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C O M I T A T O   p E R   l A   T U T E l A   d E l   p A E S A g g I O


                    MURGIAVIVA




                  O S S E R V A Z I O N I
                              AL PROGETTO
    PER LA REALIZZAZIONEDI UN IMPIANTO PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA
                  MEDIANTE LO SFRUTTAMENTO DEL VENTO
            NEL TERRITORIO COMUNALE DI ACQUAVIVA DELLE FONTI




                                               rinnoe fa rima le
                                                         vabi con
                                                non sempr
                                               sostenibile
INDICE









PREMESSA_______________________________________________________PAG.1





OSSERVAZIONI
TECNICHE___________________________________________PAG
2





IMPATTO
DELL’ESECUZIONE
DELLE
OPERE_____________________________PAG
11





RISCHI

IDROGEOLOGICO__________________________________________PAG
21





VALUTAZIONE
DEGLI
IMPATTI
SU
FLORA
E
FAUNA
ED
ECOSISTEMI_________PAG
27





IMPATTO
DEL
PROGETTO
SULLE
ARCHITETTURE
RURALI


E
IL
PAESAGGIO
AGRARIO__________________________________________PAG.37




IMPATTO
SULLA
STRATIFICAZIONE
STORICA___________________________PAG.39
























                                   0




PREMESSA







Il
progetto
di
due
centrali
eoliche
presentato
dalla
Società
Altratensione
nel
territorio
di
Acquaviva

delle
 Fonti
 solleva
 forti
 perplessità,
 per
 la
 grandiosità
 dell’opera
 e
 per
 tutte
 le
 ripercussioni
 che

questa
comporterebbe
sul
nostro
territorio
e
sulla
qualità
della
nostra
vita.


“Nostro”
 è
 la
 parola
 chiave
 del
 comitato
 MURGIAVIVA,
 un
 libero
 movimento
 cittadino
 che

possiamo
 definire
 di
 “appartenenza”
 al
 territorio,
 ricco,
 complesso
 e
 soprattutto
 unico,
 che

abbiamo
 ereditato
 e
 dobbiamo
 preservare
 per
 le
 future
 generazioni.
 La
 sostenibilità,
 oltre
 ad

essere
 un
 obbligo
 morale
 è
 una
 strategia
 indispensabile
 per
 preservare
 la
 natura,
 la
 storia,
 il

paesaggio
e
l’economia
agricola
del
territorio
murgiano
e,
non
ultimo,
la
salute
dei
suoi
abitanti.


La
 produzione
 di
 energia
 rinnovabile
 deve
 essere
 sostenibile,
 altrimenti
 tradisce
 la
 propria

peculiarità.
 Le
 fonti
 rinnovabili
 rappresentano
 il
 futuro,
 che
 crediamo
 possibile,
 ma
 soprattutto

sostenibile,
 nelle
 tecnologie
 che
 favoriscono
 impianti
 più
 piccoli
 e
 più
 diffusi
 e,
 di
 conseguenza,

meno
impattanti
sul
paesaggio
e
sulla
qualità
del
nostro
territorio.


Il
 Comitato
 Murgiaviva
 con
 questo
 documento
 esprime
 la
 propria
 contrarietà,
 manifestando
 le

ragioni
 del
 dissenso,
 con
 l’analisi
 delle
 complesse
 implicazioni
 e
 dell’effettiva
 insostenibilità
 di

questo
progetto.

Un
progetto
lacunoso,
superficiale
e
spesso
non
chiaro
su
aspetti
tecnici
fondamentali,
come
ad

esempio
la
ventosità.

Questo
progetto
non
tiene
conto
delle
nuove
linee
guida
della
Regione,
il
Regolamento
Regionale

n.
24
del
30
dicembre
2010,
perché
la
società
dichiara
di
riferirsi
al
Regolamento
Regionale
n.
16

del
04
ottobre
2006.

Per
 questa
 ragione
 e
 per
 tutte
 le
 osservazioni
 contenute
 in
 questo
 documento,
 il
 comitato

Murgiaviva
 chiede
 alla
 Provincia
 di
 Bari
 che
 questo
 progetto
 sia
 sottoposto
 alla
 VALUTAZIONE

D’IMPATTO
AMBIENTALE.

















































































































































































































































































Il
comitato
MURGIAVIVA


























                                                                            1




OSSERVAZIONI
TECNICHE
AL
PROGETTO







CAVIDOTTI‐ELETTRODOTTI‐SOTTOSTAZIONE





Da
un’attenta
analisi
delle
relazioni
descrittive
relative
ad
entrambi
i
progetti
eolici
(“ACQUAVIVA

–
LOC.
PARCO
DELLA
CHIESA”
e
“ACQUAVIVA
–
LOC.
DIFESA
DELLA
TERRA”)
è
apparso
chiaro
come

non
vi
fosse
indicato
in
nessuna
parte
la
lunghezza
totale
dei
cavidotti
elettrici
che
serviranno
per

connettere
tutti
i
28
aerogeneratori
alla
dell’impianto
di
consegna
indicato
da
Terna
Spa
sito
nel

comune
 di
 Acquaviva
delle
Fonti
 denominato
 Cabina
 Primaria
“Acquaviva”.
 Infatti
nelle
relazioni

descrittive
 di
 entrambi
 i
 progetti
 si
 legge
 che
 “L’energia
 elettrica
 prodotta
 è
 poi
 raccolta
 e

convogliata
 tramite
 un
 cavidotto
 interrato
 alla
 cabina
 di
 smistamento
 ubicato
 nel
 comune
 di

Acquaviva
delle
Fonti”.
Capire
la
lunghezza
del
suddetto
cavidotto
è
fondamentale
per
riuscire
a

quantificare
 il
 relativo
 impatto
 sugli
 ambienti
 rurali
 che
 saranno
 irrimediabilmente
 colpiti,
 con

particolare
 riferimento
 a
 quella
 ultra
 secolare
 rete
 di
 viabilità
 secondaria
 che
 nel
 territorio

acquavivese
ha
una
particolare
valenza
anche
dal
punto
di
vista
storico.
Il
comune
di
Acquaviva,

infatti,
 è
 attraversato
 da
 alcuni
 antichi
 tratturi
 uno
 dei
 quali
 ricadente
 proprio
 in
 località
 Difesa

della
Terra.
La
mancata
adozione
da
parte
dell’amministrazione
comunale
di
un
Piano
Comunale

dei
Tratturi
(peraltro
già
elaborato
per
conto
dell’autorità
comunale
diverso
tempo
fa),
così
come

previsto
dalle
normative
vigenti,
lascia
di
fatto
sguarnite
queste
fondamentali
testimonianze
viarie

della
storia
e
dell’identità
locale
dai
massicci
interventi
che
potrebbero
realizzarsi
in
quell’area.

I
cavidotti
che
saranno
realizzati
avranno
due
differenti
tensioni:
media
(MT)
ed
alta
(AT).
Questi

sono
descritti
nelle
relazioni
denominate
“D.1.5
CALCOLI
PRELIMINARI
DEGLI
IMPIANTI
ELETTRICI”

“D.1.8
 DISCIPLINARI
 OPERE
 ELETTROMECCANICHE”
 di
 entrambi
 i
 progetti.
 Mentre
 relativamente

agli
impianti
in
AT
si
dichiara
che
“Alla
luce
di
ciò
si
è
progettato
un
elettrodotto
interrato,
di
c.a.

350
m
di
lunghezza,
in
cavo
AT
ad
elica
visibile
di
sezione
pari
a
1600
mm2,
tra
i
terminali
della

Sottostazione
 di
 Trasformazione
 e
 lo
 stallo
 dedicato
 della
 Stazione
 Elettrica
 380/150
 kV
 di

Acquaviva
 delle
 fonti,
 adagiato
 all’interno
 di
 uno
 scavo”.
 Non
 riteniamo
 possibile
 che
 ci
 si
 possa

sbilanciare
 a
 definire
 la
 lunghezza
 della
 connessione
 in
 AT
 visto
 che
 nelle
 relazioni
 si
 dichiara

genericamente
 che
 “Altratensione
 srl
 ha
 intenzione
 di
 realizzare
 nell’immediate
 vicinanze

dell’impianto
di
consegna
di
Terna
Spa
[…]
una
Sottostazione
di
Trasformazione
150/30
kV
atta
a

ricevere
l’energia
prodotta”.
Cosa
si
intende
per
“immediate
vicinanze”?
Quale
garanzia
esiste
che

il
cavidotto
in
AT
sia
lungo
“solo”
350
m?

Relativamente
ai
cavidotti
di
interconnessione
e
all’elettrodotto
in
MT,
invece,
non
si
fa
accenno

ad
 alcuna
 quantificazione
 della
 lunghezza
 eppure
 è
 l’opera
 di
 connessione
 maggiormente

impattante
 sul
 territorio,
 che
 porterà
 allo
 sventramento
 di
 decine
 di
 strade.
 Partendo
 dagli

elaborati
 grafici
 “P.1.1
 VIABILITÀ
 DI
 PROGETTO”
 e
 “I.3
 INQUADRAMENTO
 SU

AEROFOTOGRAMMETRICO”
abbiamo
misurato
la
lunghezza
dei
suddetti
cavidotti
in
MT
e
i
risultati

appaiono
 preoccupanti:
 17
 Km
 ca.
 per
 connettere
 le
 14
 torri
 eoliche
 del
 progetto
 “Difesa
 della

terra”
e
15
Km
ca.
per
le
14
torri
di
“Parco
della
Chiesa”.
Parliamo
quindi
di
un
totale
di
oltre
32

km
 di
 cavidotto
 per
 collegare
 i
 due
 impianti
 alla
 sottostazione
 di
 trasformazione
 MT/AT.
 Tra

l’altro
facciamo
notare
come
dagli
elaborati
grafici
di
entrambi
i
progetti
si
evinca
chiaramente
che

la
 sottostazione
 di
 trasformazione
 prevista
 per
 i
 due
 “parchi
 eolici”
 sarà
 una
 e
 una
 sola

facendoci
 di
 fatto
 propendere
 per
 considerare
 queste
 due
 distinte
 ma
 speculari
 elaborazioni

progettuali
come
ad
un
unico
megaimpianto
della
potenza
nominale
di
95,
2
MW.



                                                        2








Immagine
 ottenuta
 dalla
 sovrapposizione
 degli
 elaborati
 “I.3
 Inquadramento
 su
 aerofotogrammetrico”

relativi
ai
due
progetti.


                                                    3




AEROGENERATORI





Relativamente
alle
caratteristiche
tecniche
degli
aerogeneratori
bisogna
immediatamente
chiarire

che
 tutte
 le
 relazioni
 descrittive
 appaiono
 poco
 chiare
 in
 quanto
 vengono
 forniti
 dati
 spesso

variabili
all’interno
di
intervalli
molto
larghi
e
alle
volte
sono
indicati
valori
addirittura
discordanti

e
contraddittori.
Ciò
premesso
nella
relazione
descrittiva,
a
pag.2,
leggiamo
che:



“Le
 caratteristiche
 principali
 degli
 aerogeneratori
 che
 saranno
 impiegati
 per
 la
 costruzione
 del

parco
eolico
sono
di
seguito
indicate:


‐
Potenza
nominale
fino
a
3.400
kW;


‐
Numero
di
pale
3;


‐
Materiale
delle
pale:
fibra
di
resina


‐
Velocità
di
rotazione
delle
pale
compresa
tra
7,1
e
13,8
rpm;


‐
Area
descritta
8.495
m2;


‐
Diametro
del
rotore
112
m;


‐
Tipo
di
torre
tubolare;

‐
Altezza
mozzo
78‐138
m;


‐
Tensione
di
generazione
950
V;

‐
Frequenza
50
Hz”.



Ci
soffermiamo
in
particolare
sul
valore
dell’altezza
del
mozzo
e,
come
si
legge
sempre
nella
stessa

pagina
 alla
 voce
 “Torre”,
 apprendiamo
 che
 “La
 torre
 è
 costituita
 da
 un
 cilindro
 in
 acciaio
 con

altezza
 variabile
 da
 78
 a
 138
 m,
 formato
 da
 più
 conci
 da
 montare
 in
 sito,
 fino
 a
 raggiungere

l’altezza
 voluta”.
 Appare
 quindi
 chiaro
 come
 non
 sia
 ancora
 definita
 l’altezza
 della
 torre
 che

sosterrà
le
pale
e
come
essa
potrà
variare
in
base
alle
esigenze.
Questo
significa
che
tutti
i
valori
su

cui
 sono
 stati
 effettuati
 gli
 studi
 sui
 possibili
 impatti
 presentati
 nei
 due
 progetti
 in
 oggetto

potrebbero
 essere
 inficiati
 confutati
 da
 delle
 modifiche
 anche
 sostanziali
 dell’altezza
 finale

dell’aerogeneratore.

Segue
una
breve
ma
esaustiva
carrellata
delle
differenti
misure
fornite
dai
progettisti
della
società

Altra
Tensione
srl
in
tutti
gli
elaborati
descrittivi
ed
in
base
ai
quali
sono
stati
effettuati
degli
studi

e
dei
calcoli.



Nella
 relazione
 “D.1.3
 VALUTAZIONE
 DELLA
 PRODUCIBILITÀ
 ELETTRICA”
 a
 pag.
 3,
 paragrafo
 “2.2

CARATTERISTICHE
 DELL’AEROGENERATORE”
 l’altezza
 del
 mozzo
 indicata
 è
 di
 105
 m
 mentre
 il

diametro
del
rotore
è
di
112
m.
Queste
misure
sono
per
così
dire
le
più
“gettonate”
anche
se
poi

nella
relazione
“D.1.6
CALCOLO
DELLA
GITTATA
MASSIMA
DEGLI
ELEMENTI
ROTANTI
IN
CASO
DI

ROTTURA
 ACCIDENTALE”
 a
 pag.
 5
 per
 l’ipotesi
 di
 calcolo
 della
 gittata
 leggiamo
 che
 la
 lunghezza

della
pala
considerata
è
di
52
m.



Nella
 relazione
 “D.1.8
 DISCIPLINARE
 OPERE
 ELETTROMECCANICHE”,
 al
 paragrafo
 “2.

AEROGENERATORE”,
 a
 pag.
 4
 si
 scrive
 che
 “il
 modello
 preso
 in
 considerazione
 è
 solo
 tipologico.

L’apparecchio
 effettivamente
 installato
 sarà
 identificato
 in
 fase
 esecutiva,
 ferma
 restando
 la

similarità
con
il
modello
citato”.
Di
conseguenza
i
timori
relativi
al
possibile
incremento
della
già

significative
 altezze
 ci
 appaiono
 fondati,
 con
 un
 conseguente
 aumento
 significativo
 sia
 dei
 rischi

che
degli
impatti
paesaggistici.






                                                      4




I
valori
citati
nello
Studio
di
Impatto
Ambientale
allegato
al
progetto
(“D.2.1
SIA”)
sono
ancora
una

volta
differenti,
anzi
nello
stesso
studio
sono
citati
molteplici
altezze
della
torre.
Tra
i
valori
citati

sono
presenti
anche
quelli
della
relazione
descrittiva
(a
pag.
38
l’altezza
al
mozzo
è
indicata
come

variabile
 tra
 78
 e
 138
 m).
 Nel
 paragrafo
 relativo
 all’impatto
 visivo
 denominato
 “4.5.2.3

DEFINIZIONE
DELLA
VISIBILITÀ
DELL’IMPIANTO”,
a
pag.
90,
leggiamo
che
“per
semplicità,
l’altezza

percepita
H
è
stata
calcolata
considerando
il
suolo
liscio,
senza
tenere
quindi
conto
della
effettiva

orografia
ma
solo
della
distanza
fra
il
punto
bersaglio
e
la
turbina
più
vicina,
e
con
riferimento
ad

una
altezza
complessiva
massima
(mozzo+pala)
delle
turbine
di
138
metri”.
Ci
sembra
molto
grave

che
in
questo
caso
in
cui
si
valuta
un
impatto
così
forte
come
quello
visivo
e
paesaggistico
si
sia

considerata
un’altezza
ben
più
bassa
di
quella
di
riferimento
e
che
troviamo
citata
chiaramente

nell’elaborato
 grafico
 denominato
 “P.4.1
 PARTICOLARI
 TIPOLOGICI
 DEGLI
 AEROGENERATORI”.

Questa
 tavola
 mostra
 chiaramente
 i
 particolari
 tipologici
 degli
 aerogeneratori
 e
 relative

misurazioni.
 I
 valori
 espressi
 coincidono
 con
 quelli
 elencati
 nella
 relazione
 descrittiva
 ed
 in

particolare
l’altezza
della
torre
al
centro
del
mozzo
risulta
essere
di
105
m
e
il
raggio
del
sistema

mozzo‐elica
 (calcolato
 sempre
 dal
 centro
 del
 mozzo)
 ha
 una
 lunghezza
 totale
 di
 56
 m.
 Quindi,

calcolatrice
alla
mano,
l’altezza
totale
dell’aerogeneratore
espressa
in
questo
elaborato
grafico,

che
 potremmo
 definire
 chiarificatore
 e
 verosimilmente
 corrispondente
 alle
 macchine
 che
 si

vorrebbero
realmente
installare,
risulta
essere
di
161
m.

Il
 problema
 è
 che
 considerando
 il
 diametro
 del
 sistema
 mozzo‐pale
 come
 fisso
 ed
 equivalente
 a

112,
l’altezza
della
torre
al
mozzo
può
essere
variabile
(come
indicato
anche
nella
scheda
tecnica

dell’aerogeneratore)
 fino
 a
 raggiungere
 un’altezza
 massima
 di
 138
 m.
 Sommando
 l’altezza

massima
della
torre
ai
56
m
di
raggio
delle
pale
otteniamo
un
aerogeneratore
con
altezza
totale
di

194
m.
Parliamo
quindi
di
aerogeneratori
tra
i
più
alti
al
mondo
mai
installati,
con
un
fortissimo

impatto
 e
 con
 altrettanto
 forti
 rischi
 di
 stabilità,
 rischi
 ed
 impatti
 calcolati
 però
 su
 altezze
 ben

diverse!
















































                                                        5




VENTOSITÀ‐PRODUCIBILITÀ



Il
 territorio
 comunale
 di
 Acquaviva
 delle
 Fonti
 non
 si
 distingue
 da
 una
 particolare
 ventosità
 che

giustificherebbe
 l’installazione
 di
 generatori
 eolici
 per
 la
 produzione
 di
 energia
 elettrica.
 Le
 aree

considerate,
così
come
tutta
la
provincia
di
Bari,
non
possiedono
infatti
di
quelle
caratteristiche
di

continuità,
intensità
e
persistenza
di
correnti
eoliche
da
rendere
economicamente
vantaggioso
lo

sfruttamento
eolico
su
scala
industriale.
Come
è
risaputo
infatti
con
l’aumentare
delle
dimensioni

degli
 aerogeneratori
 aumenta
 progressivamente
 la
 velocità
 di
 cut‐in
 ovvero
 quella
 soglia
 di

velocità
che
il
vento
deve
raggiungere
per
poter
superare
l’inerzia
della
macchina
ed
azionare
le

pale
eoliche
e
quindi
la
produzione
di
energia
elettrica.



                                                        





                                                                                               












                                                       6




Nella
fattispecie
dei
due
impianti
eolici
in
oggetto
gli
aerogeneratori
che
si
vorrebbero
installare

sono
i
REpower
3.4M104.

Questo
lo
apprendiamo
dall’unica
relazione
tecnica
che
cita
esplicitamente
la
marca
ed
il
modello

previsti
 ovvero
 la
 “RELAZIONE
 GEOLOGICA
 IDROGEOLOGICA
 E
 GEOTECNICA
 (D.1.2)”,
 pagina
 2.

Nella
relazione
denominata
“D.1.3
VALUTAZIONE
DELLA
PRODUCIBILITÀ
ELETTRICA”,
infatti,
non
si

cita
 mai
 né
 la
 marca
 né
 tantomeno
 il
 modello
 che
 si
 vorrebbero
 adoperare,
 rimanendo

appositamente
sul
vago
salvo
poi
effettuare
dei
calcoli
quantomeno
imprecisi.


Relativamente
 alla
 ventosità
 necessaria
 all’aerogeneratore
 per
 produrre
 energia
 si
 scrive

solamente
 che
 “quando
 la
 velocità
 del
 vento
 supera
 il
 valore
 corrispondente
 alla
 velocità
 di

avviamento
 la
 potenza
 cresce
 al
 crescere
 della
 velocità
 del
 vento.
 La
 potenza
 cresce
 fino
 alla

velocità
 nominale
 e
 poi
 si
 mantiene
 costante
 fino
 alla
 velocità
 di
 Cut‐out
 (fuori
 servizio)”.
 Non
 si

citano
i
valori
di
riferimento
fondamentali
relativi
alla
velocità
di
avviamento
(cut‐in),
alla
velocità

nominale
e
al
cut‐out.

Fortunatamente
riusciamo
a
trarre
le
informazioni
che
cerchiamo
dalla
scheda
tecnica
del
modello

dell’aerogeneratore
‐disponibile
sul
sito
ufficiale
del
produttore
REpower
http://www.repower.de

‐
indicato
dalla
società
Altra
Tensione
srl
nella
già
menzionata
relazione
geologica
(D.1.2).


La
velocità
minima
del
vento
necessaria
all’avviamento
della
produzione
energetica
deve
superare

i
3,5
m/s.
La
velocità
nominale
invece
corrisponde
ai
13,5
m/s:
solo
a
partire
da
questa
velocità
del

vento
 la
 potenza
 prodotta
 dalla
 torre
 eolica
 sarà
 per
 così
 dire
 a
 pieno
 regime
 e
 cioè

corrispondente
 ai
 3,4
MW
 dichiarati
 dal
 produttore.
 Tradotto
 in
 chilometri
 orari
 questo
 significa

che
 l’intensità
 del
 vento
 deve
 raggiungere
 e
 superare
 i
 48
 Km/h
 per
 avere
 la
 piena
 produzione.

Mentre
 il
 cut‐off,
 cioè
 la
 velocità
 del
 vento
 oltre
 la
 quale
 la
 macchina
 entra
 in
 fuori
 servizio
 e

smette
 di
 produrre,
 corrisponde
 a
 25
 m/s,
 cioè
 90
 Km/h.
 Questo
 in
 un
 territorio
 come
 quello

acquavivese
 dove
 secondo
 l’Atlante
 Eolico
 Italiano
 alla
 considerevole
 altitudine
 di
 100
 m
 dal

terreno
la
velocità
media
del
vento
durante
l’anno
raggiunge
a
mala
pena
i
6
m/s
(corrispondente

a
 21,6
 Km/h)
 e
 non
 i
 7
 m/s
 di
 cui
 parla
 la
 relazione.
 Questo
 vuol
 dire
 che
 la
 macchina

funzionerebbe
a
bassissimo
regime
producendo
pochissima
energia
elettrica.

