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Economia
15/03/2016 9:57 - Smart working, un successo nel segno della… qualità
Inchiesta esclusiva dell’Agenzia Giornalistica Repubblica con il contributo di Siemens,
Qui!Group, Italtel, Sisal, Alitalia, Abb Italia, Edenred,. Il futuro del lavoro passa anche
attraverso la diffusione di queste nuove opportunità.
Lavorare da casa, senza stress da traffico
e/o da trasporto pubblico, con tutte le
comodità del caso. E’ da sempre il sogno
di molti lavoratori, ma da qualche tempo
anche di tante aziende che vedono
soprattutto nello “smart working” (la
formula evoluta del telelavoro) una
opportunità da cogliere e sfruttare per
migliorare prestazioni, rendimenti,
welfare. Insomma, nel mondo del Terzo
Millennio piace a tutti, tanto è vero che
secondo i recenti dati diffusi
dall'Osservatorio Smart Working del
Politecnico di Milano, in Italia ad oggi quasi il 50% delle grandi aziende sta già
sperimentando questo tipo di prestazione.
Ma che cos’è esattamente lo smart working o lavoro agile che dir si voglia? Per capire
meglio occorre partire dalla relazione introduttiva al disegno di legge sulle nuove misure
per il lavoro autonomo laddove si definisce lavoro agile quella “modalità flessibile di
esecuzione del rapporto di lavoro subordinato allo scopo di incrementare la produttività e
agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”. E lo stesso documento ne delinea i
contorni: il lavoro agile è quel lavoro che può essere svolto in parte all'interno dei locali
aziendali e in parte all’esterno, seguendo però gli orari previsti dal contratto di riferimento
e prevede l’assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti all'esterno dei
locali aziendali.
La domande, anzi le domande sorgono spontanee, come direbbe Lubrano: ma in concreto
a che punto siamo? Noi dell’Agenzia Giornalistica Repubblica abbiamo pensato di
rispondere non direttamene ma facendo parlare coloro che il tema stanno affrontando
davvero, le aziende. E di diversi settori. Ne viene fuori un quadro molto interessante che
evidenzia soprattutto come il lavoro agile piace, a tutti, azienda e lavoratori, nonostante
tutto…
Lo Smart Working si sta diffondendo anche in Italia: cosa ne pensi? E' praticabile
o è già praticato nella vostra azienda?
Gregorio Fogliani (Presidente Qui!Group): “La nuova regolamentazione del lavoro
agile, contenuta nel disegno di legge del Governo, è stata fondamentale per portare
l’attenzione sul tema. Il mondo del lavoro sta cambiando profondamente, e dobbiamo
prenderne atto: oggi possiamo permetterci molta più flessibilità senza sacrificare la
produttività. Anzi, penso che il lavoro agile aiuti le aziende a focalizzarsi su ciò che
davvero è importante: la qualità del lavoro e il raggiungimento degli obiettivi, più che il
tempo speso alla scrivania. In QUI! Group abbiamo cominciato anni fa con alcune forme di
flessibilità (in primis quella oraria), e, visto vista l’esperienza positiva, abbiamo deciso di
provare anche con il lavoro agile. Dal 1 marzo avvieremo il primo progetto di questo tipo.
Nella nostra sede di Napoli (città tra le più ostiche per gli spostamenti, che costringe i
nostri collaboratori a perdere una o due ore al giorno nel tragitto casa-lavoro), daremo la
possibilità di lavorare da casa 2 giorni la settimana. Se l’esperimento sarà positivo, lo
estenderemo ad altre sedi del gruppo”.
Federico Golla, ad di Siemens Italia: “Penso che la progressiva diffusione in Italia dello
smart working sia un grande risultato. Hanno sicuramente contribuito le aziende che come
Siemens hanno cominciato a implementarlo quando non ne parlava nessuno e in pochi lo
comprendevano appieno. Dall’altra parte è anche vero che spetta a grandi aziende dotate
di responsabilità sociale stimolare il cambiamento. Plaudo l’attenzione del Governo verso
questo tema, raccomandando che la banda larga è una condizione imprescindibile perché
questa nuova modalità di lavoro si diffonda davvero. In Italia siamo notoriamente lenti
nell’adottare nuove tecnologie e modi d’operare. Ma ce la possiamo fare. Siemens Italia
utilizza lo smart working dal 2011. Oggi i dipendenti che praticano su base volontaria il
lavoro agile sono circa 1.700 su oltre 3000”.
