SlideShare a Scribd company logo
1 of 121
Download to read offline
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI UDINE
FACOLTA’ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE
CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN RELAZIONI PUBBLICHE
D’IMPRESA
TESI DI LAUREA SPECIALISTICA
Il lobbying: dalla connotazione negativa alla difesa
trasparente dei legittimi interessi
Il caso AMD
Relatore: Laureando:
Ch.ma Prof.ssa Renata Kodilja Antonio Fracas
ANNO ACCADEMICO 2010-2011
A mio nonno Bruno
5
INDICE:
INTRODUZIONE.....................................................................................................7
CAPITOLO 1.......................................................................................................... 13
Il lobbying e il lobbista sotto la lente ....................................................................... 13
1.1 Definizione di lobbying ................................................................................ 13
1.2 Identikit del lobbista ..................................................................................... 21
1.3 Gli attori ....................................................................................................... 29
1.3.1. I portatori di interesse................................................................................ 30
1.3.2. Mediatori................................................................................................... 37
1.3.3. Le istituzioni pubbliche ............................................................................. 38
1.4 L’azione di lobbying ..................................................................................... 39
1.4.1 Gli strumenti di back office ....................................................................... 41
1.4.2 Strumenti di comunicazione esclusivi........................................................ 43
1.4.3 Strumenti di comunicazione non esclusivi ................................................. 45
1.5 L’azione di lobbying ..................................................................................... 48
1.5.1 I public affairs ........................................................................................... 49
1.5.2 I quattro modelli di public affairs............................................................... 50
1.5.3 Le tre fasi del lobbying.............................................................................. 53
1.5.4 Il lobbying diretto...................................................................................... 58
1.6 La legislazione italiana sul lobbying ............................................................. 60
1.6.1 Le proposte di legge .................................................................................. 63
1.6.2 I casi Toscana, Molise ed Emilia Romagna................................................ 66
1.6.3 Calabria e altri........................................................................................... 68
1.6.4 Riflessione ................................................................................................ 68
CAPITOLO 2.......................................................................................................... 69
La regolamentazione del lobbying al di fuori dei confini italiani: USA e UE ........... 69
2.1 La regolamentazione del lobbying negli USA ............................................... 70
2.1.1 Dalla seconda metà dell’800 al Federal of Lobbying Act........................... 70
2.1.2 Il Federal Regulation of Lobbying Act ...................................................... 73
2.1.3 Gli anni Settanta e le riforme collaterali..................................................... 76
6
2.1.4 Il Lobbying Disclosure Act........................................................................ 78
2.1.5 Gli anni Duemila....................................................................................... 82
2.2 Lobbying a Bruxelles.................................................................................... 85
2.2.1 Il lobbista di Bruxelles............................................................................... 86
2.2.2 Organizzarsi.............................................................................................. 87
2.3 Obiettivo e influenza..................................................................................... 88
2.3.1 Commissione Europea............................................................................... 88
2.3.2 Parlamento Europeo .................................................................................. 89
2.3.3 Consiglio dell’Unione Europea.................................................................. 92
2.4 Regole .......................................................................................................... 93
2.4.1 I primi tentativi.......................................................................................... 93
2.4.2 La situazione attuale.................................................................................. 95
CAPITOLO 3........................................................................................................ 101
AMD e l’intervento per la nuova formulazione dei bandi pubblici della Pubblica
Amministrazione ................................................................................................... 101
3.1 AMD .......................................................................................................... 101
3.2 Lo scenario competitivo per AMD nei primi anni 2000 in Italia .................. 102
3.3 AMD scende in campo................................................................................ 103
3.3.1 La strategia di AMD................................................................................ 104
3.4 La svolta in positivo per AMD.................................................................... 106
3.4.1 L’intervento della CE .............................................................................. 109
3.5 Epilogo ....................................................................................................... 110
CONCLUSIONI.................................................................................................... 113
ALLEGATI........................................................................................................... 115
BIBLIOGRAFIA
SITOGRAFIA
RINGRAZIAMENTI
7
INTRODUZIONE
Questa tesi è frutto della profonda curiosità sorta nei confronti del tema del lobbying
durante lo studio delle attività di Relazioni Pubbliche. Si legge di lobbisti che sono
padroni dell’arte della comunicazione e della relazione, ma, soprattutto, che si tratta di
esperti professionisti capaci di convincere anche i più ostici interlocutori.
La cultura popolare riconosce tali doti accostandole però spesso a fini non sempre
limpidi. Il lobbista è allora colui che agisce per conto dei “cattivi”, che “avvantaggia” le
multinazionali e le attività più o meno occulte.
Agli occhi di chi non conosce la professione, il lobbista è nel migliore dei casi un
manipolatore.
Non si può dare torto a coloro che la pensano in questo modo in quanto non sono
poche le occasioni offerte dalla cronaca che portano l’opinione pubblica in questa
direzione. Basti qui ricordare lo scandalo denominato “Tangentopoli” degli anni
Novanta che anche a distanza di vent’anni non è stato ancora dimenticato.
Rappresentanti senza scrupoli di interessi particolari non hanno esitato a ricorrere a
mezzi illeciti per influenzare il legislatore. In quel frangente, i cinque fogli di analisi
citati da John Fitzgerald Kennedy e citati nel capitolo I sono stati brutalmente sostituiti
da pratiche meno lecite.
Ma queste persone non possono essere considerate dei lobbisti e per loro esiste
un’unica denominazione: corruttori.
A distanza di vent’anni, “Tangentopoli” non è stata dimenticata. A pagarne le
conseguenze non è stata solo la credibilità delle istituzioni ma anche la professione del
lobbista L’idea di fondo è che il lobbista difenda sempre e comunque i “cattivi” a
scapito dei “buoni”.
Ma il lobbista non è questo. O, se vogliamo, non dovrebbe essere questo. Resta il
fatto che un lobbista può difendere tanto un’organizzazione che genera i suoi profitti a
8
scapito dei cittadini quanto aziende che godono di un’ottima considerazione da parte
della gente (per esempio le O.N.G.). Ma qualora difenda un’azienda del primo tipo, il
vero lobbista dovrebbe comunque usare solo gli strumenti propri della comunicazione e
dati oggettivi a supporto della propria tesi difensiva, escludendo categoricamente il
ricorso a mezzi di persuasione che non sia non leciti. Non è scontato che, per quanto
bravo, riesca nell’impresa di salvaguardare l’interesse del suo cliente in quanto esistono
anche cause indifendibili. Ma nessuno potrà negare che ha agito correttamente, nel
rispetto delle norme.
Per comprendere meglio la figura del lobbista professionista, il capitolo I di questa
tesi è incentrato attorno ad una dettagliata analisi delle sue competenze e degli strumenti
da lui stesso impiegati. Confidare in un cambiamento dell’opinione pubblica nei suoi
confronti da parte del lettore è ambire a qualcosa di estremamente difficile se non
addirittura impossibile. Ma la finalità del capitolo I è quella di rispondere alla domanda
che troppe volte rimane priva di risposta: come lavora il lobbista? Si è pertanto
analizzato la figura professionale del lobbista cogliendone gli aspetti caratterizzanti
quanto a capacità e competenze. La figura professionale che ne esce non riguarda solo
un esperto di comunicazione ma anche di un insieme di altre specifiche competenze che
abbracciano Diritto, Economia e Relazioni Pubbliche. Si tratta di una figura che fa dell’
“ascolto” il suo strumento principale e che gli consente di cogliere sia le esigenze del
cliente che le peculiarità dell’ambiente in cui questo opera nonché i provvedimenti
normativi che possono influire sulle attività del cliente stesso. L’ascolto è altresì
finalizzato ad individuare i giusti interlocutori istituzionali e dare vita ad un dialogo
costruttivo per entrambe le parti (azienda cliente e legislatore). Il lobbista, bravo e
competente, non difende il proprio cliente ad oltranza alterando la realtà ma trova e
fornisce gli spunti per il miglioramento del testo di legge a tutela dell’attività di un
intero settore di cui il cliente è solo uno dei molti esponenti. Rappresentare gli interessi
implica ulteriori skills rispetto a quelle già menzionate. Il lobbista è
contemporaneamente un pianificatore strategico e un consulente senza il quale l’azienda
non saprebbe muoversi nel mondo istituzionale. Un novello Virgilio che accompagna
Dante, se è concesso il paragone. Egli aiuta l’azienda a comprendere i testi di legge e il
loro impatto, delinea i passi per imbastire una relazione col legislatore e consiglia le
giuste tecniche di approccio. Per cambiare le regole del gioco non basta infatti una
9
lettera firmata da un Amministratore delegato, seppur autorevole e potente, all’indirizzo
di un politico, neanche se si è Claudio Marchionne: anche la FIAT, infatti, ha i suoi
lobbisti.
