1. 1
PPSICOLOGIASICOLOGIA GGENERALEENERALE
a.a. 2009-2010a.a. 2009-2010
Corso integrato conCorso integrato con
Pedagogia e Storia dello SportPedagogia e Storia dello Sport
Laurea triennale in Scienze Motorie, sportive e della saluteLaurea triennale in Scienze Motorie, sportive e della salute
Prof. Alessandro Reati Università di UrbinoProf. Alessandro Reati Università di Urbino
@mail:@mail: a.reati@iol.ita.reati@iol.it mobile: +392482682769mobile: +392482682769
2. 2
focus del nostro percorso
Focus Psi. Generale:
1. Percorso disciplinare
2. Processi percettivi
1. Processi sensoriali
2. Percezione
3. Livelli dell’esperienza
3. Apprendimento e pensiero
4. Motivazione ed emozione
Focus integrativi:
A. Individualità e personalità
B. Comportamento sociale
3. 3
Psicologia del senso comune = i percetti corrispondono
alla realtà fisica
Psicologia del senso comune = i percetti corrispondono
alla realtà fisica
Psicologia scientifica = il mondo percettivo è il risultato
di una serie di mediazioni e di attività svolte
dall’individuo
Psicologia scientifica = il mondo percettivo è il risultato
di una serie di mediazioni e di attività svolte
dall’individuo
5. 5
Info base
Tutte le esperienze sensoriali hanno la loro soglia (soglia assoluta e soglia
differenziale).
La legge di Weber afferma che le differenza di soglia tendono a essere una
frazione costante dell’intensità dello stimolo.
Le soglie sono variabili, in riferimento all’adattamento sensoriale: la sensibilità si
modifica (alterazione della soglia) dopo prolungata esposizione allo stimolo o in
assenza di stimolazione.
Due sensi superiori (legati al comportamento simbolico):
Senso della vista
Senso dell’udito
Sensi minori:
Olfatto, gusto
Sensibilità superficiali
Tattile, termica, dolorifica
Cinestesi
Senso muscolare, tendineo e articolare
Equilibrio
2. PROCESSI PERCETTIVI: 1. processi sensoriali
7. 7
1.
Noi percepiamo fondamentalmente delle
“cose” e percepiamo gli oggetti che ci
circondano come stabili e presenti.
La stabilità degli oggetti percepiti dipende
dai vari fenomeni di costanza: costanza
del colore e della luminosità, costanza
della forma, costanza delle dimensioni e
costanza della posizione.
2. PROCESSI PERCETTIVI: 2. percezione
8. 8
1.
Le dimensioni percepite sono normalmente
frutto del compromesso tra dimensioni
prospettiche e dimensioni reali.
Quanto maggiore è il numero degli indici
utilizzabili forniti dall’ambiente, tanto più le
dimensioni percepite si avvicinano a quelle reali.
Se tali indici vengono ridotti, la percezione si
avvicina alla dimensioni prospettiche (cioè
corrisponde alla dimensione indicate
dall’immagine retinica)
2. PROCESSI PERCETTIVI: 2. percezione
9. 9
2.
L’organizzazione fondamentale della percezione visiva
sembra essere la struttura di figura e sfondo, in modo
che noi riconsciamo delle configurazioni come immagini
su uno sfondo, indipendentemente dalla nostra
familiarità con esse.
Le figure reversibili illustrano il fatto che la percezione
implica una ricerca attiva della migliore interpretazione
delle informazioni sensoriali piuttosto che un
rispecchiamento statico degli stimoli visivi.
Si osservano forme di reazione agli stimoli parzialmente
diversificate per:
Sesso
Età
Esperienza
2. PROCESSI PERCETTIVI: 2. percezione
10. 10
3.
Le illusioni ottiche sono ipotesi percettive
errate.
Alcune sono dovute a contrasti di
dimensione con le figure adiacenti.
Altre sono provocate dal tentativo di
interpretare delle figure su una superficie
bidimensionale come se fossero
tridimensionali
2. PROCESSI PERCETTIVI: 2. percezione
11. 11
4.
La percezione del movimento si realizza attraverso
l’integrazione dei segnali provenienti dalla retina con le
informazioni cinestesiche fornite dai muscoli della testa,
del collo e degli occhi.
La percezione del movimento apparente, come
nell’effetto autocinetico e nel fenomeno phi, non è
ancora pienamente spiegata.
La percezione del movimento reale dipende dalla
relazione tra gli oggetti del campo visivo. Quando è
attivo solo il meccanismo della visione, noi tendiamo a
giudicare immobili gli oggetti più grandi e in movimento
quelli più piccoli.
2. PROCESSI PERCETTIVI: 2. percezione
12. 12
5.
La profondità è percepita binocularmente con
l’aiuto del meccanismo della visione
stereoscopica, cioè la fusione delle immagini
leggermente diverse dei due occhi.
Viene percepita monucolarmente con l’aiuto di
una serie di indici: la sovrapposizione degli
oggetti, la prospettiva (sia geometrica, sia
rilevata attraverso i rapporti di dimensioni,
altezza sul piano orizzontale, gradiente di trama,
prospettiva aerea), il chiaroscuro, il movimento.
2. PROCESSI PERCETTIVI: 2. percezione
13. 13
6.
Nella nostra capacità di percepire aspetti
dell’ambiente intervengono sia fattori innati, sia
fattori dovuti ad un processo di apprendimento.
La percezione delle relazioni figura/sfondo, del
colore e della profondità appare in larga misura
innata
La percezione della forma, anche se basata su
un’organizzazione innata delle cellule corticali
che reagiscono selettivamente a specifici
caratteri dello stimolo, deve essere ancora
organizzata attraverso l’esperienza
2. PROCESSI PERCETTIVI: 2. percezione
14. 14
7.
La percezione è selettiva, così che in ogni
momento noi prestiamo attenzione solo ad una
parte della stimolazioni sensoriali che ci
colpiscono.
Gli stimoli ai quali non prestiamo attivamente
attenzione possono essere registrati
temporaneamente nel sistema nervoso, ma non
vengono scelti come oggetto d’attenzione fino a
che non sono giudicati pertinenti.
2. PROCESSI PERCETTIVI: 2. percezione
15. 15
7.
I fattori che favoriscono l’attenzione su di uno stimolo
piuttosto che su un altro risiedono in parte nelle sue
proprietà fisiche dello stimolo (intensità, dimensione,
contrasto, movimento), ma anche negli interessi abituali
e momentanei dell’individuo.
Cò che un soggetto percepisce e come lo percepisce è
in buona misura determinato dai suoi bisogni e dai suoi
valori personali.
Il riflesso di orientamento è un tipo di reazione
psicologica in rapporto al fenomeno dell’attenzione.
Queste reazioni facilitano la recezione degli stimoli e
preparano l’organismo all’azione.
2. PROCESSI PERCETTIVI: 2. percezione
17. 17
1. La coscienza
Si può definire come la consapevolezza degli stimoli esterni e interni
da parte del soggetto.
Ha una natura selettiva.
Consiste prevalentemente nella capacità di rispondere agli stimoli
provenienti dall’ambiente “qui e ora” (consapevolezza percettiva)
Ha una funzione “comparativa” in quanto è in grado di confontare lo
stato presente dell’ambiente con quello previsto dalla nostre
aspettative.
Implica anche la consapevolezza dei propri pensieri
(consapevolezza cognitiva) su cui è anche in grado di esercitare
controllo e monitoraggio.
La coscienza può essere consapevole di se stessa
(consapevolezza metacognitva)
Le conoscenze e le esperienze sono comunicabili e condivisibili in
ambito sociale (processo di conoscenza esternalizzata)
La coscienza è intesa come funzione autonoma ma si basa su
processi inconsci (sia cognitivi, sia emotivi)
2. PROCESSI PERCETTIVI: 3. livelli di esperienza
18. 18
2. Processare le informazioni psichiche
La coscienza, pur essendo una funzione
autonoma, si radica sui processi inconsci.
I processi inconsci si dividono in inconscio
cognitivo e inconscio emotivo.
Entrambi sono costituiti dai processi mentali di
elaborazione degli stimoli che si concludono in
atti di conoscenza (informazioni) o di risposta
emotiva.
La coscienza concerne gli esiti di questi processi
ossia i contenuti delle conoscenze e delle
emozioni.