Michele Riccardi HR Manager di Edenred Italia: “Se si prende lo smart working nel
suo insieme la prima considerazione è che si tratta certamente di un processo di change
management. Si tratta spesso di mettere in discussione, norme, valori, credenze. Per
questo motivo è un processo che va assolutamente ben gestito, perché normalmente
tocca la cultura aziendale, attraverso il cambiamento ad esempio dei comportamenti, del
linguaggio e della comunicazione. Come tutte le volte che si presentano opportunità per
tendere ad un ambiente di lavoro eccellente, questa vada studiata profondamente, e
applicata nei tempi e nei modi condivisi dal management aziendale che deve essere
pienamente ingaggiato e coerente. Lo smart working in tal senso offre la possibilità di far
crescere i lavoratori e le loro performance accanto ad un miglior work-life balance. E’ una
tendenza che può essere intanto letta sotto tre angolazioni principali differenti: i
comportamenti delle persone, la tecnologia e gli spazi fisici. Nella nostra azienda abbiamo
cominciato a lavorare in particolare sui servizi offerti come ad esempio la conciergerie, che
permette di far svolgere ad un “maggiordomo” tante incombenze, recuperando l’energia
più preziosa: il tempo. Dal punto di vista della tecnologia il nostro Gruppo ha lanciato una
piattaforma collaborativa (che si chiama Bubble) che permette di lavorare sulla
condivisione di documenti e progetti, innestando una cultura internazionale di costituzione
di community e di scambio. Stiamo inoltre cominciando a sperimentare tecnologie di
messaggistica e gestione di meeting che sono abilitanti ad una modalità di lavoro in
potenza svincolata dalla presenza fisica in un ufficio, e alcuni esempi di telelavoro sono già
in atto”.
Stefano Pileri, ad di Italtel: “Il tema dello smart working sta prendendo sempre più
piede anche in Italia. Da qualche anno ormai se ne parla anche da noi e viene visto come
una opportunità sia per le aziende sia, soprattutto, per le persone che ne sono coinvolte.
Nelle realtà aziendali come la nostra, la cui attività principale è la produzione di software,
quindi di un bene fisico non tangibile, lo smart working è sicuramente applicabile. In Italtel
abbiamo avviato di recente una sperimentazione che vede coinvolto un gruppo pilota di
persone che si sono dichiarate soddisfatte sotto molti punti di vista dell’esperienza che
stanno vivendo”.
Andrea Orlandini, Responsabile Risorse Umane Sisal: “Il giudizio è positivo, ritengo
che il lavoro agile sia una comoda varietà di lavoro. Non si deve pensare solo ad un
discorso di flessibilità, ma una diversa cultura del lavoro stesso, in termini di passaggio da
controllo di persona a controllo di risultati. Una base culturale che vuole più fiducia e
senso di responsabilità da parte del lavoratore. E quando questo si realizza si ha davvero
una rivoluzione ma “dolce”. In Sisal siamo partiti il 18 febbraio scorso con una giornata di
lavoro agile a Milano, siamo partiti piano: 100 persone all’inizio, per arrivare a 250 a fine
anno, fino alle 700/800 previste sino al 2017, che rappresenta circa il 40% del totale.
Ovviamente interessa i dipendenti interni, meno quelli delle agenzie, senza dimenticare
poi che la base del progetto è volontaria, con un accordo sia coi sindacati che col
dipendente stesso. Prevediamo di realizzare 1 giorno di smart working flessibile a
settimana in accordo sempre con la struttura organizzativa, anche 2 forse. Ci crediamo”.
Antonio Cuccuini, Chief People & Performance (capo risorse umane) Alitalia: “Lo
Smart Working, per come se ne parla in questi giorni cioè il telelavoro, è solo una parte
delle modalità di organizzare il lavoro in modo intelligente. In Alitalia il telelavoro esiste da
molti anni e innovato quattro anni coinvolgendo decine di dipendenti di aree non operative
che hanno aderito al programma. Oltre a questo importanti per l'efficienza e la
produttività aziendale, la serenità delle persone e la riduzione dell'assenteismo sono le
migliaia di part time in tutte le forme tra i naviganti e le flessibilità orarie per il personale
Corporate. Io penso che non sia affatto una novità, piuttosto un ritardo del paese e che il
tema non sia la diffusione di strumenti (il contratto collettivo di lavorio di Alitalia li ha da
15 anni), quanto la Clinton Syndrome ( De Masi) dei manager italiani che proferiscono,
anziché gestire il lavoro per risultato e feedback, controllare passo passo e, appunto,
tenere le proprie persone "attorno" alla scrivania...”.
Silvia Parma, responsabile Risorse Umane Abb Italia: “Ne penso bene, solo che
occorre tanta cultura in azienda, serve spiegare bene che con una modalità diversa di
lavoro il risultato è lo stesso, anzi. Far capire insomma che se mi fido dei miei
collaboratori, dove questi lavorano conta poco. Obiettivi chiari e condivisi quindi. In attesa
di chiarimenti sul fronte infortunistica, devo dire che abbiamo creduto da subito su questa
iniziativa, anche insieme con altre aziende dove in alcune sedi importanti abbiamo
appoggiato in comune la nuova opportunità, come a Bergamo e Dalmine. Ubibanca, Volvo,
Italcementi, con loro abbiamo realizzato un po’ di attività insieme e un po’ per noi.
Abbiamo dato vita ad Alleanza Bergamo per Smartworking, in modo da creare insieme
competenze, progetti di organizzazione lavorativa che possa essere utili anche ad altre
realtà aziendali. La soddisfazione è reciproca: i capi chiedono anzi un aumento delle ore di
lavoro agile perché hanno visto che funziona, i dipendenti hanno visto migliorata la propria
qualità della vita tra ore di pendolarismo gudagnate e maggiore socializzazione”.