L’ambiente in cui opera il lobbista italiano è particolare. Il nostro territorio si
contraddistingue per l’assenza di una legislazione nazionale che regolamenti l’attività di
lobbying. L’Italia è così in una condizione di forte arretratezza nonostante reiterati
tentativi per colmare il vuoto normativo. Fin dal 1948 i rappresentanti del Parlamento
hanno avanzato proposte di legge ma la necessità di tale intervento non è mai stata
avvertita dalla maggioranza dei parlamentari, rendendo vano ogni sforzo in tale
direzione. Neanche quando il provvedimento è approdato all’esame della commissione
parlamentare competente ha goduto di un destino migliore. Nessun testo è mai stato
sottoposto all’analisi dell’Aula. È chiaro, allora, che esistono dei “lobbisti” più forti
ricollegabili anche ai partiti politici, interessati a detenere l’esclusiva sui rapporti
istituzionali e la formulazione delle leggi. A poco valgono le convocazioni in audizione
di coloro su cui le proposte di legge impattano direttamente. L’ascolto nei loro confronti
è spesso solamente di facciata. Non da meno è l’atteggiamento di certe associazioni che
si sono sempre opposte all’idea di una regolamentazione del lobbying perché
fermamente intenzionate a mantenere la loro posizione di interlocutore privilegiato del
legislatore e magari a scapito delle aziende più piccole. In controtendenza appaiono
alcune regioni italiane, come Toscana e Molise che si sono dotate di una legge
regionale, caratterizzate però dall’uso di espressioni quali
“rappresentante/rappresentanza di interessi”. Questo perché il termine lobbying fa
ancora paura.
Il capitolo II offre invece una panoramica su uno scenario decisamente diverso che
riguarda gli Stati Uniti d’America e l’Unione Europea. Nel caso degli USA la
legislazione è presente ma, ancor più radicato nella cultura a stelle e strisce è il
riconoscimento del diritto a manifestare i propri interessi senza che tale diritto possa
essere prevaricato.
Il capitolo assume la valenza di una cronistoria della legislazione americana: dai
tentativi più datati risalenti al XIX secolo fino ai giorni nostri. Ma ciò che più
caratterizza la legislazione americana è il continuo tentativo di apportare miglioramenti
10
ai testi in vigore tramite l’inserimento di definizioni precise dei termini di lobbista e di
lobbying finalizzato alla riduzione del rischio di errate interpretazioni. A questo si
aggiungono disposizioni chiare circa i modi e i tempi di avvio alla professione, con
particolare riguardo alle figure che, prima di diventare lobbisti, occupavano posizioni
importanti all’interno della Pubblica Amministrazione. Non mancano inoltre le sanzioni
per coloro che non rispettano le disposizioni stabilite. Tutto perfetto? Non esattamente.
Anche nella patria del lobbying vi sono stati casi di lobbisti che hanno fatto ricorso a
mezzi di persuasione illeciti: Jack Abramoff, il lobbista americano più famoso, che dalla
persuasione è passato alla corruzione pagandone però le conseguenze con la perdita
della libertà personale.
Dal canto suo anche l’Unione Europea ha provato a dotarsi di una legislazione sul
tema. Pur potendo prendere spunto da quanto attuato dall’amministrazione americana,
l’Unione non ha ancora compiuto quel necessario salto di qualità. L’attuale normativa
infatti rende solo facoltativa, e non obbligatoria, l’iscrizione al registro dei lobbisti di
Bruxelles. Anche in tema di sanzioni è previsto solo il ritiro del tesserino di lobbista per
coloro che non rispettano il codice di condotta la cui accettazione è conseguente
all’iscrizione. Certo rispetto all’Italia la situazione dell’UE è migliore ma non si può
certo sostenere che quanto operato in questa sede istituzionale possa fungere da esempio
da imitare. Potrebbe però essere almeno un punto di inizio per discutere della nuova
legislazione che, si spera, un giorno arrivi anche da noi.
Per meglio illustrare re la teoria del lobbying e i suoi elementi principali è stato
analizzato un caso specifico come dimostrazione pratica di ciò che l’attività di lobbying
può o non può realizzare. Il Capitolo III è così incentrato sull’azione di lobbying che ha
sostenuto gli interessi dell’azienda americana AMD nel contesto italiano. La vicenda
risale al 2004. È un caso di lobbying propriamente detto, con la riscrittura delle regole
in vigore in un certo settore. AMD ha avuto agli inizi degli anni Duemila forti problemi
per partecipare alle gare di appalto della Pubblica Amministrazione per la fornitura di
computer. Nodo della questione, la formulazione dei bandi che penalizzava la
concorrenza. AMD ha subìto una drastica riduzione delle possibilità di vincere il bando.
L’attività di lobbying si è così rivelata fondamentale per consentire ad AMD di
competere allo stesso livello dei concorrenti. Il risultato a cui si è giunti è stata la
11
rivisitazione completa dei testi dei bandi pubblici che ha preservato gli interessi di tutte
le aziende di settore. Il felice epilogo ha, al tempo stesso, preservato gli interessi delle
altre aziende di settore. Ad oggi, il bando non prevede più l’uso di un brand a scopo
comparativo ma stabilisce precisi criteri minimi prestazionali per i microprocessori
installati nei computer. Il caso ha fatto scuola e, merito anche del sostegno della
Commissione Europea, ora in tutta Europa i bandi pubblici per questa tipologia di
forniture non prevedono altro se non i livelli minimi prestazionali richiesti.
Come è stato dimostrato, il lobbying non è attività ai limiti della legalità o contro il
cosiddetto “bene comune” ma un aiuto fondamentale per garantire il rispetto dei valori
propri della democrazia.
13
CAPITOLO 1
Il lobbying e il lobbista sotto la lente
«I lobbisti sono quelle persone che per farmi comprendere un problema impiegano dieci minuti e mi
lasciano sulla scrivania cinque fogli di carta. Per spiegarmi lo stesso problema, i miei collaboratori
impiegano tre giorni e decine di pagine».
J.F. Kennedy
1.1 Definizione di lobbying
Parlare in Italia di lobbying è un’azione non esente da rischi, soprattutto per chi è
intenzionato ad illustrarne la pratica. Troppi, infatti, sono i pregiudizi che ancora oggi
gravano su chi si definisce lobbista. È il prezzo da pagare per le azioni compiute da
coloro che, negli anni Novanta e in occasione dello scandalo Tangentopoli, hanno
preferito influenzare il decisore politico (Deputato o Senatore che fosse) usando il
linguaggio delle tangenti piuttosto che proporre un’analisi dettagliata dello scenario
(presente e futuro), in conseguenza della diretta attuazione di una nuova norma. Perché
è questo ciò che fanno i lobbisti: influenzare il processo decisionale.
