce va via di colpo. Ma l'appartamento è illuminato dalle torce. «Hanno staccato la corrente», dice Jessika. «Già. Come vedi c'è abbastanza luce», dice Udo. Udo pensa che se verranno attaccati sparerà un colpo in testa a Jessika e poi a se stesso. 13 Maggio Il giorno precedente hanno vagato in cerca di qualcuno e hanno fatto altra spesa. La stazione radio che trasmette 24 ore su 24 notizie sui demoni ha detto che le vittime si stimano sul 90% della popolazione della Baviera. Del resto del mondo ancora non si sa niente. Udo e Jessika non sono riusciti a trovare il professore Himmler e la radio dove trasmettono. Internet poi non funziona più. Oltre che sapere dove si trova la radio, leggendo la frequenza sul web, potevano cercare altre informazioni sui demoni della notte. Saranno stati quest'ultimi a bloccarlo. La stazione ha continuato a trasmettere fino alle 21. Poi è diventata muta. Anche l'unica emittente tv ha cessato di trasmettere. Evidentemente i demoni le hanno tolto la corrente. La mattina Udo si sveglia con Jessika
  • 33. nel suo divano letto. Lui si gira a guardarla e lei si sveglia. «Buon... giorno. Non volevo dormire da sola. Non ti secca, vero?», dice Jessika. «Scherzi? A chi non piacerebbe dormire con te? Che ora è?», dice Udo girandosi verso l'orologio sulla parete. «Le nove», dice Jessika. «Beh, almeno non dovremo più lavorare, per un po'». Jessika ride. E si avvicina a lui. «Ti piaccio?», dice Jessika. Lui come risposta la bacia. Poi fanno l'amore. Quando lei esce dalla doccia, coperta dall'accappatoio, lui la trova ancora sexy. «Farsi la doccia con l'acqua fredda non è il massimo. I demoni non hanno staccato solo la luce ma l'intera corrente », dice Jessika. «Se tu avessi un fornello a gas potresti scaldarti l'acqua in una pentola per riempire la vasca da bagno. Potremmo procurarcene uno per scaldarci i pasti», dice Udo. Lei lo guarda. «Per quanto riguarda quello che abbiamo appena fatto... non pensare che io sia una di quelle, Udo. E che... volevo scaricarmi. Ero sotto pressione. Con questo non voglio dire che tu non mi piaccia», dice Jessika. «Lo so, è lo stesso per me. Tu mi sei piaciuta fin dall'inizio. Come facciamo per il caffè?», dice Udo. «Forse puoi berlo in qualche bar. A me basta qualche biscotto e un po' di latte... se non è andato già a male». «Dopo vado a fare un giro a cercare un bar. Ovviamente il caffè me lo farò da solo». «Non occorre vengo con te, se non ti secca che ti stia sempre attaccata». «Non mi secca, anzi. Ora vado io a lavarmi». Jessika lo ferma, poi lo bacia. «Io finisco di prepararmi», dice lei. «Prima di uscire ti dico dopo un idea che mi è venuta per dormire più tranquilli. Ho paura che le torce si esauriscano mentre dormiamo...» «Va bene», dice lei entrando in camera.
  • 34. Vanno a piedi, per risparmiare benzina. Vedere la città deserta è strano. A Jessika è venuto in mente un bar che fa angolo, dalle cui vetrate sicuramente entra la luce del sole. Il bar, che non ha saracinesche, si chiama Bar Italien. Quando arrivano Udo nota che aveva ragione lei: dentro è illuminato dai raggi solari. Udo nota che la porta d'ingresso è già stata forzata. «Qualcuno è già entrato, forse i demoni», dice lui entrando e guardandosi in giro». «Non sono così brutto». La coppia si volta e vedono un uomo alto, con gli occhiali, che sta sorridendo. «Buongiorno», dice Udo, mettendo la mano sotto la giacca. «Tranquillo, non voglio farvi del male. Sono entrato qui solo per bere un caffè», dice l'uomo. Udo toglie la mano. «Anche noi. Io mi chiamo Udo Schmidt e lei è Jessika Eydrich», dice. «Il mio nome è Hans Bernstorff. Fa sempre piacere conoscere persone nuove... specialmente quando si è solo una decina in tutta la città», dice Hans. «Mi scusi se stavo per prendere la pistola. Ma qualcuno potrebbe approfittare del caos per fare quello che vuole». «Ora faccio il caffè. C'è corrente, signor Bernstorff?», dice Jessika. «Sì. Chiamatemi per nome. Le formalità hanno poco peso adesso», dice Hans. Mentre Jessika accende la macchina del caffè per scaldarla, i due uomini si stringono la mano poi si siedono ad un tavolo. «Il macina caffè è pieno. Che tipo di caffè volete?», dice Jessika. «Io un espresso, grazie», dice Hans. «Normale», dice Udo. Poco dopo arrivano i tre caffè. Jessika ha preso caffè con latte caldo. Lei e Udo raccontano la loro storia. «Ora vi racconto la mia. Tre sere fa ero nel mio ufficio. Sono un sistemista, dovevo finire un lavoro urgente per una ditta importante...», dice Hans.
