1. LA COMUNICAZIONE NEL BAMBINO
(27 e 28 gennaio 2003)
Maurizia Cotti
NB: APPUNTI
Indice
La comunicazione come processo complesso
L’intersoggettività primaria
Gli strumenti comunicativi del bambino
L’intersoggettività secondaria
Il “maternese” (o baby talking)
Evoluzione del linguaggio nel bambino
Il linguaggio egocentrico
Il "dispiegamento linguistico"
“Codice ristretto” e “codice allargato” secondo Basil Bernstein
La continuità e la discontinuità nello sviluppo: le fasi secondo Erickson
Riferimenti bibliografici
2. La comunicazione come processo complesso
Quando si parla di comunicazione nel bambino occorre sapere che si parla di un processo
complesso, che ha a che fare con almeno tre sistemi, ovvero implica tre sistemi, altrettanto
complessi: il bambino; il linguaggio; il contesto di acquisizione del linguaggio o ambiente
linguistico comunicativo.
Il bambino è “un sistema che apprende” ed ha dei dispositivi, dei prerequisiti, delle
potenzialità. Si pensi al sistema nervoso, all’apparato fonatorio, alla capacità di discriminazione
acustica dei suoni, ai processi cognitivi…. La posizione innatista, espressa principalmente da Noam
Chomsky, in effetti, considera che ci sia un dispositivo innato nell'acquisizione del linguaggio e una
maturazione biologica che lo favorisce.
Il linguaggio è “un sistema che deve essere appreso”; ha diversi livelli che, appresi in
maniera interdipendente, sono analizzabili distintamente. Per dare ragione della complessità del
sistema linguaggio indichiamo le discipline che si occupano d’indagare i diversi livelli:
• La fonologia si occupa dell’insieme della sequenza dei suoni (fonemi) che
costituiscono le parole e delle regole di combinazione di tali fonemi.
• La morfologia si occupa delle regole di cambiamento, che consentono
differenziazioni significative, come per es. maschile – femminile, singolare-
plurale.
• La semantica si occupa dell’insieme dei significati possibili o sedimentatisi
storicamente delle parole.
• La sintassi si occupa dei rapporti fra le parole e fra le frasi
• La testualità si occupa dell'organizzazione dei testi e della loro coesione e
coerenza.
• La pragmatica si occupa degli scopi e degli effetti del parlante in relazione
all'ascoltatore.
• La prossemica si occupa del piano non verbale, gestuale e intonazionale.
Il contesto d’acquisizione del linguaggio è un sistema di "cornice". Prima di procedere è
forse opportuno soffermarsi sul contesto comunicativo. Secondo Roman Jakobson sei sono i fattori
necessari e sufficienti per la comunicazione:
1. contesto/referente funzione referenziale
2. emittente funzione emotiva - espressiva
3. ricevente funzione persuasiva o conativa
4. canale funzione fàtica (controllo dell'apertura del canale)
5. codice funzione metalinguistica
6. messaggio funzione po(i)etica (elaborazione della forma del
messaggio)
Ad ogni fattore corrisponde una funzione del linguaggio, ovvero una funzione che il
linguaggio svolge, un obiettivo che il linguaggio vuole raggiungere.
La comunicazione riguarda tutto il processo d’acquisizione ed uso del linguaggio in uno
specifico ambiente comunicativo ed uno specifico ambiente culturale (storicamente e socialmente
determinato). Questa è la posizione di Vygotskij, elaborata poi ulteriormente da Bruner.
Il contesto d’acquisizione del linguaggio nel bambino è costituito dalla diade madre -
bambino e dallo schema regolare rituale (o format nella terminologia di Bruner), ciclico, che si
stabilisce tra loro.
3. L’intersoggettività primaria
Tra madre e bambino si svolge una forma di quasi conversazione, di conversazione
primitiva, che Bateson (1975) definisce proto - conversazione e Schaffer (1977) considera uno
pseudo - dialogo. In altre parole, madre e bambino hanno uno scambio che Trevarthen connota
come intersoggettività primaria, in quanto tale scambio non è intenzionale ed è incentrato sui
partecipanti, ovvero sulla sola diade madre - bambino e non sulla realtà esterna.
Come avviene, di fatto, lo scambio primitivo? Prendiamo la situazione d’allattamento e
consideriamo le fasi di suzione del bambino. Alla suzione segue una pausa, in cui la madre
s’inserisce con una stimolazione. La madre s’inserisce esattamente nelle fasi di pausa del bambino e
il bambino riprende la suzione dopo che la madre termina la sua fase attiva di stimolazione.
Altrimenti detto la madre, sensibile ai cicli del bambino, modula il proprio comportamento.
