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Lezione InternetWorking: Switches e
funzionalità
Nel contesto odierno, la maggior parte dei vendor presente sul mercato degli switch propone un portafoglio prodotto
molto vasto, costituito spesso da svariate decine di modelli di switch. È quindi importante capire quali sono gli elementi
principali che differenziano i diversi modelli, per comprenderne il posizionamento. Inoltre, questi stessi elementi
possono fare da linee guida per individuare le esigenze dei clienti.Di seguito, vengono riportati i principali elementi da
tenere in considerazione nella scelta di uno switch:
• Numero di porte: è l’elemento basilare da considerare nella scelta di un modello di switch piuttosto di un altro. A
volte, nella descrizione del dispositivo, i produttori distinguono tra:
1. Downlink ports: si intendono le porte sulle quali verranno collegati gli endpoint quali pc, telefoni, stampanti,
ecc…Vengono anche definite porte utente, proprio per il fatto che sono predisposte a fornire connettività agli
utenti della LAN. Tipicamente, gli switch sono dotati di 8, 16, 24, 48 porte di down link, a 100 o 1000 Mbps.
2. Uplink ports: si intendono le interfacce che trasportano il traffico generato dalle porte utente verso il backbone
della rete, il data center che ospita i server e i relativi servizi forniti agli utenti della LAN. Tipicamente, gli switch
sono dotati di 2 o 4 porte di uplink, che possono essere on-board oppure installabili attraverso schede di
espansione in alloggiamenti predisposti, con connettività a 1, 10, 40 Gbps in rame (solo nel caso di 1Gbps) o in
fibra.
• Gestibilità: si tratta di un altro elemento molto importante in quanto determina il grado di “controllabilità e
configurabilità” di uno switch da parte dell’amministratore di rete. Esistono sostanzialmente tre tipologie di switch:
1. Unmanaged (o non gestiti): questi switch non possono essere configurati nè monitorati da parte
dell’amministratore di rete. Il fatto che non siano configurabili non permette di assegnare loro un indirizzo IP, di
configurare VLAN per distinguere, ad esempio, tra traffico voce e traffico dati, e così via. La mancanza di
monitoraggio impedisce all’amministratore di rete di verificare se lo switch è effettivamente operativo o meno.
Questi svantaggi portano gli switch unmanaged ad avere un posizionamento molto basso rispetto a modelli simili
ma gestibili.
2. Web-managed (o smart switches): questi switch sono configurabili in maniera piuttosto semplice (da qui il
termine smart) attraverso un’interfaccia web. Molto spesso però, le caratteristiche configurabili sono limitate
rispetto a quanto si può fare con gli switch completamente gestibili. Non è possibile accedere all’apparato
attraverso riga di comando (CLI, command line interface). Gli apparati web-managed sono in genere monitorabili
in maniera standard attraverso l’attivazione del protocollo SNMP.
3. Fully managed (o gestibili): questi switch, come suggerisce il nome stesso, sono completamente monitorabili e
configurabili (ovviamente nei limiti delle funzionalità consentite dal software). La maggior parte delle
configurazioni, soprattutto se complesse, viene eseguita attraverso CLI; molto spesso, comunque, anche gli
apparati completamente gestibili sono dotati di un’interfaccia web per facilitare il compito di configurazione. Il
fatto che siano completamente gestibili, permette di attivare (attraverso il protocollo SNMP) una serie di
monitoraggi sullo stato dell’apparato: non solo se l’apparato è funzionante o meno, ma anche, per esempio, se
CPU e memoria sono utilizzate oltre limiti prefissati, se parti hardware come ventole o alimentatori non stanno
funzionando correttamente, e così via.
