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Il futuro del private banking e del family office
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1. Considerazioni generali: gestione, protezione, valorizzazione e trasmissione patrimoniale.
2. La variabile “tempo”
3. Analisi di alcuni strumenti
4. Problematiche trasversali di carattere fiscale
5. La professione del private banker
1. CONSIDERAZIONI GENERALI
Le nuove sfide che attendono oggi la figura del private banker e del family officer richiedono che lo stesso
faccia proprie competenze multidisciplinari, trasversali su più aree professionali, capacità di collegare
norme, strutture, alternative, problemi, criticità, nazionali ed estere, mercati, conoscenza delle procedure,
della prassi e delle interpretazioni ministeriali, rischi. Ovvero: capire il cliente. Capire cosa vuole, quali sono
i “reali obiettivi”: capire che non sempre sono legati ad ottenere necessariamente una minore tassazione. A
volte concause personali, problematiche famigliari, ereditarie o professionali, motivano atteggiamenti del
cliente apparentemente irrazionali: soluzioni e percorsi fiscalmente penalizzanti solo per l’esclusione di un
erede dal trasferimento successorio o la fuga dai creditori. Ed in questi casi, la fretta o la frenesia del
cliente, possono essere cattive consigliere.
Non è detto che le migliori soluzioni siano solo quelle più sofisticate e complesse. Vedremo che istituti quali
il fondo patrimoniale, la società semplice o il patto di famiglia, piuttosto che una soluzione di private
insurance, pur restando in un ambito nazionale, possono essere un punto di partenza sufficiente nella
gestione del patrimonio ed il raggiungimento degli obiettivi della clientela.
Analisi della situazione e delle esigenze, alcuni esempi.
SITUAZIONE ESIGENZE
PERSONALI livello di istruzione elevati rendimenti
competenze in ambito finanziario tutela da terzi creditori
FAMIGLIARI presenza di figli, persone malate, successione ereditaria
separazioni in corso mantenimento dello stile di vita
PROFESSIONALI manager, artisti, sportivi, trattamento fiscale e previdenziale dei manager
medici, politici, rischi legati alla professione esercitata
sindaci di collegi sindacali passaggi generazionale dell’azienda
Non è possibile suddividere gli strumenti a disposizione del private banker o del family officer a seconda
che consentano, presi singolarmente, la
GESTIONE
PROTEZIONE
VALORIZZAZIONE
TRASMISSIONE
del patrimonio affidato, in quanto rappresentano delle funzioni e degli obiettivi complementari, degli
ingredienti indispensabili in ogni ricetta volta a rispondere a richieste sempre più complesse.
Le alternative e gli istituti che verranno analizzati nel corso del presente lavoro, sono sicuramente tutti
strumenti di gestione, utilizzati allo scopo di valorizzare gli assets e le risorse del cliente, ma sono dotati di
diversi livelli di protezione.
CRITICITA’ DEL TRATTAMENTO FISCALE
DEI PRODOTTI FINANZIARI E DEL PRIVATE BANKER
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GESTIONE
La gestione di un patrimonio o di un investimento, a seconda delle dimensioni e degli obiettivi, può essere
strutturata sottoforma di intestazione diretta, da parte della cliente private, oppure per il tramite di una
struttura appositamente dedicata (es. società, fondo, fondazione).
Il dilemma è particolarmente sentito negli investimenti immobiliari, non solo per la gestione dei patrimoni
famigliari ma anche in presenza di business plan di progetti commerciali o industriali.
I cambiamenti normativi intercorsi negli ultimi anni proprio nella tassazione delle transazioni immobiliari e
delle società immobiliari, ha reso particolarmente difficile valutare il piano di fattibilità di un investimento
finanziario indirizzato al real estate. Si pensi alle modifiche intercorse, da un giorno all’altro, nell’Iva, a
partire da luglio 2006, e precisamente all’estensione dei casi di esenzione dall’applicazione di tale imposta.
Fino alla disciplina delle cd. “società di comodo”, che prevede comunque una tassazione in capo alla
società immobiliare qualora questa non sia in grado di garantire un reddito annuo minimo. Proprio la
problematica riconducibile alle società “di mero godimento”, ha rivalutato l’interesse verso le società
semplici, come più avanti approfondito.
Da ultimo si pensi all’introduzione della cd. cedolare secca che ha reso maggiormente appetibile la
detenzione diretta di immobili concessi in locazione da parte di persone fisiche, rispetto alla gestione per il
tramite di una società immobiliare. Con il pagamento di un’imposta del 20% sui canoni di locazione (scelta
opzionale in sede di dichiarazione dei redditi), si può evitare di ricadere nella tassazione per scaglioni tipica
dell’Irpef e in quella, comunque maggiore, derivante dall’applicazione dell’Ires (27,5%) nelle società di
capitali.
La gestione diretta o tramite struttura dedicata (società, fondo), di patrimoni mobiliari e immobiliari, è
fortemente legata al problema della loro residenza fiscale. Da qui l’importanza di focalizzare l’attenzione
sulla propensione all’internazionalizzazione del cliente o della famiglia, qualora si scelgano soluzioni
oltre confine. Lo studio di fattibilità predisposto dal private banker deve così tener conto del livello sociale
del cliente, del suo livello istruzione (anche in ambito finanziario), della professione svolta (manager, libero
professionista, artista, sportivo, inventore).
Le soluzioni gestorie sono infatti numerose: società semplice, holding di famiglia, fondazioni estere,
detenzione diretta o tramite fondo di opere d’arte e di antiquariato (art banking), private equity, leasing
nautico, oppure strumenti più innovativi come gli SPAC di origine statunitense; la scelta è in funzione
dell’ammontare del patrimonio da gestire, dall’età del cliente, dalla sua disponibilità agli spostamenti,
dall’esigenza/opportunità di vivere e/o lavorare all’estero e/o in Italia.
PROTEZIONE
Oltre alla tutela dalle rivendicazioni di terzi creditori, dalle procedure concorsuali e nei passaggi
generazionali di aziende e quote societarie nell’ottica della continuità manageriale, bisogna altresì
considerare i rischi di un contenzioso tributario, ad esempio sulla residenza fiscale o sulla tassazione del
reddito generato o sulle normative applicate (v. treaty shopping o rule shopping, come di seguito
approfonditi). L’autorità fiscale italiana, o di un altro Paese, può ricondurre all’ambito delle operazioni
ritenute elusive, determinate operazioni, strutture o strumenti finanziari, in sé leciti e civilisticamente
validi, ma adottati dal contribuente con il precipuo e unico scopo di un aggirare gli obiettivi voluti dal
legislatore fiscale, per conseguire un abbattimento delle imposte da versare all’Erario.
Circostanze di natura tributaria che possono minare la protezione degli investimenti.
VALORIZZAZIONE
Non si intende con il presente lavoro entrate nel merito delle tecniche di investimento migliori, in grado di
aumentare il rendimento delle singole forme di investimento, subordinate certamente al propensione al
rischio del cliente e alla possibilità di diversificare gli investimenti alla luce soprattutto della disponibilità di
ingenti patrimoni.
L’attenzione del private banker e del family officer deve però essere rivolta anche a tutte quelle situazioni,
non prettamente dipendenti da variabili di tipo finanziario, in grado di incidere, sotto forma di perdita di
valore, sul rendimento finale dell’investimento: in primis la variabile fiscale. Come vedremo, il rischio che un
reddito (interesse o dividendo) venga riqualificato dal Fisco sotto una diversa categoria, con regole di
tassazione differenti da quelle ipotizzate con il cliente, può avere effetti molto pesanti sul risultato finale
della gestione patrimoniale. Non si parla solo delle implicazioni e dei costi legati alle contestazioni con il
Fisco, dovute all’errata applicazione di ritenute d’acconto o d’imposta (per la differente tassazione che
connota i redditi da capitale rispetto ai redditi diversi) o all’utilizzo di esenzioni o crediti d’imposta non
dovuti, ma anche alla tassazione in capo agli eredi dei beni del defunto alla data del decesso.
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TRASMISSIONE
Un altro aspetto delicato riguarda la prevenzione di liti ereditarie e di un eventuale traumatico
smembramento dell’azienda o delle partecipazioni societarie, ovvero l’assegnazione di tali beni a soggetti
inidonei a garantire la loro continuità gestionale. Lo strumento scelto dal consulente dovrebbe:
assicurare la continuità aziendale per il tramite di una compagine ereditaria competente, evitando una
lunga, costosa ed inutile divisione del patrimonio immobiliare della famiglia all’atto dell’apertura della
successione;
assicurare ai bisogni della famiglia in genere o, nello specifico, ai figli nati durante il matrimonio, le
risorse patrimoniali sufficienti per il proprio percorso di studi o il perdurare dell’attività imprenditoriale.
Su queste premesse si fondano i presupposti di costituzione di “vincoli di destinazione” quali ad esempio il
fondo patrimoniale ed il patto di famiglia.
2. LA VARIABILE “TEMPO”
L’impatto fiscale di determinate scelte, da condividere con il cliente, è influenzato da cambiamenti normativi
sempre più frequenti, dalla giurisprudenza contrastante e dalle interpretazioni ministeriali contraddittorie.
Una volta individuati gli obiettivi che si vogliono raggiungere con la gestione patrimoniale o con
l’investimento da effettuare, occorre stabilire l’arco temporale necessario e le scadenze degli step
intermedi. La successione ereditaria e quella generazionale dell’azienda vanno gestite per tempo, consci
che possono essere influenzate dall’instabilità politica e sociale, da eventi personali quali l’allargamento
della famiglia, decessi, trasferimenti di residenza per motivi di studio o professionali.
Un altro accorgimento spesso trascurato dai consulenti, riguarda il calcolo dei tempi e dei costi prevedibili
in caso di contenzioso tributario o di scelta del cliente di cambiare struttura di investimento o di gestione
patrimoniale. Vi sono infatti soluzioni finanziarie molto efficaci, ma molto penalizzanti in caso di errori o di
difformi interpretazioni delle normative da applicare.
3. ANALISI DI ALCUNI STRUMENTI
Nella parte che segue sono stati sintetizzati i tratti distintivi di alcuni prodotti/strumenti finanziari e di alcune
modalità di gestione patrimoniale particolarmente interessanti, così da poter cogliere le principali
problematiche sottostanti all’ottimizzazione del carico fiscale e gli aspetti critici funzionali ad un loro utilizzo
efficace ed efficiente.
A seconda delle soluzioni individuate, i redditi derivanti dagli investimenti possono essere riconducibili a
diverse categorie di reddito, ciascuna delle quali con specifiche percentuali di tassazione e diverse regole
di determinazione dell’ammontare sul quale applicare l’aliquota d’imposta. Si pensi ad esempio, al diverso
trattamento fiscale riconosciuto alle plusvalenze e alle minusvalenze.
La conoscenza di queste categorie ed il funzionamento fiscale conseguente, dovrebbero essere ormai
parte del bagaglio culturale del private banker, così da poter indirizzare il cliente verso quelle soluzioni a lui
maggiormente confacenti rispetto alla situazione personale e imprenditoriale.
I “redditi finanziari” possono rientrare nelle seguenti categorie.
Reddito d’impresa: conseguito quando l’investimento è gestito da un’impresa o società commerciale (es.
Special Purpose Vehicle - SPV, holding di famiglia, etc).
Redditi diversi (art. 67 D.P.R. n. 917/1986; D.Lgs. n. 461/1997; art. 26 D.P.R. 600/73) - Derivano dalla
“negoziazione” di un’attività finanziaria: plusvalenze, minusvalenze. La loro tassazione può avvenire
nell’ambito del
o “regime della dichiarazione”: le operazioni sono svolte e gestite direttamente dall’investitore. La
tassazione avviene all’interno della sua annuale dichiarazione dei redditi. Le minusvalenze si
possono compensare con le plusvalenze realizzate nel medesimo anno solare; l’eventuale
eccedenza è compensabile fino alla scadenza del 4° periodo d’imposta successivo.
o “regime del risparmio amministrato”: le operazioni sono svolte e gestite tramite un intermediario, il quale
calcolerà e verserà le relative imposte. L’investitore in questo caso è esonerato dall’obbligo di
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presentare la dichiarazione dei redditi. Le minusvalenze sono compensabili solo con plusvalenze
realizzate in periodi successivi, ma entro il quarto, e presso lo stesso intermediario.
o “regime del risparmio gestito”: è il gestore del patrimonio che calcola e versa le imposte. L’investitore in
questo caso è esonerato dall’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi. All’interno di questo
regime, i redditi diversi di possono compensare con i redditi di capitale maturati nell’esercizio.
Redditi di capitale (D.Lgs. n. 461/1997) - Derivano dalla “detenzione” di un’attività finanziaria: interessi,
cedole, dividendi.
ART BANKING
Il patrimonio artistico rappresenta una quota importante della ricchezza investita in beni reali da parte della
clientela private. Al di là delle necessarie competenze specifiche legate all’art advisory, il family officer deve
essere in grado di individuare quali sono le principali implicazioni fiscali che impattano direttamente ed in
modo determinante nella protezione dell’investimento in beni artistici, influendo sul godimento stesso di
questi particolari beni mobili da parte del cliente.
La personale passione del cliente non può prescindere dal conoscere qual sia la tassazione di tali beni in
caso di morte del detentore, soprattutto laddove a) i beni artistici, b) il defunto e c) gli eredi dello stesso si
trovino in Paesi diversi, alla data dell’avvenuto decesso.
Questo è un altro dei motivi per i quali la gestione del patrimonio artistico per il tramite di una fondazione o
di un fondo è preferibile rispetto alla detenzione e ad godimento diretto.
Altre considerazioni rilevanti si possono fare sul versante delle importazioni di opere d’arte provenienti da
Paesi extra-UE. Non mancano episodi di applicazione differente della tassa di importazione per opere ed
oggetti d’arte e di antiquariato, prevista dalla Legge n. 85 del 22.03.1995. La norma prevede l’applicazione
di un’Iva sull’import pari al 10%. Una circolare del Ministero delle Finanze dello stesso anno (C.M. n.
177/1995) ne vincola l’applicazione alla presentazione alla Dogana di importazione di un’attestazione
rilasciata dalla competente Sovrintendenza e attestante la qualità artistica del bene. L’assenza di tale
certificazione, prevista da una circolare ministeriale e quindi non da un norma di legge, ha fatto scattare in
alcuni casi l’applicazione dell’Iva al 20%. A questa imposta si aggiunge poi il cd. “diritto di seguito” (dds;
droit de suite) sulle transazioni effettuate (onere la cui raccolta e riscossione è gestita direttamente dalla
SIAE), pari in Italia al 4% al massimo. E’ una sorta di diritto spettante all’autore di opere di arti
figurative e di manoscritti, e ai suoi eredi per 70 anni dalla sua morte, di percepire un compenso sul
prezzo di ogni vendita successiva alla prima cessione delle opere da parte dell’autore. Tale ulteriore effetto,
rende le piazze di Dubai, Hong Kong, Giappone, USA e Svizzera più appetibili, in quanto esenti da tale
diritto, rispetto, oltre che all’Italia, anche al Regno Unito, paese quest’ultimo per il quale è previsto dal 2010
un aumento del diritto al seguito dal 17,5% al 20%, oltre che il versamento del dds anche da parte degli
eredi. La vicina Svizzera, esente da dds e con un’Iva sugli acquisti di arte in galleria o da professionisti del
7,6%, si pone così in forte concorrenza rispetto al 24% di aggravio fiscale italiano (4% di dds e 20% di Iva).
Per quanto riguarda la tassazione dei fondi d’arte, si rinvia alla disciplina dei fondi mobiliari aperti, gravati
da un’imposta sostitutiva a titolo definitivo del 12,5% sul risultato maturato dalla gestione. Nel caso in cui le
quote del fondo siano sottoscritte unicamente da soggetti non residenti in Italia, ma in Paesi che hanno
sottoscritto con il nostro Paese particolari accordi bilaterali volti ad uno scambio trasparente di informazioni,
il fondo è esente.
LEASING NAUTICO
Il successo ormai consolidato del contratto di leasing, sia per le unità adibite ad uso diportistico (senza
fini di lucro) che per quelle ad uso commerciale, va visto di pari passo con il ruolo rivestito dal nuovo
regime Iva applicato dal 01.01.2010, determinante ai fini dell’utilizzo personale/commerciale di tali beni.
