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del 03 Gennaio 2019 INV€STIREIL M E N S ILE IT A LIA N O DI F IN A N Z A E R ISP AR M IO
MILANO
estratto da pag. 29, 30, 31
Gekko? I no squalo rottamato
L’investimento ora è responsabile
V
e lo ricordate Gordon
Gekko? Ma sì, il cattivo
del film Wall Street, in­
terpretato da Michael
Douglas? «L'avidità, in
mancanza di un mondo migliore, è
buona. L'avidità è giusta...». Eccetera.
Avvincente, non c'è che dire.
E invece no. È preistoria. Quel film
dell'87, che èdiventato "cult" perché ha
fotografato un'epoca e ne ha celebrato
gli eroi negativi, è autorevolmente can­
didato al Museo delle cere. Da qualche
anno - e per fortuna, complice forse
anche la crisi finanziaria mondiale del
2008-2009 - l'aria delle Borse interna­
zionali, a cominciare da Wall Street per
poi propagarsi virtuosamente all’Euro­
pa - sta diventando un po' meno vizia­
ta. Non è più così scontato che soltanto
l'avidità paghi. Anzi. A pagare davvero
comincia a essere anche e soprattutto
la correttezza.
Uno studio esclusivo sviluppato da
Banor Sìm in collaborazione con il Po­
litecnico di Milano e con la Harvard
Business School ha esaminato tutto
l'Eurostoxx600 nel perìodo 2012-2017
e ha rilevato una over-performance
sul mercato di quasi 3 punti percen­
tuali all'anno (18 punti in totale!] per
le aziende ad alto punteggio Esg, cioè
quelle che rispettano i criteri della
correttezza ambientale, sociale e di go­
vernance (appunto, Esg: enviromental,
social, governance). Vale a dire che es­
sere corretti, addirittura "essere buoni”,
paga. Povero Gordon Gekko, si rivolterà
nella sua tomba dì celluloide.
Massimiliano Caglierò, fondatore ed
amministratore delegato di Banor Sim
- una realtà che tra Milano e Londra ge­
stisce oggi circa 8 miliardi di asset ed è
concentrata da sempre su investimenti
scelti con il criterio value investing, da
qualche anno arricchiti dai parametri
Esg, può spiegare meglio di molti altri i
perché di questo fenomeno.
GLI ESG CREANO VALORE AL LISTINO:
5 ANNI DI EUR0ST0XX 600 Al RAGGI X
IN UNO STUDIO DI BANOR SIM,
HARVARD E POLITECNICO DI MILANO
Le buone azioni pagano. Da non credere... Come e quan­
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È iniziato negli Stati Uniti, tra il 2002 e il 2003. Si è gradata­
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retrocesso dal primo all’87° posto nella sua prestigiosa
classifica dei ceo più efficienti il mitico Jeff Bezos perché
Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile. Il logo della testata e i contenuti appartengono ai legittimi proprietari.
BANOR SIM
del 03 Gennaio 2019 INV€STIREIL M E N S ILE IT A LIA N O DI F IN A N Z A E R ISP AR M IO
MILANO
estratto da pag. 29, 30, 31
Amazon era lenta nell’introdur-
re nell'adottare nei suoi criteri
di valutazione anche quelli Esg.
Giusto?
SI, era il 2015 e queste teorie, che
proprio ad Harvard il professor
George Serafeimn, oggi membro
del nostro advisory board, aveva
iniziato a configurare, trovarono
una clamorosa consacrazione me-
diatica.
Ma in che modo il rispetto dei
criteri Esg si riversa sul quella miglior qualità gestionale
che conduce a risultati migliori e quindi a una migliore
valutazione di Borsa?
Secondo il nostro studio - il primo fatto in Europa, che tra
l'altro prosegue e tra pochi mesi rivelerà anche in che modo
l’applicazione dei criteri Esg si riverbera sui valori obbli­
gazionari - questi risultati migliori si concretizzano in una
crescita più alta del fatturato, a una migliore efficienza ope­
rativa e una maggiore capacità nel ricompensare gli azionisti
tramite dividendi e buy-back.
Dunque dal 2002 ad oggi, un boom...
