Il ritorno ai modelli di acquisto prodotti da forno tradizionali
1. Risparmiare nella spesa con i modelli di acquisto tradizionali
Non c’è dubbio che la crisi economica sperimentata dalla maggioranza dei paesi abbia avuto delle conseguenze che
hanno modificato in molti casi la struttura dei mercati fino al momento esistenti.
In molti casi, l’impatto di questa retrazione ha portato ad un ritorno a pratiche del passato, alla ripresa di modelli di
acquisto e consumo più tradizionali e sicuramente più sostenibili, come quelli che usavano le nostre nonne ai loro
tempi.
Un esempio chiaro di questi comportamenti sono gli acquisti di cibo direttamente dal produttore e quindi non
attraverso supermercati o rivenditori, ma proprio dalle persone che lo traggono dalla natura per metterlo a nostra
disposizione. Siano verdure acquistate al mercato della piazza, funghi presi dai contadini ai confini con i boschi o
dolci prima colazione non più avvolti in carta stridente negli scaffali ma ottenuti dal fornaio di tutta la vita.
Il fenomeno che risulta da questa pratica è il cosiddetto acquisto a Km 0. Questo nome fa riferimento al fatto di
comprare il più vicino possibile ai luoghi di “raccolta” del cibo, siano essi gli orti che i porti di pescatori. Infatti,
questo cibo fresco non passerà trattamenti di congelazione, trasporto e conservazione, per cui oltre ad essere meno
costoso, sarà anche una alternativa più naturale sicuramente positiva per la nostra salute.
Un’altra pratica che si è estesa con la volontà di risparmiare il più possibile è l’acquisto all’ingrosso di cibi, ma anche
di tanti altri articoli essenziali per la casa. Centri che fin’ora avevano tra la loro clientela esclusivamente proprietari di
bar, ristoranti e alberghi si sono trovati da un giorno all’altro con grandi famiglie nei loro stabilimenti con l’intenzione
di fare la spesa dei mesi seguenti e risparmiare considerevolmente rispetto all’abituale spesa di supermercato alla
quale ci siamo abituati.
Questo nuovo mercato che si è aperto a produttori, alla commercializzazione pane surgelato e a tanti altri, gli ha
portati in molti casi a togliere una delle barriere che avevano limitato l’accesso di consumatori privati nei loro negozi:
la necessità di essere in possesso di una partita iva.
Molte cooperative hanno visto in questo cambio di mentalità che da priorità alla relazione qualità-prezzo e non alla
praticità di comprare brioches surgelate, peperoni e sapone tutto velocemente in un solo posto, un’opportunità per
farsi conoscere e crescere nelle loro proprie comunità. Infatti, molti in questo periodo hanno degli spacci aperti al
pubblico con prezzi all’ingrosso e vendita al dettaglio.
Altri mestieri non relazionati con cooperative e commercializzazione pane surgelato hanno anche registrato un
aumento della loro attività in questo periodo. Officine, gommisti, calzolai e altri rivenditori specializzati nella vendita
di oggetti usati e nella riparazione di articoli vari hanno visto come il modello “usa e getta” che si era imposto negli
ultimi anni (anche motivato dai bassi prezzi di alcuni prodotti provenienti dall’estero) è mutato in una
preoccupazione ogni giorno più grande per mantenere in uso le cose che possono ancora servire se sistemate con un
piccolo intervento, per evitare il dover acquistarne di nuove.
Modelli, questi imposti dalla crisi, dai quali dobbiamo imparare a servirci e che dovremmo mantenere anche quando
questo difficile periodo economico sarà finito.