  • 35. Hans torna da una banca dove hanno avuto problemi con un server. Deve finire un lavoro quindi vuole stare in ufficio ancora un poco. Mezz'ora ci vorrà, niente di più. Poi tornerà a casa e si stenderà subito sul letto. Dove lavora ci sono tre stanze divise da un corridoio più un bagno. Chiusa la porta principale accende la luce (è già scuro fuori) del corridoio, va nella stanza del server per accenderlo, spegne la luce del corridoio ed entra nella sua stanza. Brontola. La donna delle pulizie ha lasciato per l'ennesima volta il cestino del collega che ha la scrivania accanto alla porta, dopo averlo svuotato, accanto a quest'ultima. Chi entra rischia di inciamparsi. Decide di metterlo a posto dopo, ora va al suo computer. Lo avvia e carica Mandriva 2011, una distribuzione di Linux. Dopo dieci minuti sente un urlo provenire dalla strada. Hans si alza e va a vedere dalla finestra a vetro. Non vede niente. Sente un rumore nel corridoio. Va a vedere. Quando è alla porta un enorme braccio si muove nell'aria, come per prenderlo. Lui spaventato di scatto arretra la testa. Una grande mano pelosa e con lunghi artigli sfonda la porta aperta, lui tocca con un piede il secchio e cade all'indietro per terra. Rimane con la bocca aperta a vedere il braccio ritirarsi nell'oscurità del corridoio. Cos'era? Sta sognando? Le sembra di essere in uno di quei terribili film dell'orrore. Ma la porta sfondata è la prova che quello che è successo è reale. Si allontana subito da essa. Sente degli zoccoli nel corridoio. E un grugnito. Hans inghiotte la saliva. Sente altre urla provenire dalla strada. Cosa diamine sta succedendo? Hans rimane fermo a guardare la porta aperta, in piedi. Rimane così, immobile, sentendo i passi del mostro nel corridoio, per almeno mezz'ora. Poi capisce che quella creatura non vuole entrare. Pensa di essere impazzito. Va verso il computer e si collega alla rete per sapere se esiste una creatura come quella che ha visto. Non pensa di trovare niente. Invece vede che non è il solo ad essere stato attaccato. Tutti i forum ne parlano. Non ce n'è uno ma molti di quei mostri. A quanto pare hanno paura della luce. Hans guarda i suoi nuovi amici. «Sono rimasto attaccato al computer tutta la notte. Gli utenti collegati alle
  • 36. chat o ai forum hanno cominciato a scollegarsi. Finché non è rimasto quasi nessuno», dice. «Quegli utenti sono morti. I demoni hanno staccato loro la corrente», dice Jessika. «Esatto, lo penso anch'io», dice Hans. «Sei stato nel tuo ufficio in questi ultimi due giorni?», dice Udo. «Sì. Non so perché ma là c'è ancora elettricità», dice Hans. «La toglieranno. Ti conviene venire da noi. Usiamo delle torce che illuminano tutto l'appartamento. Prima abbiamo deciso che d'ora in poi dormiremo a turni di tre ore. Mentre uno si riposa l'altro controlla che le torce non si scarichino. Se una comincia soltanto a fare una luce fioca, chi fa la guardia cambia la torcia con un'altra già pronta e sostituisce la batteria di quella tolta. Non è il massimo perché nessuno dormirà più tutta la notte... ma si è più sicuri. E adesso che non lavoriamo possiamo dormire anche durante il giorno», dice Udo. «Buona idea. Sì, mi unisco a voi così diminuiremo i turni. Tanto non ho mai dormito in queste notti. Lo facevo di giorno. Avete un letto per me? Altrimenti vado a casa mia a prenderlo. E' piccolo, sono single», dice Hans. «Puoi dormire sul suo. Da stanotte Jessika dormirà sul divano letto con me, è abbastanza grande». «Vi siete messi assieme?» Jessika sorride mentre sorseggia il suo caffè. Si è seduta accanto a loro. Guarda Udo e dice: «Sì». 14 maggio I tre superstiti stanno facendo una colazione fredda. «I turni di guardia sono stressanti. Ho sentito rumori di zoccoli nel corridoio che porta agli altri appartamenti tutta la notte, e anche in giardino. Ma non si sono fatti vedere, per fortuna», dice Udo. «A me, da sui nervi quella loro strana lingua gutturale...», dice Jessika. Mentre Udo guarda la sua ragazza fissare nel vuoto la stanza sentono bussare alla porta. Si guardano con i visi stupiti. Udo va ad aprire con la
  • 37. pistola in mano. Non pensa sia un demone (il sole è già alto in cielo) ma ha paura che qualche sopravvissuto voglia approfittare dell'apocalisse che è capitata per derubare gli altri o detenere il potere. Non tutti sono buoni come loro. Udo guarda dallo spioncino, poi apre la porta. Un anziano coi vestiti sporchi e mal tenuti è sull'uscio. «Non vi aspettavate di vedere un barbone ancora vivo, vero? Beh, a dire la verità sono sorpreso anch'io di essere ancora in vita. L'ho passata brutta», dice. «Come ha fatto a trovarci?», dice Udo. «Vi ho visto dalla finestra. Mentre camminavo ho sentito della voci e ho riconosciuto la macchina nel giardino. Vi ho già visti, l'altro ieri, mentre uscivate con essa da un centro commerciale. Ma non mi avete visto», dice l'uomo. «Infatti. Piacere, Udo», dice l'insegnante stringendogli la mano. «Piacere, Claus», dice il barbone. Dopo che tutti si sono presentati, decidono di andare al Bar Italien per bere un caffè. Lì Claus racconta la loro storia. «Ero con un mio amico, in un paese poco distante da Ingolstadt. Stava facendo un enorme falò con dei vecchi bancali. Alle nostre spalle avevamo un'altra catasta di bancali. Doveva bruciare anche quella ma ne aveva accesa solo una. Ad un certo punto ha preso una stecca infiammata dal rogo e stava per accedere l'altra pira quando ha guardato verso la sua stalla. «Cos'hai Jacob? Hai sentito la sirena della polizia? Siamo fottuti, è vietato accendere fuochi», dice Claus. «No. Sento il mio cavallo fuori dal recinto. E' vicino a noi ma non lo vedo. Vado a vedere un attimo», dice Jacob andando verso la sua stalla tenendo alzata la stecca infuocata. Deve stare solo attento a non spaventarlo col fuoco. Claus prende una sigaretta dal suo pacchetto di sigarette che ha trovato per terra (quando l'ha trovata e ha visto che dentro c'erano cinque sigarette, lui ha commentato: «Che spreconi!») e l'accende. Poi guarda il suo amico. Ad un tratto una mano pelosa prende quest'ultimo per il braccio sinistro