Indubbiamente. Se consideriamo valida la cifra di 88 trilioni
di ricchezza finanziaria gestita nel mondo, oggi 23 miliardi si
concentrano su titoli Esg. E da quattro o cinque anni questa
cultura ha fatto presa anche in Europa. In questo momento
non c’è nessun mandato di digestione rilevante, ad esempio
quelli che vengono assegnati dai grandi fondi pensione, che
non sia dato con l’indicazione vincolante di seguire i crite­
ri Esg. Poi, naturalmente, in Europa come negli Usa, ci sono
quelli che non ci credono
fino in fondo e aderisco­
no al nuovo paradigma
per opportunismo, lim i­
tandosi a simulare il ri­
spetto di quei parametri,
e allora siamo al classico
green washing, la finzio­
ne della sostenibilità. Ma
oggi che è provato che gli
investimenti Esg vanno
meglio degli altri, tutti
seguono.
Voi come e perché ave­
te cominciato a orien­
tarvi sulle scelte Esg?
Nel nostro caso alcuni
investitori di estrazione
ecclesiastica hanno ini­
ziato a chiederci di non
investire in alcuni settori
e aziende eticamente di­
scutibili. È stato questo
il primo passo per tutti,
anche in America.
Primo passo: cioè?
SI, il primo comportamento
gestionale sensibile ai criteri
Esg, o meglio al loro embrio­
nale profilarsi, è stato quello
dell'esclusione. Non investire
in aziende di armi, di tabacco,
di alcol, di pornografia ecce­
tera. Questo criterio è ancora
il più potente. Ad esempio ha
fatto scalpore la recente scel­
ta del colosso farmaceutico
Pfizer di non produrre più il
siero letale con cui alcuni stati americani eseguono le pene
capitali: lo ha fatto proprio per non vedere il proprio tito­
lo escluso dagli investimenti di alcuni importanti player del
mercato delle gestioni.
E poi?
Veda, ricordiamo che stiamo parlando di un processo univer­
sale di consapevolezza, che è stato configurato dall'Onu nel
2006, con i 6 "Principles for Responsible Investment" (o PrìJ
che si articolano in 186 criteri... In questo quadro, e di pari
passo con il diffondersi e l’acuirsi di questa nuova sensibi­
lità, tra i comportamenti spontanei degli investitori e delle
società emittenti si sono manifestati quelli relativi alla so­
stenibilità ambientale, sociali e gestionali, riferiti quest' ulti­
mi al valore della trasparenza e ai criteri di una governance
sana ed equilibrata.
Dunque un’evoluzione qualitativa indotta dalla domanda...
SI, ma fatta propria ed elaborata bene dall’industria del ri­
sparmio gestito. Per esempio, la nuova frontiera dell’applica-
LASVOLTADEL2015:
JEFFBEZOSCROLLA
NELLACLASSIFICA
DEI SUPER-CE0
PERCHÉAMAZON
ÈLENTASUGLI ESG
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del 03 Gennaio 2019 INV€STIREIL M E N S ILE IT A LIA N O DI F IN A N Z A E R ISP AR M IO
MILANO
estratto da pag. 29, 30, 31
zione dei criteri Esg- raccomandata dal professor Serafeimn
- è quella di parametrare i criteri a seconda dei settori. Sem­
bra ovvio ma non lo è. Ciascuna azienda èpiù esposta di altre
verso alcune declinazioni della sostenibilità. Per esempio il
controllo delle emissioni è un bene chiunque lo pratichi, ma
per una banca è facile essere ligi, per una società energeti­
ca molto più difficile, e quindi meritorio, riuscirci. Viceversa
per una banca è essenzale oltre che complesso tutelare la
privacy dei clienti.
Come è nato e com'è stato realizzato il vostro studio?
Con HBS e Politecnico abbiamo dedicato 18 mesi e un team
di 9 ricercatori all’esame di 884 titoli dell'Eurostox 600 tra
2012 e 2017. Ei risultati sono stati eloquenti. Abbiamo visto
che i titoli con un rating Esg più alto sono andati meglio di
quelli con il rating più basso.
Scusi la franchezza, ma non sarà che avete leggete i dati
con gli occhiali rosa?
No, abbiamo affrontato lo stu­
dio con la massima apertura
mentale, perché volevamo avere
solo dati veri. E da questo studio
è nato rOsservatorio Esgdel Po­
litecnico, ad oggi l’unico.
Senta, ma al di là dell'opinio­
ne favorevole degli investitori
verso gli "Esg compliant", lei
si è fatto un'idea del perché
gestire con correttezza giovi
ai risultati aziendali?