Quali sono tecnologie abilitanti chiave per lo Smart Working?
Fogliani: “Per la maggior parte dei lavori, almeno per quanto riguarda la mia azienda, con
uno smartphone si può già fare molto: tenere i contatti con i colleghi, con i clienti, dare
assistenza, prendere appuntamenti, inviare e ricevere mail, inviare offerte commerciali e
così via. Nel caso di Napoli, sede in cui stiamo sperimentando il lavoro agile, abbiamo
rilevato che gli unici strumenti indispensabili per i dipendenti (si tratta di sviluppatori)
sono computer e connessione a internet. E un telefono, per essere reperibili in caso di
necessità. Ma questo vale per la maggior parte dei lavori, ecco perché potenzialmente, il
lavoro agile, è una formula estendibile a tantissime realtà”.
Golla: “Certo alla base del cambiamento ci sono strumenti e tecnologie informatiche che
lo rendono possibile. I dipendenti che hanno aderito sono in grado di collegarsi da remoto
alla rete aziendale e hanno tutti un notebook portatile e un cellulare. Siemens contribuisce
in parte alle spese di connessione internet da casa”.
Riccardi: “Lo sono per definizione tutte quelle tecnologie che possano permettere uno
scambio e uan condivisione efficace di contenuti e di gestione dell’interazione che
prescinda dalla fisicità, organizzando riunioni in spazi virtuali evolvendo in termini di
comunicazione dalla cultura oramai obsoleta e soprattuto improduttiva della posta
elettronica”.
Pileri: “Gli strumenti di videocomunicazione e produttività individuale sono gli elementi
che garantiscono una collaborazione a distanza realmente efficace e permettono relazioni
lavorative coinvolgenti senza automatizzare né spersonalizzare le rapporti tra le persone.
Le costose soluzioni di video conferencing room based stanno lasciano lo spazio a soluzioni
sempre più snelle che possano prevedere il supporto di device mobili per favorire
flessibilità e mobilità ai dipendenti. Noi stessi abbiamo sviluppato nei nostri laboratori di
R&D una piattaforma per la collaboration in ambito aziendale denominata Embrace:
utilizzando la tecnologia di Web RealTime Communication applicata a qualunque browser
di navigazione consente di avere funzioni di collaboration, content sharing e
comunicazione in tempo reale sempre più cloud, coerentemente con i modelli di lavoro
smart non più legati al posto fisico”.
Orlandini: “Partiamo con una dotazione minima, perché in effetti sono poche le tecnologie
abilitanti. Basta poco quindi: un pc portatile, un iphone e una linea adsl veloce. Questo è il
minimo, ma per un sviluppo maturo occorre un sistema più potente che permetta accessi
a reti aziendali e alla condisione di file, o anche la realizzazione di video conferenze da
remoto. Diciamo poi che lo smart working da questo punto di vista è molto trasversale tra
uomini e donne, metà e metà. E poi non è roba per soli giovani, né tantomeno gerarchica,
anzia spesso le maggiori resistenza arrivano proprio dai giovani”.
Cuccuini: “Reti digitali di connessione ai sistemi aziendali, apps di comunicazione scritta e
video/voice”.
Parma: “Ovviamente tutto quello che di pemette di collegarti con le aziende, quindi pc
portatile. Comunicare in modo agile e veloce, anche in forme di internet message. In caso
di lavro agile siamo noi azienda che chiediamo al dipendente se possiede una linea veloce,
noi non vogliamo costi aggiuntivi ad un sistema che deve essere paritario da questo punto
di vista. Opportunità di lavorare in modo diverso, massima disponibilità quindi e
comprensione”.
Che ti tipo di impatto ha lo Smart Working su organizzazioni, persone e città?
Fogliani: “In QUI! Group cerchiamo di venire incontro alle esigenze dei dipendenti da
sempre, e sappiamo bene quanto questo sia importante per fidelizzare e trattenere in
azienda i nostri talenti. La flessibilità oraria, ad esempio, ha permesso loro di conciliare
con più facilità la sfera privata e professionale (si pensi ai genitori che accompagnano a
scuola i figli prima di entrare in ufficio), riducendo l’assenteismo, il turnover e aumentando
la soddisfazione generale, fatto che ha influito positivamente sulla produttività. Tra le
ricadute positive ci sarà sicuramente un incremento della partecipazione femminile al
mondo del lavoro, un risparmio di costi (mezzi pubblici, benzina, auto…) e aiuterà
l’ambiente riducendo il numero di auto nelle città. E si apriranno nuove opportunità.
Personalmente, se potessi evitare di andare in ufficio ogni giorno, avrei molto più tempo
da dedicare a incontrare persone e creare contatti”.