Sono trascorsi quasi vent’anni da quel periodo grigio, in cui la credibilità dell’intero
sistema democratico ha conosciuto uno dei punti più bassi (se non addirittura l’apice
della decadenza), eppure nulla è cambiato. «Stereotipi», «clichè superficiali duri a
morire», «Paragoni impropri e abusi del linguaggio, non solo giornalistico, che
distorcono la nostra funzione»1
. Ecco le risposte degli operatori di settore a chi insinua
che il lobbying rappresenti una professione tutt’altro che onesta. Nella penisola dello
stivale si continua a confondere lobby con corporazioni, consorterie, comitati d’affari o,
peggio, con potentati oscuri al confine col malaffare. Nulla di più falso. «Il lobbismo,
quello vero – sostengono – non ha niente a che fare con il clientelismo né con gli
1
CAPITAL, n.372, Febbraio 2011, p. 16.
14
intrallazzi. Piuttosto, è la capacità di rappresentare interessi leciti, in modo trasparente,
presso i decisori pubblici»2
.
È d’obbligo, prima ancora di procedere con la definizione completa di lobbying, una
precisazione. Essendo un’attività di relazione3
, implica il contatto tra il legislatore e
rappresentanti di interessi, generando il rischio della creazione di una zona grigia nelle
relazioni stesse: «Una zona grigia tra conflitti di interesse e intrecci tra politica e affari –
sostengono sempre gli specialisti – esiste». Franco Spicciariello, cofondatore della Open
Gate Italia4
e professore di lobbying alle università romane Lumsa e Tor Vergata,
sostiene che tale problematica è comune a tutto il sistema: «L’avvocato che va in
piscina con il giudice o a giocare a tennis con il pubblico ministero non è zona grigia?
Quando la zona grigia si fa corruzione – gli fa eco Gianluca Comin5
– si tratta di
patologia, non di lobby». Questo perché «i lobbisti professionali rendono un servizio al
sistema democratico. Noi lobbisti siamo chiamati a coprire un gap informativo tra gli
interessi legittimi delle aziende o comunque dei soggetti per i quali lavoriamo e le
competenze dei decisori pubblici6
».
2
Ibidem, p. 16.
3
M. Mazzoni in Le relazioni pubbliche e il lobbying in Italia, Laterza, Bari, 2010, lo
include nel terzo dei quattro modelli di RP di James E. Grunig: il “two-way symmetric”,
caratterizzato da una comunicazione bidirezionale, distinta dal disequilibrio degli effetti.
4
Società specializzata in attività di lobbying, public affairs, regolamentazione e
comunicazione strategica. Sito web: http://www.opengateitalia.com/. I public affairs
sono, per definizione, l’insieme delle attività di relazioni con le istituzioni. Il lobbying è
parte dei public affairs.
5
Direttore delle relazioni esterne e istituzionali del gruppo Enel, il primo ad aver
formalmente accorpato le due cruciali responsabilità nelle mani dello stesso manager.
Da Capital, op. cit. p. 17.
6
Le competenze e l’utilità del lobbista saranno proposte nei paragrafi successivi del
presente capitolo.
15
Nonostante i molteplici tentativi di far apparire il lobbying per quello che realmente
è, il contesto italiano gli attribuisce ancora oggi un’accezione negativa. Il termine viene
utilizzato a sproposito e, soprattutto, per qualificare qualsiasi atto poco chiaro oppure
addirittura in contrasto con la legge. Se si riprendono le cronache sui giornali, ogni volta
che si parla della lobby si evoca un’azione di corruzione. Ma se così fosse, sarebbe
qualificata da un articolo del codice penale e non ci sarebbe bisogno di chiamarla
attività di lobbying.7
Il termine lobby, prima ancora di essere coniato dalla linguistica ottocentesca
americana, deriva dal latino lobium, ovvero chiostro. Ma anche lobia, parola di
derivazione latina medioevale, traducibile con loggia, portico. Secondo Andrian Room
(citato da Wikipedia), il suddetto termine venne usato per la prima volta da Thomas
Bacon in The relikes of Rome nel 1553; nel 1539 William Shakespeare usò lobby in
Enrico VI (parte II), con il significato di “passaggio”, “corridoio”. Altre fonti fanno
derivare lobby dall’Antico Alto-Tedesco lauba, che significa deposito di documenti, che
divenne poi lobby nell’adattamento inglese. Fu nel XIX secolo, 1830 circa, che il
termine lobby venne a indicare, nella House of Commons, quella grande anticamera in
cui i membri del Parlamento usavano votare durante una “division”8
. Successivamente
il termine venne attribuito più in generale a quella zona del Parlamento in cui i
rappresentanti dei gruppi di pressione cercavano di contattare i membri del Parlamento
stesso. Per indicare questi rappresentanti e l’attività da essi esercitata, nel XIX secolo si
iniziò a far uso dei termini lobbyist e lobbying. Secondo gli americani tutto cominciò
attorno al 1820, quando il presidente in carica, Ulysses Grant, cominciò a ricevere i
lobbisti nella lobby dell’Hotel Willard di Washington9
. A tal proposito, citiamo un
saggio di Vittorio Zucconi, giornalista di Repubblica:
«Depresso dalla atmosfera della Casa Bianca nel 1869, il presidente americano Ulysess Grant
spostava la sua passione per i sigari e il whisky al vicino Hotel Willard in Pennsylvania Avenue, nel cuore
7
Mazzoni, op. cit. p. 92.
8
Una votazione.
9
B. Facchetti, L. Marozzi, La guida del Sole 24 Ore alle Relazioni Pubbliche. La
comunicazione d’impresa del nuovo secolo. Gruppo 24 Ore, Milano, 2009.
16
di Washington. Lì, nell’atrio, il vincitore della Guerra Civile eletto capo dello Stato sprofondava nel cuoio
screpolato e teneva corte. Una lunga fila di “clientes” e postulanti attendeva l’occasione per sussurrargli
una richiesta, domandare od offrire un favore, raccomandare un progetto o una proposta. E se lo
spettacolo del “sovrano” che riceve questuanti non era certamente nuovo neppure nella storia della
giovane repubblica nordamericana, è da quell’atrio d’albergo che furono formalizzate e consolidate quella
parola e quella tecnica di influenzare la democrazia che oggi conosciamo, e temiamo, con il nome di
“lobby”. Essendo appunto l’atrio degli alberghi la “lobby” in inglese, dall’italianissimo, e latinissimo,
“lobia”, loggia»10
.
Secondo Beppe Facchetti e Laura Marozzi (2009), «la lobby è un’azione
consapevole e coordinata nel tempo condotta nel rispetto delle leggi vigenti, realizzata
da un soggetto pubblico o privato, che si propone di influenzare il processo decisionale
pubblico a tutti i livelli e che sviluppa sistemi di relazione diretta: strumenti o canali di
informazione verso i decisori pubblici o persone fisiche e giuridiche, gruppi o
associazioni che si ritiene possano influenzare a loro volta i decisori». L’attività di
lobby (ovvero il lobbying) rientra a pieno titolo nel quadro delle relazioni pubbliche, in
quanto finalizzata a creare relazioni stabili ed efficaci. Ma si distingue dalle altre attività
di relazione per il pubblico di riferimento (esclusivamente decisori e autorità pubbliche)
e le finalità (influire sugli atti dell’autorità politico-amministrativa).
Ruben Razzante11
aggiunge una componente in più alla definizione, utile per
provare a contrastare i pregiudizi: «Il lobbying è la trasmissione di messaggi dal gruppo
di pressione ai decision maker, quindi è uno strumento articolato e complesso di
comunicazione».
Anche secondo Paolo Zanetto e Alberto Cattaneo, partner fondatori della Cattaneo
Zanetto & Co., lobbying firm italiana, l’uso del verbo “to lobby” è da ricongiungere al
XIX secolo in quanto «se ne trova traccia nei resoconti dei lavori del campidoglio dello
10
V. Zucconi, “Lobby. Quando la democrazia è in ostaggio”, La Repubblica, 24
gennaio 2006.