  • 38. tirandolo nel buio. Il movimento è così repentino che gli cade di mano la torcia improvvisata. Subito dopo Claus sente delle grida strazianti. Claus vorrebbe aiutare il suo amico, che è stato aggredito da delinquenti, ma le sue urla non preannunciano nulla di buono. Nel buio vede qualcosa muoversi e sente dei sinistri strappi. Jacob non urla più. Una cosa rotola vicino al falo. La testa di Jacob. Claus si volta e sta per scappare quando, dove finisce la luce del falò, vede un mostro. Un essere che Claus pensava esistesse solo nella fantasia dei bambini. I suoi occhi non hanno pupilla. Claus si immobilizza, il suo cuore batte rapidamente. Il mostro fa qualche passo indietro e torna nel buio. Dopo cinque minuti pensa che abbiano paura del fuoco quindi rimane il più vicino ad esso, con una stecca infuocata. Quando il fuoco diminuisce lui getta sulla pira qualche altro bancale dal mucchio vicino. Claus si accende una sigaretta e li guarda. «Non si può fumare nei locali pubblici», dice Jessika. Claus ride. «Le regole non esistono più da quando sono venuti quei mostri. E poi si poteva fino a qualche anno fa», dice Claus. «Disturba la mia ragazza... ma faccia come crede», dice Udo. Claus spegne la cicca sul tavolo. In quel punto si forma una macchia nera, sulla tovaglia di plastica. Poi la getta per terra. Udo lo guarda malamente. «Non è che perché le istituzioni non ci sono più bisogna essere maleducati», dice Hans. «Lascia perdere, Hans. E così Claus sei sopravvissuto perché sei rimasto nella tenue luce di un falò? Incredibile. Sai che avevano paura della luce e non del fuoco?», dice Udo. «Sì, l'ho capito dopo. Anch'io mi meraviglio di non essere stato preso. Forse avevano sul serio anche paura del fuoco. Comunque nei giorni seguenti ho dormito in casa di Jacob. Accendendo la radio in casa sua ho sentito che parlavano dei demoni. Poi mi sono trasferito in città. Posso venire a stare con voi? Sono abituato a stare da solo ma la compagnia è meglio. Non bevo più, non preoccupatevi».
  • 39. «Solo se fuma in giardino», dice Udo. «D'accordo», dice Claus. Jessika fa un viso che dice tutto. Non è per niente contenta. Tornano a casa di Jessika. Quando Claus va a prendere le sue cose a piedi Hans si avvicina a Udo. «Non mi piace quel tipo. Non possiamo accettare tutti i superstiti», dice. «Neanche a me. E' un barbone, Udo», dice Jessika. «E allora? E' quello che più di tutti ha bisogno di aiuto. I suoi modi li ha imparati dalla strada. Ovviamente non era così ma lo è diventato. A causa dell'amarezza che ha nel cuore. Non possiamo lasciarlo sbranare dai demoni ed è quello che gli capiterà se non mette come noi delle torce nella sua casa. Comunque lo terremo d'occhio. Se ci mette in pericolo o non impara l'educazione lo scacceremo, tanto saprà come sopravvivere appena glielo insegneremo», dice Udo. Mentre Claus torna con una valigia verso la casa dei suoi nuovi amici pensa a quella notte del falò. Quello che l'aveva innervosito non era tanto la paura di essere preso ma il loro continuo parlare. Gli aveva fatto venire il mal di testa. E gli sembrava che stessero parlando proprio a lui. Quella sera decidono di bere un poco di whisky preso dal bar. Dopo avere riso per qualche ora raccontandosi aneddoti divertenti decidono di dormire. Claus appoggia la bottiglia sul pavimento. Decidono i turni, il terzo lo farà proprio lui. Prima di dormire Udo gli ricorda che dovrà cambiare le pile per sicurezza a quell'ora. Claus annuisce. Claus si accende una sigaretta. Spera che nessuno si svegli altrimenti lo cacciano. E quella ragazza gli piace. Deve trovare un attimo per stare da solo con lei. Mentre soffia via il fumo Claus la guarda mentre dorme stretta al suo compagno. Quell'Udo! Non gli sembra tanto in gamba anche se l'idea delle torce e dei turni non è malvagia. Il vagabondo guarda Hans, che ronfa alla grande. Quello stupido pensava che non si fosse accorto che lo stava spiando facendo finta di dormire. Ma si è addormentato. Claus è seduto sul suo letto. Assieme agli altri ne hanno portato uno da un
