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BOLLETTINO UFFICIALE
   DELL'ARCIDIOCESI METROPOLITANA
           DI PESCARA-PENNE




ANNO LX                       MMVIII - 2
Periodico                                                   Sede Legale:
della Diocesi di Pescara                                    Curia Arcivescovile Metropolitana Pescara-Penne
Anno LX - N° 2
                                                            Piazza Spirito Santo, 5
Presidente:                                                 65121 PESCARA
S. E. R. Mons. Tommaso VALENTINETTI

Direttore:                                                  Fotocomposizione e Stampa:
Dott.ssa Lidia BASTI                                        Tipografia MAX PRINT
lidia.basti@poste.it
                                                            65016 MONTESILVANO (PE)
Direttore Responsabile:
Dott. Ernesto GRIPPO
                                                            Rivista Diocesana
Amministratore:                                             C.C.P. n° 16126658
Can. Antonio DI GIULIO                                      Periodico registrato presso il Tribunale di Pescara

Editore:                                                    al n° 11/95 in data 24.05.1995
Curia Arcivescovile Metropolitana Pescara-Penne             Spedizione in abb. postale 50% PESCARA



                                           CURIA METROPOLITANA
                 Piazza Spirito Santo, 5 - 65121 Pescara - Tel. 085-4222571 - Fax 085-4213149

                                              ARCIVESCOVADO
                           Piazza Spirito Santo, 5 - 65121 Pescara - Tel. 085-2058897
SOMMARIO

LA PAROLA DEL PAPA

  Messaggio al popolo australiano ed ai giovani pellegrini che prendono parte
  alla Giornata Mondiale della Gioventù 2008 ..................................................................... pag.                                    6
  Discorso ai giovani a Sydney (Australia) in occasione
  della XXIII Giornata Mondiale della Gioventù ................................................................... “                                       8
  Omelia a Sydney (Australia) in occasione della XXIII Giornata Mondiale della Gioventù ... “                                                             15
  Omelia per il 150° anniversario delle apparizioni di Lourdes ............................................. “                                            22

  Messaggio al Signor Jaques Diouf, Direttore Generale della F.A.O.
  in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2008 ......................................... “                                                28

  Messaggio per la Giornata del Ringraziamento 2008 (Commissione Episcopale) .............. “                                                             31
  Omelia nella Solennità del Natale del Signore - Santa Messa di mezzanotte ...................... “                                                      35
  Messaggio Urbi et Orbi - Natale 2008 ................................................................................. “                                40
  Omelia durante la celebrazione dei Vespri e del Te Deum di Ringraziamento
  per la fine dell’anno ............................................................................................................................. “   43



VITA DIOCESANA

  NOMINE
       Nomine e incardinazione ............................................................................................................ “             50


  VARIE
       Lineamenti di Vita Pastorale ...................................................................................................... “              58
       Necrologio del Sac. don Bruno Cassini ................................................................................... “                        70
       Rogito per la morte e tumulazione di Mons. Antonio Iannucci .......................................... “                                           71
       Necrologio del Sac. don Palmerino Di Battista ...................................................................... “                             74

  AMMINISTRAZIONE
       Errata Corrige ............................................................................................................................... “   76

  “RESTANDO FEDELE ALLA TERRA HA CERCATO LE COSE DELL’ALTO”
       S. E. Antonio Iannucci - TESTAMENTO .............................................................................. “                               79
       Omelia per il funerale di S. E. Mons. Antonio Iannucci ...................................................... “                                    86


                                                                    MMVIII - 2
LA PAROLA DEL PAPA
MESSAGGIO AL POPOLO AUSTRALIANO
ED AI GIOVANI PELLEGRINI CHE PRENDONO PARTE
ALLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 2008
“Avrete forza nello Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni”
                                  (Atti, 1, 8)



   La grazia e la pace di Dio nostro Padre e del Signore Gesù Cristo siano
con tutti voi! Fra pochi giorni comincerò la mia visita apostolica nel vostro
Paese per celebrare a Sydney la XXIII Giornata Mondiale della Gioventù.
Attendo con ansia le giornate che trascorrerò con voi e, in particolare, le op-
portunità di pregare e riflettere con i giovani di tutto il mondo.

   Innanzitutto, desidero esprimere apprezzamento a tutti coloro che hanno
offerto molto del loro tempo, delle loro risorse e delle loro preghiere a so-
stegno di questa celebrazione. Il Governo australiano e il Governo dello
Stato del Nuovo Galles del Sud, gli organizzatori di tutti gli eventi e i mem-
bri della comunità imprenditoriale che hanno fornito la sponsorizzazione,
tutti voi avete volentieri sostenuto questo evento e a nome dei giovani par-
tecipanti alla Giornata Mondiale della Gioventù vi ringrazio sinceramente.

   Molti giovani hanno fatto grandi sacrifici per giungere in Australia e pre-
go affinché vengano ricompensati abbondantemente. Le parrocchie, le scuo-
le e le famiglie ospiti sono state molto generose nell’accogliere questi gio-
vani visitatori e anche loro meritano il nostro ringraziamento e il nostro ap-
prezzamento.

   “Avrete forza nello Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testi-
moni” (Atti 1, 8). Questo è il tema della XXIII Giornata Mondiale della
Gioventù. Quanto il nostro mondo ha bisogno di una rinnovata effusione
dello Spirito Santo! Molti non hanno ancora udito la Buona Novella di Ge-
sù Cristo, mentre moltissimi, per varie ragioni, non hanno riconosciuto in
essa la verità salvifica che sola può soddisfare gli aneliti più profondi del lo-
ro cuore. Il salmista prega: “Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la
faccia della terra” (Salmo 104, 30). Sono convinto del fatto che i giovani so-
no chiamati a essere strumenti di quel rinnovamento, comunicando ai coeta-

                                       6
nei la gioia che hanno provato mediante la conoscenza e la sequela di Cristo
e condividendo con gli altri l’amore che lo Spirito riversa nei loro cuori, af-
finché anche loro possano essere colmi di speranza e di rendimento di gra-
zie per tutte le buone cose che hanno ricevuto da Dio, nostro Padre Celeste.

    Molti giovani oggi non hanno speranza. Sono perplessi di fronte alle
questioni che si presentano loro con sempre maggiore urgenza in un mondo
che confonde, e spesso non sanno a chi rivolgersi per ottenere delle rispo-
ste. Vedono povertà e ingiustizia e desiderano trovare soluzioni. Sono sfida-
ti dagli argomenti di quanti negano l’esistenza di Dio e così chiedono come
rispondere. Osservano i gravi danni causati all’ambiente dall’avidità umana
e lottano per trovare modi per convivere in armonia con la natura e con il
prossimo.

    Dove possono trovare risposte? Lo Spirito ci indica la via che conduce
alla vita, all’amore e alla verità. Lo Spirito ci orienta a Gesù Cristo. A
sant’Agostino si attribuisce quanto segue: “Se vuoi restare giovane, cerca
Cristo”. In Lui troviamo le risposte che cerchiamo, troviamo gli obiettivi
per i quali vale veramente la pena vivere, troviamo la forza di percorrere il
cammino che porterà a un mondo migliore. I nostri cuori sono inquieti fin-
ché non trovano pace nel Signore, come afferma sant’Agostino all’inizio
delle Confessioni, la famosa narrazione della sua giovinezza. Prego affinché
il cuore dei giovani che si riuniranno a Sydney per la celebrazione della
Giornata Mondiale della Gioventù trovi veramente pace nel Signore e che
essi siano colmi di gioia e fervore per diffondere la Buona Novella fra i loro
amici, familiari e tutti quelli che incontreranno.

   Cari amici australiani, sebbene potrò trascorrere solo alcuni giorni nel
vostro Paese e non potrò recarmi fuori da Sydney, il mio cuore raggiunge
voi tutti, inclusi i malati e coloro che affrontano difficoltà di ogni genere. A
nome di tutti i giovani, vi ringrazio ancora una volta per il sostegno della
mia missione e vi chiedo di continuare a pregare per loro in particolare. Non
mi resta che rinnovare il mio invito ai giovani di tutto il mondo a unirsi a
me in Australia, la grande “terra meridionale dello Spirito Santo”. Attendo
con ansia di incontrarvi là! Che Dio vi benedica tutti.

Vaticano, 4 luglio 2008

                                       7
DISCORSO AI GIOVANI
    A SYDNEY (AUSTRALIA) IN OCCASIONE DELLA
    XXIII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
                           (13 - 21 LUGLIO 2008)

                           Ippodromo di Randwick
                            Sabato, 19 luglio 2008



   Carissimi giovani,

   ancora una volta, questa sera, abbiamo udito la grande promessa di Cri-
sto – “avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi” – ed abbiamo
ascoltato il suo comando – “mi sarete testimoni… fino agli estremi confini
della terra” (At 1,8). Furono proprio queste le ultime parole che Gesù pro-
nunciò prima della sua ascensione al cielo. Cosa abbiano provato gli Apo-
stoli nell’udirle possiamo soltanto immaginarlo. Ma sappiamo che il loro
profondo amore per Gesù e la loro fiducia nella sua parola li spinse a radu-
narsi e ad attendere; non ad attendere senza scopo, ma insieme, uniti nella
preghiera, con le donne e con Maria nella sala superiore (cfr At 1,14). Que-
sta sera noi facciamo lo stesso. Radunati davanti alla nostra Croce che ha
tanto viaggiato e all’icona di Maria, sotto lo splendore celeste della costella-
zione della Croce del Sud, noi preghiamo. Questa sera, io prego per voi e
per i giovani di ogni parte del mondo. Lasciatevi ispirare dall’esempio dei
vostri Patroni! Accogliete nel vostro cuore e nella vostra mente i sette doni
dello Spirito Santo! Riconoscete e credete nella potenza dello Spirito Santo
nella vostra vita!

   L’altro giorno abbiamo parlato dell’unità e dell’armonia della creazione
di Dio e del nostro posto in essa. Abbiamo ricordato come, mediante il
grande dono del Battesimo, noi, che siamo creati ad immagine e somiglian-
za di Dio, siamo rinati, siamo divenuti figli adottivi di Dio, nuove creature.
Ed è perciò come figli della luce di Cristo – simboleggiata dalle candele ac-
cese che ora tenete in mano – che diamo testimonianza nel nostro mondo al-
lo splendore che nessuna tenebra può vincere (cfr Gv 1,5).

                                       8
Questa sera fissiamo la nostra attenzione sul “come” diventare testimoni.
Abbiamo bisogno di conoscere la persona dello Spirito Santo e la sua pre-
senza vivificante nella nostra vita. Non è cosa facile! In effetti, la varietà di
immagini che troviamo nella Scrittura a riguardo dello Spirito – vento, fuo-
co, soffio – sono un segno della nostra difficoltà ad esprimere su di lui una
nostra comprensione articolata. E tuttavia sappiamo che è lo Spirito Santo
che, benché silenzioso e invisibile, offre direzione e definizione alla nostra
testimonianza su Gesù Cristo.

   Voi già sapete che la nostra testimonianza cristiana è offerta ad un mon-
do che per molti aspetti è fragile. L’unità della creazione di Dio è indebolita
da ferite che vanno in profondità, quando le relazioni sociali si rompono o
quando lo spirito umano è quasi completamente schiacciato mediante lo
sfruttamento e l’abuso delle persone. Di fatto, la società contemporanea su-
bisce un processo di frammentazione a causa di un modo di pensare che è
per natura sua di corta visione, perché trascura l’intero orizzonte della verità
– della verità riguardo a Dio e riguardo a noi. Per sua natura il relativismo
non riesce a vedere l’intero quadro. Ignora quegli stessi principi che ci ren-
dono capaci di vivere e di crescere nell’unità, nell’ordine e nell’armonia.

   Qual è la nostra risposta, come testimoni cristiani, a un mondo diviso e
frammentato? Come possiamo offrire la speranza di pace, di guarigione e di
armonia a quelle “stazioni” di conflitto, di sofferenza e di tensione attraver-
so le quali voi avete scelto di passare con questa Croce della Giornata Mon-
diale della Gioventù? L’unità e la riconciliazione non possono essere rag-
giunte mediante i nostri sforzi soltanto. Dio ci ha fatto l’uno per l’altro (cfr
Gn 2,24) e soltanto in Dio e nella sua Chiesa possiamo trovare quell’unità
che cerchiamo. Eppure, a fronte delle imperfezioni e delle delusioni sia in-
dividuali che istituzionali, noi siamo tentati a volte di costruire artificial-
mente una comunità “perfetta”. Non si tratta di una tentazione nuova. La
storia della Chiesa contiene molti esempi di tentativi di aggirare o scavalca-
re le debolezze ed i fallimenti umani per creare un’unità perfetta, un’utopia
spirituale.

  Tali tentativi di costruire l’unità in realtà la minano! Separare lo Spirito
Santo dal Cristo presente nella struttura istituzionale della Chiesa compro-
metterebbe l’unità della comunità cristiana, che è precisamente il dono dello

                                       9
Spirito! Ciò tradirebbe la natura della Chiesa quale Tempio vivo dello Spiri-
to Santo (cfr 1 Cor 3,16). È lo Spirito infatti che guida la Chiesa sulla via
della piena verità e la unifica nella comunione e nelle opere del ministero
(cfr Lumen gentium, 4). Purtroppo la tentazione di “andare avanti da soli”
persiste. Alcuni parlano della loro comunità locale come di un qualcosa di
separato dalla cosiddetta Chiesa istituzionale, descrivendo la prima come
flessibile ed aperta allo Spirito, e la seconda come rigida e priva dello Spiri-
to.

   L’unità appartiene all’essenza della Chiesa (cfr Catechismo della Chiesa
Cattolica, 813); è un dono che dobbiamo riconoscere e aver caro. Questa
sera preghiamo per il nostro proposito di coltivare l’unità: di contribuire ad
essa! di resistere ad ogni tentazione di andarcene via! Poiché è esattamente
l’ampiezza, la vasta visione della nostra fede – solida ed insieme aperta,
consistente e insieme dinamica, vera e tuttavia sempre protesa ad una cono-
scenza più profonda – che possiamo offrire al nostro mondo. Cari giovani,
non è forse a causa della vostra fede che amici in difficoltà o alla ricerca di
senso nella loro vita si sono rivolti a voi? Siate vigilanti! Sappiate ascoltare!
Attraverso le dissonanze e le divisioni del mondo, potete voi udire la voce
concorde dell’umanità? Dal bimbo derelitto di un campo nel Darfur ad un
adolescente turbato, ad un genitore in ansia in una qualsiasi periferia, o for-
se proprio ora dalle profondità del vostro cuore, emerge il medesimo grido
umano che anela ad un riconoscimento, ad un’appartenenza, all’unità. Chi
soddisfa questo desiderio umano essenziale ad essere uno, ad essere immer-
so nella comunione, ad essere edificato, ad essere guidato alla verità? Lo
Spirito Santo! Questo è il suo ruolo: portare a compimento l’opera di Cristo.
Arricchiti dei doni dello Spirito, voi avrete la forza di andare oltre le visioni
parziali, la vuota utopia, la precarietà fugace, per offrire la coerenza e la
certezza della testimonianza cristiana!

   Amici, quando recitiamo il Credo affermiamo: “Credo nello Spirito Santo,
che è Signore e dà la vita”. Lo “Spirito creatore” è la potenza di Dio che dà la
vita a tutta la creazione ed è la fonte di vita nuova e abbondante in Cristo. Lo
Spirito mantiene la Chiesa unita al suo Signore e fedele alla Tradizione apo-
stolica. Egli è l’ispiratore delle Sacre Scritture e guida il Popolo di Dio alla
pienezza della verità (cfr Gv 16,13). In tutti questi modi lo Spirito è il “datore
di vita”, che ci conduce al cuore stesso di Dio. Così, quanto più consentiamo

                                       10
allo Spirito di dirigerci, tanto maggiore sarà la nostra configurazione a Cristo
e tanto più profonda la nostra immersione nella vita del Dio uno e trino.

    Questa partecipazione alla natura stessa di Dio (cfr 2 Pt,1,4) avviene,
nello svolgersi dei quotidiani eventi della vita, in cui Egli è sempre presente
(cfr Bar 3,38). Vi sono momenti, tuttavia, nei quali possiamo essere tentati
di ricercare un certo appagamento fuori di Dio. Gesù stesso chiese ai Dodi-
ci: “Forse anche voi volete andarvene?” (Gv 6,67). Un tale allontanamento
magari offre l’illusione della libertà. Ma dove ci porta? Da chi possiamo noi
andare? Nei nostri cuori, infatti, sappiamo che solo il Signore ha “parole di
vita eterna” (Gv 6,67-69). L’allontanamento da lui è solo un futile tentativo
di fuggire da noi stessi (cfr S. Agostino, Confessioni VIII,7). Dio è con noi
nella realtà della vita e non nella fantasia! Affrontare la realtà, non di sfug-
girla: è questo ciò che noi cerchiamo! Perciò lo Spirito Santo con delicatez-
za, ma anche con risolutezza ci attira a ciò che è reale, a ciò che è durevole,
a ciò che è vero. È lo Spirito che ci riporta alla comunione con la Trinità
Santissima!

    Lo Spirito Santo è stato in vari modi la Persona dimenticata della Santis-
sima Trinità. Una chiara comprensione di lui sembra quasi fuori della nostra
portata. E tuttavia quando ero ancora ragazzino, i miei genitori, come i vo-
stri, mi insegnarono il segno della Croce e così giunsi presto a capire che
c’è un Dio in tre Persone, e che la Trinità è al centro della fede e della vita
cristiana. Quando crebbi in modo da avere una certa comprensione di Dio
Padre e di Dio Figlio - i nomi significavano già parecchio - la mia compren-
sione della terza Persona della Trinità rimaneva molto carente. Perciò, da
giovane sacerdote incaricato di insegnare teologia, decisi di studiare i testi-
moni eminenti dello Spirito nella storia della Chiesa. Fu in questo itinerario
che mi ritrovai a leggere, tra gli altri, il grande sant’Agostino.

   La sua comprensione dello Spirito Santo si sviluppò in modo graduale;
fu una lotta. Da giovane aveva seguito il Manicheismo – uno di quei tentati-
vi che ho menzionato prima, di creare un’utopia spirituale separando le cose
dello spirito da quelle della carne. Di conseguenza, all’inizio egli era so-
spettoso di fronte all’insegnamento cristiano sull’incarnazione di Dio. E tut-
tavia la sua esperienza dell’amore di Dio presente nella Chiesa lo portò a
cercarne la fonte nella vita del Dio uno e trino. Questo lo portò a tre partico-

                                      11
lari intuizioni sullo Spirito Santo come vincolo di unità all’interno della
Santissima Trinità: unità come comunione, unità come amore durevole,
unità come donante e dono. Queste tre intuizioni non sono soltanto teoriche.
Esse aiutano a spiegare come opera lo Spirito. In un mondo in cui sia gli in-
dividui sia le comunità spesso soffrono dell’assenza di unità e di coesione,
tali intuizioni ci aiutano a rimanere sintonizzati con lo Spirito e ad estendere
e chiarire l’ambito della nostra testimonianza.

   Perciò con l’aiuto di sant’Agostino, cerchiamo di illustrare qualcosa del-
l’opera dello Spirito Santo. Egli annota che le due parole “Spirito” e “San-
to” si riferiscono a ciò che appartiene alla natura divina; in altre parole, a
ciò che è condiviso dal Padre e dal Figlio, alla loro comunione. Per cui, se
la caratteristica propria dello Spirito è di essere ciò che è condiviso dal Pa-
dre e dal Figlio, Agostino ne conclude che la qualità peculiare dello Spirito
è l’unità. Un’unità di comunione vissuta: un’unità di persone in relazione
vicendevole di costante dono; il Padre e il Figlio che si donano l’uno all’al-
tro. Cominciamo così ad intravedere, penso, quanto illuminante sia tale
comprensione dello Spirito Santo come unità, come comunione. Una vera
unità non può mai essere fondata su relazioni che neghino l’uguale dignità
delle altre persone. E neppure l’unità è semplicemente la somma totale dei
gruppi mediante i quali noi a volte cerchiamo di “definire” noi stessi. Di
fatto, solo nella vita di comunione l’unità si sostiene e l’identità umana si
realizza appieno: riconosciamo il comune bisogno di Dio, rispondiamo al-
l’unificante presenza dello Spirito Santo e ci doniamo vicendevolmente nel
servizio degli uni agli altri.

    La seconda intuizione di Agostino – cioè, lo Spirito Santo come amore
che permane – discende dallo studio che egli fece della Prima Lettera di
san Giovanni, là dove l’autore ci dice che “Dio è amore” (1 Gv 4,16). Ago-
stino suggerisce che queste parole, pur riferendosi alla Trinità nel suo insie-
me, debbono intendersi anche come espressive di una caratteristica partico-
lare dello Spirito Santo. Riflettendo sulla natura permanente dell’amore –
“chi resta nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” (ibid.) – Agostino
si chiede: è l’amore o lo Spirito che garantisce il dono durevole? E questa è
la conclusione alla quale egli arriva: “Lo Spirito Santo fa dimorare noi in
Dio e Dio in noi; ma è l’amore che causa ciò. Lo Spirito pertanto è Dio co-
me amore!” (De Trinitate 15,17,31). È una magnifica spiegazione: Dio

                                      12
condivide se stesso come amore nello Spirito Santo. Che cosa d’altro pos-
siamo sapere sulla base di questa intuizione? L’amore è il segno della pre-
senza dello Spirito Santo! Le idee o le parole che mancano di amore – an-
che se appaiono sofisticate o sagaci – non possono essere “dello Spirito”. Di
più: l’amore ha un tratto particolare; lungi dall’essere indulgente o volubile,
ha un compito o un fine da adempiere: quello di permanere. Per sua natura
l’amore è durevole. Ancora una volta, cari amici, possiamo gettare un ulte-
riore colpo d’occhio su quanto lo Spirito Santo offre al mondo: amore che
dissolve l’incertezza; amore che supera la paura del tradimento; amore che
porta in sé l’eternità; il vero amore che ci introduce in una unità che perma-
ne!

   La terza intuizione – lo Spirito Santo come dono - Agostino la deduce
dalla riflessione su un passo evangelico che tutti conosciamo ed amiamo: il
colloquio di Cristo con la samaritana presso il pozzo. Qui Gesù si rivela co-
me il datore dell’acqua viva (cfr Gv 4,10), che viene poi qualificata come lo
Spirito (cfr Gv 7,39; 1 Cor 12,13). Lo Spirito è “il dono di Dio” (Gv 4,10) –
la sorgente interiore (cfr Gv 4,14) – che soddisfa davvero la nostra sete più
profonda e ci conduce al Padre. Da tale osservazione Agostino conclude che
il Dio che si concede a noi come dono è lo Spirito Santo (cfr De Trinitate,
15,18,32). Amici, ancora una volta gettiamo uno sguardo sulla Trinità all’o-
pera: lo Spirito Santo è Dio che eternamente si dona; al pari di una sorgente
perenne, egli offre niente di meno che se stesso. Osservando questo dono
incessante, giungiamo a vedere i limiti di tutto ciò che perisce, la follia di
una mentalità consumistica. In particolare, cominciamo a comprendere per-
ché la ricerca di novità ci lascia insoddisfatti e desiderosi di qualcos’altro.
Non stiamo noi forse ricercando un dono eterno? La sorgente che mai si
esaurirà? Con la samaritana esclamiamo: Dammi di quest’acqua, così che
non abbia più sete (cfr Gv 4,15)!

   Carissimi giovani, abbiamo visto che è lo Spirito Santo a realizzare la
meravigliosa comunione dei credenti in Cristo Gesù. Fedele alla sua natura
di datore e insieme di dono, egli è ora all’opera mediante voi. Ispirati dalle
intuizioni di sant’Agostino, fate sì che l’amore unificante sia la vostra misu-
ra; l’amore durevole sia la vostra sfida; l’amore che si dona la vostra mis-
sione!