Il leasing nautico italiano prevede l’applicazione dell’aliquota IVA sempre in via ordinaria (20%) ma con un
meccanismo di cd. IVA forfetaria (applicabile solo nei confronti di utilizzatori non soggetti passivi IVA)
calcolata su una base imponibile ridotta in modo forfettario. Ne consegue quindi una riduzione del carico
effettivo dell’IVA in funzione di una disciplina specifica che si basa sul luogo in cui il bene viene messo a
disposizione del destinatario e sulla lunghezza delle imbarcazioni.
Quando è possibile conoscere con certezza dove avviene l’effettivo utilizzo dell’unità da diporto (luogo di
prestazione del servizio), la società di leasing, per le sole operazioni con committenti privati persone
fisiche, deve applicare l’IVA in proporzione al periodo di permanenza nelle acque territoriali comunitarie,
rispetto alla durata totale della locazione finanziaria. Di norma tuttavia risulta difficile seguire i movimenti
delle unità da diporto per stabilire il periodo da esse trascorso all’interno o all’esterno delle acque territoriali
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comunitarie. Al fine di superare le difficoltà connesse alla prova dell’effettivo utilizzo dell’unità da diporto in
acque territoriali comunitarie, per esigenze di semplificazione l’Agenzia delle Entrate (CM n. 49/E del 2002)
ha stabilito delle percentuali forfetarie, basate sulle caratteristiche tecniche del mezzo nautico e, in
particolare, sulla lunghezza dell’imbarcazione e sull’attitudine di quest’ultimo a uscire dalle acque territoriali
comunitarie.
Il leasing italiano risulta così molto conveniente soprattutto per i privati, siano essi italiani o stranieri. Anche
questi ultimi possono infatti beneficiare del trattamento suddetto, purché la società di leasing sia italiana.
Da notare infine che l’acquisto diretto di un’unità da diporto non può fruire di alcun abbattimento del carico
fiscale IVA.
Tale regime subirà tuttavia una nuova modifica a decorrere dal 1°gennaio 2013, data a partire dalla q uale
la tassazione Iva delle prestazioni di locazione, anche finanziaria (leasing), di noleggio e simili, di unità da
diporto dipenderanno a) dal fatto che l’unità stessa sia effettivamente messa a disposizione nel territorio
italiano, b) che la prestazione sia resa da soggetti passivi ivi stabiliti e c) che la prestazione sia utilizzata nel
territorio della Comunità.
FONDAZIONI
La possibilità di una gestione protetta del patrimonio, meglio se in forma discreta, si affianca alla possibilità
di regolamentare la successione del suo fondatore, tutelando le necessità economiche dei componenti
della famiglia o di altre persone comunque ad essa vicine. La stipula di un apposito regolamento (statuto),
ne indirizza le funzioni di holding per tutelare l’esistenza di un’impresa ed il suo passaggio generazionale,
per mantenere la conservazione della collezione artistica del fondatore o perseguire scopi di pubblica
utilità. Se gli scopi sono però privati, una fondazione di diritto italiano incontra numerosi vincoli legati alle
autorizzazioni ed ai controlli governativi previsti, oltre che una normativa nazionale succinta e al fatto che è
uno strumento volto al raggiungimento di finalità di pubblica utilità, senza scopo di lucro.
Sotto il profilo fiscale e dell’adattabilità alle esigenze del singolo fondatore, si segnalano la fondazione
austriaca e quella olandese, tramite le quali, scopi ed attività della fondazione sono definiti dal fondatore già
negli statuti costitutivi.
La Fondazione privata austriaca (Privatstinftung) e quella olandese (Administratiekantoor), ad esempio,
si caratterizzano per la contenuta imposizione fiscale sul patrimonio gestito, oltre che per le importanti
esenzioni sui redditi percepiti/erogati sotto forma di dividendi, interessi e utili percepiti da/verso la
fondazione e le società o beneficiari persone fisiche ad essa collegati (nominee beneficiary).
Per la fondazione austriaca basta un patrimonio minimo di euro 70.000, mentre quella olandese si adatta al
conferimento di elevati patrimoni azionali. In quest’ultimo caso, i proprietari della società conferiscono alla
fondazione (che ne acquisisce la proprietà) i propri pacchetti azionari, ricevendo in cambio dei certificati,
così da mantenere immutati i loro diritti patrimoniali (es. dividendi, che continueranno ad essere tassati in
capo ai proprietari originari dell’impresa) ad esclusione del diritto di voto in assemblea. Soluzione quindi
molto utile nella protezione degli interessi dell’azionariato di controllo di public company quotate e per le
imprese esposte al rischio di scalate ostili.
In entrambi i casi, e per la fondazione in generale, le problematiche fiscali sottostanti a tali strutture sono
rappresentante dall’individuazione del beneficiario effettivo dei redditi maturati dal patrimonio ed in quale
paese vi è l’effettiva gestione (in termini di presa delle decisioni strategiche dell’investimento). Una
fondazione di diritto austriaca o olandese, gestita de facto, per esempio dall’Italia, può essere ritenuta
fiscalmente ivi residente. Un’attenzione particolare va posta quindi agli aspetti documentali (contabili ed
amministrativi, dai formulari e verbali delle riunioni) oltre che alla composizione del “consiglio di
fondazione”, al fine di individuare con chiarezza chi sono i beneficiari e i disponesti.
FONDI COMUNI D’INVESTIMENTO ED IMMOBILIARI
La “residenza” di un fondo e quindi la distinzione tra fondi italiani, armonizzati-UE e non-armonizzati, è in
funzione del Paese nel quale è stata ottenuta l’autorizzazione ad operare.
L’ottimizzazione fiscale degli investimenti in fondi comuni tiene conto della tassazione complessiva, ovvero
della tassazione “in capo al fondo” (che dipende dal paese di residenza del fondo comune), cioè sui redditi
attribuiti al portafoglio gestito (il risultato della gestione maturato), e della tassazione “in capo al
sottoscrittore”, ovvero sui redditi che dal portafoglio vengono trasmessi all’investitore (esenzione fiscale o
ritenuta a titolo d’acconto o d’imposta, per es., del 12,5%). E’ da questo confronto che emerge la
convenienza tra la sottoscrizione di una gestione patrimoniale individuale e l’investimento diretto negli
strumenti finanziari che compongono il suo portafoglio, oltre che la scelta di investire in strumenti di diritto
italiano piuttosto che di diritto estero.
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In materia di fiscalità internazionale, una notevole importanza assumono le sentenze emesse dalla Corte di
Giustizia Europea (ECJ), la quale interviene a seguito del rinvio pregiudiziale effettuato da un giudice
nazionale (per l’Italia dalla Corte di Cassazione). In materia di tassazione sui redditi erogati ai fondi
immobiliari non residenti, una causa interessante è la sentenza Aberdeen ( causa C-303/07 del 18.6.2009
), il cui esito potrebbe impattare anche sul futuro cambiamento dell’attuale normativa interna italiana,
discriminatoria anch’essa proprio sui fondi esteri non armonizzati. La Corte ha infatti ritenuto
incompatibile con il diritto comunitario la norma interna finlandese che effettuava la tassazione dei
dividendi, erogati ad un fondo immobiliare non residente, in modo differente (discriminatorio) rispetto
all’ammontare delle ritenute operate sui redditi erogati a fondi nazionali. In data 24.06.2009 l’Autorità fiscale
finlandese, intervenendo a seguito della sentenza Aberdeen, ha pubblicato la circolare n. 665/37 con la
quale ha re-interpretato la norma interna sulla tassazione alla fonte dei dividendi comunitari “in uscita”,
prevedendone l’esenzione, a certe condizioni, in via retroattiva già a partire dal 01.01.2009.
E’ da attendersi un futuro cambiamento anche della norma interna italiana. Attualmente infatti i fondi
comuni italiani sono assoggettati ad un’imposta “sostitutiva” del 12,5%, sul risultato di gestione “maturato”,
mentre i proventi su fondi esteri non armonizzati, percepiti da residenti italiani, sono soggetti ad un’imposta
“a titolo d’acconto” del 12,5% all’atto della percezione, concorrendo per l’intero a formare il reddito annuo
tassabile in capo al contribuente.
In tema di cambiamenti normativi, si è in attesa proprio della versione definitiva del nuovo decreto
ministeriale sui fondi immobiliari, a seguito delle novità introdotto dall’art. 32 della Legge 122/2010 (di
cui al D.L. n. 78/2010). Tra le numerose nuove norme attese, di contrasto ai fondi costituiti e/o gestiti a solo
scopo elusivo, una nuova definizione di “fondo comune di investimento” e una nuova disciplina civilistica.
Le attuali norme di natura fiscale in tema di fondi immobiliari risalgono al D.L. 25 giugno 2008 n. 112, a
seguito del quale la tassazione del proventi derivanti da tali strumenti è pari al 12,5%, 20% o 27% a
seconda dei casi (redditi di capitale o redditi diversi). Inizialmente i fondi immobiliari furono esclusi
dall’applicazione della Direttiva Risparmio (2003/48/Ce) ma in seguito intervenne il Ministero (CM n.
55/2005 e CM n. 74/2007) che estese anche ad essi, in quanto “categoria residuale”, l’onere di effettuare le
comunicazioni dei pagamenti di interessi al momento stesso della loro percezione a vantaggio dei
“beneficiari effettivi” sottostanti.
FONDO PATRIMONIALE
Strumento molto utile per mettere a disposizione della famiglia il patrimonio proprio o di terzi, senza
necessariamente stipulare atti di donazione o comunque spossessarsene. La sua costituzione non è
gravata né da imposte dirette né indirette, ma solo se viene inserita la “clausola di riserva di proprietà
esclusiva”. Se il fondo viene invece costituito passando altresì la proprietà degli immobili ai beneficiari, i
beni sono gravati dall’imposta di registro proporzionale.
Non si rilevano quindi novità sul piano fiscale per questo istituto. Sul versante giurisprudenziale si
segnalano invece delle interessanti sentenze, tra le quali, la sentenza n. 1112, prima sezione, della
Cassazione Civile, dep. 22.01.2010, sull’esclusione del fondo patrimoniale all’apertura del fallimento, in
precisazione del nuovo art. 46 n. 3 della nuova legge fallimentare (D.Lgs. n. 5/2006). In data 7.7.2010, la
Corte di Cassazione, con sentenza n. 15862, è invece intervenuta sul divieto di esecuzione coattiva
dell’Amministrazione finanziaria sui beni compresi nella convenzione, affermando che compete al giudice
del merito accertare se il debito per il quale l’agente della riscossione intende agire esecutivamente sui beni
del fondo sia riconducibile alle necessità della famiglia. Ancora, con sentenza n. 13622 del 4.6.2010, la
Suprema Corte si è espressa in materia di iscrizione ipotecaria sui beni del fondo.
PATTO DI FAMIGLIA
Il trasferimento da parte dell’imprenditore, a favore del discendente reputato più capace in ottica gestoria,
dell’azienda o di tutte o parte delle quote societarie, non è soggetto all’imposta di donazione e successione.
Rappresenta un’operazione neutra fiscalmente (non costituisce realizzo di plusvalenza) per dante causa e
beneficiario, se presa in carico da quest’ultimo ai medesimi valori contabili e fiscali. Se l’azienda
comprende degli immobili, le relative formalità di trascrizione e voltura catastale sono esenti dalle imposte
ipotecaria e catastale.
Il trattamento fiscale agevolato riconosciuto a tale atto a titolo gratuito, regola i passaggi in linea retta
dell’azienda (art. 768-bis Codice Civile) ma, intervenendo solo sugli assetti proprietari, non consente di
disciplinarne altrettanto adeguatamente l’amministrazione.
In momenti di contrazione delle liquidità aziendali e personali, ad esempio perché già confluite nel passato
all’interno dell’azienda, l’obbligo di pagamento del corrispettivo da parte dell’assegnatario, a liquidazione
degli altri partecipanti al contratto, costituisce un ostacolo pratico alla sua applicazione.
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PRIVATE EQUITY
Rappresenta un’ipotesi di finanziamento dell’impresa alternativa
- all’aumento del capitale da parte degli attuali proprietari;
- alla quotazione in borsa;
- al finanziamento soci infruttifero/fruttifero. L’interesse pagato dalla società al socio finanziatore
rappresenta per quest’ultimo un “reddito da capitale” tassato con una ritenuta d’acconto del 12,5%,
trattenuta dalla società al momento del pagamento. Tale reddito verrà poi sommato agli altri redditi
del socio, nella dichiarazione dei redditi dell’anno di erogazione dell’interesse.
Il rapporto algebrico (o se vogliano l’equilibrio) tra equity e capitale di terzi, noto come thin capitalization
rules ed inteso come l’insieme dei debiti verso finanziatori terzi della società (istituti bancari compresi),
costituisce in alcuni Paesi un limite alla piena deducibilità fiscale degli interessi pagati a fronte di tali
finanziamenti. L’operazione di private equity, finanziando l’impresa mediante la partecipazione al capitale di
rischio, consente di diminuire tale rapporto algebrico, riducendo altresì il carico fiscale aziendale per la
maggiore deducibilità riconosciuta sugli oneri finanziari, con conseguente aumento dei margini e della
redditività finale dell’investimento stesso.
Il 15 novembre scorso, ad esempio, il Finance Commitee del senato francese ha presentato un
emendamento alla Finanziaria per il 2011, volto ad estendere l’attuale regime della thin capitalization anche
ai debiti bancari concessi a garanzia. Se tale modifica dovesse divenire definitiva, la norma avrà un impatto
significativo penalizzante soprattutto sulle strutture di Leverage Buy Out (LBO) d’oltralpe.
PRIVATE INSURANCE
L’età anagrafica del cliente private, ormai non più giovanissimo, unitamente alle disponibilità finanziarie
post rimpatrio, si aggiungono all’ingresso nella piazza italiana ed europea di investitori particolarmente
danarosi. Russi, inglesi, arabi, cinesi, americani, visitano sempre di più il nostro paese per apprezzarne non
solo gli aspetti artistici e culinari, con un occhio di riguardo ai settori fashion e retail, ma attenti anche a
valutare opportunità di investimento (non solo nel comparto real estate) dotate di soluzioni in grado di
garantire al capitale un rendimento minimo ed un libero accesso all’ingente patrimonio personale. In questa
prospettiva sta crescendo l’interesse verso il private insurance come strumento di wealth management per
gli high net-worth individuals (HNWIs).
Un vantaggio fiscale di una polizza unit linked stipulata con una impresa assicurativa estera sta nella
possibilità di inserire nella gestione sottostante prodotti finanziari che, se acquisiti direttamente
dall’investitore residente, avrebbero un regime fiscale sfavorevole perché concorrerebbero alla formazione
del reddito complessivo imponibile, con applicazione quindi dell’aliquota IRPEF progressiva e perdita
dell’anonimato (ad es. OICR esteri non armonizzati e non autorizzati al collocamento in Italia).
Sotto il profilo tecnico fiscale, i redditi provenienti da una polizza assicurativa sono riconducibili sia
nell’alveo dei redditi di capitale sia in quello dei redditi diversi, a seconda dei casi.
L’imposta sostitutiva del 12,50% è dovuta solo se, quando e nella misura in cui si realizzi un differenziale
positivo tra il capitale pagato dall’impresa di assicurazione ed i premi versati (ad es. nel caso di riscatti
parziali). Il pagamento dei capital gain è differito al momento del riscatto creando un vantaggio finanziario di
capitalizzazione composta.
Accanto all’applicazione dell’imposta sostitutiva del 12,5% (v. art. 26-ter, Dpr 600/73), si segnalano gli
obblighi di cui alla normativa sul monitoraggio e sulla compilazione del quadro RW della dichiarazione dei
redditi, nel caso del cliente che agisce senza l’intervento di un intermediario.
In un’ottica di pianificazione successoria, va inoltre considerato che l’onere fiscale sul risultato della
gestione del patrimonio può addirittura essere del tutto eliminato qualora il capitale sia corrisposto al
beneficiario in caso di morte dell’assicurato; in tal caso infatti i capitali percepiti dal beneficiario sono esenti
dall’imposta sul reddito delle persone fisiche.
Com’è noto le polizze Vita index e unit sono molto apprezzate per le consolidate caratteristiche di
impignorabilità, insequestrabilità ed esclusione dall’asse ereditario. Questi tre pilastri potrebbero però
essere messi in discussione in futuro, se prendesse piede l’orientamento di una recente sentenza di primo
grado emessa dal Tribunale di Parma (n. 1107/2010), la quale ha ritenuto pignorabili le index linked, in
quanto ritenute polizze di tipo finanziario e perciò prive di funzione previdenziale. L’invito è ovviamente
quello di tenere monitorata la situazione nei successivi gradi di giudizio.