• Layer 2, 2+, 3: si tratta di un altro elemento decisivo nella scelta dello switch più adatto, legato a un aspetto
esclusivamente software che indica se lo switch è in grado di gestire indirizzi IP e di fare routing (instradamento di
pacchetti) tra reti diverse ad esso connesse. A grandi linee (l’argomento verrà approfondito più avanti), le differenze
sostanziali tra le diverse tipologie di switch sono:
1. Layer 2: uno switch di questo tipo gestisce l’instradamento dei frame su base MAC address, quindi senza
“guardare” l’indirizzo IP sorgente e destinazione della comunicazione. Questo comporta che lo switch non sia in
grado di instradare pacchetti tra reti diverse (o tra VLAN diverse), perché non ha capacità di routing.
Tipicamente, gli switch di accesso (cioè quelli che collegano gli endpoint della LAN: pc, telefoni, e così via) sono
di livello 2, perché il loro compito è semplicemente quello di inviare le richieste degli utenti verso un livello
superiore, che invece si occuperà d gestire anche la parte di instradamento
2. Layer 3: gli switch di livello 3 sono paragonabili ai router, in quanto sono in grado di gestire i pacchetti fino ad
analizzarne l’indirizzo IP e prendendo decisioni di routing sulla base di questa informazione. Queste decisioni
sono prese consultando le cosidette tabelle di routing che vengono costruite attraverso l’attivazione di protocolli
di routing, come ad esempio OSPF, RIP, BGP (nel caso di collegamenti verso reti esterne come Internet),
ecc…Questa capacità permette allo switch di instradare i pacchetti da una rete all’altra, o da una VLAN all’altra.
Tipicamente, gli switch di livello 3 si trovano a livello di distribuzione, dove arriva il traffico proveniente dal
livello di accesso che deve essere instradato all’interno o all’esterno della LAN.
3. Layer 2+ (o Layer 3 Lite): si tratta di switch molto simili a switch di livello 3, ma con caratteristiche di routing
limitate rispetto a questi. Ad esempio, di solito gli switch Layer 2+ supportano solamente rotte statiche piuttosto
che tutti i protocolli di routing sopra citati dei Layer 3 “puri”.
• Capacità di stacking: il fatto che uno switch supporti funzionalità di stacking è un elemento importante nella scelta
del modello da considerare. Lo stacking (nelle macchine di fascia alta a chassis, spesso definito clustering) permette di
“impilare” più switch tra di loro in modo che gli n switch impilati risultino all’amministratore come un’unica entità, e
quindi configurabili e gestibili come se fossero un unico switch. Ad esempio, mettendo in stack due switch da 48 porte,
l’amministratore non dovrà preoccuparsi di gestirli e configurarli separatamente, ma si troverà a gestire e configurare un
solo switch da 96 porte. Lo stack può essere fatto attraverso le stesse porte dello switch (a 1 o 10Gbps) con un cavo
dedicato, oppure attraverso schede apposite da installare su quei modelli di switch che dispongono di slot di espansione.
Riassumendo, le caratteristiche significative delle macchine stackable sono:
1. La possibilità di “impilare” varie macchine.
2. La possibilità di gestirle assieme come fossero una.
3. La possibilità di realizzare sistemi tolleranti ai guasti (se si rompe una macchina, le altre continuano a funzionare
e allo stesso modo se una porta non funziona se ne collega un’altra).
• Prestazioni: le prestazioni di uno switch vengono tipicamente misurate attraverso due parametri, che sono:
1. Switching capacity: si tratta della capacità complessiva dello switch di trasferire dati e la si misura in termini di
Gigabit per secondo (Gbps). Tale capacità è influenzata dal numero di porte e dalla velocità di trasferimento dati
di queste porte. Ad esempio, uno switch da 24 porte Gigabit avrà una switching capacity di 48Gbps, calcolata in
questo modo: ogni porta ha una velocità di trasferimento dati pari a 1Gbps bidirezionali (ricezione e
trasmissione); considerando tutte le 24 porte, lo switch ha una capacità pari a (1Gbps+1Gbps)*24 = 48Gbps. In
altre parole, la switching capacity è calcolata considerando la capacità di tutte le porte di trasmettere in wire speed
bidirezionalmente.