FASE BAMBINO MADRE CARATTERISTICHE
1 Suzione • Successione
• Alternanza
• Modulazione da parte della
madre del proprio
comportamento
• Organizzazione: a partire dalla
successione si passa
all’alternanza
• Il neonato capisce che il sorriso
(l’espressione del volto…), della
madre è contingente, ovvero
collegato con il proprio
2 Pausa
3 Inserimento della madre
che per es. tocca la
guancia del b.
4 La madre smette la
stimolazione
5 Suzione
1 Pausa
Dall’analisi di questo scambio primitivo, si vede chiaramente come ben presto la
successione diviene alternanza e infine condivisione. In tal modo scambi divengono sempre più
organizzati e sempre più efficaci.
Secondo Bruner, che sostiene un'ipotesi integrazionista (mediazione tra la posizione
innatista della predisposizione al linguaggio e quella socioculturale di costruzione del linguaggio), il
bambino sembra avere nei suoi comportamenti 4 dotazioni cognitive:
• la destinazione ad uno scopo - il bambino sembra operare a sostegno di un'attività diretta
a uno scopo;
• la transazionalità - il bambino sembra sintonizzarsi sulla comunicazione;
• la sistematicità - il bambino sembra avere un ordine ed un alto grado di sistematicità
nelle azioni
• l'astrattezza - il bambino fa molte cose tramite la combinazione e variazione generativa
di poche operazioni.
Il bambino raggiunge relativamente in fretta alti risultati con pochissime operazioni
combinate insieme. Su questa forma di "scambio primitivo" si struttura e s'incardinano il linguaggio
e la comunicazione.
La situazione è una situazione vis à vis: i neonati riconoscono che il volto, il sorriso, le
espressioni della madre sono collegati e contingenti ai loro. A poco a poco, l’aggancio dello
sguardo diviene condivisione dell’attenzione verso un oggetto esterno (dalla diade si passa
all’introduzione del terzo), ovvero diviene co/orientamento sull’oggetto.
Anche l’adulto evolve il suo comportamento, poiché nel I semestre tiene il bambino rivolto
verso di sé, in posizione frontale. Poi nella diade s’inserisce, è incluso un oggetto esterno. Nel II
semestre l’adulto volge, orienta il bambino verso l’esterno.
4. Gli strumenti comunicativi del bambino
Alla nascita A 1 mese A 2 mesi A 3 mesi A 6 mesi Oltre
PIANTO
(dolore)
Comportamento
biologico
autonomo
Comunica
già il
desiderio
(per es.
d’attenzione)
È già regolato
dall’interazione:
infatti è inibito
dalla risposta della
voce umana e può
essere scatenato
dall’allontanamento
SORRISO
(piacere)
Lallazione Dal 2° mese si
manifesta in
situazione di
scambio sociale –
inizio dello
sviluppo
comunicativo
Il sorriso
diviene
reciproco
con le figure
familiari
VOCALIZZI
(interesse)
Il primo suono è il pianto con
dei suoni gutturali che
precedono il pianto
I suoni gutturali che precedono
il pianto sono ripetuti per il
piacere di ascoltarsi
Tra adulto e
bambini si
strutturano delle
specie di turni di
conversazione:
l’adulto imita i
vocalizzi del
bambino e
viceversa
Inizio dello sviluppo
fonologico
Balbettio, tubare
Lallazione
(sequenza di sillabe
che di solito inizia
con una vocale -
ananalala)
Selezione dei fonemi
della lingua madre
Compare a10 – 12
mesi la lallazione
variata
GESTO CON
VOCALIZZI
O GESTO
COMUNICATIVO
Si sviluppa in
parallelo tra i 9 e i
13 mesi ed è
predittivo
dell’acquisizione
del linguaggio
5. L’intersoggettività secondaria
A 10 – 12 mesi la comunicazione diviene intenzionale: infatti lo scambio riguarda la realtà
esterna. In particolare si orienta su oggetti o azioni che il bambino vuole compiere. Il gesto si
evolve in parallelo ai vocalizzi ed è un indice dello sviluppo del linguaggio. Infatti il linguaggio è
acquisito tanto più precocemente, quanto l’uso del gesto è più sistematico. Il gesto infatti racchiude
livelli diversi, per cui si ha:
• gesto deittico per indicare - chiedere
• gesto referenziale per dichiarare
• gesto inclusivo di significati (DAMMI/ PRENDI/ GUARDA)
Gesti, sguardi e vocalizzi sono diretti ad uno scopo. L’adulto è percepito dal bambino come
un agente intenzionale e contestualmente comprende che i propri atti comunicativi sono possono
influenzare l’adulto.
Il “maternese” (o baby talking)
Il modo di parlare con cui le madri si rivolgono ai bambini ha caratteristiche particolari in
tutte le lingue, perché ha funzioni specifiche.