Golla: “Ha avuto un impatto importante perché ha rappresentato un radicale
cambiamento culturale. Chi aderisce allo smart working nella nostra Società presta la
propria attività lavorativa indipendentemente dalla localizzazione geografica, secondo i
propri tempi e le proprie preferenze nelle modalità di svolgimento del lavoro, in modo che
capacità e abilità siano continuamente stimolate e massimizzate. Si riducono così i vincoli
logistici, non è più necessario timbrare il cartellino e viene meno il concetto di postazione
di lavoro fissa. Il grande cambiamento culturale e psicologico riguarda quindi la libertà
nella gestione del lavoro. Sono lasciati ampi margini d’iniziativa al singolo. I concetti di
delega e fiducia diventano cruciali. Il cambiamento più evidente è senza dubbio relativo
alla riorganizzazione degli spazi e al layout dei nuovi uffici. Non esiste più il concetto di
ufficio personale, chiuso, privato e gestibile individualmente: gli spazi sono ampi e aperti.
Abbiamo invece dato spazio alle sale per le riunioni o comunque per i momenti di incontro
e convivialità. L’impatto sulle città riguarda l’ambiente. Questo nuovo modo di lavorare è
caratterizzato, abbiamo detto, dalla flessibilità dei dipendenti che sono appunto più liberi
negli spostamenti casa-ufficio, e dalla contrazione degli spazi dedicati agli uffici. Questo in
ultima analisi si traduce in minor traffico, e minor consumo di illuminazione e clima, e
quindi in una riduzione di emissioni inquinanti nell'ambiente”.
Riccardi: “Gli impatti sulle organizzazioni possono risultare importanti se le azioni
intraprese misureranno un livello di benessere organizzativo superiore, che normalmente
si riflette sui risultati dell’azienda. Persone più contente, a loro agio e capaci di vivere il
proprio lavoro come un continuum rispetto alla loro vita privata sono certamente in grado
di offrire un contributo migliore. In termini più allargati, lo smarteworking, nelle sue forme
ad esempio di coworking ma non solo, alimenta forme di networking che sono il sale della
civiltà moderna, compendiando la condivisione attraverso la tecnologia ma anche
ridisegnando il rapporto tra appartenenza ad un’organizzazione e uno spazio fisico. Le
aziende che oggi puntano all’eccellenza contribuiscono senza dubbio ad elevare il livello di
benessere delle persone e dunque degli spazi “allargati” ove queste vivono”.
Pileri: “Lo smart working cambia il modo di lavorare delle persone e impatta sulle
organizzazioni e sul contesto in cui viviamo. Per le aziende si assiste da un lato a una
maggiore efficacia nell’allocazione degli spazi, dall’altro a un miglioramento del clima
aziendale che spesso coincide con una maggiore attrattività e retention: i dipendenti che
possono sperimentare lo smart working si sentono oggetto di maggiore attenzione da
parte dell’azienda e questo in genere comporta una maggiore affezione alla
società/all’ambiente di lavoro. Le persone, che sono i veri protagonisti dello smart
working, dichiarano una migliore gestione della vita privata. Grazie alla riduzione dei
tempi e costi di trasferimento casa-luogo di lavoro, si attiva un bilanciamento tra sfera
lavorativa e sfera privata con un aumento della soddisfazione e motivazione individuale.
La riduzione dello stress quotidiano legato agli spostamenti e la possibilità di lavorare con
minori interruzioni porta una maggiore efficacia delle azioni del quotidiano. E infine
l’ambiente: anche lui ringrazia per questa innovazione. Lo smart working riduce
l’emissione di CO2 legata alla congestione dovuta al traffico. Fatte tutte queste promesse
sono convinto che lo smart working sia una scelta vincente per tutti e che valga la pena
adottarlo quando possibile”.
Orlandini: “Sicuramente un’accoglienza particolare. Se consideriamo che nelle grandi
città abbiamo persone che fanno anche 1/2 ore al giorno di ritardo, soltanto recuperare
questi tempi morti è un successo. Si utilizzano così delle ore “morte” per fare spesa la
mattina e via dicendo, scoprendo magari la propria città in orari diversi e in meglio.
L’orario del lavoro agile va dalle 7 alle 22, ma normalmente l’orario canonico è 9-18. Da
una parte abbiamo delle persone più motivate e responsabilizzate, dall’altra possiamo
cambiare struttura in prospettiva di guadagnare più spazio reso disponibile. Meno
assenteismo, più produttività inoltre, tenendo bene a mente che lo smart working vale per
2 giorni alla settimana massimo, altrimenti andiamo a finire nel telelavoro che è un’altra
cosa. Sul fronte sicurezza c’è ancora un po’ scarsa chiarezza in quanto manca una legge in
tal senso, anche se il disegno di legge in discussione è molto ben fatto, semplice e utile”.
Cuccuini: “Se non si cancella del tutto la relazione personale nel telelavoro e si asseconda
intelligentemente la richiesta di adattamento delle persone fa solo bene a tutti, ma
soprattutto all'azienda e alla sua competitività”.