2. PROCESSI PERCETTIVI: 3. livelli di esperienza
19. 19
3. Proposizioni e procedure
La coscienza è un flusso continuo ma non tutte le attività
psichiche sono consapevoli.
Nell’elaborazione delle informazioni si è distinto tra
conoscenze proposizionali (o dichiarative) e tra
conoscenze procedurali.
Le proposizionali stabiliscono la relazione tra due o più
eventi o idee e riguardano i contenuti (il che cosa) della
vita quotidiana. L’insieme costituisce il bagaglio di
conoscenze di ogni soggetto.
Le procedurali riguardano i procedimenti ed i modi in cui
sono svolti i compiti quotidiani (il come) e si basano
sull’esercizio operativo; determinano le capacità di
esecuzione.
La coscienza è sempre presente nelle conoscenze
proposizionali ma può non esserlo in quelle procedurali
(tema dell’automatismo)
2. PROCESSI PERCETTIVI: 3. livelli di esperienza
20. 20
4. Processare le informazioni:
modo automatico e/o controllato
CARATTERISTICHE P. AUTOMATICO P. CONTROLLATO
Risorse cognitive
Controllo intenzionale
Attenzione
Impegno
Tipo di processo
Consapevolezza
Modus operandi
Livello di prestazione
Esercizio
Cambiamento
Indipendente
Parziale
Non richiesta, attivabile
Modesto
Parallelo
Limitata
Olistico
Elevato
Miglioramento graduale
Difficile
Dipendente
Totale
Richiesta
Medio elevato
Seriale
Alta
Frammentato
Modesto
Effetto ridotto
Facile
2. PROCESSI PERCETTIVI: 3. livelli di esperienza
21. 21
5. l’attenzione
E’ l’insieme dei dispositivi e meccanismi che
consentono di concentrare e focalizzare le
proprie risorse mentali su alcuni informazioni
piuttosto che altre, definendo ciò di cui siamo
consapevoli in un dato momento.
Qualità polari dell’attenzione:
Spontanea(involontaria) vs volontaria (incontrollata)
Selettiva vs diffusa
Orientamento esterno vs interno
2. PROCESSI PERCETTIVI: 3. livelli di esperienza
22. 22
approfondimenti
Tre temi chiave :
Attenzione spaziale
Attenzione selettiva
Risorse attentive
Tre aree di approfondimento:
Neuropsicologia dell’attenzione (la ricerca)
Attenzione e apprendimento (l’applicazione
psicopedagogica)
Disturbi dell’attenzione (l’applicazione terapeutica)
2. PROCESSI PERCETTIVI: 3. livelli di esperienza
23. 23
Attenzione spaziale
Di fronte ai diversi stimoli ambientali i soggetti sono in
grado di selezionarle uno che occupa una determinata
posizione.
Orientare l’attenzione è usualmente abbinato
all’orientamento corporeo; è tuttavia possibile separare i
due fenomeni (rif “visione periferica consapevole”,
“guardare con la coda dell’occhio”)
Si distingue tra
orientamento volontario (caratterizzato dalla consapevolezza)
orientamento automatico (da stimolo esterno rilevante, a.e.
sirena)
non può essere interrotto
Non verifica la correttezza del bersaglio
Non è soggetto a interferenza da altri compiti
2. PROCESSI PERCETTIVI: 3. livelli di esperienza
24. 24
Attenzione selettiva
L’attenzione di un soggetto non riguarda solo la
posizione di uno stimolo nello spazio ma concerne tutte
le proprietà degli oggetti e degli eventi (colore,
dimensione, forma, etc).
L’attenzione è basata sugli oggetti, ossia procede
selezionando gli oggetti piuttosto che le coordinate
spaziali.
In generale le singolo caratteristiche di uno stimolo sono
processate senza l’intervento dell’attenzione
(processamento preattentivo), mentre l’attenzione
focalizzata interviene per combinare insieme le diverse
caratteristiche ((processamento attentivo)
Ha caratteristiche di concentrazione e discriminazione
che manifesta, dal punto di vista dell’efficienza
comportamentale, con tempi rapidi e decisionalità
2. PROCESSI PERCETTIVI: 3. livelli di esperienza
25. 25
Risorse attentive
Le risorse attentive sono limitate. Il loro utilizzo è una
competenza: possibilità di miglioramento.
Interferenze: alcune prestazioni sono incompatibili (a.e.
“lettura e conversazione”), altri sono compatibili (a.e.
“guida e conversazione”).
Interferenze strutturali:
Quando due compiti condividono lo stesso meccanismo o stadio
di processamento. Si tratta di una interferenza strutturale
causata dalla competizione fisiologica.
Interferenze da risorse:
Quando le operazioni che eseguiamo sono impegnative,
assorbo una quota elevata delle risorse attentive; il compito
primario assorbe la quota maggiore, il compito secondario
utilizza le risorse residue
2. PROCESSI PERCETTIVI: 3. livelli di esperienza
26. 26
Attenzione e apprendimento
In quanto consente di selezionare determinati stimoli per
poi dirigerli il comportamento verso quest’ultimi,
l’attenzione è anche apprendimento.
Gli studi sull’attenzione si collegano alle applicazioni in
ambito educativo
Richiamo evolutivo:
Fino ai 7 anni l’attenzione infantile è prevalentemente fluttuante;
scarsa è la capacità di applicarsi in maniera consapevole ad una
attività strutturata
Dai 7 agli 11 compare l’attenzione volontaria, che richiede di
essere stimolata con incentivi che vanno dalla facilità e dalla
familiarità del contenuto a relazioni più complesse, progettando
strategie educative
2. PROCESSI PERCETTIVI: 3. livelli di esperienza
27. 27
I disturbi dell’attenzione
Disattenzione
Riduzione temporanea dell’attenzione dovuta a stanchezza
fisica o mentale
Distrazione
Interruzione dell’attenzione per l’azione di altri stimoli in corso;
può essere superata con un investimento energetico da parte
del soggetto
Distrazione astrattiva
L’essere assorti in un pensiero o nel compimento di una azione
al punto di non rispondere a stimoli esterni anche rilevanti; non
diminuisce la recettività inconscia agli stimoli
Distraibilità
Propensione naturale di un soggetto a distrarsi ( a differenza
della distrazione, che è un fenomento temporaneo); normale nei
bambini, sintomo di disadattamento se protratta
Aprosessia
Incapacità strutturale a mantenere attenzione; può essere
selettiva
2. PROCESSI PERCETTIVI: 3. livelli di esperienza
28. 28
focus del nostro percorso
Focus Psi. Generale:
1. Percorso storico
2. Processi percettivi
3. Apprendimento e pensiero
1. Apprendimento e condizionamento
2. La memoria
3. Il livello ottimale di apprendimento
4. Linguaggio e pensiero
4. Motivazione ed emozione
Focus integrativi:
A. Individualità e personalità
B. Comportamento sociale
30. 30
intro
L’apprendimento è il processo psichico che
consente una modificazione durevole del
comportamento per effetto dell’esperienza.
Con questo termine si escludono tutte le
modificazioni di breve durata dovute a condizioni
temporanee, episodi isolati, eventi occasionali,
fatti traumatici.
Il riferimento all’esperienza esclude tutte quelle
modificazioni determinate da fattori innati o dal
processo biologico di maturazione.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 1. apprendimento e condizionamento
31. 31
Si distinguono due tipi apprendimento:
Apprendimento associativo – Detto anche semplice o
meccanico, è fondato sulla relazione stimolo/risposta
che mette capo alla formazione di abitudini.
Comprende:
Condizionamento classico
Condizionamento operante
Apprendimento di risposte combinate
Apprendimento cognitivo – Detto anche a. complesso,
coinvolge funzioni psichiche superiori, come
l’intelligenza e in generale i processi cognitivi
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 1. apprendimento e condizionamento
32. 32
1. (Ap. Ass)
Gli esperimenti di Pavlov sul condizionamento
classico misero in luce diversi principi utili per la
comprensione della formazione delle abitudini.
Fra questi vi sono i concetti di:
Rinforzo
Estinzione
Recupero spontaneo
Generalizzazione
Discriminazione
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 1. apprendimento e condizionamento
33. 33
2. (Ap. Ass)
Gli esperimenti di Skinner sul condizionamento
operante hanno esteso i principi del
condizionamento a tipi di risposte che non
possono essere provocate da stimoli
incondizionati riconosciuti.