Il timbro è alto, il tono ascendente (valorizza le parti finali), la pronuncia lenta, scandita. Le
parole sono vere e proprie parole focali, parole chiave; la selezione lessicale dà priorità a parole che
sono etichette generali ottimali di significato comune (Teoria di Eve Clark), che racchiudono la
maggior parte delle caratteristiche percettive più evidenti. Un esempio in tal senso è data dalla
parola gatto che è più specifica di animale, ma non così particolare e differenziale come siamese.
In altre parole, si nomina tramite il nome che individua - designa la classe più generale,
evitando le estensioni sovradeterminate o sottodeterminate in quanto o troppo generali o troppo
specifiche e differenziate.
La sintassi è semplice e semplificata, nel senso che è usata di solito la terza persona, vi è un
uso maggiore di sostantivi rispetto ai verbi. Le frasi sono più spesso affermative che negative, attive
che passive. In qualche modo le strutture sono più omogenee e meno diversificate, più regolari ed
evidenti nella struttura. L'aspetto tonale e prosodico (musicalità, accenti, ritmi, modulazione) sono
evidenziati.
L’adulto ha sempre una funzione di sostegno e rinforzo (scaffolding = impalcatura). Infatti
parla descrivendo l’azione in corso, o descrivendo l’oggetto su cui si svolge, o fornendo
informazioni riguardo a ciò che sta accadendo, o guidando l’azione del bambino; in ogni caso
sempre mantenendo attivo lo scambio col bambino. Se il bambino indica un oggetto (o vocalizza la
parola), l’adulto interpreta, allarga, integra collega, mette in relazione, contestualizza e completa.
Così se il bambino indica o dice “pappa”, l’adulto in genere completa con “Vuoi la pappa?,
Ecco la pappa. Buona, la Pappa!”
Evoluzione del linguaggio nel bambino
A 6 mesi il bambino si esprime con la parola singola che esprime un’intera frase (olofrase):
Mao = guarda il gatto … ecco il gatto….
Animale
Gatto
Siamese
6. A 12 mesi si ha lo sviluppo lessicale e semantico, con un arricchimento del vocabolario
utilizzato in maniera passiva e attiva.
A 18 mesi (+/ _ 4 mesi) si ha l’esplosione del vocabolario e inizia lo sviluppo della
grammatica con la comprensione di 100 parole e la produzione di due. Le espressioni di due (2)
parole è già molto complessa e interessante: “mao pappa” oppure “pappa mao” possono significare
la pappa del gatto oppure il gatto mangia la pappa….
L’espressione con due parole, vere parole - funzione è una delle più interessanti nella sue
variazioni deittiche, referenziali di inclusione semantica.
Le combinazioni (le più comuni) possono essere tra
AGENTE AZIONE Mamma giù Mamma metti giù
POSSESSORE OGGETTO Cappello nonna
Gatto pappa
Il cappello della nonna
La pappa del gatto
LUOGO OGGETTO Penna scatola La penna nella scatola
AGENTE OGGETTO Mamma calza Mamma dammi la calza
La fase delle 2 parole pare essere vissuta in tutte le lingue e ciò sembra un argomento a
favore dell’ipotesi innatista dell’acquisizione del linguaggio. In realtà l’uso generativo, creativo
delle due parole è ampiamente contestualizzata e offre la base all’azione di sostegno dell’adulto
nell’introduzione di nuovi apprendimenti dal contesto.
A 24 mesi il bambino giunge all’espressione di semplici frasi con soggetto – verbo –
oggetto. A 36 mesi il bambino si esprime con frasi coordinate (2 verbi) e a 4 anni con frasi
subordinate e racconti.
Il linguaggio egocentrico
Sia J Piaget, Sia L. S. Vygotskij hanno osservato nel bambino una produzione del linguaggio
assolutamente specifica. Per Piaget il linguaggio egocentrico sarebbe la base del consolidamento
strutturale del linguaggio successivo. Egli lo definisce linguaggio egocentrico in relazione al fatto
che il bambino ha un pensiero egocentrico ed usa tale linguaggio tra sé e sé mantenendolo fino ai
sette anni circa. Dopo di che il linguaggio egocentrico sparisce e viene sostituito dal linguaggio
socializzato.
Vygotskij invece ritiene che anche il linguaggio egocentrico sia socializzato, soprattutto
selezionato socialmente e che si trasformi poi in linguaggio interiorizzato.