Banalmente perché in questo modo si prevengono scandali
e traumi gestionali!
Ma il criterio guida di Banor Sim nelle sue scelte gestionali
rimane quello del "value". Si coniuga bene con i criteri Esg?
Veda, "value investing’’ come spiegato nel testo originale di
Graham e Dodd "Security analysis" del 1928, significa sem­
plicemente acquistare titoli di alta qualità ad un prezzo ragio­
nevole. Sono quindi necessari due input, per effettuare una
buona scelta "value": il valore intrinseco del titolo, che terrà in
considerazione la capacità dell’impresa di generare utili ecash
flow; e il prezzo di mercato, che dovrà essere a sconto rispetto
al valore intrinseco stesso. La capacità di generare utili e ca­
sh-flow da parte delle imprese è però direttamente collegata
alla qualità del business: più un business è solido e diffìcilmen­
te attaccabile dalla concorrenza, maggiore sarà il suo rendi­
mento sull’investimento.
E perchè un'azienda Esg compliant è più solida per de­
finizione?
Nel "value investing” valutare una azienda non significa sola­
mente svolgere il processo di due
diligence finanziaria tramite la
analisi dei documenti di bilancio,
ma significa propriamente valu­
tare il business delle aziende in
cui si investe, quindi comprende­
re a pieno sia le attività materiali
(come immobili, impianti eterre­
ni) sia quelle immateriali (brand,
reputazione, fedeltà dei dienti
ecc...). Relativamente a queste
ultime, la sola analisi di bilancio
non basta. E il fine ultimo di ana­
lizzare le informazioni "non-fi-
nanziarie" consiste nel valutare se il vantaggio competitivo da
parte del business sia stabile e duraturo nel tempo,
IL “ VALUE INVESTING”
VUOL DIRE COMPRARE
TITOLI AD ALTA QUALITÀ
A PREZZO RAGIONEVOLE
E UNA “ BUONA AZIONE”
FA MEGLIO DEL LISTINO
Ma non è difficile, per voi investitori, misurare l’autenti­
cità dell’aderenza di un’emittente ai criteri Esg? I rating
sono affidabili?
Non c’è ancora un'agenzia di rating universalmente accredi­
tata. S&P sta impegnandosi molto per diventare un punto di
riferimento indiscusso...
La Chiesa Cattolica da due anni e mezzo ha costituito un con­
siglio degli esperti per dettare le linee guida per investimenti
socialmente responsabili e compliant con i valori religiosi.
Torniamo alla prevenzione degli scandali?
Semplificando, sL Ma non solo. Per esempio, l’analisi delle po­
litiche ambientali serve non solo ad identificare un minore
rischio di sanzioni da parte degli enti regolatori, ma anche i
potenziali guadagni di efficienza. L'analisi dei fattori sociali è
rilevante per la protezione dal rischio di svalutazione repu-
tazionale degli attivi intangibili come il brand. L’analisi della
governance e del management può dare molte indicazioni sul
controllo dei rischi di spreco. (s.L).
CAMBIAMENTI CLIMATICI E FRODI INFORMATICHE: NUOVE SFIDE PER IL BUSINESS SOSTENIBILE
Cambiamento climatico e frodi infor­
matiche; sono due i fronti globali che
si business sostenibile deve presidiare
con maggior impegno strategico. Lo
sottolinea il Global Risk Report 2018
del World Economie Forum, in una
rapida evoluzione degli scénari. Sul
versante del clima, il rapporto Wef
rileva l'emergere di minacce legate
alle catastrofi naturali rispetto alla pres­
sione ambientale esercitata da dossier
di lungo periodo come ta “carbon
economy". Nel 2017 i disastri naturali
causati o aggravati da azioni/omissioni
“antropiche" bhanno generato perdite
economiche per 337 miliardi di dollari;
molto superiore alla media del decen­
nio precedente (190 miliardi). La sfida
dèlia cybersecurity si presenta natu­
ralmente più impegnativa ancora e le
previsioni d'impatto su rischi e investi­
menti vedono aumentare esponenzial­
mente il loro peso. I pericoli di furto di
dati sensibil crescono con la digitaliz­
zazione dell'economia, al ritmo di un
quasi raddoppio annuo delle violazioni
medie dei sistemi per singola azienda.