                                      13
Domani quello stesso dono dello Spirito verrà solennemente conferito ai
nostri candidati alla Cresima. Io pregherò: “Dona loro lo spirito di sapienza
e di intelletto, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà e
riempili dello spirito del tuo santo timore”. Questi doni dello Spirito – cia-
scuno dei quali, come ci ricorda san Francesco di Sales, è un modo per par-
tecipare all’unico amore di Dio – non sono né un premio né un riconosci-
mento. Sono semplicemente donati (cfr 1 Cor 12,11). Ed essi esigono da
parte del ricevente soltanto una risposta: “Accetto”! Percepiamo qui qualco-
sa del mistero profondo che è l’essere cristiani. Ciò che costituisce la nostra
fede non è in primo luogo ciò che facciamo, ma ciò che riceviamo. Dopo
tutto, molte persone generose che non sono cristiane possono realizzare ben
di più di ciò che facciamo noi. Amici, accettate di essere introdotti nella vita
trinitaria di Dio? Accettate di essere introdotti nella sua comunione d’amo-
re?

   I doni dello Spirito che operano in noi imprimono la direzione e danno la
definizione della nostra testimonianza. Orientati per loro natura all’unità, i
doni dello Spirito ci vincolano ancor più strettamente all’insieme del Corpo
di Cristo (cfr Lumen gentium, 11), mettendoci meglio in grado di edificare
la Chiesa, per servire così il mondo (cfr Ef 4,13). Ci chiamano ad un’attiva
e gioiosa partecipazione alla vita della Chiesa: nelle parrocchie e nei movi-
menti ecclesiali, nelle lezioni di religione a scuola, nelle cappellanie univer-
sitarie e nelle altre organizzazioni cattoliche. Sì, la Chiesa deve crescere
nell’unità, deve rafforzarsi nella santità, ringiovanirsi, e costantemente rin-
novarsi (cfr Lumen gentium).




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OMELIA A SYDNEY (AUSTRALIA) IN OCCASIONE
DELLA XXIII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
                          (13 - 21 LUGLIO 2008)

                           Ippodromo di Randwick
                          Domenica, 20 luglio 2008



   Cari amici,

   “avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi” (At 1,8). Abbia-
mo visto realizzata questa promessa! Nel giorno di Pentecoste, come abbia-
mo ascoltato nella prima lettura, il Signore risorto, seduto alla destra del Pa-
dre, ha inviato lo Spirito sui discepoli riuniti nel Cenacolo. Per la forza di
questo Spirito, Pietro e gli Apostoli sono andati a predicare il Vangelo fino
ai confini della terra. In ogni età ed in ogni lingua la Chiesa continua a pro-
clamare in tutto il mondo le meraviglie di Dio e invita tutte le nazioni e i
popoli alla fede, alla speranza e alla nuova vita in Cristo.

   In questi giorni anch’io sono venuto, come Successore di san Pietro, in
questa stupenda terra d’Australia. Sono venuto a confermare voi, miei gio-
vani fratelli e sorelle, nella vostra fede e ad aprire i vostri cuori al potere
dello Spirito di Cristo e alla ricchezza dei suoi doni. Prego perché questa
grande assemblea, che unisce giovani “di ogni nazione che è sotto il cielo”
(At 2,5), diventi un nuovo Cenacolo. Possa il fuoco dell’amore di Dio scen-
dere a riempire i vostri cuori, per unirvi sempre di più al Signore e alla sua
Chiesa e inviarvi, come nuova generazione di apostoli, a portare il mondo a
Cristo!

   “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi”. Queste parole
del Signore Risorto hanno uno speciale significato per quei giovani che sa-
ranno confermati, segnati con il dono dello Spirito Santo, durante questa
Santa Messa. Ma queste parole sono anche indirizzate ad ognuno di noi, a
tutti coloro cioè che hanno ricevuto il dono dello Spirito di riconciliazione e
della nuova vita nel Battesimo, che lo hanno accolto nei loro cuori come lo-
ro aiuto e guida nella Confermazione e che quotidianamente crescono nei
suoi doni di grazia mediante la Santa Eucaristia. In ogni Messa, infatti, lo

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Spirito Santo discende nuovamente, invocato nella solenne preghiera della
Chiesa, non solo per trasformare i nostri doni del pane e del vino nel Corpo
e nel Sangue del Signore, ma anche per trasformare le nostre vite, per fare
di noi, con la sua forza, “un solo corpo ed un solo spirito in Cristo”.

   Ma che cosa è questo “potere” dello Spirito Santo? È il potere della vita
di Dio! È il potere dello stesso Spirito che si librò sulle acque all’alba della
creazione e che, nella pienezza dei tempi, rialzò Gesù dalla morte. È il pote-
re che conduce noi e il nostro mondo verso l’avvento del Regno di Dio. Nel
Vangelo di oggi, Gesù annuncia che è iniziata una nuova era, nella quale lo
Spirito Santo sarà effuso sull’umanità intera (cfr Lc 4,21). Egli stesso, con-
cepito per opera dello Spirito Santo e nato dalla Vergine Maria, è venuto tra
noi per portarci questo Spirito. Come sorgente della nostra nuova vita in
Cristo, lo Spirito Santo è anche, in un modo molto vero, l’anima della Chie-
sa, l’amore che ci lega al Signore e tra di noi e la luce che apre i nostri occhi
per vedere le meraviglie della grazia di Dio intorno a noi.

   Qui in Australia, questa “grande terra meridionale dello Spirito Santo”,
noi tutti abbiamo avuto un’indimenticabile esperienza della presenza e della
potenza dello Spirito nella bellezza della natura. I nostri occhi sono stati
aperti per vedere il mondo attorno a noi come veramente è: “ricolmo”, come
dice il poeta “della grandezza di Dio”, ripieno della gloria del suo amore
creativo. Anche qui, in questa grande assemblea di giovani cristiani prove-
nienti da tutto il mondo, abbiamo avuto una vivida esperienza della presen-
za e della forza dello Spirito nella vita della Chiesa. Abbiamo visto la Chie-
sa per quello che veramente è: Corpo di Cristo, vivente comunità d’amore,
comprendente gente di ogni razza, nazione e lingua, di ogni tempo e luogo,
nell’unità nata dalla nostra fede nel Signore risorto.

   La forza dello Spirito non cessa mai di riempire di vita la Chiesa! Attra-
verso la grazia dei Sacramenti della Chiesa, questa forza fluisce anche nel
nostro intimo, come un fiume sotterraneo che nutre lo spirito e ci attira sem-
pre più vicino alla fonte della nostra vera vita, che è Cristo. Sant’Ignazio di
Antiochia, che morì martire a Roma all’inizio del secondo secolo, ci ha la-
sciato una splendida descrizione della forza dello Spirito che dimora dentro
di noi. Egli ha parlato dello Spirito come di una fontana di acqua viva che
zampilla nel suo cuore e sussurra: “Vieni, vieni al Padre!” (cfr Ai Romani,
6,1-9).

                                       16
Tuttavia questa forza, la grazia dello Spirito, non è qualcosa che possia-
mo meritare o conquistare; possiamo solamente riceverla come puro dono.
L’amore di Dio può effondere la sua forza solo quando gli permettiamo di
cambiarci dal di dentro. Noi dobbiamo permettergli di penetrare nella dura
crosta della nostra indifferenza, della nostra stanchezza spirituale, del nostro
cieco conformismo allo spirito di questo nostro tempo. Solo allora possia-
mo permettergli di accendere la nostra immaginazione e plasmare i nostri
desideri più profondi. Ecco perché la preghiera è così importante: la pre-
ghiera quotidiana, quella privata nella quiete dei nostri cuori e davanti al
Santissimo Sacramento e la preghiera liturgica nel cuore della Chiesa. Essa
è pura ricettività della grazia di Dio, amore in azione, comunione con lo
Spirito che dimora in noi e ci conduce, attraverso Gesù, nella Chiesa, al no-
stro Padre celeste. Nella potenza del suo Spirito, Gesù è sempre presente
nei nostri cuori, aspettando quietamente che ci disponiamo nel silenzio ac-
canto a Lui per sentire la sua voce, restare nel suo amore e ricevere la “for-
za che proviene dall’alto”, una forza che ci abilita ad essere sale e luce per
il nostro mondo.
    Nella sua Ascensione, il Signore risorto disse ai suoi discepoli: “Sarete
miei testimoni... fino ai confini del mondo” (At 1,8). Qui, in Australia, rin-
graziamo il Signore per il dono della fede, che è giunto fino a noi come un
tesoro trasmesso di generazione in generazione nella comunione della Chie-
sa. Qui, in Oceania, ringraziamo in modo speciale tutti quegli eroici missio-
nari, sacerdoti e religiosi impegnati, genitori e nonni cristiani, maestri e ca-
techisti che hanno edificato la Chiesa in queste terre. Testimoni come la
Beata Mary MacKillop, San Peter Chanel, il Beato Peter To Rot e molti al-
tri! La forza dello Spirito, rivelata nelle loro vite, è ancora all’opera nelle
iniziative di bene che hanno lasciato, nella società che hanno plasmato e
che ora è consegnata a voi.
   Cari giovani, permettetemi di farvi ora una domanda. Che cosa lascerete
voi alla prossima generazione? State voi costruendo le vostre esistenze su
fondamenta solide, state costruendo qualcosa che durerà? State vivendo le
vostre vite in modo da fare spazio allo Spirito in mezzo ad un mondo che
vuole dimenticare Dio, o addirittura rigettarlo in nome di un falso concetto
di libertà? Come state usando i doni che vi sono stati dati, la “forza” che lo
Spirito Santo è anche ora pronto a effondere su di voi? Che eredità lascerete
ai giovani che verranno? Quale differenza voi farete?

                                      17
La forza dello Spirito Santo non ci illumina soltanto né solo ci consola.
Ci indirizza anche verso il futuro, verso l’avvento del Regno di Dio. Che
magnifica visione di una umanità redenta e rinnovata noi scorgiamo nella
nuova era promessa dal Vangelo odierno! San Luca ci dice che Gesù Cristo
è il compimento di tutte le promesse di Dio, il Messia che possiede in pie-
nezza lo Spirito Santo per comunicarlo all’intera umanità. L’effusione dello
Spirito di Cristo sull’umanità è un pegno di speranza e di liberazione contro
tutto quello che ci impoverisce. Tale effusione dona nuova vista al cieco,
manda liberi gli oppressi, e crea unità nella e con la diversità ( cfr Lc 4,18-
19; Is 61,1-2). Questa forza può creare un mondo nuovo: può “rinnovare la
faccia della terra” (cfr Sal 104, 30)!

   Rafforzata dallo Spirito e attingendo ad una ricca visione di fede, una
nuova generazione di cristiani è chiamata a contribuire all’edificazione di
un mondo in cui la vita sia accolta, rispettata e curata amorevolmente, non
respinta o temuta come una minaccia e perciò distrutta. Una nuova era in
cui l’amore non sia avido ed egoista, ma puro, fedele e sinceramente libero,
aperto agli altri, rispettoso della loro dignità, un amore che promuova il loro
bene e irradi gioia e bellezza. Una nuova era nella quale la speranza ci liberi
dalla superficialità, dall’apatia e dall’egoismo che mortificano le nostre ani-
me e avvelenano i rapporti umani. Cari giovani amici, il Signore vi sta chie-
dendo di essere profeti di questa nuova era, messaggeri del suo amore, capa-
ci di attrarre la gente verso il Padre e di costruire un futuro di speranza per
tutta l’umanità.

   Il mondo ha bisogno di questo rinnovamento! In molte nostre società, ac-
canto alla prosperità materiale, si sta allargando il deserto spirituale: un vuo-
to interiore, una paura indefinibile, un nascosto senso di disperazione.
Quanti dei nostri contemporanei si sono scavati cisterne screpolate e vuote
(cfr Ger 2,13) in una disperata ricerca di significato, di quell’ultimo signifi-
cato che solo l’amore può dare? Questo è il grande e liberante dono che il
Vangelo porta con sé: esso rivela la nostra dignità di uomini e donne creati
ad immagine e somiglianza di Dio. Rivela la sublime chiamata dell’uma-
nità, che è quella di trovare la propria pienezza nell’amore. Esso dischiude
la verità sull’uomo, la verità sulla vita.

                                       18
Anche la Chiesa ha bisogno di questo rinnovamento! Ha bisogno della
vostra fede, del vostro idealismo e della vostra generosità, così da poter es-
sere sempre giovane nello Spirito (cfr Lumen gentium, 4). Nella seconda
Lettura di oggi, l’apostolo Paolo ci ricorda che ogni singolo Cristiano ha ri-
cevuto un dono che deve essere usato per edificare il Corpo di Cristo. La
Chiesa ha specialmente bisogno del dono dei giovani, di tutti i giovani. Essa
ha bisogno di crescere nella forza dello Spirito che anche adesso dona gioia
a voi giovani e vi ispira a servire il Signore con allegrezza. Aprite il vostro
cuore a questa forza! Rivolgo questo appello in modo speciale a coloro che
il Signore chiama alla vita sacerdotale e consacrata. Non abbiate paura di
dire il vostro “sì” a Gesù, di trovare la vostra gioia nel fare la sua volontà,
donandovi completamente per arrivare alla santità e facendo uso dei vostri
talenti a servizio degli altri!

    Fra poco celebreremo il sacramento della Confermazione. Lo Spirito
Santo discenderà sui candidati; essi saranno “segnati” con il dono dello Spi-
rito e inviati ad essere testimoni di Cristo. Che cosa significa ricevere il “si-
gillo” dello Spirito Santo? Significa essere indelebilmente segnati, inaltera-
bilmente cambiati, significa essere nuove creature. Per coloro che hanno ri-
cevuto questo dono, nulla può mai più essere lo stesso! Essere “battezzati”
nello Spirito significa essere incendiati dall’amore di Dio. Essersi “abbeve-
rati” allo Spirito (cfr 1 Cor 12,13) significa essere rinfrescati dalla bellezza
del piano di Dio per noi e per il mondo, e divenire a nostra volta una fonte
di freschezza per gli altri. Essere “sigillati con lo Spirito” significa inoltre
non avere paura di difendere Cristo, lasciando che la verità del Vangelo per-
mei il nostro modo di vedere, pensare ed agire, mentre lavoriamo per il
trionfo della civiltà dell’amore.

    Nell’elevare la nostra preghiera per i confermandi, preghiamo anche per-
ché la forza dello Spirito Santo ravvivi la grazia della Confermazione in cia-
scuno di noi. Voglia lo Spirito riversare i suoi doni in abbondanza su tutti i
presenti, sulla città di Sydney, su questa terra di Australia e su tutto il suo
popolo. Che ciascuno di noi sia rinnovato nello spirito di sapienza e d’intel-
letto, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà, spirito di
santo timore di Dio!

                                        19
Attraverso l’amorevole intercessione di Maria, Madre della Chiesa, pos-
sa questa XXIII Giornata Mondiale della Gioventù essere vissuta come un
nuovo Cenacolo, così che tutti noi, ardenti del fuoco dell’amore dello Spiri-
to Santo, possiamo continuare a proclamare il Signore risorto e attrarre ogni
cuore a lui. Amen!

                                     ***

   Saluto di cuore i giovani di lingua italiana, ed estendo il mio affettuoso
pensiero a quanti sono originari dell’Italia e vivono in Australia. Al termine
di questa straordinaria esperienza di Chiesa, che ci ha fatto vivere una rin-
novata Pentecoste, tornate a casa rinvigoriti dalla forza dello Spirito Santo.
Siate testimoni di Cristo risorto, speranza dei giovani e dell’intera famiglia
umana!

   Chers jeunes francophones, l’Esprit Saint est la source du message de Jé-
sus-Christ et de son action salvifique. Il parle au cœur de chacun le langage
qu’il comprend. La diversité des dons de l’Esprit vous fait comprendre la ri-
chesse de grâces qui est en Dieu. Puissiez-vous vous ouvrir à son souffle !
Puissiez-vous permettre son action en vous et autour de vous ! Vous vivrez
ainsi en Dieu et vous témoignerez que le Christ est le Sauveur que le monde
espère.

   [Cari giovani francofoni, lo Spirito Santo è la fonte del messaggio di Ge -
sù Cristo e della sua azione salvifica. Parla al cuore di ognuno nella lingua
che ognuno comprende. La diversità dei doni dello Spirito vi fa capire la
ricchezza di grazie che è in Dio. Che possiate aprirvi al suo afflato! Che
possiate permettere la sua azione in voi e attorno a voi! Vivrete così in Dio
e testimonierete che Cristo è il Salvatore che il mondo attende].

   Auch euch, liebe junge Freunde deutscher Sprache, gilt mein herzlicher
Gruß. Der Heilige Geist ist ein Geist der Gemeinschaft und wirkt Verständi-
gung und Kommunikation. Sprecht mit anderen über eure Hoffnungen und
Ideale, und sprecht von Gott und mit Gott! Glücklich ist der Mensch, der in
der Liebe Gottes und in der Liebe zum Nächsten lebt. Gottes Geist führe eu-
ch auf Wegen des Friedens!

                                     20
[Anche a voi, cari giovani amici di lingua tedesca, porgo il mio saluto
affettuoso! Lo Spirito Santo è uno spirito di comunione e permette compren -
sione e comunicazione. Parlate agli altri delle vostre speranze e dei vostri
ideali e parlate di Dio e con Dio! Felice è l’uomo che vive nell’amore di
Dio e nell’amore del prossimo. Lo Spirito di Dio vi guidi lungo vie di pa -
ce!].

   Queridos jóvenes, en Cristo se cumplen todas las promesas de salvación
verdadera para la humanidad. Él tiene para cada uno de vosotros un proyec-
to de amor en el que se encuentra el sentido y la plenitud de la vida, y espe-
ra de todos vosotros que hagáis fructificar los dones que os ha dado, siendo
sus testigos de palabra y con el propio ejemplo. No lo defraudéis.

   [Cari giovani, in Cristo si compiono tutte le promesse di salvezza vera
per l’umanità. Egli ha per ognuno di voi un progetto di amore in cui si tro -
vano il senso e la pienezza della vita, e si aspetta da tutti voi che facciate
fruttificare i doni che vi ha dato, come suoi testimoni con le parole e con il
vostro esempio. Non lo deludete].

   Amados jovens de língua portuguesa, queridos amigos em Cristo! Sabeis
que Jesus não vos quer sozinhos; disse Ele: «Eu rogarei ao Pai e Ele vos
dará outro Consolador para estar convosco para sempre, o Espírito da ver-
dade (…) que vós conheceis, porque habita convosco e está em vós» (Jo 14,
16-17). É verdade! Sobre vós desceu uma língua de fogo do Pentecostes: é a
vossa marca de cristãos. Mas não foi para a guardardes só para vós, porque
«a manifestação do Espírito é dada a cada um para proveito comum» (1 Cor
12, 7). Levai este Fogo santo a todos os cantos da terra. Nada e ninguém O
poderá apagar, porque desceu do céu. Tal é a vossa força, caros jovens ami-
gos! Por isso, vivei do Espírito e para o Espírito!

   [Amati giovani di lingua portoghese, cari amici in Cristo! Sapete che
Gesù non vuole che restiate soli. Egli dice: “Io pregherò il Padre ed egli vi
darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di
verità (...) Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi”
(Gv 14, 16-17). È vero! Su di voi è discesa una lingua di fuoco della Pente -
coste: è il vostro marchio di cristiani. Non dovete però conservarla solo per
voi, poiché “a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito
per l’utilità comune” (1 Cor 12, 7). Portate questo Fuoco santo in tutti gli

                                     21
angoli della terra. Nulla e nessuno lo potrà spegnere, poiché è disceso dal
cielo. Questa è la vostra forza, cari giovani amici! Per questo vivete dello
Spirito e per lo Spirito!].



            OMELIA PER IL 150° ANNIVERSARIO
             DELLE APPARIZIONI DI LOURDES
                             Prairie, Lourdes
                        Domenica, 14 settembre 2008


   Signori Cardinali, caro Mons. Perrier,
   cari Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
   cari pellegrini, fratelli e sorelle,

   “Andate a dire ai sacerdoti che si venga qui in processione e che si co -
struisca una cappella”. È il messaggio che Bernadette ricevette dalla “bella
Signora” nell’apparizione del 2 marzo 1858. Da 150 anni i pellegrini non
hanno mai cessato di venire alla grotta di Massabielle per ascoltare il mes-
saggio di conversione e di speranza che è loro rivolto. Ed anche noi, eccoci
qui stamane ai piedi di Maria, la Vergine Immacolata, per metterci alla sua
scuola con la piccola Bernadette.

   Ringrazio in modo particolare Mons. Jacques Perrier, Vescovo di Tarbes
e Lourdes, per la calorosa accoglienza che mi ha riservato e per le parole
gentili che mi ha rivolto. Saluto i Cardinali, i Vescovi, i sacerdoti, i diaconi,
i religiosi e le religiose, così come tutti voi, cari pellegrini di Lourdes, in
special modo i malati. Siete venuti in grande numero a compiere questo pel-
legrinaggio giubilare con me e ad affidare le vostre famiglie, i vostri parenti
ed amici, e tutte le vostre intenzioni a Nostra Signora. La mia riconoscenza
va anche alle Autorità civili e militari, che hanno voluto essere presenti a
questa Celebrazione eucaristica.

   “Quale mirabile cosa è mai il possedere la Croce! Chi la possiede, pos -
siede un tesoro! (Sant’Andrea di Creta, Omelia X per l’Esaltazione della

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Croce: PG 97, 1020). In questo giorno in cui la liturgia della Chiesa celebra
la festa dell’Esaltazione della santa Croce, il Vangelo che avete appena inte-
so ci ricorda il significato di questo grande mistero: Dio ha tanto amato il
mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché gli uomini siano salvati (cfr
Gv 3,16). Il Figlio di Dio s’è reso vulnerabile, prendendo la condizione di
servo, obbedendo fino alla morte e alla morte di croce (cfr Fil 2,8). È per la
sua Croce che siamo salvati. Lo strumento di supplizio che, il Venerdì San-
to, aveva manifestato il giudizio di Dio sul mondo, è divenuto sorgente di
vita, di perdono, di misericordia, segno di riconciliazione e di pace. “Per es -
sere guariti dal peccato, guardiamo il Cristo crocifisso!” diceva sant’Ago -
stino (Tract. in Johan.,XII,11). Sollevando gli occhi verso il Crocifisso,
adoriamo Colui che è venuto per prendere su di sé il peccato del mondo e
donarci la vita eterna. E la Chiesa ci invita ad elevare con fierezza questa
Croce gloriosa affinché il mondo possa vedere fin dove è arrivato l’amore
del Crocifisso per gli uomini, per tutti gli uomini. Essa ci invita a rendere
grazie a Dio, perché da un albero che aveva portato la morte è scaturita nuo-
vamente la vita. È su questo legno che Gesù ci rivela la sua sovrana maestà,
ci rivela che Egli è esaltato nella gloria. Sì, “Venite, adoriamolo!”. In mezzo
a noi si trova Colui che ci ha amati fino a donare la sua vita per noi, Colui
che invita ogni essere umano ad avvicinarsi a Lui con fiducia.

   È questo grande mistero che Maria ci affida anche stamane, invitandoci a
volgerci verso il Figlio suo. In effetti, è significativo che, al momento della
prima apparizione a Bernadette, Maria introduca il suo incontro col segno
della Croce. Più che un semplice segno, è un’iniziazione ai misteri della fe-
de che Bernadette riceve da Maria. Il segno della Croce è in qualche modo
la sintesi della nostra fede, perché ci dice quanto Dio ci ha amati; ci dice
che, nel mondo, c’è un amore più forte della morte, più forte delle nostre
debolezze e dei nostri peccati. La potenza dell’amore è più forte del male
che ci minaccia. È questo mistero dell’universalità dell’amore di Dio per gli
uomini che Maria è venuta a rivelare qui, a Lourdes. Essa invita tutti gli uo-
mini di buona volontà, tutti coloro che soffrono nel cuore o nel corpo, ad al-
zare gli occhi verso la Croce di Gesù per trovarvi la sorgente della vita, la
sorgente della salvezza.

  La Chiesa ha ricevuto la missione di mostrare a tutti questo viso di un
Dio che ama, manifestato in Gesù Cristo. Sapremo noi comprendere che nel

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Crocifisso del Golgota è la nostra dignità di figli di Dio, offuscata dal pec-
cato, che ci è resa? Volgiamo i nostri sguardi verso il Cristo. È Lui che ci
renderà liberi per amare come Egli ci ama e per costruire un mondo riconci-
liato. Perché, su questa Croce, Gesù ha preso su di sé il peso di tutte le sof-
ferenze e le ingiustizie della nostra umanità. Egli ha portato le umiliazioni e
le discriminazioni, le torture subite in tante regioni del mondo da innumere-
voli nostri fratelli e nostre sorelle per amore di Cristo. Noi li affidiamo a
Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, presente ai piedi della Croce.