  • 40. altro appartamento. Quando sono entrati Jessika non ha voluto seguirli, anche se le finestre erano tutte spalancate e c'era luce. Ha detto che la coppia che ci viveva aveva un bambino piccolo e non voleva vederlo morto. Di lui hanno trovato infatti solo il busto superiore ma nessuno ha detto niente a Jessika. Claus sente parlare in corridoio. Di nuovo loro. Vorrebbe urlargli di stare zitti ma sveglierebbe tutti. E poi quei mostri non capirebbero. O sì? Non sono intelligenti secondo Udo? Anche secondo me, pensa Claus alzandosi e andando in bagno a spegnere la sigaretta nel lavandino. La butta nel water, chiude la porta e tira l'acqua. Le voci continuano. Claus adesso ne è come ipnotizzato. Si avvicina alla finestra. Uno di loro sta parlando proprio a lui. Hans si sveglia all'improvviso. Con orrore vede che metà stanza è al buio. Vede Claus avvicinarsi ad una torcia e spegnerla. «Riaccendi subito, carogna», dice Hans allungando le mani dove prima aveva messo la pistola. Ma questa non c'è più. «Cercavi questa?» dice Claus sorridendo e puntandogli l'arma. «Bastardo, che intenzioni hai? Uccideranno anche te», dice Hans. Jessika e Udo si svegliano. «No, me l'hanno promesso», dice Claus. «Mentono, lo fanno sempre», dice Udo. «Ti sei svegliato eh? Non importa, ora spengo le torce rimanenti e voi non farete niente se non volete essere uccisi con questa. Anzi, vi gambizzo se lo fate, se vi sparo in testa la vostra morte sarebbe troppo dolce. Al resto penseranno loro», dice Claus. «Lo sapevo che eri malvagio», dice Hans. «Non lo è. Sono i demoni che l'hanno ipnotizzato, non è in sè», dice Udo. «Zitto» dice Claus puntandogli la pistola «potrei iniziare da te». Jessika è terrorizzata. Vede già delle ombre nella stanza. I demoni. Claus si avvicina ad una torcia ma viene preso da un demone. La pistola cade per terra. La stanza si riempie di urla strazianti. Subito dopo i demoni cominciano ad urlare strane parole. Sembra che rimproverino qualcuno. Evidentemente il demone che ha preso Claus non doveva farlo.
  • 41. «Che fine», dice Jessika. «Se lo meritava. Stava per farcela fare anche a noi», dice Hans. «Quel demone che l'ha ucciso ha sbagliato, avete sentito le urla dei demoni?», dice Udo cercando la propria pistola. Ma non la trova. Hans si alza e va a prendere la pistola che aveva Claus, poi torna subito nella luce. Una mano si protende dal buio ma non riesce a ghermirlo. «Cosa fai? Attento, resta nella luce», dice Udo. «Quale? Non vedete che le torce si stanno spegnendo?», dice Hans. In effetti la luce si è fatta più fioca. Una torcia abbassa per qualche secondo la luminosità, poi si spegne. «Siamo cagati», dice Hans. Guarda la sua pistola. «Non farlo», dice Udo prendendo la bottiglia di whisky. Per terra vede l'accendino di Claus. Stappa la bottiglia, bagna un poco un fazzoletto con il suo contenuto, lo infila nel collo e gli dà fuoco. Si avvicina alla finestra e lancia la bottiglia verso il grande albero. Essa esplode dandogli fuoco. In due minuti l'albero è un'immensa torcia. «Venite, non abbiamo alternative, le pile di scorta le ha gettate Claus nella parte buia della stanza», dice Udo. «Bastardo», dice Hans. I tre escono dalla finestra e corrono verso la luce dell'albero. Nessun demone era nel giardino vicino alla finestra. La siepe dietro l'albero prende fuoco. «Non è che rischiamo di bruciare anche noi?», dice Jessika. «Sì... ma non vedo cosa possiamo fare ora», dice Udo guardando i demoni avvicinarsi. Hans punta verso di loro la pistola. Fa fuoco. Le pallottole li attraversano, finendo sul muro della casa. «Non sprecarle!», dice Udo Hans si gira a guardarlo. «Devo tenerne tre, vero?», dice. Udo fa un cenno di assenso. Jessika si stringe a Udo e piange silenziosamente. Il calore delle siepi fa prendere fuoco il motocoltivatore. Esplode. La sua
  • 42. detonazione fa scoppiare il vetro della camera di Jessika. Dalla sua finestra esce fumo. «Sta prendendo fuoco anche la casa!», dice Jessika. «Meglio, avremo più luce», dice Udo. «Ma quanto durerà?», dice Hans. «La faremo durare», dice Udo. Il piccolo condominio comincia ad illuminare la notte. E' difficile resistere al fumo. Fa tanta luce ma non si avvicinano troppo alla casa, è pericoloso. I tre si allontanano dalla macchina che ha preso fuoco. Non esplode. L'incendio comincia a diminuire. Udo con orrore si accorge che non c'è più niente da bruciare nelle vicinanze. La casa più vicina è a un centinaio di metri, troppo lontana per dargli fuoco. I tre si siedono, guardando il fuoco. Meglio quello che l'orda di assassini che si avvicina sempre più coraggiosamente. «Manca poco alla fine», dice Udo. «Siete stati dei grandi amici. Ci rivediamo nell'altro mondo», dice Hans appoggiando la canna sulla tempia e premendo il grilletto. La parte sinistra del suo cranio esplode, finendo sul giardino. La sua testa si piega di scatto verso quella direzione con tanta forza che si vede il suo collo piegarsi in un angolo innaturale. Poi il suo corpo si affloscia in avanti. Jessika urla. Udo prende la sua pistola e abbraccia la sua ragazza. «Calmati amore», le dice. «Udo... il fuoco... sta finendo», dice Jessika con le lacrime agli occhi. «Ti amo», dice Udo. «Anche io, tesoro» dice Jessika prima di baciarlo. Jessika gli prende poi la mano con la pistola e se la punta alla tempia. Udo la abbraccia. Vorrebbe dirle che è più sicura di morire se se la mette in bocca ma non ne ha il coraggio. Guarda un demone avvicinarsi. Sorride mostrando dei denti lunghi e storti. Udo mette il dito sul grilletto. «Vai tesoro... Sono pronta. Ti amo», dice Jessika. Udo sta per premere il grilletto quando vede il demone diventare trasparente. Il suo sorriso scompare. Anche un mostro posto dietro a lui comincia a diventare traslucido. Udo lascia il grilletto.