2. Forwarding rate: indica il numero di frame che uno switch è in grado di instradare al secondo (viene infatti
misurato in termini di Mpps – Mega packet per second). È un parametro fortemente influenzato dalla capacità di
calcolo del dispositivo e quindi, a differenza della switching capacity che è calcolabile a partire dal numero e dal
tipo di porte, deve essere dichiarato dal produttore come frutto di test di misurazioni di laboratorio con switch
“scarico” (senza alcun servizio attivo).
• Caratteristiche di ridondanza: oltre alla capacità di stacking, che di per sé rappresenta un elemento di affidabilità e
resilienza, altre caratteristiche che possono garantire ridondanza a uno switch sono:
1. Alimentatori ridondati: uno degli elementi che può essere ridondato è l’alimentazione elettrica. Avere due o più
alimentatori consente allo switch, in caso di guasto di uno degli stessi, di continuare ad essere operativo.
2. Ventole ridondate: anche il sistema di ventilazione può essere ridondato, inserendo una serie di ventole
aggiuntive per garantire un maggiore livello di raffreddamento, ma anche ridondanza nel caso uno o più ventole
si guastino.
3. Processori ridondati: tipicamente le macchine di fascia medio-alta (soprattutto chassis) sono dotati di
alloggiamenti per ospitare schede di processamento aggiuntive, che aumentino le capacità di forwarding dello
switch e che garantiscano ridondanza in caso di fault.
• Hot-swap: molto spesso, soprattutto quando si parla di apparati di fascia medio-alta (in particolare chassis), viene
richiesto che le parti di ricambio siano hot-swappable, cioè che sia possibile inserire una nuova scheda/componente o
sostituirne una esistente senza dover necessariamente spegnere l’apparato. La motivazione è piuttosto evidente: essendo
macchine particolarmente critiche per l’attività della LAN, potrebbero essere operative anche nelle ore notturne, quando
di solito si eseguono interventi di manutenzione di questo tipo, e quindi si rende necessaria la possibilità di cambiare
componenti senza dover spegnere l’apparato.

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Lezione InternetWorking: Switches e Funzionalità

  • 1. Lezione InternetWorking: Switches e funzionalità Nel contesto odierno, la maggior parte dei vendor presente sul mercato degli switch propone un portafoglio prodotto molto vasto, costituito spesso da svariate decine di modelli di switch. È quindi importante capire quali sono gli elementi principali che differenziano i diversi modelli, per comprenderne il posizionamento. Inoltre, questi stessi elementi possono fare da linee guida per individuare le esigenze dei clienti.Di seguito, vengono riportati i principali elementi da tenere in considerazione nella scelta di uno switch: • Numero di porte: è l’elemento basilare da considerare nella scelta di un modello di switch piuttosto di un altro. A volte, nella descrizione del dispositivo, i produttori distinguono tra: 1. Downlink ports: si intendono le porte sulle quali verranno collegati gli endpoint quali pc, telefoni, stampanti, ecc…Vengono anche definite porte utente, proprio per il fatto che sono predisposte a fornire connettività agli utenti della LAN. Tipicamente, gli switch sono dotati di 8, 16, 24, 48 porte di down link, a 100 o 1000 Mbps. 2. Uplink ports: si intendono le interfacce che trasportano il traffico generato dalle porte utente verso il backbone della rete, il data center che ospita i server e i relativi servizi forniti agli utenti della LAN. Tipicamente, gli switch sono dotati di 2 o 4 porte di uplink, che possono essere on-board oppure installabili attraverso schede di espansione in alloggiamenti predisposti, con connettività a 1, 10, 40 Gbps in rame (solo nel caso di 1Gbps) o in fibra. • Gestibilità: si tratta di un altro elemento molto importante in quanto determina il grado di “controllabilità e configurabilità” di uno switch da parte dell’amministratore di rete. Esistono sostanzialmente tre tipologie di switch: 1. Unmanaged (o non gestiti): questi switch non possono essere configurati nè monitorati da parte dell’amministratore di rete. Il fatto che non siano configurabili non permette di assegnare loro un indirizzo IP, di configurare VLAN per distinguere, ad esempio, tra traffico voce e traffico dati, e così via. La mancanza di monitoraggio impedisce all’amministratore di rete di verificare se lo switch è effettivamente operativo o meno. Questi svantaggi portano gli switch unmanaged ad avere un posizionamento molto basso rispetto a modelli simili ma gestibili. 