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SOCIETÀ SEMPLICE
E’ uno strumento operativo flessibile ed economico, adatto anch’esso alla gestione finanziaria dei patrimoni
famigliari e alla pianificazione “in vita” della sua devoluzione successoria. Si distingue per la possibilità di
conseguire separatamente diverse categorie di reddito (ciascuna con specifiche distinte regole di
determinazione dell’ammontare del reddito tassabile) determinando il reddito complessivo della società.
Tale reddito verrà ripartito tra i soci in modo programmato potendo modificare le percentuali di
partecipazioni alla società mediante una scrittura autenticata anteriore all’inizio del periodo d’imposta.
In sintesi, la loro peculiarità consiste nella possibilità di beneficiare di norme fiscali di favore tipicamente
previste per le persone fisiche, all’interno di un regime di tassazione in forma societaria, unitamente
all’esonero degli obblighi Irap e Iva. Si pensi soprattutto alla possibilità di beneficiare di una maggiore
esenzione nella tassazione su partecipazioni qualificate di società immobiliari (holding di partecipazione)
colpite dalla presunzione assoluta di “non commercialità” (art. 87 c. 1, lett. d), del TUIR). Se la società
detenesse valori mobiliari diversi da quote societarie (obbligazioni e titoli assimilati, quote di fondi comuni
d’investimento mobiliare nazionali o Sicav), potrebbe beneficiare altresì dell’esonero della tassazione dei
relativi proventi (art. 44, c. 1, lett. d), D.P.R. n. 600/73), in quanto già gravati in precedenza da un’imposta
sostitutiva.
Ancora, l’intestazione da parte della società semplice di immobili diversi dai terreni edificabili, beneficia
dell’esenzione della plusvalenza, tipica delle persone fisiche, in caso di cessione degli stessi dopo 5 anni.
Durante il loro possesso, inoltre, godranno dell’abbattimento forfettario del 15% sui canoni di locazione
attiva, possibilità ancora più conveniente in caso di detenzione di beni immateriali (marchi, brevetti,
formule), solitamente gravati da spese annue di gestione non rilevanti.
Tale istituto risulta però penalizzato dalla “tassa d’ingresso” dei beni nella società, considerate le imposte
dirette ed indirette (registro, ipotecaria e catastale) che gravano sull’atto di conferimento, atto che ai fini
fiscali è assimilato a quello della cessione tra due soggetti giuridicamente distinti.
SPECIAL PURPOSE VEHICLE (SPV)
Una pietra miliare nelle problematiche di fiscalità internazionale, è rappresentata dalla determinazione di
tassi di interessi, costi e margini, secondo il cd. principio dell’arm’s lenght (letteralmente il “principio della
lunghezza del braccio”). Si tratta di una normativa volta ad impedire quelle politiche di determinazione dei
prezzi (cd. transfer pricing), piuttosto che di valori, interessi, ecc.., volte a determinare e volontariamente
influire sullo spostamento dei redditi da Paesi ad alta tassazione verso legislazioni o aree geografiche a
tassazione inferiore.
Tale normativa è richiamata anche in ambito finanziario perché va ad analizzare quelle situazioni in cui i
tassi di interesse, remunerativi dei prestiti, sono stabiliti tra parti che potrebbero non essere tra loro
indipendenti, in quanto appartenenti al medesimo gruppo, o tra soggetti comunque collegati tra di loro da
relazioni personali o commerciali.
Tale normativa interessa da vicino proprio i SPV, ed in generale i cd. “strumenti finanziari ibridi”, di seguito
approfonditi.
Il contenzioso tributario può tuttavia essere evitato se la fissazione dei tassi di interesse o le modalità di
remunerazione di tali strumenti, tengono conto dei benchmark usualmente di riferimento nelle piazze
finanziarie o aree di investimento interessate.
A titolo esemplificativo, si citano i seguenti market interest reference rates:
LIBOR (London Inter Bank Offered Rate)
SIBOR (Singapore Inter Bank Offered Rate)
BBSW (Australina Bank Bill Swap Rate)
e il ruling recentemente pubblicato dall’Australian Tax Office (TR 2010/7, October 27) in base al quale “it
does not specify the method to be used to determine an arm’s-lenght price for debt funding, saying only
that the most appropriate method will depend on the facts and circumstances of each taxpayer’s situation.
This puts the onus on foreign-owned firms abiding by the thin capitalization rules to establish an arm’s-
length interest rate for their debt funding and to demonstrate that the methods adopted to determine the
rate are the most appropriate for their situation.”
Special Purpose Acquisition Companies (SPAC)
Rappresentano un’interessante alternativa (molto diffusa negli Stati Uniti) ai fondi private equity, adatta ad
esempio nel salvataggio delle PMI (Mbo), mediante l’acquisizione per il tramite di una NewCo quotata. Il
punto di forza di questa soluzione si basa sulle capacità e sulla reputazione del management (gestori) nel
reperire quell’investimento necessario per la quotazione della società e l’acquisizione della società in
sofferenza, entro i 12/24 mesi. Se entro tale termine la procedura non si dovesse concludere, il capitale, nel
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frattempo investito in un conto corrente fruttifero, viene rimborsato ai finanziatori. In caso di esito positivo
dell’operazione, invece, il management della SPAC avrà diritto ad una elevata quota del relativo capitale
sociale.
Exchange Traded Fund (ETF)
Generalmente tassato al 12,5%, tale strumento può generare in capo all’investitore sia “redditi diversi” sia
“redditi di capitale”, circostanza quest’ultima che impedisce la compensazioni di minusvalenze conseguite
negli anni precedenti al realizzo del reddito. Ma soprattutto fa dipendere l’obbligo o meno di indicazione dei
redditi prodotti all’interno della dichiarazione annuale dei redditi, a seconda che il regime applicato all’ETF
sia quello del risparmio gestito o amministrato. Fondamentale per l’investitore, e per il private banker, è sia
il monitoraggio e la rilevazione della percentuale di controvalore incassato, ma anche e soprattutto la
tipologia di reddito prodotto.
4. PROBLEMATICHE TRASVERSALI DI CARATTERE FISCALE
GLI IBRIDI
Il trattamento fiscale di uno strumento finanziario cd. ibrido (partecipativo) dipende da come lo stesso è
stato strutturato all’interno del contratto. La sua remunerazione è considerata infatti un dividendo per
l’emittente, se è collegato agli utili aziendali. In caso contrario, il rischio è quello di una riqualificazione,
operata da parte dell’Amministrazione finanziaria in sede contenziosa, del dividendo in interesse, passando
da un trattamento fiscale come equity ad un trattamento come debt.
L’esistenza di strutture ibride pone il problema di individuare le tipologie di reddito interessate
(dividendo, interesse) soprattutto nei casi in cui i redditi vengono ricondotti alle categorie residuali degli
“Utili di capitale” e degli “Altri redditi”, solitamente individuate negli articoli n. 13 e n. 21 delle Convenzioni
internazionali contro le doppie imposizioni, tassati in modo differente dai diversi paesi.
A titolo esemplificativo indichiamo di seguito i rispettivi articoli del trattato bilaterale tra Italia e Regno Unito:
Art. 13 (Utili da capitale)
“… Gli elementi di reddito di un residente di uno Stato contraente, qualsiasi ne sia la provenienza, esclusi i redditi
derivanti da associazioni commerciali (trusts) o da eredita' giacenti nel corso della loro amministrazione, che non sono
stati trattati negli articoli precedenti della presente Convenzione, sono imponibili soltanto in detto Stato. …”
Art. 22 (Altri redditi)
“…4. Gli utili derivanti dalla alienazione di ogni altro bene diverso da quelli menzionati nei paragrafi precedenti del
presente articolo sono imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante e' residente.
5. Le disposizioni del paragrafo 4 del presente articolo non pregiudicano il diritto di uno Stato contraente di prelevare,
conformemente alla propria legislazione, una imposta sugli utili, derivanti dalla alienazione di un qualsiasi bene,
realizzati da una persona fisica che:
a) e' residente dell'altro Stato contraente; e
b) e' stata residente del predetto primo Stato contraente in un qualsiasi momento nel corso dei cinque anni
immediatamente precedenti l'alienazione del bene; e
c) non e' soggetta ad imposta per tali utili nell'altro Stato contraente. …”
I contribuenti più “smaliziati” tentano solitamente di far ricondurre all’interno di queste due categorie di
reddito quei redditi che non sono inquadrabili in modo specifico all’interno dello Stato della fonte del reddito
o in altri articoli della Convenzione bilaterale.
Un altro esempio della complessità nell’interpretazione della corretta tassazione dei redditi collegati a
determinati strumenti finanziari (denominati “proventi equivalenti”), è rappresentato dai “titoli atipici” (es.
bond perpetual) intesi come quei titoli non riconducibili né alle azioni (in quanto il loro rendimento non è
collegato solamente ai risultati economici aziendali) né alle obbligazioni cd. corporate (non garantendo la
restituzione del capitale). Dopo alcuni interventi dall’Amministrazione finanziaria italiana (da ultimo la CM n.
10/E del 2005), si può affermare che la preponderanza di tali titoli verso una delle due tipologie di strumenti
finanziari (azione o obbligazione), implica anche una differente tassazione, rispettivamente del 12,5%, a
titolo di imposta sostitutiva, o del 27%.
Per quanto visto sopra, nel rispetto della normativa sul transfer pricing, anche la forma di remunerazione
prevista per lo strumento ibrido deve essere in linea con i benchmarking individuabili nel mercato, al fine di
dimostrare l’indipendenza tra le parti contrattuali. E’ stato di recente introdotto un vero e proprio onere
documentale per il contribuente che pone in essere operazioni infragruppo in ambito internazionale ed
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intende prevenire eventuali conseguenze sanzionatorie che dovessero scaturire dai controlli
dell’Amministrazione finanziaria. Il D.L. 31 maggio 2010 n. 78 prevede in questi casi che il contribuente si
sia dotato di un dossier (denominato “masterfile”) contenente l’iter logico ed argomentativo sotteso alle
operazioni internazionali del gruppo.
Tale fascicolo, può contenere ad esempio, particolari accordi stipulati direttamente con l’Autorità fiscale di
un Paese estero, la quale ha ritenuto congruo il tasso di interesse stabilito in sede di stipula del contratto di
finanziamento erogato alla (o dalla) società italiana. Tali accordi, denominati Ruling, o anche Advance
Pricing Agreement (APAs), sono istituti tipicamente e usualmente utilizzati per esempio in Austria, Olanda,
India, Cina ma ancora lontani anni luce dalla cultura fiscale italiana.
L’individuazione delle hybrid entities (siano esse strutture o strumenti finanziari) non è di poco conto se si
pensa che alcune normativa nazionali antiabuso (v. Germania), tassano “per trasparenza” i redditi
conseguiti da questi veicoli: al termine dell’esercizio attribuiscono in capo ai soci persone fisiche o
giuridiche il reddito ancorché non distribuito sotto forma di dividendi o altre tipologie (ibride) di utili da
capitale.
(Esemplificazione)
Situazione di partenza: la società A eroga un finanziamento a favore della società B in cambio di un tasso
di interesse prestabilito. L’effetto è la deducibilità fiscale dell’interesse in capo a B e la tassazione su A
dello stesso in quanto componente di reddito.
Situazione post contestazione / riqualificazione del reddito: da un’analisi sostanziale della struttura
emerge, in sede contenziosa, che in realtà il finanziamento si può considerare come un apporto di capitale
a favore della società B. L’interesse da questa erogato ad A rappresenta nella sostanza un dividendo, e in
tal senso viene riqualificato e tassato nello Stato di A. Ciò può accadere dove esistono normative interne
contro la sotto capitalizzazione delle imprese (thin capitalization rules) e dove interessi e dividendi hanno
un diverso trattamento nelle convenzioni internazionali bilaterali. L’effetto fiscale sulla società B è
l’indeducibilità dell’interesse inizialmente dedotto, in quanto considerato un dividendo occulto (e i dividendi
non sono per definizioni deducibili fiscalmente da parte della società che li eroga). Questo soprattutto nei
casi in cui il tasso di interesse fissato per il prestito non è in linea con i tassi utilizzati nei mercati di
riferimento dei due Paesi, in quanto non adottato da parti contrattuali indipendenti.
LA DIRETTIVA RISPARMIO (2003/48/CE) : QUALI I NUOVI SCENARI PER L’EURORITENUTA?
Rispetto alle normative interne nazionali, viene fatto salvo il caso dei redditi percepiti da soggetti persone
fisiche residenti nell’Unione Europea per i quali resta ferma l’applicazione dell’Euroritenuta.
In base alla Direttiva 2003/48/CE del Consiglio del 3 giugno 2003 sul risparmio transfrontaliero, gli agenti
pagatori, in Italia, non applicano la ritenuta sugli interessi pagati ad investitori persone fisiche che sono
“beneficiari effettivi” di tali pagamenti e hanno la residenza fiscale in un altro Paese UE. Questo in funzione
di specifici accordi firmati anche dal nostro Paese in adesione allo scambio automatico di informazioni,
volto ad inviare alle autorità fiscali del Paese di residenza del beneficiario effettivo i dettagli dei pagamenti
dallo stesso ricevuti e le informazioni necessarie ad identificarlo come appunto effettivo beneficiario dei
redditi erogati.
L’Euroritenuta, concepita nel 2003 per convivere con il segreto bancario in Europa, alla luce soprattutto dei
recenti casi di “cronaca finanziaria”, risulta ormai fuori dal contesto e anacronistica rispetto all’inasprimento
della lotta ai paradisi fiscali.
A B
finanziamento
interesse
A B
dividendo
apporto di capitale
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IL CONCETTO DI “BENEFICIARIO EFFETTIVO”
Esiste una fitta rete di convenzioni bilaterali stipulate tra le tax authorities dei vari Paesi volte a risolvere
problemi di doppia imposizione del medesimo reddito in capo ai due Stati firmatari: quello di residenza del
soggetto erogatore del reddito e quello di residenza del percettore.
Tali convenzioni, a seconda degli obiettivi anche economici e politici che le due amministrazioni fiscali
hanno inteso raggiungere in sede di accordo, sono sovente portatrici di clausole e previsioni agevolative
rispetto ad altre convenzioni. La ricerca di strutture ed operazioni che interessino Paesi dotati di
convenzioni o normative particolarmente favorevoli, fenomeno noto come treaty shopping e rule
shopping, ha costretto le stesse amministrazioni a contrastare tale abuso attraverso clausole
convenzionali per l’individuazione del beneficial owner. Il treaty shopping viene solitamente perpetrato
mediante l’interposizione di una società di comodo detta conduit company, il cui unico scopo è quello di
farvi transitare flussi di reddito destinati, alla fine, al beneficiario effettivo finale, inteso non in senso formale,
ma sostanziale, come colui che ha il diritto incondizionato di beneficiare direttamente del reddito ed il
potere di poterne disporre. L’intervento della conduit è appositamente studiato per beneficiare del network
di convenzioni firmate dal paese di residenza della società.
Non esiste una sua definizione all’interno della normativa fiscale italiana. Vi sono però numerose sentenze
emesse dalla Corte di Giustizia Europea (v., tra tutti, i casi Royal Bank of Scotland, Prevost Holding BV).
Da ultimo si segnala anche la recente sentenza della Commissione Tributaria di Torino (n. 124/09/10 del
19.10.2010), particolarmente chiara ed esaustiva nell’illustrare il fenomeno dell’abuso dei trattati
internazionali (treaty shopping) con particolare riferimento all’applicazione della clausola convenzionale del
“beneficiario effettivo”. In questo contesto, si legge nella sentenza, è da escludere “che il destinatario del
pagamento delle royalties debba considerarsi beneficiario effettivo per il solo fatto di essere il percettore
formale dei proventi, ben potendo questi essere niente di più che un intermediario attraverso il quale si
realizza l’interposizione di un diverso soggetto, al quale è sostanzialmente destinato il beneficio. A tal fine
appare rilevante stabilire se la società che percepisce i canoni abbia fornito piena autonomia anche
organizzativa (operativa) nell’attività economica da cui derivano i proventi in realtà destinati ad altri
soggetti, circostanza quest’ultima che potrebbe risultate avvalorata dal fatto di essere controllata al 100%
da un unico azionista”.
Il “beneficiario effettivo” ai fini della direttiva Risparmio si intende quindi la persona fisica che percepisce il
pagamento dell’interesse e lo trattiene a proprio vantaggio. Il medesimo soggetto, non è identificabile come
beneficiario effettivo, qualora lo stesso agisca come agente pagatore (quindi per conto di un’altra persona
fisica che è il reale beneficiario effettivo) o per conto di una persona giuridica o di un fondo d’investimento.