Del
resto
la
curva
di
potenza
parla
chiaro
anche
se
riteniamo
opportuno
premettere
che
anche
in

questo
caso
dobbiamo
evidenziare
la
scarsa
precisione
della
relazione
in
esame
che
mostra
una

curva
 di
 potenza
 errata
 e
 comunque
 assai
 differente
 da
 quella
 fornita
 ufficialmente
 dalla

REpower.
Nella
curva
di
potenza
che
troviamo
nella
relazione
(vedi
immagini
successive),
infatti,

l’origine
 dell’asse
 delle
 ascisse,
 su
 cui
 è
 indicato
 il
 valore
 della
 velocità
 del
 vento
 all’altezza
 del

mozzo,
parte
da
0
mentre
il
valore
stante
all’origine
(ascisse)
della
curva
della
REpower
è
3
m/s.

Questo
 errore
 falsa
 tutto
 il
 calcolo
 della
 producibilità.
 Infatti,
 se
 a
 6
 m/s
 lo
 schema
 proposto
 da

Altra
 Tensione
 segnava
 una
 potenza
 elettrica
 superiore
 ai
 1000
 kW,
 la
 curva
 di
 potenza
 della

scheda
tecnica
del
modello
in
questione
fa
corrispondere
una
potenza
elettrica
di
poco
più
di
500

kW,
 il
 che
 significa
 un
 aerogeneratore
 che
 lavora
 a
 meno
 di
 un
 quarto
 della
 propria
 potenza

nominale
e
comunque
ad
una
potenza
corrispondente
alla
metà
rispetto
a
quanto
prospettato

nelle
relazioni!











                                                          7






                                            

                          Curva
di
potenza
fornita
da
REpower













                                                                                      

    Curva
tratta
dalla
relazione
“D.1.3
VALUTAZIONE
DELLA
PRODUCIBILITÀ
ELETTRICA”











                                           8




Anche
 sulla
 producibilità
 specifica,
 a
 100
 m
 d’altezza,
 abbiamo
 un
 valore
 più
 basso
 rispetto
 a

quello
evidenziato
nelle
relazioni:
la
mappa
dell’atlante
eolico
segna
per
le
4
macro
aree
dove
si

vorrebbero
 ubicare
 le
 pale
 ad
 Acquaviva
 un
 valore
 di
 2000
 MWH/MW
 contrariamente
 agli
 oltre

2500
MWH/MW
indicati
nella
valutazione
della
producibilità
elettrica.

Inoltre
 segnaliamo
 che
 mancano
 completamente
 i
 dati
 relativi
 alle
 misurazioni,
 così
 come

previste
dalla
normativa
vigente,
effettuate
da
appositi
anemometri
che
devono
essere
installati

nelle
aree
in
cui
si
vogliono
andare
a
realizzare
gli
impianti.





                                                                                                





                                                                                          
















                                                     9




CONCLUSIONI
TECNICHE





Ci
appare
del
tutto
inappropriato
che
due
“parchi
eolici”
così
grandi,
impattanti
e
potenti
vengano

installati
nel
territorio
comunale
di
Acquaviva
delle
Fonti.
Dovremmo
cedere
una
parte
consistente

del
nostro
prezioso
ambiente
per
degli
aerogeneratori
che
produrrebbero
energia
per
pochissimi

giorni
 all’anno
 e
 che
 in
 realtà
 vedremmo
 spesso
 come
 dei
 giganteschi
 spettri
 immobili,
 anche
 e

soprattutto
 alla
 luce
 del
 fatto
 che
 le
 elevate
 temperature
 estive,
 spesso
 al
 di
 sopra
 dei
 40°
 C,

determinerebbero
l’arresto
automatico
delle
turbine.
Alla
già
ampiamente
dimostrata
assenza
di

vento
dovremmo
quindi
sommare
anche
il
caldo
estivo
tra
le
cause
di
arresto
della
produzione.

Quando
produrrebbero
quindi
questi
impianti?
Quanto?
La
risposta
è:
troppo
poco.

Un
impianto
di
produzione
elettrica
che
non
produce
elettricità
è
un
costosissimo
paradosso
che

non
possiamo
permetterci.



Del
resto
sappiamo
bene
che
non
stiamo
assistendo
al
tentativo
di
avviare
una
grande
centrale

(anzi
 due!)
 di
 produzione
 elettrica:
 quella
 in
 atto
 è
 una
 vera
 e
 propria
 operazione
 di

speculazione
finanziaria!

Un’operazione
 resa
 possibile
 da
 un
 mercato,
 quello
 delle
 rinnovabili,
 ormai
 completamente

drogato
 da
 tutta
 una
 serie
 di
 norme
 incentivanti
 che
 alimentano
 gli
 speculatori
 del
 mercato

finanziario
 globale,
 disposti
 a
 sborsare
 milioni
 di
 euro
 per
 costruire
 torri
 sempre
 più
 alte
 alla

ricerca
 di
 quel
 poco
 vento
 laddove
 vento
 non
 c’è,
 per
 produrre
 energia
 (poca),
 pagata
 a
 prezzi

doppi
rispetto
a
quelli
di
mercato.
Prezzi
previsti
da
un
sistema
statale
di
incentivi
a
pioggia,
che

non
 discriminano
 a
 sufficienza
 tra
 l’autoproduzione
 e
 la
 speculazione,
 quest’ultima
 premiata,

come
 se
 non
 bastasse,
 anche
 dall’enorme
 compravendita
 dei
 certificati
 verdi
 erogati
 a
 favore
 di

chi
 produce
 energia
 da
 fonti
 rinnovabili
 e
 da
 questi
 ultimi
 rivenduti
 a
 caro
 prezzo
 a
 chi
 brucia

combustibili
fossili
per
continuare
a
produrre
(loro
sì)
tanta,
troppa
energia.














































                                                      10




IMPATTO
DELL’ESECUZIONE
DELLE
OPERE


Riconfigurazione
 Viabilità,
 Realizzazione
 di
 Cantieri,
 Cavidotti,
 Piazzole
 e
 Fondazioni,
 Trasporto

degli
elementi
prefabbricati
su
Tir
per
Trasporto
Eccezionale







                                                                                                         

            Rappresentazione
reale
dell’intero
impianto
eolico
proposto
da
AltraTensione
(Nord
e
Sud)



   Come
già
sottolineato,
i
“due”
progetti
proposti
da
AltraTensione
S.r.l.
denominati
“Progetto

per
 la
 Realizzazione
 di
 un
 Impianto
 per
 la
 produzione
 di
 energia
 mediante
 lo
 sfruttamento
 del

vento
 nel
 Territorio
 Comunale
 di
 Acquaviva
 delle
 Fonti”
 e
 distinti
 come
 “in
 località
 Parco
 della

Chiesa
(Nord)”
e

“in
località
Difesa
della
Terra
(Sud)”
altro
non
sono
che
un
unico
progetto
diviso

                                                       11




in
due
per
opportunismo
autorizzativo.
Ciò
risulta
evidente
pensando
che
i
“due”
impianti
per
la

produzione
 di
 energia
 eolica
 prevedono,
 guardacaso,
 dei
 Cavidotti
 che
 convergono
 in
 un’unica

Sottostazione
 Elettrica
 AT/MT.
 Pensando
 poi
 che
 un
 impianto
 di
 più
 di
 50
 MW
 è
 sottoposto

necessariamente
 a
 V.I.A,
 mentre
 “due”
 da
 47,6
 MW
 ciascuno
 non
 lo
 sono,
 si
 capisce
 come

l’inganno
dei
progettisti
per
aggirare
la
norma
sia
completo.

                                                                               


Non
è
ben
chiaro
poi
qual’è
il
livello
di
dettaglio
della
formulazione
(in
realtà
non
è
definito)
visto

che
non
è
mai
espresso
in
alcun
elaborato
grafico
o
descrittivo,
e
ciò
non
rende
possibile
capire
se

si
tratta
di
Definitivo
e
del
perché
molti
elaborati
risultano
carenti.

     


   Così
 come
 formulato
 e
 contestualizzato
 nel
 nostro
 territorio
 il
 progetto
 di
 AltraTensione

necessita
per
una
sua
realizzazione
della
Riconfigurazione
sostanziale
del
Sistema
Viario,
fatto
da

strade
 interpoderali
 spesso
 molto
 strette,
 oltre
 che
 uno
 Stravolgimento
 del
 Paesaggio
 Agrario

Tradizionale
per
come
lo
si
vede
oggi.

     





                                                                                                                                   

                                                    Tir
per
trasporto
eccezionale
di
conci
di
torre
eolica

     


   Le
opere
propedeutiche
alla
realizzazione
dell’impianto
consistenti
prima
nella
costituzione
di

un’adeguata
 viabilità
 di
 cantiere
 adatta
 alla
 percorrenza
 di
 Tir
 per
 trasporto
 eccezionale
 della

lunghezza
di
oltre
56
metri
(più
la
motrice)
e
poi
nella
costituzione
dei
28
cantieri
ai
piedi
degli

aerogeneratori,
necessiterà
di
complessi
ed
invasivi
interventi
su
quella
che
diventerà
la
viabilità
di

cantiere.
Ciò
si
concreta
nel:

     


a. Allargamento
 della
 Sezione
 Stradale
 (a
 mezzo
 di
 esproprio)
 fino
 a
 minimo
 4
 m
 con
 la

   conseguente
 Demolizione
 di
 numerosi
 muretti
 in
 pietra
 a
 secco1.
 Se
 si
 confronta
 questa

   previsione
con
l’analogo
progetto
presentato
a
novembre
2010
a
Cassano
delle
Murge
(Ba)
da

   Enel
Green
Power
per
pale
di
46
m
(ben
10
metri
più
corte!)
e
di
dice
che
lì
era
prevista
una

   larghezza
di
5
metri,
si
può
intuire
che
forse
anche
questo
dato
può
essere
sottodimensionato.

                                                       


























































1
Da
D.1.1a
‐
RELAZIONE
DESCRITTIVA
DI
PROGETTO
‐
2.1.2.
Realizzaz.
di
strade
di
accesso
e
viabilità
di
servizio



“Nella
fase
di
realizzazione
dell’impianto
sono
previsti
adeguamenti
della
viabilità
esistente
per
il
transito
dei
mezzi

pesanti
 e
 dei
 trasporti
 eccezionali,
 e
 solo
 in
 minima
 parte
 è
 prevista
 la
 realizzazione
 di
 nuove
 strade.
 La
 viabilità

esistente,
oggetto
di
interventi
di
manutenzione
che
consentiranno
di
ricondurre
la
stessa
ad
una
larghezza
minima
di

4
 m,
 sarà
 integrata
 da
 nuovi
 brevi
 tratti
 di
 viabilità
 di
 servizio
 per
 assicurare
 l’accesso
 alle
 piazzole
 degli

aerogeneratori.”



                                                                             12




Tra
 l’altro
 la
 ditta
 produttrice
 degli
 aerogeneratori
 è
 le
 medesima
 per
 entrambi
 i
 progetti
 e

    quindi
appare
strano
che
pale
più
grandi
necessitino
di
strade
più
strette.




b. Taglio
 di
 tutto
 quello
 che
 ingombra
 per
 un’altezza
 di
 almeno
 4
 m,
 ivi
 compresi
 alberature
 e

   linee
elettriche
(nelle
relazioni
è
stato
omesso);







                                                                                                                         

                                 Ingombro
di
chiome
arborate
lungo
la
viabilità
di
cantiere




c. 
Riprofilatura
 di
 diverse
 Curve
 per
 le
 manovre
 dei
 Tir
 con
 il
 conseguente
 Espianto
 di

   numerosissimi
 Ulivi
 2
 oltre
 che
 di
 muri
 a
 secco.
 Si
 dice
 infatti
 nel
 Disciplinare
 Tecnico
 di

   progetto:
 “Ove
 occorra
 gli
 scavi
 saranno
 preceduti
 dall'abbattimento
 e
 sgombero
 di
 alberi,

   dall'estirpazione
 di
 radici
 e
 ceppaie”.
 Anche
 questo
 “dettaglio”
 non
 è
 minimamente
 stato

   messo
in
risalto
dai
progettisti
che
in
tutti
gli
elaborati
disegnano
strade
di
accesso
con
curve

   spesso
 a
 gomito
 “dimenticando”
 che
 lì
 dovranno
 girare
 Tir
 lunghi
 quasi
 60
 metri;
 se
 si
 pensa

   che
 nell’analogo
 progetto
 presentato
 a
 novembre
 2010
 a
 Cassano
 delle
 Murge
 (Ba)
 da
 Enel

   Green
 Power
 per
 pale
 di
 46m
 si
 prevedevano
 raccordi
 con
 raggio
 di
 curvatura
 50
 m,
 si

   comprende
 come
 in
 questo
 caso
 tale
 raggio
 dovrà
 essere
 almeno
 di
 60
 metri
 interessando

   numerose
 altre
 proprietà,
 muri
 a
 secco,
 sbancamenti.
 Tutto
 ciò
 è
 stato
 completamente

   sottaciuto.
































































                                                       

2
 ART
4.
Scavi
in
genere
”Gli
scavi
saranno
eseguiti
secondo
le
sagome
geometriche
previste
in
progetto
e,
qualora
le

sezioni
 assegnate
 vengano
 maggiorate
 per
 qualsiasi
 motivo,
 l'Appaltatore
 non
 avrà
 diritto
 ad
 alcun
 compenso
 per
 i

maggiori
volumi
di
scavo,
ma
anzi
sarà
tenuto
ad
eseguire
a
proprie
cure
e
spese
tutte
quelle
maggiori
opere
che
si

rendessero
 per
 conseguenza
 necessarie.
 Ove
 occorra
 gli
 scavi
 saranno
 preceduti
 dall'abbattimento
 e
 sgombero
 di

alberi,
dall'estirpazione
di
radici
e
ceppaie.”




                                                              13






    Evidenziazione
sulla
viabilità
di
progetto
di
curve
a
gomito
impossibili
da
percorrere
dai
Tir
(da
elab.
Progett.)

                                                             





                                                                                                                          

         Progetto
Enel
Green
Power
di
Cassano.
Esempio
di
viabilità
di
cantiere
con
riprofilatura
delle
curve





Ripianature
delle
pendenze
viarie
per
ricondurle
ai
2‐3°
massimo.
Anche
questo
dettaglio
non
è

stato
 evidenziato
 perché
 si
 omette
 di
 dire
 che
 Tir
 tanto
 lunghi
 non
 possono
 passare
 attraverso

strade
a
dossi
o
cunette
ed
è
dunque
necessario,
anche
in
questo
caso,
sbancare
e/o
sopraelevare

la
 viabilità
 di
 cantiere.
 In
 realtà
 nel
 Disciplinare
 tecnico
 di
 progetto,
 destinato
 all’affidamento

dell’esecuzione
 delle
 opere,
 compaiono
 indicazioni
 più
 precise
 di
 cosa
 si
 intende
 fare
 a
 livello
 di

movimenti
 terra,
 tanto
 che
 a
 pag.19
 si
 dice:
 “Per
 scavi
 di
 sbancamento
 si
 intendono
 quelli



                                                           14




occorrenti
 per
 l'apertura
 della
 sede
 stradale,
 piazzali
 ed
 opere
 accessorie,
 quali
 ad
 esempio:
 gli

scavi
per
tratti
stradali
in
trincea,
per
lavori
di
spianamento
del
terreno,
per
taglio
delle
scarpate

delle
 trincee
 o
 dei
 rilevati,
 per
 formazione
 ed
 approfondimento
 di
 piani
 di
 posa
 dei
 rilevati,
 di

cunette,
cunettoni,
fossi
e
canali,
nonché
quelli
per
impianto
di
opere
d'arte
e
in
genere
ogni
scavo

su
vasta
superficie,
per
cui
sia
possibile
‐
con
la
formazione
di
rampe
provvisorie
o
con
l'impiego
di

altri
 mezzi
 idonei
 ‐
 allontanare
 le
 materie
 di
 scavo
 evitandone
 il
 sollevamento
 a
 spalla
 o
 con
 il

verricello.”







                                                                                                                    

               Esempio
di
livellamento
della
viabilità
di
cantiere
con
movimenti
di
terra
e
sbancamenti



d. 
Taglio
di
tutta
la
vegetazione
spontanea
(rovi
e
arbusti)
e
la
perdita
degli
habitat
idonei
alla

   presenza
di
numerose
specie
di
orchidee
a
margine
di
tutte
le
strade
interessate
dal
passaggio

   dei
Tir
per
raggiungere
la
sezione
effettiva
di
4
m







                                                                                                                

           Tipica
strada
vicinale
interessata
dagli
“adeguamenti”
(allargamento,
riprofilatura
delle
curve…)






                                                         15




e. Scavo
 per
 l’interro
 dei
 Cavidotti
 sotto
 la
 sede
 stradale
 ad
 una
 profondità
 di
 1,2
 o
 1,5
 m
 di

   profondità
per
oltre
32
km











                                                                                                                            

                        Sezione
tipo
di
strada
con
sottoposto
cavidotto
(da
elaborato
progettuale)

                                                             

                                                                 




f. 
Realizzazione
 di
 Piazzole
 per
 la
 realizzazione
 degli
 aerogeneratori
 3,
 dette
 “provvisorie”
 e

   necessarie
 per
 il
 posizionamento
 delle
 Gru
 e
 l’accesso
 dei
 Tir
 per
 trasporto
 eccezionale

   dimensionate
in
circa
40x40
m.
Circa
1600
m2
(nella
relazione
40x40
m
inspiegabilmente
crea

   una
 superficie
 1000
 m2!)
 in
 cui
 spariranno
 muretti
 a
 secco,
 alberi
 di
 ulivo,
 arbusti
 spontanei,

   cespugli,
piccoli
fabbricati
rurali
e
quant’altro
possa
ostacolare
la
libera
circolazione
dei
mezzi;

   se
 poi
 si
 considera
 che
 dovranno
 essere
 pure
 pianeggiante
 si
 aggiunge
 la
 necessità
 di
 creare

   terrapieni
 e/o
 sbancamenti
 che
 porteranno
 ad
 una
 sistematica
 alterazione
 del
 paesaggio

   agrario;
































































                                                       

3
Da
D.1.1a
‐
RELAZIONE
DESCRITTIVA
DI
PROGETTO
‐
2.1.3.
Realizzazione
delle
piazzole
di
movimentazione



“In
corrispondenza
di
ogni
aerogeneratore
si
prevede
di
realizzare
una
“piazzola
provvisoria
di
lavoro”
di
circa
40x40

m,
 per
 il
 montaggio
 dello
 stesso
 aerogeneratore.
 All’interno
 di
 tale
 piazzola
 sarà
 definita
 una
 piccola
 “piazzola

definitiva”,
delle
dimensioni
12x12
m,
su
cui
troverà
sistemazione
la
torre
di
sostegno
dell’aerogeneratore.
Per
la

realizzazione
di
queste
strutture
proprie
dell’impianto
è
prevista
la
realizzazione
di
plinti
di
fondazione
fondati
su
pali

impostati
 ad
 una
 quota
 di
 circa
 20,00
 m
 dal
 piano
 di
 campagna
 originario.
 La
 porzione
 della
 piazzola
 adibita
 allo

stazionamento
dei
mezzi
di
sollevamento
durante
l’installazione,
sarà
realizzata
con
fondazione
in
misto
di
cava
dello

spessore
di
40/60
cm
più
10
cm
di
misto
granulometrico
stabilizzato
con
l’eventuale
uso
di
geotessile
se
gli
esiti
delle

indagini
lo
consiglieranno.
Nella
fase
di
costruzione
del
parco
eolico
sarà
inizialmente
utilizzata
un’area
pari
a
circa

1000
 mq
 per
 aerogeneratore,
 considerate
 anche
 le
 superfici
 destinate
 alla
 viabilità
 da
 realizzare
 ex‐
 novo.
 Tale

superficie,
utilizzata
in
gran
parte
per
il
posizionamento
dell’autogru
da
impiegare
per
il
sollevamento
dei
conci
che

costituiscono
la
torre,
sarà
drasticamente
ridotta
alla
fine
del
cantiere,
per
la
realizzazione
dell’area
richiesta
durante

l’esercizio
dell’impianto.”



                                                               16






             Fasi
di
Realizzazione
della
Piazzola,
della
Fondazione
e
dell’aerogeneratore
(da
elaborato
progettuale)

                                                                  

                                                                   


g. 
Realizzazione
 delle
 Fondazioni
 degli
 aerogeneratori
 4,
 descritte
 genericamente
 ‐
 perché

   ancora
 da
 progettare
 in
 base
 ad
 indagini
 geologiche
 che
 non
 hanno
 ‐
 come
 “poligonali”,
 del

   diametro
di
12‐16
metri,
dello
spessore
intorno
ai
3
metri,
su
palificata
profonda
dai
18
ai
22

   metri
 (esiste
 un
 calcolo
 strutturale
 preliminare
 relativo,
 ovviamente,
 ad
 una
 pala
 “tipo”,
 alta

   non
 si
 sa
 bene
 quanto
 e
 fondata
 su
 fondazione
 tipo)
 5.
 
 Se
 si
 considera
 che
 nella
 Relazione

   Descrittiva
 (D.1.1a),
 parlando
 delle
 caratteristiche
 degli
 Aerogeneratori
 (1.1)
 si
 dice
 che

   l’altezza
 del
 mozzo
 sarà
 variabile
 fra
 i
 78
 e
 138
 metri
 ed
 il
 rotore
 di
 diametro
 112
 metri
 si

   capisce
che
la
fondazione
dovrà
poter
reggere
aerogeneratori
alti
dai
134
ai
194
metri!!!
Ci
si

   chiede
se
davvero
basteranno
fondazioni
così
dimensionate
per
dei
giganti
che
sfiorano
i
200

   metri.

    ‐ 






























































                                                       

4
Da
D.1.1a
‐
RELAZIONE
DESCRITTIVA
DI
PROGETTO
‐
1.2.
INFRASTRUTTURE
ED
OPERE
CIVILI



“Opere
di
fondazione.

Si
prevede
di
realizzare
una
fondazione
di
tipo
indiretta,
su
pali,
dimensionata
sulla
base
delle

risultanze
 geotecniche
 del
 sito.
 La
 fondazione
 sarà
 realizzata
 con
 plinto
 a
 base
 poligonale
 di
 spessore
 variabile,
 con

base
 maggiore
 di
 dimensioni
 comprese
 tra
 12
 e
 16
 m,
 spessore
 da
 2,5
 e
 3
 m
 e
 forma
 determinata
 in
 funzione
 del

numero
 di
 pali
 che
 dovrà
 contenere.
 I
 pali
 saranno
 del
 tipo
 trivellato,
 con
 diametri
 pari
 a
 80/100
 cm
 e
 profondità

variabile
tra
18
e
22
m.”






5
 Da
 D.1.4
 
 RELAZIONE
 SPECIALISTICA:
 CALCOLI
 PRELIMINARI
 DELLE
 STRUTTURE
 ‐
 3.
 RELAZIONE
 SINTETICA
 DEGLI

INTERVENTI
“L'impianto
eolico
per
la
produzione
di
energia
elettrica
oggetto
del
presente
progetto
è
caratterizzato
da

14
 aerogeneratori
 del
 tipo
 di
 grande
 taglia
 max
 3.400
 KW.
 Per
 il
 sostegno
 di
 ogni
 aerogeneratori
 si
 prevede
 di

realizzare
 una
 fondazione
 di
 tipo
 indiretta,
 su
 pali,
 dimensionata
 sulla
 base
 delle
 risultanze
 geotecniche
 del
 sito.
 La

fondazione
sarà
realizzata
con
plinto
a
base
poligonale
di
spessore
variabile,
con
base
maggiore
di
dimensioni
12
m,

spessore
della
piastra
di
fondazione
variabile
tra
1,3
e
2,0
m.
I
pali
saranno
del
tipo
trivellato,
con
diametro
pari
a
80

cm
e
profondità
di
20
m.