  • 43. I demoni scompaiono. Jessika, che aveva chiuso gli occhi, dice: «Amore, se non ne hai il coraggio lo faccio da sola». «Sono... scomparsi», dice Udo. Jessika apre gli occhi e scosta piano la pistola dalla sua tempia. «E' già... l'alba?», dice con una voce tremolante. Si guarda in giro. Il fuoco si spegne quasi del tutto, le braci illuminano debolmente i resti della casa. Loro due vengono avvolti dal buio. Nessuno si avvicina a loro. Regna un silenzio di tomba. Udo sente il cuore di Jessika battere velocemente nella notte. I demoni sono tornati nel loro mondo, l'allineamento col decimo pianeta è finito. Ora Udo e Jessika si sono sposati e vivono in una casa perennemente illuminata. Un gruppo di continuità autonomo, posto in una stanza con delle luci di emergenza accese, dà corrente a tutta la casa in caso che essa manchi. I suoi cavi scorrono dentro casa di modo che dall'esterno nessun estraneo possa spegnerlo o manometterlo. Sono riusciti a riattivare una centrale elettrica e una pompa di benzina. Ogni tanto vanno a mettere un fiore sulla tomba dei loro cari e di Hans. Udo pensa ogni tanto che se avesse aspettato soltanto un minuto adesso sarebbe ancora con loro. Nei giorni successivi hanno scoperto che nelle altre città della Germania molte persone sono sopravvissute. Udo è diventato il capo del gruppo che si è formato per garantire la sicurezza delle persone. Molti sbandati hanno infatti approfittato della tragedia per volere avere in proprio potere la regione in cui vivevano. Ma i tedeschi che si sono salvati non hanno più paura di niente e si sono opposti con successo. Intendono riportare tutto alla normalità. Il mondo intero sta uscendo dal buio in cui ha passato. FINE Claudio Vasi 2008
  • 44. POSTFAZIONE L'idea mi è venuta pensando alla paura ancestrale che hanno gli uomini del buio. Una teoria (da alcuni negata) dice che tale paura è dovuta al fatto che decine di migliaia di anni fa l'uomo preistorico aveva paura del buio poiché è proprio in esso che i predatori, come i felini, si aggiravano in caccia di carne umana. Da lì ho pensato ad un mostro che si aggirasse però SOLO col buio. NOTE 1 In Germania come in molti altri stati c'è un unico numero per chiamare soccorso medico, polizia e pompieri. Una centralinista smista le chiamate. Il numero è proprio il 118.
  • 45. LA BESTIA Dedicato a Sarah Scazzi e Yara Questo racconto non ricostruisce la vicenda di Sarah ma ne racconta una del tutto diversa, per suo rispetto. Tutti i fatti narrati, i nomi delle persone e luoghi sono inventati. Eventuali avvenimenti realmente accaduti e omonimie sono puramente casuali. Unity è una piccola cittadina situata a nord-ovest di Dorry, la capitale di questa contea del Maine. Dorry è più grande e più famoso, non tanto per la sua ottima università, riconosciuta come una delle migliori d'America, ma per un bosco dove scompaiono le persone e dove dicono non ci sia vita animale. Ha una chiesa, una piazza e più bar che negozi. In proporzione ce ne sono più di Dorry nel quale non mancano di sicuro. C'è anche un piccolo centro commerciale, a due miglia ad est e un cimitero a nord. Dicono che inizialmente lo volevano costruire, cento anni fa, a sud ma hanno cambiato la locazione dalla parte opposta per evitare che sia troppo vicino al bosco di Dorry, dove scompaiono le persone (dicono a causa di un elevato numero di Grizzly). Naturalmente ad Unity c'è anche la scuola superiore che io e Sammy frequentiamo. Io e lei stiamo camminando sul marciapiede. Il sole sta calando. Samantha guarda due innamorati baciarsi sulla panchina del parco posto nell'altro lato della strada mentre io guardo le vetrine dei pochi negozi di Unity. Samantha è la mia migliore amica nonché compagna di banco, e come me ha quindici anni. E' carina ma grassottella e questo la rende insicura, anche perché viene spesso presa di mira dai ragazzi, che sono stupidi. E' molto intelligente e simpatica, anche se lei, come alcune compagne di classe, è invidiosa della mia bellezza. Non sono molto alta e ho i seni meno sviluppati di Samantha ma sono magra, bella e con grandi occhi azzurri da cerbiatto. Io e Sammy, come la chiamo io, siamo andate a studiare in biblioteca, situata accanto alla scuola e dopo siamo andate Da Carrie, la nostra caffetteria preferita. A me piace