Il condizionamento operante spinge il soggetto
ad agire sull’ambiente per ottenere accesso al
rinforzo, dal quale viene consolidato.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 1. apprendimento e condizionamento
34. 34
3. (Ap. Ass)
La frequenza delle risposte è una misura
dell’intensità della risposta operante.
Il rinforzo parziale dimostra la regolarità del
comportamento operante, dal momento che
lunghe e regolari concatenazioni possono
essere ottenute da rinforzi occasionali.
Il rinforzo secondario, il fatto cioè che uno
stimolo associato ad uno stimolo rinforzante
acuisti proprietà rinforzanti, aumenta il raggio di
azione del condizionamento e spiega il valore di
ricompensa di alcuni incentivi, quali
l’approvazione sociale e i beni concreti.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 1. apprendimento e condizionamento
35. 35
4. (Ap. Ass)
Chi ha professionalmente finalità addestrative o
terapeutiche può modellare il comportamento
del soggetto rinforzando quelle variazioni della
risposta operante che si adeguano alle sue
indicazioni ed estinguendo le altre.
Così il condizionamento operante può sostenere
l’apprendimento di nuovi comportamenti.
E’ funzionale soprattutto per la riduzione delle
compulsioni, fobie o per la riduzione di
psicomotricità disfunzionali.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 1. apprendimento e condizionamento
36. 36
5. (Ap. Ass)
Il termine rinforzo è applicabile ad ogni evento il
cui verificarsi aumenta le probabilità che un
certo stimolo, in successive occasioni, evochi
una data risposta.
Quantità, differimento e frequenza del rinforzo
costituiscono delle variabili importanti che
influenzano l’apprendimento.
L’ipotesi della riduzione del bisogno è una delle
teorie che vengono utilizzate per spiegare gli
effetti del rinforzo.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 1. apprendimento e condizionamento
37. 37
6. (Ap. Ass)
Il condizionamento è applicabile soprattutto a
risposte singole, ma gran parte della formazione
delle abitudini è più complesso.
Questi casi più complessi sono classificati come
apprendimento di risposte combinate.
Due esempi sono:
Le abilità sensomotorie (a.e. coordinazione visivo-
motoria)
La memorizzazione meccanica (apprendimento di
serie e di coppie associate)
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 1. apprendimento e condizionamento
38. 38
7. (Ap. Ass)
La rappresentazione dei risultati
dell’apprendimento di risposte combinate viene
spesso fatto sotto forma di curve di
apprendimento che indicano le variazioni di
apprendimento in rapporto alla pratica.
Queste curve mostrano in genere una
diminuzione dei progressi con l’aumento del
numero delle prove.
Il passaggio dal livello inferiore al livello
superiore di apprendimento delle abitudini può
sfociare in un periodo di assenza di progressi,
chiamato plateau
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 1. apprendimento e condizionamento
39. 39
8. (Ap. Cogn.)
Sia il condizionamento che l’apprendimento di risposte
combinate insistono nell’acquisizione di movimenti o di
abitudini/competenze verbali.
Alcuni psicologi mettono in guardia contro il pericolo di
sopravvalutare la natura automatica dell’apprendimento
che deriva da una attenzione esclusiva per le
associazioni stimolo-risposta
Questi sottolineano la presenza di situazioni in cui viene
in primo piano la comprensione.
Gli esperimento di Koler sull’insight hanno mostrato
come la presentazione del problema possa rendere più o
meno facile la soluzione e come questa, acquisita
attraverso l’insight, possa essere ripetuta o applicata a
nuove situazioni.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 1. apprendimento e condizionamento
40. 40
9. (Ap. Cogn.)
Anche gli studi di Tolman sull’apprendimento per segnali
attribuiscono molta importanza al ruolo della
comprensione ed allo sviluppo di schemi cognitivi.
L’apprendimento latente è quello non riconducibile alla
condotta osservabile durante il processo stesso di
apprendimento.
I risultati degli esperimenti sull’apprendimento latente
hanno fornito prove contrarie alle teorie che pongo
l’accento sull’acquisizione di particolari sequenze senza
tener conto della rappresentazione cognitiva che il
soggetto ha dei rapporti implicati.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 1. apprendimento e condizionamento
41. 41
10. (Ap. Cogn.)
Ognuna delle impostazioni sinora descritte
può darci strumenti utili.
In generale, l’apprendimento segue in
parte processi associativi, senza un
grande controllo razionale da parte del
soggetto, e in parte processi cognitivi, in
cui il soggetto percepisce delle relazioni
ed organizza la conoscenza.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 1. apprendimento e condizionamento
42. 42
11. (Ap. Cogn.)
Il transfer e l’interferenza retroattiva sono fattori
facilitanti o inibenti l’apprendimento.
Il transfer è l’influenza che l’apprendimento di
una attività esercita sull’apprendimento di
un’altra attività.
L’interferenza retroattiva è l’effetto che
l’apprendimento successivo esercita sulla
ritenzione degli apprendimenti precedenti.
Le due nozioni sono importanti per capire come
le attività apprese si integrano e si concatenano
consentendo alla nostra esperienza di
esprimersi come un continuum e non come una
successione di attività isolate.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 1. apprendimento e condizionamento
43. 43
12. (Ap. Cogn.)
Con il perfezionamento, gli studi sull’apprendimento
hanno iniziato a produrre modelli matematici mirati a
fornire spiegazioni più dettagliate del processo di
apprendimento.
I modelli sono costruiti a partire da alcune ipotesi di
base, da cui vengono derivate delle equazioni applicate
ai dati sperimentali.
Se le equazioni si adattano ai dati, le premesse teoriche
sono più plausibili.
Partendo da ipotesi piuttosto semplici, i modelli sono
stati gradualmente estesi per includere tipi di
apprendimento sempre più complessi.
La teoria della campionatura dello stimolo (basata che
solo un campione dei vari stimoli che colpiscono il
sistema recettivo influenzi l’individuo) illustra alcuni di
questi sviluppi.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 1. apprendimento e condizionamento
44. 44
13.
Gli studi sui modelli associativo e cognitivo sono
stati integrati da altri studi che sottolineano
l’importanza di alcuni dispositivi e strategia di
apprendimento, aumentado l’enfasi
sull’influenza della motivazione nei processi
acquisitivi.
Nell’ambito pscicopatologico sono poi stati
inseriti i disturbi dell’apprendimento, integrando
le condizioni neurologiche a quelle sociali.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 1. apprendimento e condizionamento
45. 45
14.
Accidentale
Associativo (o meccanico/semplice)
Automatico
Bicircolare
Concetrato
Concettuale
Dell’opposto
Di comportamenti anormali
Differito o a risposta differita
Globale
Imitativo
Innato
Intenzionale
Intuitivo
Latente
Meccanico
Meccanico
Mentale
Monocircolare
Motorio
Nel sonno
Percettivo
Per condizionamento (classico,
operante, strumentale)
Per prova ed errore
Produttivo
Recettivo
Relazionale
Ripartito
Sequenziale
Seriale
Significativo
Sociale
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 1. apprendimento e condizionamento
NOMENCLATURA DELLE VARIE FORME DI APPRENDIMENTO
47. 47
Intro.
E’ la capacità di un organismo di conservare
tracce della propria esperienza passata e di
servirsene per relazionarsi al mondo ed agli
eventi futuri.
La funzione in cui si esprime la memoria è il
ricordo, la cui diminuzione o scomparsa
determina l’oblio.
In quanto fenomeno normale che descrive la
fase discendente di ogni processo mnemonico,
l’oblio va tenuto distinto dall’amnesia, che è un
fenomento patologico che porta a disturbi del
comportamento.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 2. memoria
48. 48
Intro.
Non esiste un centro neuronale della memoria.
Le funzioni mnestiche sono correlate con le
formazioni nervose superiori e sono regolate
dall’attività corticale le cui cellule conservano
tracce mnestiche con alta possibilità di
vicariazione.
La memoria non è quindi localizzata in singole
zone ma piuttosto è il risultato dell’interazione
dell’intera attività corticale.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 2. memoria
49. 49
1.
Quando ricordiamo qualcosa, possiamo mostrare i segni
dell’esperienza precedente in vari modi.
La memoria reintegratrice (cioè il tornare alla mente di
un evento della nostra storia personale) ricostruisce un
fatto passato non solo in termini di contenuto ma anche
della sua collocazione nello spazio/tempo.