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Investire 01.2019

  • 1. del 03 Gennaio 2019 INV€STIREIL M E N S ILE IT A LIA N O DI F IN A N Z A E R ISP AR M IO MILANO estratto da pag. 29, 30, 31 Gekko? I no squalo rottamato L’investimento ora è responsabile V e lo ricordate Gordon Gekko? Ma sì, il cattivo del film Wall Street, in­ terpretato da Michael Douglas? «L'avidità, in mancanza di un mondo migliore, è buona. L'avidità è giusta...». Eccetera. Avvincente, non c'è che dire. E invece no. È preistoria. Quel film dell'87, che èdiventato "cult" perché ha fotografato un'epoca e ne ha celebrato gli eroi negativi, è autorevolmente can­ didato al Museo delle cere. Da qualche anno - e per fortuna, complice forse anche la crisi finanziaria mondiale del 2008-2009 - l'aria delle Borse interna­ zionali, a cominciare da Wall Street per poi propagarsi virtuosamente all’Euro­ pa - sta diventando un po' meno vizia­ ta. Non è più così scontato che soltanto l'avidità paghi. Anzi. A pagare davvero comincia a essere anche e soprattutto la correttezza. Uno studio esclusivo sviluppato da Banor Sìm in collaborazione con il Po­ litecnico di Milano e con la Harvard Business School ha esaminato tutto l'Eurostoxx600 nel perìodo 2012-2017 e ha rilevato una over-performance sul mercato di quasi 3 punti percen­ tuali all'anno (18 punti in totale!] per le aziende ad alto punteggio Esg, cioè quelle che rispettano i criteri della correttezza ambientale, sociale e di go­ vernance (appunto, Esg: enviromental, social, governance). Vale a dire che es­ sere corretti, addirittura "essere buoni”, paga. Povero Gordon Gekko, si rivolterà nella sua tomba dì celluloide. Massimiliano Caglierò, fondatore ed amministratore delegato di Banor Sim - una realtà che tra Milano e Londra ge­ stisce oggi circa 8 miliardi di asset ed è concentrata da sempre su investimenti scelti con il criterio value investing, da qualche anno arricchiti dai parametri Esg, può spiegare meglio di molti altri i perché di questo fenomeno. GLI ESG CREANO VALORE AL LISTINO: 5 ANNI DI EUR0ST0XX 600 Al RAGGI X IN UNO STUDIO DI BANOR SIM, HARVARD E POLITECNICO DI MILANO Le buone azioni pagano. Da non credere... Come e quan­ do è iniziato? È iniziato negli Stati Uniti, tra il 2002 e il 2003. Si è gradata­ mente ma vastamente manifestata in sede scientifica e ac­ cademica una nuova visione sulla buona gestione aziendale che ha cominciato ad affiancare ai criteri economici per la valutazione delle società anche alcuni altri aspetti gestionali di natura non solo strattemente economica. Finché la Harvard Business Review ha clamorosamente retrocesso dal primo all’87° posto nella sua prestigiosa classifica dei ceo più efficienti il mitico Jeff Bezos perché Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile. Il logo della testata e i contenuti appartengono ai legittimi proprietari. BANOR SIM
  • 2. del 03 Gennaio 2019 INV€STIREIL M E N S ILE IT A LIA N O DI F IN A N Z A E R ISP AR M IO MILANO estratto da pag. 29, 30, 31 Amazon era lenta nell’introdur- re nell'adottare nei suoi criteri di valutazione anche quelli Esg. Giusto? SI, era il 2015 e queste teorie, che proprio ad Harvard il professor George Serafeimn, oggi membro del nostro advisory board, aveva iniziato a configurare, trovarono una clamorosa consacrazione me- diatica. Ma in che modo il rispetto dei criteri Esg si riversa sul quella miglior qualità gestionale che conduce a risultati migliori e quindi a una migliore valutazione di Borsa? Secondo il nostro studio - il primo fatto in Europa, che tra l'altro prosegue e tra pochi mesi rivelerà anche in che modo l’applicazione dei criteri Esg si riverbera sui valori obbli­ gazionari - questi risultati migliori si concretizzano in una crescita più alta del fatturato, a una migliore efficienza ope­ rativa e una maggiore capacità nel ricompensare gli azionisti tramite dividendi e buy-back. Dunque dal 2002 ad oggi, un boom... Indubbiamente. Se consideriamo valida la cifra di 88 trilioni di ricchezza finanziaria gestita nel