Il concetto non è il medesimo utilizzato nell’ambito della normativa antiriciclaggio, con riferimento alla quale
vuole indicare invece il soggetto dal quale provengono i fondi (beneficiario economico). In tal senso si
muovono anche le attuali norme che regolamentano l’attività di compliance svolta dal private banker e le
recenti disposizioni americane del Foreign Account Tax Compliance Act (U.S. FATCA).
OPERAZIONI PRIVE DI VALIDE RAGIONI ECONOMICHE
Nell’ambito delle operazioni finanziarie si annoverano negli ultimi anni numerose sentenze delle
Commissioni tributarie e della Corte di Cassazione, in base alle quali le operazioni poste in essere al solo
fine di ottenere un vantaggio fiscale possono considerarsi elusive (art. 37-bis Dpr 600/73) in quanto attuate
per un fine distorto rispetto a quello ispiratore (l’utilità sociale) di quelle norme fiscali alla base della validità
civilistica di determinate operazioni economiche e finanziarie.
Si è delineato così in ambito tributario il concetto di abuso del diritto, riferibile a quelle operazioni studiate
e determinate per un solo vantaggio fiscale senza il quale risulterebbero prive di una valida ragione
economica.
Di recente, la Corte di Cassazione (sentenza n. 22994 dep. 12.11.2010), ha ritenuta addirittura “fittizia”,
ancorché effettivamente realizzata, l’architettura sottostante ad una classica operazione di dividend
washing. Un’altra architettura sotto l’occhio attento del Fisco è quella riconducibile al cd. dividend
stripping. Tali articolate operazioni risultano di una complessità tale che spesso le sentenze tributarie non
sono unanime nei principi e nelle conclusioni raggiunte su tali problematiche. Da ultima la Commissione
Tributaria Regionale dell’Abruzzo (sentenza n. 215/09/2010, dep. 14.09.2010), in controtendenza rispetto
alle sue precedenti pronunce, ha ritenuto che l’aumento della numerosità delle operazioni di compravendita
di un titolo in prossimità della data di riscossione dei dividendi, è una circostanza commercialmente
spiegabile e da sola non rappresenta un indizio certo di simulazione dell’operazione nel suo complesso
volta all’elusone fiscale. Neanche se il soggetto che riacquista il titolo è anche il precedente venditore. Con
queste conclusioni Goldman Sachs ha vinto in secondo grado. La stessa Commissione, di fronte ad una
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fattispecie simile, è giunta ad opposte conclusioni, negando alla Lehman Brothers il diritto al rimborso dei
crediti d’imposta maturati a fronte di temporanee cessioni di titoli societari italiani a favore di società con
sede in paesi (es. UK) aventi con l’Italia trattati contro le doppie imposizioni. In base a tali trattati il
dividendo viene tassato nel Paese in cui lo stesso viene incassato, solitamente a minore tassazione. Subito
dopo l’incasso, la banca del Paese estero chiede all’Amministrazione finanziaria italiana il rimborso delle
maggiori imposte pagate in Italia al momento del pagamento del dividendo. Dopo tale richiesta, si assiste
solitamente ad un ri-trasferimento dei titoli al proprietario/detentore originario. Meccanismo tipico proprio
delle operazioni di dividend stripping, perpetrato mediante accordi, strutture societarie, veicoli e strumenti
finanziari senz’altro civilisticamente leciti per quanto riguarda la validità contrattuale, ma sempre più
facilmente contestabili da parte del Fisco anche negli altri Paesi della UE. Il fattore tempo, ovvero la
brevità temporale entro la quale le operazioni finanziarie avvengono, è uno dei principali indizi della loro
potenzialità elusiva.
LA SUCCESSIONE INTERNAZIONALE
Particolarmente complesse sono le questioni legate all’attività del family officer coinvolto nello studio
dell’impatto fiscale conseguente l’apertura di una successione dai connotati transnazionali.
Suggestiva in tal senso è sicuramente la seguente situazione:
La situazione personale e professionale del de cuius lo coinvolgono, dal punto di vista dell’imposta di
successione, in quattro Paesi.
Per contenere l’impatto fiscale di una tale situazione, bisogna analizzare il regime successorio nei diversi
Paesi e valutare il migliore spostamento di persone e beni. I criteri di tassazioni nei diversi Paesi sono i
seguenti:
- imposizione su base mondiale, cioè sui beni del defunto ovunque situati al momento del decesso
(Italia);
- il non residente/ non domiciliato / non cittadino viene tassato solo sui beni presenti nello Stato;
- imposizione sui beni presenti nello stato, a prescindere da residenza/domicilio/nazionalità di de
cuius ed eredi (Portogallo, Principato di Monaco, Hong Kong, Singapore);
- imposizione in base alla residenza/domicilio/nazionalità degli eredi (Giappone).
Problemi particolari:
- auto di lusso situata in un Paese diverso da quello di iscrizione nel registro (beni soggetti a
registrazioni);
- detenzione in più Paesi di opere d’arte e di altri preziosi (beni mobili);
- beni immobili (non detenuti per il tramite di società immobiliari): rischio di doppia tassazione nel
Paese in cui è situato l’immobile ed in quello di decesso del de cuius o di residenza degli eredi.
La migliore pianificazione è sicuramente quella fatta in vita.
ITALIA
DE CUIUS
cittadino italiano
(luogo de decesso)
UK
DE CUIUS: domicilio
1 EREDE
FRANCIA
DE CUIUS: residenza fiscale
1 EREDE
Pr. Di MONACO
DE CUIUS: immobile di proprietà
1 EREDE
GIAPPONE
1 EREDE
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I RECENTI ORIENTAMENTI IN SEDE OCSE
L’evoluzione politica, amministrativa e fiscale raggiunta da alcuni paesi appartenenti all’Ocse, rappresenta
un forte richiamo per progetti imprenditoriali ed attività professionali,
Si ampliano quindi le opportunità finanziarie offerte da alcune piazze finanziarie tra le quali quella collegata
allo Straits Times di Singapore, verso il quale vengono “dirottate” le multinazionali in cerca di un punto
geograficamente strategico per la propria competitività, richiamate dagli incentivi per la ricerca e
un’apertura al mercato alla quale fanno seguito altresì i maggiori istituti di credito e finanziari, anche italiani.
Tra le competenze del private banker e del family officer globale vi è oggi anche quello di prendere
consapevolezza e dimestichezza con i lavori e le pubblicazioni elaborate dai dipartimenti fiscali dell’Ocse,
oltre che della Amministrazioni fiscali di tali Paesi. In primis le periodiche e sempre più frequenti liste di
Paesi considerati cooperativi nella lotta all’evasione e alle frodi internazionali. Di recente proprio Singapore
è uscito dalla lista grigia dell’Ocse, sdoganandolo dall’etichetta di piazza finanziaria off-shore.
Al fine di dare al presente lavoro un certo spessore pragmatico, è necessario non sottacere che spesso
questi accordi di cooperazione internazionale rimangono teorici, in quanto il perdurare della riservatezza
bancaria ed un sistema fiscale fortemente agevolativo fanno di questi Paesi realtà finanziarie fortemente
competitive.
Il Comitato Affari Fiscali (CFA) dell’ Ocse sta sviluppando due attesi progetti, uno con riferimento agli High-
Net-Worth Individuals (HNWI), per mezzo del quale l’OCSE intende porre per una maggiore attenzione
(tax compliance) alle pianificazioni fiscali aggressive dagli stessi adottate, l’altro, denominato “Granting of
Treaty Benefits with respect to the Income of Collective Investment Vehicles” (CIVs), intende migliorare
lo scambio di informazioni tra gli intermediari (QI) al fine di individuare il reale Beneficiario Effettivo e
ridurre i costi legati alle pratiche di rimborso delle maggiori ritenute applicate.
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5. LA PROFESSIONE DEL PRIVATE BANKER
Nulla di nuovo sul versante dei regimi fiscali possibili per l’esercizio di tale attività, inquadrata nell’ambito
del reddito da lavoro autonomo.
Le alternative possibili per il private banker, all’inizio della sua attività, rimangono i seguenti.
Regime ordinario: obbligo di tenuta della contabilità e di registrazione e liquidazione periodica
dell’Iva. Sul reddito si applicano le ordinarie aliquote Irpef, a scaglioni, e gli studi di settore.
Regime delle nuove iniziative (art. 13, Legge n. 388/2000): regime opzionale che interessa solo i primi
tre periodi d’imposta. L’attività “iniziata” deve essere “nuova” nel senso che non deve costituire in
alcun modo mera prosecuzione della medesima attività svolta in precedenza in forma di lavoro
dipendente o autonomo o di collaborazione a progetto. Esonero dall’obbligo della tenuta della
contabilità e dagli obblighi di registrazione e liquidazione periodica dell’Iva. Vi possono accedere le
persone fisiche che conseguano ricavi annui non superiori ad euro 30.987. L’attività svolta è
soggetta all’applicazione degli studi di settore. Sul reddito si applica un’imposta sostitutiva del 10%,
in sostituzione dell’Irpef. Tale reddito viene tassano all’interno della dichiarazione annuale dei
redditi, in modo separato rispetto ad eventuali altri redditi e senza la possibilità di detrarre,
dall’imposta sostitutiva calcolata, eventuali oneri detraibili propri o delle persone eventualmente a
carico (es. spese mediche, interessi su mutui, polizze vita, agevolazioni 36% o 55%, etc.).
Regime dei minimi (art. 1, c. da 196 a 117, Legge n. 244/2007): scelta opzionale valida per almeno tre
esercizi, al termine dei quali può continuare se rimangono i requisiti. Esonero dall’applicazione
delle imposte Iva, Irap e degli studi di settore. Esonero dagli obblighi di registrazione e di tenuta
delle scritture contabili e di registrazione e liquidazione periodica dell’Iva. Vi possono accedere le
persone fisiche che abbiano ricavi annui non superiori ad euro 30.000, siano senza dipendenti, che
nel triennio precedente non abbiano effettuato acquisti di beni strumentali (es. auto) per un
ammontare superiore ad euro 15.000, e non siano nel contempo altresì soci di società di persone.
Sul reddito si applica un’imposta sostitutiva del 20%. Tale reddito viene tassano all’interno della
dichiarazione annuale dei redditi, in modo separato rispetto ad eventuali altri redditi e senza la
possibilità di detrarre, dall’imposta sostitutiva calcolata, eventuali oneri detraibili propri o delle
persone eventualmente a carico (es. spese mediche, interessi su mutui, polizze vita, agevolazioni
36% o 55%, etc.).
IL REDDITOMETRO: ACCERTAMENTO SINTETICO
Di estrema attualità è invece l’obiettivo dichiarato dell’Amministrazione finanziaria di contrastare il
fenomeno dell’omessa dichiarazione di alcune categorie di reddito, per il tramite degli accertamenti volti ad
individuare le motivazioni alla base di una capacità economico-finanziaria (stile di vita) non in linea con i
redditi conseguiti: il cd. redditometro (D.L. 31.5.2010 n. 78, art. 22; art. 38, c. 4 e ss, Dpr 600/73).
Si pensi semplicemente alla detenzione di autovetture di grossa cilindrata, al pagamento delle rette per la
frequenza di scuole private dei figli, per frequenti vacanze, pagamento di premi per polizze vita e fondi
pensione, collaboratrici domestiche, oltre naturalmente a operazioni di compravendita immobiliare. Sono
tutti indicatori di consumo ritenuti indicativi del tenore di vita condotto dal nucleo famigliare. Per questo
vengono moltiplicati per altrettanti indici e coefficienti, previsti su base tabellare, ottenendo una
ricostruzione presuntiva del reddito del contribuente.
La tentazione quindi di ridurre il reddito professionale mediante la deduzione di fatture per servizi di
consulenza o intermediazione finanziaria, ricevute da operatori nazionali od esteri, pur dotate del requisito
dell’ inerenza all’attività esercita (ed in quanto tali dedotte dal reddito) può avere l’effetto di ridurre il reddito
dell’attività in modo tale da essere sì “congruo” e “coerente” ai fini degli ormai noti Studi di Settore, ma non
sufficienti dal punto di vista “redditometrico” a giustificare un tenero di vita ed un livello di consumi personali
non giustificati dal reddito famigliare.
Tale tipo di accertamento fiscale può oggi facilmente scattare in situazione particolari quali:
- godimento di risparmi pregressi;
- esistenza di coppie di fatto;
- percezione di indennizzi e somme riscosse a titolo di risarcimenti patrimoniali;
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- somme derivanti da eredità, donazioni o vincite;
- percezione di redditi esenti o soggetti a imposizione alla fonte a titolo d’imposta.
Il rischio è sia per la clientela private sia per i loro consulenti.
Redditi di natura finanziaria, conseguenti ad investimenti e disinvestimenti, potendo ben essere esenti ai
fini Irpef (es. alcuni Bot, Cct e simili) ovvero soggetti ad una ritenuta “secca” o a “imposta sostitutiva”, non
confluendo nella dichiarazione dei redditi, potrebbero non essere intercettati dall’incrocio delle banche dati
tributarie (comprese quelle gestite dall’Inps, dall’Agenzia del Territorio, dai Comuni), con conseguente
richiesta di chiarimenti da parte del Fisco.
Ecco perché il redditometro va di pari passo con gli accertamenti di tipo bancario anche se l’Agenzia delle
Entrate ha avuto modo di precisare (CM n. 49/E del 2007) che non va dimostrato l’utilizzo dei fondi ma la
loro provenienza, provenienza di quello che potrebbe essere considerato un reddito non dichiarato (che ha
permesso di sostenere determinate spese).
Attualmente sono in vigore due normative che disciplinano l’applicazione pratica del redditometro,
rispettivamente per l’accertamento delle annualità fino al 2008 e per il 2009. E’ attesa tuttavia una nuova e
definitiva versione di tale strumento, entro la fine del 2010, una versione in grado di attenuare gli effetti, per
certi versi a volte molto penalizzanti per il contribuente, delle due iniziati versioni.
La convivenza di più regimi applicativi influisce inevitabilmente anche sull’iter e sulle modalità di difesa
(onere della prova) a disposizione del cliente/consulente.
LO STATO DELL’ARTE NELL’AMBITO DELLE VERIFICHE SUI
CONTI CORRENTI BANCARI DEL CONSULENTE
Negli ultimi tempi si è assistito ad una fiorente produzione di sentenze da parte della giurisprudenza in
materia di accertamenti sui movimenti in entrata ed uscita dai conti correnti bancari, sulla scia anche di una
normativa anti riciclaggio sempre più stringente.
Abbandonata l’automatica presunzione che ogni movimento da e verso il conto corrente del professionista
o dell’impresa, non giustificato/giustificabile, rappresenta fiscalmente un ricavo non contabilizzato e quindi
un reddito non dichiarato, vi sono alcune evoluzioni sul tema, importanti sia per l’operatività pratica del
cliente private coinvolto nelle operazioni finanziarie, sia per il consulente che lo supporta e lo assiste.
Non è infatti necessaria la corrispondenza dei singoli incassi con i versamenti in conto corrente: è
sufficiente la loro corrispondenza direttamente con i movimenti registrati nella contabilità (CTP di Roma
sentenza n. 455/2/2010). Nel caso poi di una società la cui compagine sociale e la cui amministrazione
sono riferibili ad un unico ristretto gruppo familiare, l’esistenza del rapporto familiare stesso è sufficiente a
giustificare, salvo prova contraria, la riferibilità alla società delle operazioni riscontrate sul conto bancario di
un parente stretto dell’amministratore unico (in tal senso, con un decisivo cambio di rotta, si è espressa
l’ordinanza della Cassazione n. 19493 del 13.9.2010). In altri casi, la stessa Corte è giunta ad altre
conclusioni (Cassazione sentenze n. 20197 del 24.09.2010 e n. 21318 dep. 15.10.2010), affermando che il
rapporto di coniugio o di parentela, o la qualifica di amministratore o di dipendente di una società,
determinano un legame talmente stretto da realizzare una sostanziale identità di soggetti, tale da
giustificare, salvo prova contraria del contribuente, la ricostruzione fatta dal Fisco.
Ancora, negli accertamenti bancari i prelevamenti possono essere riconosciuti quali costi, se il contribuente
prova di averli sostenuti (Cassazione, sentenza n. 20735 del 6.10.2010)
RIMBORSO DELL’IRAP VERSATA NEGLI ESERCIZI PRECEDENTI
Una giurisprudenza ormai consolidata conferma l’esonero dal pagamento dell’imposta Irap per i private
bankers sprovvisti del requisito, tanto discusso, dell’ “autonoma organizzazione”, qualora siano privi di
personale dipendente, di collaboratori e dotati di un ammontare di beni strumentali per l’esercizio della
propria attività che non eccede il minimo indispensabile.