                                                                 17






                           Rappresentazione
dell’Aerogeneratore
Tipo
(da
elaborato
progettuale)

                                                            

                                                            

                                                                   


h. Fase
 di
 Dismissione
 delle
 torri
 eoliche,
 delle
 sue
 componenti
 e
 delle
 infrastrutture.
 Nella

   relazione6
si
dà
spazio
alle
metodologie
di
“ripristino
dello
stato
dei
luoghi”
consistenti,
nel
caso

   delle
profonde
fondazioni
in
cemento
armato
su
palificate,
nella
sola
demolizione
fino
a
80
cm

   dal
piano
di
campagna
e
ricopertura
con
terreno.
Ma
questo
secondo
i
progettisti
equivale
al

   “ripristino
della
funzione
agricola”?
Avremmo
comunque
delle
possenti
strutture
in
cemento

   armato
 “nascoste”
 sotto
 un
 piccolo
 strato
 di
 terra
 che
 alla
 prima
 pioggia
 potrebbe
 esser

   dilavato
ripresentando
“il
cadavere
nascosto
in
cantina”.
































































                                                       

6
Da
D.1.1a
‐
RELAZIONE
DESCRITTIVA
DI
PROGETTO
‐
2.2.
FASE
DI
DISMISSIONE




“In
 particolare
 la
 rimozione
 degli
 aerogeneratori
 (n°
 14),
 sarà
 eseguita
 da
 ditte
 specializzate,
 con
 recupero
 dei

materiali.
 Le
 torri
 in
 acciaio,
 smontate
 e
 ridotte
 in
 pezzi
 facilmente
 trasportabili,
 saranno
 smaltite
 presso
 specifiche

aziende
di
riciclaggio.
La
demolizione
delle
platee
di
fondazione
poste
alla
base
degli
aerogeneratori
avverrà
fino
a

quota
 80
 cm
 da
 piano
 campagna
 in
 modo
 tale
 da
 consentire
 il
 ripristino
 geomorfologico
 dei
 luoghi
 con
 terreno

agrario
e
recuperare
il
profilo
originario
del
terreno.
In
tale
modo
sarà
quindi
possibile,
nelle
limitate
aree
interessate

dagli
 interventi,
 restituire
 le
 stesse
 all’uso
 originario
 per
 le
 attività
 di
 tipo
 agricolo‐pastorale.
 Come
 soluzione

alternativa,
qualora
in
alcuni
casi
la
parte
superficiale
non
fosse
demolita,
la
stessa
potrebbe
costituire
la
struttura

di
fondazione
di
interventi
finalizzati
all’organizzazione
e/o
al
potenziamento
delle
attività
produttive
agricole.”







                                                                 18






                              Sezione
del
plinto
di
Fondazione
prima
e
dopo
la
Dismissione
(da
elab.
progett.)

                                                                      


     Ancora
più
fantasiosa
è
l’ipotesi,
ventilata
da
AltraTensione
secondo
cui
questi
“capolavori”
di

     fondazione
 possano
 rappresentare,
 se
 lasciati
 così
 come
 sono,
 un
 “potenziamento
 delle

     attività
produttive
agricole
facendo
da
base
ad
ipotetici
ampliamenti
a
strutture
agricole
che

     ovviamente
 se
 fossero
 così
 vicine
 non
 permetterebbero
 l’installazione
 stessa
 degli

     aerogeneratori;
 delle
 due
 una
 è
 falsa.
 Per
 completare
 l’opera,
 i
 progettisti
 propongono
 più

     avanti
 nella
 disquisizione
 7
 di
 lasciarci
 “in
 dono”
 anche
 le
 Fondazioni
 delle
 Cabine
 di

     Smistamento
che
–
guardate
che
fantasiosi
–
potranno
fungere
da
“piazzola
di
scambio
per
la

     mobilità
di
mezzi
provenienti
in
senso
contrapposto”.
Tutta
questa
“premura”
non
nasconde

     solo
la
necessità
di
scaricarsi
l’onere
di
dismissione
effettiva
di
questi
manufatti?


                                                       


























































7
Da
D.1.1a
‐
RELAZIONE
DESCRITTIVA
DI
PROGETTO
‐
2.2.
FASE
DI
DISMISSIONE




“La
fondazione
delle
cabine
di
smistamento,
costituita
da
una
platea
in
cemento
armato
sarà
lasciata
in
sito
al
di

sotto
 dell’area
 sistemata
 ai
 margini
 della
 viabilità
 rurale
 esistente
 e
 costituirà
 una
 piazzola
 di
 scambio
 per
 la

mobilità
 di
 mezzi
 provenienti
 in
 senso
 contrapposto.
 Sarà
 quindi
 possibile,
 nelle
 limitate
 aree
 interessate
 dagli

interventi,
 restituire
 le
 stesse
 all’uso
 originario
 per
 le
 attività
 di
 tipo
 agricolo‐pastorale.
 Si
 prevedono
 in
 generale

ripristini
 vegetazionali,
 ove
 necessari
 e
 all’occorrenza,
 di
 vegetazione
 arborea,
 utilizzando
 essenze
 autoctone,
 per

assicurare
il
ripristino
dei
luoghi
allo
stato
originario.



                                                                    19










                                                                                                          

    Fasi
di
Dismissione
della
Piazzola
“provvisoria”
e
“rinaturalizzazione”
(da
elaborato
progettuale)

                                                      

                                                      

                                                      

                                                   


                                                   

                                                   

                                                   

                                                   

                                                   

                                                   

                                                   

                                                   

                                                   

                                                   

                                                   

                                                   

                                                   

                                                   

                                                   

                                                   

                                                   

                                                   

                                                   

                    Sezione
della
Cabina
di
Smistamento
(da
elaborato
progettuale)




























                                                   20




RISCHI
IDROGEOLOGICI





Vengono
 minimizzati
 gli
 effetti
 sull’ambiente
 e
 sull’attività
 agricola:
 infatti
 nella
 previsione
 di

impatto
ambientale
viene
previsto
il
ripristino
dello
strato
di
terreno
agrario
di
80
cm;
ma
non
si

tiene
 conto
 la
 sottostante
 base
 di
 cemento
 delle
 torri
 eoliche
 impedirebbe
 il
 regolare

assorbimento
 delle
 acque
 meteoriche
 (tipico
 delle
 regioni
 carsiche)
 che
 ristagnerebbero
 nello

strato
di
terreno
con
conseguenze
negative
per
le
colture;
infatti
i
calcari
delle
Murge
[Calcare
di

Bari
e
Calcare
di
Altamura]
fratturati
e
carsificati,
sono
caratterizzati
da
cavità
di
dimensioni
che

vanno
dalle
semplici
fratture
a
fratture
allargate
fino
alle
grotte.
Questa
situazione
ha
permesso

la
formazione
e
la
conservazione
della
falda
di
fondo.

































Schema
della
tipologia
litologica
di
profondità
dell’Altopiano
Murgiano
con
micro
e
macrocavità
di
origine
carsica.










































                                                          21






Dal
punto
di
vista
geologico
e
morfologico
è
da
osservare
quanto
segue:
il
territorio
presenta
un

reticolo
idrografico
con
spartiacque
molto
incerti
che
possono
variare
in
occasione
di
forti
piogge

o
di
condizioni
del
suolo
modificate
(ad
esempio
scassi
di
terreni
con
spietramenti
per
il
cambio

delle
colture
o
apporto
di
materiali
terrosi
per
l’impianto
di
tendoni).

Gli
sbancamenti
di
terra
per
l’impianto
delle
torri
eoliche
e
la
modifica
della
viabilità,
necessaria

per
 la
 circolazione
 di
 grossi
 automezzi
 per
 il
 trasporto
 di
 terra
 e
 dei
 componenti
 delle
 torri,

vengono
 ad
 alterare
 la
 morfologia
 del
 territorio.
 Anche
 se
 il
 progetto
 prevede
 il
 ripristino
 delle

pendenze,
 di
 fatto
 questa
 operazione
 risulta
 impossibile,
 perché
 la
 morfologia
 viene
 alterata
 in

modo
irreversibile.





                                                        





                                                                                                                          



                                                                

Allagamenti
 in
 località
 “Palude”
 (alluvione
 2005).
 Il
 toponimo
 suggerisce
 chiaramente
 la
 natura
 idrografica
 che

storicamente
ha
caratterizzato
quest’area.
Foto
1‐2‐3

                                                        





In
tal
modo
cambia
l’assetto
idrografico
perché
le
acque
dovrebbero
trovare
altre
vie
per
il
loro

deflusso;
 si
 tenga
 conto
 che
 in
 tempi
 passati
 sia
 i
 proprietari
 terrieri
 sia
 le
 competenti
 autorità

comunali
 avevano
 provveduto
 a
 conservare
 l’assetto
 idrografico
 del
 territorio
 per
 permettere
 il

deflusso
delle
acque
con
apposite
aperture
nei
muretti
a
secco
e
con
la
pulizia
dei
“corsi
d’acqua”

e
dei
“condotti
d’acque”
come
risulta
da
documenti
conservati
nell’archivio
comunale.

                                                        


                                                            22










              

       

    Foto
2

       

       

       





              

       

    Foto
3

       



     23










                                                           













                                                       


Contrada
“Difesa
della
terra”:
muretti
a
secco
con
aperture
per
il
deflusso
delle
acque











                                                           













                                                       

Contrada
“Difesa
della
terra”:
cisterna
di
raccolta
delle
acque
meteoriche.



















Cartografia
 tematica
 della
 Regione
 Puglia
 in
 cui
 è
 rappresentata
 la
 permeabilità
 idraulica
 delle
 litologie.
 Si
 noti

l’importanza
idraulica
delle
aree
Murgiane
ed
in
particolare
dell’area
di
Acquaviva
sulla
importante
falda
di
profondità

che
si
estende
dall’Ofanto
al
Salento.



                                                                24




Veniamo
 ora
 al
 problema
 idrogeologico
 ed
 idraulico
 delle
 acque
 di
 superficie.
 Nelle
 relazioni

tecniche
 di
 progetto
 non
 si
 evincono
 assolutamente
 le
 estreme
 problematiche
 insite
 in
 questa

parte
 del
 territorio
 barese,
 storicamente
 responsabili
 dei
 problemi
 alluvionali
 avvenuti
 nel

nostro
 capoluogo
di
 regione.
 La
 bibliografia
 e
 le
 cronache
 in
 merito
 sono
 vastissime
 e
 il
 ricordo

dell’ultima
 alluvione,
 quella
 del
 2005,
 è
 ancora
 vivido
 nella
 memoria
 di
 tutti
 per
 le
 5
 giovani

vittime
perite
proprio
nei
luoghi
in
cui
si
pensa
di
porre
l’impianto.







                                                                                                                                          

Ponte
 crollato
 in
 occasione
 dell’alluvione
 del
 23
 ottobre
 2005.
 In
 quella
 occasione
 il
 crollo
 costò
 la
 vita
 a
 5
 giovani

vittime.





È
 vero
 che
 l’uomo
 dimentica
 le
 notizie
 cattive,
 ma
 le
 perplessità
 sorgono
 spontanee
 sulla

convivenza
 di
 questo
 importantissimo
 dedalo
 di
 lame
 con
 l’impianto
 di
 aerogeneratori.
 In
 figura

viene
 rappresentato
 il
 complesso
 sistema
 di
 decorsi
 torrentizi
 che
 si
 sviluppano
 dall’entroterra

murgiano
e
si
dirigono
tutti
in
una
stretta
area
di
sfocio
in
corrispondenza
del
capoluogo
pugliese.

In
particolare
si
noti
l’estrema
importanza
del
sistema
di
Lama
Picone
con
i
suoi
due
rami
Badessa

e
 Baronale
 (direttamente
 interessato
 dal
 progetto
 Nord)
 che
 dal
 territorio
 in
 oggetto
 si
 dirigono

verso
Bari.

Due
 veri
 e
 propri
 fiumi
 che,
 anche
 se
 saltuariamente,
 ad
 ogni
 alluvione
 importante
 fanno
 il
 loro

mestiere.
Entrambi
i
rami
principali
e
tutto
il
sistema
di
affluenti
ha
origine
alle
falde
delle
Murge

tra
Cassano
ed
Acquaviva.
In
particolare
il
sistema
riveste
estrema
rilevanza
nell’area
di
impianto.




                                                                     

                                                                     

                                                                     


































                                                                   25






































                                                                





    Evidenziazione
delle
pendenze
del
suolo
in
prossimità
di
alcune
torri
a
sud
del
progetto
(località
“Difesa
della
Terra”)
























                                                                


                                      Sezioni
altimetriche
(località
“Difesa
della
Terra”)
































                                                              26




VALUTAZIONE
DEGLI
IMPATTI
SU
FLORA
E
FAUNA
ED
ECOSISTEMI






PARCO
DELLA
CHIESA
E
DIFESA
DELLA
TERRA


DUE
PROGETTI,
DUE
AREE
DIFFERENTI,
UN’UNICA
RELAZIONE



I
territori
interessati
dai
due
progetti
si
presentano
differenti
per
altitudine
(ci
sono
circa
100
m
di

differenza
 di
 quota
 tra
 il
 Parco
 della
 Chiesa
 e
 la
 Difesa
 della
 Terra),
 per
 colture
 agricole,
 per

tipologie
ambientali
ed
ecologiche.

Le
relazioni
specialistiche
sulla
valutazione
degli
impatti
su
flora
e
fauna
ed
ecosistemi
(D.2.2)
dei

due
 progetti
 invece
 sono
 identiche
 e
 differiscono
 solo
 nella
 descrizione
 dell’ubicazione
 specifica

delle
pale.

Di
 fatto
 questi
 studi
 non
 sono
 altro
 che
 un
 approssimato
 e
 lacunoso
 assemblaggio
 di
 dati
 e

dichiarazioni,
 spesso
 in
 contraddizione
 tra
 loro,
 a
 volte
 riferiti
 ad
 altri
 contesti
 e,
 come
 spesso

accade,
 frutto
 per
 lo
 più
 di
 un
 mero
 “copia
 e
 incolla”
 piuttosto
 che
 di
 studi
 pertinenti
 e
 di

valutazioni
analitiche.



La
relazione
esordisce
con
una
collocazione
imprecisa
del
territorio
di
Acquaviva
delle
Fonti,
a
pag.

8
e
7
si
legge:







                                                                                                              



Il
territorio
comunale
di
Acquaviva
non
ricade
nell’Alta
Murgia,
e
il
tavolato
aspro
e
brullo
di
cui
si

parla
 è
 riferito
 alla
 steppa
 mediterranea,
 che
 costituisce
 l’essenza
 del
 Parco
 Nazionale
 dell’Alta

Murgia.

A
pag.
13
si
dichiara:








                                                                                                         



Con
 l’espressione
 “quasi
 del
 tutto”
 si
 escludono
 dalle
 valutazioni
 vari
 ecosistemi
 naturali
 e

seminaturali
presenti
sia
nell’area
Parco
della
Chiesa
(d’ora
in
poi
Nord)
e
sia
nell’area
Difesa
della

Terra
 (d’ora
 in
 poi
 Sud).
 Segue
 un
 elenco
 degli
 ecosistemi
 naturali
 presenti
 e
 le
 relative

emergenze.

                                                       27




LE
LAME



A
Nord
esiste
un
complesso
sistema
di
LAME,
caratteristico
del
territorio
premurgiano
sul
versante

adriatico,
 che
 dall’altipiano
 degrada
 verso
 il
 mare.
 Dal
 PPTR
 (Piano
 Paesaggistico
 Territoriale

Regionale)
 della
 Regione
 Puglia
 si
 evince
 che:
 “Le
 lame
 svolgono
 un
 ruolo
 importante
 di

funzionalità
idraulica
e
allo
stesso
tempo
sono
ambienti
naturalistici
di
pregio,
dei
corridoi
ecologici

che
 mettono
 in
 comunicazione
 ecosistemi
 diversi,
 dalla
 Murgia
 fino
 al
 mare.
 Il
 reticolo
 carsico

avvicina
ai
contesti
urbani,
talvolta
attraversandoli,
habitat
ad
elevata
biodiversità”.

Dal
punto
di
vista
ecologico,
le
lame
rappresentano
nel
panorama
agricolo
pedemurgiano
una
vera

e
propria
“riserva”
di
Biodiversità.
























                                                                                      



La
lama
del
torrente
Baronale
(fig.
in
alto)
è
pienamente
interessata
dal
progetto,
con
tre
torri
che

distano
dall’alveo
meno
di
300
m
(T12,
T13,
T14)
e
ben
12
torri
a
meno
di
2
km.
Nell’alveo
della

lama
vegetano
formazioni
fitte
di
Quercus
calliprinos,
che
sul
fondo
si
associa
a
Quercus
virgiliana

e,
 in
 contrada
 Parco
 della
 Chiesa,
 si
 evolve
 in
 una
 formazione
 boschiva
 di
 particolare
 interesse,

ascrivibile
all’Habitat
91AA:
Boschi
orientali
di
quercia
bianca.

Tra
le
specie
presenti:
Phillyrea
latifolia,
Pistacia
lentiscus,
Pistacia
terebinthus,
Paeonia
mascula,

Crataegus
 monogyna,
 Rosa
 canina,
 Cyclamen
 hederifolium,
 Cyclamen
 repandum,
 Allium

atroviolaceum,
 Cistus
 monspeliensis,
 Cistus
 incanus,
 Cistus
 salvifolius,
 Asphodeline
 lutea,

Asphodelus
macrocarpus,
Ferula
communis.

Lungo
 le
 pareti
 della
 lama
 sono
 presenti
 ampi
 tratti
 di
 roccia
 riconducibile
 all’Habitat
 prioritario

8210
:
Pareti
rocciose
calcaree
con
vegetazione
casmofitica.

L’importanza
 ecologica
 di
 questa
 lama
 è
 ben
 rappresentata
 dalle
 Orchidee
 spontanee,
 tutte

protette
dalla
Convenzione
CITES
e
qui
presenti
con
12
specie
e
un
ibrido:

Orchis
 italica,
 Anacamptis
 morio,
 Anacamptis
 papilionacea,
 Anacamptis
 x
 gennarii,

Anacamptis
 pyramidalis,
 Ophrys
 passionis
 subsp.
 garganica,
 Ophrys
 tenthredinifera,

Ophrys
lutea
subsp.
minor,
Ophrys
bertolonii,
Neotinea
lactea,
Serapias
lingua,
Serapias

parvilfora,
Serapias
vomeracea
subp.
longipetala.

                                                       28




La
 Lama
 Baronale
 e
 la
 vicina
 Lama
 Badessa
 sono
 frequentate
 dagli
 uccelli
 migratori
 durante
 il

passo
 primaverile
 e
 autunnale;
 in
 particolare
 la
 macchia
 arbustiva
 è
 importante
 per
 la
 sosta

durante
 la
 migrazione
 di
 passeriformi
 come
 Silviidae,
 Turdidae
 e
 Muscicapidae
 e
 di
 rapaci
 del

genere
Circus.
Le
suddette
lame
sono
utilizzate
come
corridoio
di
transito
da
mammiferi
come
la

Volpe
e
la
Faina
e
non
possiamo
escludere
la
presenza
del
Tasso.
Le
Lame
sono
considerate
un

ambiente
 prezioso
 per
 la
 funzione
 di
 corridoio
 ecologico
 ai
 fini
 della
 conservazione

della
 biodiversità
 e
 le
 pozze
 di
 acqua
 temporanea
 che
 periodicamente
 custodiscono

rappresentano
un
ecosistema
indispensabile
anche
per
gli
anfibi.







                                                              















                            

Passero
solitario

































































Barbagianni



LE
CAVE



A
Nord
sono
presenti
due
cave,
una
delle
due
è
in
attività.


I
 fronti
 di
 cava
 non
 interessati
 dall‘estrazione
 rappresentano
 un
 Habitat
 roccioso

seminaturale,
molto
prezioso
in
un
contesto
ambientale
povero
di
pareti
rocciose,
come

quello
murgiano.

Questo
 ambiente
 è
 colonizzato
 da
 specie
 vegetali
 casmofitiche,
 come:
 Phagnalon

rupestre,
Carum
multiflorum,
Scrophularia
lucida,
 Prasium
majus, Helichrysum
italicum.
 Inoltre,

vi
 nidificano
 alcune
 interessanti
 specie
 rupicole
 che
 riescono
 a
 convivere
 con
 l’attività

estrattiva,
tra
cui
uccelli
rapaci
quali
il
Gheppio
Falco
tinnunculus,
la
Civetta
Athena
noctua
e
il

Barbagianni
 Tyto
 alba.
 Tra
 i
 passeriformi
 nidificano
 il
 Passero
 Solitario
 Monticola
 solitarius,

l’Upupa
Upupa
epops
ed
è
da
confermare
la
nidificazione
in
zona
della
Ghiandaia
marina
Coracias

garrulus,
di
cui
esistono
segnalazioni.

Le
pareti
di
roccia
della
cava,
così
come
le
grotte
presenti
nelle
pareti
di
roccia
delle
lame
e
spesso

anche
ruderi
di
edifici
rurali,
costituiscono
ambiente
di
nursery
e
di
rifugio
estivo/invernale
per
i

Chirotteri.

                                                    





                                                                                                  

                                                          Helichrysum
italicum


                                                                    29









                                                                                                    

                  Habitat
91AA:
Boschi
orientali
di
quercia
bianca
in
località
“Parco
della
Chiesa”



I
BOSCHI



A
Sud
sono
presenti
vari
querceti
inquadrabili
in
due
Habitat
prioritari
9250:
Querceti
a
Quercus

trojana
e
91AA:
Boschi
orientali
di
quercia
bianca.
Questi
boschi,
anche
se
non
rientranti
nel
SIC,

sono
di
grande
rilevanza
ecologica
e
paesaggistica
e
sono
una
realtà
qualificante
per
il
territorio
di

Acquaviva.


Diverse
 sono
 le
 emergenze
 botaniche
 di
 questi
 habitat,
 con
 specie
 protette
 dalla
 Lista
 rossa

nazionale:
 Quercus
 trojana,
 Quercus
 virgiliana,
 Quercus
 calliprinos,
 Quercus
 cerris,
 Pistacia

terebinthus,
 Crataegus
 monogyna,
 Rosa
 canina,
 Rosa
 sempervirens,
 Lonicera
 implexa,
 Paeonia

mascula,
Cyclamen
hederifolium,
Cyclamen
repandum,
Iris
collina,
Arum
apulum.