  • 46. sopratutto perché ci va Norman, un ragazzo bellissimo che frequenta fuori corso il college di Dorry ma abita ad Unity. Sammy dice sempre che è troppo grande per me ma non m'importa. Norman è un amico di Lucy ed ha venticinque anni. Mia sorella però non mi lascia quasi mai uscire con i suoi amici quindi lo vedo raramente. Ogni tanto viene a casa nostra e quando lo fa non lo lascio un secondo. Lucy dice che sono troppo opprimente e che così, anche se avesse l'età giusta (non conta nell'amore, io le dico sempre), non combinerei mia niente. Bisogna fare capire al ragazzo che t'interessa che ne sei attratta ma senza farlo vedere troppo e senza farlo capire agli altri. Lascia che sbavino loro, dice sempre riguardo ai ragazzi. “Oggi non c'era Norman”, dico guardando un bel maglioncino rosa nel Tom's Clothes, il piccolo e unico negozio di vestiti di Unity. “Che palle con questo qua. Hai solo lui in testa. E' troppo vecchio per te!” “Abbiamo dieci anni di differenza, mica venti”. “Ma alla nostra età è tanto, lui è un uomo... giovane, ma uomo. Freddy non ti piace? Si vede che ti adora”. “Mi segue come un cane, non ci sa fare. Uno così non m'interessa. Quello non mi mollerebbe un istante se mi mettessi con lui. E' poi è basso”. “Ma bello... e ricco”. “Non m'interessano i soldi. Normal è alto”. “Ma troppo magro. E Freddy?”. “Non ci vai dietro te?”, dico. “A me piace Mark”, dice Samantha. “Senti... dì quello che vuoi, per me sei solo invidiosa”. “Che sappia io Norman è pure fidanzato con Betty, e questo chiude ogni tua porta”. “Se si sposa sì, altrimenti... chissà, io ho pazienza”. “Ma stai zitta. Con Frederick la tua storia è durata solo due mesi”. “Con Norman è diverso. E' intelligente, simpatico e... bellissimo”. “L'hai... già... detto! Quando t'innamori diventi noiosa”. “Questa volta è una cosa seria”. “Come l'ultima insomma. Comunque ti consiglio di smettere di fissarlo quando viene Da Carrie sopratutto quando viene con Betty, la sua ragazza. Così solo lo infastidisci”.
  • 47. “Di questo ti do ragione”. Sentiamo la sirena breve che fanno le auto della polizia mentre sulla vetrina del negozio vedo riflessa la luce del lampeggiante. E' l'auto dello sceriffo di Dorry, la cui giurisdizione arriva fino a Unity. Io e Samantha ci giriamo, stupite. La luce della volante di solito è sempre spenta, anche perché Gerry, lo sceriffo, ha poco lavoro in questo piccolo paese. Il papà lo chiama “l'inutile divisa” e dice che non serve anche perché non accade mai niente a Unity, a differenza di Dorry. A Unity c'è solo un negozio di vestiti ma ci sono cinque locali, tra bar e pub. In uno di questi, l'Estern Bar, papà incontra ogni tanto Gerry di cui è conoscente ma non amico. Quest'ultimo le ha raccontato che a parte qualche rissa e multa (quest'ultima appioppata solo alle poche persone che gli sono antipatiche, Gerry infatti tende a lasciare perdere le infrazioni effettuate dai concittadini per non farsi troppi nemici) non ha molto lavoro e di questo ne è contento. Non gli piace andare nei casini. La sua vita si è complicata, anche a discapito di tutti gli abitanti di Unity, da quando sono scomparse tre ragazze: Anita, Florinda e Lara. La prima è sparita tre mesi fa, ad agosto. Aveva sedici anni e stava tornando dall'abitazione dell'amica il cui compleanno aveva festeggiato, alle dieci di sera, distante solo un isolato. Non è più tornata a casa. Si pensava che fosse scappata, anche perché diceva spesso alle sue amiche (me l'ha detto Lucy, mia sorella, le sue amiche sono pettegole specializzate) che voleva andare via da Unity, un paese morto. Addirittura andrei a Dorry, diceva. Mentre però lì è usuale che le persone scompaiano, da noi no. Si è addirittura detto che fosse scappata col suo ragazzo. Peccato che lui, assente in quel mese perché era in vacanza con i suoi alle Hawaii, è ancora ad Unity. Col passare del tempo ci si è dimenticato di lei (e che addosso aveva solo un vestito da sera e con sé solo la sua borsetta) finché Florinda, una ragazza di quattordici anni, è scomparsa mentre andava a scuola. La mamma l'ha scoperto solo la sera, quando è tornata da lavoro e il fratellino le ha detto che Florinda non era tornata a casa. Vane sono state le sue ricerche, anche tra i suoi amici. Anche il suo ragazzo l'aspettava in classe (che frequentavano assieme). Anche di lei non si è saputo più nulla. Da quando Lara, quindici anni, è scomparsa quindi giorni fa mentre faceva jogging il paese è piombato nel