11
Professore di Diritto dell’informazione e del prodotto culturale e di Diritto del
copyright e legislazione dei beni culturali all’Università Cattolica del Sacro Cuore di
Milano. È socio de Il Chiostro.
17
Stato di New York ad Albany già nel 1832»12
. Il termine lobbista, invece, identificava, a
partire dal XVII secolo, i cittadini che stanziavano fuori dalla Camera dei Comuni di
Londra.
In realtà, ancora oggi è in atto una disputa per definire universalmente il termine
lobbying. La matrice latina è certamente condivisa, ma a lobium si aggiunge laubia: era
la tribuna da cui il popolo proponeva le sue idee alla classe politica. Questo senso
sociale e propositivo del termine è stato perso nell’uso anglosassone.
Secondo Mirko Rubin è possibile considerare con particolare riguardo tre
definizioni:13
 «Il processo per mezzo del quale i rappresentanti dei gruppi di interesse agendo
da intermediari portano a conoscenza dei decision maker, i desideri dei loro
gruppi. Lobbying è quindi soprattutto una trasmissione di messaggi da gruppi di
pressione ai decision maker per mezzo di rappresentanti specializzati (e in alcuni
casi, come negli USA, legalmente autorizzati) che possono, o no, far uso della
minaccia di sanzioni» (G. Pasquino, 1976);
 «In quanto verbo significa fare pressione, presentare ragioni o altre motivazioni
per cercare di rendere un decisore politico favorevole alla propria posizione. Può
essere usato in un contesto istituzionale, ove un rappresentante di un gruppo di
pressione può fare lobby su un parlamentare, un ministro o un funzionario
pubblico per portare avanti l’interesse del suo gruppo» (D. Robertson, 1987);
 «Attività di relazione e di comunicazione, legittima consapevole e programmata,
messa in atto per orientare la decisione pubblica, i suoi attori ed i loro influenti,
perché assumano, sempre nel prioritario interesse generale, decisioni le cui
conseguenze siano positive o comunque non negative, per l’organizzazione e/o
l’interesse rappresentato» (T.M. Falconi, 2002).
12
A. Cattaneo – P. Zanetto, Fare lobby. Manuale di public affairs. Etas, Milano,
2007.
13
M. Rubin, Le relazioni con il processo decisionale pubblico, in G. Vecchiato,
Relazioni pubbliche: valore che crea valore, a cura di, FrancoAngeli, Milano, 2005, p.
135.
18
Ulteriori contributi sono giunti nel corso degli anni. Proprio recentemente, il già
citato Marco Mazzoni14
ha svolto una vera e propria autopsia del termine in questione,
partendo da un punto ampiamente condiviso: il lobbying è uno sforzo implementato per
condizionare il policy process15
, ovvero, è quella azione rivolta al processo decisionale
con l’intento di influenzarlo. Come si può notare, rispetto alla definizione di Pasquino vi
sono degli importanti elementi innovativi. Mazzoni però contesta a sé stesso una sorta
di incompletezza, e aggiunge che «il lobbying è un processo attraverso il quale si tenta
di influenzare l’attività delle istituzioni pubbliche e di permeare la public policy
agenda16
. Il lobbista non preme soltanto sul processo legislativo o esecutivo; la sua
azione è qualcosa di più ampio, poiché racchiude altresì le interazioni con i governi e le
assemblee legislative locali, con organizzazioni non governative, con autorità
responsabili di aree di pubblico interesse e con i mass media»17
. Dal presente
ragionamento si giunge ad una duplice conclusione, ottima per iniziare ad identificare
gli attori dell’azione di lobbying:
 Il lobbying è la ricerca di una negoziazione18
con parti del governo (locale,
nazionale o sopranazionale);
 è la mobilitazione dell’opinione pubblica e dei mass media per agire contro una
decisione del governo19
o per inserire una issue all’interno dell’agenda politica.
14
Ricercatore di Sociologia della comunicazione presso la Facoltà di Scienze
politiche dell’Università di Perugia. Insegna Comunicazione pubblica nel corso di
laurea in Scienze della comunicazione.
15
Ovvero il processo di elaborazione delle politiche.
16
L’agenda pubblica. L’azione di lobbying è in grado, tra le altre, di far acquisire più
o meno priorità a determinate tematiche, che successivamente sono incluse nei calendari
dei lavori parlamentari.
17
M. Mazzoni, op. cit. p. 31.
18
L’idea di lobbista come negoziatore non è condivisa da tutti gli operatori
19
Il ragionamento però non si conclude certamente qua. L’azione di lobbying
coinvolge numerosi attori (definiti successivamente) e si articola in un processo
articolato, frutto della pianificazione e attuazione di più azioni. Tale caratteristica
costituisce un nuovo spunto per le considerazioni di Mazzoni. Il lobbista ha a sua
disposizione un’ampia gamma di strumenti per perseguire lo scopo concordato assieme
al soggetto-cliente. «Può ricorrere a ricerche, allarmare i membri del gruppo che
rappresenta, sottoscrivere lettere, promuovere campagne, contattare direttamente i
decisori, distribuire informazioni ai media. Qualsiasi tattica di lobbying venga
implementata, questa deve prevedere il ricorso a una varietà di attività: soltanto così si
realizza il rafforzamento della publicity dell’organizzazione (per cui il lobbista lavora),
che garantisce una più alta probabilità di successo nell’interazione con i decision
makers». Il lobbying, dunque, è un processo.
L’ultima considerazione di Mazzoni, la più importante e innovativa soprattutto se
usiamo quale metro di paragone le definizioni proposte dagli autori precedenti e raccolte
da Mirko Rubin, è anche la più attuale. Su di essa si concentra la “battaglia” di
associazioni quali Il Chiostro20
, la quale richiede non solo una legislazione nazionale a
riguardo ma il riconoscimento dell’attività di lobbying quale componente del processo
democratico. «Se il lobbying lo si descrive come un processo che influenza il decisore
pubblico – è l’affermazione di Mazzoni– o, per la precisione, come l’attività con cui si
porta a conoscenza del decisore una determinata istanza, bisogna anche avere il
coraggio, una volta per tutte, di sostenere che il lobbying fa parte del processo
democratico». Questa, ovviamente, è una incombenza che coinvolge il caso italiano. Gli
Stati Uniti d'America, come vedremo nel capitolo seguente, sono ben più privilegiati
giacché il lobbying è tutelato costituzionalmente.
19
La frase potrebbe indurre in errore, facendo credere al lettore che il lobbista voglia
attuare una strategia “io vinco- tu perdi”. Ciò è errato: la pratica di tale attività dimostra
come il lobbista si concentri invece su una strategia “io vinco-tu vinci”.
20
Associazione che promuove la cultura, la pratica e la regolamentazione della
trasparenza nella rappresentanza degli interessi.
20
Il tentativo di formulare la definizione di lobbying porta, in conclusione, ad uno
scorporamento di ciò che si vuole definire del termine stesso. Da un lato, infatti, la
letteratura italiana si è concentrata sull’interesse da tutelare e sulla rappresentanza. Da
ciò, come riporta Mazzoni, consegue che la lobby o organizzazione lobbistica è il
gruppo portatore dell’interesse o della causa da tutelare; il lobbista, è il personale
interno o esterno all’organizzazione attraverso cui si attua la rappresentanza; il lobbismo
è l’insieme delle tecniche e attività che consente la rappresentanza politica degli
interessi. Se invece si focalizza l’attenzione sulle competenze, il lobby è, nelle
democrazie compiute, il luogo di incontro pubblico tra i rappresentanti di interessi
particolari, legittimamente meritevoli di tutela, e i decisori pubblici o quei soggetti
influenti in grado di condizionare il comportamento. Il lobbying è la trasmissione di
messaggi dal gruppo di pressione ai decision makers, quindi è uno strumento articolato
e complesso di comunicazione. Il lobbismo è l’insieme di tecniche e attività che
consentono la rappresentanza politica degli interessi organizzati; è in generale la faccia
politica di tali gruppi di interesse. Il lobbista è in sostanza un bravo comunicatore ma, in
quanto rappresentante di un gruppo di interesse, deve essere anche un esperto della
materia.
