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di ANTONIO PANIGALLI
7
OPINIONI
12MESI
GENNAIO 2010
L
a crisi etica ed economica
che sta attanagliando il no-
strotempoedilnostroPaese
esige scelte molto coraggio-
se che vanno ben al di là di operazioni
e progettualità di facciata o di interventi
“estetici” di breve termine che non ri-
solvono poi alcun problema, anzi, forse
lo acuiscono.
È indispensabile avere il coraggio di
comprendere e spiegare come stanno
davvero le cose, siamo un branco so-
ciale con, nell’insieme, un eccesso di
debiti, un branco che vuol continuare
a vivere sopra le proprie possibilità, o
anche, una famiglia in cui una parte di
componenti si impegna, lavorando di
più, innovando di più, imparando di
più (anche dagli esempi di altri popoli
virtuosi), ed orientando il proprio ope-
rato verso il bene comune e non solo il
beneficio personalistico, e dove un’altra
numerosa parte continua a coltivare la
stolta furbizia (non “intelligente” argu-
zia come credono), a “non” lavorare e
contribuire al bilancio nazionale il meno
possibile, a farsi guidare da un bieco in-
dividualismo.
Se si vorrà uscire da un circolo vizioso di
degrado, sarà necessario guardare avan-
ti in ottica europea e progettare il futuro
in termini di patto intergenerazionale
che punti ad accrescere la produttività
generale; promuovere uno sviluppo so-
stenibile in termini umani ed ecologici;
procedere a riforme strutturali non più
rinviabili (ristrutturazione del sistema
pensionistico e del welfare, lotta a ogni
forma di rendita monopolistica, focus
sulle meritocrazia e giustizia, libera-
lizzazioni dell’accesso al lavoro ed alle
professioni, ecc.).
LA “NON-CRISI”
I COSTI INVISIBILI
In generale un vero “reset” del sistema,
ripensando le regole civili, adeguando-
le alla evoluzione dei tempi e facendo
perno sulla solidarietà nella sua duplice
accezione di virtù morale personale e
di principio ordinatore sociale, e sulla
sobrietà come comportamento diffuso
orientato a decidere i consumi sulla base
di priorità eticamente indirizzate. Alle
persone si possono chiedere sacrifici
solo se chi li richiede dimostra coerenza
morale e piena affidabilità e se, insieme
ai sacrifici, si evidenziano anche i bene-
fici che potranno trarne i singoli nella
loro comunità.
Uno degli esempi eclatanti sul quale ri-
flettere riguarda importanti frange delle
organizzazioni sindacali, che, se da un
lato sono state strumento insostituibile
per la salvaguardia dei diritti dei lavo-
ratori, dall’altra sono divenuti fulcro di
una serie di “privilegi” che con l’evol-
vere dei tempi e dei sistemi sociali sono
ormai anacronistici e inaccettabili.
Magari potessimo disporre di “numeri
veri”... (le informazioni pubbliche sono
scarse e frammentarie), gli stessi rac-
conterebbero come le organizzazioni
dei lavoratori, difendendo con le unghie
e con i denti una serie di vantaggi più o
meno antichi, si siano trasformate e con-
solidate in autentiche macchine di pote-
re politico ed economico. Con il bene-
stare di un sistema politico, sempre in
crisi popolarità e sempre influenzabile
dalla capacità di mobilitazione, che alcu-
ne organizzazioni sindacali continuano
ad utilizzare come arma anti-negoziale
e che, purtroppo a sua volta dipende
proprio, in grandissima parte, da un for-
midabile potere economico alimentato a
spese della collettività.
I NUMERI DEL SINDACATO
20.000 dipendenti
8.000 sedi
700.000 delegati
6.000.000 lavoratori iscritti
5.800.000 pensionati
2 miliardi di euro
probabile giro
d’affari
Fonte: “L’altra casta” di Stefano Livadiotti,
Bompiani, 2008
Se c’è un problema di costi della politica
e della socialità, allora il discorso vale
anche per il mondo sindacale che muove
annualmente circa due miliardi di euro
(stima di Daniele Capezzone quando
era nel movimento radicale), utilizza il
sostituto d’incasso (circa 1% del com-
penso dei lavoratori come trattenuta au-
tomatica in busta paga), è praticamente
monopolista del sistema Patronati e Caf,
controlla indirettamente oltre il 50% del
business della distribuzione annua dei
finanziamenti Eu sulla formazione.
In fondo potremmo dire che anche que-
sta è economia e anche questi sono posti
di lavoro... ma, il problema vero è che
ormai le organizzazioni sindacali sono
diventate dei potentati che aumentano
fortemente i costi pubblici e vivono gra-
zie alla stessa burocrazia che il potere
politico non può (o non vuole) combat-
tere, così come molti imprenditori, sin-
golarmente o in gruppo, appoggiano lo
sviluppo di questo business, più garanti-
to e protetto del vero mercato.