Altri fenomeni sono:
Riconoscimento (la sensazione di familiarità con oggetti e
ambienti)
Rievocazione (ossia la riproduzione di qualcosa appreso in
precedenza)
Il risparmio nel riapprendimento è una forma di conferma
l’influenza di precedenti apprendimenti
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 2. memoria
50. 50
2.
Il fenomeno detto “sulla punta della lingua”
è uno degli esempi più classici di oblio
dipendente dall’insufficienza delle
indicazioni. In altri termini, una parola o un
concetto è stato immagazzinato nella
memoria ma mancano sufficienti
indicazioni per renderne possibile il
recupero.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 2. memoria
51. 51
3.
Le spiegazioni tradizionali del fenomeno
dell’oblio sono:
Disintegrazione, passiva attraverso il disuso
Effetti interferenti (inibizione reatroattiva e proattiva)
Oblio motivato
Rimozione
Si tratta di teorie complementari e ciascuna
pone l’attenzione su un aspetto importante.
Poiché nessuna di queste teorie è in grado di
render conto esaurientemente del fenomeno
oblio, è stato proposto un ulteriore modello
processuale.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 2. memoria
52. 52
4.
Il modello processuale dell’oblio contempla un
distinguo tra:
Memoria a breve termine – una forma di oblio
dipendente dalla traccia mnestica
Memoria a lungo termine – un tipo di oblio che
dipende dalle indicazioni
Elemento interessante del modello processuale
è la conferma che affinché il materiale mnestico
derivato dell’esperienza possa essere
immagazzinato nelle memoria a lungo termine, è
necssaria un periodo di consolidamento.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 2. memoria
53. 53
5.
Migliorare i nostri processi mnemonici è
possibile tramite il perfezionamento dei
metodi di immagazzinamento e recupero
delle informazioni.
Le tecniche più usuali propongono l’uso di:
Immagini mentali
Schemi di organizzazione
Frequenti ripetizioni
Sovrapprendimento
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 2. memoria
55. 55
Intro
Le teorie sull’apprendimento e la ritenzione
informativa possono produrre metodi e tecniche.
Metodi e tecniche sono applicabili sono
declinandole in riferimento alle caratteristiche
dei soggetti in apprendimento ed al contesto di
riferimento.
Il collegamento più diretto è con la didattica.
La cosa più difficile è trovare il livello ottimale di
taratura delle tecniche.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 3. livello ottimale
56. 56
I principi dell’apprendimento
La curva di apprendimento
Il plateau (la difficoltà nel passaggio “da novizio ad esperto”)
Curva di affaticamento (derivata da fattori biopsicologici poco
influenzabili)
Conoscenza dei risultati parziali (finalizzata al senso di
responsabilità)
Motivazione all’apprendimento (legata al senso di utilità)
Desiderabilità dell’apprendimento (legata al sistema incentivante
organizzativo e sociale)
Trasferimento della formazione (verso altri situazioni, ruoli o settori
Trasferimento negativo (inferenza)
Velocità di apprendimento (da correlare con la velocità della
formazione)
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 3. livello ottimale
57. 57
Modelli di apprendimento
Definizione dei modelli di apprendimento
che devono essere attivati in base agli
obiettivi formativi definiti a livello
progettuale
Learning by absorbing (imparare acquisendo
nozioni teoriche)
Learning by doing (imparare facendo)
Learning by interacting with others
(apprendimento collaborativo)
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 3. livello ottimale
58. 58
Segmentazioni dei metodi in base
alle modalità di apprendimento
Learning by doing
Learning by absorbing Learning by
interacting with others
•Net-learning
•Comunità di apprendimento
•Action learning
•Outdoor development
•Simulazioni
•Team building
•Formazione/consulenza
•Laboratori sulle dinamiche di
gruppo e sulla leadership
•T-group
•Laboratori organizzativi
•Incident
•Metodo degli autocasi e dei
casi
•Gruppo di discussione
•Lezione interattiva
•Lezione ex cathedra
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 3. livello ottimale
59. 59
Didattica
Didattica passiva vs didattica attiva
La didattica attiva considera tre principi
fondamentali:
1. Partecipazione del soggetto
2. Feed back immediato
3. Adattamento del ritmo di istruzione alle differenze
individuali
Due forme di gestione didattica:
Programma lineare (step by step)
Programma ramificato (sono possibili più evoluzioni
dell’intervento in base alla reazione dei formandi)
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 3. livello ottimale
60. 60
Emozioni e apprendimento
I fattori emozionali, basati sulle esperienze personali del soggetto,
svolgono un ruolo importante nei processi di apprendimento.
Un fenomeno spesso correlato all’apprendimento è l’ansia (intesa
non in senso psicopatologico), ossia una tensione apprensiva legata
al grado di adeguatezza percepito rispetto a situazioni e/o
performance richieste.
I soggetti più ansiosi
spesso rendono meno dei non ansiosi in compiti di apprendimento
complessi,
danno invece prestazioni migliori in semplici prove di condizionamento.
Esercitando una pressione a far meglio o più in fretta, può avvenire
che:
l’esecuzione con soggetti ansiosi risulti bloccata
mentre la stessa pressione stimola soggetti non ansiosi a migliorare il
rendimento.
Un grado più elevato di ansia è anche signficativamente correlato
con abbandoni più frequenti.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 3. livello ottimale
62. 62
1.
Il pensiero è un comportamento che si
serve di simboli come “rappresentazioni”
delle cose e degli eventi.
Può andare così oltre la soluzione
percettiva dei problemi, o la soluzione
mediante la manipolazione diretta, poiché
può far riferimento a eventi non presenti,
cioè a fenomeni o cose ricordate o
immaginate.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 4. linguaggio e pensiero
63. 63
2.
Un simbolo rappresenta qualcosa di altro
da sé.
Alcuni simboli sono oggetti concreti, per
esempio, un segnale di stop; le parole
sono simboli particolarmente efficaci, e il
linguaggio è così un importante agente nei
processi di pensiero.
Un simbolo è portatore di un significato.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 4. linguaggio e pensiero
64. 64
3.
La relazione tra simbolo e significato è oggetto
di numerosi modelli.
Una distinzione di base è quella tra:
Significato denotativo – fisso e specifico
Significato connotativo – che esprime una valutazione
o una differenza
Un tentativo di misurare le connotazioni è il
metodo del differenziale semantico
Quando un simbolo rappresenta una classe di
oggetti o eventi con proprietà comuni, diciamo
che si riferisce ad un concetto
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 4. linguaggio e pensiero
65. 65
4.
Il linguaggio fornisce una larga percentuale dei simboli
usati nei processi di pensiero.
La struttura del linguaggio può essere analizzata a
diversi livelli:
I fonemi sono le unità di suono fondamentali
I morfemi sono le unità di significato
Le parti delle frasi le unità che costituiscono la proposizione
L’analisi in termini di struttura delle frasi ci aiuta a
comprendere il significato di una semplice frase
affermativa.
Le frasi più complesse hanno in genere subito una o più
trasformazioni nel rapporto tra struttura di superfcie e
struttura profonda (o significato sottostante)
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 4. linguaggio e pensiero
66. 66
5.
Sia il condizionamento classico che quello operante giocano un
ruolo nell’apprendimento del significato delle parole.
Tuttavia l’apprendimento della grammatica non implica semplici
associazioni stimolo-risposta; richiede piuttosto l’acquisizione di
regole per la formazione di sequenze verbali accettabili.
La prima di queste regole impiegate dal bambino specifica l’uso in
combinazione di parole perno e delle parole aperte.
Un ulteriore sviluppo della grammatica infantile è aiutato dalla
correzione e dall’estensione da parte degli adulti delle espressioni
da parte del bambino; l’imitazione del linguaggio degli adulti non è
esatta ma è filtrata attraverso il sistema grammaticale del bambino.
L’acquisizione del linguaggio segue un andamento opposto a quello
della formazione dei concetti, poiché qui le regole generali sono
apprese prima e le singole eccezioni dopo.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 4. linguaggio e pensiero
67. 67
5.