   Per accogliere nelle nostre vite questa Croce gloriosa, la celebrazione del
Giubileo delle apparizioni di Nostra Signora di Lourdes ci fa entrare in un
cammino di fede e di conversione. Oggi Maria viene incontro a noi per indi-
carci le vie d’un rinnovamento della vita delle nostre comunità e di ciascuno
di noi. Accogliendo il Figlio suo, che Ella ci presenta, siamo immersi in una
sorgente viva in cui la fede può ritrovare un vigore nuovo, in cui la Chiesa
può fortificarsi per proclamare con sempre maggior audacia il mistero di
Cristo. Gesù, nato da Maria, è Figlio di Dio, unico salvatore di tutti gli uo-
mini, che vive ed agisce nella sua Chiesa e nel mondo. La Chiesa è inviata
dappertutto nel mondo per proclamare quest’unico messaggio ed invitare gli
uomini ad accoglierlo mediante un’autentica conversione del cuore. Questa
missione, che è stata affidata da Gesù ai suoi discepoli, riceve qui, in occa-
sione di questo Giubileo, un soffio nuovo. Che al seguito dei grandi evange-
lizzatori del vostro Paese, lo spirito missionario, che ha animato tanti uomi-
ni e donne di Francia nel corso dei secoli, sia ancora la vostra fierezza e il
vostro impegno!

   Seguendo il percorso giubilare sulle orme di Bernadette, l’essenziale del
messaggio di Lourdes ci è ricordato. Bernadette è la maggiore di una fami-
glia molto povera, che non possiede né sapere né potere, è debole di salute.
Maria la sceglie per trasmettere il suo messaggio di conversione, di preghie-
ra e di penitenza, in piena sintonia con la parola di Gesù: “Hai tenuto nasco -
ste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt
11,25). Nel loro cammino spirituale i cristiani sono chiamati essi pure a far
fruttificare la grazia del loro Battesimo, a nutrirsi di Eucaristia, ad attingere
nella preghiera la forza per testimoniare ed essere solidali con tutti i loro
fratelli in umanità (cfr Omaggio alla Vergine Maria, Piazza di Spagna, 8 di-
cembre 2007). È dunque una vera catechesi che ci è proposta sotto lo sguar-

                                      24
do di Maria. Lasciamo che la Vergine istruisca pure noi e ci guidi sul cam-
mino che conduce al Regno del Figlio suo!

   Proseguendo nella sua catechesi la “bella Signora” rivela il suo nome a
Bernadette: “Io sono l’Immacolata Concezione”. Maria le rivela così la gra-
zia straordinaria che ha ricevuto da Dio, quella di essere stata concepita sen-
za peccato, perché “ha guardato l’umiltà della sua serva” (Lc 1,48). Maria
è questa donna della nostra terra che s’è rimessa interamente a Dio e ha ri-
cevuto da Lui il privilegio di dare la vita umana al suo eterno Figlio. “Sono
la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38). Essa è
la bellezza trasfigurata, l’immagine dell’umanità nuova. Presentandosi così
in una dipendenza totale da Dio, Maria esprime in realtà un atteggiamento
di piena libertà, fondata sul pieno riconoscimento della sua vera dignità.
Questo privilegio riguarda anche noi, perché ci svela la nostra dignità di uo-
mini e di donne, segnati certo dal peccato, ma salvati nella speranza, una
speranza che ci consente di affrontare la nostra vita quotidiana. È la strada
che Maria apre anche all’uomo. Rimettersi completamente a Dio è trovare il
cammino della libertà vera. Perché volgendosi a Dio, l’uomo diventa se
stesso. Ritrova la sua vocazione originaria di persona creata a sua immagine
e somiglianza.

   Cari fratelli e sorelle, la vocazione primaria del santuario di Lourdes è di
essere un luogo di incontro con Dio nella preghiera, e un luogo di servizio
ai fratelli, soprattutto per l’accoglienza dei malati, dei poveri e di tutte le
persone che soffrono. In questo luogo Maria viene a noi come la madre,
sempre disponibile ai bisogni dei suoi figli. Attraverso la luce che emana
dal suo volto, è la misericordia di Dio che traspare. Lasciamoci toccare dal
suo sguardo: esso ci dice che siamo tutti amati da Dio, mai da Lui abbando-
nati! Maria viene a ricordarci che la preghiera, intensa e umile, confidente e
perseverante, deve avere un posto centrale nella nostra vita cristiana. La
preghiera è indispensabile per accogliere la forza di Cristo. “Chi prega non
spreca il suo tempo, anche se la situazione ha tutte le caratteristiche dell’e -
mergenza e sembra spingere unicamente all’azione” (Enc. Deus caritas est,
n. 36). Lasciarsi assorbire dalle attività rischia di far perdere alla preghiera
la sua specificità cristiana e la sua vera efficacia. La preghiera del Rosario,
così cara a Bernadette e ai pellegrini di Lourdes, concentra in sé la profon-
dità del messaggio evangelico. Ci introduce alla contemplazione del volto di

                                      25
Cristo. In questa preghiera degli umili noi possiamo attingere grazie abbon-
danti.

    La presenza dei giovani a Lourdes è anche una realtà importante. Cari
amici, qui presenti stamattina intorno alla Croce della Giornata Mondiale
della Gioventù, quando Maria ricevette la visita dell’Angelo, era una giova-
ne ragazza di Nazaret che conduceva la vita semplice e coraggiosa delle
donne del suo villaggio. E se lo sguardo di Dio si posò in modo particolare
su di lei, fidandosi di lei, Maria vuole dirvi ancora che nessuno di voi è in-
differente per Dio. Egli posa il suo sguardo amoroso su ciascuno di voi e vi
chiama ad una vita felice e piena di senso. Non lasciatevi scoraggiare da-
vanti alle difficoltà! Maria fu turbata all’annuncio dell’angelo venuto a dirle
che sarebbe diventata la Madre del Salvatore. Essa sentiva quanto era debo-
le di fronte alla onnipotenza di Dio. Tuttavia disse “sì” senza esitare. Grazie
al suo “sì” la salvezza è entrata nel mondo, cambiando così la storia dell’u-
manità. A vostra volta, cari giovani, non abbiate paura di dire “sì” alle chia-
mate del Signore, quando Egli vi invita a seguirlo. Rispondete generosa-
mente al Signore! Egli solo può appagare le aspirazioni più profonde del
vostro cuore. Siete in molti a venire a Lourdes per un servizio attento e ge-
neroso accanto ai malati o ad altri pellegrini, mettendovi così sulle orme di
Cristo servo. Il servizio reso ai fratelli e alle sorelle apre il cuore e rende di-
sponibili. Nel silenzio della preghiera, sia Maria la vostra confidente, lei che
ha saputo parlare a Bernadette rispettandola e fidandosi di lei. Maria aiuti
coloro che sono chiamati al matrimonio a scoprire la bellezza di un amore
vero e profondo, vissuto come dono reciproco e fedele! A coloro tra voi che
Egli chiama a seguirlo nella vocazione sacerdotale o religiosa, vorrei ridire
tutta la felicità che vi è nel donare totalmente la propria vita a servizio di
Dio e degli uomini. Siano le famiglie e le comunità cristiane luoghi nei qua-
li possano nascere e maturare solide vocazioni a servizio della Chiesa e del
mondo!

   Il messaggio di Maria è un messaggio di speranza per tutti gli uomini e
per tutte le donne del nostro tempo, di qualunque Paese siano. Amo invoca-
re Maria come Stella della speranza (Enc. Spe salvi, n.50). Sulle strade del-
le nostre vite, così spesso buie, lei è una luce di speranza che ci rischiara e
ci orienta nel nostro cammino. Mediante il suo “sì”, mediante il dono gene-
roso di se stessa, ha aperto a Dio le porte del nostro mondo e della nostra
storia. E ci invita a vivere come lei in una speranza invincibile, rifiutando di

                                        26
ascoltare coloro che pretendono che noi siamo prigionieri del fato. Essa ci
accompagna con la sua presenza materna in mezzo agli avvenimenti della
vita delle persone, delle famiglie e delle nazioni. Felici gli uomini e le don-
ne che ripongono la loro fiducia in Colui che, nel momento di offrire la sua
vita per la nostra salvezza, ci ha donato sua Madre perché fosse nostra Ma-
dre!
    Cari fratelli e sorelle, in questa terra di Francia, la Madre del Signore è
venerata in innumerevoli santuari, che manifestano così la fede trasmessa di
generazione in generazione. Celebrata nella sua Assunzione, essa è la Patro-
na amata del vostro Paese. Sia sempre onorata con fervore in ciascuna della
vostra famiglie, nelle vostre comunità religiose e nelle parrocchie! Vegli
Maria su tutti gli abitanti del vostro bel Paese e sui pellegrini venuti nume-
rosi da altri Paesi per celebrare questo Giubileo! Sia per tutti la Madre che
circonda d’attenzione i suoi figli nelle gioie come nelle prove! Santa Maria,
Madre di Dio e Madre nostra, insegnaci a credere, a sperare e ad amare con
te. Indicaci la via verso il regno del tuo Figlio Gesù! Stella del mare, brilla
su di noi e guidaci nel nostro cammino! (cfr Enc. Spe salvi, n.50). Amen.




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MESSAGGIO AL SIGNOR JACQUES DIOUF,
  DIRETTORE GENERALE DELLA F.A.O. IN OCCASIONE
DELLA GIORNATA MONDIALE DELL’ALIMENTAZIONE 2008


   A Sua Eccellenza
   il signor Jacques Diouf
   Direttore generale
   dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura

   Il tema scelto quest’anno per la Giornata mondiale dell’Alimentazione,
“La sicurezza alimentare mondiale: le sfide del cambiamento climatico e
delle bioenerg i e”, permette di riflettere su ciò che è stato fatto nella lotta
contro la fame e sugli ostacoli all’azione dell’Organizzazione delle Nazioni
Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) dinanzi alle nuove sfide
che minacciano la vita della famiglia umana.

   Questa giornata si celebra in un momento particolarmente difficile per la
situazione alimentare mondiale, nel momento in cui la disponibilità di ali-
menti sembra insufficiente rispetto al consumo e le condizioni climatiche
contribuiscono a mettere in pericolo la sopravvivenza di milioni di uomini,
donne e bambini, costretti ad abbandonare la loro terra per cercare di che
alimentarsi. Queste circostanze implicano che, con la FAO, tutti possano ri-
spondere in termini di solidarietà, con azioni libere da ogni condizionamen-
to e realmente al servizio del bene comune.

   Lo scorso giugno, la Conferenza di alto livello è stata l’occasione per la
FAO di ricordare alla comunità internazionale le sue responsabilità dirette
di fronte all’insicurezza alimentare quando le forme di aiuto di base per le
situazioni d’urgenza rischiano di vedersi limitate. Nel messaggio che ho al-
lora rivolto ai partecipanti, ho indicato la necessità di adottare “provvedi-
menti coraggiosi, che non si arrendono di fronte alla fame e alla malnutri-
zione, come si trattasse semplicemente di fenomeni endemici e senza solu-
zione (Messaggio alla Conferenza di alto livello sulla sicurezza alimentare
mondiale, 2 giugno 2008).

                                        28
Il primo impegno è quello di eliminare le ragioni che impediscono un ri-
spetto autentico della dignità della persona. I mezzi e le risorse di cui il
mondo dispone oggi possono fornire cibo sufficiente a soddisfare le neces-
sità crescenti di tutti. I primi risultati degli sforzi compiuti per aumentare i
livelli globali di produzione di fronte alla carenza registrata nei recenti rac-
colti lo dimostrano. Allora, perché non è possibile evitare che tante persone
soffrano la fame fino alle conseguenze più estreme? I motivi di questa situa-
zione, nella quale spesso coesistono abbondanza e penuria, sono numerosi.
Si possono così ricordare la corsa al consumo che non si ferma nonostante
una minore disponibilità di alimenti e impone riduzioni forzate alla capacità
alimentare delle regioni più povere del pianeta, o la mancanza di una vo-
lontà decisa per concludere negoziati e per frenare gli egoismi di stati e di
gruppi di paesi, o ancora per mettere fine a quella “speculazione sfrenata”
che condiziona i meccanismi dei prezzi e dei consumi. L’assenza di un’am-
ministrazione corretta delle risorse alimentari causata dalla corruzione nella
vita pubblica o gli investimenti crescenti in armamenti e in tecnologie mili-
tari sofisticate a detrimento dei bisogni primari delle persone svolgono a lo-
ro volta un ruolo importante.

    Questi motivi molto diversi trovano un’origine comune in un falso senso
dei valori sui quali si dovrebbero fondare le relazioni internazionali, e in
particolare in quell’atteggiamento diffuso nella cultura contemporanea che
privilegia solo la corsa ai beni materiali, dimenticando la vera natura della
persona umana e le sue aspirazioni più profonde. Il risultato è, purtroppo,
l’incapacità di molti di preoccuparsi dei bisogni dei poveri, di comprenderli
e di ammettere la loro dignità inalienabile. Una campagna efficace contro la
fame richiede dunque molto di più di un semplice studio scientifico per far
fronte ai cambiamenti climatici o per destinare in primo luogo la produzione
agricola all’uso alimentare. È necessario, prima di tutto, riscoprire il signifi-
cato della persona umana, nella sua dimensione individuale e comunitaria, a
partire dal fondamento della vita familiare, fonte di amore e di affetto da cui
proviene il senso della solidarietà e della condivisione. Questo quadro ri-
sponde alla necessità di costruire relazioni fra i popoli basate su una costan-
te e autentica disponibilità, di rendere ogni paese capace di soddisfare le ne-
cessità delle persone nel bisogno, ma anche di trasmettere l’idea di relazioni
fondate sullo scambio di conoscenze reciproche, di valori, di assistenza ra-
pida e di rispetto.

                                       29
Si tratta di un impegno per la promozione di una giustizia sociale effettiva
nelle relazioni fra i popoli, che richiede a ognuno di essere consapevole che i
beni del creato sono destinati a tutti e che nella comunità mondiale la vita
economica dovrebbe essere orientata verso la condivisione di questi beni,
verso il loro uso duraturo e la giusta ripartizione dei benefici che ne derivano.

   Nel contesto mutevole delle relazioni internazionali, in cui sembrano au-
mentare le incertezze e intravedersi nuove sfide, l’esperienza fino a qui ac-
quisita dalla FAO - con quella delle altre istituzioni che operano nella lotta
contro la fame - può svolgere un ruolo fondamentale per promuovere un
modo rinnovato di intendere la cooperazione internazionale. Una condizio-
ne essenziale per aumentare i livelli di produzione, per garantire l’identità
delle comunità indigene, e anche la pace e la sicurezza nel mondo, è di assi-
curare l’accesso alla terra, favorendo così i lavoratori agricoli e promuoven-
do i loro diritti.

   In tutti questi sforzi, la Chiesa cattolica vi è vicina, come testimonia l’at-
tenzione con cui la Santa Sede segue l’attività della FAO dal 1948, soste-
nendo costantemente i vostri sforzi, affinché possa proseguire l’impegno per
la causa dell’uomo. Ciò significa concretamente l’apertura alla vita, il ri-
spetto dell’ordine del creato e l’adesione ai principi etici che sono da sem-
pre alla base del vivere sociale.

   Con questi auspici, invoco la Benedizione dell’Onnipotente su di lei, si-
gnor direttore generale, così come su tutti i rappresentanti delle nazioni, af-
finché possiate lavorare con generosità e senso della giustizia verso le per-
sone più abbandonate.

   Dal Vaticano, 13 ottobre 2008




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MESSAGGIO PER LA GIORNATA
                  DEL RINGRAZIAMENTO

    “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare” (Mt 25,35)

                              9 novembre 2008

    La parola del Vangelo ci ricorda che il pane dato al povero è dato a Gesù
stesso. Egli lo riceve da noi, lo trasforma e ce lo ridona moltiplicato e arric-
chito di nuova forza: è il “pane quotidiano”, che il Signore ci ha insegnato a
chiedere al Padre.
    I discepoli avevano implorato: “Signore, insegnaci a pregare” (Lc 11,1).
La risposta di Gesù rivela il suo dialogo profondo e concreto con il Padre:
sintesi di una spiritualità incarnata, il Padre Nostro pone al centro la richie-
sta del “pane quotidiano”.
    Il dialogo dell’uomo con Dio passa anche attraverso la richiesta di un be-
ne primario come il pane, così come tutta la vita di Cristo ha attinto dal
mondo rurale, in tante sue dimensioni, ispirazione per annunciare il Regno
di Dio.
    La Chiesa, seguendo l’insegnamento del Vangelo, non solo prega “dacci
oggi il nostro pane quotidiano” ma, sull’esempio del Signore che ha sfama-
to la folla moltiplicando pani e pesci, si impegna in tutti i modi con innume-
revoli iniziative di promozione umana e di condivisione, perché a nessuno
manchi il necessario per vivere.
    È questo il motivo per cui oggi ci rivolgiamo al Padre fonte di ogni bene,
anche di quelli offertici dalla terra, fiduciosi del suo intervento e del suo
aiuto nell’impegnativa ricerca della via migliore per rendere giustizia a ogni
uomo, cui spetta la possibilità di sostenersi con dignità attraverso l’accesso
al cibo di cui ha bisogno per vivere.

   “Fondamentale è «sentire» la terra come «nostra casa comune» e sce -
gliere, per una sua gestione a servizio di tutti, la strada del dialogo piutto -
sto che delle decisioni unilaterali”. Questo invito, contenuto nel messaggio
del Santo Padre Benedetto XVI per la 41a Giornata Mondiale della Pace, ci
stimola a considerare anche quest’anno la Giornata del Ringraziamento co-
me un’occasione di riflessione per contribuire alla realizzazione della pace

                                      31
attraverso la giustizia, con particolare riferimento alla destinazione univer-
sale delle risorse alimentari.

   Questo richiamo si colloca in un periodo segnato da un fenomeno, mani-
festatosi negli ultimi anni con caratteristiche inedite e, per molti versi,
drammatiche, che ha come risultante la crescita incontrollata dei prezzi dei
prodotti alimentari. L’umanità sta vivendo una crisi alimentare non più limi-
tata, come nel passato, a poche aree del pianeta, ma tendenzialmente estesa
anche a quelle popolazioni da tempo considerate immuni da tale rischio.
   È importante saper dar ragione di questa crisi, evidenziandone anzitutto
le cause: mutamenti climatici, con il verificarsi di ripetuti fenomeni di sic-
cità o inondazioni in aree importanti per la produzione di cereali, aumento
della domanda di cereali e mangimi da parte di Paesi emergenti, minore in-
vestimento di cereali per alimentazione a beneficio di produzioni per bio-
carburanti, crescita del prezzo e speculazioni finanziarie sul petrolio e sulle
derrate alimentari. Questa situazione determina una redistribuzione del red-
dito tanto più odiosa, quanto più penalizzante per i Paesi poveri.

   Risulta quindi necessario, dopo averne evidenziate le cause, lavorare per
trovare gli strumenti idonei per risolvere questa situazione di ingiustizia.
Tali strumenti dovranno necessariamente tenere conto dei valori ai quali fa-
re riferimento, innanzitutto “il principio della destinazione universale dei
beni che offre un fondamentale orientamento, morale e culturale, per scio -
gliere il complesso e drammatico nodo che lega insieme crisi ambientale e
povertà” (PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio
della dottrina sociale della Chiesa, n. 482).
   Il segno compiuto da Gesù con la moltiplicazione dei pani e dei pesci of-
ferti da un ragazzo rimasto sconosciuto (cfr Gv 6,9) indica chiaramente la
via della disponibilità alla condivisione come strada maestra per risolvere
nella giustizia il problema alimentare.

   Come altri settori che fanno riferimento alla convivenza umana, anche
l’agricoltura deve essere considerata una componente essenziale del “bene
comune”. Come, infatti, abbiamo affermato nella Nota pastorale Frutto del -
la terra e del lavoro dell’uomo, “va riconosciuto che il problema della fa -
me, con la sua drammatica rilevanza etica e politica, non dipende tanto

                                      32
dalla disponibilità complessiva di cibo a livello globale, quanto dalla distri -
buzione non equa delle capacità di produzione e da fattori di arretratezza e
ingiustizia economica e sociale, per i quali troppi esseri umani non hanno
ancora un adeguato accesso agli alimenti anche in aree e Paesi del mondo
autosufficienti quanto alla produzione agricola” (n. 10).

   Con i mezzi di cui oggi l’umanità dispone, è moralmente inaccettabile
che vi siano ancora migliaia di persone che muoiono di fame, restando in-
soddisfatto il loro bisogno primario di accesso al cibo. Non meraviglia, per-
ciò, che il Santo Padre sia intervenuto a più riprese sul tema della crisi ali-
mentare mondiale, considerandolo “un problema sempre più grave che la
comunità internazionale fa grande fatica a risolvere” (Angelus, 25 maggio
2008).
   Nel messaggio alla Conferenza di alto livello sulla sicurezza alimentare
mondiale promossa dalla FAO a Roma dal 3 al 5 giugno scorso, Benedetto
XVI ha affermato che “ogni persona ha diritto alla vita: pertanto, è neces -
sario promuovere l’effettiva attuazione di tale diritto e si debbono aiutare le
popolazioni che soffrono per la mancanza di cibo a divenire gradualmente
capaci di soddisfare le proprie esigenze di un’alimentazione sufficiente e
sana”.

   Lo sviluppo dell’agricoltura e l’attenzione al mondo rurale devono essere
ben presenti a quanti sono chiamati a compiere scelte politiche di lungo re-
spiro. A questo proposito, ancora nel messaggio alla FAO, cogliamo il mo-
nito del Santo Padre, il quale ci ricorda che “vanno elaborate nuove strate -
gie di lotta alla povertà e di promozione rurale. Ciò deve avvenire anche at -
traverso processi di riforme strutturali, che consentano di affrontare le sfide
della medesima sicurezza e dei cambiamenti climatici; inoltre, occorre in -
crementare la disponibilità del cibo valorizzando l’industriosità dei piccoli
agricoltori e garantendone l’accesso al mercato”.

   A partire dalla cosiddetta “sovranità alimentare” e dal “primario diritto al
cibo”, desideriamo incoraggiare tutti coloro che, a livello istituzionale o as-
sociativo, come singoli e come comunità, si adoperano per contribuire alla
soluzione di questo problema, rafforzando il ruolo dei piccoli coltivatori nei
Paesi in via di sviluppo, incoraggiando i mercati locali e regionali, denun-

                                      33
ciando le politiche monopolistiche delle grandi industrie agro-alimentari e
infine promuovendo il benessere della famiglia rurale e in particolare delle
donne.

   Non possiamo non concludere volgendo il nostro sguardo adorante al-
l’Eucaristia, “pane vivo, disceso dal cielo” (Gv 6,51). Essa è per noi cristia-
ni modello e fonte di autentica solidarietà: chi si nutre del Pane di Cristo
non può restare indifferente dinanzi a chi, anche ai nostri giorni, è privo del
pane quotidiano, nella sicura speranza che la preghiera del giusto non ri-
marrà inascoltata, secondo le parole del salmista:

“Il Signore rimane fedele per sempre,
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri,
il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri,
egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi” (Sal 146,6-9)


   Roma, 11 luglio 2008
   Festa di san Benedetto abate, patrono d’Europa


                                  La Commissione Episcopale
                      per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace




                                      34
OMELIA NELLA SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE
                    SANTA MESSA DI MEZZANOTTE

                          Giovedì, 25 dicembre 2008



   Cari fratelli e sorelle!

