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         futuro


                       generazione Y




Giovani e Lavoro: dall’Università al mondo.
   I giovani nelle aziende senza confini

                    Abstract
Report di Ricerca 2012 - Abstract



L’Osservatorio ISTUD su “Giovani e lavoro” giunge nel 2012 al suo decimo anno.

Esso ha contribuito ad approfondire le caratteristiche distintive dei giovani appartenenti della cosiddetta
“Generazione Y”, il cui ingresso in azienda ha rappresentato un punto di forte discontinuità e la necessità di
un ripensamento profondo delle politiche di gestione e sviluppo HR all’interno delle organizzazioni.

Utilizzando l’approccio metodologico già sperimentato nei precedenti anni che pone a confronto le
posizioni dei diversi attori – giovani in uscita dal sistema universitario, giovani neo-inseriti ed aziende – la
ricerca si è concentrata su alcune finalità specifiche: il monitoraggio delle caratteristiche dei giovani che si
affacciano al mondo del lavoro, in termini di aspettative, orientamenti e valori che ne guidano le scelte
professionali; l’approfondimento delle problematiche inerenti l’attitudine alla mobilità internazionale; la
valutazione delle leve motivazionali e le attitudini alla mobilità dei giovani all’interno delle organizzazioni, al
fine di poter pianificare correttamente politiche e strumenti di gestione HR.

La volontà di esplorare in profondità il tema della mobilità internazionale e le motivazioni che spingono i
giovani ad alta qualificazione a intraprendere tale percorso, è nata muovendo dalla constatazione che
sembra delinearsi una sorta di “paradosso della mobilità internazionale”: i giovani, abituati a comunicare e
a confrontarsi con un mondo globalizzato, del quale affermano di abbracciare le logiche e gli stili, sembrano
mostrarsi in realtà riluttanti di fronte alla possibilità di spostare “fisicamente” il proprio orizzonte e di
cambiare il proprio contesto di riferimento.

I giovani in uscita dal sistema universitario devono confrontarsi in modo crescente la possibilità di orientare
il proprio ingresso nel mondo del lavoro e il proprio sviluppo professionale in una prospettiva
internazionale ma, pur dichiarando ,prima dell’ingresso in azienda ,una forte apertura e disponibilità alla
mobilità, spesso esprimono resistenze e obiezioni inattese di fronte alla prospettiva concreta di un percorso
professionale internazionale.

Le aziende – avendo identificato la mobilità internazionale delle risorse come risposta alle sfide di un
mercato (e di un mondo) fortemente globalizzato – si trovano di fronte a una duplice sfida: da un lato,
rispondere a differenti logiche e dinamiche economiche e culturali di paesi diversi; dall’altro lato, offrire alle
persone percorsi di sviluppo professionale all’estero soddisfacenti e appetibili.

Il lavoro di ricerca si è articolato su tre direttrici principali. Da un lato è stata realizzata un’indagine
estensiva sugli studenti in uscita dal sistema universitario (neo-laureati o iscritti all’ultimo anno), sia
attraverso la somministrazione dei questionari, sia con la realizzazione di focus group presso alcune delle
università partner del progetto.

In secondo luogo, si è cercato di delineare lo stato dell’arte per quanto riguarda le politiche di International
Human Resource Management (IHRM) adottate attualmente dalle imprese che operano in contesti
globalizzati ed è stata condotta un’analisi focalizzata su politiche e strumenti di gestione dell’IHRM adottati
all’interno delle aziende partner del progetto.

Infine, un approfondimento è stato dedicato ai giovani inseriti nelle aziende partner del progetto, alcuni dei
quali neo-inseriti, altri già impegnati in percorsi di carriera internazionali.
L’approccio metodologico ha previsto un insieme di attività che combinano differenti strumenti e
metodologie di indagine:

-   una indagine estensiva, realizzata mediante la somministrazione di un questionario a una popolazione
    di oltre 800 studenti universitari iscritti a differenti corsi di laurea e provenienti da diverse aree
    geografiche

-   due cicli di focus group realizzati, da un lato, con studenti universitari all’interno di alcuni degli atenei
    partner del progetto e, dall’altro con alcuni giovani inseriti all’interno delle aziende partner del
    progetto di ricerca

-   una attività di focus group a distanza con alcuni dipendenti espatriati delle aziende partner del
    progetto di ricerca.