I numerosi tentativi di definizione di lobbying, lobby e lobbista hanno certamente
aumentato le conoscenze teoriche ma nulla hanno potuto contro gli stereotipi, assai
radicati, che ancora oggi contraddistinguono gli esponenti dei public affairs. Ad un vero
e proprio ostracismo, fortunatamente, non si è arrivati. L’accettazione è ancora lungi
dall’essere attuata e lo scenario attuale è ben definito da Giuseppe Mazzei, presidente de
Il Chiostro: «Il problema è che non si è riusciti a trovare una parola diversa da lobbying,
lobby e lobbista per definire questa attività di relazioni istituzionali. L’unico paese che
ha una parola che potrebbe sostituire il termine lobbying è la Spagna dove si usa il
verbo cabildear, cioè tenere rapporti con le istituzioni. Il secondo problema è che c’è
un’ignoranza di fondo sull’argomento perché – è la sua analisi – non è che esistano tanti
ambiti in cui se ne discute. A molti fa comodo la situazione attuale, cioè uno scellerato
patto di coalizione tra alcuni lobbisti che vogliono fare i lobbisti all’antica, cioè
nell’ombra, e alcuni politici che preferiscono, discrezionalmente, tenere rapporti, si
21
spera corretti, ma senza dare evidenze e trasparenza. Tutto questo non aiuta, né gli uni
né gli altri, tanto meno la democrazia»21
.
1.2 Identikit del lobbista
Fornire un perfetto identikit del lobbista non è semplice. La complessità dell’attività
che viene perseguita gli richiede la padronanza di un’ampia gamma di competenze
tecniche, soprattutto relazionali. Il lobbista deve altresì disporre di preparazione
economica, giuridica e politologica a 360°, ma se non c’è la predisposizione alle
relazioni interpersonali e alla comunicazione allora gli è impossibile lavorare. Instaurare
con l’interlocutore politico una relazione di fiducia assume una rilevanza notevole e a
ciò si giunge solo con un dialogo e ascolto costanti. L’assenza di fiducia mina
gravemente il raggiungimento degli obiettivi del lobbista in quanto le informazioni
riservate (linfa vitale per la pratica del lobbying) vengono meno. La diretta
conseguenza, in questo caso, è l’accesso ridotto al policy maker e l’azione di pressione
risulta molto più complicata.
Le testimonianze di chi appartiene al settore rappresentano una fonte importante per
la raccolta di utili informazioni per tracciarne il profilo professionale. Claudio Velardi22
,
il lobbista più famoso d’Italia, sostiene che «il lobbista è una persona che deve
conoscere molto bene le dinamiche della politica, del lavoro parlamentare e del
processo legislativo. Deve avere un’agenda molto sostanziosa e possedere un grande
fiuto per la politica, cioè un sesto senso nel capire dove sta andando la politica e, quindi,
come muoversi»23
.
21
L’attività di lobbying in Italia, in Cos’è il lobbismo nel mondo: analisi
comparativa, ricerca del Master in Comunicazione per le Relazioni Internazionali
MICRI, Università IULM, Milano, 2010.
22
Capo dello staff di Massimo D’Alema segretario a Botteghe Oscure, poi di
D’Alema premier. È tra i fondatori di Reti, prima società di lobbying in Italia.
23
CAPITAL, op. cit. p. 20.
22
A Velardi fa eco Filippo Maria Grasso, responsabile delle Relazioni istituzionali del
Gruppo Pirelli: «L’interlocutore pubblico è un esperto di relazioni almeno quanto noi. È
abituato all’incontro con l’altro e a una gestione del tempo razionalizzata, che lo ha
preparato a farsi un’idea molto rapida su chi ha di fronte. Occorre quindi essere veloci,
ma non approssimativi, competenti ma non noiosi e in ultimo non dimenticarsi di essere
persone. Arrivare preparati sul proprio business è una condizione necessaria, ma non
sufficiente. Occorre essere competenti nella gestione dell`interno processo che si sta
rappresentando, offrendo prospettive e punti di vista differenti. È necessario rassicurare
l`interlocutore con un atteggiamento di assoluta trasparenza e apertura. La migliore
soluzione è sempre quella di aprire un rapporto senza formulare richieste. Coinvolgere
la persona nel mondo aziendale attraverso una scambio di informazioni che sia utile
all’attività del rappresentante istituzionale. È bene ricordare che nel rapporto con
l’interlocutore pubblico, la finalità non è mai rivolta ad ottenere un semplice consenso
in relazione ad una singola tematica, ma costruire un duraturo rapporto di fiducia e
stima. Quanto al rapporto umano credo che sia l’elemento di maggiore
caratterizzazione. Senza mai scadere in un`eccessiva familiarità, puntare a un’autentica
relazione fra persone è fondamentale. Pur nella formalità del rapporto fra istituzioni
“pubbliche e private”, pur nell’ “austerità” di certe tematiche rappresentate, tutto è
poggiato sul rapporto fra persone, con le loro complessità, le loro caratteristiche umane,
la loro storia, peculiarità che certamente andranno a condizionare gli atteggiamenti.
Stabilire empatia non è la causa che permette la realizzazione di un progetto ma
senz’altro rappresenta una condizione che facilità l’incontro e la predisposizione
all’ascolto»24
.
La letteratura di settore, pur riconoscendo una certa difficoltà, si è profusa nello
sforzo di elencare le peculiarità del bravo lobbista. Una sfida non da poco se si
considera la svariata provenienza degli operatori di settore: aziende private, esperienze a
livello statale, incarichi politici, gestione di strutture pubbliche, professione forense. Ma
qualunque sia l’origine, ciò che accomuna è l’onestà, la propensione all’ascolto
24
Relazioni Pubbliche, magazine della Federazione Relazioni Pubbliche Italiana,
Ferpi, anno XX, n°61/2010, p. 6.
23
(sempre!), marcate capacità comunicative e persuasive, accurate conoscenze del
processo decisionale e maestria intellettuale.
Secondo Paolo Zanetto25
, «il lobbista deve essere innanzi tutto un mediatore e un
negoziatore. Deve essere in grado di far comprendere al proprio cliente, quindi
all’azienda, quali siano le logiche, i poteri ma soprattutto gli obiettivi che le istituzioni
si pongono». Un ruolo non sempre facile: «Davanti ad una linea dura dettata
dall’azienda – prosegue - deve saper dire di no, deve fare ragionare l’azienda. Deve
sapere far comprendere e tradurre i modelli delle istituzioni nella lingua delle aziende».
Il lobbista può allora acquisire una leadership, possedere carisma e saper guidare
l’azienda ad ottenere i migliori risultati possibili nella relazione con il legislatore. Di
nuovo Zanetto: «[Il lobbista] deve essere evidentemente in grado di tradurre nel
linguaggio della politica e delle istituzioni quelle che sono le esigenze dell’azienda e il
suo business»26
. Il lobbista, dunque, soprattutto in quest’ultimo caso, assume un ruolo di
vera e propria guida e “campanello di allarme” per il legislatore, il quale è pianifica
norme ex novo il cui impatto non viene però valutato nella sua totalità.