   “Chi è pari al Signore nostro Dio che siede nell’alto e si china a guardare
nei cieli e sulla terra?” Così canta Israele in uno dei suoi Salmi (113 [112],
5s), in cui esalta insieme la grandezza di Dio e la sua benevola vicinanza
agli uomini. Dio dimora nell’alto, ma si china verso il basso… Dio è im-
mensamente grande e di gran lunga al di sopra di noi. È questa la prima
esperienza dell’uomo. La distanza sembra infinita. Il Creatore dell’universo,
Colui che guida il tutto, è molto lontano da noi: così sembra inizialmente.
Ma poi viene l’esperienza sorprendente: Colui al quale nessuno è pari, che
“siede nell’alto”, Questi guarda verso il basso. Si china in giù. Egli vede noi
e vede me. Questo guardare in giù di Dio è più di uno sguardo dall’alto. Il
guardare di Dio è un agire. Il fatto che Egli mi vede, mi guarda, trasforma
me e il mondo intorno a me. Così il Salmo continua immediatamente: “Sol-
leva l’indigente dalla polvere…” Con il suo guardare in giù Egli mi solleva,
benevolmente mi prende per mano e mi aiuta a salire, proprio io, dal basso
verso l’alto. “Dio si china”. Questa parola è una parola profetica. Nella not-
te di Betlemme, essa ha acquistato un significato completamente nuovo. Il
chinarsi di Dio ha assunto un realismo inaudito e prima inimmaginabile.
Egli si china – viene, proprio Lui, come bimbo giù fin nella miseria della
stalla, simbolo di ogni necessità e stato di abbandono degli uomini. Dio
scende realmente. Diventa un bambino e si mette nella condizione di dipen-
denza totale che è propria di un essere umano appena nato. Il Creatore che
tutto tiene nelle sue mani, dal quale noi tutti dipendiamo, si fa piccolo e bi-
sognoso dell’amore umano. Dio è nella stalla. Nell’Antico Testamento il
tempio era considerato quasi come lo sgabello dei piedi di Dio; l’arca sacra
come il luogo in cui Egli, in modo misterioso, era presente in mezzo agli
uomini. Così si sapeva che sopra il tempio, nascostamente, stava la nube
della gloria di Dio. Ora essa sta sopra la stalla. Dio è nella nube della mise-
ria di un bimbo senza albergo: che nube impenetrabile e tuttavia – nube del-

                                      35
la gloria! In che modo, infatti, la sua predilezione per l’uomo, la sua preoc-
cupazione per lui potrebbe apparire più grande e più pura? La nube del na-
scondimento, della povertà del bambino totalmente bisognoso dell’amore, è
allo stesso tempo la nube della gloria. Perché niente può essere più sublime,
più grande dell’amore che in questa maniera si china, discende, si rende di-
pendente. La gloria del vero Dio diventa visibile quando ci si aprono gli oc-
chi del cuore davanti alla stalla di Betlemme.

   Il racconto del Natale secondo san Luca, che abbiamo appena ascoltato
nel brano evangelico, ci narra che Dio ha un po’ sollevato il velo del suo na-
scondimento dapprima davanti a persone di condizione molto bassa, davanti
a persone che nella grande società erano piuttosto disprezzate: davanti ai pa-
stori che nei campi intorno a Betlemme facevano la guardia agli animali.
Luca ci dice che queste persone “vegliavano”. Possiamo così sentirci richia-
mati a un motivo centrale del messaggio di Gesù, in cui ripetutamente e con
crescente urgenza fino all’Orto degli ulivi torna l’invito alla vigilanza – a
restare svegli per accorgersi della venuta del Signore ed esservi preparati.
Pertanto anche qui la parola significa forse più del semplice essere esterna-
mente svegli durante l’ora notturna. Erano persone veramente vigilanti, nel-
le quali il senso di Dio e della sua vicinanza era vivo. Persone che erano in
attesa di Dio e non si rassegnavano all’apparente lontananza di Lui nella vi-
ta di ogni giorno. Ad un cuore vigilante può essere rivolto il messaggio del-
la grande gioia: in questa notte è nato per voi il Salvatore. Solo il cuore vi-
gilante è capace di credere al messaggio. Solo il cuore vigilante può infon-
dere il coraggio di incamminarsi per trovare Dio nelle condizioni di un bam-
bino nella stalla. Preghiamo in quest’ora il Signore affinché aiuti anche noi
a diventare persone vigilanti.

   San Luca ci racconta inoltre che i pastori stessi erano “avvolti” dalla glo-
ria di Dio, dalla nube di luce, si trovavano nell’intimo splendore di questa
gloria. Avvolti dalla nube santa ascoltano il canto di lode degli angeli: “Glo-
ria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini della sua benevo-
lenza”. E chi sono questi uomini della sua benevolenza se non i piccoli, i vi-
gilanti, quelli che sono in attesa, sperano nella bontà di Dio e lo cercano
guardando verso di Lui da lontano?

                                      36
Nei Padri della Chiesa si può trovare un commento sorprendente circa il
canto con cui gli angeli salutano il Redentore. Fino a quel momento – dico-
no i Padri – gli angeli avevano conosciuto Dio nella grandezza dell’univer-
so, nella logica e nella bellezza del cosmo che provengono da Lui e Lo ri-
specchiano. Avevano accolto, per così dire, il muto canto di lode della crea-
zione e l’avevano trasformato in musica del cielo. Ma ora era accaduta una
cosa nuova, addirittura sconvolgente per loro. Colui di cui parla l’universo,
il Dio che sostiene il tutto e lo porta in mano – Egli stesso era entrato nella
storia degli uomini, era diventato uno che agisce e soffre nella storia. Dal
gioioso turbamento suscitato da questo evento inconcepibile, da questa se-
conda e nuova maniera in cui Dio si era manifestato – dicono i Padri – era
nato un canto nuovo, una strofa del quale il Vangelo di Natale ha conservato
per noi: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini”. Pos-
siamo forse dire che, secondo la struttura della poesia ebraica, questo dop-
pio versetto nei suoi due brani dice in fondo la stessa cosa, ma da un punto
di vista diverso. La gloria di Dio è nel più alto dei cieli, ma questa altezza di
Dio si trova ora nella stalla, ciò che era basso è diventato sublime. La sua
gloria è sulla terra, è la gloria dell’umiltà e dell’amore. E ancora: la gloria
di Dio è la pace. Dove c’è Lui, là c’è pace. Egli è là dove gli uomini non
vogliono fare in modo autonomo della terra il paradiso, servendosi a tal fine
della violenza. Egli è con le persone dal cuore vigilante; con gli umili e con
coloro che corrispondono alla sua elevatezza, all’elevatezza dell’umiltà e
dell’amore. A questi dona la sua pace, perché per loro mezzo la pace entri
in questo mondo.

   Il teologo medioevale Guglielmo di S. Thierry ha detto una volta: Dio –
a partire da Adamo – ha visto che la sua grandezza provocava nell’uomo re-
sistenza; che l’uomo si sente limitato nel suo essere se stesso e minacciato
nella sua libertà. Pertanto Dio ha scelto una via nuova. È diventato un Bam-
bino. Si è reso dipendente e debole, bisognoso del nostro amore. Ora – ci
dice quel Dio che si è fatto Bambino – non potete più aver paura di me, or-
mai potete soltanto amarmi.

   Con tali pensieri ci avviciniamo in questa notte al Bambino di Betlemme
– a quel Dio che per noi ha voluto farsi bambino. Su ogni bambino c’è il ri-
verbero del bambino di Betlemme. Ogni bambino chiede il nostro amore.
Pensiamo pertanto in questa notte in modo particolare anche a quei bambini

                                       37
ai quali è rifiutato l’amore dei genitori. Ai bambini di strada che non hanno
il dono di un focolare domestico. Ai bambini che vengono brutalmente usati
come soldati e resi strumenti della violenza, invece di poter essere portatori
della riconciliazione e della pace. Ai bambini che mediante l’industria della
pornografia e di tutte le altre forme abominevoli di abuso vengono feriti fin
nel profondo della loro anima. Il Bambino di Betlemme è un nuovo appello
rivolto a noi, di fare tutto il possibile affinché finisca la tribolazione di que-
sti bambini; di fare tutto il possibile affinché la luce di Betlemme tocchi i
cuori degli uomini. Soltanto attraverso la conversione dei cuori, soltanto at-
traverso un cambiamento nell’intimo dell’uomo può essere superata la cau-
sa di tutto questo male, può essere vinto il potere del maligno. Solo se cam-
biano gli uomini, cambia il mondo e, per cambiare, gli uomini hanno biso-
gno della luce proveniente da Dio, di quella luce che in modo così inaspet-
tato è entrata nella nostra notte.

    E parlando del Bambino di Betlemme pensiamo anche alla località che
risponde al nome di Betlemme; pensiamo a quel Paese in cui Gesù ha vissu-
to e che Egli ha amato profondamente. E preghiamo affinché lì si crei la pa-
ce. Che cessino l’odio e la violenza. Che si desti la comprensione reciproca,
si realizzi un’apertura dei cuori che apra le frontiere. Che scenda la pace di
cui hanno cantato gli angeli in quella notte.

   Nel Salmo 96 [95] Israele, e con esso la Chiesa, lodano la grandezza di
Dio che si manifesta nella creazione. Tutte le creature vengono chiamate ad
aderire a questo canto di lode, e allora lì si trova anche l’invito: “Si rallegri-
no gli alberi della foresta davanti al Signore che viene” (12s). La Chiesa
legge anche questo Salmo come una profezia e, insieme, come un compito.
La venuta di Dio a Betlemme fu silenziosa. Soltanto i pastori che vegliava-
no furono per un momento avvolti nello splendore luminoso del suo arrivo e
poterono ascoltare una parte di quel canto nuovo che era nato dalla meravi-
glia e dalla gioia degli angeli per la venuta di Dio. Questo venire silenzioso
della gloria di Dio continua attraverso i secoli. Là dove c’è la fede, dove la
sua parola viene annunciata ed ascoltata, Dio raduna gli uomini e si dona lo-
ro nel suo Corpo, li trasforma nel suo Corpo. Egli “viene”. E così si desta il
cuore degli uomini. Il canto nuovo degli angeli diventa canto degli uomini
che, attraverso tutti i secoli in modo sempre nuovo, cantano la venuta di Dio
come bambino e, a partire dal loro intimo, diventano lieti. E gli alberi della

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foresta si recano da Lui ed esultano. L’albero in Piazza san Pietro parla di
Lui, vuole trasmettere il suo splendore e dire: Sì, Egli è venuto e gli alberi
della foresta lo acclamano. Gli alberi nelle città e nelle case dovrebbero es-
sere più di un’usanza festosa: essi indicano Colui che è la ragione della no-
stra gioia – il Dio che viene, il Dio che per noi si è fatto bambino. Il canto di
lode, nel più profondo, parla infine di Colui che è lo stesso albero della vita
ritrovato. Nella fede in Lui riceviamo la vita. Nel Sacramento dell’Eucari-
stia Egli si dona a noi – dona una vita che giunge fin nell’eternità. In que-
st’ora noi aderiamo al canto di lode della creazione e la nostra lode è allo
stesso tempo una preghiera: Sì, Signore, facci vedere qualcosa dello splen-
dore della tua gloria. E dona la pace sulla terra. Rendici uomini e donne del-
la tua pace. Amen.




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MESSAGGIO URBI ET ORBI - NATALE 2008


   “Apparuit gratia Dei Salvatoris nostri omnibus hominibus” (Tito 2,11).

   Cari fratelli e sorelle, con le parole dell’apostolo Paolo rinnovo il gioioso
annuncio del Natale di Cristo: sì, oggi, “è apparsa a tutti gli uomini la grazia
di Dio nostro Salvatore”!

   È apparsa! Questo è ciò che la Chiesa oggi celebra. La grazia di Dio,
ricca di bontà e di tenerezza, non è più nascosta, ma “è apparsa”, si è mani-
festata nella carne, ha mostrato il suo volto. Dove? A Betlemme. Quando?
Sotto Cesare Augusto, durante il primo censimento, al quale fa cenno anche
l’evangelista Luca. E chi è il rivelatore? Un neonato, il Figlio della Vergine
Maria. In Lui è apparsa la grazia di Dio Salvatore nostro. Per questo quel
Bambino si chiama Jehoshua, Gesù, che significa “Dio salva”.

    La grazia di Dio è apparsa: ecco perché il Natale è festa di luce. Non una
luce totale, come quella che avvolge ogni cosa in pieno giorno, ma un chia-
rore che si accende nella notte e si diffonde a partire da un punto preciso
dell’universo: dalla grotta di Betlemme, dove il divino Bambino è “venuto
alla luce”. In realtà, è Lui la luce stessa che si propaga, come ben raffigura-
no tanti dipinti della Natività. Lui è la luce, che apparendo rompe la caligi-
ne, dissipa le tenebre e ci permette di capire il senso ed il valore della nostra
esistenza e della storia. Ogni presepe è un invito semplice ed eloquente ad
aprire il cuore e la mente al mistero della vita. È un incontro con la Vita im-
mortale, che si è fatta mortale nella mistica scena del Natale; una scena che
possiamo ammirare anche qui, in questa Piazza, come in innumerevoli chie-
se e cappelle del mondo intero, e in ogni casa dove è adorato il nome di Ge-
sù.

   La grazia di Dio è apparsa a tutti gli uomini. Sì, Gesù, il volto del Dio-
che-salva, non si è manifestato solo per pochi, per alcuni, ma per tutti. È ve-
ro, nella umile disadorna dimora di Betlemme lo hanno incontrato poche
persone, ma Lui è venuto per tutti: giudei e pagani, ricchi e poveri, vicini e
lontani, credenti e non credenti… tutti. La grazia soprannaturale, per volere
di Dio, è destinata ad ogni creatura. Occorre però che l’essere umano l’ac-

                                       40
colga, pronunci il suo “sì”, come Maria, affinché il cuore sia rischiarato da
un raggio di quella luce divina. Ad accogliere il Verbo incarnato, in quella
notte, furono Maria e Giuseppe che lo attendevano con amore ed i pastori,
che vegliavano accanto alle greggi (cfr Lc 2,1-20). Una piccola comunità,
dunque, che accorse ad adorare Gesù Bambino; una piccola comunità che
rappresenta la Chiesa e tutti gli uomini di buona volontà. Anche oggi coloro
che nella vita Lo attendono e Lo cercano incontrano il Dio che per amore si
è fatto nostro fratello; quanti hanno il cuore proteso verso di Lui desiderano
conoscere il suo volto e contribuire all’avvento del suo Regno. Gesù stesso
lo dirà, nella sua predicazione: sono i poveri in spirito, gli afflitti, i miti, gli
affamati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, i
perseguitati per la giustizia (cfr Mt 5,3-10). Questi riconoscono in Gesù il
volto di Dio e ripartono, come i pastori di Betlemme, rinnovati nel cuore
dalla gioia del suo amore.

   Fratelli e sorelle che mi ascoltate, a tutti gli uomini è destinato l’annuncio
di speranza che costituisce il cuore del messaggio di Natale. Per tutti è nato
Gesù e, come a Betlemme Maria lo offrì ai pastori, in questo giorno la Chie-
sa lo presenta all’intera umanità, perché ogni persona e ogni umana situa-
zione possa sperimentare la potenza della grazia salvatrice di Dio, che sola
può trasformare il male in bene, che sola può cambiare il cuore dell’uomo e
renderlo un’”oasi” di pace.

    Possano sperimentare la potenza della grazia salvatrice di Dio le numero-
se popolazioni che ancora vivono nelle tenebre e nell’ombra di morte (cfr
Lc 1,79). La Luce divina di Betlemme si diffonda in Terrasanta, dove l’oriz-
zonte sembra tornare a farsi cupo per gli israeliani e i palestinesi; si diffonda
in Libano, in Iraq e ovunque nel Medio Oriente. Fecondi gli sforzi di quanti
non si rassegnano alla logica perversa dello scontro e della violenza e privi-
legiano invece la via del dialogo e del negoziato, per comporre le tensioni
interne ai singoli Paesi e trovare soluzioni giuste e durature ai conflitti che
travagliano la regione. A questa Luce che trasforma e rinnova anelano gli
abitanti dello Zimbabwe, in Africa, stretti da troppo tempo nella morsa di
una crisi politica e sociale che, purtroppo, continua ad aggravarsi, come pu-
re gli uomini e le donne della Repubblica Democratica del Congo, special-
mente nella martoriata regione del Kivu, del Darfur, in Sudan, e della Soma-
lia, le cui interminabili sofferenze sono tragica conseguenza dell’assenza di

                                        41
stabilità e di pace. Questa Luce attendono soprattutto i bambini di quei Pae-
si e di tutti i Paesi in difficoltà, affinché sia restituita speranza al loro avve-
nire.

   Dove la dignità e i diritti della persona umana sono conculcati; dove gli
egoismi personali o di gruppo prevalgono sul bene comune; dove si rischia
di assuefarsi all’odio fratricida e allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo; do-
ve lotte intestine dividono gruppi ed etnie e lacerano la convivenza; dove il
terrorismo continua a colpire; dove manca il necessario per sopravvivere;
dove si guarda con apprensione ad un futuro che sta diventando sempre più
incerto, anche nelle Nazioni del benessere: là risplenda la Luce del Natale ed
incoraggi tutti a fare la propria parte, in spirito di autentica solidarietà. Se
ciascuno pensa solo ai propri interessi, il mondo non può che andare in rovi-
na.

   Cari fratelli e sorelle, oggi “è apparsa la grazia di Dio Salvatore” (cfr Tt
2,11), in questo nostro mondo, con le sue potenzialità e le sue debolezze, i
suoi progressi e le sue crisi, con le sue speranze e le sue angosce. Oggi, ri-
fulge la luce di Gesù Cristo, Figlio dell’Altissimo e figlio della Vergine Ma-
ria: “Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero. Per noi uomini e per
la nostra salvezza discese dal cielo”. Lo adoriamo quest’oggi, in ogni ango-
lo della terra, avvolto in fasce e deposto in una povera mangiatoia. Lo ado-
riamo in silenzio mentre Lui, ancora infante, sembra dirci a nostra consola-
zione: Non abbiate paura, “Io sono Dio, non ce n’è altri” (Is 45,22). Venite a
me, uomini e donne, popoli e nazioni, venite a me, non temete: sono venuto
a portarvi l’amore del Padre, a mostrarvi la via della pace.

   Andiamo, dunque, fratelli! Affrettiamoci, come i pastori nella notte di
Betlemme. Dio ci è venuto incontro e ci ha mostrato il suo volto, ricco di
grazia e di misericordia! Non sia vana per noi la sua venuta! Cerchiamo Ge-
sù, lasciamoci attirare dalla sua luce, che dissipa dal cuore dell’uomo la tri-
stezza e la paura; avviciniamoci con fiducia; con umiltà prostriamoci per
adorarlo. Buon Natale a tutti!




                                        42
OMELIA DURANTE LA CELEBRAZIONE DEI VESPRI E DEL
TE DEUM DI RINGRAZIAMENTO PER LA FINE DELL’ANNO
                         Mercoledì, 31 dicembre 2008



   Cari fratelli e sorelle!

   L’anno che si chiude e quello che si annuncia all’orizzonte sono posti en-
trambi sotto lo sguardo benedicente della Santissima Madre di Dio. Ci ri-
chiama la sua materna presenza anche l’artistica scultura lignea policroma
posta qui, accanto all’altare, che la raffigura in trono con il Bambino bene-
dicente. Celebriamo i Primi Vespri di questa solennità mariana, e numerosi
sono in essi i riferimenti liturgici al mistero della divina maternità della Ver-
gine.

    “O admirabile commercium! Meraviglioso scambio!”. Così inizia l’an-
tifona del primo salmo, per poi proseguire: “Il Creatore ha preso un’anima e
un corpo, è nato da una vergine”. “Quando in modo unico sei nato dalla
Vergine hai compiuto le Scritture”, proclama l’antifona del secondo salmo,
a cui fanno eco le parole della terza antifona che ci ha introdotti al cantico
tratto dalla Lettera di Paolo agli Efesini: “Integra è la tua verginità, Madre
di Dio: noi ti lodiamo, tu prega per noi”. La divina maternità di Maria viene
sottolineata anche nella Lettura breve poc’anzi proclamata, che ripropone i
ben noti versetti della Lettera ai Galati: «Quando venne la pienezza del tem-
po, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna…perché ricevessimo l’adozione
a figli» (Gal 4,4-5). Ed ancora, nel tradizionale Te Deum, che eleveremo al
termine della nostra celebrazione dinanzi al Santissimo Sacramento solen-
nemente esposto alla nostra adorazione, canteremo: “Tu, ad liberandum su -
scepturus hominem, non horruisti Virginis uterum”, in italiano: “Tu, o Cri-
sto, nascesti dalla Vergine Madre per la salvezza dell’uomo”.

   Tutto dunque, questa sera, ci invita a volgere lo sguardo verso Colei che
“accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio e portò al mondo la vita” e
proprio per questo – ricorda il Concilio Vaticano II - “viene riconosciuta e
onorata come vera Madre di Dio” (Cost. Lumen gentium, 53). Il Natale di
Cristo, che in questi giorni commemoriamo, è interamente soffuso della lu-


                                       43
ce di Maria e, mentre nel presepe ci soffermiamo a contemplare il Bambino,
lo sguardo non può non volgersi riconoscente anche verso la Madre, che
con il suo “sì” ha reso possibile il dono della Redenzione. Ecco perché il
tempo natalizio porta con sé una profonda connotazione mariana; la nascita
di Gesù, uomo-Dio e la maternità divina di Maria sono realtà tra loro inscin-
dibili; il mistero di Maria ed il mistero dell’unigenito Figlio di Dio che si fa
uomo, formano un unico mistero, dove l’uno aiuta a meglio comprendere
l’altro.

   Maria Madre di Dio – Theotokos, Dei Genetrix. Fin dall’antichità, la Ma-
donna venne onorata con questo titolo. In occidente, tuttavia, non si trova
per tanti secoli una specifica festa dedicata alla maternità divina di Maria.
La introdusse nella Chiesa latina il Papa Pio XI nel 1931, in occasione del
15° centenario del Concilio di Efeso, e la collocò all’11 ottobre. In tale data
iniziò, nel 1962, il Concilio Ecumenico Vaticano II. Fu poi il servo di Dio
Paolo VI, nel 1969, riprendendo un’antica tradizione, a fissare questa solen-
nità al primo gennaio. E nell’Esortazione apostolica Marialis cultus del 2
febbraio 1974 spiegò il perché di questa scelta e la sua connessione con la
Giornata Mondiale della Pace. “Nel ricomposto ordinamento del periodo
natalizio – scrisse Paolo VI – ci sembra che la comune attenzione debba es-
sere rivolta alla ripristinata solennità di Maria Ss Madre di Dio: essa… è de-
stinata a celebrare la parte avuta da Maria in questo mistero di salvezza e ad
esaltare la singolare dignità che ne deriva per la Madre santa…; ed è, altresì,
un’occasione propizia per innovare l’adorazione al neonato Principe della
Pace, per riascoltare il lieto annuncio angelico (cfr Lc 2,14), per implorare
da Dio, mediante la Regina della Pace, il dono supremo della pace” (n. 5 in:
Insegnamenti di Paolo VI, XII 1974, pp. 105–106).

    Questa sera vogliamo porre nelle mani della celeste Madre di Dio il no-
stro corale inno di ringraziamento al Signore per i benefici che lungo i pas-
sati dodici mesi ci ha ampiamente concessi. Il primo sentimento, che nasce
spontaneo nel cuore questa sera, è proprio di lode e di azione di grazie a Co-
lui che ci fa dono del tempo, preziosa opportunità per compiere il bene;
uniamo la richiesta di perdono per non averlo forse sempre utilmente impie-
gato. Sono contento di condividere questo ringraziamento con voi , cari fra-
telli e sorelle, che rappresentate l’intera nostra Comunità diocesana, alla
quale rivolgo il mio cordiale saluto, estendendolo a tutti gli abitanti di Ro-

                                      44
ma. Un particolare saluto indirizzo al Cardinale Vicario e al Sindaco, i quali
entrambi hanno iniziato quest’anno le loro diverse missioni – l’una spiritua-
le e religiosa, l’altra civile ed amministrativa – al servizio di questa nostra
città. Il mio saluto si estende ai Vescovi Ausiliari, ai sacerdoti, alle persone
consacrate ed ai tanti fedeli laici qui convenuti, come pure alle Autorità pre-
senti. Venendo nel mondo, il Verbo eterno del Padre ci ha rivelato la vici-
nanza di Dio e la verità ultima sull’uomo e sul suo destino eterno; è venuto
a restare con noi per essere il nostro insostituibile sostegno, specialmente
nelle inevitabili difficoltà di ogni giorno. E questa sera la Vergine stessa ci
ricorda quale grande dono Gesù ci ha fatto con la sua nascita, quale prezio-
so “tesoro” costituisce per noi la sua Incarnazione. Nel suo Natale Gesù vie-
ne ad offrire la sua Parola come lampada che guida i nostri passi; viene ad
offrire se stesso e di Lui, nostra certa speranza, dobbiamo saper rendere ra-
gione nella nostra esistenza quotidiana, consapevoli che “solamente nel mi-
stero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” (Gaudium et
spes, 22).