Parma: “Secondo la nostra personale testimonianza del’anno scorso abbiamo riscontrato
tanti vantaggi per tutti: dipendenti, società, città. Se la persona si sente responsabilizzata,
anche l’organizzazione del lavoro ne beneficia. Lo smart working poi agevola molto sui
costi di trasporto o quelli comunque legati alla benzina, meno inquinamento quindi, meno
stress, senza dimentica anche un altro aspetto economico, come quello del recupero delle
ore spese con le baby sitter. Insomma, c’è tanta soddisfazione per tutti. Per Abb questo
ha significato col lavoro agile: 25 giornate all’anno, 96mila ore, 12mila giornate”.
www.agenziarepubblica.it

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  • 1. Economia 15/03/2016 9:57 - Smart working, un successo nel segno della… qualità Inchiesta esclusiva dell’Agenzia Giornalistica Repubblica con il contributo di Siemens, Qui!Group, Italtel, Sisal, Alitalia, Abb Italia, Edenred,. Il futuro del lavoro passa anche attraverso la diffusione di queste nuove opportunità. Lavorare da casa, senza stress da traffico e/o da trasporto pubblico, con tutte le comodità del caso. E’ da sempre il sogno di molti lavoratori, ma da qualche tempo anche di tante aziende che vedono soprattutto nello “smart working” (la formula evoluta del telelavoro) una opportunità da cogliere e sfruttare per migliorare prestazioni, rendimenti, welfare. Insomma, nel mondo del Terzo Millennio piace a tutti, tanto è vero che secondo i recenti dati diffusi dall'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, in Italia ad oggi quasi il 50% delle grandi aziende sta già sperimentando questo tipo di prestazione. Ma che cos’è esattamente lo smart working o lavoro agile che dir si voglia? Per capire meglio occorre partire dalla relazione introduttiva al disegno di legge sulle nuove misure per il lavoro autonomo laddove si definisce lavoro agile quella “modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato allo scopo di incrementare la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”. E lo stesso documento ne delinea i contorni: il lavoro agile è quel lavoro che può essere svolto in parte all'interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, seguendo però gli orari previsti dal contratto di riferimento e prevede l’assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti all'esterno dei locali aziendali. La domande, anzi le domande sorgono spontanee, come direbbe Lubrano: ma in concreto a che punto siamo? Noi dell’Agenzia Giornalistica Repubblica abbiamo pensato di rispondere non direttamene ma facendo parlare coloro che il tema stanno affrontando davvero, le aziende. E di diversi settori. Ne viene fuori un quadro molto interessante che evidenzia soprattutto come il lavoro agile piace, a tutti, azienda e lavoratori, nonostante tutto…
  • 2. Lo Smart Working si sta diffondendo anche in Italia: cosa ne pensi? E' praticabile o è già praticato nella vostra azienda? Gregorio Fogliani (Presidente Qui!Group): “La nuova regolamentazione del lavoro agile, contenuta nel disegno di legge del Governo, è stata fondamentale per portare l’attenzione sul tema. Il mondo del lavoro sta cambiando profondamente, e dobbiamo prenderne atto: oggi possiamo permetterci molta più flessibilità senza sacrificare la produttività. Anzi, penso che il lavoro agile aiuti le aziende a focalizzarsi su ciò che davvero è importante: la qualità del lavoro e il raggiungimento degli obiettivi, più che il tempo speso alla scrivania. In QUI! Group abbiamo cominciato anni fa con alcune forme di flessibilità (in primis quella oraria), e, visto vista l’esperienza positiva, abbiamo deciso di provare anche con il lavoro agile. Dal 1 marzo avvieremo il primo progetto di questo tipo. Nella nostra sede di Napoli (città tra le più ostiche per gli spostamenti, che costringe i nostri collaboratori a perdere una o due ore al giorno nel tragitto casa-lavoro), daremo la possibilità di lavorare da casa 2 giorni la settimana. Se l’esperimento sarà positivo, lo estenderemo ad altre sedi del gruppo”. Federico Golla, ad di Siemens Italia: “Penso che la progressiva diffusione in Italia dello smart working sia un grande risultato. Hanno sicuramente contribuito le aziende che come Siemens hanno cominciato a implementarlo quando non ne parlava nessuno e in pochi lo comprendevano appieno. Dall’altra parte è anche vero che spetta a grandi aziende dotate di responsabilità sociale stimolare il cambiamento. Plaudo l’attenzione del Governo verso questo tema, raccomandando che la banda larga è una condizione imprescindibile perché questa nuova modalità di lavoro si diffonda davvero. In Italia siamo notoriamente lenti nell’adottare nuove tecnologie e modi d’operare. Ma ce la possiamo fare. Siemens Italia utilizza lo smart working dal 2011. Oggi i dipendenti che praticano su base volontaria il lavoro agile sono circa 1.700 su oltre 3000”. Michele Riccardi HR Manager di Edenred Italia: “Se si prende lo smart working nel suo insieme la prima considerazione è che si tratta certamente di un processo di change management. Si tratta spesso di mettere in discussione, norme, valori, credenze. Per questo motivo è un