La mediazione, ovviamente, non viene praticata soltanto nei confronti dell’azienda
cliente ma anche dell’interlocutore politico. Secondo Emanuele Invernizzi «un
atteggiamento culturale orientato alla mediazione è il presupposto basilare per esercitare
la professione dei public affairs. Mediazione è sinonimo di dialogo, ovvero di
cooperazione e di collaborazione. Il professionista deve sapere che un’attività di
convincimento e di influenza come quella dei public affairs, basata sull’argomentazione
(e sulla soddisfazione, ndr) dei reciproci interessi (I win-you win, ndr) e sulla dialettica
tra i soggetti coinvolti, offre più opportunità rispetto a una pura trasmissione di
informazioni»27
, tipicamente unidirezionale e asimmetrica.
La capacità di gestione delle situazioni che si creano è una prerogativa affermata
anche da Mazzoni, il quale riconosce al lobbista l’importante qualifica di «superbo
25
Cofondatore della Cattaneo Zanetto & Co.
26
http://illobbista.wordpress.com/2010/02/09/italia-e-lobbismo/#comments
27
E. Invernizzi, Manuale di relazioni pubbliche 2. Le competenze e i servizi
specializzati. McGraw-Hill, Milano, 2006, p. 228.
24
comunicatore che conosce l’importanza dell’ascolto». Tale competenza si rivela di
fondamentale importanza in una delle fasi più delicate del processo di lobbying: la
gestione delle interazioni one-to-one. Il l’obiettivo del lobbista diviene così la creazione
di un rapporto di fiducia, a cui si giunge soltanto con la competenza e la preparazione
sull’argomento affrontato. Questo consente all’interlocutore politico di considerare
attentamente le informazioni che sta ricevendo, fidandosi dei contenuti proposti.
Toni Muzi Falconi28
ha così sintetizzato gli aspetti fondamentali per la credibilità e
la legittimazione del professionista di relazioni pubbliche che si occupa di public affairs:
 Paga l’onestà e la trasparenza dell’interesse rappresentato. La credibilità del
professionista e dell’interesse rappresentato sono i valori più importanti;
 Vanno sempre esplicitati il committente e l’obiettivo perseguito;
 Al decisore pubblico va sempre garantito un “valore aggiunto”;
 Mai perdere di vista il vero decisore e aggiornare costantemente la
documentazione da inviare;
 Nell’argomentare il tema, partire sempre dall’interesse generale della comunità e
dall’interesse del decision maker, mai da quello dell’organizzazione;
 Tenere conto delle specificità dei diversi decisori e del gruppo di appartenenza;
 Informare costantemente anche i pubblici influenti;
 Porsi sempre l’obiettivo di ottenere dal decisore una posizione corretta, non
“favorevole”;
 Il professionista è solamente una delle tantissime fonti di informazione del
decisore pubblico;
 Se non desiderate che una frase, un commento o una notizia vengano utilizzate
impropriamente, non fatene menzione, neppure in via confidenziale.
Mazzoni riprende parte delle caratteristiche enunciate da Muzi Falconi, seppur
proponendo un elenco più ristretto, frutto di interviste agli operatori di settore. In tutti
gli elenchi vi è sempre spazio per inclusioni. Mazzoni non si discosta da questa prassi e,
agli elementi di cui sopra, ingloba il non promettere mai ciò che non potrà essere
realizzato (una regola ferrea delle RP) poiché il successo di qualsiasi tattica individuata
dal lobbista dipende da un’accurata analisi delle risorse a disposizione per raggiungere
28
Rubin, op. cit. p. 140.
25
l’obiettivo. A ciò, si aggiunge l’interazione anche con i collaboratori del politico di
riferimento. La credibilità e la fiducia tra il lobbista e il politico dipendono anche dalla
capacità del primo di saper costruire un rapporto con gli uomini di fiducia del secondo.
Infine, propone un must per il professionista dei public affairs: divenire una fonte per il
decisore pubblico, ma senza incorrere in sorprese. Il politico detesta gli eventi inattesi,
in particolar modo le notizie che lo mettono in cattiva luce. Il lobbista diventa una fonte
del politico se gli fornisce informazioni sicure, chiare, semplici che lo agevolano nella
sua attività.
La necessità della già citata relazione di fiducia costringe il lobbista ad una conditio
sine qua non, ovvero un aggiornamento costante sull’evoluzione normativa e scientifica
del problema trattato, utile anche per meglio pianificare ed aggiornare la propria
strategia di influenza. «L’autorevolezza del lobbista, da cui dipende molto del successo
della sua azione, discende dalla sua credibilità che, a sua volta, è essenzialmente
connessa alle conoscenze possedute sulla questione sostenuta».
La perizia nella comunicazione non è semplice da conseguire. La pratica è
indubbiamente il miglior modo per ottenerla. Pur tuttavia, parlare di “abilità di
comunicazione” espone al rischio di essere vaghi. Stefano Rolando e Stefania
Romenti29
hanno però chiaro il concetto, secondo il quale il buon comunicatore deve
preoccuparsi di:
 Rendere espliciti gli interessi rappresentanti e gli obiettivi perseguiti, spiegarli e
argomentarli con precisione;
 Rendere note e certe le fonti di tutto il materiale trasmesso all’interlocutore
pubblico;
 Utilizzare il linguaggio del soggetto istituzionale, tenendo presente che esso è
ricco di simbolismi e di formalità;
 Catalizzare l’ascolto e l’attenzione dei decisori pubblici;
 Dare buona visibilità alle informazioni capaci più di altre di modificare opinioni,
atteggiamenti e decisioni;
 Rendere percepibili e apprezzabili per il decisore pubblico i “vantaggi” dello
scambio.
29
Rubin, op. cit., p. 140.
26
Il lobbista è, in aggiunta, un attento studioso del processo decisionale, del contesto
istituzionale (e della sua evoluzione), della letteratura scientifica presente
sull’argomento di suo interesse e soprattutto del suo interlocutore (il decisore).
Conoscere il proprio interlocutore (ascoltarlo) permette di capire quali siano gli
argomenti da trattare e quali da evitare, quali gli obiettivi che l’interlocutore potrebbe
appoggiare e quali, invece, potrebbe evitare. È importante, inoltre, conoscere la sua
storia personale, l’istituzione in cui lavora e ha lavorato, le sue preferenze, le sue idee.
A tale scopo il lobbista può sfruttare l’enorme banca dati rappresentata da internet. Si
genera, conseguentemente, un profilo per ognuno degli interlocutori. Le informazioni
raccolte saranno utili per rompere il ghiaccio e p instaurare fin da subito un buon
feeling: «Gli uomini (e le donne) – scrive Paolo Zanetto30
- apprezzano chi conosce le
loro attività, i loro successi e chi presta interesse alle loro idee. Il protagonista della
relazione è sempre il nostro interlocutore e mai noi stessi, quindi prepararsi, prepararsi e
ancora prepararsi». Arrivare preparati ad un incontro istituzionale significa avere ben
chiare la value proposition31
che si vuole trasmettere al proprio interlocutore. È utile in
queste circostanze allestire dei documenti allo scopo. Gli appunti devono esprimere un
concetto e niente di particolarmente complesso. Deve essere una sorta di aggancio che
permetta di essere rielaborato in incontri successivi o in momenti “operativi” e non solo
relazionali. La differenziazione appena riportata non è casuale. È invece basilare. Spiega
Zanetto: «Soprattutto i primi incontri devono avere, il più possibile, una natura
relazionale. Sono momenti in cui ci si conosce e si illustrano le proprie posizioni e si
cerca di capire quali sono le opportunità per essere utili gli uni agli altri. Gli incontro
operativi – prosegue – non solo possono essere allargati alla presenza di persone e staff
ma hanno appunto la finalità di affrontare in dettaglio problemi specifici». Il lobbista è
perfettamente consapevole della moltitudine di appuntamenti nell’agenda del politico di
riferimento. Ecco perché gli incontri non durano mai eccessivamente, a meno che non
sia l’interlocutore a condurre l’incontro in tale direzione. Considerando in anticipo la
30
Cattaneo, Zanetto, op. cit., p. 164.