Dott. Lino Lunardi
LLUUNNAARRDDII &&&&&&&& PPAARRTTNNEERRSS
SS TT UU DD II OO
Padova Vicenza Milano
lunardi@consulenti-aziendali.com

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  • 1. Il futuro del private banking e del family office _________________________________________ Studio Lunardi & Partners © 1 1. Considerazioni generali: gestione, protezione, valorizzazione e trasmissione patrimoniale. 2. La variabile “tempo” 3. Analisi di alcuni strumenti 4. Problematiche trasversali di carattere fiscale 5. La professione del private banker 1. CONSIDERAZIONI GENERALI Le nuove sfide che attendono oggi la figura del private banker e del family officer richiedono che lo stesso faccia proprie competenze multidisciplinari, trasversali su più aree professionali, capacità di collegare norme, strutture, alternative, problemi, criticità, nazionali ed estere, mercati, conoscenza delle procedure, della prassi e delle interpretazioni ministeriali, rischi. Ovvero: capire il cliente. Capire cosa vuole, quali sono i “reali obiettivi”: capire che non sempre sono legati ad ottenere necessariamente una minore tassazione. A volte concause personali, problematiche famigliari, ereditarie o professionali, motivano atteggiamenti del cliente apparentemente irrazionali: soluzioni e percorsi fiscalmente penalizzanti solo per l’esclusione di un erede dal trasferimento successorio o la fuga dai creditori. Ed in questi casi, la fretta o la frenesia del cliente, possono essere cattive consigliere. Non è detto che le migliori soluzioni siano solo quelle più sofisticate e complesse. Vedremo che istituti quali il fondo patrimoniale, la società semplice o il patto di famiglia, piuttosto che una soluzione di private insurance, pur restando in un ambito nazionale, possono essere un punto di partenza sufficiente nella gestione del patrimonio ed il raggiungimento degli obiettivi della clientela. Analisi della situazione e delle esigenze, alcuni esempi. SITUAZIONE ESIGENZE PERSONALI livello di istruzione elevati rendimenti competenze in ambito finanziario tutela da terzi creditori FAMIGLIARI presenza di figli, persone malate, successione ereditaria separazioni in corso mantenimento dello stile di vita PROFESSIONALI manager, artisti, sportivi, trattamento fiscale e previdenziale dei manager medici, politici, rischi legati alla professione esercitata sindaci di collegi sindacali passaggi generazionale dell’azienda Non è possibile suddividere gli strumenti a disposizione del private banker o del family officer a seconda che consentano, presi singolarmente, la GESTIONE PROTEZIONE VALORIZZAZIONE TRASMISSIONE del patrimonio affidato, in quanto rappresentano delle funzioni e degli obiettivi complementari, degli ingredienti indispensabili in ogni ricetta volta a rispondere a richieste sempre più complesse. Le alternative e gli istituti che verranno analizzati nel corso del presente lavoro, sono sicuramente tutti strumenti di gestione, utilizzati allo scopo di valorizzare gli assets e le risorse del cliente, ma sono dotati di diversi livelli di protezione. CRITICITA’ DEL TRATTAMENTO FISCALE DEI PRODOTTI FINANZIARI E DEL PRIVATE BANKER
  • 2. Il futuro del private banking e del family office _________________________________________ Studio Lunardi & Partners © 2 GESTIONE La gestione di un patrimonio o di un investimento, a seconda delle dimensioni e degli obiettivi, può essere strutturata sottoforma di intestazione diretta, da parte della cliente private, oppure per il tramite di una struttura appositamente dedicata (es. società, fondo, fondazione). Il dilemma è particolarmente sentito negli investimenti immobiliari, non solo per la gestione dei patrimoni famigliari ma anche in presenza di business plan di progetti commerciali o industriali. I cambiamenti normativi intercorsi negli ultimi anni proprio nella tassazione delle transazioni immobiliari e delle società immobiliari, ha reso particolarmente difficile valutare il piano di fattibilità di un investimento finanziario indirizzato al real estate. Si pensi alle modifiche intercorse, da un giorno all’altro, nell’Iva, a partire da luglio 2006, e precisamente all’estensione dei casi di esenzione dall’applicazione di tale imposta. Fino alla disciplina delle cd. “società di comodo”, che prevede comunque una tassazione in capo alla società immobiliare qualora questa non sia in grado di garantire un reddito annuo minimo. Proprio la problematica riconducibile alle società “di mero godimento”, ha rivalutato l’interesse verso le società semplici, come più avanti approfondito. Da ultimo si pensi all’introduzione della cd. cedolare secca che ha reso maggiormente appetibile la detenzione diretta di immobili concessi in locazione da parte di persone fisiche, rispetto alla gestione per il tramite di una società immobiliare. Con il pagamento di un’imposta del 20% sui canoni di locazione (scelta opzionale in sede di dichiarazione dei redditi), si può evitare di ricadere nella tassazione per scaglioni tipica dell’Irpef e in quella, comunque maggiore, derivante dall’applicazione dell’Ires (27,5%) nelle società di capitali. La gestione diretta o tramite struttura dedicata (società, fondo), di patrimoni mobiliari e immobiliari, è fortemente legata al problema della loro residenza fiscale. Da qui l’importanza di focalizzare l’attenzione sulla propensione all’internazionalizzazione del cliente o della famiglia, qualora si scelgano soluzioni oltre confine. Lo studio di fattibilità predisposto dal private banker deve così tener conto del livello sociale del cliente, del suo livello istruzione (anche in ambito finanziario), della professione svolta (manager, libero professionista, artista, sportivo, inventore). Le soluzioni gestorie sono infatti numerose: società semplice, holding di famiglia, fondazioni estere, detenzione diretta o tramite fondo di opere d’arte e di antiquariato (art banking), private equity, leasing nautico, oppure strumenti più innovativi come gli SPAC di origine statunitense; la scelta è in funzione dell’ammontare del patrimonio da gestire, dall’età del cliente, dalla sua disponibilità agli spostamenti, dall’esigenza/opportunità di vivere e/o lavorare all’estero e/o in Italia. PROTEZIONE Oltre alla tutela dalle rivendicazioni di terzi creditori, dalle procedure concorsuali e nei passaggi generazionali di aziende e quote societarie nell’ottica della continuità manageriale, bisogna altresì considerare i rischi di un contenzioso tributario, ad esempio sulla residenza fiscale o sulla tassazione del reddito generato o sulle normative applicate (v. treaty shopping o rule shopping, come di seguito approfonditi). L’autorità fiscale italiana, o di un altro Paese, può ricondurre all’ambito delle operazioni ritenute elusive, determinate operazioni, strutture o strumenti finanziari, in sé leciti e civilisticamente validi, ma adottati dal contribuente con il precipuo e unico scopo di un aggirare gli obiettivi voluti dal legislatore fiscale, per conseguire un abbattimento delle imposte da versare all’Erario. Circostanze di natura tributaria che possono minare la protezione degli investimenti. VALORIZZAZIONE Non si intende con il presente lavoro entrate nel merito delle tecniche di investimento migliori, in grado di aumentare il rendimento delle singole forme di investimento, subordinate certamente al propensione al rischio del cliente e alla possibilità di diversificare gli investimenti alla luce soprattutto della disponibilità di ingenti patrimoni. L’attenzione del private banker e del family officer deve però essere rivolta anche a tutte quelle situazioni, non prettamente dipendenti da variabili di tipo finanziario, in grado di incidere, sotto forma di perdita di valore, sul rendimento finale dell’investimento: in primis la variabile fiscale. Come vedremo, il rischio che un reddito (interesse o dividendo) venga riqualificato dal Fisco sotto una diversa categoria, con regole di tassazione differenti da quelle ipotizzate con il cliente, può avere effetti molto pesanti sul risultato finale della gestione patrimoniale. Non si parla solo delle implicazioni e dei costi legati alle contestazioni con il Fisco, dovute all’errata applicazione di ritenute d’acconto o d’imposta (per la differente tassazione che connota i redditi da capitale rispetto ai redditi diversi) o all’utilizzo di esenzioni o crediti d’imposta non dovuti, ma anche alla tassazione in capo agli eredi dei beni del defunto alla data del decesso.
  • 3. Il futuro del private banking e del family office _________________________________________ Studio Lunardi & Partners © 3 TRASMISSIONE Un altro aspetto delicato riguarda la prevenzione di liti ereditarie e di un eventuale traumatico smembramento dell’azienda o delle partecipazioni societarie, ovvero l’assegnazione di tali beni a soggetti inidonei a garantire la loro continuità gestionale. Lo strumento scelto dal consulente dovrebbe: assicurare la continuità aziendale per il tramite di una compagine ereditaria competente, evitando una lunga, costosa ed inutile divisione del patrimonio immobiliare della famiglia all’atto dell’apertura della successione; assicurare ai bisogni della famiglia in genere o, nello specifico, ai figli nati durante il matrimonio, le risorse patrimoniali sufficienti per il proprio percorso di studi o il perdurare dell’attività imprenditoriale. Su queste premesse si fondano i presupposti di costituzione di “vincoli di destinazione” quali ad esempio il fondo patrimoniale ed il patto di famiglia. 2. LA VARIABILE “TEMPO” L’impatto fiscale di determinate scelte, da condividere con il cliente, è influenzato da cambiamenti normativi sempre più frequenti, dalla giurisprudenza contrastante e dalle interpretazioni ministeriali contraddittorie. Una volta individuati gli obiettivi che si vogliono raggiungere con la gestione patrimoniale o con l’investimento da effettuare, occorre stabilire l’arco temporale necessario e le scadenze degli step intermedi. La successione ereditaria e quella generazionale dell’azienda vanno gestite per tempo, consci che possono essere influenzate dall’instabilità politica e sociale, da eventi personali quali l’allargamento della famiglia, decessi, trasferimenti di residenza per motivi di studio o professionali. Un altro accorgimento spesso trascurato dai consulenti, riguarda il calcolo dei tempi e dei costi prevedibili in caso di contenzioso tributario o di scelta del cliente di cambiare struttura di investimento o di gestione patrimoniale. Vi sono infatti soluzioni finanziarie molto efficaci, ma molto penalizzanti in caso di errori o di difformi interpretazioni delle normative da applicare. 3. ANALISI DI ALCUNI STRUMENTI Nella parte che segue sono stati sintetizzati i tratti distintivi di alcuni prodotti/strumenti finanziari e di alcune modalità di gestione patrimoniale particolarmente interessanti, così da poter cogliere le principali problematiche sottostanti all’ottimizzazione del carico fiscale e gli aspetti critici funzionali ad un loro utilizzo efficace ed efficiente. A seconda delle soluzioni individuate, i redditi derivanti dagli investimenti possono essere riconducibili a diverse categorie di reddito, ciascuna delle quali con specifiche percentuali di tassazione e diverse regole di determinazione dell’ammontare sul quale applicare l’aliquota d’imposta. Si pensi ad esempio, al diverso trattamento fiscale riconosciuto alle plusvalenze e alle minusvalenze. La conoscenza di queste categorie ed il funzionamento fiscale conseguente, dovrebbero essere ormai parte del bagaglio culturale del private banker, così da poter indirizzare il cliente verso quelle soluzioni a lui maggiormente confacenti rispetto alla situazione personale e imprenditoriale. I “redditi finanziari” possono rientrare nelle seguenti categorie. Reddito d’impresa: conseguito quando l’investimento è gestito da un’impresa o società commerciale (es. Special Purpose Vehicle - SPV, holding di famiglia, etc). Redditi diversi (art. 67 D.P.R. n. 917/1986; D.Lgs. n. 461/1997; art. 26 D.P.R. 600/73) - Derivano dalla “negoziazione” di un’attività finanziaria: plusvalenze, minusvalenze. La loro tassazione può avvenire nell’ambito del o “regime della dichiarazione”: le operazioni sono svolte e gestite direttamente dall’investitore. La tassazione avviene all’interno della sua annuale dichiarazione dei redditi. Le minusvalenze si possono compensare con le plusvalenze realizzate nel medesimo anno solare; l’eventuale eccedenza è compensabile fino alla scadenza del 4° periodo d’imposta successivo. o “regime del risparmio amministrato”: le operazioni sono svolte e gestite tramite un intermediario, il quale calcolerà e verserà le relative imposte. L’investitore in questo caso è esonerato dall’obbligo di
  • 4. Il futuro del private banking e del family office _________________________________________ Studio Lunardi & Partners © 4 presentare la dichiarazione dei redditi. Le minusvalenze sono compensabili solo con plusvalenze realizzate in periodi successivi, ma entro il quarto, e presso lo stesso intermediario. o “regime del risparmio gestito”: è il gestore del patrimonio che calcola e versa le imposte. L’investitore in questo caso è esonerato dall’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi. All’interno di questo regime, i redditi diversi di possono compensare con i redditi di capitale maturati nell’esercizio. Redditi di capitale (D.Lgs. n. 461/1997) - Derivano dalla “detenzione” di un’attività finanziaria: interessi, cedole, dividendi. ART BANKING Il patrimonio artistico rappresenta una quota importante della ricchezza investita in beni reali da parte della clientela private. Al di là delle necessarie competenze specifiche legate all’art advisory, il family officer deve essere in grado di individuare quali sono le principali implicazioni fiscali che impattano direttamente ed in modo determinante nella protezione dell’investimento in beni artistici, influendo sul godimento stesso di questi particolari beni mobili da parte del cliente. La personale passione del cliente non può prescindere dal conoscere qual sia la tassazione di tali beni in caso di morte del detentore, soprattutto laddove a) i beni artistici, b) il defunto e c) gli eredi dello stesso si trovino in Paesi diversi, alla data dell’avvenuto decesso. Questo è un altro dei motivi per i quali la gestione del patrimonio artistico per il tramite di una fondazione o di un fondo è preferibile rispetto alla detenzione e ad godimento diretto. Altre considerazioni rilevanti si possono fare sul versante delle importazioni di opere d’arte provenienti da Paesi extra-UE. Non mancano episodi di applicazione differente della tassa di importazione per opere ed oggetti d’arte e di antiquariato, prevista dalla Legge n. 85 del 22.03.1995. La norma prevede l’applicazione di un’Iva sull’import pari al 10%. Una circolare del Ministero delle Finanze dello stesso anno (C.M. n. 177/1995) ne vincola l’applicazione alla presentazione alla Dogana di importazione di un’attestazione rilasciata dalla competente Sovrintendenza e attestante la qualità artistica del bene. L’assenza di tale certificazione, prevista da una circolare ministeriale e quindi non da un norma di legge, ha fatto scattare in alcuni casi l’applicazione dell’Iva al 20%. A questa imposta si aggiunge poi il cd. “diritto di seguito” (dds; droit de suite) sulle transazioni effettuate (onere la cui raccolta e riscossione è gestita direttamente dalla SIAE), pari in Italia al 4% al massimo. E’ una sorta di diritto spettante all’autore di opere di arti figurative e di manoscritti, e ai suoi eredi per 70 anni dalla sua morte, di percepire un compenso sul prezzo di ogni vendita successiva alla prima cessione delle opere da parte dell’autore. Tale ulteriore effetto, rende le piazze di Dubai, Hong Kong, Giappone, USA e Svizzera più appetibili, in quanto esenti da tale diritto, rispetto, oltre che all’Italia, anche al Regno Unito, paese quest’ultimo per il quale è previsto dal 2010 un aumento del diritto al seguito dal 17,5% al 20%, oltre che il versamento del dds anche da parte degli eredi. La vicina Svizzera, esente da dds e con un’Iva sugli acquisti di arte in galleria o da professionisti del 7,6%, si pone così in forte concorrenza rispetto al 24% di aggravio fiscale italiano (4% di dds e 20% di Iva). Per quanto riguarda la tassazione dei fondi d’arte, si rinvia alla disciplina dei fondi mobiliari aperti, gravati da un’imposta sostitutiva a titolo definitivo del 12,5% sul risultato maturato dalla gestione. Nel caso in cui le quote del fondo siano sottoscritte unicamente da soggetti non residenti in Italia, ma in Paesi che hanno sottoscritto con il nostro Paese particolari accordi bilaterali volti ad uno scambio trasparente di informazioni, il fondo è esente. LEASING NAUTICO Il successo ormai consolidato del contratto di leasing, sia per le unità adibite ad uso diportistico (senza fini di lucro) che per quelle ad uso commerciale, va visto di pari passo con il ruolo rivestito dal nuovo regime Iva applicato dal 01.01.2010, determinante ai fini dell’utilizzo personale/commerciale di tali beni. Il leasing nautico italiano prevede l’applicazione dell’aliquota IVA sempre in via ordinaria (20%) ma con un meccanismo di cd. IVA forfetaria (applicabile solo nei confronti di utilizzatori non soggetti passivi IVA) calcolata su una base imponibile ridotta in modo forfettario. Ne consegue quindi una riduzione del carico effettivo dell’IVA in funzione di una disciplina specifica che si basa sul luogo in cui il bene viene messo a disposizione del destinatario e sulla lunghezza delle imbarcazioni. Quando è possibile conoscere con certezza dove avviene l’effettivo utilizzo dell’unità da diporto (luogo di prestazione del servizio), la società di leasing, per le sole operazioni con committenti privati persone fisiche, deve applicare l’IVA in proporzione al periodo di permanenza nelle acque territoriali comunitarie, rispetto alla durata totale della locazione finanziaria. Di norma tuttavia risulta difficile seguire i movimenti delle unità da diporto per stabilire il periodo da esse trascorso all’interno o all’esterno delle acque territoriali