Sul piano teorico esistono numerose teorie relative ai meccanismi responsabili
dell’acquisizione e dello sviluppo del linguaggio:
Ipotesi di J.Piaget
Ipotesi di L.S. Vygotskij
Ipotesi di A.R.Lurija
Ipotesi di B.F.Skinner
Ipotesi di N.A.Chomsky
Ipotesi di B.L.Whorf
Ugualmente numerose sono gli studi sulla relazione tra linguaggio e affettività:
Ipotesi di S.Freud
Ipotesi di M.Klein
Ipotesi di D.W.Winnicott
Ipotesi di W.R.Bion
Ipotesi di F.Fornari
Ipotesi di j.Lacan
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 4. linguaggio e pensiero
68. 68
6.
Linguaggio e pensiero sono intimamente connessi.
Così i bambini riescono a risolvere certi problemi di
trasposizione solo quando sono abbastanza grandi da
esprimerne verbalmente la soluzione.
Anche la concezione del mondo nell’adulto, si esprime
anche nel linguaggio di cui si serve.
Una elevata disponibilità linguistica favorisce infatti la
maggiore discriminazione concettuale e
conseguentemente permette forme di problem solving
usualmente più efficaci.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 4. linguaggio e pensiero
69. 69
6.
I modelli di pensiero basati sulle teorie dell’information
processing utilizzano i diagrammi di flusso per
descrivere (o simulare su computer) i processi cognitivi
compiuti dall’uomo nella soluzione di problemi.
I metodi euristici (orientati alla identificazione della
relazione mezzi/fini) forniscono aiuto nell’analisi dei
tempi di trattamento dei dati informativi.
3. APPRENDIMENTO E PENSIERO: 4. linguaggio e pensiero
70. 70
focus del nostro percorso
Focus Psi. Generale:
1. Percorso disciplinare
2. Processi percettivi
3. Apprendimento e pensiero
4. Motivazione ed emozione
1. Fondamenti fisiologici della motivazione
2. La motivazione nell’uomo
3. Stati affettivi ed emozione
Focus integrativi:
A. Individualità e personalità
B. Comportamento sociale
72. 72
Motivazione
È un fattore dinamico del comportamento
animale e umano che attiva e dirige un
organismo verso una meta.
Le motivazioni possono essere coscienti o
inconscie, semplici o complesse, transitorie o
permanenti, primarie (ossia di natura fisiologica)
o secondarie (di natura personale o sociale), cui
si aggiungono le motivazioni superiori (come gli
ideali o i modelli che il soggetto assume in vista
della propria autorealizzazione).
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 1. fondamenti
73. 73
1.
Il comportamento è in parte regolato da
pulsioni che sono la conseguenza di
bisogni.
Tra le pulsioni da deprivazione vi sono la
fame e la sete. La sofferenza rappresenta
un particolare tipo di pulsione: indica un
pericolo per l’organismo ed è collegata la
bisogno di protezione e sicurezza.
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 1. fondamenti
74. 74
2.
Le prime ricerche hanno parlato a favore di
teorie locali sull’origine delle pulsioni di fame e
sete (la fame collegata alle contrazioni
gastriche, la sete alla secchezza della bocca e
della gola).
Studi più recenti hanno deposto piuttosto a
favorire le teorie centrali, che ipotizzano cioè il
controllo delle pulsioni da parte di centri
cerebrali (soprattutto dell’ipotalamo) sensibili ai
mutamenti chimici che si verificano nel sangue.
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 1. fondamenti
75. 75
3.
Secondo la teoria bisogno/pulsione/incentivo, la
sequenza completa del comportamento motivato
nasce a partire da una condizione di bisogno;
essa procede dalla pulsione attraverso una
attività preparatoria fino all’attività consumatoria
che ha luogo in presenza di un incentivo
positivo.
L’effetto dell’attività consumatoria è di solito
quello di ridurre la pulsione mediante la
soddisfazione del bisogno, determinando uno
stato generale di maggior rilassamento.
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 1. fondamenti
76. 76
4.
Gli incentivi positivi sono oggetti o circostanze
ambientali che agiscono sul comportamento
motivato nel seguente modo:
1. Alcuni incentivi positivi portano alla sua conclusione
la sequenza di comportamento motivato riducendo
la pulsione attraverso la soddisfazione del bisogno
2. alcuni incentivi positivi, percepiti o previsti, hanno la
proprietà di attrarre nella propria direzione e verso
un’ulteriore attività consumatoria il comportamento
motivato dall’organismo, indipendentemente dal
fatto di soddisfare o meno un bisogno
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 1. fondamenti
77. 77
5.
La percezione degli incentivi può suscitare o
intensificare le pulsioni anziché soddisfarle.
Attraverso l’apprendimento, una relazione
pulsione/obiettivo può essere incanalata,
sicché il comportamento pulsionale non risulta
più motivato quando l’incentivo muta.
In ambienti liberi (non laboratoriali) bisogno,
pulsione e incentivo sono collegati tra loro in
maniera complessa.
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 1. fondamenti
78. 78
6.
Alcune motivazioni fondamentali (nel senso
che si riscontrano anche negli animali e nei
bambini) sono prive di correlazioni fisiologiche
chiaramente determinate.
Tra queste vi sono:
L’attività
La manipolazione
La curiosità (distinguibile in esplorazione
locomotoria e risposte investigative)
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 1. fondamenti
79. 79
7.
La limitatezza della formula
bisogno/pulsione/incentivo ha fatto evolvere gli
studi nella direzione dello studio dell’influenza
degli incentivi.
S’intende
Incentivo positivo quello verso il quale l’organismo
motivato tende ad avvicinarsi
Incentivo negativo quello che tende ad evitare o ad
allontanare
Alla distinzione tra incentivi positivi e negativi,
si affianca quella di attrazione e repulsione.
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 1. fondamenti
80. 80
8.
Alla stato attuale si ritiene che
motivazioni complesse derivino in realtà
da pochi fattori pulsionali primari.
Si è inoltre dimostrata l’esistenza di
incentivi appresi, come negli esperimenti
di apprendimento di simboli.
Molte risposte appetitive o avversive
vengono acquisite soprattutto tramite
l’apprendimento.
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 1. fondamenti
82. 82
1. Complessità umana
La complessità della motivazione umana
risulta evidente se consideriamo il gran
numero di disposizioni motivazionali che
differiscono da un individuo all’altro.
Tali disposizioni possono essere latenti e
manifestarsi nel comportamento in
condizioni di adeguata attivazione
motivazionale
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 2. la motivazione nell’uomo
83. 83
2. Pro e versus
Un certo tipo di attrazione, ad esempio la
motivazione al successo, risulterà più
efficace per quei soggetti le cui
disposizioni motivazionali comprendono
già un’elevata motivazione all’essere
riconosciuti come leader.
Soggetti con alta disposizione gregaria
potrebbero essere maggiormente disposti
verso altri stimoli.
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 2. la motivazione nell’uomo
84. 84
3. Comportamento manifesto
Il comportamento manifesto, anche se motivato
e quindi in grado di rivelare certe attrazioni, non
è utilizzabile per inferirne direttamente le
motivazioni. Questo perché lo stesso
comportamento può servire per scopi differenti.
La difficoltà nell’inferire i motivi direttamente dal
comportamento portano alla formulazione di
elenchi piuttosto arbitrari delle motivazioni
umani.
Tali liste possono tuttavia essere utili in una fase
preliminare per richiamare l’attenzione sulla
gamma dei comportamenti motivati nei quali
l’uomo s’impegna.
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 2. la motivazione nell’uomo
85. 85
Murray list
Bisogni associati con oggetti inanimati
Acquisizione, conservazione, ordine, tesaurizzazione,
costruzione
Bisogni che esprimono ambizione, forza di
volontà, desiderio di riuscita e prestigio
Superiorità, successo, considerazione, esibizione,
integrità, evitamento dell’inferiorità, difesa, reazione
Bisogni legati al potere, alla resistenza o alla
sottomissione
Dominanza, sottomissione, somiglianza, autonomia,
contraddizione
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 2. la motivazione nell’uomo
86. 86
Murray list
Bisogni relativi ai torti verso gli altri e se stessi
Aggressione, umiliazione, evitamento del biasimo
Bisogni relativi agli affetti interpersonali
Gregarietà, rifiuto, maternage, soccorso
Altri bisogni socialmente rilevanti
Gioco, conoscenza, esposizione
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 2. la motivazione nell’uomo
87. 87
4. Classificazione delle motivazioni
Il problema della classificazione deve
tener conto di diversi livelli interpretativi:
Interpretazione intellettualistica
Interpretazione biologica
Interpretazione istintiva
Interpretazione pulsionale
Interpretazione antropologica
Interpretazione sociologica
Interpretazione umanistico-esistenziale
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 2. la motivazione nell’uomo
88. 88
4. Classificazione delle motivazioni
Interpretazione Focus
Intellettualistica Desiderio e volontà
Biologica Bisogno ed
soddisfacimento
Istintiva Risposta filogenetica
Pulsionale La spinta inconscia
Antropologica La matrice culturale
Sociologica Sintonia gruppale
Umanistico-esistenziale Valori e ideali
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 2. la motivazione nell’uomo
89. 89
5. Le teorie esplicative
Le principali teorie esplicative sono 4
Psicoanalitica
Comportamentista
Cognitivista
Umanistica
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 2. la motivazione nell’uomo
90. 90
6. Teoria psicoanalitica
I contributi di Freud sottolineano l’importanza di
due pulsioni fondamentali: sesso e aggressività.