31
Insieme delle strategie aziendali in termini di prodotti, prezzi, luoghi, servizi e
immagini.
27
durata dell’incontro, il lobbista segna i pochi punti da trattare. Come diceva J.F.
Kennedy, «tre fogli e dieci minuti». Un altro elemento da considerare è il luogo
dell’incontro. La maggior parte di questi avviene, normalmente, all’interno degli uffici
degli esponenti politici. Nulla vieta, soprattutto per i successivi incontri, di cambiare
location, in modo da creare un’atmosfera più confidenziale. «Dai campi da golf ai
ristoranti di lusso, sono molti i luoghi di seduzione dei lobbisti. Ma al di là dell’aspetto
aneddotico è importante che i primi contatti siano agevolati da un contesto che renda
unica l’esperienza e contribuisca a rinforzare la reputazione e il prestigio di chi ha
organizzato l’incontro»32
. Non bisogna dimenticare, infatti, che il lobbista sta
costruendo l’immagine dell’azienda, tanto quella rappresentata quanto la propria.
Competenze giuridiche, comunicative, manageriali, strategiche. Che altro? Manca
quella che, con ogni probabilità, è la caratteristica più importante, alla luce del contesto
in cui il lobbista si trova ad operare: l’Italia e i suoi pregiudizi. I lobbisti che si
occupano di public affairs non possono non disporre di un codice etico di fondo. Sono
almeno sei i valori etici che devono costituire un fermo punto di riferimento:
 Democrazia degli interessi: gli interessi pubblici e privati devono poter essere
tutti rappresentati, sostenuti e argomentati presso le istituzioni pubbliche. Per
fare in modo che il processo decisionale pubblico si ispiri ai principi della
democrazia e del pluralismo non devono esistere interessi marginalizzati o presi
in considerazione in maniera inadeguata;
 Equilibrio tra governabilità e partecipazione: le istituzioni pubbliche devono
ascoltare la maggior parte degli interessi in gioco in un processo decisionale
(partecipazione), giungendo in ogni caso alla decsione finale in tempi
ragionevoli e accettabili per il buon funzionamento della società civile
(governabilità). Un’azione civica può essere svolta attraverso le attività di public
affairs in quanto esse non hanno lo scopo esclusivo di tutelare gli interessi
economici dei soggetti che li esprimono, ma anche di rappresentare quelli sociali
e di esercitare il controllo sull’attività delle istituzioni pubbliche;
 Manifestazione privata del pubblico interesse: i soggetti privati devono
concorrere, insieme a quelli pubblici, alla tutela di diritti, valori e interessi di
32
Cattaneo, Zanetto, op. cit. p. 165.
28
pubblica utilità. Il pubblico interesse non deve essere relegato all’esclusiva sfera
d’azione delle istituzioni;
 Esercizio del pluralismo degli interessi: questo deve essere incentivato dalle
istituzioni pubbliche che dovrebbero spingere tutti i portatori di interesse ad
argomentare le proprie posizioni in nome di un pluralismo che deve essere
rispettato;
 Diritto di legittima tendenziosità: ciò vale all’interno dei confini posti dalla
legge. Essere tendenziosi non significa però non essere veritieri. La credibilità
dell’interesse rappresentato e del singolo professionista sono valori fondamentali
da salvaguardare.
La fusione di tutte queste caratteristiche enunciate finora rendono delineabile in
forma pressoché completa il profilo del lobbista. È un esperto, prima di tutto: conosce
alla perfezione il processo decisionale, le issue che rappresenta e l’organizzazione per
cui lavora. Secondo Mazzoni «il lobbista è come il girasole, si muove là dove c’è il sole,
cioè dove c’è il potere e lì concentra la pressione politica». Ma, forse, il concetto che
meglio delinea l’azione del lobbista è fornito da Joseph S. Nye jr: soft power. Il termine
indica la capacità di ottenere i risultati che si vogliono con la forza delle parole dette,
dell’attrazione prodotta, senza mai agire sulla costrizione. Esso si fonda sulla «capacità
di condizionare le preferenze degli altri, affinché desiderino fare ciò che noi vogliamo
che facciano»33
. È un’azione con cui si tenta di indurre qualcuno (il decisore pubblico) a
fare ciò che si vuole che faccia tramite, soprattutto, risorse intangibili (le informazioni
trasferite).
33
Mazzoni, op. cit. p. 112.
29
1.3 Gli attori
L’attività di lobbying implica, come abbiamo visto, un’intensa interazione tra
soggetti anche differenti accomunati però da un interesse su provvedimento normativo.
Un’analisi sulla partecipazione al processo normativo porta all’individuazione di quattro
tipologie di attori, raffigurate nello schema qui proposto in figura 1:
FIG. 1: Gli attori delle relazioni istituzionali
Dal punto di vista della classificazione degli attori, la letteratura di settore propone
diversi modelli, più o meno elaborati, in cui il numero di coloro che sono coinvolti
nell’azione di lobbying varia. Il modello in figura 134
è tanto semplice quanto completo
34
Invernizzi, op. cit. p. 200.
MEDIATORI
PUBBLICI
INFLUENTI
ISTITUZIONI
PUBBLICHE
PORTATORI
DI INTERESSE
30
e ben identifica la tipologia di relazioni intercorrenti tra i diversi soggetti (definite anche
graficamente dalla presenza/assenza del tratteggio).
I portatori di interesse o stakeholder cercano un legame diretto con le istituzioni
pubbliche, verso le quali vantano degli interessi diretti (per esempio, i produttori di
sigarette costretti a inserire, sulle confezioni, gli avvisi dei danni provocati dal fumo). I
portatori di interesse possono agire tramite i pubblici influenti e i mediatori. La loro
azione, in particolare quella dei lobbisti, consiste, secondo lo schema proposto, nel
supportare le prese di posizione palesate dai portatori di interessi presso le istituzioni
pubbliche. I portatori di interesse possono quindi avvalersi del supporto della comunità
locale o degli opinion leader (gli influenti) affinché rappresentino le istanze degli
stakeholder presso le sedi istituzionali.
1.3.1. I portatori di interesse
I portatori di interesse sono definiti come «quei soggetti che operano nel contesto in
cui le istituzioni pubbliche assolvono alle proprie funzioni e che nutrono legittimi e
specifici interessi di natura economica e sociale. Pertanto ogni cittadino, ogni
organizzazione profit e non profit, ogni associazione può essere definito un portatore di
interesse». Va comunque ricordato che gli stakeholder sono caratterizzati dalla piena
consapevolezza del loro essere incisivi sulle scelte del legislatore.
Di fatto, è da notare come non tutti i portatori di interesse siano da considerare
protagonisti del processo di lobbying in quanto assumo un rilevanza strategica nel
momento in cui gli interessi che rappresentano influenzano il processo politico e
decisionale delle istituzioni pubbliche.
A loro volta, i portatori di interesse possono essere suddivisi in quattro categorie
come da figura 1.2:
31
FIG. 1.2: classificazione dei portatori di interesse
ORGANIZZAZIONI PROFIT: appartengono a tale sottogruppo le imprese e i
gruppi di imprese. La loro attività di lobbying è finalizzata alla rappresentanza degli
interessi relativi al proprio business e al sostegno delle questioni di pubblico interesse.
Molte aziende hanno, laddove possibile, instaurato contatti diretti con il decisore
attraverso l’installazione di appositi uffici/divisioni di relazioni istituzionali per
diminuire le distanze. È il caso di molte multinazionali europee e straniere, attive a
Bruxelles per monitorare (tramite lobbisti interni o professionisti esterni) le attività
all’interno della Commissione Europea e del Parlamento Europeo.