  • 5. Il futuro del private banking e del family office _________________________________________ Studio Lunardi & Partners © 5 comunitarie. Al fine di superare le difficoltà connesse alla prova dell’effettivo utilizzo dell’unità da diporto in acque territoriali comunitarie, per esigenze di semplificazione l’Agenzia delle Entrate (CM n. 49/E del 2002) ha stabilito delle percentuali forfetarie, basate sulle caratteristiche tecniche del mezzo nautico e, in particolare, sulla lunghezza dell’imbarcazione e sull’attitudine di quest’ultimo a uscire dalle acque territoriali comunitarie. Il leasing italiano risulta così molto conveniente soprattutto per i privati, siano essi italiani o stranieri. Anche questi ultimi possono infatti beneficiare del trattamento suddetto, purché la società di leasing sia italiana. Da notare infine che l’acquisto diretto di un’unità da diporto non può fruire di alcun abbattimento del carico fiscale IVA. Tale regime subirà tuttavia una nuova modifica a decorrere dal 1°gennaio 2013, data a partire dalla q uale la tassazione Iva delle prestazioni di locazione, anche finanziaria (leasing), di noleggio e simili, di unità da diporto dipenderanno a) dal fatto che l’unità stessa sia effettivamente messa a disposizione nel territorio italiano, b) che la prestazione sia resa da soggetti passivi ivi stabiliti e c) che la prestazione sia utilizzata nel territorio della Comunità. FONDAZIONI La possibilità di una gestione protetta del patrimonio, meglio se in forma discreta, si affianca alla possibilità di regolamentare la successione del suo fondatore, tutelando le necessità economiche dei componenti della famiglia o di altre persone comunque ad essa vicine. La stipula di un apposito regolamento (statuto), ne indirizza le funzioni di holding per tutelare l’esistenza di un’impresa ed il suo passaggio generazionale, per mantenere la conservazione della collezione artistica del fondatore o perseguire scopi di pubblica utilità. Se gli scopi sono però privati, una fondazione di diritto italiano incontra numerosi vincoli legati alle autorizzazioni ed ai controlli governativi previsti, oltre che una normativa nazionale succinta e al fatto che è uno strumento volto al raggiungimento di finalità di pubblica utilità, senza scopo di lucro. Sotto il profilo fiscale e dell’adattabilità alle esigenze del singolo fondatore, si segnalano la fondazione austriaca e quella olandese, tramite le quali, scopi ed attività della fondazione sono definiti dal fondatore già negli statuti costitutivi. La Fondazione privata austriaca (Privatstinftung) e quella olandese (Administratiekantoor), ad esempio, si caratterizzano per la contenuta imposizione fiscale sul patrimonio gestito, oltre che per le importanti esenzioni sui redditi percepiti/erogati sotto forma di dividendi, interessi e utili percepiti da/verso la fondazione e le società o beneficiari persone fisiche ad essa collegati (nominee beneficiary). Per la fondazione austriaca basta un patrimonio minimo di euro 70.000, mentre quella olandese si adatta al conferimento di elevati patrimoni azionali. In quest’ultimo caso, i proprietari della società conferiscono alla fondazione (che ne acquisisce la proprietà) i propri pacchetti azionari, ricevendo in cambio dei certificati, così da mantenere immutati i loro diritti patrimoniali (es. dividendi, che continueranno ad essere tassati in capo ai proprietari originari dell’impresa) ad esclusione del diritto di voto in assemblea. Soluzione quindi molto utile nella protezione degli interessi dell’azionariato di controllo di public company quotate e per le imprese esposte al rischio di scalate ostili. In entrambi i casi, e per la fondazione in generale, le problematiche fiscali sottostanti a tali strutture sono rappresentante dall’individuazione del beneficiario effettivo dei redditi maturati dal patrimonio ed in quale paese vi è l’effettiva gestione (in termini di presa delle decisioni strategiche dell’investimento). Una fondazione di diritto austriaca o olandese, gestita de facto, per esempio dall’Italia, può essere ritenuta fiscalmente ivi residente. Un’attenzione particolare va posta quindi agli aspetti documentali (contabili ed amministrativi, dai formulari e verbali delle riunioni) oltre che alla composizione del “consiglio di fondazione”, al fine di individuare con chiarezza chi sono i beneficiari e i disponesti. FONDI COMUNI D’INVESTIMENTO ED IMMOBILIARI La “residenza” di un fondo e quindi la distinzione tra fondi italiani, armonizzati-UE e non-armonizzati, è in funzione del Paese nel quale è stata ottenuta l’autorizzazione ad operare. L’ottimizzazione fiscale degli investimenti in fondi comuni tiene conto della tassazione complessiva, ovvero della tassazione “in capo al fondo” (che dipende dal paese di residenza del fondo comune), cioè sui redditi attribuiti al portafoglio gestito (il risultato della gestione maturato), e della tassazione “in capo al sottoscrittore”, ovvero sui redditi che dal portafoglio vengono trasmessi all’investitore (esenzione fiscale o ritenuta a titolo d’acconto o d’imposta, per es., del 12,5%). E’ da questo confronto che emerge la convenienza tra la sottoscrizione di una gestione patrimoniale individuale e l’investimento diretto negli strumenti finanziari che compongono il suo portafoglio, oltre che la scelta di investire in strumenti di diritto italiano piuttosto che di diritto estero.
  • 6. Il futuro del private banking e del family office _________________________________________ Studio Lunardi & Partners © 6 In materia di fiscalità internazionale, una notevole importanza assumono le sentenze emesse dalla Corte di Giustizia Europea (ECJ), la quale interviene a seguito del rinvio pregiudiziale effettuato da un giudice nazionale (per l’Italia dalla Corte di Cassazione). In materia di tassazione sui redditi erogati ai fondi immobiliari non residenti, una causa interessante è la sentenza Aberdeen ( causa C-303/07 del 18.6.2009 ), il cui esito potrebbe impattare anche sul futuro cambiamento dell’attuale normativa interna italiana, discriminatoria anch’essa proprio sui fondi esteri non armonizzati. La Corte ha infatti ritenuto incompatibile con il diritto comunitario la norma interna finlandese che effettuava la tassazione dei dividendi, erogati ad un fondo immobiliare non residente, in modo differente (discriminatorio) rispetto all’ammontare delle ritenute operate sui redditi erogati a fondi nazionali. In data 24.06.2009 l’Autorità fiscale finlandese, intervenendo a seguito della sentenza Aberdeen, ha pubblicato la circolare n. 665/37 con la quale ha re-interpretato la norma interna sulla tassazione alla fonte dei dividendi comunitari “in uscita”, prevedendone l’esenzione, a certe condizioni, in via retroattiva già a partire dal 01.01.2009. E’ da attendersi un futuro cambiamento anche della norma interna italiana. Attualmente infatti i fondi comuni italiani sono assoggettati ad un’imposta “sostitutiva” del 12,5%, sul risultato di gestione “maturato”, mentre i proventi su fondi esteri non armonizzati, percepiti da residenti italiani, sono soggetti ad un’imposta “a titolo d’acconto” del 12,5% all’atto della percezione, concorrendo per l’intero a formare il reddito annuo tassabile in capo al contribuente. In tema di cambiamenti normativi, si è in attesa proprio della versione definitiva del nuovo decreto ministeriale sui fondi immobiliari, a seguito delle novità introdotto dall’art. 32 della Legge 122/2010 (di cui al D.L. n. 78/2010). Tra le numerose nuove norme attese, di contrasto ai fondi costituiti e/o gestiti a solo scopo elusivo, una nuova definizione di “fondo comune di investimento” e una nuova disciplina civilistica. Le attuali norme di natura fiscale in tema di fondi immobiliari risalgono al D.L. 25 giugno 2008 n. 112, a seguito del quale la tassazione del proventi derivanti da tali strumenti è pari al 12,5%, 20% o 27% a seconda dei casi (redditi di capitale o redditi diversi). Inizialmente i fondi immobiliari furono esclusi dall’applicazione della Direttiva Risparmio (2003/48/Ce) ma in seguito intervenne il Ministero (CM n. 55/2005 e CM n. 74/2007) che estese anche ad essi, in quanto “categoria residuale”, l’onere di effettuare le comunicazioni dei pagamenti di interessi al momento stesso della loro percezione a vantaggio dei “beneficiari effettivi” sottostanti. FONDO PATRIMONIALE Strumento molto utile per mettere a disposizione della famiglia il patrimonio proprio o di terzi, senza necessariamente stipulare atti di donazione o comunque spossessarsene. La sua costituzione non è gravata né da imposte dirette né indirette, ma solo se viene inserita la “clausola di riserva di proprietà esclusiva”. Se il fondo viene invece costituito passando altresì la proprietà degli immobili ai beneficiari, i beni sono gravati dall’imposta di registro proporzionale. Non si rilevano quindi novità sul piano fiscale per questo istituto. Sul versante giurisprudenziale si segnalano invece delle interessanti sentenze, tra le quali, la sentenza n. 1112, prima sezione, della Cassazione Civile, dep. 22.01.2010, sull’esclusione del fondo patrimoniale all’apertura del fallimento, in precisazione del nuovo art. 46 n. 3 della nuova legge fallimentare (D.Lgs. n. 5/2006). In data 7.7.2010, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 15862, è invece intervenuta sul divieto di esecuzione coattiva dell’Amministrazione finanziaria sui beni compresi nella convenzione, affermando che compete al giudice del merito accertare se il debito per il quale l’agente della riscossione intende agire esecutivamente sui beni del fondo sia riconducibile alle necessità della famiglia. Ancora, con sentenza n. 13622 del 4.6.2010, la Suprema Corte si è espressa in materia di iscrizione ipotecaria sui beni del fondo. PATTO DI FAMIGLIA Il trasferimento da parte dell’imprenditore, a favore del discendente reputato più capace in ottica gestoria, dell’azienda o di tutte o parte delle quote societarie, non è soggetto all’imposta di donazione e successione. Rappresenta un’operazione neutra fiscalmente (non costituisce realizzo di plusvalenza) per dante causa e beneficiario, se presa in carico da quest’ultimo ai medesimi valori contabili e fiscali. Se l’azienda comprende degli immobili, le relative formalità di trascrizione e voltura catastale sono esenti dalle imposte ipotecaria e catastale. Il trattamento fiscale agevolato riconosciuto a tale atto a titolo gratuito, regola i passaggi in linea retta dell’azienda (art. 768-bis Codice Civile) ma, intervenendo solo sugli assetti proprietari, non consente di disciplinarne altrettanto adeguatamente l’amministrazione. In momenti di contrazione delle liquidità aziendali e personali, ad esempio perché già confluite nel passato all’interno dell’azienda, l’obbligo di pagamento del corrispettivo da parte dell’assegnatario, a liquidazione degli altri partecipanti al contratto, costituisce un ostacolo pratico alla sua applicazione.
  • 7. Il futuro del private banking e del family office _________________________________________ Studio Lunardi & Partners © 7 PRIVATE EQUITY Rappresenta un’ipotesi di finanziamento dell’impresa alternativa - all’aumento del capitale da parte degli attuali proprietari; - alla quotazione in borsa; - al finanziamento soci infruttifero/fruttifero. L’interesse pagato dalla società al socio finanziatore rappresenta per quest’ultimo un “reddito da capitale” tassato con una ritenuta d’acconto del 12,5%, trattenuta dalla società al momento del pagamento. Tale reddito verrà poi sommato agli altri redditi del socio, nella dichiarazione dei redditi dell’anno di erogazione dell’interesse. Il rapporto algebrico (o se vogliano l’equilibrio) tra equity e capitale di terzi, noto come thin capitalization rules ed inteso come l’insieme dei debiti verso finanziatori terzi della società (istituti bancari compresi), costituisce in alcuni Paesi un limite alla piena deducibilità fiscale degli interessi pagati a fronte di tali finanziamenti. L’operazione di private equity, finanziando l’impresa mediante la partecipazione al capitale di rischio, consente di diminuire tale rapporto algebrico, riducendo altresì il carico fiscale aziendale per la maggiore deducibilità riconosciuta sugli oneri finanziari, con conseguente aumento dei margini e della redditività finale dell’investimento stesso. Il 15 novembre scorso, ad esempio, il Finance Commitee del senato francese ha presentato un emendamento alla Finanziaria per il 2011, volto ad estendere l’attuale regime della thin capitalization anche ai debiti bancari concessi a garanzia. Se tale modifica dovesse divenire definitiva, la norma avrà un impatto significativo penalizzante soprattutto sulle strutture di Leverage Buy Out (LBO) d’oltralpe. PRIVATE INSURANCE L’età anagrafica del cliente private, ormai non più giovanissimo, unitamente alle disponibilità finanziarie post rimpatrio, si aggiungono all’ingresso nella piazza italiana ed europea di investitori particolarmente danarosi. Russi, inglesi, arabi, cinesi, americani, visitano sempre di più il nostro paese per apprezzarne non solo gli aspetti artistici e culinari, con un occhio di riguardo ai settori fashion e retail, ma attenti anche a valutare opportunità di investimento (non solo nel comparto real estate) dotate di soluzioni in grado di garantire al capitale un rendimento minimo ed un libero accesso all’ingente patrimonio personale. In questa prospettiva sta crescendo l’interesse verso il private insurance come strumento di wealth management per gli high net-worth individuals (HNWIs). Un vantaggio fiscale di una polizza unit linked stipulata con una impresa assicurativa estera sta nella possibilità di inserire nella gestione sottostante prodotti finanziari che, se acquisiti direttamente dall’investitore residente, avrebbero un regime fiscale sfavorevole perché concorrerebbero alla formazione del reddito complessivo imponibile, con applicazione quindi dell’aliquota IRPEF progressiva e perdita dell’anonimato (ad es. OICR esteri non armonizzati e non autorizzati al collocamento in Italia). Sotto il profilo tecnico fiscale, i redditi provenienti da una polizza assicurativa sono riconducibili sia nell’alveo dei redditi di capitale sia in quello dei redditi diversi, a seconda dei casi. L’imposta sostitutiva del 12,50% è dovuta solo se, quando e nella misura in cui si realizzi un differenziale positivo tra il capitale pagato dall’impresa di assicurazione ed i premi versati (ad es. nel caso di riscatti parziali). Il pagamento dei capital gain è differito al momento del riscatto creando un vantaggio finanziario di capitalizzazione composta. Accanto all’applicazione dell’imposta sostitutiva del 12,5% (v. art. 26-ter, Dpr 600/73), si segnalano gli obblighi di cui alla normativa sul monitoraggio e sulla compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi, nel caso del cliente che agisce senza l’intervento di un intermediario. In un’ottica di pianificazione successoria, va inoltre considerato che l’onere fiscale sul risultato della gestione del patrimonio può addirittura essere del tutto eliminato qualora il capitale sia corrisposto al beneficiario in caso di morte dell’assicurato; in tal caso infatti i capitali percepiti dal beneficiario sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche. Com’è noto le polizze Vita index e unit sono molto apprezzate per le consolidate caratteristiche di impignorabilità, insequestrabilità ed esclusione dall’asse ereditario. Questi tre pilastri potrebbero però essere messi in discussione in futuro, se prendesse piede l’orientamento di una recente sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Parma (n. 1107/2010), la quale ha ritenuto pignorabili le index linked, in quanto ritenute polizze di tipo finanziario e perciò prive di funzione previdenziale. L’invito è ovviamente quello di tenere monitorata la situazione nei successivi gradi di giudizio.