Questi motivi comparirebbero nella prima
infanzia. La loro libera espressione viene però
contenuta dai processi educativi adulti con un
effetto conseguente denominato repressione.
Una tendenza repressa rimane attiva, come
motivazione inconscia e trova espressione in
forme indirette o simboliche.
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 2. la motivazione nell’uomo
91. 91
7. Teoria comportamentista
Whiting e Child hanno ipotizzato come un numero
relativamente esiguo di motivi fondamentali acquisiti
nella prima infanzia proliferi successivamente in una
serie di sistemi di comportamento, nei quali un
medesimo motivo comune influisce su molti diversi tipi di
condotta.
Si presume che il meccanismo di sviluppo sia quello
dell’apprendimento e della formazione delle abitudini.
Due di questi motivi fondamentali solo la pulsione di
fame, con i suoi derivati in tutte le forme di
comportamento connesso al cibo, e la tendenza alla
dipendenza, con tutti i suoi derivati nelle forme di
comportamento che implicano processi sociali di
attaccamento.
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 2. la motivazione nell’uomo
92. 92
8. Teorie cognitive
Vengono accolte le ipotesi fondamentali delle altre
teorie, combinate con un interesse specifico per gli
elementi razionali, per la scelta degli obiettivi e la
formulazione di decisioni in cui il soggetto è consapevole
dei rischi e dei benefici implicati nel proprio
comportamento.
Due filoni principali di ricerca:
Livello di aspirazione (la scelta dell’obiettivo è determinata in
parte dal grado di difficoltà, in parte dalla misura in cui il
soggetto è coinvolto nell’impresa e infine dalle precedenti
esperienze di successo o fallimento)
Motivazione al successo (un comportamento diretto al
raggiungimento di un successo in una determinata azione
valutato secondo uno standard di eccellenza)
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 2. la motivazione nell’uomo
93. 93
9. Approccio umanista
Quando le motivazioni vengono studiate in base alla loro
organizzazione all’interno di ciascun individuo, si
riscontra spesso un fattore di autoriferimento. Con
questo si intende l’opinione che il soggetto ha di se
stesso, le sue aspirazioni, i valori che afferma.
Un elemento fondamentale è costituito dall’esigenza di
coerenza; questo spiega il disagio che ciascuno prova
nell’individuare disaccordo o contraddizione tra le proprie
convinzioni ed il proprio modo di agire, o tra due sistemi
di credenze verso cui si sente attratto.
Il fenomeno viene chiamato dissonanza cognitiva ed ha il
potere di indurre l’individuo ad operare dei cambiamenti
nelle proprie opinioni o nella propria condotta allo scopo
di diminuire la dissonanza.
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 2. la motivazione nell’uomo
94. 94
10. Approccio umanista
Il fattore di autoriferimento nella motivazione è stato
studiato servendosi del concetto di autorealizzazione.
Maslow ha introdotto il concetto di una gerarchia di
motivi, affermando che la tendenza alla
autorealizzazione può avere libero corso solo dopo che
sono stati soddisfatti i motivi che occupano la parte più
bassa della scala.
Questo tipo di interpretazione costituisce in parte una
sfida alle comuni ricerche sperimentali sulla motivazione
umana, che vengono accusate di essere troppo
frammentarie e di non considerare il soggetto come
portatore di potenzialità inespresse.
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 2. la motivazione nell’uomo
96. 96
1. Sfumature
Gli stati affettivi coprono un arco cha va
dagli stati blandi di piacevolezza o
spiacevolezza (che si accompagnano ad
ogni forma di esperienza), sino agli stati
affettivi più intensi, generalmente chiamati
emozioni.
Gli stati più intensi sono distinguibili in
piacevoli (gioia, amore) e spiacevoli
(rabbia, paura, dolore).
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 3. stati affettivi ed emozione
97. 97
2. Attivazioni fisiologiche
Le emozioni che proviamo nella vita di ogni giorno hanno
carattere complesso e il tentativo di distinguerli esattamente è
poco fruttuoso. Le ricerche sulle alterazioni fisiologiche negli
stati emotivi dimostrano che estesi mutamenti sono comuni a
tutte le emozioni intense, sebbene sia possibile qualche
differenziazione di ordine fisiologico (ormonale)
E’ stato verificato che le risposte associate alla paura sono
prevedibili in base all’azione dell’adrenalina. Quelle tipiche
della rabbia vedono l’azione combinata di adrenalina e
noradrenalina.
il problema della differenziazione è complicato dal ruolo assai
rilevante svolto dalle determinanti situazionali: il medesimo
stato di attivazione può essere definito in maniera diversa a
seconda delle circostanze.
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 3. stati affettivi ed emozione
98. 98
Intensità dei sintomi con
significato emotivo (Plutchik)
CLASSI DELL’ESPERIENZA EMOZIONALE
Intensità I II III IV V VI
10
Estasi Terrore
Rabbia Panico
9
Avversione
Collera Stupore Paura
8
Gioia Dispiacere Disgusto
Sorpresa
7
Felicità
Apprensione Malinconia
6
Piacere Tristezza Antipatia
Irritazione
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 3. stati affettivi ed emozione
99. 99
3. Teorie emozionali
Tra le numerose teorie, ricordiamo:
Teoria evoluzionistica di Darwin, basata sui tre
principi delle abitudini associate, dell’antitesi e
dell’azione diretta del sistema nervoso
Teoria di James-Lange, secondo cui il carattere
dell’emozione è determinato dal feedback proveniente
dalle reazioni fisiologiche
Teoria dell’attivazione, centrata sull’importanza dei
fattori di attivazione delle emozioni
Teorie percettivo-motivazionali, che subordinano le
risposte fisiologiche ai processi cognitivi di
valutazione della situazione e a quelli motivazionali di
azione, magari mediante risposte di avvicinamento o
di allontanamento
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 3. stati affettivi ed emozione
100. 100
4. Rapporto emozione-motivazione
Il rapporto è stretto.
In certi casi, come sotto gli effetti della paura e della
frustrazione, l’emozione agisce come una pulsione di
allontanamento ed p connessa all’apprendimento
secondo i principi della riduzione della pulsione.
Le esperienze emotive possono anche essere
considerate come mete del comportamento (a.e. quando
si ricercano situazioni piacevoli)
Talvolta le emozione sono da considerare quali
concomitanti del comportamento motivato, come nel
caso di una gioia prorompente, che di per sé non è né
una pulsione, né una meta ma può tuttvia avere un
valore rilevante nella scelte di attività strumentali in vista
di altri fini.
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 3. stati affettivi ed emozione
101. 101
5. Utilità e danno
Le emozioni possono essere utili o dannose; possono
agevolare l’adattamento e la soluzione di problemi ma
possono anche ostacolare gli stessi processi.
L’intensità costituisce un fattore importante; gli stati
emotivi moderati sono generalmente tonici e salutari,
mentre quelli più forti hanno potenzialmente
conseguenze debilitanti.
La legge di Yerkes-Dodson indica il ruolo del fattore
intensità, affermando che quanto è più difficile un
compito da svolgere, tanto maggiore è l’effetto
disgregatore di una emozione avversativa.
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 3. stati affettivi ed emozione
102. 102
6. Differenze individuali
Negli studi sulle emozioni le differenze
individuali assumono una rilevanza notevole.
Chiamiamo differenze di temperamento le
differenze di carattere duraturo nella
disposizione a sperimentare le emozioni.