    La presenza di Cristo è un dono che dobbiamo saper condividere con tut-
ti. A questo mira lo sforzo che la Comunità diocesana sta conducendo per la
formazione degli operatori pastorali, affinché siano in grado di rispondere
alle sfide che la cultura moderna pone alla fede cristiana. La presenza di nu-
merose e qualificate istituzioni accademiche a Roma e le tante iniziative
promosse dalle parrocchie ci fanno guardare con fiducia al futuro del cri-
stianesimo in questa città. L’incontro con Cristo, voi lo sapete bene, rinnova
l’esistenza personale e ci aiuta a contribuire alla costruzione di una società
giusta e fraterna. Ecco allora che, come credenti, si può dare un grande con-
tributo anche per superare l’attuale emergenza educativa. Quanto mai utile è
allora che cresca la sinergia fra le famiglie, la scuola e le parrocchie per una
evangelizzazione profonda e per una coraggiosa promozione umana, capaci
di comunicare a quanti più è possibile la ricchezza che scaturisce dall’in-
contro con Cristo. Incoraggio per questo ogni componente della nostra Dio-
cesi a proseguire il cammino intrapreso, attuando insieme il programma del-
l’anno pastorale in corso, che mira appunto ad “educare alla speranza nella
preghiera, nell’azione, nella sofferenza”.

   In questi nostri tempi, segnati da incertezza e preoccupazione per l’avve-
nire, è necessario sperimentare la viva presenza di Cristo. È Maria, Stella

                                      45
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Bollettino (II/2008)