mondo, oggi 23 miliardi si concentrano su titoli Esg. E da quattro o cinque anni questa cultura ha fatto presa anche in Europa. In questo momento non c’è nessun mandato di digestione rilevante, ad esempio quelli che vengono assegnati dai grandi fondi pensione, che non sia dato con l’indicazione vincolante di seguire i crite­ ri Esg. Poi, naturalmente, in Europa come negli Usa, ci sono quelli che non ci credono fino in fondo e aderisco­ no al nuovo paradigma per opportunismo, lim i­ tandosi a simulare il ri­ spetto di quei parametri, e allora siamo al classico green washing, la finzio­ ne della sostenibilità. Ma oggi che è provato che gli investimenti Esg vanno meglio degli altri, tutti seguono. Voi come e perché ave­ te cominciato a orien­ tarvi sulle scelte Esg? Nel nostro caso alcuni investitori di estrazione ecclesiastica hanno ini­ ziato a chiederci di non investire in alcuni settori e aziende eticamente di­ scutibili. È stato questo il primo passo per tutti, anche in America. Primo passo: cioè? SI, il primo comportamento gestionale sensibile ai criteri Esg, o meglio al loro embrio­ nale profilarsi, è stato quello dell'esclusione. Non investire in aziende di armi, di tabacco, di alcol, di pornografia ecce­ tera. Questo criterio è ancora il più potente. Ad esempio ha fatto scalpore la recente scel­ ta del colosso farmaceutico Pfizer di non produrre più il siero letale con cui alcuni stati americani eseguono le pene capitali: lo ha fatto proprio per non vedere il proprio tito­ lo escluso dagli investimenti di alcuni importanti player del mercato delle gestioni. E poi? Veda, ricordiamo che stiamo parlando di un processo univer­ sale di consapevolezza, che è stato configurato dall'Onu nel 2006, con i 6 "Principles for Responsible Investment" (o PrìJ che si articolano in 186 criteri... In questo quadro, e di pari passo con il diffondersi e l’acuirsi di questa nuova sensibi­ lità, tra i comportamenti spontanei degli investitori e delle società emittenti si sono manifestati quelli relativi alla so­ stenibilità ambientale, sociali e gestionali, riferiti quest' ulti­ mi al valore della trasparenza e ai criteri di una governance sana ed equilibrata. Dunque un’evoluzione qualitativa indotta dalla domanda... SI, ma fatta propria ed elaborata bene dall’industria del ri­ sparmio gestito. Per esempio, la nuova frontiera dell’applica- LASVOLTADEL2015: JEFFBEZOSCROLLA NELLACLASSIFICA DEI SUPER-CE0 PERCHÉAMAZON ÈLENTASUGLI ESG Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile. Il logo della testata e i contenuti appartengono ai legittimi proprietari. BANOR SIM
  • 3. del 03 Gennaio 2019 INV€STIREIL M E N S ILE IT A LIA N O DI F IN A N Z A E R ISP AR M IO MILANO estratto da pag. 29, 30, 31 zione dei criteri Esg- raccomandata dal professor Serafeimn - è quella di parametrare i criteri a seconda dei settori. Sem­ bra ovvio ma non lo è. Ciascuna azienda èpiù esposta di altre verso alcune declinazioni della sostenibilità. Per esempio il controllo delle emissioni è un bene chiunque lo pratichi, ma per una banca è facile essere ligi, per una società energeti­ ca molto più difficile, e quindi meritorio, riuscirci. Viceversa per una banca è essenzale oltre che complesso tutelare la privacy dei clienti. Come è nato e com'è stato realizzato il vostro studio? Con HBS e Politecnico abbiamo dedicato 18 mesi e un team di 9 ricercatori all’esame di 884 titoli dell'Eurostox 600 tra 2012 e 2017. Ei risultati sono stati eloquenti. Abbiamo visto che i titoli con un rating Esg più alto sono andati meglio di quelli con il rating più basso. Scusi la franchezza, ma non sarà che avete leggete i dati con gli occhiali rosa? No, abbiamo affrontato lo stu­ dio con la massima apertura mentale, perché volevamo avere solo dati veri. E da questo studio è nato rOsservatorio Esgdel Po­ litecnico, ad oggi l’unico. Senta, ma al di là dell'opinio­ ne favorevole degli investitori verso gli "Esg compliant", lei si è fatto un'idea del perché gestire con correttezza giovi ai risultati aziendali? Banalmente