Disposizioni transitorie sono invece indicate con
il termine di umore.
Stati emotivi persistenti, specie a carattere
conflittuale, possono indurre malattie
psicosomatiche.
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 3. stati affettivi ed emozione
103. 103
7. Emozioni e società
La civiltà contemporanea, con ovvie differenze
geografico-culturali, si è spesso orientata verso la
repressione dell’espressione emotiva (rif. ambito
lavorativo).
D’altra parte, lo sforzo di contenere le emozioni tramite
la rimozione o la repressione risce solo parzialmente,
come dimostrato dai segni psicosomatici dei residue
effetti emotivi.
Il controllo delle emozioni non significa necessariamente
negarle; è possibile accettare le emozioni come
fenomeni normali e indirizzarne l’espressione in un
senso socialmente accettabile.
4. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE: 3. stati affettivi ed emozione
104. 104
focus del nostro percorso
Focus Psi. Generale:
1. Percorso disciplinare
2. Processi percettivi
3. Apprendimento e pensiero
4. Motivazione ed emozione
Focus integrativi:
A. Individualità e personalità
1. Valutazione delle abilità e dell’intelligenza
2. Teorie della personalità
3. Valutazione della personalità
A. Comportamento sociale
106. 106
Intro
Manca una definizione univoca di
intelligenza: ogni definizione risente
dell’orientamento di pensiero che la
formula.
Schematicamente, sono presenti tre
aggregati:
1. Definizioni generali
2. Definizioni specifiche
3. Definizioni operative
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 1. abilità e intelligenza
107. 107
1. Definizioni generali
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 1. abilità e intelligenza
Definizioni
generali
L’i. è vista come quel processo che consente all’uomo
(o all’animale dotato di struttura generale evoluta) di
risolvere nuovi problemi che implicano una
ristrutturazione del rapporto di adattamento con
l’ambiente
Definizioni
specifiche
Considerano l’i. come un insieme di processi mentali
specificatamente umani che investono il ragionamento
logico, la capacità di formulare valutazioni, la capacità
di perseguire uno scopo anche a lungo termine
scegliendo i mezzi appropriati, la capacità di
autocorrezione e autocritica.
Definizioni
operative
Sono nate dalla difficoltà di approdare ad una
definizione univoca di i., per cui si preferisce
sottoporne alcuni aspetti a determinati test la cui
soluzione permette una misurazione condivisa. In
altri termini, gli strumenti non misurano l’i. nel suo
insieme ma solo aspetti preventivamente stabiliti.
108. 108
Elementi comuni nei tre
orientamenti
Alcuni aspetti comuni del concetto di intelligenza
delle varie correnti epistemologiche:
non è genetica, (Chomsky sostiene che "per l'uomo
imparare il linguaggio è istintivo, come per un ragno
tessere la tela"),
non è matrice culturale,
non è puro apprendimento correlato all’istruzione,
non è contesto sociale,
ma è la somma variabile di tutti questi fattori, che
come le note su un pentagramma, concorrono con
diversi e variabili accenti a produrre e sviluppare la
musica del nostro pensiero.
109. 109
2. Differenze individuali
Gli individui differiscono tra loro per un’infinità di modi
ed una qualunque di tali differenze può influenzare il
successo sociale e professionali
In psicologia vengono usati test di abilità per lo studio
delle differenze individuali. I test attitudinali cercano di
predire il successo in qualche attività (a.e. valutare in
che misura un individuo potrebbe beneficiare di certi
programmi di istruzione).
I test di profitto misurano il livello attuale delle capacità,
cioè quello che il soggetto ha appreso.
Gli indicatori utilizzati sono simili, la differenza è negli
obiettivi dello strumento.
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 1. abilità e intelligenza
110. 110
3. Validità dei test
Perché si possono fare delle predizioni in base
ai test, questi devono soddisfare alcune
esigenze.
Gli studi sull’attendibilità ci dicono se i punteggi
del test sono stabili.
Le ricerche sulla validità ci informano sulla
misura in cui un test misura ciò che dovrebbe
misurare e sulla coincidenza più o meno
soddisfacente delle sue previsioni con un
criterio accettabile.
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 1. abilità e intelligenza
111. 111
Evoluzione della testistica
I primi test di intelligenza praticamente utilizzabili furono
elaborati in Francia da Alfred Binet nel 1905.
A lui dobbiamo il concetto di età mentale, in base al
quale i ragazzi con scarse risultati vengono considerati in
ritardo sullo sviluppo, in quanto le loro risposte sono
come quelle di bambini di età cronologica inferiore. I
bambini valutati come molto intelligenti, al contrario,
cono in anticipo.
Questo concetto è stato seguito in seguito nelle revisioni
successive della Scala di Binet, tra cui la più usata è la
Stanford-Binet.
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 1. abilità e intelligenza
112. 112
4. Q.I.
Terman, autore della Sanford-Binet, introdusse il
Quoziente di Intelligenza (QI) come indice dello
sviluppo mentale.
In origine il QI esprimeva il livello di intelligenza come
un rapporto tra età mentale (EM) e l’età cronologica
(EC).
Il QI di deviazione, adottato successivamente, consiste
nel fissare i punteggi a ciascuna età cronologica in
modo che il QI medio sia 100, con una deviazione
standard di 16. Allo stato attuale il QI non è più un
rapporto ma un punteggio adattato all’età del soggetto
esaminato.
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 1. abilità e intelligenza
113. 113
5. Evoluzione della misura
I tentativi di accrescere il valore diagnostico dei test di
intelligenza hanno preso due forme principali.
La prima consiste nel suddividere gli item di un test in
più di una scala (a.e. le scale verbale e non verbale
della Wechsler Adult Intelligence Scale e della
Wechsler Intelligence Scale for Children)
La seconda consiste nel distribuire i subtest secondo i
dati dell’analisi fattoriale. Le singole prove possono a
questo punto rappresentare i fattori da cui sappiamo
dipendere le intercorrelazioni fra i test (a.e. test delle
attitudini mentali primarie di Thurstone, Guilford
Scale).
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 1. abilità e intelligenza
114. 114
6. Evoluzione del concetto
Guilford ha allargato il concetto di intelligenza oltre quello
rappresentato dal comune QI.
Distingue prima di tutto tra produzione divergente
(pensiero creativo) e produzione convergente (soluzione
logica per la formulazione dell’unica possibile risposta
corretta).
Il test base per la misura del QI non dà rilievo alla
produzione divergente, così che la correlazione tra QI e
creatività risulta bassa.
In generale Guilford ha invece osservato che i soggetti
molto creativi hanno anche un elevato QI, mentre un alto
QI non è sufficiente a garantire.
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 1. abilità e intelligenza
115. 115
Alcune definizioni in rassegna
Intelligenza generale + abilità specifiche
Fattore “g” (Spearman)
120 differenti abilità mentali (Guilford)
Intelligenza fluida e cristallizata (Cattel); 7 capacità primarie:
Comprensione verbale;
Fluidità verbale
Capacità numerica
Visualizzazione spaziale
Memoria
Ragionamento
Velocità percettiva
Intelligenza fluida e cristallizata (Cattel)
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 1. abilità e intelligenza
116. 116
8. NON è solo
una questione di QI
La misura del QI mostra i suoi limiti quando viene
utilizzata come indice per prevedere il successo
che un dato individuo otterrà nella vita sociale e
professionale.
L' intelligenza basata sull'esercizio della pura
razionalità costituisce soltanto un aspetto delle
più generali capacità che permettono all'uomo di
misurarsi con le diverse situazioni incontrate nella
vita di tutti i giorni e di risolvere adeguatamente i
problemi che esse implicano.
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 1. abilità e intelligenza
117. 117
9. Le intelligenze multiple
Da più di venti anni un ricercatore
dell'università di Harvard, Howard Gardner,
ha proposto all'attenzione della comunità
internazionale i suoi studi sulle intelligenze
multiple. I suoi lavori hanno costituito uno
spartiacque nella definizione e
nell'accertamento dell'intelligenza nell'uomo.
La teoria delle intelligenze multiple non è il
prodotto a tavolino di uno studioso in materia,
ma si fonda su anni di ricerche in campo
neurologico sia con bambini aventi lesioni al
cervello, per cui non erano più in grado di
utilizzare alcune abilità – per esempio quella
linguistica o logica -, e sia con bambini
prodigio, che avevano alcune abilità
sviluppate in grado estremo.