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  • 1. di ANTONIO PANIGALLI 7 OPINIONI 12MESI GENNAIO 2010 L a crisi etica ed economica che sta attanagliando il no- strotempoedilnostroPaese esige scelte molto coraggio- se che vanno ben al di là di operazioni e progettualità di facciata o di interventi “estetici” di breve termine che non ri- solvono poi alcun problema, anzi, forse lo acuiscono. È indispensabile avere il coraggio di comprendere e spiegare come stanno davvero le cose, siamo un branco so- ciale con, nell’insieme, un eccesso di debiti, un branco che vuol continuare a vivere sopra le proprie possibilità, o anche, una famiglia in cui una parte di componenti si impegna, lavorando di più, innovando di più, imparando di più (anche dagli esempi di altri popoli virtuosi), ed orientando il proprio ope- rato verso il bene comune e non solo il beneficio personalistico, e dove un’altra numerosa parte continua a coltivare la stolta furbizia (non “intelligente” argu- zia come credono), a “non” lavorare e contribuire al bilancio nazionale il meno possibile, a farsi guidare da un bieco in- dividualismo. Se si vorrà uscire da un circolo vizioso di degrado, sarà necessario guardare avan- ti in ottica europea e progettare il futuro in termini di patto intergenerazionale che punti ad accrescere la produttività generale; promuovere uno sviluppo so- stenibile in termini umani ed ecologici; procedere a riforme strutturali non più rinviabili (ristrutturazione del sistema pensionistico e del welfare, lotta a ogni forma di rendita monopolistica, focus sulle meritocrazia e giustizia, libera- lizzazioni dell’accesso al lavoro ed alle professioni, ecc.). LA “NON-CRISI” I COSTI INVISIBILI In generale un vero “reset” del sistema, ripensando le regole civili, adeguando- le alla evoluzione dei tempi e facendo perno sulla solidarietà nella sua duplice accezione di virtù morale personale e di principio ordinatore sociale, e sulla sobrietà come comportamento diffuso orientato a decidere i consumi sulla base di priorità eticamente indirizzate. Alle persone si possono chiedere sacrifici solo se chi li richiede dimostra coerenza morale e piena affidabilità e se, insieme ai sacrifici, si evidenziano anche i bene- fici che potranno trarne i singoli nella loro comunità. Uno degli esempi eclatanti sul quale ri- flettere riguarda importanti frange delle organizzazioni sindacali, che, se da un lato sono state strumento insostituibile per la salvaguardia dei diritti dei lavo- ratori, dall’altra sono divenuti fulcro di una serie di “privilegi” che con l’evol- vere dei tempi e dei sistemi sociali sono ormai anacronistici e inaccettabili. Magari potessimo disporre di “numeri veri”... (le informazioni pubbliche sono scarse e frammentarie), gli stessi rac- conterebbero come le organizzazioni dei lavoratori, difendendo con le unghie e con i denti una serie di vantaggi più o meno antichi, si siano trasformate e con- solidate in autentiche macchine di pote- re politico ed economico. Con il bene- stare di un sistema politico, sempre in crisi popolarità e sempre influenzabile dalla capacità di mobilitazione, che alcu- ne organizzazioni sindacali continuano ad utilizzare come arma anti-negoziale e che, purtroppo a sua volta dipende proprio, in grandissima parte, da un for- midabile potere economico alimentato a spese della collettività. I NUMERI DEL SINDACATO 20.000 dipendenti 8.000 sedi 700.000 delegati 6.000.000 lavoratori iscritti 5.800.000 pensionati 2 miliardi di euro probabile giro d’affari Fonte: “L’altra casta” di Stefano Livadiotti, Bompiani, 2008 Se c’è un problema di costi della politica e della socialità, allora il discorso vale anche per il mondo sindacale che muove annualmente circa due miliardi di euro (stima di Daniele Capezzone quando era nel movimento radicale), utilizza il sostituto d’incasso (circa 1% del com- penso dei lavoratori come trattenuta au- tomatica in busta paga), è praticamente monopolista del sistema Patronati e Caf, controlla indirettamente oltre il 50% del business della distribuzione annua dei finanziamenti Eu sulla formazione. In fondo potremmo dire che anche que- sta è economia e anche questi sono posti di lavoro... ma, il problema vero è che ormai le organizzazioni sindacali sono diventate dei potentati che aumentano fortemente i costi pubblici e vivono gra- zie alla stessa burocrazia che il potere politico non può (o non vuole) combat- tere, così come molti imprenditori, sin- golarmente o in gruppo, appoggiano lo sviluppo di questo business, più garanti- to e protetto del vero mercato.