I dati di ricerca ci mostrano come il tema dell’internazionalizzazione dell’impresa ed ancor più del mercato
del lavoro, sia in realtà un terreno minato in cui spesso dominano, più che dati di ricerche scientificamente
orientate, analisi talvolta basate su stereotipi che danno corpo ad una “realtà” immaginata che finisce per
condizionare i comportamenti individuali e collettivi degli individui coinvolti in tali dinamiche .

Il tema, infatti, è spesso etichettato e semplificato con espressioni che richiamano il fenomeno della “fuga
dei cervelli” e che evocano, nell’immaginario collettivo, un drammatico esodo dei giovani del nostro Paese,
altrimenti destinati , a causa della perdurante crisi economica ,alla disoccupazione, verso contrade più o
meno lontane.

I dati che emergono dal presente e da altri lavori di ricerca, ridimensionano l’ipotesi che la crisi economica e
le scarse prospettive occupazionali offerte dal nostro Paese siano il principale fattore responsabile della
mobilità internazionale: altre variabili, di ordine sociale e culturale assumono una più forte rilevanza nello
spiegare la propensione alla mobilità internazionale.

La cultura italiana porta a dare una valenza negativa all’allontanamento dalla propria famiglia. Ciò che in
altri Paesi è vissuto come un legittimo desiderio di autonomia e di autoaffermazione, in Italia tende ad
essere visto da parte dei familiari e amici come una fuga e un tradimento degli affetti. I giovani che
vogliono uscire dalla gabbia dei legami familiari (e che decidono di farlo realmente) in Italia sono ancora
una minoranza. La disponibilità a intraprendere un’esperienza internazionale risulta tuttavia maggiore nel
caso dei giovani che hanno già avuto esperienze di soggiorni duraturi all’estero. Un ruolo molto importante
in tal senso è svolto dal progetto Erasmus e da altre iniziative volte a favorire la mobilità internazionale
degli studenti universitari.

La transizione dall’università all’azienda, poi, modifica parzialmente questo tipo di orientamenti, inserendo
nei criteri di scelta dei giovani nuove priorità (ad es. le responsabilità familiari) assenti nelle considerazioni
degli studenti. Tuttavia, rimangono alcuni principi (come ad es. il desiderio di autodeterminazione del
proprio destino o la possibilità di ritornare sui propri passi, rinegoziando con l’azienda le decisioni
precedentemente intraprese), che appaiono anzi ulteriormente rafforzati nei giovani già inseriti, tanto da
poterli identificare come i capisaldi a partire dai quali i giovani cercano di costruire il proprio percorso di
sviluppo professionale.
La prospettiva di trasferirsi all’estero sembra amplificare alcuni tratti distintivi della Generazione Y e, in
particolare, il bisogno di accudimento.

La descrizione del “pacchetto ideale” per gli espatriati, che emerge dai focus group con i giovani neo-
inseriti, appare fortemente orientata al desiderio di ricevere un “accompagnamento continuo” lungo tutta
l’esperienza all’estero: alle richieste retributive si associano quelle per avere un supporto alla mobilità
anche per i partner, per la gestione degli aspetti burocratici, logistici e operativi, fino ad arrivare alla
richiesta di ricevere un aiuto anche nel processo di inserimento e integrazione sociale nei paese di
destinazione.

Le testimonianze raccolte nel corso dei focus group sembrano inoltre indicare nella comunicazione e nel
“sense-making” una possibile area di miglioramento per le aziende al fine di rendere più efficaci le politiche
di mobilità internazionale rivolte al target “Y”, sempre sensibile alla trasparenza dei processi comunicativi.

L’indagine effettuata presso i responsabili aziendali dell’IHRM delle aziende aderenti all’Osservatorio Istud
conferma tale dato ed evidenzia la necessità sempre più forte di lavorare con coerenza sulla creazione di
una forza lavoro internazionale, allineando strategie, strutture e politiche di HR. Un lavoro costante di
miglioramento delle risorse umane che si articola operativamente nelle iniziative più svariate: formazione,
eventi, comunicazione, gruppi di lavoro internazionali.

Sono queste le sfide che attendono una risposta nel prossimo futuro e che consentiranno di ridurre il “gap”
esistente fra domanda ed offerta di lavoro in una prospettiva internazionale nella realtà italiana.