processo che va assolutamente ben gestito, perché normalmente tocca la cultura aziendale, attraverso il cambiamento ad esempio dei comportamenti, del linguaggio e della comunicazione. Come tutte le volte che si presentano opportunità per tendere ad un ambiente di lavoro eccellente, questa vada studiata profondamente, e applicata nei tempi e nei modi condivisi dal management aziendale che deve essere pienamente ingaggiato e coerente. Lo smart working in tal senso offre la possibilità di far crescere i lavoratori e le loro performance accanto ad un miglior work-life balance. E’ una tendenza che può essere intanto letta sotto tre angolazioni principali differenti: i comportamenti delle persone, la tecnologia e gli spazi fisici. Nella nostra azienda abbiamo cominciato a lavorare in particolare sui servizi offerti come ad esempio la conciergerie, che permette di far svolgere ad un “maggiordomo” tante incombenze, recuperando l’energia più preziosa: il tempo. Dal punto di vista della tecnologia il nostro Gruppo ha lanciato una piattaforma collaborativa (che si chiama Bubble) che permette di lavorare sulla condivisione di documenti e progetti, innestando una cultura internazionale di costituzione di community e di scambio. Stiamo inoltre cominciando a sperimentare tecnologie di messaggistica e gestione di meeting che sono abilitanti ad una modalità di lavoro in potenza svincolata dalla presenza fisica in un ufficio, e alcuni esempi di telelavoro sono già in atto”. Stefano Pileri, ad di Italtel: “Il tema dello smart working sta prendendo sempre più piede anche in Italia. Da qualche anno ormai se ne parla anche da noi e viene visto come una opportunità sia per le aziende sia, soprattutto, per le persone che ne sono coinvolte. Nelle realtà aziendali come la nostra, la cui attività principale è la produzione di software,
  • 3. quindi di un bene fisico non tangibile, lo smart working è sicuramente applicabile. In Italtel abbiamo avviato di recente una sperimentazione che vede coinvolto un gruppo pilota di persone che si sono dichiarate soddisfatte sotto molti punti di vista dell’esperienza che stanno vivendo”. Andrea Orlandini, Responsabile Risorse Umane Sisal: “Il giudizio è positivo, ritengo che il lavoro agile sia una comoda varietà di lavoro. Non si deve pensare solo ad un discorso di flessibilità, ma una diversa cultura del lavoro stesso, in termini di passaggio da controllo di persona a controllo di risultati. Una base culturale che vuole più fiducia e senso di responsabilità da parte del lavoratore. E quando questo si realizza si ha davvero una rivoluzione ma “dolce”. In Sisal siamo partiti il 18 febbraio scorso con una giornata di lavoro agile a Milano, siamo partiti piano: 100 persone all’inizio, per arrivare a 250 a fine anno, fino alle 700/800 previste sino al 2017, che rappresenta circa il 40% del totale. Ovviamente interessa i dipendenti interni, meno quelli delle agenzie, senza dimenticare poi che la base del progetto è volontaria, con un accordo sia coi sindacati che col dipendente stesso. Prevediamo di realizzare 1 giorno di smart working flessibile a settimana in accordo sempre con la struttura organizzativa, anche 2 forse. Ci crediamo”. Antonio Cuccuini, Chief People & Performance (capo risorse umane) Alitalia: “Lo Smart Working, per come se ne parla in questi giorni cioè il telelavoro, è solo una parte delle modalità di organizzare il lavoro in modo intelligente. In Alitalia il telelavoro esiste da molti anni e innovato quattro anni coinvolgendo decine di dipendenti di aree non operative che hanno aderito al programma. Oltre a questo importanti per l'efficienza e la produttività aziendale, la serenità delle persone e la riduzione dell'assenteismo sono le migliaia di part time in tutte le forme tra i naviganti e le flessibilità orarie per il personale Corporate. Io penso che non sia affatto una novità, piuttosto un ritardo del paese e che il tema non sia la diffusione di strumenti (il contratto collettivo di lavorio di Alitalia li ha da 15 anni), quanto la Clinton Syndrome ( De Masi) dei manager italiani che proferiscono, anziché gestire il lavoro per risultato e feedback, controllare passo passo e, appunto, tenere le proprie persone "attorno" alla scrivania...”. Silvia Parma, responsabile Risorse Umane Abb Italia: “Ne penso bene, solo che occorre tanta cultura in azienda, serve spiegare bene che con una modalità diversa di lavoro il risultato è lo stesso, anzi. Far capire insomma che se mi fido dei miei collaboratori, dove questi lavorano conta poco. Obiettivi chiari e condivisi quindi. In attesa di chiarimenti sul fronte infortunistica, devo dire che abbiamo creduto da subito su questa iniziativa, anche insieme con altre aziende dove in alcune sedi importanti abbiamo appoggiato in comune la nuova opportunità, come a Bergamo e Dalmine. Ubibanca, Volvo, Italcementi, con loro abbiamo realizzato un po’ di attività insieme e un po’ per noi. Abbiamo dato vita ad Alleanza Bergamo per Smartworking, in modo da creare insieme competenze, progetti di organizzazione lavorativa che possa essere utili anche ad altre realtà aziendali. La soddisfazione è reciproca: i