Questi
boschi
ospitano
le
seguenti
specie
di
UCCELLI
nidificanti:


Ghiandaia
 Garrulus
 glandarius,
 Rigogolo
 Oriolus
 oriolus,
 Succiacapre
 Caprimulgus
 europaeus,

Assiolo
 Otus
 scops,
 Merlo
 Turdus
 merula,
 Usignolo
 Luscinia
 megarhynchos,
 Occhiocotto
 Sylvia

melanocephala,
 Sterpazzolina
 Sylvia
 cantillans,
 Capinera
 Sylvia
 atricapilla,
 Usignolo
 di
 fiume

Cettia
 cetti,
 Scricciolo
 Troglodytes
 troglodytes,
 Zigolo
 nero
 Emberiza
 cirlus,
 Cinciallegra
 Parus

major,
 Cinciarella
 Parus
 caeruleus,
 Codibugnolo
 Aegithalos
 caudatus,
 Fanello
 Carduelis

cannabina,
 Cardellino
 Carduelis
 carduelis,
 Verdone
 Carduelis
 chloris,
 Verzellino
 Serinus
 serinus,

nelle
 radure
 in
 prossimità
 delle
 aree
 boscate
 nidificano
 anche
 le
 rare
 Averla
 capirossa
 Lanius

senator,
Averla
cenerina
Lanius
minor
e
la
Tottavilla
Lullula
arborea.

I
 boschi
 di
 querce
 sono
 importanti
 anche
 per
 i
 passi
 migratori
 e
 lo
 svernamento
 di
 specie
 di

passeriformi,
quali
Turdidi
e
Fringillidae.
Tra
i
mammiferi
sono
presenti:


la
Volpe
Vulpes
vulpes,
il
Tasso
Meles
meles,
la
Faina
Martes
foina,
la
Donnola
Mustela
nivalis,
il

Riccio
Erinaceus
europaeus,
l’Arvicola
di
savi
Microtus
savii,
il
Topo
selvatico
Apodemus
sylvaticus.

Gli
anfibi
presenti
nelle
cisterne
e
in
luoghi
di
raccolta
d’acqua
temporanea
sono:

il
Rospo
comune
Bufo
bufo,
il
Rospo
smeraldino
Bufo
virdis,
il
Tritone
italico
Triturus
italicus
e
non

si
può
escludere
la
presenza
della
Raganella
Hyla
intermedia.


                                                         30




I
rettili
che
trovano
il
loro
habitat
lungo
i
muretti
a
secco,
nelle
specchie
e
presso
i
trulli,
sono:

Vipera
 Vipera
 aspis,
 Cervone
 Elaphe
 quatuorlineata,
 Colubro
 leopardino
 Zamenis
 situla,
 Biacco

Hierophis
 viridiflavus,
 Biscia
 dal
 collare
 Natrix
 natrix,
 Luscengola
 Chalcides
 chalcides,
 Ramarro

Lacerta
virdis,
Lucertola
campestre
Podarcis
sicula,
Geco
di
Kotschyi
Cyrtopodion
 kotschyi,
Geco

comune
Tarentola
mauritanica.







                                          






                                                     



LE
STEPPE
MEDITERRANEE

A
 Sud
 sono
 presenti
 aree
 incolte
 e
 lembi
 di
 pascolo
 inquadrabili
 nell’Habitat
 di
 steppa

mediterranea
 62A0:
 Formazioni
 erbose
 secche
 della
 regione
 submediterranea
 orientale

(Scorzoneratalia
villosae).
Questi
ambienti
sono
caratterizzati
da
un
elevato
indice
di
biodiversità

e
sono
presenti
le
seguenti
specie
botaniche:


Stipa
 austroitalica,
 Asphodelus
 ramosus,
 Asphodeline
 lutea,
 Urginea
 maritima,
 Ferula
 communis,

Thapsia
garganica,
Euphorbia
spinosa,
Euphorbia
myrsinites,
Satureja
cuneifolia,
Sternbergia
lutea,

Iris
pseudopumila.

Tra
le
orchidee
sono
state
censite:

Orchis
 italica,
 Anacamptis
 morio,
 Anacamptis
 papilionacea
 (foto
 dx),
 Anacamptis
 x

gennarii,
Anacamptis
pyramidalis,
Ophrys
passionis
subsp.
Garganica
(foto
sx),
Ophrys

incubacea,
 Ophrys
 bertolonii,
 Ophrys
 bombyliflora,
 Ophrys
 fuciflora
 subp.
 apulica,
 ,

Ophrys
 fuciflora
 subp.
 parvimaculata,
 Ophrys
 tenthredinifera,
 Ophrys
 lutea
 subsp.

minor,
Serapias
lingua,
Serapias
parvilfora,
Serapias
vomeracea
subp.
longipetala.

Le
 steppe
 mediterranee
 rappresentano
 anche
 l’area
 trofica
 principale
 per
 la
 colonia
 di

Grillaio,
che
nidifica
nel
centro
urbano
di
Acquaviva.

Altri
 uccelli
 tipici
 delle
 steppe
 e
 delle
 aree
 aperte
 censiti
 come
 nidificanti
 sono:

Cappellaccia
 Galerida
 cristata,
 Allodola
 Alauda
 arvensis,
 Calandra
 Melanocorypha
 calandra,

Calandrella
 Calandrella
 brachydactyla,
 Strillozzo
 Emberiza
 calandra,
 Saltimpalo
 Saxicola

torquata
e
Beccamoschino
Cisticola
juncidis.














































                                                    31




LE
FORME
CARSICHE





A
Sud
sono
presenti
la
Grotta
di
Curtomartino
(fig.
sotto)
e
la
Grave
di
Cimaglia.

























































                                                                                                                         





La
 grotta
 di
 Curtomartino,
 oltre
 ad
 essere
 un
 importante
 sito
 archelogico,
 è
 un
 prezioso
 habitat

prioritario,
Habitat
8310:
Grotte
non
ancora
sfruttate
a
livello
turistico.

Questo
 habitat
 assume
 notevole
 importanza
 soprattutto
 per
 la
 conservazione
 di
 una
 fauna

cavernicola
caratterizzata
da
animali
molto
specializzati
e
spesso
strettamente
endemici.
Si
tratta

di
 una
 fauna
 costituita
 soprattutto
 da
 invertebrati
 esclusivi
 delle
 grotte
 e
 dei
 corpi
 idrici

sotterranei
 come
 i
 coleotteri
 appartenenti
 alle
 famiglie
 Bathysciinae
 e
 Trechinae,
 i
 crostacei

(Isopoda,
Amphipoda,
Syncarida,
Copepoda)
e
i
molluschi
acquatici
della
famiglia
Hydrobiidae.
Le

grotte
 costituiscono
 spesso
 i
 luoghi
 di
 rifugio
 durante
 il
 letargo
 invernale
 per
 varie
 specie
 di

vertebrati
 dell’Allegato
 II.
 Più
 specie
 possono
 utilizzare
 a
 tal
 fine
 la
 stessa
 grotta.
 Le
 grotte
 sono

importanti
 habitat
 per
 i
 Chirotteri
 e
 ospitano
 inoltre
 anfibi
 molto
 rari
 come
 Proteus
 anginus
 e

diverse
specie
del
genere
Speleomantes.

       



































































                                                         32




Alla
 luce
 di
 tutti
 gli
 ecosistemi
 presenti
 ed
 elencati,
 si
 può
 comprendere
 quanto
 sia

inattendibile
la
dichiarazione
a
pag.
20:








                                                                                                            



    1 A
Nord
10
delle
14
torri
eoliche
sono
posizionate
a
meno
di
5
km
dal
centro
urbano,
dove

      sono
 situati
 i
 nidi
 di
 Grillaio,
 diversamente
 da
 come
 viene
 dichiarato
 nella
 relazione.

      Inoltre
tutte
le
14
torri
sono
a
meno
di
5km
dalle
Cave
situate
tra
la
A14
e
la
SP
75.

    2 A
 Nord
 tutte
 le
 torri
 sono
 posizionate
 a
 meno
 di
 5
 km
 dalle
 cave,
 luogo
 utilizzato
 dai

      chirotteri.
A
Sud
la
T14
è
a
670
m
dalla
grotta
di
Curtomartino,
luogo
di
grande
importanza

      per
i
Chirotteri
(nella
foto
un
Rhinolophus
ferrumequinum).

    3 A
Nord
10
delle
14
torri
sono
a
meno
di
2
km
dalla
Lama
Baronale,
luogo
interessato
dai

      flussi
migratori
dell’avifauna.
A
Sud
10
delle
14
torri
sono
a
meno
di
2
km
di
distanza
dai

      boschi,
luoghi
interessati
dai
flussi
migratori
dell’avifauna.

    4 Le
Lame
sono
corridoi
ecologici
e
vengono
utilizzate
per
il
transito
da
mammiferi
come
la

      volpe
e
probabilmente
dal
tasso.








                                                                                              

                                                    33




Sempre
a
pag.
20
:







                                                                                                                  



Le
 estinzioni
 riportate
 sono
 riferite
 all’Alta
 Murgia
 e
 non
 al
 territorio
 di
 Acquaviva.
 Questi
 dati,

forniti
senza
riferimenti,
appaiono
come
maldestri
tentativi
di
dequalificare
ecologicamente
l’area

interessata
dal
progetto.

Sempre
a
pag.
20
è
riconosciuta
la
presenza
del
Grillaio,
ma
non
si
accenna
a
nessuna
valutazione

dell’impatto
su
questa
importante
presenza
faunistica
nel
territorio
di
Acquaviva.

(Nella
presente
relazione
sono
riportati
i
dati
ufficiali
relativi
a
questa
specie.)

Si
riporta
come
significativa
(?)
la
popolazione
nidificante
di
Lanario,
dato
non
reale
e
frutto
di
una

“incollaggio
 maldestro”,
 perché
 la
 presenza
 del
 Lanario
 sarebbe
 del
 tutto
 incompatibile
 con
 le

torri.
Questo
rapace
è
minacciato
gravemente
dalla
trasformazione
degli
habitat
e
la
produzione

industriale
di
energia
eolica
sta
di
fatto
sottraendo
spazio
vitale
a
questa
specie.























                                                       34








II
GRILLAIO

Falco
naumanni



Acquaviva
 delle
 Fonti
 ospita
 una
 colonia
 di
 Grillaio
 Falco
 naumanni
 "specie
 Prioritaria
 ai
 fini
 di

conservazione",
ai
sensi
della
direttiva
79/409,
ed
è
definita
"specie
vulnerabile"
nella
Lista
rossa

IUCN
 e
 nella
 Lista
 Rossa
 Animali
 d'Italia.
 La
 colonia
 nidificante
 ad
 Acquaviva
 è
 formata
 da
 490

individui
(dati
censimento
2010
/
Parco
Nazionale
dell’Alta
Murgia)
e
all’interno
della
popolazione

pugliese
riveste
un’importanza
rilevante,
per
dimensioni
e
posizione
geografica.


Il
 Grillaio
 rappresenta
 per
 tutta
 l’area
 murgiana
 e
 per
 il
 Comune
 di
 Acquaviva
 un’emergenza

naturalistica
di
grande
pregio.
 La
 popolazione
 Apulo
 lucana
 è
la
 più
 importante
 in
 Italia
 e
tra
 le

maggiori
nel
Mediterraneo.

Le
 torri
 eoliche
 rappresentano
 per
 il
 Grillaio
 un
 pericolo
 diretto,
 causando
 la
 mortalità
 per

collisione,
e
indiretto,
determinando
la
sottrazione
di
aree
trofiche.
Le
steppe
e
i
seminativi
sono
i

territori
 di
 caccia
 di
 questo
 piccolo
 falco,
 che
 si
 affida
 al
 volo
 librato
 per
 esplorare
 il
 terreno

sottostante
alla
ricerca
di
grilli,
cavallette
e
micromammiferi.

L’impatto
 negativo
 prodotto
 dalle
 torri
 eoliche
 sull’avifauna
 e
 sui
 Chirotteri
 è
 accertato
 e

riconosciuto.
Si
richiama
a
tal
proposito
la
sentenza
n.
939
del
TAR
Toscana
che
recita:
“…appare
di

evidente
 ragionevolezza
 la
 conclusione
 del
 rapporto
 istruttorio
 che,
 per
 l’ipotesi
 di
 esclusione
 del

progetto
 dalla
 procedura
 di
 VIA,
 ritiene
 necessario
 che
 “preventivamente
 al
 rilascio

dell’autorizzazione
alla
costruzione
dell’impianto”
debba
essere
effettuata
“una
campagna
di
rilievi

sul
campo
della
durata
di
18
mesi”
per
valutare
la
frequentazione
del
sito
da
parte
di
rapaci
e
di

chirotteri
 con
 la
 definizione
 di
 soglie
 critiche
 di
 mortalità
 specifiche
 per
 le
 varie
 specie
 e
 che

successivamente,
 sulla
 base
 dei
 risultati
 dei
 rilevamenti,
 il
 proponente
 provveda
 agli
 interventi


                                                        35




indicati
 dalla
 Provincia
 come
 necessari.
 Né
 ovviamente
 il
 prescritto
 monitoraggio
 di
 durata

triennale,
da
effettuarsi
in
corso
di
esercizio
dell’impianto
medesimo,
può
essere
considerato
come

equivalente
e
sostitutivo
della
mancata
realizzazione
della
campagna
di
rilievi
ritenuta
necessaria

al
 fine
 di
 acquisire
 proprio
 quelle
 conoscenze
 dell’ecosistema
 più
 attendibili
 che
 avrebbero

permesso
 una
 più
 esatta
 valutazione
 di
 incidenza
 dell’impianto
 sull’ambiente
 e,
 quindi,
 la

previsione
 di
 misure
 di
 mitigazione
 dettate
 da
 specifiche
 esperienze
 locali
 oppure,
 ove
 i
 rilievi

fossero
stati
negativi,
la
conferma
della
valutazione
di
incompatibilità
già
espressa
dalla
medesima

provincia
di
Grosseto
nel
2002”.

Si
 chiedono
 pertanto
 chiarimenti
 e
 si
 evidenzia
 l’obbligo
 di
 effettuare
 il
 monitoraggio
 come

d’altronde
 previsto
 obbligatoriamente
 dalla
 DGR
 131/04
 in
 applicazione
 dell’art.
 7
 della

L.R.11/01.









Non
ha
molto
senso
cercare
di
decifrare
definizioni
come
Habitat
avicolo(?).

La
superficialità
e
l’approssimazione
con
cui
è
stata
elaborata
la
relazione
hanno
l’unico
scopo
di

affermare
 lo
 scarso
 valore
 dell’area
 e
 di
 conseguenza
 ridurre
 l’impatto
 del
 progetto
 sugli

ecosistemi
presenti.


Dalle
osservazioni
qui
presentate
emerge
invece
la
rilevanza
ecologica
delle
aree
interessate,
dove

sono
presenti
ben
5
habitat
prioritari,
con
sorprendente
ricchezza
di
specie
e
diverse
emergenze,

in
generale
un
indice
di
biodiversità
di
buon
livello,
un
valore
prezioso
per
le
produzioni
agricole

di
qualità
e
per
la
salute
dell’intero
territorio.











Non
ha
molto
senso
cercare
di
decifrare
definizioni
come
Habitat
avicolo
(?).

La
superficialità
e
l’approssimazione
con
cui
è
stata
elaborata
la
relazione
hanno
l’unico
scopo
di

affermare
 lo
 scarso
 valore
 dell’area
 e
 di
 conseguenza
 ridurre
 l’impatto
 del
 progetto
 sugli

ecosistemi
presenti.


Dalle
osservazioni
qui
presentate
emerge
invece
la
rilevanza
ecologica
delle
aree
interessate,
dove

sono
presenti
ben
5
habitat
prioritari,
con
sorprendente
ricchezza
di
specie
e
diverse
emergenze,

in
generale
un
indice
di
biodiversità
di
buon
livello,
un
valore
prezioso
per
le
produzioni
agricole

di
qualità
e
per
la
salute
dell’intero
territorio.


























                                                     36




IMPATTO
DEL
PROGETTO
SULLE
ARCHITETTURE
RURALI
E
IL
PAESAGGIO
AGRARIO



Quello
 che
 si
 descrive
 rappresenta
 senza
 dubbio
 alcuno
 una
 profonda
 modificazione,
 se
 non

lacerazione,
del
tipico
paesaggio
agrario
acquavivese
fatto,
come
in
altri
comuni
contermini,
di

una
 viabilità
 “in
 filigrana”
 che
 si
 muove
 nella
 fertile
 piana
 con
 colture
 di
 ulivi,
 vite
 ed
 alberi
 da

frutta,
 fra
 recinzioni
 in
 pietra
 a
 secco,
 trulli,
 piccoli
 e
 medi
 fabbricati
 rurali
 (a
 volte
 abitati
 dai

detentori
delle
terre),
spesso
bordato
da
cespugli
di
rovi
o
piccoli
arbusti
spontanei.







                                                                                                                             



                                                                                                            8
Gli
 stessi
 progettisti
 nella
 Relazione
 Descrittiva
 parlano
 di
 un
 forte
 impatto 
 sia
 in
 fase
 di

cantierizzazione
che
di
esercizio,
che
“però”
a
loro
modo
di
vedere
verrebbe
mitigato
da
alcune

opere
 di
 “rinaturalizzazione”.
 Nella
 stessa
 Relazione
 (2.1.1
 ‐
 Movimenti
 di
 Terra
 e
 Discarichi)
 si

legge
anche:
“Il
riutilizzo
quasi
totale
del
materiale
proveniente
dagli
scavi
rende,
di
fatto,
non

necessario
il
conferimento
in
discarica
del
terreno
di
risulta
degli
scavi,
salvo
casi
singolari
che

saranno
 valutati
 in
 corso
 d’opera.”
 Non
 si
 capisce
 bene
 “come”
 intendano
 “utilizzare”
 tale

materiale,
o
se
poi
questo
verrà
di
fatto
“spalmato”
sui
terreni
o
peggio
ancora
lasciato
in
cumuli
a

margine
 delle
 aree
 di
 cantiere.
 Inoltre
 questa
 alterazione
 delle
 quote
 altimetriche
 indotte
 come

influirà
sul
nuovo
deflusso
delle
acque?
Non
è
dato
saperlo.

                                                       


























































8
Da
D.1.1a
‐
RELAZIONE
DESCRITTIVA
DI
PROGETTO
–
2.
DESCRIZIONE
DEGLI
INTERVENTI
DI
PROGETTO



“Sebbene
 la
 realizzazione
 del
 parco
 eolico
 determini
 un
 significativo
 impatto
 visivo
 in
 fase
 di
 esercizio,
 l’intera

progettazione
e
realizzazione
sono
concepite
nel
rispetto
del
contesto
naturale
in
cui
l’impianto
è
inserito.
I
concetti
di

reversibilità
 degli
 interventi
 e
 di
 salvaguardia
 del
 territorio
 sono
 alla
 base
 del
 presente
 progetto
 che
 tende
 ad

evitare
 e/o
 ridurre
 al
 minimo
 possibile
 le
 interferenze
 con
 le
 componenti
 paesaggistiche
 presenti
 nei
 territori

circostanti.
 I
 lavori
 di
 cementazione,
 canalizzazione
 ed
 apertura
 delle
 nuove
 strade
 di
 servizio,
 causeranno
 un

impatto
in
fase
di
cantieramento
e
costruzione
che
sarà
minimizzato
dalle
operazioni
di
ripristino
geomorfologico
e

vegetazionale
 dei
 luoghi
 al
 termine
 dei
 lavori
 di
 costruzione
 e
 con
 il
 successivo
 ripristino
 dei
 luoghi
 allo
 stato

originario.
Tutti
gli
interventi
proposti
sono
improntati
sul
principio
di
ripristinare
lo
stato
originario
dei
luoghi
da
un

punto
di
vista
geomorfologico
e
vegetazionale
non
eliminando
comunque
tutte
le
opere
realizzate
ex‐novo.


Si
prevede
inoltre
la
conservazione
di
alcune
opere
a
servizio
del
parco
eolico
(strade,
piazzole,
fondazioni
profonde,

ecc.)
che
potranno
rendersi
funzionali,
anche
ad
avvenuta
dismissione,
da
parte
dei
fruitori
dei
siti.







                                                               37







Come
 espresso
 nel
 Codice
 dei
 BB.CC.9,
 il
 Paesaggio
 è
 definito
 all’art.
 131,
 comma
 1,
 come:
 “il

territorio
 espressivo
 di
 identità,
 il
 cui
 carattere
 deriva
 dall'azione
 di
 fattori
 naturali,
 umani
 e

dalle
loro
interrelazioni”





oppure
 circa
 la
 Tutela
 del
 Paesaggio
 al
 comma
 4:
 “è
 volta
 a
 riconoscere,
 salvaguardare
 e,
 ove

necessario,
recuperare
i
valori
culturali
che
esso
esprime.
I
soggetti,
indicati
al
comma
6,
qualora

intervengano
sul
paesaggio,
assicurano
la
conservazione
dei
suoi
aspetti
e
caratteri
peculiari”





e
ancora
al
comma
6:
“Lo
Stato,
le
Regioni,
gli
altri
Enti
Pubblici
territoriali
nonché
tutti
i
soggetti

che,
 nell'esercizio
 di
 pubbliche
 funzioni,
 intervengono
 sul
 territorio
 nazionale,
 informano
 la
 loro

attività
 ai
 principi
 di
 uso
 consapevole
 del
 territorio
 e
 di
 salvaguardia
 delle
 caratteristiche

paesaggistiche
 e
 di
 realizzazione
 di
 nuovi
 valori
 paesaggistici
 integrati
 e
 coerenti,
 rispondenti
 a

criteri
di
qualità
e
Sostenibilità”




Appare
dunque
necessaria
una
seria
riflessione
e
valutazione
sulla
reale
opportunità
di
realizzare

un
intervento
così
impattante
sul
territorio,
viste
le
pesanti
ricadute:





‐
sull’aspetto
della
viabilità
di
campagna,
ridisegnata,
livellata
per
ridurre
le
pendenze
e
lasciata
al

dilavamento
delle
piogge;




‐
sui
numerosi
ulivi
che
verranno
espiantati;




‐
sulle
piccole
architetture
rurali
e
recinzioni
in
muretti
a
secco,
che
verranno
demoliti
e
mai
più

recuperati,
o
peggio
ancora
ripristinati
in
cemento;




‐
 sul
 paesaggio
 agrario
 nel
 complesso,
 aggredito
 su
 tutta
 la
 zona
 più
 fertile
 del
 Comune
 con
 dei

colossi
rumorosi
e
comunque
visibili
in
una
zona
praticamente
pianeggiante.











































                                                       


























































9
  D.
Lgs.
22
gennaio
2004,
n.
42
‐
CODICE
DEI
BENI
CULTURALI
E
DEL
PAESAGGIO
‐
ai
sensi
dell’art.
10
della
legge
6

luglio
2002,
n.137
‐
così
come
modificato
dal
D.
Lgs.
24
marzo
2006,
n.
156
e
D.
Lgs.
24
marzo
2006,
n.
157
‐
nonché

dal
D.
Lgs.
26
marzo
2008,
n.
62
e
D.
Lgs.
26
marzo
2008,
n.
63

                                                           38




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  • 1. C O M I T A T O p E R l A T U T E l A d E l p A E S A g g I O MURGIAVIVA O S S E R V A Z I O N I AL PROGETTO PER LA REALIZZAZIONEDI UN IMPIANTO PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA MEDIANTE LO SFRUTTAMENTO DEL VENTO NEL TERRITORIO COMUNALE DI ACQUAVIVA DELLE FONTI rinnoe fa rima le vabi con non sempr sostenibile
  • 3. PREMESSA
 
 
 Il
progetto
di
due
centrali
eoliche
presentato
dalla
Società
Altratensione
nel
territorio
di
Acquaviva
 delle
 Fonti
 solleva
 forti
 perplessità,
 per
 la
 grandiosità
 dell’opera
 e
 per
 tutte
 le
 ripercussioni
 che
 questa
comporterebbe
sul
nostro
territorio
e
sulla
qualità
della
nostra
vita.
 “Nostro”
 è
 la
 parola
 chiave
 del
 comitato
 MURGIAVIVA,
 un
 libero
 movimento
 cittadino
 che
 possiamo
 definire
 di
 “appartenenza”
 al
 territorio,
 ricco,
 complesso
 e
 soprattutto
 unico,
 che
 abbiamo
 ereditato
 e
 dobbiamo
 preservare
 per
 le
 future
 generazioni.
 La
 sostenibilità,
 oltre
 ad
 essere
 un
 obbligo
 morale
 è
 una
 strategia
 indispensabile
 per
 preservare
 la
 natura,
 la
 storia,
 il
 paesaggio
e
l’economia
agricola
del
territorio
murgiano
e,
non
ultimo,
la
salute
dei
suoi
abitanti.
 La
 produzione
 di
 energia
 rinnovabile
 deve
 essere
 sostenibile,
 altrimenti
 tradisce
 la
 propria
 peculiarità.
 Le
 fonti
 rinnovabili
 rappresentano
 il
 futuro,
 che
 crediamo
 possibile,
 ma
 soprattutto
 sostenibile,
 nelle
 tecnologie
 che
 favoriscono
 impianti
 più
 piccoli
 e
 più
 diffusi
 e,
 di
 conseguenza,
 meno
impattanti
sul
paesaggio
e
sulla
qualità
del
nostro
territorio.
 Il
 Comitato
 Murgiaviva
 con
 questo
 documento
 esprime
 la
 propria
 contrarietà,
 manifestando
 le
 ragioni
 del
 dissenso,
 con
 l’analisi
 delle
 complesse
 implicazioni
 e
 dell’effettiva
 insostenibilità
 di
 questo
progetto.
 Un
progetto
lacunoso,
superficiale
e
spesso
non
chiaro
su
aspetti
tecnici
fondamentali,
come
ad
 esempio
la
ventosità.
 Questo
progetto
non
tiene
conto
delle
nuove
linee
guida
della
Regione,
il
Regolamento
Regionale
 n.
24
del
30
dicembre
2010,
perché
la
società
dichiara
di
riferirsi
al
Regolamento
Regionale
n.
16
 del
04
ottobre
2006.
 Per
 questa
 ragione
 e
 per
 tutte
 le
 osservazioni
 contenute
 in
 questo
 documento,
 il
 comitato
 Murgiaviva
 chiede
 alla
 Provincia
 di
 Bari
 che
 questo
 progetto
 sia
 sottoposto
 alla
 VALUTAZIONE
 D’IMPATTO
AMBIENTALE.
 