  • 48. terrore. Le mamme tengono a casa le figlie e le accompagnano a scuola. Mia mamma fa la dottoressa e mi porta ogni mattina ma dopo le lezioni torno da sola a casa, in bus o a piedi. Lo sceriffo esce dall'auto. E' grasso ma alto, ha circa quarantacinque anni ma ne dimostra di più. “Scusate il lampeggiante, l'ho azionato senza sapere. Ragazze, c'è il coprifuoco che ci fate in giro a quest'ora? Il sole sta tramontando”, dice. In effetti il campanile della chiesa è illuminato da una luce rossastra. “Stiamo andando a casa”, dico. “Vi accompagno se volete. Vi ho riconosciute, tu sei Deborah e l'altra è Samantha”. Dall'altra parte della strada un uomo ci guarda. Lo riconosco, è Dennis, il bidello della strada. Continua a camminare, senza badare a noi. “Indovinato. Io però devo andare al Bar al Bosco, mio padre mi aspetta là”, dice Sammy. In realtà deve comprare le sigarette. Giody, il vecchio e brutto proprietario, gliele vende anche se non potrebbe, cosi come vende gli alcolici a chiunque glieli chieda. Le carte d'identità sono inutili, dice sempre. “In quel postaccio?”, dice Gerry. “Beh... mi ha telefonato un attimo fa. E' là per comprare le sigarette, vuole accompagnarmi proprio perché era preoccupato per me”, dice Samantha. “Va bene, te Deborah vieni con me? E meglio se ti accompagno lo sai cosa succede a Unity. Le ragazze della vostra età scompaiono”. “Mi vuole spaventare?”, dico. Io cerco di non pensare al mostro e lui me lo ricorda. In verità sono proprio preoccupata. “Scusa, Deborah. Non volevo”. Guardo Sammy. Mi fa cenno di sì. Vuole quindi che vada con lo sceriffo. Non capisco perché. Deve incontrare qualcuno al bar? Mark, il ragazzo che le piace? “Va bene”, dico allo sceriffo poi a Sammy “Ci vediamo domani a scuola, Samantha”. “Sì, ciao a domani. Grazie dell'interessamento, Ger... sceriffo”, dice Samantha.
  • 49. “Chiamami pure, Gerry, piccola. Stai attenta il bar è lontano un miglio”. “Poco, quindi. Deborah, ti chiamo dopo”, dice Samantha. Saluto l'amica e salgo sulla volante. Appoggio lo zainetto tra i piedi, la parte posteriore è chiusa da una rete per sicurezza. Nei sedili posteriori infatti lo sceriffo dovrebbe portare i delinquenti. Ci do un'occhiata. I sedili sono sporchi di polvere, segno che sono poco usati. Spero lo siano quando Gerry troverà quel bastardo che rapisce le ragazze. Visto che non chiede riscatti ho paura che ci faccia delle cose brutte. L'auto parte. “Samantha è in gamba, penso che non accetti passaggi da sconosciuti”, dice sorridendo Gerry guardando nello specchietto la mia amica. “Se ti puntano una pistola devi farlo”, dico guardando la strada. Gerry si volta verso di me e mi guarda, stupito. Io lo guardo e sorrido. “Hai ragione, piccola. Sai, ti conosco poco... ricordi la festa sul lago? Eravamo nello stesso tavolo, io, te e i tuoi genitori...” “Sì, ricordo” Che noia quel giorno. Per fortuna è arrivata Samantha ed avevo avuto l'occasione di sparire. “Tu eri sempre su quel telefonino ma quando dicevi una cosa... sì, mi sei sembrata una bambina proprio intelligente”. “Ragazza”, dico. “Ragazza, ragazzina, bambina... la stessa cosa”. “Non è la stessa cosa”. “Deborah, anche sei sembri più matura sei uguale a tutte quelle della tua età. Vuoi sembrare grande ma non lo sei. Non ti sto facendo una colpa, vedrai che senza accorgerti sarai adulta. Non avere fretta e goditi la tua età” “Qualcuno non vuole farla godere a quelle come me. Mi riferisco al mostro”. “Non pensarci, vedrai che lo troverò. Sto pensando a Kelvin... non dovevo dirtelo, scusa”. “So chi è. E' un vecchio, ex insegnante, ora alcolizzato. Ha i capelli e la barba bianca e beve sempre birra. Guarda i cu... i sederi delle bariste e fa commenti. Lo so perché è capitato anche quando c'ero io”.