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 1. abilità e intelligenza
118. 118
Linguistico - Verbale
Logico - Matematica
Visivo - Spaziale
Ritmico – Musicale
Cinestetica – di Movimento
Naturalistica
Interpersonale
Intrapersonale
(emotiva)
1
2
3
4
5
6
7
8
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 1. abilità e intelligenza
119. 119
Linguistico-VerbaleLinguistico-Verbale: pensare con le parole e riflettere su di esse.
Logico-MatematicaLogico-Matematica: pensare con i numeri e riflettere sulle loro
relazioni.
Visivo-SpazialeVisivo-Spaziale: pensare con immagini visive e fare elaborazioni su
di esse.
Ritmico-MusicaleRitmico-Musicale: pensare con e sulla musica.
Corporea-CinesteticaCorporea-Cinestetica: pensare con e sui movimenti e i gesti.
NaturalisticaNaturalistica: pensare alle piante, agli animali, alle rocce e a tutti i
fenomeni naturali.
InterpersonaleInterpersonale: avere successo nelle relazioni con gli altri.
Intrapersonale (Intrapersonale (detta anche intelligenza emotivadetta anche intelligenza emotiva)): riflettere sui
propri sentimenti, umori e stati mentali.
Le otto intelligenze
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 1. abilità e intelligenza
121. 121
1. Intro
La personalità può essere definita come l’insieme dei
modi di comportarsi caratteristici che determinano
l’adattamento unico e irripetibile del singolo al suo
ambiente.
La personalità è il prodotto del potenziale innato, così
come esso è modificato dalle esperienze comuni ad una
data cultura, e cioè i vari ruoli che l’individuo è chiamato
a svolgere e dalle esperienze uniche individuali.
Lo studio della personalità è affrontato col metodo
idiografico (che evidenzia le differenze tra un individuo e
l’altro) e che come tale si distingue dalla tipologia (che
costruisce modelli o “tipi puri” con cui classificare gli
individui, ciascuno dei quali incarna sempre un “tipo
misto”.
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 2. teorie della personalità
122. 122
2. Numerose, diverse teorie
Somatico-
costituzionalistiche
Fattoriali
Olistiche
Oggettivistiche
Apprendimento sociale
Psicodinamiche
Della percezione
Pragmatico-relazionali
Fenomenologico-
esistenziali
Cognitiviste
Funzionalista di Allport
Teoria del campo di
Lewin
Personologia di Murray
Biosociale di Murphy
Costrutti personali di
Kelly
Teoria del Sé di Rogers
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 2. teorie della personalità
124. 124
4. Tratti
Un esempio della teoria dei tratti è fornita dalla
distinzione di Cattell tra tratti di sueprficie e tratti
fondamentali.
I tratti di superficie sono raggruppati insieme mediante
l’analisi dei “cluster”, combinando quei tratti che
correlano tra loro.
I tratti fondamentali vengono individuati mediante l’analisi
fattoriale, che fa uso di un modello matematico più
complesso.
L’obiettivo scientifico è che un numero limitato di tratti
fondamentali possa un giorno bastare per una
valutazione soddisfacente della personalità globale.
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 2. teorie della personalità
125. 125
5. Tipologie
Il modello bidimensionale della personalità di
Eysenck (stabile/instabile;
estroverso/introverso), è un buon esempio di
teoria tipologica.
E’ la versione moderna dell’antica
classificazione greca dei temperamenti:
sanguigno, collerico, malinconico, flemmatico.
I tentativi di predizione del comportamento in
sede laboratoriale hanno dato buoni esiti ma è
difficile che queste impostazioni possano
risultare predittive in situazioni complesse.
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 2. teorie della personalità
126. 126
6. Psicodinamica
La teoria psicoanalitica ed i suoi derivati
affermano l’esistenza di una struttura di base
della personalità che agisce in diversi modi sul
comportamento.
Come teoria genetica, la psicoanalisi afferma
che alcuni tipi di personalità o di carattere (come
il tipo orale o anale) hanno origine dalla
fissazione (cioè da un arresto di sviluppo) ad
una certa fase psicosessuale.
Le prove sperimentale ottenute non sono
univoche.
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 2. teorie della personalità
127. 127
Psicodinamica
Come teoria dinamica, la psicoanalisi individua
Es, Io e Super-Io quali fattori persistenti della
personalità che entrano reciprocamente in
conflitto e sono in continua interazione.
L’Es è irrazionale e impulsivo e tende alla
gratificazione immediata
L’Io rimanda la gratificazione in modo che sia
possibile ottenerla in maniera realistica e
socialmente accettabile
Il Super-Io (la coscienza) impone un codice
morale
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 2. teorie della personalità
128. 128
7. Psicosociologia
I teorici del comportamento sociale criticano tutte le
precedenti impostazioni, ritenendo che abbiano
impostazione troppo generale e che non riconoscano in
misura adeguata l’importanza del contesto in cui ha
luogo un certo comportamento.
Propongono come alternativa la teoria della specificità
del comportamento.
Sottolineano come il comportamento sia dunque
influenzabile e condizionabile
Il concetto del Sé fornisce un possibile approccio allo
studio dell’integrazione personale.
Il Sé viene percepito come agente, come continuum,
come influenzato dai rapporti con gli altri, come portatore
di valori e di mete.
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 2. teorie della personalità
129. 129
Psicosociologia
La teoria del campo di K.Lewin concepisce i dati
psicologi come organizzati in un campo di forze
(metafora fisica), con tendenza all’equilibrio del sistema.
Nel campo la persona occupa la posizione centrale
circondata dall’ambiente psicologico con cui interagisce
attraverso un sistema di tensioni che possono nascere o
dal mutamento dell’ambiente psicologico o all’interno
della persona sotto forma di bisogni.
Lo stato di tensione attiva dei processi come pensare,
agire, ricordare, che continuano ad operare sino a che
non si raggiunge l’equilibrio del sistema attraverso i
percorsi tracciati da due geometrie: topologica (non
metrica e indifferente alle distanze) e odologica (metrica
soggettiva in base a attrazione e repulsione)
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 2. teorie della personalità
131. 131
Intro
Quale che sia la teoria della personalità presa
come riferimento, è evidente che ogni soggetto
diventa tale in base al suo potenziale innato, alle
abitudini acquisite e alle sue interazioni con
l’ambiente.
Chiunque, spontaneamente, costruisce “teorie
spontanee” sulla personalità delle persone che
lo circondano, basandosi sui comportamenti
osservabili con maggiore frequenza.
In ambito psicologico però l’obiettivo è di
passare da una osservazione spontanea e
superficiale ad una valutazione formale.
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 3. Valutazione della personalità
132. 132
Ambiti di valutazione
I campi in cui possono essere effettuate delle
valutazioni professionali sono diversi:
Le istituzioni scolastiche (come predisporre piani
didattici individualizzati? Come aiutare in fase di
orientamento scolastico/professionale?)
Le situazioni cliniche (come riconoscere le
psicopatologie e come sostenere il paziente?)
I processi di selezione aziendale (quale soggetto è il
più adeguato per una data posizione?)
L’ambito legale (quale possibilità di riabilitazione?)
L’ambito sportivo (come riconoscere potenzialità e
limiti, soprattutto sotto stress?)
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 3. Valutazione della personalità
133. 133
Caratteristiche della personalità
potenzialmente valutabili
La personalità è certo prodotto del suo sviluppo
ma viene valutata e caratterizzata attraverso il
modo in cui si esprime qui e ora nel
comportamento.
La personalità può dunque essere compresa
sulla base della storia evolutiva, ma deve essere
valutata sulla base del comportamento presente
e, eventualmente, in riferimento a diversi
contesti ambientali.
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 3. Valutazione della personalità
134. 134
Caratteristiche della personalità
potenzialmente valutabili
Modello di Guilford
A. INDIVIDUALITA’ E PERSONALITA’: 3. Valutazione della personalità
InteressiInteressi
BisogniBisogni
FisiologiaFisiologia MorfologiaMorfologia
AttitudiniAttitudini
TemperamentoTemperamento
AtteggiamentiAtteggiamenti
PERSONALITA0PERSONALITA0
135. 135
Strumenti di rilevazione
Colloquio clinico
Test proiettivi
Questionari (inventari di personalità)
Osservazione del comportamento in
situazioni progettate (assessment
center /development lab)