 





































































































































 
 




































































































































Il
comitato
MURGIAVIVA
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 1
 

  • 4. OSSERVAZIONI
TECNICHE
AL
PROGETTO
 
 
 
 CAVIDOTTI‐ELETTRODOTTI‐SOTTOSTAZIONE
 
 
 Da
un’attenta
analisi
delle
relazioni
descrittive
relative
ad
entrambi
i
progetti
eolici
(“ACQUAVIVA
 –
LOC.
PARCO
DELLA
CHIESA”
e
“ACQUAVIVA
–
LOC.
DIFESA
DELLA
TERRA”)
è
apparso
chiaro
come
 non
vi
fosse
indicato
in
nessuna
parte
la
lunghezza
totale
dei
cavidotti
elettrici
che
serviranno
per
 connettere
tutti
i
28
aerogeneratori
alla
dell’impianto
di
consegna
indicato
da
Terna
Spa
sito
nel
 comune
 di
 Acquaviva
delle
Fonti
 denominato
 Cabina
 Primaria
“Acquaviva”.
 Infatti
nelle
relazioni
 descrittive
 di
 entrambi
 i
 progetti
 si
 legge
 che
 “L’energia
 elettrica
 prodotta
 è
 poi
 raccolta
 e
 convogliata
 tramite
 un
 cavidotto
 interrato
 alla
 cabina
 di
 smistamento
 ubicato
 nel
 comune
 di
 Acquaviva
delle
Fonti”.
Capire
la
lunghezza
del
suddetto
cavidotto
è
fondamentale
per
riuscire
a
 quantificare
 il
 relativo
 impatto
 sugli
 ambienti
 rurali
 che
 saranno
 irrimediabilmente
 colpiti,
 con
 particolare
 riferimento
 a
 quella
 ultra
 secolare
 rete
 di
 viabilità
 secondaria
 che
 nel
 territorio
 acquavivese
ha
una
particolare
valenza
anche
dal
punto
di
vista
storico.
Il
comune
di
Acquaviva,
 infatti,
 è
 attraversato
 da
 alcuni
 antichi
 tratturi
 uno
 dei
 quali
 ricadente
 proprio
 in
 località
 Difesa
 della
Terra.
La
mancata
adozione
da
parte
dell’amministrazione
comunale
di
un
Piano
Comunale
 dei
Tratturi
(peraltro
già
elaborato
per
conto
dell’autorità
comunale
diverso
tempo
fa),
così
come
 previsto
dalle
normative
vigenti,
lascia
di
fatto
sguarnite
queste
fondamentali
testimonianze
viarie
 della
storia
e
dell’identità
locale
dai
massicci
interventi
che
potrebbero
realizzarsi
in
quell’area.
 I
cavidotti
che
saranno
realizzati
avranno
due
differenti
tensioni:
media
(MT)
ed
alta
(AT).
Questi
 sono
descritti
nelle
relazioni
denominate
“D.1.5
CALCOLI
PRELIMINARI
DEGLI
IMPIANTI
ELETTRICI”
 “D.1.8
 DISCIPLINARI
 OPERE
 ELETTROMECCANICHE”
 di
 entrambi
 i
 progetti.
 Mentre
 relativamente
 agli
impianti
in
AT
si
dichiara
che
“Alla
luce
di
ciò
si
è
progettato
un
elettrodotto
interrato,
di
c.a.
 350
m
di
lunghezza,
in
cavo
AT
ad
elica
visibile
di
sezione
pari
a
1600
mm2,
tra
i
terminali
della
 Sottostazione
 di
 Trasformazione
 e
 lo
 stallo
 dedicato
 della
 Stazione
 Elettrica
 380/150
 kV
 di
 Acquaviva
 delle
 fonti,
 adagiato
 all’interno
 di
 uno
 scavo”.
 Non
 riteniamo
 possibile
 che
 ci
 si
 possa
 sbilanciare
 a
 definire
 la
 lunghezza
 della
 connessione
 in
 AT
 visto
 che
 nelle
 relazioni
 si
 dichiara
 genericamente
 che
 “Altratensione
 srl
 ha
 intenzione
 di
 realizzare
 nell’immediate
 vicinanze
 dell’impianto
di
consegna
di
Terna
Spa
[…]
una
Sottostazione
di
Trasformazione
150/30
kV
atta
a
 ricevere
l’energia
prodotta”.
Cosa
si
intende
per
“immediate
vicinanze”?
Quale
garanzia
esiste
che
 il
cavidotto
in
AT
sia
lungo
“solo”
350
m?
 Relativamente
ai
cavidotti
di
interconnessione
e
all’elettrodotto
in
MT,
invece,
non
si
fa
accenno
 ad
 alcuna
 quantificazione
 della
 lunghezza
 eppure
 è
 l’opera
 di
 connessione
 maggiormente
 impattante
 sul
 territorio,
 che
 porterà
 allo
 sventramento
 di
 decine
 di
 strade.
 Partendo
 dagli
 elaborati
 grafici
 “P.1.1
 VIABILITÀ
 DI
 PROGETTO”
 e
 “I.3
 INQUADRAMENTO
 SU
 AEROFOTOGRAMMETRICO”
abbiamo
misurato
la
lunghezza
dei
suddetti
cavidotti
in
MT
e
i
risultati
 appaiono
 preoccupanti:
 17
 Km
 ca.
 per
 connettere
 le
 14
 torri
 eoliche
 del
 progetto
 “Difesa
 della
 terra”
e
15
Km
ca.
per
le
14
torri
di
“Parco
della
Chiesa”.
Parliamo
quindi
di
un
totale
di
oltre
32
 km
 di
 cavidotto
 per
 collegare
 i
 due
 impianti
 alla
 sottostazione
 di
 trasformazione
 MT/AT.
 Tra
 l’altro
facciamo
notare
come
dagli
elaborati
grafici
di
entrambi
i
progetti
si
evinca
chiaramente
che
 la
 sottostazione
 di
 trasformazione
 prevista
 per
 i
 due
 “parchi
 eolici”
 sarà
 una
 e
 una
 sola
 facendoci
 di
 fatto
 propendere
 per
 considerare
 queste
 due
 distinte
 ma
 speculari
 elaborazioni
 progettuali
come
ad
un
unico
megaimpianto
della
potenza
nominale
di
95,
2
MW.
 2
 

  • 5. 
 
 Immagine
 ottenuta
 dalla
 sovrapposizione
 degli
 elaborati
 “I.3
 Inquadramento
 su
 aerofotogrammetrico”
 relativi
ai
due
progetti.
 3
 

  • 6. AEROGENERATORI
 
 
 Relativamente
alle
caratteristiche
tecniche
degli
aerogeneratori
bisogna
immediatamente
chiarire
 che
 tutte
 le
 relazioni
 descrittive
 appaiono
 poco
 chiare
 in
 quanto
 vengono
 forniti
 dati
 spesso
 variabili
all’interno
di
intervalli
molto
larghi
e
alle
volte
sono
indicati
valori
addirittura
discordanti
 e
contraddittori.
Ciò
premesso
nella
relazione
descrittiva,
a
pag.2,
leggiamo
che:
 
 “Le
 caratteristiche
 principali
 degli
 aerogeneratori
 che
 saranno
 impiegati
 per
 la
 costruzione
 del
 parco
eolico
sono
di
seguito
indicate:

 ‐
Potenza
nominale
fino
a
3.400
kW;

 ‐
Numero
di
pale
3;

 ‐
Materiale
delle
pale:
fibra
di
resina

 ‐
Velocità
di
rotazione
delle
pale
compresa
tra
7,1
e
13,8
rpm;

 ‐
Area
descritta
8.495
m2;

 ‐
Diametro
del
rotore
112
m;

 ‐
Tipo
di
torre
tubolare;
 ‐
Altezza
mozzo
78‐138
m;

 ‐
Tensione
di
generazione
950
V;
 ‐
Frequenza
50
Hz”.
 
 Ci
soffermiamo
in
particolare
sul
valore
dell’altezza
del
mozzo
e,
come
si
legge
sempre
nella
stessa
 pagina
 alla
 voce
 “Torre”,
 apprendiamo
 che
 “La
 torre
 è
 costituita
 da
 un
 cilindro
 in
 acciaio
 con
 altezza
 variabile
 da
 78
 a
 138
 m,
 formato
 da
 più
 conci
 da
 montare
 in
 sito,
 fino
 a
 raggiungere
 l’altezza
 voluta”.
 Appare
 quindi
 chiaro
 come
 non
 sia
 ancora
 definita
 l’altezza
 della
 torre
 che
 sosterrà
le
pale
e
come
essa
potrà
variare
in
base
alle
esigenze.
Questo
significa
che
tutti
i
valori
su
 cui
 sono
 stati
 effettuati
 gli
 studi
 sui
 possibili
 impatti
 presentati
 nei
 due
 progetti
 in
 oggetto
 potrebbero
 essere
 inficiati
 confutati
 da
 delle
 modifiche
 anche
 sostanziali
 dell’altezza
 finale
 dell’aerogeneratore.
 Segue
una
breve
ma
esaustiva
carrellata
delle
differenti
misure
fornite
dai
progettisti
della
società
 Altra
Tensione
srl
in
tutti
gli
elaborati
descrittivi
ed
in
base
ai
quali
sono
stati
effettuati
degli
studi
 e
dei
calcoli.
 
 Nella
 relazione
 “D.1.3
 VALUTAZIONE
 DELLA
 PRODUCIBILITÀ
 ELETTRICA”
 a
 pag.
 3,
 paragrafo
 “2.2
 CARATTERISTICHE
 DELL’AEROGENERATORE”
 l’altezza
 del
 mozzo
 indicata
 è
 di
 105
 m
 mentre
 il
 diametro
del
rotore
è
di
112
m.
Queste
misure
sono
per
così
dire
le
più
“gettonate”
anche
se
poi
 nella
relazione
“D.1.6
CALCOLO
DELLA
GITTATA
MASSIMA
DEGLI
ELEMENTI
ROTANTI
IN
CASO
DI
 ROTTURA
 ACCIDENTALE”
 a
 pag.
 5
 per
 l’ipotesi
 di
 calcolo
 della
 gittata
 leggiamo
 che
 la
 lunghezza
 della
pala
considerata
è
di
52
m.
 
 Nella
 relazione
 “D.1.8
 DISCIPLINARE
 OPERE
 ELETTROMECCANICHE”,
 al
 paragrafo
 “2.
 AEROGENERATORE”,
 a
 pag.
 4
 si
 scrive
 che
 “il
 modello
 preso
 in
 considerazione
 è
 solo
 tipologico.
 L’apparecchio
 effettivamente
 installato
 sarà
 identificato
 in
 fase
 esecutiva,
 ferma
 restando
 la
 similarità
con
il
modello
citato”.
Di
conseguenza
i
timori
relativi
al
possibile
incremento
della
già
 significative
 altezze
 ci
 appaiono
 fondati,
 con
 un
 conseguente
 aumento
 significativo
 sia
 dei
 rischi
 che
degli
impatti
paesaggistici.
 
 4
 

  • 7. I
valori
citati
nello
Studio
di
Impatto
Ambientale
allegato
al
progetto
(“D.2.1
SIA”)
sono
ancora
una
 volta
differenti,
anzi
nello
stesso
studio
sono
citati
molteplici
altezze
della
torre.
Tra
i
valori
citati
 sono
presenti
anche
quelli
della
relazione
descrittiva
(a
pag.
38
l’altezza
al
mozzo
è
indicata
come
 variabile
 tra
 78
 e
 138
 m).
 Nel
 paragrafo
 relativo
 all’impatto
 visivo
 denominato
 “4.5.2.3
 DEFINIZIONE
DELLA
VISIBILITÀ
DELL’IMPIANTO”,
a
pag.
90,
leggiamo
che
“per
semplicità,
l’altezza
 percepita
H
è
stata
calcolata
considerando
il
suolo
liscio,
senza
tenere
quindi
conto
della
effettiva
 orografia
ma
solo
della
distanza
fra
il
punto
bersaglio
e
la
turbina
più
vicina,
e
con
riferimento
ad
 una
altezza
complessiva
massima
(mozzo+pala)
delle
turbine
di
138
metri”.
Ci
sembra
molto
grave
 che
in
questo
caso
in
cui
si
valuta
un
impatto
così
forte
come
quello
visivo
e
paesaggistico
si
sia
 considerata
un’altezza
ben
più
bassa
di
quella
di
riferimento
e
che
troviamo
citata
chiaramente
 nell’elaborato
 grafico
 denominato
 “P.4.1
 PARTICOLARI
 TIPOLOGICI
 DEGLI
 AEROGENERATORI”.
 Questa
 tavola
 mostra
 chiaramente
 i
 particolari
 tipologici
 degli
 aerogeneratori
 e
 relative
 misurazioni.
 I
 valori
 espressi
 coincidono
 con
 quelli
 elencati
 nella
 relazione
 descrittiva
 ed
 in
 particolare
l’altezza
della
torre
al
centro
del
mozzo
risulta
essere
di
105
m
e
il
raggio
del
sistema
 mozzo‐elica
 (calcolato
 sempre
 dal
 centro
 del
 mozzo)
 ha
 una
 lunghezza
 totale
 di
 56
 m.
 Quindi,
 calcolatrice
alla
mano,
l’altezza
totale
dell’aerogeneratore
espressa
in
questo
elaborato
grafico,
 che
 potremmo
 definire
 chiarificatore
 e
 verosimilmente
 corrispondente
 alle
 macchine
 che
 si
 vorrebbero
realmente
installare,
risulta
essere
di
161
m.
 Il
 problema
 è
 che
 considerando
 il
 diametro
 del
 sistema
 mozzo‐pale
 come
 fisso
 ed
 equivalente
 a
 112,
l’altezza
della
torre
al
mozzo
può
essere
variabile
(come
indicato
anche
nella
scheda
tecnica
 dell’aerogeneratore)
 fino
 a
 raggiungere
 un’altezza
 massima
 di
 138
 m.
 Sommando
 l’altezza
 massima
della
torre
ai
56
m
di
raggio
delle
pale
otteniamo
un
aerogeneratore
con
altezza
totale
di
 194
m.
Parliamo
quindi
di
aerogeneratori
tra
i
più
alti
al
mondo
mai
installati,
con
un
fortissimo
 impatto
 e
 con
 altrettanto
 forti
 rischi
 di
 stabilità,
 rischi
 ed
 impatti
 calcolati
 però
 su
 altezze
 ben
 diverse!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 5
 

  • 8. VENTOSITÀ‐PRODUCIBILITÀ
 
 Il
 territorio
 comunale
 di
 Acquaviva
 delle
 Fonti
 non
 si
 distingue
 da
 una
 particolare
 ventosità
 che
 giustificherebbe
 l’installazione
 di
 generatori
 eolici
 per
 la
 produzione
 di
 energia
 elettrica.
 Le
 aree
 considerate,
così
come
tutta
la
provincia
di
Bari,
non
possiedono
infatti
di
quelle
caratteristiche
di
 continuità,
intensità
e
persistenza
di
correnti
eoliche
da
rendere
economicamente
vantaggioso
lo
 sfruttamento
eolico
su
scala
industriale.
Come
è
risaputo
infatti
con
l’aumentare
delle
dimensioni
 degli
 aerogeneratori
 aumenta
 progressivamente
 la
 velocità
 di
 cut‐in
 ovvero
 quella
 soglia
 di
 velocità
che
il
vento
deve
raggiungere
per
poter
superare
l’inerzia
della
macchina
ed
azionare
le
 pale
eoliche
e
quindi
la
produzione
di
energia
elettrica.
 
 
 
 
 
 
 
 
 6
 

  • 9. Nella
fattispecie
dei
due
impianti
eolici
in
oggetto
gli
aerogeneratori
che
si
vorrebbero
installare
 sono
i
REpower
3.4M104.
 Questo
lo
apprendiamo
dall’unica
relazione
tecnica
che
cita
esplicitamente
la
marca
ed
il
modello
 previsti
 ovvero
 la
 “RELAZIONE
 GEOLOGICA
 IDROGEOLOGICA
 E
 GEOTECNICA
 (D.1.2)”,
 pagina
 2.
 Nella
relazione
denominata
“D.1.3
VALUTAZIONE
DELLA
PRODUCIBILITÀ
ELETTRICA”,
infatti,
non
si
 cita
 mai
 né
 la
 marca
 né
 tantomeno
 il
 modello
 che
 si
 vorrebbero
 adoperare,
 rimanendo
 appositamente
sul
vago
salvo
poi
effettuare
dei
calcoli
quantomeno
imprecisi.

 Relativamente
 alla
 ventosità
 necessaria
 all’aerogeneratore
 per
 produrre
 energia
 si
 scrive
 solamente
 che
 “quando
 la
 velocità
 del
 vento
 supera
 il
 valore
 corrispondente
 alla
 velocità
 di
 avviamento
 la
 potenza
 cresce
 al
 crescere
 della
 velocità
 del
 vento.
 La
 potenza
 cresce
 fino
 alla
 velocità
 nominale
 e
 poi
 si
 mantiene
 costante
 fino
 alla
 velocità
 di
 Cut‐out
 (fuori
 servizio)”.
 Non
 si
 citano
i
valori
di
riferimento
fondamentali
relativi
alla
velocità
di
avviamento
(cut‐in),
alla
velocità
 nominale
e
al
cut‐out.
 Fortunatamente
riusciamo
a
trarre
le
informazioni
che
cerchiamo
dalla
scheda
tecnica
del
modello
 dell’aerogeneratore
‐disponibile
sul
sito
ufficiale
del
produttore
REpower
http://www.repower.de
 ‐
indicato
dalla
società
Altra
Tensione
srl
nella
già
menzionata
relazione
geologica
(D.1.2).

 La
velocità
minima
del
vento
necessaria
all’avviamento
della
produzione
energetica
deve
superare
 i
3,5
m/s.
La
velocità
nominale
invece
corrisponde
ai
13,5
m/s:
solo
a
partire
da
questa
velocità
del
 vento
 la
 potenza
 prodotta
 dalla
 torre
 eolica
 sarà
 per
 così
 dire
 a
 pieno
 regime
 e
 cioè
 corrispondente
 ai
 3,4
MW
 dichiarati
 dal
 produttore.
 Tradotto
 in
 chilometri
 orari
 questo
 significa
 che
 l’intensità
 del
 vento
 deve
 raggiungere
 e
 superare
 i
 48
 Km/h
 per
 avere
 la
 piena
 produzione.
 Mentre
 il
 cut‐off,
 cioè
 la
 velocità
 del
 vento
 oltre
 la
 quale
 la
 macchina
 entra
 in
 fuori
 servizio
 e
 smette
 di
 produrre,
 corrisponde
 a
 25
 m/s,
 cioè
 90
 Km/h.
 Questo
 in
 un
 territorio
 come
 quello
 acquavivese
 dove
 secondo
 l’Atlante
 Eolico
 Italiano
 alla
 considerevole
 altitudine
 di
 100
 m
 dal
 terreno
la
velocità
media
del
vento
durante
l’anno
raggiunge
a
mala
pena
i
6
m/s
(corrispondente
 a
 21,6
 Km/h)
 e
 non
 i
 7
 m/s
 di
 cui
 parla
 la
 relazione.
 Questo
 vuol
 dire
 che
 la
 macchina
 funzionerebbe
a
bassissimo
regime
producendo
pochissima
energia
elettrica.
 Del
resto
la
curva
di
potenza
parla
chiaro
anche
se
riteniamo
opportuno
premettere
che
anche
in
 questo
caso
dobbiamo
evidenziare
la
scarsa
precisione
della
relazione
in
esame
che
mostra
una
 curva
 di
 potenza
 errata
 e
 comunque
 assai
 differente
 da
 quella
 fornita
 ufficialmente
 dalla
 REpower.
Nella
curva
di
potenza
che
troviamo
nella
relazione
(vedi
immagini
successive),
infatti,
 l’origine
 dell’asse
 delle
 ascisse,
 su
 cui
 è
 indicato
 il
 valore
 della
 velocità
 del
 vento
 all’altezza
 del
 mozzo,
parte
da
0
mentre
il
valore
stante
all’origine
(ascisse)
della
curva
della
REpower
è
3
m/s.
 Questo
 errore
 falsa
 tutto
 il
 calcolo
 della
 producibilità.
 Infatti,
 se
 a
 6
 m/s
 lo
 schema
 proposto
 da
 Altra
 Tensione
 segnava
 una
 potenza
 elettrica
 superiore
 ai
 1000
 kW,
 la
 curva
 di
 potenza
 della
 scheda
tecnica
del
modello
in
questione
fa
corrispondere
una
potenza
elettrica
di
poco
più
di
500
 kW,
 il
 che
 significa
 un
 aerogeneratore
 che
 lavora
 a
 meno
 di
 un
 quarto
 della
 propria
 potenza
 nominale
e
comunque
ad
una
potenza
corrispondente
alla
metà
rispetto
a
quanto
prospettato
 nelle
relazioni!
 