2. Web-managed (o smart switches): questi switch sono configurabili in maniera piuttosto semplice (da qui il termine smart) attraverso un’interfaccia web. Molto spesso però, le caratteristiche configurabili sono limitate rispetto a quanto si può fare con gli switch completamente gestibili. Non è possibile accedere all’apparato attraverso riga di comando (CLI, command line interface). Gli apparati web-managed sono in genere monitorabili in maniera standard attraverso l’attivazione del protocollo SNMP. 3. Fully managed (o gestibili): questi switch, come suggerisce il nome stesso, sono completamente monitorabili e configurabili (ovviamente nei limiti delle funzionalità consentite dal software). La maggior parte delle configurazioni, soprattutto se complesse, viene eseguita attraverso CLI; molto spesso, comunque, anche gli apparati completamente gestibili sono dotati di un’interfaccia web per facilitare il compito di configurazione. Il
  • 2. fatto che siano completamente gestibili, permette di attivare (attraverso il protocollo SNMP) una serie di monitoraggi sullo stato dell’apparato: non solo se l’apparato è funzionante o meno, ma anche, per esempio, se CPU e memoria sono utilizzate oltre limiti prefissati, se parti hardware come ventole o alimentatori non stanno funzionando correttamente, e così via. • Layer 2, 2+, 3: si tratta di un altro elemento decisivo nella scelta dello switch più adatto, legato a un aspetto esclusivamente software che indica se lo switch è in grado di gestire indirizzi IP e di fare routing (instradamento di pacchetti) tra reti diverse ad esso connesse. A grandi linee (l’argomento verrà approfondito più avanti), le differenze sostanziali tra le diverse tipologie di switch sono: 1. Layer 2: uno switch di questo tipo gestisce l’instradamento dei frame su base MAC address, quindi senza “guardare” l’indirizzo IP sorgente e destinazione della comunicazione. Questo comporta che lo switch non sia in grado di instradare pacchetti tra reti diverse (o tra VLAN diverse), perché non ha capacità di routing. Tipicamente, gli switch di accesso (cioè quelli che collegano gli endpoint della LAN: pc, telefoni, e così via) sono di livello 2, perché il loro compito è semplicemente quello di inviare le richieste degli utenti verso un livello superiore, che invece si occuperà d gestire anche la parte di instradamento 2. Layer 3: gli switch di livello 3 sono paragonabili ai router, in quanto sono in grado di gestire i pacchetti fino ad analizzarne l’indirizzo IP e prendendo decisioni di routing sulla base di questa informazione. Queste decisioni sono prese consultando le cosidette tabelle di routing che vengono costruite attraverso l’attivazione di protocolli di routing, come ad esempio OSPF, RIP, BGP (nel caso di collegamenti verso reti esterne come Internet), ecc…Questa capacità permette allo switch di instradare i pacchetti da una rete all’altra, o da una VLAN all’altra. Tipicamente, gli switch di livello 3 si trovano a livello di distribuzione, dove arriva il traffico proveniente dal livello di accesso che deve essere instradato all’interno o all’esterno della LAN. 3. Layer 2+ (o Layer 3 Lite): si tratta di switch molto simili a switch di livello 3, ma con caratteristiche di routing limitate rispetto a questi. Ad esempio, di solito gli switch Layer 2+ supportano solamente rotte statiche piuttosto che tutti i protocolli di routing sopra citati dei Layer 3 “puri”. • Capacità di stacking: il fatto che uno switch supporti funzionalità di