  • 8. Il futuro del private banking e del family office _________________________________________ Studio Lunardi & Partners © 8 SOCIETÀ SEMPLICE E’ uno strumento operativo flessibile ed economico, adatto anch’esso alla gestione finanziaria dei patrimoni famigliari e alla pianificazione “in vita” della sua devoluzione successoria. Si distingue per la possibilità di conseguire separatamente diverse categorie di reddito (ciascuna con specifiche distinte regole di determinazione dell’ammontare del reddito tassabile) determinando il reddito complessivo della società. Tale reddito verrà ripartito tra i soci in modo programmato potendo modificare le percentuali di partecipazioni alla società mediante una scrittura autenticata anteriore all’inizio del periodo d’imposta. In sintesi, la loro peculiarità consiste nella possibilità di beneficiare di norme fiscali di favore tipicamente previste per le persone fisiche, all’interno di un regime di tassazione in forma societaria, unitamente all’esonero degli obblighi Irap e Iva. Si pensi soprattutto alla possibilità di beneficiare di una maggiore esenzione nella tassazione su partecipazioni qualificate di società immobiliari (holding di partecipazione) colpite dalla presunzione assoluta di “non commercialità” (art. 87 c. 1, lett. d), del TUIR). Se la società detenesse valori mobiliari diversi da quote societarie (obbligazioni e titoli assimilati, quote di fondi comuni d’investimento mobiliare nazionali o Sicav), potrebbe beneficiare altresì dell’esonero della tassazione dei relativi proventi (art. 44, c. 1, lett. d), D.P.R. n. 600/73), in quanto già gravati in precedenza da un’imposta sostitutiva. Ancora, l’intestazione da parte della società semplice di immobili diversi dai terreni edificabili, beneficia dell’esenzione della plusvalenza, tipica delle persone fisiche, in caso di cessione degli stessi dopo 5 anni. Durante il loro possesso, inoltre, godranno dell’abbattimento forfettario del 15% sui canoni di locazione attiva, possibilità ancora più conveniente in caso di detenzione di beni immateriali (marchi, brevetti, formule), solitamente gravati da spese annue di gestione non rilevanti. Tale istituto risulta però penalizzato dalla “tassa d’ingresso” dei beni nella società, considerate le imposte dirette ed indirette (registro, ipotecaria e catastale) che gravano sull’atto di conferimento, atto che ai fini fiscali è assimilato a quello della cessione tra due soggetti giuridicamente distinti. SPECIAL PURPOSE VEHICLE (SPV) Una pietra miliare nelle problematiche di fiscalità internazionale, è rappresentata dalla determinazione di tassi di interessi, costi e margini, secondo il cd. principio dell’arm’s lenght (letteralmente il “principio della lunghezza del braccio”). Si tratta di una normativa volta ad impedire quelle politiche di determinazione dei prezzi (cd. transfer pricing), piuttosto che di valori, interessi, ecc.., volte a determinare e volontariamente influire sullo spostamento dei redditi da Paesi ad alta tassazione verso legislazioni o aree geografiche a tassazione inferiore. Tale normativa è richiamata anche in ambito finanziario perché va ad analizzare quelle situazioni in cui i tassi di interesse, remunerativi dei prestiti, sono stabiliti tra parti che potrebbero non essere tra loro indipendenti, in quanto appartenenti al medesimo gruppo, o tra soggetti comunque collegati tra di loro da relazioni personali o commerciali. Tale normativa interessa da vicino proprio i SPV, ed in generale i cd. “strumenti finanziari ibridi”, di seguito approfonditi. Il contenzioso tributario può tuttavia essere evitato se la fissazione dei tassi di interesse o le modalità di remunerazione di tali strumenti, tengono conto dei benchmark usualmente di riferimento nelle piazze finanziarie o aree di investimento interessate. A titolo esemplificativo, si citano i seguenti market interest reference rates: LIBOR (London Inter Bank Offered Rate) SIBOR (Singapore Inter Bank Offered Rate) BBSW (Australina Bank Bill Swap Rate) e il ruling recentemente pubblicato dall’Australian Tax Office (TR 2010/7, October 27) in base al quale “it does not specify the method to be used to determine an arm’s-lenght price for debt funding, saying only that the most appropriate method will depend on the facts and circumstances of each taxpayer’s situation. This puts the onus on foreign-owned firms abiding by the thin capitalization rules to establish an arm’s- length interest rate for their debt funding and to demonstrate that the methods adopted to determine the rate are the most appropriate for their situation.” Special Purpose Acquisition Companies (SPAC) Rappresentano un’interessante alternativa (molto diffusa negli Stati Uniti) ai fondi private equity, adatta ad esempio nel salvataggio delle PMI (Mbo), mediante l’acquisizione per il tramite di una NewCo quotata. Il punto di forza di questa soluzione si basa sulle capacità e sulla reputazione del management (gestori) nel reperire quell’investimento necessario per la quotazione della società e l’acquisizione della società in sofferenza, entro i 12/24 mesi. Se entro tale termine la procedura non si dovesse concludere, il capitale, nel
  • 9. Il futuro del private banking e del family office _________________________________________ Studio Lunardi & Partners © 9 frattempo investito in un conto corrente fruttifero, viene rimborsato ai finanziatori. In caso di esito positivo dell’operazione, invece, il management della SPAC avrà diritto ad una elevata quota del relativo capitale sociale. Exchange Traded Fund (ETF) Generalmente tassato al 12,5%, tale strumento può generare in capo all’investitore sia “redditi diversi” sia “redditi di capitale”, circostanza quest’ultima che impedisce la compensazioni di minusvalenze conseguite negli anni precedenti al realizzo del reddito. Ma soprattutto fa dipendere l’obbligo o meno di indicazione dei redditi prodotti all’interno della dichiarazione annuale dei redditi, a seconda che il regime applicato all’ETF sia quello del risparmio gestito o amministrato. Fondamentale per l’investitore, e per il private banker, è sia il monitoraggio e la rilevazione della percentuale di controvalore incassato, ma anche e soprattutto la tipologia di reddito prodotto. 4. PROBLEMATICHE TRASVERSALI DI CARATTERE FISCALE GLI IBRIDI Il trattamento fiscale di uno strumento finanziario cd. ibrido (partecipativo) dipende da come lo stesso è stato strutturato all’interno del contratto. La sua remunerazione è considerata infatti un dividendo per l’emittente, se è collegato agli utili aziendali. In caso contrario, il rischio è quello di una riqualificazione, operata da parte dell’Amministrazione finanziaria in sede contenziosa, del dividendo in interesse, passando da un trattamento fiscale come equity ad un trattamento come debt. L’esistenza di strutture ibride pone il problema di individuare le tipologie di reddito interessate (dividendo, interesse) soprattutto nei casi in cui i redditi vengono ricondotti alle categorie residuali degli “Utili di capitale” e degli “Altri redditi”, solitamente individuate negli articoli n. 13 e n. 21 delle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, tassati in modo differente dai diversi paesi. A titolo esemplificativo indichiamo di seguito i rispettivi articoli del trattato bilaterale tra Italia e Regno Unito: Art. 13 (Utili da capitale) “… Gli elementi di reddito di un residente di uno Stato contraente, qualsiasi ne sia la provenienza, esclusi i redditi derivanti da associazioni commerciali (trusts) o da eredita' giacenti nel corso della loro amministrazione, che non sono stati trattati negli articoli precedenti della presente Convenzione, sono imponibili soltanto in detto Stato. …” Art. 22 (Altri redditi) “…4. Gli utili derivanti dalla alienazione di ogni altro bene diverso da quelli menzionati nei paragrafi precedenti del presente articolo sono imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante e' residente. 5. Le disposizioni del paragrafo 4 del presente articolo non pregiudicano il diritto di uno Stato contraente di prelevare, conformemente alla propria legislazione, una imposta sugli utili, derivanti dalla alienazione di un qualsiasi bene, realizzati da una persona fisica che: a) e' residente dell'altro Stato contraente; e b) e' stata residente del predetto primo Stato contraente in un qualsiasi momento nel corso dei cinque anni immediatamente precedenti l'alienazione del bene; e c) non e' soggetta ad imposta per tali utili nell'altro Stato contraente. …” I contribuenti più “smaliziati” tentano solitamente di far ricondurre all’interno di queste due categorie di reddito quei redditi che non sono inquadrabili in modo specifico all’interno dello Stato della fonte del reddito o in altri articoli della Convenzione bilaterale. Un altro esempio della complessità nell’interpretazione della corretta tassazione dei redditi collegati a determinati strumenti finanziari (denominati “proventi equivalenti”), è rappresentato dai “titoli atipici” (es. bond perpetual) intesi come quei titoli non riconducibili né alle azioni (in quanto il loro rendimento non è collegato solamente ai risultati economici aziendali) né alle obbligazioni cd. corporate (non garantendo la restituzione del capitale). Dopo alcuni interventi dall’Amministrazione finanziaria italiana (da ultimo la CM n. 10/E del 2005), si può affermare che la preponderanza di tali titoli verso una delle due tipologie di strumenti finanziari (azione o obbligazione), implica anche una differente tassazione, rispettivamente del 12,5%, a titolo di imposta sostitutiva, o del 27%. Per quanto visto sopra, nel rispetto della normativa sul transfer pricing, anche la forma di remunerazione prevista per lo strumento ibrido deve essere in linea con i benchmarking individuabili nel mercato, al fine di dimostrare l’indipendenza tra le parti contrattuali. E’ stato di recente introdotto un vero e proprio onere documentale per il contribuente che pone in essere operazioni infragruppo in ambito internazionale ed
  • 10. Il futuro del private banking e del family office _________________________________________ Studio Lunardi & Partners © 10 intende prevenire eventuali conseguenze sanzionatorie che dovessero scaturire dai controlli dell’Amministrazione finanziaria. Il D.L. 31 maggio 2010 n. 78 prevede in questi casi che il contribuente si sia dotato di un dossier (denominato “masterfile”) contenente l’iter logico ed argomentativo sotteso alle operazioni internazionali del gruppo. Tale fascicolo, può contenere ad esempio, particolari accordi stipulati direttamente con l’Autorità fiscale di un Paese estero, la quale ha ritenuto congruo il tasso di interesse stabilito in sede di stipula del contratto di finanziamento erogato alla (o dalla) società italiana. Tali accordi, denominati Ruling, o anche Advance Pricing Agreement (APAs), sono istituti tipicamente e usualmente utilizzati per esempio in Austria, Olanda, India, Cina ma ancora lontani anni luce dalla cultura fiscale italiana. L’individuazione delle hybrid entities (siano esse strutture o strumenti finanziari) non è di poco conto se si pensa che alcune normativa nazionali antiabuso (v. Germania), tassano “per trasparenza” i redditi conseguiti da questi veicoli: al termine dell’esercizio attribuiscono in capo ai soci persone fisiche o giuridiche il reddito ancorché non distribuito sotto forma di dividendi o altre tipologie (ibride) di utili da capitale. (Esemplificazione) Situazione di partenza: la società A eroga un finanziamento a favore della società B in cambio di un tasso di interesse prestabilito. L’effetto è la deducibilità fiscale dell’interesse in capo a B e la tassazione su A dello stesso in quanto componente di reddito. Situazione post contestazione / riqualificazione del reddito: da un’analisi sostanziale della struttura emerge, in sede contenziosa, che in realtà il finanziamento si può considerare come un apporto di capitale a favore della società B. L’interesse da questa erogato ad A rappresenta nella sostanza un dividendo, e in tal senso viene riqualificato e tassato nello Stato di A. Ciò può accadere dove esistono normative interne contro la sotto capitalizzazione delle imprese (thin capitalization rules) e dove interessi e dividendi hanno un diverso trattamento nelle convenzioni internazionali bilaterali. L’effetto fiscale sulla società B è l’indeducibilità dell’interesse inizialmente dedotto, in quanto considerato un dividendo occulto (e i dividendi non sono per definizioni deducibili fiscalmente da parte della società che li eroga). Questo soprattutto nei casi in cui il tasso di interesse fissato per il prestito non è in linea con i tassi utilizzati nei mercati di riferimento dei due Paesi, in quanto non adottato da parti contrattuali indipendenti. LA DIRETTIVA RISPARMIO (2003/48/CE) : QUALI I NUOVI SCENARI PER L’EURORITENUTA? Rispetto alle normative interne nazionali, viene fatto salvo il caso dei redditi percepiti da soggetti persone fisiche residenti nell’Unione Europea per i quali resta ferma l’applicazione dell’Euroritenuta. In base alla Direttiva 2003/48/CE del Consiglio del 3 giugno 2003 sul risparmio transfrontaliero, gli agenti pagatori, in Italia, non applicano la ritenuta sugli interessi pagati ad investitori persone fisiche che sono “beneficiari effettivi” di tali pagamenti e hanno la residenza fiscale in un altro Paese UE. Questo in funzione di specifici accordi firmati anche dal nostro Paese in adesione allo scambio automatico di informazioni, volto ad inviare alle autorità fiscali del Paese di residenza del beneficiario effettivo i dettagli dei pagamenti dallo stesso ricevuti e le informazioni necessarie ad identificarlo come appunto effettivo beneficiario dei redditi erogati. L’Euroritenuta, concepita nel 2003 per convivere con il segreto bancario in Europa, alla luce soprattutto dei recenti casi di “cronaca finanziaria”, risulta ormai fuori dal contesto e anacronistica rispetto all’inasprimento della lotta ai paradisi fiscali. A B finanziamento interesse A B dividendo apporto di capitale
  • 11. Il futuro del private banking e del family office _________________________________________ Studio Lunardi & Partners © 11 IL CONCETTO DI “BENEFICIARIO EFFETTIVO” Esiste una fitta rete di convenzioni bilaterali stipulate tra le tax authorities dei vari Paesi volte a risolvere problemi di doppia imposizione del medesimo reddito in capo ai due Stati firmatari: quello di residenza del soggetto erogatore del reddito e quello di residenza del percettore. Tali convenzioni, a seconda degli obiettivi anche economici e politici che le due amministrazioni fiscali hanno inteso raggiungere in sede di accordo, sono sovente portatrici di clausole e previsioni agevolative rispetto ad altre convenzioni. La ricerca di strutture ed operazioni che interessino Paesi dotati di convenzioni o normative particolarmente favorevoli, fenomeno noto come treaty shopping e rule shopping, ha costretto le stesse amministrazioni a contrastare tale abuso attraverso clausole convenzionali per l’individuazione del beneficial owner. Il treaty shopping viene solitamente perpetrato mediante l’interposizione di una società di comodo detta conduit company, il cui unico scopo è quello di farvi transitare flussi di reddito destinati, alla fine, al beneficiario effettivo finale, inteso non in senso formale, ma sostanziale, come colui che ha il diritto incondizionato di beneficiare direttamente del reddito ed il potere di poterne disporre. L’intervento della conduit è appositamente studiato per beneficiare del network di convenzioni firmate dal paese di residenza della società. Non esiste una sua definizione all’interno della normativa fiscale italiana. Vi sono però numerose sentenze emesse dalla Corte di Giustizia Europea (v., tra tutti, i casi Royal Bank of Scotland, Prevost Holding BV). Da ultimo si segnala anche la recente sentenza della Commissione Tributaria di Torino (n. 124/09/10 del 19.10.2010), particolarmente chiara ed esaustiva nell’illustrare il fenomeno dell’abuso dei trattati internazionali (treaty shopping) con particolare riferimento all’applicazione della clausola convenzionale del “beneficiario effettivo”. In questo contesto, si legge nella sentenza, è da escludere “che il destinatario del pagamento delle royalties debba considerarsi beneficiario effettivo per il solo fatto di essere il percettore formale dei proventi, ben potendo questi essere niente di più che un intermediario attraverso il quale si realizza l’interposizione di un diverso soggetto, al quale è sostanzialmente destinato il beneficio. A tal fine appare rilevante stabilire se la società che percepisce i canoni abbia fornito piena autonomia anche organizzativa (operativa) nell’attività economica da cui derivano i proventi in realtà destinati ad altri soggetti, circostanza quest’ultima che potrebbe risultate avvalorata dal fatto di essere controllata al 100% da un unico azionista”. Il “beneficiario effettivo” ai fini della direttiva Risparmio si intende quindi la persona fisica che percepisce il pagamento dell’interesse e lo trattiene a proprio vantaggio. Il medesimo soggetto, non