 
 
 7
 

  • 10. 
 Curva
di
potenza
fornita
da
REpower
 
 
 
 
 
 Curva
tratta
dalla
relazione
“D.1.3
VALUTAZIONE
DELLA
PRODUCIBILITÀ
ELETTRICA”
 
 
 
 
 8
 

  • 11. Anche
 sulla
 producibilità
 specifica,
 a
 100
 m
 d’altezza,
 abbiamo
 un
 valore
 più
 basso
 rispetto
 a
 quello
evidenziato
nelle
relazioni:
la
mappa
dell’atlante
eolico
segna
per
le
4
macro
aree
dove
si
 vorrebbero
 ubicare
 le
 pale
 ad
 Acquaviva
 un
 valore
 di
 2000
 MWH/MW
 contrariamente
 agli
 oltre
 2500
MWH/MW
indicati
nella
valutazione
della
producibilità
elettrica.
 Inoltre
 segnaliamo
 che
 mancano
 completamente
 i
 dati
 relativi
 alle
 misurazioni,
 così
 come
 previste
dalla
normativa
vigente,
effettuate
da
appositi
anemometri
che
devono
essere
installati
 nelle
aree
in
cui
si
vogliono
andare
a
realizzare
gli
impianti.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 9
 

  • 12. CONCLUSIONI
TECNICHE
 
 
 Ci
appare
del
tutto
inappropriato
che
due
“parchi
eolici”
così
grandi,
impattanti
e
potenti
vengano
 installati
nel
territorio
comunale
di
Acquaviva
delle
Fonti.
Dovremmo
cedere
una
parte
consistente
 del
nostro
prezioso
ambiente
per
degli
aerogeneratori
che
produrrebbero
energia
per
pochissimi
 giorni
 all’anno
 e
 che
 in
 realtà
 vedremmo
 spesso
 come
 dei
 giganteschi
 spettri
 immobili,
 anche
 e
 soprattutto
 alla
 luce
 del
 fatto
 che
 le
 elevate
 temperature
 estive,
 spesso
 al
 di
 sopra
 dei
 40°
 C,
 determinerebbero
l’arresto
automatico
delle
turbine.
Alla
già
ampiamente
dimostrata
assenza
di
 vento
dovremmo
quindi
sommare
anche
il
caldo
estivo
tra
le
cause
di
arresto
della
produzione.
 Quando
produrrebbero
quindi
questi
impianti?
Quanto?
La
risposta
è:
troppo
poco.
 Un
impianto
di
produzione
elettrica
che
non
produce
elettricità
è
un
costosissimo
paradosso
che
 non
possiamo
permetterci.
 
 Del
resto
sappiamo
bene
che
non
stiamo
assistendo
al
tentativo
di
avviare
una
grande
centrale
 (anzi
 due!)
 di
 produzione
 elettrica:
 quella
 in
 atto
 è
 una
 vera
 e
 propria
 operazione
 di
 speculazione
finanziaria!
 Un’operazione
 resa
 possibile
 da
 un
 mercato,
 quello
 delle
 rinnovabili,
 ormai
 completamente
 drogato
 da
 tutta
 una
 serie
 di
 norme
 incentivanti
 che
 alimentano
 gli
 speculatori
 del
 mercato
 finanziario
 globale,
 disposti
 a
 sborsare
 milioni
 di
 euro
 per
 costruire
 torri
 sempre
 più
 alte
 alla
 ricerca
 di
 quel
 poco
 vento
 laddove
 vento
 non
 c’è,
 per
 produrre
 energia
 (poca),
 pagata
 a
 prezzi
 doppi
rispetto
a
quelli
di
mercato.
Prezzi
previsti
da
un
sistema
statale
di
incentivi
a
pioggia,
che
 non
 discriminano
 a
 sufficienza
 tra
 l’autoproduzione
 e
 la
 speculazione,
 quest’ultima
 premiata,
 come
 se
 non
 bastasse,
 anche
 dall’enorme
 compravendita
 dei
 certificati
 verdi
 erogati
 a
 favore
 di
 chi
 produce
 energia
 da
 fonti
 rinnovabili
 e
 da
 questi
 ultimi
 rivenduti
 a
 caro
 prezzo
 a
 chi
 brucia
 combustibili
fossili
per
continuare
a
produrre
(loro
sì)
tanta,
troppa
energia.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 10
 

  • 13. IMPATTO
DELL’ESECUZIONE
DELLE
OPERE

 Riconfigurazione
 Viabilità,
 Realizzazione
 di
 Cantieri,
 Cavidotti,
 Piazzole
 e
 Fondazioni,
 Trasporto
 degli
elementi
prefabbricati
su
Tir
per
Trasporto
Eccezionale
 
 
 Rappresentazione
reale
dell’intero
impianto
eolico
proposto
da
AltraTensione
(Nord
e
Sud)
 
 Come
già
sottolineato,
i
“due”
progetti
proposti
da
AltraTensione
S.r.l.
denominati
“Progetto
 per
 la
 Realizzazione
 di
 un
 Impianto
 per
 la
 produzione
 di
 energia
 mediante
 lo
 sfruttamento
 del
 vento
 nel
 Territorio
 Comunale
 di
 Acquaviva
 delle
 Fonti”
 e
 distinti
 come
 “in
 località
 Parco
 della
 Chiesa
(Nord)”
e

“in
località
Difesa
della
Terra
(Sud)”
altro
non
sono
che
un
unico
progetto
diviso
 11
 

  • 14. in
due
per
opportunismo
autorizzativo.
Ciò
risulta
evidente
pensando
che
i
“due”
impianti
per
la
 produzione
 di
 energia
 eolica
 prevedono,
 guardacaso,
 dei
 Cavidotti
 che
 convergono
 in
 un’unica
 Sottostazione
 Elettrica
 AT/MT.
 Pensando
 poi
 che
 un
 impianto
 di
 più
 di
 50
 MW
 è
 sottoposto
 necessariamente
 a
 V.I.A,
 mentre
 “due”
 da
 47,6
 MW
 ciascuno
 non
 lo
 sono,
 si
 capisce
 come
 l’inganno
dei
progettisti
per
aggirare
la
norma
sia
completo.
 
 Non
è
ben
chiaro
poi
qual’è
il
livello
di
dettaglio
della
formulazione
(in
realtà
non
è
definito)
visto
 che
non
è
mai
espresso
in
alcun
elaborato
grafico
o
descrittivo,
e
ciò
non
rende
possibile
capire
se
 si
tratta
di
Definitivo
e
del
perché
molti
elaborati
risultano
carenti.
 
 Così
 come
 formulato
 e
 contestualizzato
 nel
 nostro
 territorio
 il
 progetto
 di
 AltraTensione
 necessita
per
una
sua
realizzazione
della
Riconfigurazione
sostanziale
del
Sistema
Viario,
fatto
da
 strade
 interpoderali
 spesso
 molto
 strette,
 oltre
 che
 uno
 Stravolgimento
 del
 Paesaggio
 Agrario
 Tradizionale
per
come
lo
si
vede
oggi.
 
 
 Tir
per
trasporto
eccezionale
di
conci
di
torre
eolica
 
 Le
opere
propedeutiche
alla
realizzazione
dell’impianto
consistenti
prima
nella
costituzione
di
 un’adeguata
 viabilità
 di
 cantiere
 adatta
 alla
 percorrenza
 di
 Tir
 per
 trasporto
 eccezionale
 della
 lunghezza
di
oltre
56
metri
(più
la
motrice)
e
poi
nella
costituzione
dei
28
cantieri
ai
piedi
degli
 aerogeneratori,
necessiterà
di
complessi
ed
invasivi
interventi
su
quella
che
diventerà
la
viabilità
di
 cantiere.
Ciò
si
concreta
nel:
 
 a. Allargamento
 della
 Sezione
 Stradale
 (a
 mezzo
 di
 esproprio)
 fino
 a
 minimo
 4
 m
 con
 la
 conseguente
 Demolizione
 di
 numerosi
 muretti
 in
 pietra
 a
 secco1.
 Se
 si
 confronta
 questa
 previsione
con
l’analogo
progetto
presentato
a
novembre
2010
a
Cassano
delle
Murge
(Ba)
da
 Enel
Green
Power
per
pale
di
46
m
(ben
10
metri
più
corte!)
e
di
dice
che
lì
era
prevista
una
 larghezza
di
5
metri,
si
può
intuire
che
forse
anche
questo
dato
può
essere
sottodimensionato.
 
 























































 1
Da
D.1.1a
‐
RELAZIONE
DESCRITTIVA
DI
PROGETTO
‐
2.1.2.
Realizzaz.
di
strade
di
accesso
e
viabilità
di
servizio
 “Nella
fase
di
realizzazione
dell’impianto
sono
previsti
adeguamenti
della
viabilità
esistente
per
il
transito
dei
mezzi
 pesanti
 e
 dei
 trasporti
 eccezionali,
 e
 solo
 in
 minima
 parte
 è
 prevista
 la
 realizzazione
 di
 nuove
 strade.
 La
 viabilità
 esistente,
oggetto
di
interventi
di
manutenzione
che
consentiranno
di
ricondurre
la
stessa
ad
una
larghezza
minima
di
 4
 m,
 sarà
 integrata
 da
 nuovi
 brevi
 tratti
 di
 viabilità
 di
 servizio
 per
 assicurare
 l’accesso
 alle
 piazzole
 degli
 aerogeneratori.”
 12
 

  • 15. Tra
 l’altro
 la
 ditta
 produttrice
 degli
 aerogeneratori
 è
 le
 medesima
 per
 entrambi
 i
 progetti
 e
 quindi
appare
strano
che
pale
più
grandi
necessitino
di
strade
più
strette.
 
 b. Taglio
 di
 tutto
 quello
 che
 ingombra
 per
 un’altezza
 di
 almeno
 4
 m,
 ivi
 compresi
 alberature
 e
 linee
elettriche
(nelle
relazioni
è
stato
omesso);
 
 
 Ingombro
di
chiome
arborate
lungo
la
viabilità
di
cantiere
 
 c. 
Riprofilatura
 di
 diverse
 Curve
 per
 le
 manovre
 dei
 Tir
 con
 il
 conseguente
 Espianto
 di
 numerosissimi
 Ulivi
 2
 oltre
 che
 di
 muri
 a
 secco.
 Si
 dice
 infatti
 nel
 Disciplinare
 Tecnico
 di
 progetto:
 “Ove
 occorra
 gli
 scavi
 saranno
 preceduti
 dall'abbattimento
 e
 sgombero
 di
 alberi,
 dall'estirpazione
 di
 radici
 e
 ceppaie”.
 Anche
 questo
 “dettaglio”
 non
 è
 minimamente
 stato
 messo
in
risalto
dai
progettisti
che
in
tutti
gli
elaborati
disegnano
strade
di
accesso
con
curve
 spesso
 a
 gomito
 “dimenticando”
 che
 lì
 dovranno
 girare
 Tir
 lunghi
 quasi
 60
 metri;
 se
 si
 pensa
 che
 nell’analogo
 progetto
 presentato
 a
 novembre
 2010
 a
 Cassano
 delle
 Murge
 (Ba)
 da
 Enel
 Green
 Power
 per
 pale
 di
 46m
 si
 prevedevano
 raccordi
 con
 raggio
 di
 curvatura
 50
 m,
 si
 comprende
 come
 in
 questo
 caso
 tale
 raggio
 dovrà
 essere
 almeno
 di
 60
 metri
 interessando
 numerose
 altre
 proprietà,
 muri
 a
 secco,
 sbancamenti.
 Tutto
 ciò
 è
 stato
 completamente
 sottaciuto.
 
 























































 
 2
 ART
4.
Scavi
in
genere
”Gli
scavi
saranno
eseguiti
secondo
le
sagome
geometriche
previste
in
progetto
e,
qualora
le
 sezioni
 assegnate
 vengano
 maggiorate
 per
 qualsiasi
 motivo,
 l'Appaltatore
 non
 avrà
 diritto
 ad
 alcun
 compenso
 per
 i
 maggiori
volumi
di
scavo,
ma
anzi
sarà
tenuto
ad
eseguire
a
proprie
cure
e
spese
tutte
quelle
maggiori
opere
che
si
 rendessero
 per
 conseguenza
 necessarie.
 Ove
 occorra
 gli
 scavi
 saranno
 preceduti
 dall'abbattimento
 e
 sgombero
 di
 alberi,
dall'estirpazione
di
radici
e
ceppaie.”
 13
 

  • 16. Evidenziazione
sulla
viabilità
di
progetto
di
curve
a
gomito
impossibili
da
percorrere
dai
Tir
(da
elab.
Progett.)
 
 
 Progetto
Enel
Green
Power
di
Cassano.
Esempio
di
viabilità
di
cantiere
con
riprofilatura
delle
curve
 
 
Ripianature
delle
pendenze
viarie
per
ricondurle
ai
2‐3°
massimo.
Anche
questo
dettaglio
non
è
 stato
 evidenziato
 perché
 si
 omette
 di
 dire
 che
 Tir
 tanto
 lunghi
 non
 possono
 passare
 attraverso
 strade
a
dossi
o
cunette
ed
è
dunque
necessario,
anche
in
questo
caso,
sbancare
e/o
sopraelevare
 la
 viabilità
 di
 cantiere.
 In
 realtà
 nel
 Disciplinare
 tecnico
 di
 progetto,
 destinato
 all’affidamento
 dell’esecuzione
 delle
 opere,
 compaiono
 indicazioni
 più
 precise
 di
 cosa
 si
 intende
 fare
 a
 livello
 di
 movimenti
 terra,
 tanto
 che
 a
 pag.19
 si
 dice:
 “Per
 scavi
 di
 sbancamento
 si
 intendono
 quelli
 14
 

  • 17. occorrenti
 per
 l'apertura
 della
 sede
 stradale,
 piazzali
 ed
 opere
 accessorie,
 quali
 ad
 esempio:
 gli
 scavi
per
tratti
stradali
in
trincea,
per
lavori
di
spianamento
del
terreno,
per
taglio
delle
scarpate
 delle
 trincee
 o
 dei
 rilevati,
 per
 formazione
 ed
 approfondimento
 di
 piani
 di
 posa
 dei
 rilevati,
 di
 cunette,
cunettoni,
fossi
e
canali,
nonché
quelli
per
impianto
di
opere
d'arte
e
in
genere
ogni
scavo
 su
vasta
superficie,
per
cui
sia
possibile
‐
con
la
formazione
di
rampe
provvisorie
o
con
l'impiego
di
 altri
 mezzi
 idonei
 ‐
 allontanare
 le
 materie
 di
 scavo
 evitandone
 il
 sollevamento
 a
 spalla
 o
 con
 il
 verricello.”
 
 
 Esempio
di
livellamento
della
viabilità
di
cantiere
con
movimenti
di
terra
e
sbancamenti
 
 d. 
Taglio
di
tutta
la
vegetazione
spontanea
(rovi
e
arbusti)
e
la
perdita
degli
habitat
idonei
alla
 presenza
di
numerose
specie
di
orchidee
a
margine
di
tutte
le
strade
interessate
dal
passaggio
 dei
Tir
per
raggiungere
la
sezione
effettiva
di
4
m
 
 
 Tipica
strada
vicinale
interessata
dagli
“adeguamenti”
(allargamento,
riprofilatura
delle
curve…)
 
 15
 

  • 18. e. Scavo
 per
 l’interro
 dei
 Cavidotti
 sotto
 la
 sede
 stradale
 ad
 una
 profondità
 di
 1,2
 o
 1,5
 m
 di
 profondità
per
oltre
32
km
 
 
 
 
 Sezione
tipo
di
strada
con
sottoposto
cavidotto
(da
elaborato
progettuale)
 
 
 
 f. 
Realizzazione
 di
 Piazzole
 per
 la
 realizzazione
 degli
 aerogeneratori
 3,
 dette
 “provvisorie”
 e
 necessarie
 per
 il
 posizionamento
 delle
 Gru
 e
 l’accesso
 dei
 Tir
 per
 trasporto
 eccezionale
 dimensionate
in
circa
40x40
m.
Circa
1600
m2
(nella
relazione
40x40
m
inspiegabilmente
crea
 una
 superficie
 1000
 m2!)
 in
 cui
 spariranno
 muretti
 a
 secco,
 alberi
 di
 ulivo,
 arbusti
 spontanei,
 cespugli,
piccoli
fabbricati
rurali
e
quant’altro
possa
ostacolare
la
libera
circolazione
dei
mezzi;
 se
 poi
 si
 considera
 che
 dovranno
 essere
 pure
 pianeggiante
 si
 aggiunge
 la
 necessità
 di
 creare
 terrapieni
 e/o
 sbancamenti
 che
 porteranno
 ad
 una
 sistematica
 alterazione
 del
 paesaggio
 agrario;
 
 























































 
 3
Da
D.1.1a
‐
RELAZIONE
DESCRITTIVA
DI
PROGETTO
‐
2.1.3.
Realizzazione
delle
piazzole
di
movimentazione
 “In
corrispondenza
di
ogni
aerogeneratore
si
prevede
di
realizzare
una
“piazzola
provvisoria
di
lavoro”
di
circa
40x40
 m,
 per
 il
 montaggio
 dello
 stesso
 aerogeneratore.
 All’interno
 di
 tale
 piazzola
 sarà
 definita
 una
 piccola
 “piazzola
 definitiva”,
delle
dimensioni
12x12
m,
su
cui
troverà
sistemazione
la
torre
di
sostegno
dell’aerogeneratore.
Per
la
 realizzazione
di
queste
strutture
proprie
dell’impianto
è
prevista
la
realizzazione
di
plinti
di
fondazione
fondati
su
pali
 impostati
 ad
 una
 quota
 di
 circa
 20,00
 m
 dal
 piano
 di
 campagna
 originario.
 La
 porzione
 della
 piazzola
 adibita
 allo
 stazionamento
dei
mezzi
di
sollevamento
durante
l’installazione,
sarà
realizzata
con
fondazione
in
misto
di
cava
dello
 spessore
di
40/60
cm
più
10
cm
di
misto
granulometrico
stabilizzato
con
l’eventuale
uso
di
geotessile
se
gli
esiti
delle
 indagini
lo
consiglieranno.
Nella
fase
di
costruzione
del
parco
eolico
sarà
inizialmente
utilizzata
un’area
pari
a
circa
 1000
 mq
 per
 aerogeneratore,
 considerate
 anche
 le
 superfici
 destinate
 alla
 viabilità
 da
 realizzare
 ex‐
 novo.
 Tale
 superficie,
utilizzata
in
gran
parte
per
il
posizionamento
dell’autogru
da
impiegare
per
il
sollevamento
dei
conci
che
 costituiscono
la
torre,
sarà
drasticamente
ridotta
alla
fine
del
cantiere,
per
la
realizzazione
dell’area
richiesta
durante
 l’esercizio
dell’impianto.”
 16
 

  • 19. Fasi
di
Realizzazione
della
Piazzola,
della
Fondazione
e
dell’aerogeneratore
(da
elaborato
progettuale)
 
 
 g. 
Realizzazione
 delle
 Fondazioni
 degli
 aerogeneratori
 4,
 descritte
 genericamente
 ‐
 perché
 ancora
 da
 progettare
 in
 base
 ad
 indagini
 geologiche
 che
 non
 hanno
 ‐
 come
 “poligonali”,
 del
 diametro
di
12‐16
metri,
dello
spessore
intorno
ai
3
metri,
su
palificata
profonda
dai
18
ai
22
 metri
 (esiste
 un
 calcolo
 strutturale
 preliminare
 relativo,
 ovviamente,
 ad
 una
 pala
 “tipo”,
 alta
 non
 si
 sa
 bene
 quanto
 e
 fondata
 su
 fondazione
 tipo)
 5.
 
 Se
 si
 considera
 che
 nella
 Relazione
 Descrittiva
 (D.1.1a),
 parlando
 delle
 caratteristiche
 degli
 Aerogeneratori
 (1.1)
 si
 dice
 che
 l’altezza
 del
 mozzo
 sarà
 variabile
 fra
 i
 78
 e
 138
 metri
 ed
 il
 rotore
 di
 diametro
 112
 metri
 si
 capisce
che
la
fondazione
dovrà
poter
reggere
aerogeneratori
alti
dai
134
ai
194
metri!!!
Ci
si
 chiede
se
davvero
basteranno
fondazioni
così
dimensionate
per
dei
giganti
che
sfiorano
i
200
 metri.
 ‐ 
 























































 
 4
Da
D.1.1a
‐
RELAZIONE
DESCRITTIVA
DI
PROGETTO
‐
1.2.
INFRASTRUTTURE
ED
OPERE
CIVILI
 “Opere
di
fondazione.

Si
prevede
di
realizzare
una
fondazione
di
tipo
indiretta,
su
pali,
dimensionata
sulla
base
delle
 risultanze
 geotecniche
 del
 sito.
 La
 fondazione
 sarà
 realizzata
 con
 plinto
 a
 base
 poligonale
 di
 spessore
 variabile,
 con
 base
 maggiore
 di
 dimensioni
 comprese
 tra
 12
 e
 16
 m,
 spessore
 da
 2,5
 e
 3
 m
 e
 forma
 determinata
 in
 funzione
 del
 numero
 di
 pali
 che
 dovrà
 contenere.
 I
 pali
 saranno
 del
 tipo
 trivellato,
 con
 diametri
 pari
 a
 80/100
 cm
 e
 profondità
 variabile
tra
18
e
22
m.”
 