stacking è un elemento importante nella scelta del modello da considerare. Lo stacking (nelle macchine di fascia alta a chassis, spesso definito clustering) permette di “impilare” più switch tra di loro in modo che gli n switch impilati risultino all’amministratore come un’unica entità, e quindi configurabili e gestibili come se fossero un unico switch. Ad esempio, mettendo in stack due switch da 48 porte, l’amministratore non dovrà preoccuparsi di gestirli e configurarli separatamente, ma si troverà a gestire e configurare un solo switch da 96 porte. Lo stack può essere fatto attraverso le stesse porte dello switch (a 1 o 10Gbps) con un cavo dedicato, oppure attraverso schede apposite da installare su quei modelli di switch che dispongono di slot di espansione. Riassumendo, le caratteristiche significative delle macchine stackable sono: 1. La possibilità di “impilare” varie macchine. 2. La possibilità di gestirle assieme come fossero una. 3. La possibilità di realizzare sistemi tolleranti ai guasti (se si rompe una macchina, le altre continuano a funzionare e allo stesso modo se una porta non funziona se ne collega un’altra). • Prestazioni: le prestazioni di uno switch vengono tipicamente misurate attraverso due parametri, che sono: 1. Switching capacity: si tratta della capacità complessiva dello switch di trasferire dati e la si misura in termini di Gigabit per secondo (Gbps). Tale capacità è influenzata dal numero di porte e dalla velocità di trasferimento dati di queste porte. Ad esempio, uno switch da 24 porte Gigabit avrà una switching capacity di 48Gbps, calcolata in questo modo: ogni porta ha una velocità di trasferimento dati pari a 1Gbps bidirezionali (ricezione e trasmissione); considerando tutte le 24 porte, lo switch ha una capacità pari a (1Gbps+1Gbps)*24 = 48Gbps. In altre parole, la switching capacity è calcolata considerando la capacità di tutte le porte di trasmettere in wire speed bidirezionalmente. 2. Forwarding rate: indica il numero di frame che uno switch è in grado di instradare al secondo (viene infatti misurato in termini di Mpps – Mega packet per second). È un parametro fortemente influenzato dalla capacità di
  • 3. calcolo del dispositivo e quindi, a differenza della switching capacity che è calcolabile a partire dal numero e dal tipo di porte, deve essere dichiarato dal produttore come frutto di test di misurazioni di laboratorio con switch “scarico” (senza alcun servizio attivo). • Caratteristiche di ridondanza: oltre alla capacità di stacking, che di per sé rappresenta un elemento di affidabilità e resilienza, altre caratteristiche che possono garantire ridondanza a uno switch sono: 1. Alimentatori ridondati: uno degli elementi che può essere ridondato è l’alimentazione elettrica. Avere due o più alimentatori consente allo switch, in caso di guasto di uno degli stessi, di continuare ad essere operativo. 2. Ventole ridondate: anche il sistema di ventilazione può essere ridondato, inserendo una serie di ventole aggiuntive per garantire un maggiore livello di raffreddamento, ma anche ridondanza nel caso uno o più ventole si guastino. 3. Processori ridondati: tipicamente le macchine di fascia medio-alta (soprattutto chassis) sono dotati di alloggiamenti per ospitare schede di processamento aggiuntive, che aumentino le capacità di forwarding dello switch e che garantiscano ridondanza in caso di fault. • Hot-swap: molto spesso, soprattutto quando si parla di apparati di fascia medio-alta (in particolare chassis), viene richiesto che le parti di ricambio siano hot-swappable, cioè che sia possibile inserire una nuova scheda/componente o sostituirne una esistente senza dover necessariamente spegnere l’apparato. La motivazione è piuttosto evidente: essendo macchine particolarmente critiche per l’attività della LAN, potrebbero essere operative anche nelle ore notturne, quando di solito si eseguono interventi di manutenzione di questo tipo, e quindi si rende necessaria la possibilità di cambiare componenti senza dover spegnere l’apparato.