  • 1. BOLLETTINO UFFICIALE DELL'ARCIDIOCESI METROPOLITANA DI PESCARA-PENNE ANNO LX MMVIII - 2
  • 2. Periodico Sede Legale: della Diocesi di Pescara Curia Arcivescovile Metropolitana Pescara-Penne Anno LX - N° 2 Piazza Spirito Santo, 5 Presidente: 65121 PESCARA S. E. R. Mons. Tommaso VALENTINETTI Direttore: Fotocomposizione e Stampa: Dott.ssa Lidia BASTI Tipografia MAX PRINT lidia.basti@poste.it 65016 MONTESILVANO (PE) Direttore Responsabile: Dott. Ernesto GRIPPO Rivista Diocesana Amministratore: C.C.P. n° 16126658 Can. Antonio DI GIULIO Periodico registrato presso il Tribunale di Pescara Editore: al n° 11/95 in data 24.05.1995 Curia Arcivescovile Metropolitana Pescara-Penne Spedizione in abb. postale 50% PESCARA CURIA METROPOLITANA Piazza Spirito Santo, 5 - 65121 Pescara - Tel. 085-4222571 - Fax 085-4213149 ARCIVESCOVADO Piazza Spirito Santo, 5 - 65121 Pescara - Tel. 085-2058897
  • 3. SOMMARIO LA PAROLA DEL PAPA Messaggio al popolo australiano ed ai giovani pellegrini che prendono parte alla Giornata Mondiale della Gioventù 2008 ..................................................................... pag. 6 Discorso ai giovani a Sydney (Australia) in occasione della XXIII Giornata Mondiale della Gioventù ................................................................... “ 8 Omelia a Sydney (Australia) in occasione della XXIII Giornata Mondiale della Gioventù ... “ 15 Omelia per il 150° anniversario delle apparizioni di Lourdes ............................................. “ 22 Messaggio al Signor Jaques Diouf, Direttore Generale della F.A.O. in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2008 ......................................... “ 28 Messaggio per la Giornata del Ringraziamento 2008 (Commissione Episcopale) .............. “ 31 Omelia nella Solennità del Natale del Signore - Santa Messa di mezzanotte ...................... “ 35 Messaggio Urbi et Orbi - Natale 2008 ................................................................................. “ 40 Omelia durante la celebrazione dei Vespri e del Te Deum di Ringraziamento per la fine dell’anno ............................................................................................................................. “ 43 VITA DIOCESANA NOMINE Nomine e incardinazione ............................................................................................................ “ 50 VARIE Lineamenti di Vita Pastorale ...................................................................................................... “ 58 Necrologio del Sac. don Bruno Cassini ................................................................................... “ 70 Rogito per la morte e tumulazione di Mons. Antonio Iannucci .......................................... “ 71 Necrologio del Sac. don Palmerino Di Battista ...................................................................... “ 74 AMMINISTRAZIONE Errata Corrige ............................................................................................................................... “ 76 “RESTANDO FEDELE ALLA TERRA HA CERCATO LE COSE DELL’ALTO” S. E. Antonio Iannucci - TESTAMENTO .............................................................................. “ 79 Omelia per il funerale di S. E. Mons. Antonio Iannucci ...................................................... “ 86 MMVIII - 2
  • 4.
  • 6. MESSAGGIO AL POPOLO AUSTRALIANO ED AI GIOVANI PELLEGRINI CHE PRENDONO PARTE ALLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 2008 “Avrete forza nello Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni” (Atti, 1, 8) La grazia e la pace di Dio nostro Padre e del Signore Gesù Cristo siano con tutti voi! Fra pochi giorni comincerò la mia visita apostolica nel vostro Paese per celebrare a Sydney la XXIII Giornata Mondiale della Gioventù. Attendo con ansia le giornate che trascorrerò con voi e, in particolare, le op- portunità di pregare e riflettere con i giovani di tutto il mondo. Innanzitutto, desidero esprimere apprezzamento a tutti coloro che hanno offerto molto del loro tempo, delle loro risorse e delle loro preghiere a so- stegno di questa celebrazione. Il Governo australiano e il Governo dello Stato del Nuovo Galles del Sud, gli organizzatori di tutti gli eventi e i mem- bri della comunità imprenditoriale che hanno fornito la sponsorizzazione, tutti voi avete volentieri sostenuto questo evento e a nome dei giovani par- tecipanti alla Giornata Mondiale della Gioventù vi ringrazio sinceramente. Molti giovani hanno fatto grandi sacrifici per giungere in Australia e pre- go affinché vengano ricompensati abbondantemente. Le parrocchie, le scuo- le e le famiglie ospiti sono state molto generose nell’accogliere questi gio- vani visitatori e anche loro meritano il nostro ringraziamento e il nostro ap- prezzamento. “Avrete forza nello Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testi- moni” (Atti 1, 8). Questo è il tema della XXIII Giornata Mondiale della Gioventù. Quanto il nostro mondo ha bisogno di una rinnovata effusione dello Spirito Santo! Molti non hanno ancora udito la Buona Novella di Ge- sù Cristo, mentre moltissimi, per varie ragioni, non hanno riconosciuto in essa la verità salvifica che sola può soddisfare gli aneliti più profondi del lo- ro cuore. Il salmista prega: “Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra” (Salmo 104, 30). Sono convinto del fatto che i giovani so- no chiamati a essere strumenti di quel rinnovamento, comunicando ai coeta- 6
  • 7. nei la gioia che hanno provato mediante la conoscenza e la sequela di Cristo e condividendo con gli altri l’amore che lo Spirito riversa nei loro cuori, af- finché anche loro possano essere colmi di speranza e di rendimento di gra- zie per tutte le buone cose che hanno ricevuto da Dio, nostro Padre Celeste. Molti giovani oggi non hanno speranza. Sono perplessi di fronte alle questioni che si presentano loro con sempre maggiore urgenza in un mondo che confonde, e spesso non sanno a chi rivolgersi per ottenere delle rispo- ste. Vedono povertà e ingiustizia e desiderano trovare soluzioni. Sono sfida- ti dagli argomenti di quanti negano l’esistenza di Dio e così chiedono come rispondere. Osservano i gravi danni causati all’ambiente dall’avidità umana e lottano per trovare modi per convivere in armonia con la natura e con il prossimo. Dove possono trovare risposte? Lo Spirito ci indica la via che conduce alla vita, all’amore e alla verità. Lo Spirito ci orienta a Gesù Cristo. A sant’Agostino si attribuisce quanto segue: “Se vuoi restare giovane, cerca Cristo”. In Lui troviamo le risposte che cerchiamo, troviamo gli obiettivi per i quali vale veramente la pena vivere, troviamo la forza di percorrere il cammino che porterà a un mondo migliore. I nostri cuori sono inquieti fin- ché non trovano pace nel Signore, come afferma sant’Agostino all’inizio delle Confessioni, la famosa narrazione della sua giovinezza. Prego affinché il cuore dei giovani che si riuniranno a Sydney per la celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù trovi veramente pace nel Signore e che essi siano colmi di gioia e fervore per diffondere la Buona Novella fra i loro amici, familiari e tutti quelli che incontreranno. Cari amici australiani, sebbene potrò trascorrere solo alcuni giorni nel vostro Paese e non potrò recarmi fuori da Sydney, il mio cuore raggiunge voi tutti, inclusi i malati e coloro che affrontano difficoltà di ogni genere. A nome di tutti i giovani, vi ringrazio ancora una volta per il sostegno della mia missione e vi chiedo di continuare a pregare per loro in particolare. Non mi resta che rinnovare il mio invito ai giovani di tutto il mondo a unirsi a me in Australia, la grande “terra meridionale dello Spirito Santo”. Attendo con ansia di incontrarvi là! Che Dio vi benedica tutti. Vaticano, 4 luglio 2008 7
  • 8. DISCORSO AI GIOVANI A SYDNEY (AUSTRALIA) IN OCCASIONE DELLA XXIII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ (13 - 21 LUGLIO 2008) Ippodromo di Randwick Sabato, 19 luglio 2008 Carissimi giovani, ancora una volta, questa sera, abbiamo udito la grande promessa di Cri- sto – “avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi” – ed abbiamo ascoltato il suo comando – “mi sarete testimoni… fino agli estremi confini della terra” (At 1,8). Furono proprio queste le ultime parole che Gesù pro- nunciò prima della sua ascensione al cielo. Cosa abbiano provato gli Apo- stoli nell’udirle possiamo soltanto immaginarlo. Ma sappiamo che il loro profondo amore per Gesù e la loro fiducia nella sua parola li spinse a radu- narsi e ad attendere; non ad attendere senza scopo, ma insieme, uniti nella preghiera, con le donne e con Maria nella sala superiore (cfr At 1,14). Que- sta sera noi facciamo lo stesso. Radunati davanti alla nostra Croce che ha tanto viaggiato e all’icona di Maria, sotto lo splendore celeste della costella- zione della Croce del Sud, noi preghiamo. Questa sera, io prego per voi e per i giovani di ogni parte del mondo. Lasciatevi ispirare dall’esempio dei vostri Patroni! Accogliete nel vostro cuore e nella vostra mente i sette doni dello Spirito Santo! Riconoscete e credete nella potenza dello Spirito Santo nella vostra vita! L’altro giorno abbiamo parlato dell’unità e dell’armonia della creazione di Dio e del nostro posto in essa. Abbiamo ricordato come, mediante il grande dono del Battesimo, noi, che siamo creati ad immagine e somiglian- za di Dio, siamo rinati, siamo divenuti figli adottivi di Dio, nuove creature. Ed è perciò come figli della luce di Cristo – simboleggiata dalle candele ac- cese che ora tenete in mano – che diamo testimonianza nel nostro mondo al- lo splendore che nessuna tenebra può vincere (cfr Gv 1,5). 8
  • 9. Questa sera fissiamo la nostra attenzione sul “come” diventare testimoni. Abbiamo bisogno di conoscere la persona dello Spirito Santo e la sua pre- senza vivificante nella nostra vita. Non è cosa facile! In effetti, la varietà di immagini che troviamo nella Scrittura a riguardo dello Spirito – vento, fuo- co, soffio – sono un segno della nostra difficoltà ad esprimere su di lui una nostra comprensione articolata. E tuttavia sappiamo che è lo Spirito Santo che, benché silenzioso e invisibile, offre direzione e definizione alla nostra testimonianza su Gesù Cristo. Voi già sapete che la nostra testimonianza cristiana è offerta ad un mon- do che per molti aspetti è fragile. L’unità della creazione di Dio è indebolita da ferite che vanno in profondità, quando le relazioni sociali si rompono o quando lo spirito umano è quasi completamente schiacciato mediante lo sfruttamento e l’abuso delle persone. Di fatto, la società contemporanea su- bisce un processo di frammentazione a causa di un modo di pensare che è per natura sua di corta visione, perché trascura l’intero orizzonte della verità – della verità riguardo a Dio e riguardo a noi. Per sua natura il relativismo non riesce a vedere l’intero quadro. Ignora quegli stessi principi che ci ren- dono capaci di vivere e di crescere nell’unità, nell’ordine e nell’armonia. Qual è la nostra risposta, come testimoni cristiani, a un mondo diviso e frammentato? Come possiamo offrire la speranza di pace, di guarigione e di armonia a quelle “stazioni” di conflitto, di sofferenza e di tensione attraver- so le quali voi avete scelto di passare con questa Croce della Giornata Mon- diale della Gioventù? L’unità e la riconciliazione non possono essere rag- giunte mediante i nostri sforzi soltanto. Dio ci ha fatto l’uno per l’altro (cfr Gn 2,24) e soltanto in Dio e nella sua Chiesa possiamo trovare quell’unità che cerchiamo. Eppure, a fronte delle imperfezioni e delle delusioni sia in- dividuali che istituzionali, noi siamo tentati a volte di costruire artificial- mente una comunità “perfetta”. Non si tratta di una tentazione nuova. La storia della Chiesa contiene molti esempi di tentativi di aggirare o scavalca- re le debolezze ed i fallimenti umani per creare un’unità perfetta, un’utopia spirituale. Tali tentativi di costruire l’unità in realtà la minano! Separare lo Spirito Santo dal Cristo presente nella struttura istituzionale della Chiesa compro- metterebbe l’unità della comunità cristiana, che è precisamente il dono dello 9
  • 10. Spirito! Ciò tradirebbe la natura della Chiesa quale Tempio vivo dello Spiri- to Santo (cfr 1 Cor 3,16). È lo Spirito infatti che guida la Chiesa sulla via della piena verità e la unifica nella comunione e nelle opere del ministero (cfr Lumen gentium, 4). Purtroppo la tentazione di “andare avanti da soli” persiste. Alcuni parlano della loro comunità locale come di un qualcosa di separato dalla cosiddetta Chiesa istituzionale, descrivendo la prima come flessibile ed aperta allo Spirito, e la seconda come rigida e priva dello Spiri- to. L’unità appartiene all’essenza della Chiesa (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 813); è un dono che dobbiamo riconoscere e aver caro. Questa sera preghiamo per il nostro proposito di coltivare l’unità: di contribuire ad essa! di resistere ad ogni tentazione di andarcene via! Poiché è esattamente l’ampiezza, la vasta visione della nostra fede – solida ed insieme aperta, consistente e insieme dinamica, vera e tuttavia sempre protesa ad una cono- scenza più profonda – che possiamo offrire al nostro mondo. Cari giovani, non è forse a causa della vostra fede che amici in difficoltà o alla ricerca di senso nella loro vita si sono rivolti a voi? Siate vigilanti! Sappiate ascoltare! Attraverso le dissonanze e le divisioni del mondo, potete voi udire la voce concorde dell’umanità? Dal bimbo derelitto di un campo nel Darfur ad un adolescente turbato, ad un genitore in ansia in una qualsiasi periferia, o for- se proprio ora dalle profondità del vostro cuore, emerge il medesimo grido umano che anela ad un riconoscimento, ad un’appartenenza, all’unità. Chi soddisfa questo desiderio umano essenziale ad essere uno, ad essere immer- so nella comunione, ad essere edificato, ad essere guidato alla verità? Lo Spirito Santo! Questo è il suo ruolo: portare a compimento l’opera di Cristo. Arricchiti dei doni dello Spirito, voi avrete la forza di andare oltre le visioni parziali, la vuota utopia, la precarietà fugace, per offrire la coerenza e la certezza della testimonianza cristiana! Amici, quando recitiamo il Credo affermiamo: “Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita”. Lo “Spirito creatore” è la potenza di Dio che dà la vita a tutta la creazione ed è la fonte di vita nuova e abbondante in Cristo. Lo Spirito mantiene la Chiesa unita al suo Signore e fedele alla Tradizione apo- stolica. Egli è l’ispiratore delle Sacre Scritture e guida il Popolo di Dio alla pienezza della verità (cfr Gv 16,13). In tutti questi modi lo Spirito è il “datore di vita”, che ci conduce al cuore stesso di Dio. Così, quanto più consentiamo 10
  • 11. allo Spirito di dirigerci, tanto maggiore sarà la nostra configurazione a Cristo e tanto più profonda la nostra immersione nella vita del Dio uno e trino. Questa partecipazione alla natura stessa di Dio (cfr 2 Pt,1,4) avviene, nello svolgersi dei quotidiani eventi della vita, in cui Egli è sempre presente (cfr Bar 3,38). Vi sono momenti, tuttavia, nei quali possiamo essere tentati di ricercare un certo appagamento fuori di Dio. Gesù stesso chiese ai Dodi- ci: “Forse anche voi volete andarvene?” (Gv 6,67). Un tale allontanamento magari offre l’illusione della libertà. Ma dove ci porta? Da chi possiamo noi andare? Nei nostri cuori, infatti, sappiamo che solo il Signore ha “parole di vita eterna” (Gv 6,67-69). L’allontanamento da lui è solo un futile tentativo di fuggire da noi stessi (cfr S. Agostino, Confessioni VIII,7). Dio è con noi nella realtà della vita e non nella fantasia! Affrontare la realtà, non di sfug- girla: è questo ciò che noi cerchiamo! Perciò lo Spirito Santo con delicatez- za, ma anche con risolutezza ci attira a ciò che è reale, a ciò che è durevole, a ciò che è vero. È lo Spirito che ci riporta alla comunione con la Trinità Santissima! Lo Spirito Santo è stato in vari modi la Persona dimenticata della Santis- sima Trinità. Una chiara comprensione di lui sembra quasi fuori della nostra portata. E tuttavia quando ero ancora ragazzino, i miei genitori, come i vo- stri, mi insegnarono il segno della Croce e così giunsi presto a capire che c’è un Dio in tre Persone, e che la Trinità è al centro della fede e della vita cristiana. Quando crebbi in modo da avere una certa comprensione di Dio Padre e di Dio Figlio - i nomi significavano già parecchio - la mia compren- sione della terza Persona della Trinità rimaneva molto carente. Perciò, da giovane sacerdote incaricato di insegnare teologia, decisi di studiare i testi- moni eminenti dello Spirito nella storia della Chiesa. Fu in questo itinerario che mi ritrovai a leggere, tra gli altri, il grande sant’Agostino. La sua comprensione dello Spirito Santo si sviluppò in modo graduale; fu una lotta. Da giovane aveva seguito il Manicheismo – uno di quei tentati- vi che ho menzionato prima, di creare un’utopia spirituale separando le cose dello spirito da quelle della carne. Di conseguenza, all’inizio egli era so- spettoso di fronte all’insegnamento cristiano sull’incarnazione di Dio. E tut- tavia la sua esperienza dell’amore di Dio presente nella Chiesa lo portò a cercarne la fonte nella vita del Dio uno e trino. Questo lo portò a tre partico- 11
  • 12. lari intuizioni sullo Spirito Santo come vincolo di unità all’interno della Santissima Trinità: unità come comunione, unità come amore durevole, unità come donante e dono. Queste tre intuizioni non sono soltanto teoriche. Esse aiutano a spiegare come opera lo Spirito. In un mondo in cui sia gli in- dividui sia le comunità spesso soffrono dell’assenza di unità e di coesione, tali intuizioni ci aiutano a rimanere sintonizzati con lo Spirito e ad estendere e chiarire l’ambito della nostra testimonianza. Perciò con l’aiuto di sant’Agostino, cerchiamo di illustrare qualcosa del- l’opera dello Spirito Santo. Egli annota che le due parole “Spirito” e “San- to” si riferiscono a ciò che appartiene alla natura divina; in altre parole, a ciò che è condiviso dal Padre e dal Figlio, alla loro comunione. Per cui, se la caratteristica propria dello Spirito è di essere ciò che è condiviso dal Pa- dre e dal Figlio, Agostino ne conclude che la qualità peculiare dello Spirito è l’unità. Un’unità di comunione vissuta: un’unità di persone in relazione vicendevole di costante dono; il Padre e il Figlio che si donano l’uno all’al- tro. Cominciamo così ad intravedere, penso, quanto illuminante sia tale comprensione dello Spirito Santo come unità, come comunione. Una vera unità non può mai essere fondata su relazioni che neghino l’uguale dignità delle altre persone. E neppure l’unità è semplicemente la somma totale dei gruppi mediante i quali noi a volte cerchiamo di “definire” noi stessi. Di fatto, solo nella vita di comunione l’unità si sostiene e l’identità umana si realizza appieno: riconosciamo il comune bisogno di Dio, rispondiamo al- l’unificante presenza dello Spirito Santo e ci doniamo vicendevolmente nel servizio degli uni agli altri. La seconda intuizione di Agostino – cioè, lo Spirito Santo come amore che permane – discende dallo studio che egli fece della Prima Lettera di san Giovanni, là dove l’autore ci dice che “Dio è amore” (1 Gv 4,16). Ago- stino suggerisce che queste parole, pur riferendosi alla Trinità nel suo insie- me, debbono intendersi anche come espressive di una caratteristica partico- lare dello Spirito Santo. Riflettendo sulla natura permanente dell’amore – “chi resta nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” (ibid.) – Agostino si chiede: è l’amore o lo Spirito che garantisce il dono durevole? E questa è la conclusione alla quale egli arriva: “Lo Spirito Santo fa dimorare noi in Dio e Dio in noi; ma è l’amore che causa ciò. Lo Spirito pertanto è Dio co- me amore!” (De Trinitate 15,17,31). È una magnifica spiegazione: Dio 12
  • 13. condivide se stesso come amore nello Spirito Santo. Che cosa d’altro pos- siamo sapere sulla base di questa intuizione? L’amore è il segno della pre- senza dello Spirito Santo! Le idee o le parole che mancano di amore – an- che se appaiono sofisticate o sagaci – non possono essere “dello Spirito”. Di più: l’amore ha un tratto particolare; lungi dall’essere indulgente o volubile, ha un compito o un fine da adempiere: quello di permanere. Per sua natura l’amore è durevole. Ancora una volta, cari amici, possiamo gettare un ulte- riore colpo d’occhio su quanto lo Spirito Santo offre al mondo: amore che dissolve l’incertezza; amore che supera la paura del tradimento; amore che porta in sé l’eternità; il vero amore che ci introduce in una unità che perma- ne! La terza intuizione – lo Spirito Santo come dono - Agostino la deduce dalla riflessione su un passo evangelico che tutti conosciamo ed amiamo: il colloquio di Cristo con la samaritana presso il pozzo. Qui Gesù si rivela co- me il datore dell’acqua viva (cfr Gv 4,10), che viene poi qualificata come lo Spirito (cfr Gv 7,39; 1 Cor 12,13). Lo Spirito è “il dono di Dio” (Gv 4,10) – la sorgente interiore (cfr Gv 4,14) – che soddisfa davvero la nostra sete più profonda e ci conduce al Padre. Da tale osservazione Agostino conclude che il Dio che si concede a noi come dono è lo Spirito Santo (cfr De Trinitate, 15,18,32). Amici, ancora una volta gettiamo uno sguardo sulla Trinità all’o- pera: lo Spirito Santo è Dio che eternamente si dona; al pari di una sorgente perenne, egli offre niente di meno che se stesso. Osservando questo dono incessante, giungiamo a vedere i limiti di tutto ciò che perisce, la follia di una mentalità consumistica. In particolare, cominciamo a comprendere per- ché la ricerca di novità ci lascia insoddisfatti e desiderosi di qualcos’altro. Non stiamo noi forse ricercando un dono eterno? La sorgente che mai si esaurirà? Con la samaritana esclamiamo: Dammi di quest’acqua, così che non abbia più sete (cfr Gv 4,15)! Carissimi giovani, abbiamo visto che è lo Spirito Santo a realizzare la meravigliosa comunione dei credenti in Cristo Gesù. Fedele alla sua natura di datore e insieme di dono, egli è ora all’opera mediante voi. Ispirati dalle intuizioni di sant’Agostino, fate sì che l’amore unificante sia la vostra misu- ra; l’amore durevole sia la vostra sfida; l’amore che si dona la vostra mis- sione! 13
  • 14. Domani quello stesso dono dello Spirito verrà solennemente conferito ai nostri candidati alla Cresima. Io pregherò: “Dona loro lo spirito di sapienza e di intelletto, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà e riempili dello spirito del tuo santo timore”. Questi doni dello Spirito – cia- scuno dei quali, come ci ricorda san Francesco di Sales, è un modo per par- tecipare all’unico amore di Dio – non sono né un premio né un riconosci- mento. Sono semplicemente donati (cfr 1 Cor 12,11). Ed essi esigono da parte del ricevente soltanto una risposta: “Accetto”! Percepiamo qui qualco- sa del mistero profondo che è l’essere cristiani. Ciò che costituisce la nostra fede non è in primo luogo ciò che facciamo, ma ciò che riceviamo. Dopo tutto, molte persone generose che non sono cristiane possono realizzare ben di più di ciò che facciamo noi. Amici, accettate di essere introdotti nella vita trinitaria di Dio? Accettate di essere introdotti nella sua comunione d’amo- re? I doni dello Spirito che operano in noi imprimono la direzione e danno la definizione della nostra testimonianza. Orientati per loro natura all’unità, i doni dello Spirito ci vincolano ancor più strettamente all’insieme del Corpo di Cristo (cfr Lumen gentium, 11), mettendoci meglio in grado di edificare la Chiesa, per servire così il mondo (cfr Ef 4,13). Ci chiamano ad un’attiva e gioiosa partecipazione alla vita della Chiesa: nelle parrocchie e nei movi- menti ecclesiali, nelle lezioni di religione a scuola, nelle cappellanie univer- sitarie e nelle altre organizzazioni cattoliche. Sì, la Chiesa deve crescere nell’unità, deve rafforzarsi nella santità, ringiovanirsi, e costantemente rin- novarsi (cfr Lumen gentium). 14
  • 15. OMELIA A SYDNEY (AUSTRALIA) IN OCCASIONE DELLA XXIII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ (13 - 21 LUGLIO 2008) Ippodromo di Randwick Domenica, 20 luglio 2008 Cari amici, “avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi” (At 1,8). Abbia- mo visto realizzata questa promessa! Nel giorno di Pentecoste, come abbia- mo ascoltato nella prima lettura, il Signore risorto, seduto alla destra del Pa- dre, ha inviato lo Spirito sui discepoli riuniti nel Cenacolo. Per la forza di questo Spirito, Pietro e gli Apostoli sono andati a predicare il Vangelo fino ai confini della terra. In ogni età ed in ogni lingua la Chiesa continua a pro- clamare in tutto il mondo le meraviglie di Dio e invita tutte le nazioni e i popoli alla fede, alla speranza e alla nuova vita in Cristo. In questi giorni anch’io sono venuto, come Successore di san Pietro, in questa stupenda terra d’Australia. Sono venuto a confermare voi, miei gio- vani fratelli e sorelle, nella vostra fede e ad aprire i vostri cuori al potere dello Spirito di Cristo e alla ricchezza dei suoi doni. Prego perché questa grande assemblea, che unisce giovani “di ogni nazione che è sotto il cielo” (At 2,5), diventi un nuovo Cenacolo. Possa il fuoco dell’amore di Dio scen- dere a riempire i vostri cuori, per unirvi sempre di più al Signore e alla sua Chiesa e inviarvi, come nuova generazione di apostoli, a portare il mondo a Cristo! “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi”. Queste parole del Signore Risorto hanno uno speciale significato per quei giovani che sa- ranno confermati, segnati con il dono dello Spirito Santo, durante questa Santa Messa. Ma queste parole sono anche indirizzate ad ognuno di noi, a tutti coloro cioè che hanno ricevuto il dono dello Spirito di riconciliazione e della nuova vita nel Battesimo, che lo hanno accolto nei loro cuori come lo- ro aiuto e guida nella Confermazione e che quotidianamente crescono nei suoi doni di grazia mediante la Santa Eucaristia. In ogni Messa, infatti, lo 15
  • 16. Spirito Santo discende nuovamente, invocato nella solenne preghiera della Chiesa, non solo per trasformare i nostri doni del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue del Signore, ma anche per trasformare le nostre vite, per fare di noi, con la sua forza, “un solo corpo ed un solo spirito in Cristo”. Ma che cosa è questo “potere” dello Spirito Santo? È il potere della vita di Dio! È il potere dello stesso Spirito che si librò sulle acque all’alba della creazione e che, nella pienezza dei tempi, rialzò Gesù dalla morte. È il pote- re che conduce noi e il nostro mondo verso l’avvento del Regno di Dio. Nel Vangelo di oggi, Gesù annuncia che è iniziata una nuova era, nella quale lo Spirito Santo sarà effuso sull’umanità intera (cfr Lc 4,21). Egli stesso, con- cepito per opera dello Spirito Santo e nato dalla Vergine Maria, è venuto tra noi per portarci questo Spirito. Come sorgente della nostra nuova vita in Cristo, lo Spirito Santo è anche, in un modo molto vero, l’anima della Chie- sa, l’amore che ci lega al Signore e tra di noi e la luce che apre i nostri occhi per vedere le meraviglie della grazia di Dio intorno a noi. Qui in Australia, questa “grande terra meridionale dello Spirito Santo”, noi tutti abbiamo avuto un’indimenticabile esperienza della presenza e della potenza dello Spirito nella bellezza della natura. I nostri occhi sono stati aperti per vedere il mondo attorno a noi come veramente è: “ricolmo”, come dice il poeta “della grandezza di Dio”, ripieno della gloria del suo amore creativo. Anche qui, in questa grande assemblea di giovani cristiani prove- nienti da tutto il mondo, abbiamo avuto una vivida esperienza della presen- za e della forza dello Spirito nella vita della Chiesa. Abbiamo visto la Chie- sa per quello che veramente è: Corpo di Cristo, vivente comunità d’amore, comprendente gente di ogni razza, nazione e lingua, di ogni tempo e luogo, nell’unità nata dalla nostra fede nel Signore risorto. La forza dello Spirito non cessa mai di riempire di vita la Chiesa! Attra- verso la grazia dei Sacramenti della Chiesa, questa forza fluisce anche nel nostro intimo, come un fiume sotterraneo che nutre lo spirito e ci attira sem- pre più vicino alla fonte della nostra vera vita, che è Cristo. Sant’Ignazio di Antiochia, che morì martire a Roma all’inizio del secondo secolo, ci ha la- sciato una splendida descrizione della forza dello Spirito che dimora dentro di noi. Egli ha parlato dello Spirito come di una fontana di acqua viva che zampilla nel suo cuore e sussurra: “Vieni, vieni al Padre!” (cfr Ai Romani, 6,1-9). 16
  • 17. Tuttavia questa forza, la grazia dello Spirito, non è qualcosa che possia- mo meritare o conquistare; possiamo solamente riceverla come puro dono. L’amore di Dio può effondere la sua forza solo quando gli permettiamo di cambiarci dal di dentro. Noi dobbiamo permettergli di penetrare nella dura crosta della nostra indifferenza, della nostra stanchezza spirituale, del nostro cieco conformismo allo spirito di questo nostro tempo. Solo allora possia- mo permettergli di accendere la nostra immaginazione e plasmare i nostri desideri più profondi. Ecco perché la preghiera è così importante: la pre- ghiera quotidiana, quella privata nella quiete dei nostri cuori e davanti al Santissimo Sacramento e la preghiera liturgica nel cuore della Chiesa. Essa è pura ricettività della grazia di Dio, amore in azione, comunione con lo Spirito che dimora in noi e ci conduce, attraverso Gesù, nella Chiesa, al no- stro Padre celeste. Nella potenza del suo Spirito, Gesù è sempre presente nei nostri cuori, aspettando quietamente che ci disponiamo nel silenzio ac- canto a Lui per sentire la sua voce, restare nel suo amore e ricevere la “for- za che proviene dall’alto”, una forza che ci abilita ad essere sale e luce per il nostro mondo. Nella sua Ascensione, il Signore risorto disse ai suoi discepoli: “Sarete miei testimoni... fino ai confini del mondo” (At 1,8). Qui, in Australia, rin- graziamo il Signore per il dono della fede, che è giunto fino a noi come un tesoro trasmesso di generazione in generazione nella comunione della Chie- sa. Qui, in Oceania, ringraziamo in modo speciale tutti quegli eroici missio- nari, sacerdoti e religiosi impegnati, genitori e nonni cristiani, maestri e ca- techisti che hanno edificato la Chiesa in queste terre. Testimoni come la Beata Mary MacKillop, San Peter Chanel, il Beato Peter To Rot e molti al- tri! La forza dello Spirito, rivelata nelle loro vite, è ancora all’opera nelle iniziative di bene che hanno lasciato, nella società che hanno plasmato e che ora è consegnata a voi. Cari giovani, permettetemi di farvi ora una domanda. Che cosa lascerete voi alla prossima generazione? State voi costruendo le vostre esistenze su fondamenta solide, state costruendo qualcosa che durerà? State vivendo le vostre vite in modo da fare spazio allo Spirito in mezzo ad un mondo che vuole dimenticare Dio, o addirittura rigettarlo in nome di un falso concetto di libertà? Come state usando i doni che vi sono stati dati, la “forza” che lo Spirito Santo è anche ora pronto a effondere su di voi? Che eredità lascerete ai giovani che verranno? Quale differenza voi farete? 17