perché in questo modo si prevengono scandali e traumi gestionali! Ma il criterio guida di Banor Sim nelle sue scelte gestionali rimane quello del "value". Si coniuga bene con i criteri Esg? Veda, "value investing’’ come spiegato nel testo originale di Graham e Dodd "Security analysis" del 1928, significa sem­ plicemente acquistare titoli di alta qualità ad un prezzo ragio­ nevole. Sono quindi necessari due input, per effettuare una buona scelta "value": il valore intrinseco del titolo, che terrà in considerazione la capacità dell’impresa di generare utili ecash flow; e il prezzo di mercato, che dovrà essere a sconto rispetto al valore intrinseco stesso. La capacità di generare utili e ca­ sh-flow da parte delle imprese è però direttamente collegata alla qualità del business: più un business è solido e diffìcilmen­ te attaccabile dalla concorrenza, maggiore sarà il suo rendi­ mento sull’investimento. E perchè un'azienda Esg compliant è più solida per de­ finizione? Nel "value investing” valutare una azienda non significa sola­ mente svolgere il processo di due diligence finanziaria tramite la analisi dei documenti di bilancio, ma significa propriamente valu­ tare il business delle aziende in cui si investe, quindi comprende­ re a pieno sia le attività materiali (come immobili, impianti eterre­ ni) sia quelle immateriali (brand, reputazione, fedeltà dei dienti ecc...). Relativamente a queste ultime, la sola analisi di bilancio non basta. E il fine ultimo di ana­ lizzare le informazioni "non-fi- nanziarie" consiste nel valutare se il vantaggio competitivo da parte del business sia stabile e duraturo nel tempo, IL “ VALUE INVESTING” VUOL DIRE COMPRARE TITOLI AD ALTA QUALITÀ A PREZZO RAGIONEVOLE E UNA “ BUONA AZIONE” FA MEGLIO DEL LISTINO Ma non è difficile, per voi investitori, misurare l’autenti­ cità dell’aderenza di un’emittente ai criteri Esg? I rating sono affidabili? Non c’è ancora un'agenzia di rating universalmente accredi­ tata. S&P sta impegnandosi molto per diventare un punto di riferimento indiscusso... La Chiesa Cattolica da due anni e mezzo ha costituito un con­ siglio degli esperti per dettare le linee guida per investimenti socialmente responsabili e compliant con i valori religiosi. Torniamo alla prevenzione degli scandali? Semplificando, sL Ma non solo. Per esempio, l’analisi delle po­ litiche ambientali serve non solo ad identificare un minore rischio di sanzioni da parte degli enti regolatori, ma anche i potenziali guadagni di efficienza. L'analisi dei fattori sociali è rilevante per la protezione dal rischio di svalutazione repu- tazionale degli attivi intangibili come il brand. L’analisi della governance e del management può dare molte indicazioni sul controllo dei rischi di spreco. (s.L). CAMBIAMENTI CLIMATICI E FRODI INFORMATICHE: NUOVE SFIDE PER IL BUSINESS SOSTENIBILE Cambiamento climatico e frodi infor­ matiche; sono due i fronti globali che si business sostenibile deve presidiare con maggior impegno strategico. Lo sottolinea il Global Risk Report 2018 del World Economie Forum, in una rapida evoluzione degli scénari. Sul versante del clima, il rapporto Wef rileva l'emergere di minacce legate alle catastrofi naturali rispetto alla pres­ sione ambientale esercitata da dossier di lungo periodo come ta “carbon economy". Nel 2017 i disastri naturali causati o aggravati da azioni/omissioni “antropiche" bhanno generato perdite economiche per 337 miliardi di dollari; molto superiore alla media del decen­ nio precedente (190 miliardi). La sfida dèlia cybersecurity si presenta natu­ ralmente più impegnativa ancora e le previsioni d'impatto su rischi e investi­ menti vedono aumentare esponenzial­ mente il loro peso. I pericoli di furto di dati sensibil crescono con la digitaliz­ zazione dell'economia, al ritmo di un quasi raddoppio annuo delle violazioni medie dei sistemi per singola azienda. Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile. Il logo della testata e i contenuti appartengono ai legittimi proprietari. BANOR SIM