capi chiedono anzi un aumento delle ore di lavoro agile perché hanno visto che funziona, i dipendenti hanno visto migliorata la propria qualità della vita tra ore di pendolarismo gudagnate e maggiore socializzazione”. Quali sono tecnologie abilitanti chiave per lo Smart Working? Fogliani: “Per la maggior parte dei lavori, almeno per quanto riguarda la mia azienda, con uno smartphone si può già fare molto: tenere i contatti con i colleghi, con i clienti, dare assistenza, prendere appuntamenti, inviare e ricevere mail, inviare offerte commerciali e così via. Nel caso di Napoli, sede in cui stiamo sperimentando il lavoro agile, abbiamo rilevato che gli unici strumenti indispensabili per i dipendenti (si tratta di sviluppatori) sono computer e connessione a internet. E un telefono, per essere reperibili in caso di necessità. Ma questo vale per la maggior parte dei lavori, ecco perché potenzialmente, il lavoro agile, è una formula estendibile a tantissime realtà”. Golla: “Certo alla base del cambiamento ci sono strumenti e tecnologie informatiche che lo rendono possibile. I dipendenti che hanno aderito sono in grado di collegarsi da remoto alla rete aziendale e hanno tutti un notebook portatile e un cellulare. Siemens contribuisce
  • 4. in parte alle spese di connessione internet da casa”. Riccardi: “Lo sono per definizione tutte quelle tecnologie che possano permettere uno scambio e uan condivisione efficace di contenuti e di gestione dell’interazione che prescinda dalla fisicità, organizzando riunioni in spazi virtuali evolvendo in termini di comunicazione dalla cultura oramai obsoleta e soprattuto improduttiva della posta elettronica”. Pileri: “Gli strumenti di videocomunicazione e produttività individuale sono gli elementi che garantiscono una collaborazione a distanza realmente efficace e permettono relazioni lavorative coinvolgenti senza automatizzare né spersonalizzare le rapporti tra le persone. Le costose soluzioni di video conferencing room based stanno lasciano lo spazio a soluzioni sempre più snelle che possano prevedere il supporto di device mobili per favorire flessibilità e mobilità ai dipendenti. Noi stessi abbiamo sviluppato nei nostri laboratori di R&D una piattaforma per la collaboration in ambito aziendale denominata Embrace: utilizzando la tecnologia di Web RealTime Communication applicata a qualunque browser di navigazione consente di avere funzioni di collaboration, content sharing e comunicazione in tempo reale sempre più cloud, coerentemente con i modelli di lavoro smart non più legati al posto fisico”. Orlandini: “Partiamo con una dotazione minima, perché in effetti sono poche le tecnologie abilitanti. Basta poco quindi: un pc portatile, un iphone e una linea adsl veloce. Questo è il minimo, ma per un sviluppo maturo occorre un sistema più potente che permetta accessi a reti aziendali e alla condisione di file, o anche la realizzazione di video conferenze da remoto. Diciamo poi che lo smart working da questo punto di vista è molto trasversale tra uomini e donne, metà e metà. E poi non è roba per soli giovani, né tantomeno gerarchica, anzia spesso le maggiori resistenza arrivano proprio dai giovani”. Cuccuini: “Reti digitali di connessione ai sistemi aziendali, apps di comunicazione scritta e video/voice”. Parma: “Ovviamente tutto quello che di pemette di collegarti con le aziende, quindi pc portatile. Comunicare in modo agile e veloce, anche in forme di internet message. In caso di lavro agile siamo noi azienda che chiediamo al dipendente se possiede una linea veloce, noi non vogliamo costi aggiuntivi ad un sistema che deve essere paritario da questo punto di vista. Opportunità di lavorare in modo diverso, massima disponibilità quindi e comprensione”. Che ti tipo di impatto ha lo Smart Working su organizzazioni, persone e città? Fogliani: “In QUI! Group cerchiamo di venire incontro alle esigenze dei dipendenti da sempre, e sappiamo bene quanto questo sia importante per fidelizzare e trattenere in azienda i nostri talenti. La flessibilità oraria, ad esempio, ha permesso loro di conciliare con più facilità la sfera privata e professionale (si pensi ai genitori che accompagnano a scuola i figli prima di entrare in ufficio), riducendo l’assenteismo, il turnover e aumentando la soddisfazione generale, fatto che ha influito positivamente sulla produttività. Tra le ricadute positive ci sarà sicuramente un incremento della partecipazione femminile al mondo del lavoro, un risparmio di costi (mezzi pubblici, benzina, auto…) e aiuterà l’ambiente riducendo il numero di auto nelle città. E si apriranno nuove opportunità. Personalmente, se potessi evitare di andare in ufficio ogni giorno, avrei molto più tempo da dedicare a incontrare persone e creare contatti”. Golla: “Ha avuto un impatto importante perché ha rappresentato un radicale cambiamento culturale. Chi aderisce allo smart working nella nostra Società presta la propria attività lavorativa indipendentemente dalla localizzazione geografica, secondo i propri tempi e le proprie preferenze nelle modalità di svolgimento del lavoro, in modo che capacità e abilità siano continuamente stimolate e massimizzate. Si riducono così i vincoli logistici, non è più necessario timbrare il cartellino e viene meno il concetto di postazione di lavoro fissa. Il grande cambiamento culturale e psicologico riguarda quindi la libertà nella gestione del lavoro. Sono lasciati ampi margini d’iniziativa al singolo. I concetti di delega e fiducia diventano cruciali. Il cambiamento più evidente è senza dubbio relativo