  • 18. La forza dello Spirito Santo non ci illumina soltanto né solo ci consola. Ci indirizza anche verso il futuro, verso l’avvento del Regno di Dio. Che magnifica visione di una umanità redenta e rinnovata noi scorgiamo nella nuova era promessa dal Vangelo odierno! San Luca ci dice che Gesù Cristo è il compimento di tutte le promesse di Dio, il Messia che possiede in pie- nezza lo Spirito Santo per comunicarlo all’intera umanità. L’effusione dello Spirito di Cristo sull’umanità è un pegno di speranza e di liberazione contro tutto quello che ci impoverisce. Tale effusione dona nuova vista al cieco, manda liberi gli oppressi, e crea unità nella e con la diversità ( cfr Lc 4,18- 19; Is 61,1-2). Questa forza può creare un mondo nuovo: può “rinnovare la faccia della terra” (cfr Sal 104, 30)! Rafforzata dallo Spirito e attingendo ad una ricca visione di fede, una nuova generazione di cristiani è chiamata a contribuire all’edificazione di un mondo in cui la vita sia accolta, rispettata e curata amorevolmente, non respinta o temuta come una minaccia e perciò distrutta. Una nuova era in cui l’amore non sia avido ed egoista, ma puro, fedele e sinceramente libero, aperto agli altri, rispettoso della loro dignità, un amore che promuova il loro bene e irradi gioia e bellezza. Una nuova era nella quale la speranza ci liberi dalla superficialità, dall’apatia e dall’egoismo che mortificano le nostre ani- me e avvelenano i rapporti umani. Cari giovani amici, il Signore vi sta chie- dendo di essere profeti di questa nuova era, messaggeri del suo amore, capa- ci di attrarre la gente verso il Padre e di costruire un futuro di speranza per tutta l’umanità. Il mondo ha bisogno di questo rinnovamento! In molte nostre società, ac- canto alla prosperità materiale, si sta allargando il deserto spirituale: un vuo- to interiore, una paura indefinibile, un nascosto senso di disperazione. Quanti dei nostri contemporanei si sono scavati cisterne screpolate e vuote (cfr Ger 2,13) in una disperata ricerca di significato, di quell’ultimo signifi- cato che solo l’amore può dare? Questo è il grande e liberante dono che il Vangelo porta con sé: esso rivela la nostra dignità di uomini e donne creati ad immagine e somiglianza di Dio. Rivela la sublime chiamata dell’uma- nità, che è quella di trovare la propria pienezza nell’amore. Esso dischiude la verità sull’uomo, la verità sulla vita. 18
  • 19. Anche la Chiesa ha bisogno di questo rinnovamento! Ha bisogno della vostra fede, del vostro idealismo e della vostra generosità, così da poter es- sere sempre giovane nello Spirito (cfr Lumen gentium, 4). Nella seconda Lettura di oggi, l’apostolo Paolo ci ricorda che ogni singolo Cristiano ha ri- cevuto un dono che deve essere usato per edificare il Corpo di Cristo. La Chiesa ha specialmente bisogno del dono dei giovani, di tutti i giovani. Essa ha bisogno di crescere nella forza dello Spirito che anche adesso dona gioia a voi giovani e vi ispira a servire il Signore con allegrezza. Aprite il vostro cuore a questa forza! Rivolgo questo appello in modo speciale a coloro che il Signore chiama alla vita sacerdotale e consacrata. Non abbiate paura di dire il vostro “sì” a Gesù, di trovare la vostra gioia nel fare la sua volontà, donandovi completamente per arrivare alla santità e facendo uso dei vostri talenti a servizio degli altri! Fra poco celebreremo il sacramento della Confermazione. Lo Spirito Santo discenderà sui candidati; essi saranno “segnati” con il dono dello Spi- rito e inviati ad essere testimoni di Cristo. Che cosa significa ricevere il “si- gillo” dello Spirito Santo? Significa essere indelebilmente segnati, inaltera- bilmente cambiati, significa essere nuove creature. Per coloro che hanno ri- cevuto questo dono, nulla può mai più essere lo stesso! Essere “battezzati” nello Spirito significa essere incendiati dall’amore di Dio. Essersi “abbeve- rati” allo Spirito (cfr 1 Cor 12,13) significa essere rinfrescati dalla bellezza del piano di Dio per noi e per il mondo, e divenire a nostra volta una fonte di freschezza per gli altri. Essere “sigillati con lo Spirito” significa inoltre non avere paura di difendere Cristo, lasciando che la verità del Vangelo per- mei il nostro modo di vedere, pensare ed agire, mentre lavoriamo per il trionfo della civiltà dell’amore. Nell’elevare la nostra preghiera per i confermandi, preghiamo anche per- ché la forza dello Spirito Santo ravvivi la grazia della Confermazione in cia- scuno di noi. Voglia lo Spirito riversare i suoi doni in abbondanza su tutti i presenti, sulla città di Sydney, su questa terra di Australia e su tutto il suo popolo. Che ciascuno di noi sia rinnovato nello spirito di sapienza e d’intel- letto, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà, spirito di santo timore di Dio! 19
  • 20. Attraverso l’amorevole intercessione di Maria, Madre della Chiesa, pos- sa questa XXIII Giornata Mondiale della Gioventù essere vissuta come un nuovo Cenacolo, così che tutti noi, ardenti del fuoco dell’amore dello Spiri- to Santo, possiamo continuare a proclamare il Signore risorto e attrarre ogni cuore a lui. Amen! *** Saluto di cuore i giovani di lingua italiana, ed estendo il mio affettuoso pensiero a quanti sono originari dell’Italia e vivono in Australia. Al termine di questa straordinaria esperienza di Chiesa, che ci ha fatto vivere una rin- novata Pentecoste, tornate a casa rinvigoriti dalla forza dello Spirito Santo. Siate testimoni di Cristo risorto, speranza dei giovani e dell’intera famiglia umana! Chers jeunes francophones, l’Esprit Saint est la source du message de Jé- sus-Christ et de son action salvifique. Il parle au cœur de chacun le langage qu’il comprend. La diversité des dons de l’Esprit vous fait comprendre la ri- chesse de grâces qui est en Dieu. Puissiez-vous vous ouvrir à son souffle ! Puissiez-vous permettre son action en vous et autour de vous ! Vous vivrez ainsi en Dieu et vous témoignerez que le Christ est le Sauveur que le monde espère. [Cari giovani francofoni, lo Spirito Santo è la fonte del messaggio di Ge - sù Cristo e della sua azione salvifica. Parla al cuore di ognuno nella lingua che ognuno comprende. La diversità dei doni dello Spirito vi fa capire la ricchezza di grazie che è in Dio. Che possiate aprirvi al suo afflato! Che possiate permettere la sua azione in voi e attorno a voi! Vivrete così in Dio e testimonierete che Cristo è il Salvatore che il mondo attende]. Auch euch, liebe junge Freunde deutscher Sprache, gilt mein herzlicher Gruß. Der Heilige Geist ist ein Geist der Gemeinschaft und wirkt Verständi- gung und Kommunikation. Sprecht mit anderen über eure Hoffnungen und Ideale, und sprecht von Gott und mit Gott! Glücklich ist der Mensch, der in der Liebe Gottes und in der Liebe zum Nächsten lebt. Gottes Geist führe eu- ch auf Wegen des Friedens! 20
  • 21. [Anche a voi, cari giovani amici di lingua tedesca, porgo il mio saluto affettuoso! Lo Spirito Santo è uno spirito di comunione e permette compren - sione e comunicazione. Parlate agli altri delle vostre speranze e dei vostri ideali e parlate di Dio e con Dio! Felice è l’uomo che vive nell’amore di Dio e nell’amore del prossimo. Lo Spirito di Dio vi guidi lungo vie di pa - ce!]. Queridos jóvenes, en Cristo se cumplen todas las promesas de salvación verdadera para la humanidad. Él tiene para cada uno de vosotros un proyec- to de amor en el que se encuentra el sentido y la plenitud de la vida, y espe- ra de todos vosotros que hagáis fructificar los dones que os ha dado, siendo sus testigos de palabra y con el propio ejemplo. No lo defraudéis. [Cari giovani, in Cristo si compiono tutte le promesse di salvezza vera per l’umanità. Egli ha per ognuno di voi un progetto di amore in cui si tro - vano il senso e la pienezza della vita, e si aspetta da tutti voi che facciate fruttificare i doni che vi ha dato, come suoi testimoni con le parole e con il vostro esempio. Non lo deludete]. Amados jovens de língua portuguesa, queridos amigos em Cristo! Sabeis que Jesus não vos quer sozinhos; disse Ele: «Eu rogarei ao Pai e Ele vos dará outro Consolador para estar convosco para sempre, o Espírito da ver- dade (…) que vós conheceis, porque habita convosco e está em vós» (Jo 14, 16-17). É verdade! Sobre vós desceu uma língua de fogo do Pentecostes: é a vossa marca de cristãos. Mas não foi para a guardardes só para vós, porque «a manifestação do Espírito é dada a cada um para proveito comum» (1 Cor 12, 7). Levai este Fogo santo a todos os cantos da terra. Nada e ninguém O poderá apagar, porque desceu do céu. Tal é a vossa força, caros jovens ami- gos! Por isso, vivei do Espírito e para o Espírito! [Amati giovani di lingua portoghese, cari amici in Cristo! Sapete che Gesù non vuole che restiate soli. Egli dice: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità (...) Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi” (Gv 14, 16-17). È vero! Su di voi è discesa una lingua di fuoco della Pente - coste: è il vostro marchio di cristiani. Non dovete però conservarla solo per voi, poiché “a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune” (1 Cor 12, 7). Portate questo Fuoco santo in tutti gli 21
  • 22. angoli della terra. Nulla e nessuno lo potrà spegnere, poiché è disceso dal cielo. Questa è la vostra forza, cari giovani amici! Per questo vivete dello Spirito e per lo Spirito!]. OMELIA PER IL 150° ANNIVERSARIO DELLE APPARIZIONI DI LOURDES Prairie, Lourdes Domenica, 14 settembre 2008 Signori Cardinali, caro Mons. Perrier, cari Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, cari pellegrini, fratelli e sorelle, “Andate a dire ai sacerdoti che si venga qui in processione e che si co - struisca una cappella”. È il messaggio che Bernadette ricevette dalla “bella Signora” nell’apparizione del 2 marzo 1858. Da 150 anni i pellegrini non hanno mai cessato di venire alla grotta di Massabielle per ascoltare il mes- saggio di conversione e di speranza che è loro rivolto. Ed anche noi, eccoci qui stamane ai piedi di Maria, la Vergine Immacolata, per metterci alla sua scuola con la piccola Bernadette. Ringrazio in modo particolare Mons. Jacques Perrier, Vescovo di Tarbes e Lourdes, per la calorosa accoglienza che mi ha riservato e per le parole gentili che mi ha rivolto. Saluto i Cardinali, i Vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose, così come tutti voi, cari pellegrini di Lourdes, in special modo i malati. Siete venuti in grande numero a compiere questo pel- legrinaggio giubilare con me e ad affidare le vostre famiglie, i vostri parenti ed amici, e tutte le vostre intenzioni a Nostra Signora. La mia riconoscenza va anche alle Autorità civili e militari, che hanno voluto essere presenti a questa Celebrazione eucaristica. “Quale mirabile cosa è mai il possedere la Croce! Chi la possiede, pos - siede un tesoro! (Sant’Andrea di Creta, Omelia X per l’Esaltazione della 22
  • 23. Croce: PG 97, 1020). In questo giorno in cui la liturgia della Chiesa celebra la festa dell’Esaltazione della santa Croce, il Vangelo che avete appena inte- so ci ricorda il significato di questo grande mistero: Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché gli uomini siano salvati (cfr Gv 3,16). Il Figlio di Dio s’è reso vulnerabile, prendendo la condizione di servo, obbedendo fino alla morte e alla morte di croce (cfr Fil 2,8). È per la sua Croce che siamo salvati. Lo strumento di supplizio che, il Venerdì San- to, aveva manifestato il giudizio di Dio sul mondo, è divenuto sorgente di vita, di perdono, di misericordia, segno di riconciliazione e di pace. “Per es - sere guariti dal peccato, guardiamo il Cristo crocifisso!” diceva sant’Ago - stino (Tract. in Johan.,XII,11). Sollevando gli occhi verso il Crocifisso, adoriamo Colui che è venuto per prendere su di sé il peccato del mondo e donarci la vita eterna. E la Chiesa ci invita ad elevare con fierezza questa Croce gloriosa affinché il mondo possa vedere fin dove è arrivato l’amore del Crocifisso per gli uomini, per tutti gli uomini. Essa ci invita a rendere grazie a Dio, perché da un albero che aveva portato la morte è scaturita nuo- vamente la vita. È su questo legno che Gesù ci rivela la sua sovrana maestà, ci rivela che Egli è esaltato nella gloria. Sì, “Venite, adoriamolo!”. In mezzo a noi si trova Colui che ci ha amati fino a donare la sua vita per noi, Colui che invita ogni essere umano ad avvicinarsi a Lui con fiducia. È questo grande mistero che Maria ci affida anche stamane, invitandoci a volgerci verso il Figlio suo. In effetti, è significativo che, al momento della prima apparizione a Bernadette, Maria introduca il suo incontro col segno della Croce. Più che un semplice segno, è un’iniziazione ai misteri della fe- de che Bernadette riceve da Maria. Il segno della Croce è in qualche modo la sintesi della nostra fede, perché ci dice quanto Dio ci ha amati; ci dice che, nel mondo, c’è un amore più forte della morte, più forte delle nostre debolezze e dei nostri peccati. La potenza dell’amore è più forte del male che ci minaccia. È questo mistero dell’universalità dell’amore di Dio per gli uomini che Maria è venuta a rivelare qui, a Lourdes. Essa invita tutti gli uo- mini di buona volontà, tutti coloro che soffrono nel cuore o nel corpo, ad al- zare gli occhi verso la Croce di Gesù per trovarvi la sorgente della vita, la sorgente della salvezza. La Chiesa ha ricevuto la missione di mostrare a tutti questo viso di un Dio che ama, manifestato in Gesù Cristo. Sapremo noi comprendere che nel 23
  • 24. Crocifisso del Golgota è la nostra dignità di figli di Dio, offuscata dal pec- cato, che ci è resa? Volgiamo i nostri sguardi verso il Cristo. È Lui che ci renderà liberi per amare come Egli ci ama e per costruire un mondo riconci- liato. Perché, su questa Croce, Gesù ha preso su di sé il peso di tutte le sof- ferenze e le ingiustizie della nostra umanità. Egli ha portato le umiliazioni e le discriminazioni, le torture subite in tante regioni del mondo da innumere- voli nostri fratelli e nostre sorelle per amore di Cristo. Noi li affidiamo a Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, presente ai piedi della Croce. Per accogliere nelle nostre vite questa Croce gloriosa, la celebrazione del Giubileo delle apparizioni di Nostra Signora di Lourdes ci fa entrare in un cammino di fede e di conversione. Oggi Maria viene incontro a noi per indi- carci le vie d’un rinnovamento della vita delle nostre comunità e di ciascuno di noi. Accogliendo il Figlio suo, che Ella ci presenta, siamo immersi in una sorgente viva in cui la fede può ritrovare un vigore nuovo, in cui la Chiesa può fortificarsi per proclamare con sempre maggior audacia il mistero di Cristo. Gesù, nato da Maria, è Figlio di Dio, unico salvatore di tutti gli uo- mini, che vive ed agisce nella sua Chiesa e nel mondo. La Chiesa è inviata dappertutto nel mondo per proclamare quest’unico messaggio ed invitare gli uomini ad accoglierlo mediante un’autentica conversione del cuore. Questa missione, che è stata affidata da Gesù ai suoi discepoli, riceve qui, in occa- sione di questo Giubileo, un soffio nuovo. Che al seguito dei grandi evange- lizzatori del vostro Paese, lo spirito missionario, che ha animato tanti uomi- ni e donne di Francia nel corso dei secoli, sia ancora la vostra fierezza e il vostro impegno! Seguendo il percorso giubilare sulle orme di Bernadette, l’essenziale del messaggio di Lourdes ci è ricordato. Bernadette è la maggiore di una fami- glia molto povera, che non possiede né sapere né potere, è debole di salute. Maria la sceglie per trasmettere il suo messaggio di conversione, di preghie- ra e di penitenza, in piena sintonia con la parola di Gesù: “Hai tenuto nasco - ste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25). Nel loro cammino spirituale i cristiani sono chiamati essi pure a far fruttificare la grazia del loro Battesimo, a nutrirsi di Eucaristia, ad attingere nella preghiera la forza per testimoniare ed essere solidali con tutti i loro fratelli in umanità (cfr Omaggio alla Vergine Maria, Piazza di Spagna, 8 di- cembre 2007). È dunque una vera catechesi che ci è proposta sotto lo sguar- 24
  • 25. do di Maria. Lasciamo che la Vergine istruisca pure noi e ci guidi sul cam- mino che conduce al Regno del Figlio suo! Proseguendo nella sua catechesi la “bella Signora” rivela il suo nome a Bernadette: “Io sono l’Immacolata Concezione”. Maria le rivela così la gra- zia straordinaria che ha ricevuto da Dio, quella di essere stata concepita sen- za peccato, perché “ha guardato l’umiltà della sua serva” (Lc 1,48). Maria è questa donna della nostra terra che s’è rimessa interamente a Dio e ha ri- cevuto da Lui il privilegio di dare la vita umana al suo eterno Figlio. “Sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38). Essa è la bellezza trasfigurata, l’immagine dell’umanità nuova. Presentandosi così in una dipendenza totale da Dio, Maria esprime in realtà un atteggiamento di piena libertà, fondata sul pieno riconoscimento della sua vera dignità. Questo privilegio riguarda anche noi, perché ci svela la nostra dignità di uo- mini e di donne, segnati certo dal peccato, ma salvati nella speranza, una speranza che ci consente di affrontare la nostra vita quotidiana. È la strada che Maria apre anche all’uomo. Rimettersi completamente a Dio è trovare il cammino della libertà vera. Perché volgendosi a Dio, l’uomo diventa se stesso. Ritrova la sua vocazione originaria di persona creata a sua immagine e somiglianza. Cari fratelli e sorelle, la vocazione primaria del santuario di Lourdes è di essere un luogo di incontro con Dio nella preghiera, e un luogo di servizio ai fratelli, soprattutto per l’accoglienza dei malati, dei poveri e di tutte le persone che soffrono. In questo luogo Maria viene a noi come la madre, sempre disponibile ai bisogni dei suoi figli. Attraverso la luce che emana dal suo volto, è la misericordia di Dio che traspare. Lasciamoci toccare dal suo sguardo: esso ci dice che siamo tutti amati da Dio, mai da Lui abbando- nati! Maria viene a ricordarci che la preghiera, intensa e umile, confidente e perseverante, deve avere un posto centrale nella nostra vita cristiana. La preghiera è indispensabile per accogliere la forza di Cristo. “Chi prega non spreca il suo tempo, anche se la situazione ha tutte le caratteristiche dell’e - mergenza e sembra spingere unicamente all’azione” (Enc. Deus caritas est, n. 36). Lasciarsi assorbire dalle attività rischia di far perdere alla preghiera la sua specificità cristiana e la sua vera efficacia. La preghiera del Rosario, così cara a Bernadette e ai pellegrini di Lourdes, concentra in sé la profon- dità del messaggio evangelico. Ci introduce alla contemplazione del volto di 25
  • 26. Cristo. In questa preghiera degli umili noi possiamo attingere grazie abbon- danti. La presenza dei giovani a Lourdes è anche una realtà importante. Cari amici, qui presenti stamattina intorno alla Croce della Giornata Mondiale della Gioventù, quando Maria ricevette la visita dell’Angelo, era una giova- ne ragazza di Nazaret che conduceva la vita semplice e coraggiosa delle donne del suo villaggio. E se lo sguardo di Dio si posò in modo particolare su di lei, fidandosi di lei, Maria vuole dirvi ancora che nessuno di voi è in- differente per Dio. Egli posa il suo sguardo amoroso su ciascuno di voi e vi chiama ad una vita felice e piena di senso. Non lasciatevi scoraggiare da- vanti alle difficoltà! Maria fu turbata all’annuncio dell’angelo venuto a dirle che sarebbe diventata la Madre del Salvatore. Essa sentiva quanto era debo- le di fronte alla onnipotenza di Dio. Tuttavia disse “sì” senza esitare. Grazie al suo “sì” la salvezza è entrata nel mondo, cambiando così la storia dell’u- manità. A vostra volta, cari giovani, non abbiate paura di dire “sì” alle chia- mate del Signore, quando Egli vi invita a seguirlo. Rispondete generosa- mente al Signore! Egli solo può appagare le aspirazioni più profonde del vostro cuore. Siete in molti a venire a Lourdes per un servizio attento e ge- neroso accanto ai malati o ad altri pellegrini, mettendovi così sulle orme di Cristo servo. Il servizio reso ai fratelli e alle sorelle apre il cuore e rende di- sponibili. Nel silenzio della preghiera, sia Maria la vostra confidente, lei che ha saputo parlare a Bernadette rispettandola e fidandosi di lei. Maria aiuti coloro che sono chiamati al matrimonio a scoprire la bellezza di un amore vero e profondo, vissuto come dono reciproco e fedele! A coloro tra voi che Egli chiama a seguirlo nella vocazione sacerdotale o religiosa, vorrei ridire tutta la felicità che vi è nel donare totalmente la propria vita a servizio di Dio e degli uomini. Siano le famiglie e le comunità cristiane luoghi nei qua- li possano nascere e maturare solide vocazioni a servizio della Chiesa e del mondo! Il messaggio di Maria è un messaggio di speranza per tutti gli uomini e per tutte le donne del nostro tempo, di qualunque Paese siano. Amo invoca- re Maria come Stella della speranza (Enc. Spe salvi, n.50). Sulle strade del- le nostre vite, così spesso buie, lei è una luce di speranza che ci rischiara e ci orienta nel nostro cammino. Mediante il suo “sì”, mediante il dono gene- roso di se stessa, ha aperto a Dio le porte del nostro mondo e della nostra storia. E ci invita a vivere come lei in una speranza invincibile, rifiutando di 26
  • 27. ascoltare coloro che pretendono che noi siamo prigionieri del fato. Essa ci accompagna con la sua presenza materna in mezzo agli avvenimenti della vita delle persone, delle famiglie e delle nazioni. Felici gli uomini e le don- ne che ripongono la loro fiducia in Colui che, nel momento di offrire la sua vita per la nostra salvezza, ci ha donato sua Madre perché fosse nostra Ma- dre! Cari fratelli e sorelle, in questa terra di Francia, la Madre del Signore è venerata in innumerevoli santuari, che manifestano così la fede trasmessa di generazione in generazione. Celebrata nella sua Assunzione, essa è la Patro- na amata del vostro Paese. Sia sempre onorata con fervore in ciascuna della vostra famiglie, nelle vostre comunità religiose e nelle parrocchie! Vegli Maria su tutti gli abitanti del vostro bel Paese e sui pellegrini venuti nume- rosi da altri Paesi per celebrare questo Giubileo! Sia per tutti la Madre che circonda d’attenzione i suoi figli nelle gioie come nelle prove! Santa Maria, Madre di Dio e Madre nostra, insegnaci a credere, a sperare e ad amare con te. Indicaci la via verso il regno del tuo Figlio Gesù! Stella del mare, brilla su di noi e guidaci nel nostro cammino! (cfr Enc. Spe salvi, n.50). Amen. 27
  • 28. MESSAGGIO AL SIGNOR JACQUES DIOUF, DIRETTORE GENERALE DELLA F.A.O. IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELL’ALIMENTAZIONE 2008 A Sua Eccellenza il signor Jacques Diouf Direttore generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura Il tema scelto quest’anno per la Giornata mondiale dell’Alimentazione, “La sicurezza alimentare mondiale: le sfide del cambiamento climatico e delle bioenerg i e”, permette di riflettere su ciò che è stato fatto nella lotta contro la fame e sugli ostacoli all’azione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) dinanzi alle nuove sfide che minacciano la vita della famiglia umana. Questa giornata si celebra in un momento particolarmente difficile per la situazione alimentare mondiale, nel momento in cui la disponibilità di ali- menti sembra insufficiente rispetto al consumo e le condizioni climatiche contribuiscono a mettere in pericolo la sopravvivenza di milioni di uomini, donne e bambini, costretti ad abbandonare la loro terra per cercare di che alimentarsi. Queste circostanze implicano che, con la FAO, tutti possano ri- spondere in termini di solidarietà, con azioni libere da ogni condizionamen- to e realmente al servizio del bene comune. Lo scorso giugno, la Conferenza di alto livello è stata l’occasione per la FAO di ricordare alla comunità internazionale le sue responsabilità dirette di fronte all’insicurezza alimentare quando le forme di aiuto di base per le situazioni d’urgenza rischiano di vedersi limitate. Nel messaggio che ho al- lora rivolto ai partecipanti, ho indicato la necessità di adottare “provvedi- menti coraggiosi, che non si arrendono di fronte alla fame e alla malnutri- zione, come si trattasse semplicemente di fenomeni endemici e senza solu- zione (Messaggio alla Conferenza di alto livello sulla sicurezza alimentare mondiale, 2 giugno 2008). 28
  • 29. Il primo impegno è quello di eliminare le ragioni che impediscono un ri- spetto autentico della dignità della persona. I mezzi e le risorse di cui il mondo dispone oggi possono fornire cibo sufficiente a soddisfare le neces- sità crescenti di tutti. I primi risultati degli sforzi compiuti per aumentare i livelli globali di produzione di fronte alla carenza registrata nei recenti rac- colti lo dimostrano. Allora, perché non è possibile evitare che tante persone soffrano la fame fino alle conseguenze più estreme? I motivi di questa situa- zione, nella quale spesso coesistono abbondanza e penuria, sono numerosi. Si possono così ricordare la corsa al consumo che non si ferma nonostante una minore disponibilità di alimenti e impone riduzioni forzate alla capacità alimentare delle regioni più povere del pianeta, o la mancanza di una vo- lontà decisa per concludere negoziati e per frenare gli egoismi di stati e di gruppi di paesi, o ancora per mettere fine a quella “speculazione sfrenata” che condiziona i meccanismi dei prezzi e dei consumi. L’assenza di un’am- ministrazione corretta delle risorse alimentari causata dalla corruzione nella vita pubblica o gli investimenti crescenti in armamenti e in tecnologie mili- tari sofisticate a detrimento dei bisogni primari delle persone svolgono a lo- ro volta un ruolo importante. Questi motivi molto diversi trovano un’origine comune in un falso senso dei valori sui quali si dovrebbero fondare le relazioni internazionali, e in particolare in quell’atteggiamento diffuso nella cultura contemporanea che privilegia solo la corsa ai beni materiali, dimenticando la vera natura della persona umana e le sue aspirazioni più profonde. Il risultato è, purtroppo, l’incapacità di molti di preoccuparsi dei bisogni dei poveri, di comprenderli e di ammettere la loro dignità inalienabile. Una campagna efficace contro la fame richiede dunque molto di più di un semplice studio scientifico per far fronte ai cambiamenti climatici o per destinare in primo luogo la produzione agricola all’uso alimentare. È necessario, prima di tutto, riscoprire il signifi- cato della persona umana, nella sua dimensione individuale e comunitaria, a partire dal fondamento della vita familiare, fonte di amore e di affetto da cui proviene il senso della solidarietà e della condivisione. Questo quadro ri- sponde alla necessità di costruire relazioni fra i popoli basate su una costan- te e autentica disponibilità, di rendere ogni paese capace di soddisfare le ne- cessità delle persone nel bisogno, ma anche di trasmettere l’idea di relazioni fondate sullo scambio di conoscenze reciproche, di valori, di assistenza ra- pida e di rispetto. 29
  • 30. Si tratta di un impegno per la promozione di una giustizia sociale effettiva nelle relazioni fra i popoli, che richiede a ognuno di essere consapevole che i beni del creato sono destinati a tutti e che nella comunità mondiale la vita economica dovrebbe essere orientata verso la condivisione di questi beni, verso il loro uso duraturo e la giusta ripartizione dei benefici che ne derivano. Nel contesto mutevole delle relazioni internazionali, in cui sembrano au- mentare le incertezze e intravedersi nuove sfide, l’esperienza fino a qui ac- quisita dalla FAO - con quella delle altre istituzioni che operano nella lotta contro la fame - può svolgere un ruolo fondamentale per promuovere un modo rinnovato di intendere la cooperazione internazionale. Una condizio- ne essenziale per aumentare i livelli di produzione, per garantire l’identità delle comunità indigene, e anche la pace e la sicurezza nel mondo, è di assi- curare l’accesso alla terra, favorendo così i lavoratori agricoli e promuoven- do i loro diritti. In tutti questi sforzi, la Chiesa cattolica vi è vicina, come testimonia l’at- tenzione con cui la Santa Sede segue l’attività della FAO dal 1948, soste- nendo costantemente i vostri sforzi, affinché possa proseguire l’impegno per la causa dell’uomo. Ciò significa concretamente l’apertura alla vita, il ri- spetto dell’ordine del creato e l’adesione ai principi etici che sono da sem- pre alla base del vivere sociale. Con questi auspici, invoco la Benedizione dell’Onnipotente su di lei, si- gnor direttore generale, così come su tutti i rappresentanti delle nazioni, af- finché possiate lavorare con generosità e senso della giustizia verso le per- sone più abbandonate. Dal Vaticano, 13 ottobre 2008 30
  • 31. MESSAGGIO PER LA GIORNATA DEL RINGRAZIAMENTO “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare” (Mt 25,35) 9 novembre 2008 La parola del Vangelo ci ricorda che il pane dato al povero è dato a Gesù stesso. Egli lo riceve da noi, lo trasforma e ce lo ridona moltiplicato e arric- chito di nuova forza: è il “pane quotidiano”, che il Signore ci ha insegnato a chiedere al Padre. I discepoli avevano implorato: “Signore, insegnaci a pregare” (Lc 11,1). La risposta di Gesù rivela il suo dialogo profondo e concreto con il Padre: sintesi di una spiritualità incarnata, il Padre Nostro pone al centro la richie- sta del “pane quotidiano”. Il dialogo dell’uomo con Dio passa anche attraverso la richiesta di un be- ne primario come il pane, così come tutta la vita di Cristo ha attinto dal mondo rurale, in tante sue dimensioni, ispirazione per annunciare il Regno di Dio. La Chiesa, seguendo l’insegnamento del Vangelo, non solo prega “dacci oggi il nostro pane quotidiano” ma, sull’esempio del Signore che ha sfama- to la folla moltiplicando pani e pesci, si impegna in tutti i modi con innume- revoli iniziative di promozione umana e di condivisione, perché a nessuno manchi il necessario per vivere. È questo il motivo per cui oggi ci rivolgiamo al Padre fonte di ogni bene, anche di quelli offertici dalla terra, fiduciosi del suo intervento e del suo aiuto nell’impegnativa ricerca della via migliore per rendere giustizia a ogni uomo, cui spetta la possibilità di sostenersi con dignità attraverso l’accesso al cibo di cui ha bisogno per vivere. “Fondamentale è «sentire» la terra come «nostra casa comune» e sce - gliere, per una sua gestione a servizio di tutti, la strada del dialogo piutto - sto che delle decisioni unilaterali”. Questo invito, contenuto nel messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la 41a Giornata Mondiale della Pace, ci stimola a considerare anche quest’anno la Giornata del Ringraziamento co- me un’occasione di riflessione per contribuire alla realizzazione della pace 31