 5
 Da
 D.1.4
 
 RELAZIONE
 SPECIALISTICA:
 CALCOLI
 PRELIMINARI
 DELLE
 STRUTTURE
 ‐
 3.
 RELAZIONE
 SINTETICA
 DEGLI
 INTERVENTI
“L'impianto
eolico
per
la
produzione
di
energia
elettrica
oggetto
del
presente
progetto
è
caratterizzato
da
 14
 aerogeneratori
 del
 tipo
 di
 grande
 taglia
 max
 3.400
 KW.
 Per
 il
 sostegno
 di
 ogni
 aerogeneratori
 si
 prevede
 di
 realizzare
 una
 fondazione
 di
 tipo
 indiretta,
 su
 pali,
 dimensionata
 sulla
 base
 delle
 risultanze
 geotecniche
 del
 sito.
 La
 fondazione
sarà
realizzata
con
plinto
a
base
poligonale
di
spessore
variabile,
con
base
maggiore
di
dimensioni
12
m,
 spessore
della
piastra
di
fondazione
variabile
tra
1,3
e
2,0
m.
I
pali
saranno
del
tipo
trivellato,
con
diametro
pari
a
80
 cm
e
profondità
di
20
m.
 17
 

  • 20. Rappresentazione
dell’Aerogeneratore
Tipo
(da
elaborato
progettuale)
 
 
 
 h. Fase
 di
 Dismissione
 delle
 torri
 eoliche,
 delle
 sue
 componenti
 e
 delle
 infrastrutture.
 Nella
 relazione6
si
dà
spazio
alle
metodologie
di
“ripristino
dello
stato
dei
luoghi”
consistenti,
nel
caso
 delle
profonde
fondazioni
in
cemento
armato
su
palificate,
nella
sola
demolizione
fino
a
80
cm
 dal
piano
di
campagna
e
ricopertura
con
terreno.
Ma
questo
secondo
i
progettisti
equivale
al
 “ripristino
della
funzione
agricola”?
Avremmo
comunque
delle
possenti
strutture
in
cemento
 armato
 “nascoste”
 sotto
 un
 piccolo
 strato
 di
 terra
 che
 alla
 prima
 pioggia
 potrebbe
 esser
 dilavato
ripresentando
“il
cadavere
nascosto
in
cantina”.
 
 























































 
 6
Da
D.1.1a
‐
RELAZIONE
DESCRITTIVA
DI
PROGETTO
‐
2.2.
FASE
DI
DISMISSIONE

 “In
 particolare
 la
 rimozione
 degli
 aerogeneratori
 (n°
 14),
 sarà
 eseguita
 da
 ditte
 specializzate,
 con
 recupero
 dei
 materiali.
 Le
 torri
 in
 acciaio,
 smontate
 e
 ridotte
 in
 pezzi
 facilmente
 trasportabili,
 saranno
 smaltite
 presso
 specifiche
 aziende
di
riciclaggio.
La
demolizione
delle
platee
di
fondazione
poste
alla
base
degli
aerogeneratori
avverrà
fino
a
 quota
 80
 cm
 da
 piano
 campagna
 in
 modo
 tale
 da
 consentire
 il
 ripristino
 geomorfologico
 dei
 luoghi
 con
 terreno
 agrario
e
recuperare
il
profilo
originario
del
terreno.
In
tale
modo
sarà
quindi
possibile,
nelle
limitate
aree
interessate
 dagli
 interventi,
 restituire
 le
 stesse
 all’uso
 originario
 per
 le
 attività
 di
 tipo
 agricolo‐pastorale.
 Come
 soluzione
 alternativa,
qualora
in
alcuni
casi
la
parte
superficiale
non
fosse
demolita,
la
stessa
potrebbe
costituire
la
struttura
 di
fondazione
di
interventi
finalizzati
all’organizzazione
e/o
al
potenziamento
delle
attività
produttive
agricole.”
 
 18
 

  • 21. Sezione
del
plinto
di
Fondazione
prima
e
dopo
la
Dismissione
(da
elab.
progett.)
 
 Ancora
più
fantasiosa
è
l’ipotesi,
ventilata
da
AltraTensione
secondo
cui
questi
“capolavori”
di
 fondazione
 possano
 rappresentare,
 se
 lasciati
 così
 come
 sono,
 un
 “potenziamento
 delle
 attività
produttive
agricole
facendo
da
base
ad
ipotetici
ampliamenti
a
strutture
agricole
che
 ovviamente
 se
 fossero
 così
 vicine
 non
 permetterebbero
 l’installazione
 stessa
 degli
 aerogeneratori;
 delle
 due
 una
 è
 falsa.
 Per
 completare
 l’opera,
 i
 progettisti
 propongono
 più
 avanti
 nella
 disquisizione
 7
 di
 lasciarci
 “in
 dono”
 anche
 le
 Fondazioni
 delle
 Cabine
 di
 Smistamento
che
–
guardate
che
fantasiosi
–
potranno
fungere
da
“piazzola
di
scambio
per
la
 mobilità
di
mezzi
provenienti
in
senso
contrapposto”.
Tutta
questa
“premura”
non
nasconde
 solo
la
necessità
di
scaricarsi
l’onere
di
dismissione
effettiva
di
questi
manufatti?
 
 























































 7
Da
D.1.1a
‐
RELAZIONE
DESCRITTIVA
DI
PROGETTO
‐
2.2.
FASE
DI
DISMISSIONE

 “La
fondazione
delle
cabine
di
smistamento,
costituita
da
una
platea
in
cemento
armato
sarà
lasciata
in
sito
al
di
 sotto
 dell’area
 sistemata
 ai
 margini
 della
 viabilità
 rurale
 esistente
 e
 costituirà
 una
 piazzola
 di
 scambio
 per
 la
 mobilità
 di
 mezzi
 provenienti
 in
 senso
 contrapposto.
 Sarà
 quindi
 possibile,
 nelle
 limitate
 aree
 interessate
 dagli
 interventi,
 restituire
 le
 stesse
 all’uso
 originario
 per
 le
 attività
 di
 tipo
 agricolo‐pastorale.
 Si
 prevedono
 in
 generale
 ripristini
 vegetazionali,
 ove
 necessari
 e
 all’occorrenza,
 di
 vegetazione
 arborea,
 utilizzando
 essenze
 autoctone,
 per
 assicurare
il
ripristino
dei
luoghi
allo
stato
originario.
 19
 

  • 22. 
 Fasi
di
Dismissione
della
Piazzola
“provvisoria”
e
“rinaturalizzazione”
(da
elaborato
progettuale)
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 Sezione
della
Cabina
di
Smistamento
(da
elaborato
progettuale)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 20
 

  • 23. RISCHI
IDROGEOLOGICI
 
 
 Vengono
 minimizzati
 gli
 effetti
 sull’ambiente
 e
 sull’attività
 agricola:
 infatti
 nella
 previsione
 di
 impatto
ambientale
viene
previsto
il
ripristino
dello
strato
di
terreno
agrario
di
80
cm;
ma
non
si
 tiene
 conto
 la
 sottostante
 base
 di
 cemento
 delle
 torri
 eoliche
 impedirebbe
 il
 regolare
 assorbimento
 delle
 acque
 meteoriche
 (tipico
 delle
 regioni
 carsiche)
 che
 ristagnerebbero
 nello
 strato
di
terreno
con
conseguenze
negative
per
le
colture;
infatti
i
calcari
delle
Murge
[Calcare
di
 Bari
e
Calcare
di
Altamura]
fratturati
e
carsificati,
sono
caratterizzati
da
cavità
di
dimensioni
che
 vanno
dalle
semplici
fratture
a
fratture
allargate
fino
alle
grotte.
Questa
situazione
ha
permesso
 la
formazione
e
la
conservazione
della
falda
di
fondo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 Schema
della
tipologia
litologica
di
profondità
dell’Altopiano
Murgiano
con
micro
e
macrocavità
di
origine
carsica.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 21
 

  • 24. 
 Dal
punto
di
vista
geologico
e
morfologico
è
da
osservare
quanto
segue:
il
territorio
presenta
un
 reticolo
idrografico
con
spartiacque
molto
incerti
che
possono
variare
in
occasione
di
forti
piogge
 o
di
condizioni
del
suolo
modificate
(ad
esempio
scassi
di
terreni
con
spietramenti
per
il
cambio
 delle
colture
o
apporto
di
materiali
terrosi
per
l’impianto
di
tendoni).
 Gli
sbancamenti
di
terra
per
l’impianto
delle
torri
eoliche
e
la
modifica
della
viabilità,
necessaria
 per
 la
 circolazione
 di
 grossi
 automezzi
 per
 il
 trasporto
 di
 terra
 e
 dei
 componenti
 delle
 torri,
 vengono
 ad
 alterare
 la
 morfologia
 del
 territorio.
 Anche
 se
 il
 progetto
 prevede
 il
 ripristino
 delle
 pendenze,
 di
 fatto
 questa
 operazione
 risulta
 impossibile,
 perché
 la
 morfologia
 viene
 alterata
 in
 modo
irreversibile.
 
 
 
 


 
 Allagamenti
 in
 località
 “Palude”
 (alluvione
 2005).
 Il
 toponimo
 suggerisce
 chiaramente
 la
 natura
 idrografica
 che
 storicamente
ha
caratterizzato
quest’area.
Foto
1‐2‐3
 
 
 
 In
tal
modo
cambia
l’assetto
idrografico
perché
le
acque
dovrebbero
trovare
altre
vie
per
il
loro
 deflusso;
 si
 tenga
 conto
 che
 in
 tempi
 passati
 sia
 i
 proprietari
 terrieri
 sia
 le
 competenti
 autorità
 comunali
 avevano
 provveduto
 a
 conservare
 l’assetto
 idrografico
 del
 territorio
 per
 permettere
 il
 deflusso
delle
acque
con
apposite
aperture
nei
muretti
a
secco
e
con
la
pulizia
dei
“corsi
d’acqua”
 e
dei
“condotti
d’acque”
come
risulta
da
documenti
conservati
nell’archivio
comunale.
 
 22
 

  • 25. 
 
 Foto
2
 
 
 
 
 
 Foto
3
 
 23
 

  • 26. 













 

 Contrada
“Difesa
della
terra”:
muretti
a
secco
con
aperture
per
il
deflusso
delle
acque
 
 
 
 













 
 Contrada
“Difesa
della
terra”:
cisterna
di
raccolta
delle
acque
meteoriche.
 
 
 
 
 
 
 
 Cartografia
 tematica
 della
 Regione
 Puglia
 in
 cui
 è
 rappresentata
 la
 permeabilità
 idraulica
 delle
 litologie.
 Si
 noti
 l’importanza
idraulica
delle
aree
Murgiane
ed
in
particolare
dell’area
di
Acquaviva
sulla
importante
falda
di
profondità
 che
si
estende
dall’Ofanto
al
Salento.
 24
 

  • 27. Veniamo
 ora
 al
 problema
 idrogeologico
 ed
 idraulico
 delle
 acque
 di
 superficie.
 Nelle
 relazioni
 tecniche
 di
 progetto
 non
 si
 evincono
 assolutamente
 le
 estreme
 problematiche
 insite
 in
 questa
 parte
 del
 territorio
 barese,
 storicamente
 responsabili
 dei
 problemi
 alluvionali
 avvenuti
 nel
 nostro
 capoluogo
di
 regione.
 La
 bibliografia
 e
 le
 cronache
 in
 merito
 sono
 vastissime
 e
 il
 ricordo
 dell’ultima
 alluvione,
 quella
 del
 2005,
 è
 ancora
 vivido
 nella
 memoria
 di
 tutti
 per
 le
 5
 giovani
 vittime
perite
proprio
nei
luoghi
in
cui
si
pensa
di
porre
l’impianto.
 
 
 Ponte
 crollato
 in
 occasione
 dell’alluvione
 del
 23
 ottobre
 2005.
 In
 quella
 occasione
 il
 crollo
 costò
 la
 vita
 a
 5
 giovani
 vittime.
 
 È
 vero
 che
 l’uomo
 dimentica
 le
 notizie
 cattive,
 ma
 le
 perplessità
 sorgono
 spontanee
 sulla
 convivenza
 di
 questo
 importantissimo
 dedalo
 di
 lame
 con
 l’impianto
 di
 aerogeneratori.
 In
 figura
 viene
 rappresentato
 il
 complesso
 sistema
 di
 decorsi
 torrentizi
 che
 si
 sviluppano
 dall’entroterra
 murgiano
e
si
dirigono
tutti
in
una
stretta
area
di
sfocio
in
corrispondenza
del
capoluogo
pugliese.
 In
particolare
si
noti
l’estrema
importanza
del
sistema
di
Lama
Picone
con
i
suoi
due
rami
Badessa
 e
 Baronale
 (direttamente
 interessato
 dal
 progetto
 Nord)
 che
 dal
 territorio
 in
 oggetto
 si
 dirigono
 verso
Bari.
 Due
 veri
 e
 propri
 fiumi
 che,
 anche
 se
 saltuariamente,
 ad
 ogni
 alluvione
 importante
 fanno
 il
 loro
 mestiere.
Entrambi
i
rami
principali
e
tutto
il
sistema
di
affluenti
ha
origine
alle
falde
delle
Murge
 tra
Cassano
ed
Acquaviva.
In
particolare
il
sistema
riveste
estrema
rilevanza
nell’area
di
impianto.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 25
 

  • 28. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 Evidenziazione
delle
pendenze
del
suolo
in
prossimità
di
alcune
torri
a
sud
del
progetto
(località
“Difesa
della
Terra”)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 Sezioni
altimetriche
(località
“Difesa
della
Terra”)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 26
 

  • 29. VALUTAZIONE
DEGLI
IMPATTI
SU
FLORA
E
FAUNA
ED
ECOSISTEMI

 
 
 PARCO
DELLA
CHIESA
E
DIFESA
DELLA
TERRA

 DUE
PROGETTI,
DUE
AREE
DIFFERENTI,
UN’UNICA
RELAZIONE
 
 I
territori
interessati
dai
due
progetti
si
presentano
differenti
per
altitudine
(ci
sono
circa
100
m
di
 differenza
 di
 quota
 tra
 il
 Parco
 della
 Chiesa
 e
 la
 Difesa
 della
 Terra),
 per
 colture
 agricole,
 per
 tipologie
ambientali
ed
ecologiche.
 Le
relazioni
specialistiche
sulla
valutazione
degli
impatti
su
flora
e
fauna
ed
ecosistemi
(D.2.2)
dei
 due
 progetti
 invece
 sono
 identiche
 e
 differiscono
 solo
 nella
 descrizione
 dell’ubicazione
 specifica
 delle
pale.
 Di
 fatto
 questi
 studi
 non
 sono
 altro
 che
 un
 approssimato
 e
 lacunoso
 assemblaggio
 di
 dati
 e
 dichiarazioni,
 spesso
 in
 contraddizione
 tra
 loro,
 a
 volte
 riferiti
 ad
 altri
 contesti
 e,
 come
 spesso
 accade,
 frutto
 per
 lo
 più
 di
 un
 mero
 “copia
 e
 incolla”
 piuttosto
 che
 di
 studi
 pertinenti
 e
 di
 valutazioni
analitiche.
 
 La
relazione
esordisce
con
una
collocazione
imprecisa
del
territorio
di
Acquaviva
delle
Fonti,
a
pag.
 8
e
7
si
legge:
 
 
 
 Il
territorio
comunale
di
Acquaviva
non
ricade
nell’Alta
Murgia,
e
il
tavolato
aspro
e
brullo
di
cui
si
 parla
 è
 riferito
 alla
 steppa
 mediterranea,
 che
 costituisce
 l’essenza
 del
 Parco
 Nazionale
 dell’Alta
 Murgia.
 A
pag.
13
si
dichiara:

 
 
 
 Con
 l’espressione
 “quasi
 del
 tutto”
 si
 escludono
 dalle
 valutazioni
 vari
 ecosistemi
 naturali
 e
 seminaturali
presenti
sia
nell’area
Parco
della
Chiesa
(d’ora
in
poi
Nord)
e
sia
nell’area
Difesa
della
 Terra
 (d’ora
 in
 poi
 Sud).
 Segue
 un
 elenco
 degli
 ecosistemi
 naturali
 presenti
 e
 le
 relative
 emergenze.
 27
 

  • 30. LE
LAME
 
 A
Nord
esiste
un
complesso
sistema
di
LAME,
caratteristico
del
territorio
premurgiano
sul
versante
 adriatico,
 che
 dall’altipiano
 degrada
 verso
 il
 mare.
 Dal
 PPTR
 (Piano
 Paesaggistico
 Territoriale
 Regionale)
 della
 Regione
 Puglia
 si
 evince
 che:
 “Le
 lame
 svolgono
 un
 ruolo
 importante
 di
 funzionalità
idraulica
e
allo
stesso
tempo
sono
ambienti
naturalistici
di
pregio,
dei
corridoi
ecologici
 che
 mettono
 in
 comunicazione
 ecosistemi
 diversi,
 dalla
 Murgia
 fino
 al
 mare.
 Il
 reticolo
 carsico
 avvicina
ai
contesti
urbani,
talvolta
attraversandoli,
habitat
ad
elevata
biodiversità”.
 Dal
punto
di
vista
ecologico,
le
lame
rappresentano
nel
panorama
agricolo
pedemurgiano
una
vera
 e
propria
“riserva”
di
Biodiversità.
 
 
















 
 
 La
lama
del
torrente
Baronale
(fig.
in
alto)
è
pienamente
interessata
dal
progetto,
con
tre
torri
che
 distano
dall’alveo
meno
di
300
m
(T12,
T13,
T14)
e
ben
12
torri
a
meno
di
2
km.
Nell’alveo
della
 lama
vegetano
formazioni
fitte
di
Quercus
calliprinos,
che
sul
fondo
si
associa
a
Quercus
virgiliana
 e,
 in
 contrada
 Parco
 della
 Chiesa,
 si
 evolve
 in
 una
 formazione
 boschiva
 di
 particolare
 interesse,
 ascrivibile
all’Habitat
91AA:
Boschi
orientali
di
quercia
bianca.
 Tra
le
specie
presenti:
Phillyrea
latifolia,
Pistacia
lentiscus,
Pistacia
terebinthus,
Paeonia
mascula,
 Crataegus
 monogyna,
 Rosa
 canina,
 Cyclamen
 hederifolium,
 Cyclamen
 repandum,
 Allium
 atroviolaceum,
 Cistus
 monspeliensis,
 Cistus
 incanus,
 Cistus
 salvifolius,
 Asphodeline
 lutea,
 Asphodelus
macrocarpus,
Ferula
communis.
 Lungo
 le
 pareti
 della
 lama
 sono
 presenti
 ampi
 tratti
 di
 roccia
 riconducibile
 all’Habitat
 prioritario
 8210
:
Pareti
rocciose
calcaree
con
vegetazione
casmofitica.
 L’importanza
 ecologica
 di
 questa
 lama
 è
 ben
 rappresentata
 dalle
 Orchidee
 spontanee,
 tutte
 protette
dalla
Convenzione
CITES
e
qui
presenti
con
12
specie
e
un
ibrido:
 Orchis
 italica,
 Anacamptis
 morio,
 Anacamptis
 papilionacea,
 Anacamptis
 x
 gennarii,
 Anacamptis
 pyramidalis,
 Ophrys
 passionis
 subsp.
 garganica,
 Ophrys
 tenthredinifera,
 Ophrys
lutea
subsp.
minor,
Ophrys
bertolonii,
Neotinea
lactea,
Serapias
lingua,
Serapias
 parvilfora,
Serapias
vomeracea
subp.
longipetala.
 28
 

  • 31. La
 Lama
 Baronale
 e
 la
 vicina
 Lama
 Badessa
 sono
 frequentate
 dagli
 uccelli
 migratori
 durante
 il
 passo
 primaverile
 e
 autunnale;
 in
 particolare
 la
 macchia
 arbustiva
 è
 importante
 per
 la
 sosta
 durante
 la
 migrazione
 di
 passeriformi
 come
 Silviidae,
 Turdidae
 e
 Muscicapidae
 e
 di
 rapaci
 del
 genere
Circus.
Le
suddette
lame
sono
utilizzate
come
corridoio
di
transito
da
mammiferi
come
la
 Volpe
e
la
Faina
e
non
possiamo
escludere
la
presenza
del
Tasso.
Le
Lame
sono
considerate
un
 ambiente
 prezioso
 per
 la
 funzione
 di
 corridoio
 ecologico
 ai
 fini
 della
 conservazione
 della
 biodiversità
 e
 le
 pozze
 di
 acqua
 temporanea
 che
 periodicamente
 custodiscono
 rappresentano
un
ecosistema
indispensabile
anche
per
gli
anfibi.
 
 















 
 Passero
solitario

































































Barbagianni
 
 LE
CAVE
 
 A
Nord
sono
presenti
due
cave,
una
delle
due
è
in
attività.

 I
 fronti
 di
 cava
 non
 interessati
 dall‘estrazione
 rappresentano
 un
 Habitat
 roccioso
 seminaturale,
molto
prezioso
in
un
contesto
ambientale
povero
di
pareti
rocciose,
come
 quello
murgiano.
 Questo
 ambiente
 è
 colonizzato
 da
 specie
 vegetali
 casmofitiche,
 come:
 Phagnalon
 rupestre,
Carum
multiflorum,
Scrophularia
lucida,
 Prasium
majus, Helichrysum
italicum.
 Inoltre,
 vi
 nidificano
 alcune
 interessanti
 specie
 rupicole
 che
 riescono
 a
 convivere
 con
 l’attività
 estrattiva,
tra
cui
uccelli
rapaci
quali
il
Gheppio
Falco
tinnunculus,
la
Civetta
Athena
noctua
e
il
 Barbagianni
 Tyto
 alba.
 Tra
 i
 passeriformi
 nidificano
 il
 Passero
 Solitario
 Monticola
 solitarius,
 l’Upupa
Upupa
epops
ed
è
da
confermare
la
nidificazione
in
zona
della
Ghiandaia
marina
Coracias
 garrulus,
di
cui
esistono
segnalazioni.
 Le
pareti
di
roccia
della
cava,
così
come
le
grotte
presenti
nelle
pareti
di
roccia
delle
lame
e
spesso
 anche
ruderi
di
edifici
rurali,
costituiscono
ambiente
di
nursery
e
di
rifugio
estivo/invernale
per
i
 Chirotteri.
 
 
 Helichrysum
italicum
 29
 

  • 32. 




 
 Habitat
91AA:
Boschi
orientali
di
quercia
bianca
in
località
“Parco
della
Chiesa”
 
 I
BOSCHI
 
 A
Sud
sono
presenti
vari
querceti
inquadrabili
in
due
Habitat
prioritari
9250:
Querceti
a
Quercus
 trojana
e
91AA:
Boschi
orientali
di
quercia
bianca.
Questi
boschi,
anche
se
non
rientranti
nel
SIC,
 sono
di
grande
rilevanza
ecologica
e
paesaggistica
e
sono
una
realtà
qualificante
per
il
territorio
di
 Acquaviva.