Il "dispiegamento linguistico"
Ignacio Matte Blanco ritiene che nel linguaggio siano implicati processi molto complessi
con interferenze notevoli tra piano logico e piano emozionale. Le interferenza reciproche sarebbero
la causa degli errori logici e dei fraintendimenti. Rispetto a tale problema, per I. Matte Blanco vi è
una sola possibile soluzione, il “ dispiegamento linguistico”, ovvero la generatività linguistico –
comunicativa, lo sviluppo del lessico e del linguaggio, per analizzare, approfondire, spiegare,
chiarire, distinguere il piano emotivo da quello logico con metodo.
A sua volta Bruner ritiene che tutti i processi di apprendimento riguardino la
costruzione/assimilazione di un linguaggio adeguato ai fenomeni mentre li si studia in modo
analitico, in situazione socializzata e socializzante, insieme al gruppo dei pari e degli adulti che
svolgono il loro compito educativo e di trasmissione dei saperi. Il processo di analisi, anzi, sarebbe
proprio la messa a punto di un linguaggio analitico personale, ricco di sfumature, in grado di
restituire in maniera ricca e coerente il processi analizzati.
7. “Codice ristretto” e “codice allargato” secondo Basil Bernstein
Occorre a questo punto introdurre i risultati di un’altra ricerca che ci offre un punto di vista
nuovo sull’analisi del linguaggio. Tale ricerca fu condotta da B. Bernstein su un campione
rilevantissimo di soggetti suddivisi per classe sociale di provenienza. Bernstein evidenziò come
nella comunicazione i soggetti delle classi sociali più disagiate ricorressero, nella comunicazione,
quello che egli chiamò “codice ristretto”, riferendosi con ciò ad un modo di parlare molto legato al
contesto con una sintassi molto semplice (anche in qualche modo non ben articolata e a volte anche
confusa) ed un grande uso di gesti indicativi, che non permettevano di elevarsi al di fuori e al di
sopra del significato letterale e del contesto più immediato.
Di converso i soggetti appartenenti alla classe sociale più elevata, ricorrevano ad un “codice
allargato”, molto meglio definito nei riferimenti interni, in grado di rendere conto delle esperienze
al di sopra ed oltre il contesto immediato, per l’uso molto articolato di tempi, modi, clausole, senza
bisogno di collegamenti gestuali all’ambiente, molto meno imperativo e con un giro di frase
unitario e coeso.
È ovvio che l’analisi di Basil Bernstein induce a chiedersi quanto il fattore educativo possa
incidere sull’acquisizione di un codice allargato, piuttosto di uno ristretto e quale sia il ruolo
dell’adulto che educa.
Sulla base di tutto il discorso finora condotto, la risposta pare essere quella di un grande
opera di rinforzo da parte dell’adulto sul piano del dispiegamento linguistico e sul piano
dell’attenzione ai processi di analisi e approfondimento con la co-costruzione di un lessico
appropriato, il tutto accompagnato da una grande sensibilità emotiva, gratificazione affettività e
delicatezza di intervento.
Del resto i postulati della comunicazione prevedono che si ponga sempre una grande
attenzione al livello del contenuto e al livello della relazione e al reciproco punto di vista.
La continuità e la discontinuità nello sviluppo: le fasi secondo Erickson
A conclusione del discorso vale la pena di ricordare Erickson, che ha dato grande rilevanza
alla continuità fra le fasi della vita di una persona, sottolineando come lo sviluppo in ciascuna fase
sia coerente con la fase precedente. Egli ha distinto otto fasi; ciascuna fase ha il suo nucleo nella
soluzione di un dilemma specifico (si veda tabella). A seconda della risposta positiva o negativa che
ciascun individuo dà al dilemma vi è una identica polarizzazione dei sentimenti, delle emozioni,
cognizioni e del senso di sé. Egli sostiene che è altamente probabile che l’evoluzione di una
persona resti sempre nell’ambito della stessa prima polarizzazione in ogni successiva fase. Poiché le
fasi hanno diversa lunghezza e rilevanza, essendo le prime fondative, è evidente quanto danno possa
essere provocato nelle prime fasi di sviluppo del bambino, che potrebbe esserne così determinato
per tutta la vita, salvo l’eccezionale fortuna di un incontro salvifico.
8. Riferimenti bibliografici
Battacchi, W. M., Giovannelli G. Psicologia dello sviluppo, La Nuova Italia Scientifica, 1992
Altieri Biagi, M.L. Linguistica essenziale Mondadori Editore
Altieri Biagi, M.L. La grammatica dal testo,APE MURSIA
Anolli L., Psicologia della comunicazione, Il Mulino, Bologna, 2002
BrunerJ. Il linguaggio del bambino Armando Editore, Roma,1987
Levorato M.C. Lo sviluppo psicologico. Dal neonato all’adolescente, PBE, Einaudi, Torino,
2002, Sez. III, Capp. 8,9,10
24.02.04 - Mancano le diapositive.