  • 32. attraverso la giustizia, con particolare riferimento alla destinazione univer- sale delle risorse alimentari. Questo richiamo si colloca in un periodo segnato da un fenomeno, mani- festatosi negli ultimi anni con caratteristiche inedite e, per molti versi, drammatiche, che ha come risultante la crescita incontrollata dei prezzi dei prodotti alimentari. L’umanità sta vivendo una crisi alimentare non più limi- tata, come nel passato, a poche aree del pianeta, ma tendenzialmente estesa anche a quelle popolazioni da tempo considerate immuni da tale rischio. È importante saper dar ragione di questa crisi, evidenziandone anzitutto le cause: mutamenti climatici, con il verificarsi di ripetuti fenomeni di sic- cità o inondazioni in aree importanti per la produzione di cereali, aumento della domanda di cereali e mangimi da parte di Paesi emergenti, minore in- vestimento di cereali per alimentazione a beneficio di produzioni per bio- carburanti, crescita del prezzo e speculazioni finanziarie sul petrolio e sulle derrate alimentari. Questa situazione determina una redistribuzione del red- dito tanto più odiosa, quanto più penalizzante per i Paesi poveri. Risulta quindi necessario, dopo averne evidenziate le cause, lavorare per trovare gli strumenti idonei per risolvere questa situazione di ingiustizia. Tali strumenti dovranno necessariamente tenere conto dei valori ai quali fa- re riferimento, innanzitutto “il principio della destinazione universale dei beni che offre un fondamentale orientamento, morale e culturale, per scio - gliere il complesso e drammatico nodo che lega insieme crisi ambientale e povertà” (PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della dottrina sociale della Chiesa, n. 482). Il segno compiuto da Gesù con la moltiplicazione dei pani e dei pesci of- ferti da un ragazzo rimasto sconosciuto (cfr Gv 6,9) indica chiaramente la via della disponibilità alla condivisione come strada maestra per risolvere nella giustizia il problema alimentare. Come altri settori che fanno riferimento alla convivenza umana, anche l’agricoltura deve essere considerata una componente essenziale del “bene comune”. Come, infatti, abbiamo affermato nella Nota pastorale Frutto del - la terra e del lavoro dell’uomo, “va riconosciuto che il problema della fa - me, con la sua drammatica rilevanza etica e politica, non dipende tanto 32
  • 33. dalla disponibilità complessiva di cibo a livello globale, quanto dalla distri - buzione non equa delle capacità di produzione e da fattori di arretratezza e ingiustizia economica e sociale, per i quali troppi esseri umani non hanno ancora un adeguato accesso agli alimenti anche in aree e Paesi del mondo autosufficienti quanto alla produzione agricola” (n. 10). Con i mezzi di cui oggi l’umanità dispone, è moralmente inaccettabile che vi siano ancora migliaia di persone che muoiono di fame, restando in- soddisfatto il loro bisogno primario di accesso al cibo. Non meraviglia, per- ciò, che il Santo Padre sia intervenuto a più riprese sul tema della crisi ali- mentare mondiale, considerandolo “un problema sempre più grave che la comunità internazionale fa grande fatica a risolvere” (Angelus, 25 maggio 2008). Nel messaggio alla Conferenza di alto livello sulla sicurezza alimentare mondiale promossa dalla FAO a Roma dal 3 al 5 giugno scorso, Benedetto XVI ha affermato che “ogni persona ha diritto alla vita: pertanto, è neces - sario promuovere l’effettiva attuazione di tale diritto e si debbono aiutare le popolazioni che soffrono per la mancanza di cibo a divenire gradualmente capaci di soddisfare le proprie esigenze di un’alimentazione sufficiente e sana”. Lo sviluppo dell’agricoltura e l’attenzione al mondo rurale devono essere ben presenti a quanti sono chiamati a compiere scelte politiche di lungo re- spiro. A questo proposito, ancora nel messaggio alla FAO, cogliamo il mo- nito del Santo Padre, il quale ci ricorda che “vanno elaborate nuove strate - gie di lotta alla povertà e di promozione rurale. Ciò deve avvenire anche at - traverso processi di riforme strutturali, che consentano di affrontare le sfide della medesima sicurezza e dei cambiamenti climatici; inoltre, occorre in - crementare la disponibilità del cibo valorizzando l’industriosità dei piccoli agricoltori e garantendone l’accesso al mercato”. A partire dalla cosiddetta “sovranità alimentare” e dal “primario diritto al cibo”, desideriamo incoraggiare tutti coloro che, a livello istituzionale o as- sociativo, come singoli e come comunità, si adoperano per contribuire alla soluzione di questo problema, rafforzando il ruolo dei piccoli coltivatori nei Paesi in via di sviluppo, incoraggiando i mercati locali e regionali, denun- 33
  • 34. ciando le politiche monopolistiche delle grandi industrie agro-alimentari e infine promuovendo il benessere della famiglia rurale e in particolare delle donne. Non possiamo non concludere volgendo il nostro sguardo adorante al- l’Eucaristia, “pane vivo, disceso dal cielo” (Gv 6,51). Essa è per noi cristia- ni modello e fonte di autentica solidarietà: chi si nutre del Pane di Cristo non può restare indifferente dinanzi a chi, anche ai nostri giorni, è privo del pane quotidiano, nella sicura speranza che la preghiera del giusto non ri- marrà inascoltata, secondo le parole del salmista: “Il Signore rimane fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati. Il Signore libera i prigionieri, il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto, il Signore ama i giusti, il Signore protegge i forestieri, egli sostiene l’orfano e la vedova, ma sconvolge le vie dei malvagi” (Sal 146,6-9) Roma, 11 luglio 2008 Festa di san Benedetto abate, patrono d’Europa La Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace 34
  • 35. OMELIA NELLA SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE SANTA MESSA DI MEZZANOTTE Giovedì, 25 dicembre 2008 Cari fratelli e sorelle! “Chi è pari al Signore nostro Dio che siede nell’alto e si china a guardare nei cieli e sulla terra?” Così canta Israele in uno dei suoi Salmi (113 [112], 5s), in cui esalta insieme la grandezza di Dio e la sua benevola vicinanza agli uomini. Dio dimora nell’alto, ma si china verso il basso… Dio è im- mensamente grande e di gran lunga al di sopra di noi. È questa la prima esperienza dell’uomo. La distanza sembra infinita. Il Creatore dell’universo, Colui che guida il tutto, è molto lontano da noi: così sembra inizialmente. Ma poi viene l’esperienza sorprendente: Colui al quale nessuno è pari, che “siede nell’alto”, Questi guarda verso il basso. Si china in giù. Egli vede noi e vede me. Questo guardare in giù di Dio è più di uno sguardo dall’alto. Il guardare di Dio è un agire. Il fatto che Egli mi vede, mi guarda, trasforma me e il mondo intorno a me. Così il Salmo continua immediatamente: “Sol- leva l’indigente dalla polvere…” Con il suo guardare in giù Egli mi solleva, benevolmente mi prende per mano e mi aiuta a salire, proprio io, dal basso verso l’alto. “Dio si china”. Questa parola è una parola profetica. Nella not- te di Betlemme, essa ha acquistato un significato completamente nuovo. Il chinarsi di Dio ha assunto un realismo inaudito e prima inimmaginabile. Egli si china – viene, proprio Lui, come bimbo giù fin nella miseria della stalla, simbolo di ogni necessità e stato di abbandono degli uomini. Dio scende realmente. Diventa un bambino e si mette nella condizione di dipen- denza totale che è propria di un essere umano appena nato. Il Creatore che tutto tiene nelle sue mani, dal quale noi tutti dipendiamo, si fa piccolo e bi- sognoso dell’amore umano. Dio è nella stalla. Nell’Antico Testamento il tempio era considerato quasi come lo sgabello dei piedi di Dio; l’arca sacra come il luogo in cui Egli, in modo misterioso, era presente in mezzo agli uomini. Così si sapeva che sopra il tempio, nascostamente, stava la nube della gloria di Dio. Ora essa sta sopra la stalla. Dio è nella nube della mise- ria di un bimbo senza albergo: che nube impenetrabile e tuttavia – nube del- 35
  • 36. la gloria! In che modo, infatti, la sua predilezione per l’uomo, la sua preoc- cupazione per lui potrebbe apparire più grande e più pura? La nube del na- scondimento, della povertà del bambino totalmente bisognoso dell’amore, è allo stesso tempo la nube della gloria. Perché niente può essere più sublime, più grande dell’amore che in questa maniera si china, discende, si rende di- pendente. La gloria del vero Dio diventa visibile quando ci si aprono gli oc- chi del cuore davanti alla stalla di Betlemme. Il racconto del Natale secondo san Luca, che abbiamo appena ascoltato nel brano evangelico, ci narra che Dio ha un po’ sollevato il velo del suo na- scondimento dapprima davanti a persone di condizione molto bassa, davanti a persone che nella grande società erano piuttosto disprezzate: davanti ai pa- stori che nei campi intorno a Betlemme facevano la guardia agli animali. Luca ci dice che queste persone “vegliavano”. Possiamo così sentirci richia- mati a un motivo centrale del messaggio di Gesù, in cui ripetutamente e con crescente urgenza fino all’Orto degli ulivi torna l’invito alla vigilanza – a restare svegli per accorgersi della venuta del Signore ed esservi preparati. Pertanto anche qui la parola significa forse più del semplice essere esterna- mente svegli durante l’ora notturna. Erano persone veramente vigilanti, nel- le quali il senso di Dio e della sua vicinanza era vivo. Persone che erano in attesa di Dio e non si rassegnavano all’apparente lontananza di Lui nella vi- ta di ogni giorno. Ad un cuore vigilante può essere rivolto il messaggio del- la grande gioia: in questa notte è nato per voi il Salvatore. Solo il cuore vi- gilante è capace di credere al messaggio. Solo il cuore vigilante può infon- dere il coraggio di incamminarsi per trovare Dio nelle condizioni di un bam- bino nella stalla. Preghiamo in quest’ora il Signore affinché aiuti anche noi a diventare persone vigilanti. San Luca ci racconta inoltre che i pastori stessi erano “avvolti” dalla glo- ria di Dio, dalla nube di luce, si trovavano nell’intimo splendore di questa gloria. Avvolti dalla nube santa ascoltano il canto di lode degli angeli: “Glo- ria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini della sua benevo- lenza”. E chi sono questi uomini della sua benevolenza se non i piccoli, i vi- gilanti, quelli che sono in attesa, sperano nella bontà di Dio e lo cercano guardando verso di Lui da lontano? 36
  • 37. Nei Padri della Chiesa si può trovare un commento sorprendente circa il canto con cui gli angeli salutano il Redentore. Fino a quel momento – dico- no i Padri – gli angeli avevano conosciuto Dio nella grandezza dell’univer- so, nella logica e nella bellezza del cosmo che provengono da Lui e Lo ri- specchiano. Avevano accolto, per così dire, il muto canto di lode della crea- zione e l’avevano trasformato in musica del cielo. Ma ora era accaduta una cosa nuova, addirittura sconvolgente per loro. Colui di cui parla l’universo, il Dio che sostiene il tutto e lo porta in mano – Egli stesso era entrato nella storia degli uomini, era diventato uno che agisce e soffre nella storia. Dal gioioso turbamento suscitato da questo evento inconcepibile, da questa se- conda e nuova maniera in cui Dio si era manifestato – dicono i Padri – era nato un canto nuovo, una strofa del quale il Vangelo di Natale ha conservato per noi: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini”. Pos- siamo forse dire che, secondo la struttura della poesia ebraica, questo dop- pio versetto nei suoi due brani dice in fondo la stessa cosa, ma da un punto di vista diverso. La gloria di Dio è nel più alto dei cieli, ma questa altezza di Dio si trova ora nella stalla, ciò che era basso è diventato sublime. La sua gloria è sulla terra, è la gloria dell’umiltà e dell’amore. E ancora: la gloria di Dio è la pace. Dove c’è Lui, là c’è pace. Egli è là dove gli uomini non vogliono fare in modo autonomo della terra il paradiso, servendosi a tal fine della violenza. Egli è con le persone dal cuore vigilante; con gli umili e con coloro che corrispondono alla sua elevatezza, all’elevatezza dell’umiltà e dell’amore. A questi dona la sua pace, perché per loro mezzo la pace entri in questo mondo. Il teologo medioevale Guglielmo di S. Thierry ha detto una volta: Dio – a partire da Adamo – ha visto che la sua grandezza provocava nell’uomo re- sistenza; che l’uomo si sente limitato nel suo essere se stesso e minacciato nella sua libertà. Pertanto Dio ha scelto una via nuova. È diventato un Bam- bino. Si è reso dipendente e debole, bisognoso del nostro amore. Ora – ci dice quel Dio che si è fatto Bambino – non potete più aver paura di me, or- mai potete soltanto amarmi. Con tali pensieri ci avviciniamo in questa notte al Bambino di Betlemme – a quel Dio che per noi ha voluto farsi bambino. Su ogni bambino c’è il ri- verbero del bambino di Betlemme. Ogni bambino chiede il nostro amore. Pensiamo pertanto in questa notte in modo particolare anche a quei bambini 37
  • 38. ai quali è rifiutato l’amore dei genitori. Ai bambini di strada che non hanno il dono di un focolare domestico. Ai bambini che vengono brutalmente usati come soldati e resi strumenti della violenza, invece di poter essere portatori della riconciliazione e della pace. Ai bambini che mediante l’industria della pornografia e di tutte le altre forme abominevoli di abuso vengono feriti fin nel profondo della loro anima. Il Bambino di Betlemme è un nuovo appello rivolto a noi, di fare tutto il possibile affinché finisca la tribolazione di que- sti bambini; di fare tutto il possibile affinché la luce di Betlemme tocchi i cuori degli uomini. Soltanto attraverso la conversione dei cuori, soltanto at- traverso un cambiamento nell’intimo dell’uomo può essere superata la cau- sa di tutto questo male, può essere vinto il potere del maligno. Solo se cam- biano gli uomini, cambia il mondo e, per cambiare, gli uomini hanno biso- gno della luce proveniente da Dio, di quella luce che in modo così inaspet- tato è entrata nella nostra notte. E parlando del Bambino di Betlemme pensiamo anche alla località che risponde al nome di Betlemme; pensiamo a quel Paese in cui Gesù ha vissu- to e che Egli ha amato profondamente. E preghiamo affinché lì si crei la pa- ce. Che cessino l’odio e la violenza. Che si desti la comprensione reciproca, si realizzi un’apertura dei cuori che apra le frontiere. Che scenda la pace di cui hanno cantato gli angeli in quella notte. Nel Salmo 96 [95] Israele, e con esso la Chiesa, lodano la grandezza di Dio che si manifesta nella creazione. Tutte le creature vengono chiamate ad aderire a questo canto di lode, e allora lì si trova anche l’invito: “Si rallegri- no gli alberi della foresta davanti al Signore che viene” (12s). La Chiesa legge anche questo Salmo come una profezia e, insieme, come un compito. La venuta di Dio a Betlemme fu silenziosa. Soltanto i pastori che vegliava- no furono per un momento avvolti nello splendore luminoso del suo arrivo e poterono ascoltare una parte di quel canto nuovo che era nato dalla meravi- glia e dalla gioia degli angeli per la venuta di Dio. Questo venire silenzioso della gloria di Dio continua attraverso i secoli. Là dove c’è la fede, dove la sua parola viene annunciata ed ascoltata, Dio raduna gli uomini e si dona lo- ro nel suo Corpo, li trasforma nel suo Corpo. Egli “viene”. E così si desta il cuore degli uomini. Il canto nuovo degli angeli diventa canto degli uomini che, attraverso tutti i secoli in modo sempre nuovo, cantano la venuta di Dio come bambino e, a partire dal loro intimo, diventano lieti. E gli alberi della 38
  • 39. foresta si recano da Lui ed esultano. L’albero in Piazza san Pietro parla di Lui, vuole trasmettere il suo splendore e dire: Sì, Egli è venuto e gli alberi della foresta lo acclamano. Gli alberi nelle città e nelle case dovrebbero es- sere più di un’usanza festosa: essi indicano Colui che è la ragione della no- stra gioia – il Dio che viene, il Dio che per noi si è fatto bambino. Il canto di lode, nel più profondo, parla infine di Colui che è lo stesso albero della vita ritrovato. Nella fede in Lui riceviamo la vita. Nel Sacramento dell’Eucari- stia Egli si dona a noi – dona una vita che giunge fin nell’eternità. In que- st’ora noi aderiamo al canto di lode della creazione e la nostra lode è allo stesso tempo una preghiera: Sì, Signore, facci vedere qualcosa dello splen- dore della tua gloria. E dona la pace sulla terra. Rendici uomini e donne del- la tua pace. Amen. 39
  • 40. MESSAGGIO URBI ET ORBI - NATALE 2008 “Apparuit gratia Dei Salvatoris nostri omnibus hominibus” (Tito 2,11). Cari fratelli e sorelle, con le parole dell’apostolo Paolo rinnovo il gioioso annuncio del Natale di Cristo: sì, oggi, “è apparsa a tutti gli uomini la grazia di Dio nostro Salvatore”! È apparsa! Questo è ciò che la Chiesa oggi celebra. La grazia di Dio, ricca di bontà e di tenerezza, non è più nascosta, ma “è apparsa”, si è mani- festata nella carne, ha mostrato il suo volto. Dove? A Betlemme. Quando? Sotto Cesare Augusto, durante il primo censimento, al quale fa cenno anche l’evangelista Luca. E chi è il rivelatore? Un neonato, il Figlio della Vergine Maria. In Lui è apparsa la grazia di Dio Salvatore nostro. Per questo quel Bambino si chiama Jehoshua, Gesù, che significa “Dio salva”. La grazia di Dio è apparsa: ecco perché il Natale è festa di luce. Non una luce totale, come quella che avvolge ogni cosa in pieno giorno, ma un chia- rore che si accende nella notte e si diffonde a partire da un punto preciso dell’universo: dalla grotta di Betlemme, dove il divino Bambino è “venuto alla luce”. In realtà, è Lui la luce stessa che si propaga, come ben raffigura- no tanti dipinti della Natività. Lui è la luce, che apparendo rompe la caligi- ne, dissipa le tenebre e ci permette di capire il senso ed il valore della nostra esistenza e della storia. Ogni presepe è un invito semplice ed eloquente ad aprire il cuore e la mente al mistero della vita. È un incontro con la Vita im- mortale, che si è fatta mortale nella mistica scena del Natale; una scena che possiamo ammirare anche qui, in questa Piazza, come in innumerevoli chie- se e cappelle del mondo intero, e in ogni casa dove è adorato il nome di Ge- sù. La grazia di Dio è apparsa a tutti gli uomini. Sì, Gesù, il volto del Dio- che-salva, non si è manifestato solo per pochi, per alcuni, ma per tutti. È ve- ro, nella umile disadorna dimora di Betlemme lo hanno incontrato poche persone, ma Lui è venuto per tutti: giudei e pagani, ricchi e poveri, vicini e lontani, credenti e non credenti… tutti. La grazia soprannaturale, per volere di Dio, è destinata ad ogni creatura. Occorre però che l’essere umano l’ac- 40
  • 41. colga, pronunci il suo “sì”, come Maria, affinché il cuore sia rischiarato da un raggio di quella luce divina. Ad accogliere il Verbo incarnato, in quella notte, furono Maria e Giuseppe che lo attendevano con amore ed i pastori, che vegliavano accanto alle greggi (cfr Lc 2,1-20). Una piccola comunità, dunque, che accorse ad adorare Gesù Bambino; una piccola comunità che rappresenta la Chiesa e tutti gli uomini di buona volontà. Anche oggi coloro che nella vita Lo attendono e Lo cercano incontrano il Dio che per amore si è fatto nostro fratello; quanti hanno il cuore proteso verso di Lui desiderano conoscere il suo volto e contribuire all’avvento del suo Regno. Gesù stesso lo dirà, nella sua predicazione: sono i poveri in spirito, gli afflitti, i miti, gli affamati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati per la giustizia (cfr Mt 5,3-10). Questi riconoscono in Gesù il volto di Dio e ripartono, come i pastori di Betlemme, rinnovati nel cuore dalla gioia del suo amore. Fratelli e sorelle che mi ascoltate, a tutti gli uomini è destinato l’annuncio di speranza che costituisce il cuore del messaggio di Natale. Per tutti è nato Gesù e, come a Betlemme Maria lo offrì ai pastori, in questo giorno la Chie- sa lo presenta all’intera umanità, perché ogni persona e ogni umana situa- zione possa sperimentare la potenza della grazia salvatrice di Dio, che sola può trasformare il male in bene, che sola può cambiare il cuore dell’uomo e renderlo un’”oasi” di pace. Possano sperimentare la potenza della grazia salvatrice di Dio le numero- se popolazioni che ancora vivono nelle tenebre e nell’ombra di morte (cfr Lc 1,79). La Luce divina di Betlemme si diffonda in Terrasanta, dove l’oriz- zonte sembra tornare a farsi cupo per gli israeliani e i palestinesi; si diffonda in Libano, in Iraq e ovunque nel Medio Oriente. Fecondi gli sforzi di quanti non si rassegnano alla logica perversa dello scontro e della violenza e privi- legiano invece la via del dialogo e del negoziato, per comporre le tensioni interne ai singoli Paesi e trovare soluzioni giuste e durature ai conflitti che travagliano la regione. A questa Luce che trasforma e rinnova anelano gli abitanti dello Zimbabwe, in Africa, stretti da troppo tempo nella morsa di una crisi politica e sociale che, purtroppo, continua ad aggravarsi, come pu- re gli uomini e le donne della Repubblica Democratica del Congo, special- mente nella martoriata regione del Kivu, del Darfur, in Sudan, e della Soma- lia, le cui interminabili sofferenze sono tragica conseguenza dell’assenza di 41
  • 42. stabilità e di pace. Questa Luce attendono soprattutto i bambini di quei Pae- si e di tutti i Paesi in difficoltà, affinché sia restituita speranza al loro avve- nire. Dove la dignità e i diritti della persona umana sono conculcati; dove gli egoismi personali o di gruppo prevalgono sul bene comune; dove si rischia di assuefarsi all’odio fratricida e allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo; do- ve lotte intestine dividono gruppi ed etnie e lacerano la convivenza; dove il terrorismo continua a colpire; dove manca il necessario per sopravvivere; dove si guarda con apprensione ad un futuro che sta diventando sempre più incerto, anche nelle Nazioni del benessere: là risplenda la Luce del Natale ed incoraggi tutti a fare la propria parte, in spirito di autentica solidarietà. Se ciascuno pensa solo ai propri interessi, il mondo non può che andare in rovi- na. Cari fratelli e sorelle, oggi “è apparsa la grazia di Dio Salvatore” (cfr Tt 2,11), in questo nostro mondo, con le sue potenzialità e le sue debolezze, i suoi progressi e le sue crisi, con le sue speranze e le sue angosce. Oggi, ri- fulge la luce di Gesù Cristo, Figlio dell’Altissimo e figlio della Vergine Ma- ria: “Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo”. Lo adoriamo quest’oggi, in ogni ango- lo della terra, avvolto in fasce e deposto in una povera mangiatoia. Lo ado- riamo in silenzio mentre Lui, ancora infante, sembra dirci a nostra consola- zione: Non abbiate paura, “Io sono Dio, non ce n’è altri” (Is 45,22). Venite a me, uomini e donne, popoli e nazioni, venite a me, non temete: sono venuto a portarvi l’amore del Padre, a mostrarvi la via della pace. Andiamo, dunque, fratelli! Affrettiamoci, come i pastori nella notte di Betlemme. Dio ci è venuto incontro e ci ha mostrato il suo volto, ricco di grazia e di misericordia! Non sia vana per noi la sua venuta! Cerchiamo Ge- sù, lasciamoci attirare dalla sua luce, che dissipa dal cuore dell’uomo la tri- stezza e la paura; avviciniamoci con fiducia; con umiltà prostriamoci per adorarlo. Buon Natale a tutti! 42
  • 43. OMELIA DURANTE LA CELEBRAZIONE DEI VESPRI E DEL TE DEUM DI RINGRAZIAMENTO PER LA FINE DELL’ANNO Mercoledì, 31 dicembre 2008 Cari fratelli e sorelle! L’anno che si chiude e quello che si annuncia all’orizzonte sono posti en- trambi sotto lo sguardo benedicente della Santissima Madre di Dio. Ci ri- chiama la sua materna presenza anche l’artistica scultura lignea policroma posta qui, accanto all’altare, che la raffigura in trono con il Bambino bene- dicente. Celebriamo i Primi Vespri di questa solennità mariana, e numerosi sono in essi i riferimenti liturgici al mistero della divina maternità della Ver- gine. “O admirabile commercium! Meraviglioso scambio!”. Così inizia l’an- tifona del primo salmo, per poi proseguire: “Il Creatore ha preso un’anima e un corpo, è nato da una vergine”. “Quando in modo unico sei nato dalla Vergine hai compiuto le Scritture”, proclama l’antifona del secondo salmo, a cui fanno eco le parole della terza antifona che ci ha introdotti al cantico tratto dalla Lettera di Paolo agli Efesini: “Integra è la tua verginità, Madre di Dio: noi ti lodiamo, tu prega per noi”. La divina maternità di Maria viene sottolineata anche nella Lettura breve poc’anzi proclamata, che ripropone i ben noti versetti della Lettera ai Galati: «Quando venne la pienezza del tem- po, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna…perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4-5). Ed ancora, nel tradizionale Te Deum, che eleveremo al termine della nostra celebrazione dinanzi al Santissimo Sacramento solen- nemente esposto alla nostra adorazione, canteremo: “Tu, ad liberandum su - scepturus hominem, non horruisti Virginis uterum”, in italiano: “Tu, o Cri- sto, nascesti dalla Vergine Madre per la salvezza dell’uomo”. Tutto dunque, questa sera, ci invita a volgere lo sguardo verso Colei che “accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio e portò al mondo la vita” e proprio per questo – ricorda il Concilio Vaticano II - “viene riconosciuta e onorata come vera Madre di Dio” (Cost. Lumen gentium, 53). Il Natale di Cristo, che in questi giorni commemoriamo, è interamente soffuso della lu- 43
  • 44. ce di Maria e, mentre nel presepe ci soffermiamo a contemplare il Bambino, lo sguardo non può non volgersi riconoscente anche verso la Madre, che con il suo “sì” ha reso possibile il dono della Redenzione. Ecco perché il tempo natalizio porta con sé una profonda connotazione mariana; la nascita di Gesù, uomo-Dio e la maternità divina di Maria sono realtà tra loro inscin- dibili; il mistero di Maria ed il mistero dell’unigenito Figlio di Dio che si fa uomo, formano un unico mistero, dove l’uno aiuta a meglio comprendere l’altro. Maria Madre di Dio – Theotokos, Dei Genetrix. Fin dall’antichità, la Ma- donna venne onorata con questo titolo. In occidente, tuttavia, non si trova per tanti secoli una specifica festa dedicata alla maternità divina di Maria. La introdusse nella Chiesa latina il Papa Pio XI nel 1931, in occasione del 15° centenario del Concilio di Efeso, e la collocò all’11 ottobre. In tale data iniziò, nel 1962, il Concilio Ecumenico Vaticano II. Fu poi il servo di Dio Paolo VI, nel 1969, riprendendo un’antica tradizione, a fissare questa solen- nità al primo gennaio. E nell’Esortazione apostolica Marialis cultus del 2 febbraio 1974 spiegò il perché di questa scelta e la sua connessione con la Giornata Mondiale della Pace. “Nel ricomposto ordinamento del periodo natalizio – scrisse Paolo VI – ci sembra che la comune attenzione debba es- sere rivolta alla ripristinata solennità di Maria Ss Madre di Dio: essa… è de- stinata a celebrare la parte avuta da Maria in questo mistero di salvezza e ad esaltare la singolare dignità che ne deriva per la Madre santa…; ed è, altresì, un’occasione propizia per innovare l’adorazione al neonato Principe della Pace, per riascoltare il lieto annuncio angelico (cfr Lc 2,14), per implorare da Dio, mediante la Regina della Pace, il dono supremo della pace” (n. 5 in: Insegnamenti di Paolo VI, XII 1974, pp. 105–106). Questa sera vogliamo porre nelle mani della celeste Madre di Dio il no- stro corale inno di ringraziamento al Signore per i benefici che lungo i pas- sati dodici mesi ci ha ampiamente concessi. Il primo sentimento, che nasce spontaneo nel cuore questa sera, è proprio di lode e di azione di grazie a Co- lui che ci fa dono del tempo, preziosa opportunità per compiere il bene; uniamo la richiesta di perdono per non averlo forse sempre utilmente impie- gato. Sono contento di condividere questo ringraziamento con voi , cari fra- telli e sorelle, che rappresentate l’intera nostra Comunità diocesana, alla quale rivolgo il mio cordiale saluto, estendendolo a tutti gli abitanti di Ro- 44
  • 45. ma. Un particolare saluto indirizzo al Cardinale Vicario e al Sindaco, i quali entrambi hanno iniziato quest’anno le loro diverse missioni – l’una spiritua- le e religiosa, l’altra civile ed amministrativa – al servizio di questa nostra città. Il mio saluto si estende ai Vescovi Ausiliari, ai sacerdoti, alle persone consacrate ed ai tanti fedeli laici qui convenuti, come pure alle Autorità pre- senti. Venendo nel mondo, il Verbo eterno del Padre ci ha rivelato la vici- nanza di Dio e la verità ultima sull’uomo e sul suo destino eterno; è venuto a restare con noi per essere il nostro insostituibile sostegno, specialmente nelle inevitabili difficoltà di ogni giorno. E questa sera la Vergine stessa ci ricorda quale grande dono Gesù ci ha fatto con la sua nascita, quale prezio- so “tesoro” costituisce per noi la sua Incarnazione. Nel suo Natale Gesù vie- ne ad offrire la sua Parola come lampada che guida i nostri passi; viene ad offrire se stesso e di Lui, nostra certa speranza, dobbiamo saper rendere ra- gione nella nostra esistenza quotidiana, consapevoli che “solamente nel mi- stero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” (Gaudium et spes, 22). La presenza di Cristo è un dono che dobbiamo saper condividere con tut- ti. A questo mira lo sforzo che la Comunità diocesana sta conducendo per la formazione degli operatori pastorali, affinché siano in grado di rispondere alle sfide che la cultura moderna pone alla fede cristiana. La presenza di nu- merose e qualificate istituzioni accademiche a Roma e le tante iniziative promosse dalle parrocchie ci fanno guardare con fiducia al futuro del cri- stianesimo in questa città. L’incontro con Cristo, voi lo sapete bene, rinnova l’esistenza personale e ci aiuta a contribuire alla costruzione di una società giusta e fraterna. Ecco allora che, come credenti, si può dare un grande con- tributo anche per superare l’attuale emergenza educativa. Quanto mai utile è allora che cresca la sinergia fra le famiglie, la scuola e le parrocchie per una evangelizzazione profonda e per una coraggiosa promozione umana, capaci di comunicare a quanti più è possibile la ricchezza che scaturisce dall’in- contro con Cristo. Incoraggio per questo ogni componente della nostra Dio- cesi a proseguire il cammino intrapreso, attuando insieme il programma del- l’anno pastorale in corso, che mira appunto ad “educare alla speranza nella preghiera, nell’azione, nella sofferenza”. In questi nostri tempi, segnati da incertezza e preoccupazione per l’avve- nire, è necessario sperimentare la viva presenza di Cristo. È Maria, Stella 45