 Diverse
 sono
 le
 emergenze
 botaniche
 di
 questi
 habitat,
 con
 specie
 protette
 dalla
 Lista
 rossa
 nazionale:
 Quercus
 trojana,
 Quercus
 virgiliana,
 Quercus
 calliprinos,
 Quercus
 cerris,
 Pistacia
 terebinthus,
 Crataegus
 monogyna,
 Rosa
 canina,
 Rosa
 sempervirens,
 Lonicera
 implexa,
 Paeonia
 mascula,
Cyclamen
hederifolium,
Cyclamen
repandum,
Iris
collina,
Arum
apulum.
 Questi
boschi
ospitano
le
seguenti
specie
di
UCCELLI
nidificanti:

 Ghiandaia
 Garrulus
 glandarius,
 Rigogolo
 Oriolus
 oriolus,
 Succiacapre
 Caprimulgus
 europaeus,
 Assiolo
 Otus
 scops,
 Merlo
 Turdus
 merula,
 Usignolo
 Luscinia
 megarhynchos,
 Occhiocotto
 Sylvia
 melanocephala,
 Sterpazzolina
 Sylvia
 cantillans,
 Capinera
 Sylvia
 atricapilla,
 Usignolo
 di
 fiume
 Cettia
 cetti,
 Scricciolo
 Troglodytes
 troglodytes,
 Zigolo
 nero
 Emberiza
 cirlus,
 Cinciallegra
 Parus
 major,
 Cinciarella
 Parus
 caeruleus,
 Codibugnolo
 Aegithalos
 caudatus,
 Fanello
 Carduelis
 cannabina,
 Cardellino
 Carduelis
 carduelis,
 Verdone
 Carduelis
 chloris,
 Verzellino
 Serinus
 serinus,
 nelle
 radure
 in
 prossimità
 delle
 aree
 boscate
 nidificano
 anche
 le
 rare
 Averla
 capirossa
 Lanius
 senator,
Averla
cenerina
Lanius
minor
e
la
Tottavilla
Lullula
arborea.
 I
 boschi
 di
 querce
 sono
 importanti
 anche
 per
 i
 passi
 migratori
 e
 lo
 svernamento
 di
 specie
 di
 passeriformi,
quali
Turdidi
e
Fringillidae.
Tra
i
mammiferi
sono
presenti:

 la
Volpe
Vulpes
vulpes,
il
Tasso
Meles
meles,
la
Faina
Martes
foina,
la
Donnola
Mustela
nivalis,
il
 Riccio
Erinaceus
europaeus,
l’Arvicola
di
savi
Microtus
savii,
il
Topo
selvatico
Apodemus
sylvaticus.
 Gli
anfibi
presenti
nelle
cisterne
e
in
luoghi
di
raccolta
d’acqua
temporanea
sono:
 il
Rospo
comune
Bufo
bufo,
il
Rospo
smeraldino
Bufo
virdis,
il
Tritone
italico
Triturus
italicus
e
non
 si
può
escludere
la
presenza
della
Raganella
Hyla
intermedia.
 30
 

  • 33. I
rettili
che
trovano
il
loro
habitat
lungo
i
muretti
a
secco,
nelle
specchie
e
presso
i
trulli,
sono:
 Vipera
 Vipera
 aspis,
 Cervone
 Elaphe
 quatuorlineata,
 Colubro
 leopardino
 Zamenis
 situla,
 Biacco
 Hierophis
 viridiflavus,
 Biscia
 dal
 collare
 Natrix
 natrix,
 Luscengola
 Chalcides
 chalcides,
 Ramarro
 Lacerta
virdis,
Lucertola
campestre
Podarcis
sicula,
Geco
di
Kotschyi
Cyrtopodion
 kotschyi,
Geco
 comune
Tarentola
mauritanica.
 
 






 
 
 LE
STEPPE
MEDITERRANEE
 A
 Sud
 sono
 presenti
 aree
 incolte
 e
 lembi
 di
 pascolo
 inquadrabili
 nell’Habitat
 di
 steppa
 mediterranea
 62A0:
 Formazioni
 erbose
 secche
 della
 regione
 submediterranea
 orientale
 (Scorzoneratalia
villosae).
Questi
ambienti
sono
caratterizzati
da
un
elevato
indice
di
biodiversità
 e
sono
presenti
le
seguenti
specie
botaniche:

 Stipa
 austroitalica,
 Asphodelus
 ramosus,
 Asphodeline
 lutea,
 Urginea
 maritima,
 Ferula
 communis,
 Thapsia
garganica,
Euphorbia
spinosa,
Euphorbia
myrsinites,
Satureja
cuneifolia,
Sternbergia
lutea,
 Iris
pseudopumila.
 Tra
le
orchidee
sono
state
censite:
 Orchis
 italica,
 Anacamptis
 morio,
 Anacamptis
 papilionacea
 (foto
 dx),
 Anacamptis
 x
 gennarii,
Anacamptis
pyramidalis,
Ophrys
passionis
subsp.
Garganica
(foto
sx),
Ophrys
 incubacea,
 Ophrys
 bertolonii,
 Ophrys
 bombyliflora,
 Ophrys
 fuciflora
 subp.
 apulica,
 ,
 Ophrys
 fuciflora
 subp.
 parvimaculata,
 Ophrys
 tenthredinifera,
 Ophrys
 lutea
 subsp.
 minor,
Serapias
lingua,
Serapias
parvilfora,
Serapias
vomeracea
subp.
longipetala.
 Le
 steppe
 mediterranee
 rappresentano
 anche
 l’area
 trofica
 principale
 per
 la
 colonia
 di
 Grillaio,
che
nidifica
nel
centro
urbano
di
Acquaviva.
 Altri
 uccelli
 tipici
 delle
 steppe
 e
 delle
 aree
 aperte
 censiti
 come
 nidificanti
 sono:
 Cappellaccia
 Galerida
 cristata,
 Allodola
 Alauda
 arvensis,
 Calandra
 Melanocorypha
 calandra,
 Calandrella
 Calandrella
 brachydactyla,
 Strillozzo
 Emberiza
 calandra,
 Saltimpalo
 Saxicola
 torquata
e
Beccamoschino
Cisticola
juncidis.
 







 
 





















 
 
 
 
 
 31
 

  • 34. LE
FORME
CARSICHE
 
 
 A
Sud
sono
presenti
la
Grotta
di
Curtomartino
(fig.
sotto)
e
la
Grave
di
Cimaglia.
 


















































 
 
 
 La
 grotta
 di
 Curtomartino,
 oltre
 ad
 essere
 un
 importante
 sito
 archelogico,
 è
 un
 prezioso
 habitat
 prioritario,
Habitat
8310:
Grotte
non
ancora
sfruttate
a
livello
turistico.
 Questo
 habitat
 assume
 notevole
 importanza
 soprattutto
 per
 la
 conservazione
 di
 una
 fauna
 cavernicola
caratterizzata
da
animali
molto
specializzati
e
spesso
strettamente
endemici.
Si
tratta
 di
 una
 fauna
 costituita
 soprattutto
 da
 invertebrati
 esclusivi
 delle
 grotte
 e
 dei
 corpi
 idrici
 sotterranei
 come
 i
 coleotteri
 appartenenti
 alle
 famiglie
 Bathysciinae
 e
 Trechinae,
 i
 crostacei
 (Isopoda,
Amphipoda,
Syncarida,
Copepoda)
e
i
molluschi
acquatici
della
famiglia
Hydrobiidae.
Le
 grotte
 costituiscono
 spesso
 i
 luoghi
 di
 rifugio
 durante
 il
 letargo
 invernale
 per
 varie
 specie
 di
 vertebrati
 dell’Allegato
 II.
 Più
 specie
 possono
 utilizzare
 a
 tal
 fine
 la
 stessa
 grotta.
 Le
 grotte
 sono
 importanti
 habitat
 per
 i
 Chirotteri
 e
 ospitano
 inoltre
 anfibi
 molto
 rari
 come
 Proteus
 anginus
 e
 diverse
specie
del
genere
Speleomantes.
 
 


















































 
 
 
 
 
 
 32
 

  • 35. Alla
 luce
 di
 tutti
 gli
 ecosistemi
 presenti
 ed
 elencati,
 si
 può
 comprendere
 quanto
 sia
 inattendibile
la
dichiarazione
a
pag.
20:

 
 
 
 1 A
Nord
10
delle
14
torri
eoliche
sono
posizionate
a
meno
di
5
km
dal
centro
urbano,
dove
 sono
 situati
 i
 nidi
 di
 Grillaio,
 diversamente
 da
 come
 viene
 dichiarato
 nella
 relazione.
 Inoltre
tutte
le
14
torri
sono
a
meno
di
5km
dalle
Cave
situate
tra
la
A14
e
la
SP
75.
 2 A
 Nord
 tutte
 le
 torri
 sono
 posizionate
 a
 meno
 di
 5
 km
 dalle
 cave,
 luogo
 utilizzato
 dai
 chirotteri.
A
Sud
la
T14
è
a
670
m
dalla
grotta
di
Curtomartino,
luogo
di
grande
importanza
 per
i
Chirotteri
(nella
foto
un
Rhinolophus
ferrumequinum).
 3 A
Nord
10
delle
14
torri
sono
a
meno
di
2
km
dalla
Lama
Baronale,
luogo
interessato
dai
 flussi
migratori
dell’avifauna.
A
Sud
10
delle
14
torri
sono
a
meno
di
2
km
di
distanza
dai
 boschi,
luoghi
interessati
dai
flussi
migratori
dell’avifauna.
 4 Le
Lame
sono
corridoi
ecologici
e
vengono
utilizzate
per
il
transito
da
mammiferi
come
la
 volpe
e
probabilmente
dal
tasso.

 
 
 33
 

  • 36. Sempre
a
pag.
20
:
 
 
 
 Le
 estinzioni
 riportate
 sono
 riferite
 all’Alta
 Murgia
 e
 non
 al
 territorio
 di
 Acquaviva.
 Questi
 dati,
 forniti
senza
riferimenti,
appaiono
come
maldestri
tentativi
di
dequalificare
ecologicamente
l’area
 interessata
dal
progetto.
 Sempre
a
pag.
20
è
riconosciuta
la
presenza
del
Grillaio,
ma
non
si
accenna
a
nessuna
valutazione
 dell’impatto
su
questa
importante
presenza
faunistica
nel
territorio
di
Acquaviva.
 (Nella
presente
relazione
sono
riportati
i
dati
ufficiali
relativi
a
questa
specie.)
 Si
riporta
come
significativa
(?)
la
popolazione
nidificante
di
Lanario,
dato
non
reale
e
frutto
di
una
 “incollaggio
 maldestro”,
 perché
 la
 presenza
 del
 Lanario
 sarebbe
 del
 tutto
 incompatibile
 con
 le
 torri.
Questo
rapace
è
minacciato
gravemente
dalla
trasformazione
degli
habitat
e
la
produzione
 industriale
di
energia
eolica
sta
di
fatto
sottraendo
spazio
vitale
a
questa
specie.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 34
 

  • 37. 
 
 II
GRILLAIO

Falco
naumanni
 
 Acquaviva
 delle
 Fonti
 ospita
 una
 colonia
 di
 Grillaio
 Falco
 naumanni
 "specie
 Prioritaria
 ai
 fini
 di
 conservazione",
ai
sensi
della
direttiva
79/409,
ed
è
definita
"specie
vulnerabile"
nella
Lista
rossa
 IUCN
 e
 nella
 Lista
 Rossa
 Animali
 d'Italia.
 La
 colonia
 nidificante
 ad
 Acquaviva
 è
 formata
 da
 490
 individui
(dati
censimento
2010
/
Parco
Nazionale
dell’Alta
Murgia)
e
all’interno
della
popolazione
 pugliese
riveste
un’importanza
rilevante,
per
dimensioni
e
posizione
geografica.

 Il
 Grillaio
 rappresenta
 per
 tutta
 l’area
 murgiana
 e
 per
 il
 Comune
 di
 Acquaviva
 un’emergenza
 naturalistica
di
grande
pregio.
 La
 popolazione
 Apulo
 lucana
 è
la
 più
 importante
 in
 Italia
 e
tra
 le
 maggiori
nel
Mediterraneo.
 Le
 torri
 eoliche
 rappresentano
 per
 il
 Grillaio
 un
 pericolo
 diretto,
 causando
 la
 mortalità
 per
 collisione,
e
indiretto,
determinando
la
sottrazione
di
aree
trofiche.
Le
steppe
e
i
seminativi
sono
i
 territori
 di
 caccia
 di
 questo
 piccolo
 falco,
 che
 si
 affida
 al
 volo
 librato
 per
 esplorare
 il
 terreno
 sottostante
alla
ricerca
di
grilli,
cavallette
e
micromammiferi.
 L’impatto
 negativo
 prodotto
 dalle
 torri
 eoliche
 sull’avifauna
 e
 sui
 Chirotteri
 è
 accertato
 e
 riconosciuto.
Si
richiama
a
tal
proposito
la
sentenza
n.
939
del
TAR
Toscana
che
recita:
“…appare
di
 evidente
 ragionevolezza
 la
 conclusione
 del
 rapporto
 istruttorio
 che,
 per
 l’ipotesi
 di
 esclusione
 del
 progetto
 dalla
 procedura
 di
 VIA,
 ritiene
 necessario
 che
 “preventivamente
 al
 rilascio
 dell’autorizzazione
alla
costruzione
dell’impianto”
debba
essere
effettuata
“una
campagna
di
rilievi
 sul
campo
della
durata
di
18
mesi”
per
valutare
la
frequentazione
del
sito
da
parte
di
rapaci
e
di
 chirotteri
 con
 la
 definizione
 di
 soglie
 critiche
 di
 mortalità
 specifiche
 per
 le
 varie
 specie
 e
 che
 successivamente,
 sulla
 base
 dei
 risultati
 dei
 rilevamenti,
 il
 proponente
 provveda
 agli
 interventi
 35
 

  • 38. indicati
 dalla
 Provincia
 come
 necessari.
 Né
 ovviamente
 il
 prescritto
 monitoraggio
 di
 durata
 triennale,
da
effettuarsi
in
corso
di
esercizio
dell’impianto
medesimo,
può
essere
considerato
come
 equivalente
e
sostitutivo
della
mancata
realizzazione
della
campagna
di
rilievi
ritenuta
necessaria
 al
 fine
 di
 acquisire
 proprio
 quelle
 conoscenze
 dell’ecosistema
 più
 attendibili
 che
 avrebbero
 permesso
 una
 più
 esatta
 valutazione
 di
 incidenza
 dell’impianto
 sull’ambiente
 e,
 quindi,
 la
 previsione
 di
 misure
 di
 mitigazione
 dettate
 da
 specifiche
 esperienze
 locali
 oppure,
 ove
 i
 rilievi
 fossero
stati
negativi,
la
conferma
della
valutazione
di
incompatibilità
già
espressa
dalla
medesima
 provincia
di
Grosseto
nel
2002”.
 Si
 chiedono
 pertanto
 chiarimenti
 e
 si
 evidenzia
 l’obbligo
 di
 effettuare
 il
 monitoraggio
 come
 d’altronde
 previsto
 obbligatoriamente
 dalla
 DGR
 131/04
 in
 applicazione
 dell’art.
 7
 della
 L.R.11/01.
 
 
 
 
 Non
ha
molto
senso
cercare
di
decifrare
definizioni
come
Habitat
avicolo(?).
 La
superficialità
e
l’approssimazione
con
cui
è
stata
elaborata
la
relazione
hanno
l’unico
scopo
di
 affermare
 lo
 scarso
 valore
 dell’area
 e
 di
 conseguenza
 ridurre
 l’impatto
 del
 progetto
 sugli
 ecosistemi
presenti.

 Dalle
osservazioni
qui
presentate
emerge
invece
la
rilevanza
ecologica
delle
aree
interessate,
dove
 sono
presenti
ben
5
habitat
prioritari,
con
sorprendente
ricchezza
di
specie
e
diverse
emergenze,
 in
generale
un
indice
di
biodiversità
di
buon
livello,
un
valore
prezioso
per
le
produzioni
agricole
 di
qualità
e
per
la
salute
dell’intero
territorio.
 
 
 
 
 
 Non
ha
molto
senso
cercare
di
decifrare
definizioni
come
Habitat
avicolo
(?).
 La
superficialità
e
l’approssimazione
con
cui
è
stata
elaborata
la
relazione
hanno
l’unico
scopo
di
 affermare
 lo
 scarso
 valore
 dell’area
 e
 di
 conseguenza
 ridurre
 l’impatto
 del
 progetto
 sugli
 ecosistemi
presenti.

 Dalle
osservazioni
qui
presentate
emerge
invece
la
rilevanza
ecologica
delle
aree
interessate,
dove
 sono
presenti
ben
5
habitat
prioritari,
con
sorprendente
ricchezza
di
specie
e
diverse
emergenze,
 in
generale
un
indice
di
biodiversità
di
buon
livello,
un
valore
prezioso
per
le
produzioni
agricole
 di
qualità
e
per
la
salute
dell’intero
territorio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 36
 

  • 39. IMPATTO
DEL
PROGETTO
SULLE
ARCHITETTURE
RURALI
E
IL
PAESAGGIO
AGRARIO
 
 Quello
 che
 si
 descrive
 rappresenta
 senza
 dubbio
 alcuno
 una
 profonda
 modificazione,
 se
 non
 lacerazione,
del
tipico
paesaggio
agrario
acquavivese
fatto,
come
in
altri
comuni
contermini,
di
 una
 viabilità
 “in
 filigrana”
 che
 si
 muove
 nella
 fertile
 piana
 con
 colture
 di
 ulivi,
 vite
 ed
 alberi
 da
 frutta,
 fra
 recinzioni
 in
 pietra
 a
 secco,
 trulli,
 piccoli
 e
 medi
 fabbricati
 rurali
 (a
 volte
 abitati
 dai
 detentori
delle
terre),
spesso
bordato
da
cespugli
di
rovi
o
piccoli
arbusti
spontanei.
 
 
 
 8 Gli
 stessi
 progettisti
 nella
 Relazione
 Descrittiva
 parlano
 di
 un
 forte
 impatto 
 sia
 in
 fase
 di
 cantierizzazione
che
di
esercizio,
che
“però”
a
loro
modo
di
vedere
verrebbe
mitigato
da
alcune
 opere
 di
 “rinaturalizzazione”.
 Nella
 stessa
 Relazione
 (2.1.1
 ‐
 Movimenti
 di
 Terra
 e
 Discarichi)
 si
 legge
anche:
“Il
riutilizzo
quasi
totale
del
materiale
proveniente
dagli
scavi
rende,
di
fatto,
non
 necessario
il
conferimento
in
discarica
del
terreno
di
risulta
degli
scavi,
salvo
casi
singolari
che
 saranno
 valutati
 in
 corso
 d’opera.”
 Non
 si
 capisce
 bene
 “come”
 intendano
 “utilizzare”
 tale
 materiale,
o
se
poi
questo
verrà
di
fatto
“spalmato”
sui
terreni
o
peggio
ancora
lasciato
in
cumuli
a
 margine
 delle
 aree
 di
 cantiere.
 Inoltre
 questa
 alterazione
 delle
 quote
 altimetriche
 indotte
 come
 influirà
sul
nuovo
deflusso
delle
acque?
Non
è
dato
saperlo.
 
 























































 8
Da
D.1.1a
‐
RELAZIONE
DESCRITTIVA
DI
PROGETTO
–
2.
DESCRIZIONE
DEGLI
INTERVENTI
DI
PROGETTO
 “Sebbene
 la
 realizzazione
 del
 parco
 eolico
 determini
 un
 significativo
 impatto
 visivo
 in
 fase
 di
 esercizio,
 l’intera
 progettazione
e
realizzazione
sono
concepite
nel
rispetto
del
contesto
naturale
in
cui
l’impianto
è
inserito.
I
concetti
di
 reversibilità
 degli
 interventi
 e
 di
 salvaguardia
 del
 territorio
 sono
 alla
 base
 del
 presente
 progetto
 che
 tende
 ad
 evitare
 e/o
 ridurre
 al
 minimo
 possibile
 le
 interferenze
 con
 le
 componenti
 paesaggistiche
 presenti
 nei
 territori
 circostanti.
 I
 lavori
 di
 cementazione,
 canalizzazione
 ed
 apertura
 delle
 nuove
 strade
 di
 servizio,
 causeranno
 un
 impatto
in
fase
di
cantieramento
e
costruzione
che
sarà
minimizzato
dalle
operazioni
di
ripristino
geomorfologico
e
 vegetazionale
 dei
 luoghi
 al
 termine
 dei
 lavori
 di
 costruzione
 e
 con
 il
 successivo
 ripristino
 dei
 luoghi
 allo
 stato
 originario.
Tutti
gli
interventi
proposti
sono
improntati
sul
principio
di
ripristinare
lo
stato
originario
dei
luoghi
da
un
 punto
di
vista
geomorfologico
e
vegetazionale
non
eliminando
comunque
tutte
le
opere
realizzate
ex‐novo.
 Si
prevede
inoltre
la
conservazione
di
alcune
opere
a
servizio
del
parco
eolico
(strade,
piazzole,
fondazioni
profonde,
 ecc.)
che
potranno
rendersi
funzionali,
anche
ad
avvenuta
dismissione,
da
parte
dei
fruitori
dei
siti.
 
 37
 

  • 40. 
 Come
 espresso
 nel
 Codice
 dei
 BB.CC.9,
 il
 Paesaggio
 è
 definito
 all’art.
 131,
 comma
 1,
 come:
 “il
 territorio
 espressivo
 di
 identità,
 il
 cui
 carattere
 deriva
 dall'azione
 di
 fattori
 naturali,
 umani
 e
 dalle
loro
interrelazioni”

 
 oppure
 circa
 la
 Tutela
 del
 Paesaggio
 al
 comma
 4:
 “è
 volta
 a
 riconoscere,
 salvaguardare
 e,
 ove
 necessario,
recuperare
i
valori
culturali
che
esso
esprime.
I
soggetti,
indicati
al
comma
6,
qualora
 intervengano
sul
paesaggio,
assicurano
la
conservazione
dei
suoi
aspetti
e
caratteri
peculiari”

 
 e
ancora
al
comma
6:
“Lo
Stato,
le
Regioni,
gli
altri
Enti
Pubblici
territoriali
nonché
tutti
i
soggetti
 che,
 nell'esercizio
 di
 pubbliche
 funzioni,
 intervengono
 sul
 territorio
 nazionale,
 informano
 la
 loro
 attività
 ai
 principi
 di
 uso
 consapevole
 del
 territorio
 e
 di
 salvaguardia
 delle
 caratteristiche
 paesaggistiche
 e
 di
 realizzazione
 di
 nuovi
 valori
 paesaggistici
 integrati
 e
 coerenti,
 rispondenti
 a
 criteri
di
qualità
e
Sostenibilità”
 
 Appare
dunque
necessaria
una
seria
riflessione
e
valutazione
sulla
reale
opportunità
di
realizzare
 un
intervento
così
impattante
sul
territorio,
viste
le
pesanti
ricadute:
 
 ‐
sull’aspetto
della
viabilità
di
campagna,
ridisegnata,
livellata
per
ridurre
le
pendenze
e
lasciata
al
 dilavamento
delle
piogge;
 
 ‐
sui
numerosi
ulivi
che
verranno
espiantati;
 
 ‐
sulle
piccole
architetture
rurali
e
recinzioni
in
muretti
a
secco,
che
verranno
demoliti
e
mai
più
 recuperati,
o
peggio
ancora
ripristinati
in
cemento;
 
 ‐
 sul
 paesaggio
 agrario
 nel
 complesso,
 aggredito
 su
 tutta
 la
 zona
 più
 fertile
 del
 Comune
 con
 dei
 colossi
rumorosi
e
comunque
visibili
in
una
zona
praticamente
pianeggiante.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 























































 9 D.
Lgs.
22
gennaio
2004,
n.
42
‐
CODICE
DEI
BENI
CULTURALI
E
DEL
PAESAGGIO
‐
ai
sensi
dell’art.
10
della
legge
6
 luglio
2002,
n.137
‐
così
come
modificato
dal
D.
Lgs.
24
marzo
2006,
n.
156
e
D.
Lgs.
24
marzo
2006,
n.
157
‐
nonché
 dal
D.
Lgs.
26
marzo
2008,
n.
62
e
D.
Lgs.
26
marzo
2008,
n.
63 38