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  • 3. L’approccio metodologico ha previsto un insieme di attività che combinano differenti strumenti e metodologie di indagine: - una indagine estensiva, realizzata mediante la somministrazione di un questionario a una popolazione di oltre 800 studenti universitari iscritti a differenti corsi di laurea e provenienti da diverse aree geografiche - due cicli di focus group realizzati, da un lato, con studenti universitari all’interno di alcuni degli atenei partner del progetto e, dall’altro con alcuni giovani inseriti all’interno delle aziende partner del progetto di ricerca - una attività di focus group a distanza con alcuni dipendenti espatriati delle aziende partner del progetto di ricerca. I dati di ricerca ci mostrano come il tema dell’internazionalizzazione dell’impresa ed ancor più del mercato del lavoro, sia in realtà un terreno minato in cui spesso dominano, più che dati di ricerche scientificamente orientate, analisi talvolta basate su stereotipi che danno corpo ad una “realtà” immaginata che finisce per condizionare i comportamenti individuali e collettivi degli individui coinvolti in tali dinamiche . Il tema, infatti, è spesso etichettato e semplificato con espressioni che richiamano il fenomeno della “fuga dei cervelli” e che evocano, nell’immaginario collettivo, un drammatico esodo dei giovani del nostro Paese, altrimenti destinati , a causa della perdurante crisi economica ,alla disoccupazione, verso contrade più o meno lontane. I dati che emergono dal presente e da altri lavori di ricerca, ridimensionano l’ipotesi che la crisi economica e le scarse prospettive occupazionali offerte dal nostro Paese siano il principale fattore responsabile della mobilità internazionale: altre variabili, di ordine sociale e culturale assumono una più forte rilevanza nello spiegare la propensione alla mobilità internazionale. La cultura italiana porta a dare una valenza negativa all’allontanamento dalla propria famiglia. Ciò che in altri Paesi è vissuto come un legittimo desiderio di autonomia e di autoaffermazione, in Italia tende ad essere visto da parte dei familiari e amici come una fuga e un tradimento degli affetti. I giovani che vogliono uscire dalla gabbia dei legami familiari (e che decidono di farlo realmente) in Italia sono ancora una minoranza. La disponibilità a intraprendere un’esperienza internazionale risulta tuttavia maggiore nel caso dei giovani che hanno già avuto esperienze di soggiorni duraturi all’estero. Un ruolo molto importante in tal senso è svolto dal progetto Erasmus e da altre iniziative volte a favorire la mobilità internazionale degli studenti universitari. La transizione dall’università all’azienda, poi, modifica parzialmente questo tipo di orientamenti, inserendo nei criteri di scelta dei giovani nuove priorità (ad es. le responsabilità familiari) assenti nelle considerazioni degli studenti. Tuttavia, rimangono alcuni principi (come ad es. il desiderio di autodeterminazione del proprio destino o la possibilità di ritornare sui propri passi, rinegoziando con l’azienda le decisioni precedentemente intraprese), che appaiono anzi ulteriormente rafforzati nei giovani già inseriti, tanto da poterli identificare come i capisaldi a partire dai quali i giovani cercano di costruire il proprio percorso di sviluppo professionale.
  • 4. La prospettiva di trasferirsi all’estero sembra amplificare alcuni tratti distintivi della Generazione Y e, in particolare, il bisogno di accudimento. La descrizione del “pacchetto ideale” per gli espatriati, che emerge dai focus group con i giovani neo- inseriti, appare fortemente orientata al desiderio di ricevere un “accompagnamento continuo” lungo tutta l’esperienza all’estero: alle richieste retributive si associano quelle per avere un supporto alla mobilità anche per i partner, per la gestione degli aspetti burocratici, logistici e operativi, fino ad arrivare alla richiesta di ricevere un aiuto anche nel processo di inserimento e integrazione sociale nei paese di destinazione. Le testimonianze raccolte nel corso dei focus group sembrano inoltre indicare nella comunicazione e nel “sense-making” una possibile area di miglioramento per le aziende al fine di rendere più efficaci le politiche di mobilità internazionale rivolte al target “Y”, sempre sensibile alla trasparenza dei processi comunicativi. L’indagine effettuata presso i responsabili aziendali dell’IHRM delle aziende aderenti all’Osservatorio Istud conferma tale dato ed evidenzia la necessità sempre più forte di lavorare con coerenza sulla creazione di una forza lavoro internazionale, allineando strategie, strutture e politiche di HR. Un lavoro costante di miglioramento delle risorse umane che si articola operativamente nelle iniziative più svariate: formazione, eventi, comunicazione, gruppi di lavoro internazionali. Sono queste le sfide che attendono una risposta nel prossimo futuro e che consentiranno di ridurre il “gap” esistente fra domanda ed offerta di lavoro in una prospettiva internazionale nella realtà italiana.