è identificabile come beneficiario effettivo, qualora lo stesso agisca come agente pagatore (quindi per conto di un’altra persona fisica che è il reale beneficiario effettivo) o per conto di una persona giuridica o di un fondo d’investimento. Il concetto non è il medesimo utilizzato nell’ambito della normativa antiriciclaggio, con riferimento alla quale vuole indicare invece il soggetto dal quale provengono i fondi (beneficiario economico). In tal senso si muovono anche le attuali norme che regolamentano l’attività di compliance svolta dal private banker e le recenti disposizioni americane del Foreign Account Tax Compliance Act (U.S. FATCA). OPERAZIONI PRIVE DI VALIDE RAGIONI ECONOMICHE Nell’ambito delle operazioni finanziarie si annoverano negli ultimi anni numerose sentenze delle Commissioni tributarie e della Corte di Cassazione, in base alle quali le operazioni poste in essere al solo fine di ottenere un vantaggio fiscale possono considerarsi elusive (art. 37-bis Dpr 600/73) in quanto attuate per un fine distorto rispetto a quello ispiratore (l’utilità sociale) di quelle norme fiscali alla base della validità civilistica di determinate operazioni economiche e finanziarie. Si è delineato così in ambito tributario il concetto di abuso del diritto, riferibile a quelle operazioni studiate e determinate per un solo vantaggio fiscale senza il quale risulterebbero prive di una valida ragione economica. Di recente, la Corte di Cassazione (sentenza n. 22994 dep. 12.11.2010), ha ritenuta addirittura “fittizia”, ancorché effettivamente realizzata, l’architettura sottostante ad una classica operazione di dividend washing. Un’altra architettura sotto l’occhio attento del Fisco è quella riconducibile al cd. dividend stripping. Tali articolate operazioni risultano di una complessità tale che spesso le sentenze tributarie non sono unanime nei principi e nelle conclusioni raggiunte su tali problematiche. Da ultima la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo (sentenza n. 215/09/2010, dep. 14.09.2010), in controtendenza rispetto alle sue precedenti pronunce, ha ritenuto che l’aumento della numerosità delle operazioni di compravendita di un titolo in prossimità della data di riscossione dei dividendi, è una circostanza commercialmente spiegabile e da sola non rappresenta un indizio certo di simulazione dell’operazione nel suo complesso volta all’elusone fiscale. Neanche se il soggetto che riacquista il titolo è anche il precedente venditore. Con queste conclusioni Goldman Sachs ha vinto in secondo grado. La stessa Commissione, di fronte ad una
  • 12. Il futuro del private banking e del family office _________________________________________ Studio Lunardi & Partners © 12 fattispecie simile, è giunta ad opposte conclusioni, negando alla Lehman Brothers il diritto al rimborso dei crediti d’imposta maturati a fronte di temporanee cessioni di titoli societari italiani a favore di società con sede in paesi (es. UK) aventi con l’Italia trattati contro le doppie imposizioni. In base a tali trattati il dividendo viene tassato nel Paese in cui lo stesso viene incassato, solitamente a minore tassazione. Subito dopo l’incasso, la banca del Paese estero chiede all’Amministrazione finanziaria italiana il rimborso delle maggiori imposte pagate in Italia al momento del pagamento del dividendo. Dopo tale richiesta, si assiste solitamente ad un ri-trasferimento dei titoli al proprietario/detentore originario. Meccanismo tipico proprio delle operazioni di dividend stripping, perpetrato mediante accordi, strutture societarie, veicoli e strumenti finanziari senz’altro civilisticamente leciti per quanto riguarda la validità contrattuale, ma sempre più facilmente contestabili da parte del Fisco anche negli altri Paesi della UE. Il fattore tempo, ovvero la brevità temporale entro la quale le operazioni finanziarie avvengono, è uno dei principali indizi della loro potenzialità elusiva. LA SUCCESSIONE INTERNAZIONALE Particolarmente complesse sono le questioni legate all’attività del family officer coinvolto nello studio dell’impatto fiscale conseguente l’apertura di una successione dai connotati transnazionali. Suggestiva in tal senso è sicuramente la seguente situazione: La situazione personale e professionale del de cuius lo coinvolgono, dal punto di vista dell’imposta di successione, in quattro Paesi. Per contenere l’impatto fiscale di una tale situazione, bisogna analizzare il regime successorio nei diversi Paesi e valutare il migliore spostamento di persone e beni. I criteri di tassazioni nei diversi Paesi sono i seguenti: - imposizione su base mondiale, cioè sui beni del defunto ovunque situati al momento del decesso (Italia); - il non residente/ non domiciliato / non cittadino viene tassato solo sui beni presenti nello Stato; - imposizione sui beni presenti nello stato, a prescindere da residenza/domicilio/nazionalità di de cuius ed eredi (Portogallo, Principato di Monaco, Hong Kong, Singapore); - imposizione in base alla residenza/domicilio/nazionalità degli eredi (Giappone). Problemi particolari: - auto di lusso situata in un Paese diverso da quello di iscrizione nel registro (beni soggetti a registrazioni); - detenzione in più Paesi di opere d’arte e di altri preziosi (beni mobili); - beni immobili (non detenuti per il tramite di società immobiliari): rischio di doppia tassazione nel Paese in cui è situato l’immobile ed in quello di decesso del de cuius o di residenza degli eredi. La migliore pianificazione è sicuramente quella fatta in vita. ITALIA DE CUIUS cittadino italiano (luogo de decesso) UK DE CUIUS: domicilio 1 EREDE FRANCIA DE CUIUS: residenza fiscale 1 EREDE Pr. Di MONACO DE CUIUS: immobile di proprietà 1 EREDE GIAPPONE 1 EREDE
  • 13. Il futuro del private banking e del family office _________________________________________ Studio Lunardi & Partners © 13 I RECENTI ORIENTAMENTI IN SEDE OCSE L’evoluzione politica, amministrativa e fiscale raggiunta da alcuni paesi appartenenti all’Ocse, rappresenta un forte richiamo per progetti imprenditoriali ed attività professionali, Si ampliano quindi le opportunità finanziarie offerte da alcune piazze finanziarie tra le quali quella collegata allo Straits Times di Singapore, verso il quale vengono “dirottate” le multinazionali in cerca di un punto geograficamente strategico per la propria competitività, richiamate dagli incentivi per la ricerca e un’apertura al mercato alla quale fanno seguito altresì i maggiori istituti di credito e finanziari, anche italiani. Tra le competenze del private banker e del family officer globale vi è oggi anche quello di prendere consapevolezza e dimestichezza con i lavori e le pubblicazioni elaborate dai dipartimenti fiscali dell’Ocse, oltre che della Amministrazioni fiscali di tali Paesi. In primis le periodiche e sempre più frequenti liste di Paesi considerati cooperativi nella lotta all’evasione e alle frodi internazionali. Di recente proprio Singapore è uscito dalla lista grigia dell’Ocse, sdoganandolo dall’etichetta di piazza finanziaria off-shore. Al fine di dare al presente lavoro un certo spessore pragmatico, è necessario non sottacere che spesso questi accordi di cooperazione internazionale rimangono teorici, in quanto il perdurare della riservatezza bancaria ed un sistema fiscale fortemente agevolativo fanno di questi Paesi realtà finanziarie fortemente competitive. Il Comitato Affari Fiscali (CFA) dell’ Ocse sta sviluppando due attesi progetti, uno con riferimento agli High- Net-Worth Individuals (HNWI), per mezzo del quale l’OCSE intende porre per una maggiore attenzione (tax compliance) alle pianificazioni fiscali aggressive dagli stessi adottate, l’altro, denominato “Granting of Treaty Benefits with respect to the Income of Collective Investment Vehicles” (CIVs), intende migliorare lo scambio di informazioni tra gli intermediari (QI) al fine di individuare il reale Beneficiario Effettivo e ridurre i costi legati alle pratiche di rimborso delle maggiori ritenute applicate.
  • 14. Il futuro del private banking e del family office _________________________________________ Studio Lunardi & Partners © 14 5. LA PROFESSIONE DEL PRIVATE BANKER Nulla di nuovo sul versante dei regimi fiscali possibili per l’esercizio di tale attività, inquadrata nell’ambito del reddito da lavoro autonomo. Le alternative possibili per il private banker, all’inizio della sua attività, rimangono i seguenti. Regime ordinario: obbligo di tenuta della contabilità e di registrazione e liquidazione periodica dell’Iva. Sul reddito si applicano le ordinarie aliquote Irpef, a scaglioni, e gli studi di settore. Regime delle nuove iniziative (art. 13, Legge n. 388/2000): regime opzionale che interessa solo i primi tre periodi d’imposta. L’attività “iniziata” deve essere “nuova” nel senso che non deve costituire in alcun modo mera prosecuzione della medesima attività svolta in precedenza in forma di lavoro dipendente o autonomo o di collaborazione a progetto. Esonero dall’obbligo della tenuta della contabilità e dagli obblighi di registrazione e liquidazione periodica dell’Iva. Vi possono accedere le persone fisiche che conseguano ricavi annui non superiori ad euro 30.987. L’attività svolta è soggetta all’applicazione degli studi di settore. Sul reddito si applica un’imposta sostitutiva del 10%, in sostituzione dell’Irpef. Tale reddito viene tassano all’interno della dichiarazione annuale dei redditi, in modo separato rispetto ad eventuali altri redditi e senza la possibilità di detrarre, dall’imposta sostitutiva calcolata, eventuali oneri detraibili propri o delle persone eventualmente a carico (es. spese mediche, interessi su mutui, polizze vita, agevolazioni 36% o 55%, etc.). Regime dei minimi (art. 1, c. da 196 a 117, Legge n. 244/2007): scelta opzionale valida per almeno tre esercizi, al termine dei quali può continuare se rimangono i requisiti. Esonero dall’applicazione delle imposte Iva, Irap e degli studi di settore. Esonero dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili e di registrazione e liquidazione periodica dell’Iva. Vi possono accedere le persone fisiche che abbiano ricavi annui non superiori ad euro 30.000, siano senza dipendenti, che nel triennio precedente non abbiano effettuato acquisti di beni strumentali (es. auto) per un ammontare superiore ad euro 15.000, e non siano nel contempo altresì soci di società di persone. Sul reddito si applica un’imposta sostitutiva del 20%. Tale reddito viene tassano all’interno della dichiarazione annuale dei redditi, in modo separato rispetto ad eventuali altri redditi e senza la possibilità di detrarre, dall’imposta sostitutiva calcolata, eventuali oneri detraibili propri o delle persone eventualmente a carico (es. spese mediche, interessi su mutui, polizze vita, agevolazioni 36% o 55%, etc.). IL REDDITOMETRO: ACCERTAMENTO SINTETICO Di estrema attualità è invece l’obiettivo dichiarato dell’Amministrazione finanziaria di contrastare il fenomeno dell’omessa dichiarazione di alcune categorie di reddito, per il tramite degli accertamenti volti ad individuare le motivazioni alla base di una capacità economico-finanziaria (stile di vita) non in linea con i redditi conseguiti: il cd. redditometro (D.L. 31.5.2010 n. 78, art. 22; art. 38, c. 4 e ss, Dpr 600/73). Si pensi semplicemente alla detenzione di autovetture di grossa cilindrata, al pagamento delle rette per la frequenza di scuole private dei figli, per frequenti vacanze, pagamento di premi per polizze vita e fondi pensione, collaboratrici domestiche, oltre naturalmente a operazioni di compravendita immobiliare. Sono tutti indicatori di consumo ritenuti indicativi del tenore di vita condotto dal nucleo famigliare. Per questo vengono moltiplicati per altrettanti indici e coefficienti, previsti su base tabellare, ottenendo una ricostruzione presuntiva del reddito del contribuente. La tentazione quindi di ridurre il reddito professionale mediante la deduzione di fatture per servizi di consulenza o intermediazione finanziaria, ricevute da operatori nazionali od esteri, pur dotate del requisito dell’ inerenza all’attività esercita (ed in quanto tali dedotte dal reddito) può avere l’effetto di ridurre il reddito dell’attività in modo tale da essere sì “congruo” e “coerente” ai fini degli ormai noti Studi di Settore, ma non sufficienti dal punto di vista “redditometrico” a giustificare un tenero di vita ed un livello di consumi personali non giustificati dal reddito famigliare. Tale tipo di accertamento fiscale può oggi facilmente scattare in situazione particolari quali: - godimento di risparmi pregressi; - esistenza di coppie di fatto; - percezione di indennizzi e somme riscosse a titolo di risarcimenti patrimoniali;
  • 15. Il futuro del private banking e del family office _________________________________________ Studio Lunardi & Partners © 15 - somme derivanti da eredità, donazioni o vincite; - percezione di redditi esenti o soggetti a imposizione alla fonte a titolo d’imposta. Il rischio è sia per la clientela private sia per i loro consulenti. Redditi di natura finanziaria, conseguenti ad investimenti e disinvestimenti, potendo ben essere esenti ai fini Irpef (es. alcuni Bot, Cct e simili) ovvero soggetti ad una ritenuta “secca” o a “imposta sostitutiva”, non confluendo nella dichiarazione dei redditi, potrebbero non essere intercettati dall’incrocio delle banche dati tributarie (comprese quelle gestite dall’Inps, dall’Agenzia del Territorio, dai Comuni), con conseguente richiesta di chiarimenti da parte del Fisco. Ecco perché il redditometro va di pari passo con gli accertamenti di tipo bancario anche se l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di precisare (CM n. 49/E del 2007) che non va dimostrato l’utilizzo dei fondi ma la loro provenienza, provenienza di quello che potrebbe essere considerato un reddito non dichiarato (che ha permesso di sostenere determinate spese). Attualmente sono in vigore due normative che disciplinano l’applicazione pratica del redditometro, rispettivamente per l’accertamento delle annualità fino al 2008 e per il 2009. E’ attesa tuttavia una nuova e definitiva versione di tale strumento, entro la fine del 2010, una versione in grado di attenuare gli effetti, per certi versi a volte molto penalizzanti per il contribuente, delle due iniziati versioni. La convivenza di più regimi applicativi influisce inevitabilmente anche sull’iter e sulle modalità di difesa (onere della prova) a disposizione del cliente/consulente. LO STATO DELL’ARTE NELL’AMBITO DELLE VERIFICHE SUI CONTI CORRENTI BANCARI DEL CONSULENTE Negli ultimi tempi si è assistito ad una fiorente produzione di sentenze da parte della giurisprudenza in materia di accertamenti sui movimenti in entrata ed uscita dai conti correnti bancari, sulla scia anche di una normativa anti riciclaggio sempre più stringente. Abbandonata l’automatica presunzione che ogni movimento da e verso il conto corrente del professionista o dell’impresa, non giustificato/giustificabile, rappresenta fiscalmente un ricavo non contabilizzato e quindi un reddito non dichiarato, vi sono alcune evoluzioni sul tema, importanti sia per l’operatività pratica del cliente private coinvolto nelle operazioni finanziarie, sia per il consulente che lo supporta e lo assiste. Non è infatti necessaria la corrispondenza dei singoli incassi con i versamenti in conto corrente: è sufficiente la loro corrispondenza direttamente con i movimenti registrati nella contabilità (CTP di Roma sentenza n. 455/2/2010). Nel caso poi di una società la cui compagine sociale e la cui amministrazione sono riferibili ad un unico ristretto gruppo familiare, l’esistenza del rapporto familiare stesso è sufficiente a giustificare, salvo prova contraria, la riferibilità alla società delle operazioni riscontrate sul conto bancario di un parente stretto dell’amministratore unico (in tal senso, con un decisivo cambio di rotta, si è espressa l’ordinanza della Cassazione n. 19493 del 13.9.2010). In altri casi, la stessa Corte è giunta ad altre conclusioni (Cassazione sentenze n. 20197 del 24.09.2010 e n. 21318 dep. 15.10.2010), affermando che il rapporto di coniugio o di parentela, o la qualifica di amministratore o di dipendente di una società, determinano un legame talmente stretto da realizzare una sostanziale identità di soggetti, tale da giustificare, salvo prova contraria del contribuente, la ricostruzione fatta dal Fisco. Ancora, negli accertamenti bancari i prelevamenti possono essere riconosciuti quali costi, se il contribuente prova di averli sostenuti (Cassazione, sentenza n. 20735 del 6.10.2010) RIMBORSO DELL’IRAP VERSATA NEGLI ESERCIZI PRECEDENTI Una giurisprudenza ormai consolidata conferma l’esonero dal pagamento dell’imposta Irap per i private bankers sprovvisti del requisito, tanto discusso, dell’ “autonoma organizzazione”, qualora siano privi di personale dipendente, di collaboratori e dotati di un ammontare di beni strumentali per l’esercizio della propria attività che non eccede il minimo indispensabile. Dott. Lino Lunardi LLUUNNAARRDDII &&&&&&&& PPAARRTTNNEERRSS SS TT UU DD II OO Padova Vicenza Milano lunardi@consulenti-aziendali.com