  • 5. alla riorganizzazione degli spazi e al layout dei nuovi uffici. Non esiste più il concetto di ufficio personale, chiuso, privato e gestibile individualmente: gli spazi sono ampi e aperti. Abbiamo invece dato spazio alle sale per le riunioni o comunque per i momenti di incontro e convivialità. L’impatto sulle città riguarda l’ambiente. Questo nuovo modo di lavorare è caratterizzato, abbiamo detto, dalla flessibilità dei dipendenti che sono appunto più liberi negli spostamenti casa-ufficio, e dalla contrazione degli spazi dedicati agli uffici. Questo in ultima analisi si traduce in minor traffico, e minor consumo di illuminazione e clima, e quindi in una riduzione di emissioni inquinanti nell'ambiente”. Riccardi: “Gli impatti sulle organizzazioni possono risultare importanti se le azioni intraprese misureranno un livello di benessere organizzativo superiore, che normalmente si riflette sui risultati dell’azienda. Persone più contente, a loro agio e capaci di vivere il proprio lavoro come un continuum rispetto alla loro vita privata sono certamente in grado di offrire un contributo migliore. In termini più allargati, lo smarteworking, nelle sue forme ad esempio di coworking ma non solo, alimenta forme di networking che sono il sale della civiltà moderna, compendiando la condivisione attraverso la tecnologia ma anche ridisegnando il rapporto tra appartenenza ad un’organizzazione e uno spazio fisico. Le aziende che oggi puntano all’eccellenza contribuiscono senza dubbio ad elevare il livello di benessere delle persone e dunque degli spazi “allargati” ove queste vivono”. Pileri: “Lo smart working cambia il modo di lavorare delle persone e impatta sulle organizzazioni e sul contesto in cui viviamo. Per le aziende si assiste da un lato a una maggiore efficacia nell’allocazione degli spazi, dall’altro a un miglioramento del clima aziendale che spesso coincide con una maggiore attrattività e retention: i dipendenti che possono sperimentare lo smart working si sentono oggetto di maggiore attenzione da parte dell’azienda e questo in genere comporta una maggiore affezione alla società/all’ambiente di lavoro. Le persone, che sono i veri protagonisti dello smart working, dichiarano una migliore gestione della vita privata. Grazie alla riduzione dei tempi e costi di trasferimento casa-luogo di lavoro, si attiva un bilanciamento tra sfera lavorativa e sfera privata con un aumento della soddisfazione e motivazione individuale. La riduzione dello stress quotidiano legato agli spostamenti e la possibilità di lavorare con minori interruzioni porta una maggiore efficacia delle azioni del quotidiano. E infine l’ambiente: anche lui ringrazia per questa innovazione. Lo smart working riduce l’emissione di CO2 legata alla congestione dovuta al traffico. Fatte tutte queste promesse sono convinto che lo smart working sia una scelta vincente per tutti e che valga la pena adottarlo quando possibile”. Orlandini: “Sicuramente un’accoglienza particolare. Se consideriamo che nelle grandi città abbiamo persone che fanno anche 1/2 ore al giorno di ritardo, soltanto recuperare questi tempi morti è un successo. Si utilizzano così delle ore “morte” per fare spesa la mattina e via dicendo, scoprendo magari la propria città in orari diversi e in meglio. L’orario del lavoro agile va dalle 7 alle 22, ma normalmente l’orario canonico è 9-18. Da una parte abbiamo delle persone più motivate e responsabilizzate, dall’altra possiamo cambiare struttura in prospettiva di guadagnare più spazio reso disponibile. Meno assenteismo, più produttività inoltre, tenendo bene a mente che lo smart working vale per 2 giorni alla settimana massimo, altrimenti andiamo a finire nel telelavoro che è un’altra cosa. Sul fronte sicurezza c’è ancora un po’ scarsa chiarezza in quanto manca una legge in tal senso, anche se il disegno di legge in discussione è molto ben fatto, semplice e utile”. Cuccuini: “Se non si cancella del tutto la relazione personale nel telelavoro e si asseconda intelligentemente la richiesta di adattamento delle persone fa solo bene a tutti, ma soprattutto all'azienda e alla sua competitività”. Parma: “Secondo la nostra personale testimonianza del’anno scorso abbiamo riscontrato tanti vantaggi per tutti: dipendenti, società, città. Se la persona si sente responsabilizzata, anche l’organizzazione del lavoro ne beneficia. Lo smart working poi agevola molto sui costi di trasporto o quelli comunque legati alla benzina, meno inquinamento quindi, meno stress, senza dimentica anche un altro aspetto economico, come quello del recupero delle ore spese con le baby sitter. Insomma, c’è tanta soddisfazione per tutti. Per Abb questo ha significato col lavoro agile: 25 giornate all’anno, 96mila ore, 12mila giornate”.