  • 50. “Anche a te?” “A me? No, a Kelvin piacciono le ventenni, lo sanno tutti. Per me non è lui... non so perché. E poi beve così tanto che dubito si svegli alle sette e mezza, l'ora nella quale è scomparsa Florinda” “Hai ragione”, dice Gerry guardando la strada. Sembra che stia pensando. Forse le ho tolto un dubbio che aveva nella testa. Che abbia ragione papà, che Gerry sia un “inutile divisa”? Però è simpatico. Penso a Samantha. Dal bar arriva a casa in dieci minuti ma sono preoccupata lo stesso. Ha l'età delle ragazze scomparse e anche se sovrappeso non è brutta. Il bar stesso, come diceva lo sceriffo, è mal frequentato. Ci vanno solo vecchi e gli unici giovani che trovi lì dentro sono alcolizzati e drogati. Ma Samantha non può stare senza le sigarette e io non ne ho da prestargliele visto che ho lasciato senza sapere il mio pacchetto a casa. Spero solo che la mamma non lo scopra o è capace di rinchiudermi in casa per un anno. “Esci sempre in coppia, come stavi facendo stasera”, dice Gerry mentre imbocca la via dove abito. Sì, e tu ci hai divise. Perché Sammy non ha voluto che restassi con lei? Bastava che mi facesse no, con la testa. Forse col sì intendeva dire che rimanessi? Non lo so, glielo chiederò dopo. Gerry ferma l'auto di fronte a casa mia. Mentre accosta al marciapiede vedo Felix che seduto sul muretto della mia abitazione si sta leccando le zampe. Smette appena l'auto si ferma e mi guarda. Mi ha riconosciuto. “Micio mao”, dico. “Cosa?”, dice Gerry. “Niente...”, dico arrossendo. Che figura. Smonto dalla volante e guardo la mamma che in giardino sta curando una delle sue piante. Lei ha il cosiddetto pollice verde e in testa oltre alle soap opera ha solo le piante. Ha i miei stessi grandi occhi azzurri ma i capelli castani. I capelli li ho ereditati da papà. Mamma non è acculturata come mio padre, che scrive articoli per la Voce di Dorry e legge libri ma è molto intelligente e accomodante. “Come mai scendi dall'auto dello sceriffo, Deborah?”, dice mamma in tono
  • 51. serio. Come non detto. “L'ho accompagnata io, signora. Sta venendo notte e non è sicuro passeggiare”, dice lo sceriffo scendendo dall'auto. Mi avvicino a Felix e l'accarezzo. Lui si gira e alza la coda e inarca la schiena facendo le fusa. Gerry rimane in piedi con la portiera aperta, appoggiandosi sul tettuccio dell'auto. “Ah! Grazie sceriffo. L'ha incontrata per caso?” dice mamma. “Sì, era con la sua amica, Samantha. Lei non ha voluto venire con noi. L'avrei portata volentieri”, dice Gerry. “Poteva insistere. Lo sa che ad Unity gira... quello là”, dice mamma abbassando gli occhi su di me. “Puoi dire il mostro, mamma. Lo dicono tutti i notiziari ed è scritto sui giornali”. “Leggi il giornale? Brava Deborah”, dice lo sceriffo rivolto a me, che sono in piedi di fronte al cancelletto aperto. “No, me li legge papà... alcune notizie intendo”, dico. Sto ancora accarezzando Felix. “Comunque signora, ha ragione. Dovevo insistere. Ma oramai Samantha sarà a casa. Buonanotte, signora devo andare, mia moglie ha fatto le lasagne e non me le voglio perdere per niente al mondo”. Già, lo sceriffo è appassionato solo di pesca e di cibo, lo dice papà. “Arrivederci, sceriffo e buona cena”, dice la mamma alzando la mano. Gerry fa un gesto della mano, contento come se fosse stato salutato dal presidente degli Stati Uniti in persona ed entra nella sua auto che velocemente parte. Entro nel giardino e Felix con un balzo atterra sul prato dietro di me e mi segue. “E' ora di arrivare? Ero in pensiero”, dice mamma. Felix si struscia sulle mie gambe. “Sì, ho visto la chiamata quand'ero sulla volante. Prima non l'avevo sentita, lo giuro!” “Va bene, non dovevate andare solo a studiare in biblioteca? Se l'avete fatto...” “Non sono una bugiarda. Certo, che abbiamo studiato. Poi siamo venute a
  • 52. piedi, per quello ci abbiamo messo molto”. “Unity non è grande, cosa vuol dire che siete venute a piedi? La verità è che vi siete fermati Da Carrie, come al solito. Non mi piacciono le ragazze che frequentano i bar. Ci vanno solo i fannulloni”. Norman, che ci va, non lo è. Aiuta suo padre nel suo negozio di frutta e verdura e il resto del tempo studia, me l'ha detto lui. E Da Carrie beve solo caffè. Lui è appassionato di computer, diventerà un informatico molto bravo e famoso, lo so. “Uffi! Posso andare a lavarmi prima di cenare, mamma?” “Va bene, vai. E pulisci il bagno, dopo”. “Lo faccio sempre, mamma”. Mia madre mi guarda pensierosa. Sa che quando la chiamo mamma invece di ma' vuole dire che sono nervosa. Mi ferma e mi sorride. “Ero solo preoccupata, piccola. Sai che a Unity c'è il mostro”, dice accarezzandomi una guancia. “Lo so, mamma”, dico sorridendo. Dopocena Lucy sta vedendo un reality show seduta sul divano. Io lesono seduta accanto. I genitori sono a dormire. A me i reality show annoiano a morte e li ritengo stupidi. Sto studiando ma il volume della tv è troppo elevato. Lucy ride. La guardo. “Ti piacciono le sue battute? E' uno stupido, quello”, dico. “Ma ricchissimo. Sai chi è?”, dice Lucy guardandomi. Lei è castana come mamma e anche lei ha gli occhi grandi ma neri come quelli di papà. “I soldi migliorano la vita ma non l'intelligenza”. “E' una battuta di papà”, dice Lucy guardandomi come se fossi una stupida. “Lo so, ma mi piace”, dico sorridendo. “Non distrarmi, ora lui parla con quella pettegola”, dice Lucy tornando ad essere rapita dalla tv. La tv è una droga ed è la più stupida. Io vedo ogni tanto i cartoni animati ma la maggior parte del tempo la passo a sentire musica, studiare e... sognare. Mi piace tanto farlo. Da adulta farò la scrittrice, ho tanta fantasia.