ORGANIZZAZIONI NON PROFIT: rientrano nella suddetta categoria le
associazioni che non vantano interessi economici. La loro attività è invece incentrata su
tematiche sociali, quali la difesa dei diritti sociali, la tutela dell’ambiente. Altresì
rappresentano soggetti accomunati da un particolare riferimento sociale e culturale o da
uno specifico stile di vita (associazioni sportive, religiose o circoli culturali).
GRUPPI DI INTERESSE: in questo ambito sono inclusi i soggetti organizzati su
basi volontarie e accomunati da un interesse economico o sociale che intendono
PORTATORI DI INTERESSE
Organizzazioni
profit
Organizzazioni
non profit
Gruppi di
interesse
Istituzioni
pubbliche
32
rappresentare esplicitamente presso le istituzioni pubbliche, al fine di esercitare una
pressione sulle loro politiche decisionali. Tale pressione può essere svolta in molteplici
modalità: offerta di informazioni (cosiddette forme deboli e/o convenzionali),
manifestazioni, forme di protesta ed episodi di boicottaggio35
(forme di azioni forti e/o
non convenzionali). Nel corso del XX secolo sono state fornite più definizioni di tale
categoria. Secondo Bentley (1908), il quale pone l’enfasi sull’interesse rappresentato,
«un gruppo coincide con ogni sezione della società che agisca o tenti di agire». Gruppo
e attività di gruppo sono termini equivalenti, con una differenza soltanto di tono, utile
meramente per chiarezza di espressione. Non vi è gruppo senza un proprio interesse.
Anzi, un interesse, nell'accezione proposta da Bentley, è l'equivalente di un gruppo: il
gruppo e l'interesse non sono separati. Essi sono una cosa sola, cioè molti uomini legati
insieme in o da una certa attività. Ne consegue un'identificazione di fondo tra gruppo,
attività e interesse, il quale ultimo è esteso a indicare tutti i gruppi che partecipano al
processo sociale in vista del perseguimento di una qualunque finalità empirica.
Parafrasando Truman (1951), «Qualsiasi gruppo che, sulla base di atteggiamenti
condivisi, presenta domande ad altri gruppi della società», optando invece per un’enfasi
sull’atteggiamento manifestato. Il gruppo d'interesse è dunque visto come un gruppo di
atteggiamenti condivisi che porta avanti certe rivendicazioni rispetto ad altri gruppi
della società. A loro si discostano Gabriel Almond e Bingham G. Powell36
: «Individui
legati da comuni preoccupazioni e interessi, che sono consapevoli di questo legame»
(enfasi sull’appartenenza).
È comunque possibile disporre di una definizione empirica: «Un insieme di persone,
organizzate su basi volontarie, che mobilita risorse per influenzare le decisioni e le
conseguenti politiche pubbliche». Il gruppo di interesse si basa su:
 Organizzazione del gruppo (di solito) formalizzata da apposite norme;
 Aggregazione volontaria;
 Partecipazione libera.
35
Le modalità di attuazione del lobbying saranno proposte nel paragrafo 1.4
36
Autori, nel 1978, di uno studio sul sistema politico.
33
La classificazione dei gruppi di interesse avviene su una quadrupla ripartizione:
 Struttura organizzativa;
 Modalità di azione;
 Obiettivi;
 Risorse.
Gli stessi Almond e Powell hanno attuato una frammentazione dei gruppi di
interesse, ripresa da Invernizzi e proposta in figura 1.3:
Figura 1.3: suddivisione dei gruppi di interesse di Almond e Powell.
GRUPPI DI INTERESSE
Anomici
Non
associativi
Istituzionali Associativi
34
GRUPPI DI INTERESSE ANOMICI: appartengono a tale categoria i comitati
spontanei, attivi soprattutto in casi di disagio e di malcontento in seguito ad una
determinata decisione pubblica. (Es. Comitato no TAV in Val di Susa, comitato di
Acerra contro la costruzione del termovalorizzatore).
GRUPPI DI INTERESSE NON ASSOCIATIVI: non sono organizzati da un punto di
vista istituzionale, pur essendo caratterizzati da un interesse in comune come la
religione, l’etnia, la razza, la religione, la lingua, la regione, l’occupazione o forse
legami di sangue e di discendenza (Es. la comunità ebraica).
GRUPPI DI INTERESSE ISTITUZIONALI: associazioni nate per svolgere funzioni
politiche e sociali diverse dalla rappresentanza degli interessi dei propri membri, ma che
sono pronte a farlo all’occorrenza (Es. le fondazioni e le associazioni politiche, per
esempio “Il circolo del buon governo” del senatore Marcello Dell’Utri).
GRUPPI DI INTERESSE ASSOCIATIVI: associazioni costituite con il preciso scopo
di rappresentare gli interessi dei propri membri, quali le associazioni di categoria
(Confindustria), territoriali e professionali37
.
Non è sempre detto che i diversi gruppi abbiano degli interessi comuni. Si può
infatti verificare una situazione in cui vi sia un solo interesse in comune, con un’ampia
divergenza su molti altri. I gruppi di interesse possono allora creare
un’alleanza/coalizione, dando così vita ad una issue network of influence.
La teoria pluralista dei gruppi elaborata da Arthur Fisher Bentley ha, con i suoi
concetti, supportato l’azione degli stessi e ne ha riconosciuto l’efficacia grazie a tre
caratteristiche:
 Equilibrio: la pluralità dei gruppi garantisce equilibrio fra forze contrastanti. La
sfida dei gruppi attivi porta alla mobilitazione dei gruppi latenti
37
Un esempio è rappresentato dall’American Association of Retired Persons, che
raggruppa negli USA oltre 34milioni di membri tra anziani e pensionati. L’associazione
si avvale di uno staff a Washington di 400 persone che coltivano le relazioni con il
Congresso americano.
35
 Socializzazione: la vita nelle associazioni educa all’interazione con gli altri. Le
appartenenze multiple facilitano la tolleranza reciproca
 Autonomia della società dallo stato: i gruppi esprimono la capacità della
società di organizzarsi dal basso. La funzione essenziale dello Stato è la
mediazione fra i diversi interessi
Mentre la teoria pluralista sostiene l’efficacia dei gruppi, Mancur Lloyd Olson, Jr.38
,
nei suoi studi di settore, ha criticato tale modus operandi, sostenendo la difficoltà, per i
gruppi di interesse, a rappresentare i propri interessi. A supporto della sua tesi, Olson ha
sviluppato una critica fondata su tre istanze:
 I gruppi a difesa di interessi generali sono difficili da organizzarsi a tutto
vantaggio dei gruppi a difesa di interessi particolaristici;
 La mobilitazione di risorse e l’emergere di imprenditori dell’azione collettiva
sono più facili fra individui ricchi di risorse materiali più istruiti e in un alto
reddito. La capacità dei gruppi di organizzarsi varia quindi a seconda delle
risorse;
 Le coalizioni (di interessi) a fini distributivi abbassano la capacità di una
società di adottare nuove tecnologie e di riallocare risorse in risposta al mutare
delle condizioni, riducendo il tasso di crescita economica. La loro crescita
accresce la complessità della regolazione, il ruolo dello Stato e la complessità
delle intese e modifica la direzione dell’evoluzione sociale.
Ciò che invece sembra apportare i risultati migliori è il concetto di Neo-
corporativismo, coniato da Philip Schmitter39
(1974) in opposizione alla teoria
pluralista. Il concetto prevede un sistema di rappresentanza di interessi dove le unità
38
1932 – 1998, economista e scienziato sociale statunitense. Lavorò presso
l'Università del Maryland, College Park. Sono di primaria importanza i suoi contributi
alla teoria della scelta pubblica, nonché all'economia istituzionale, sul ruolo della
proprietà privata, l'imposizione fiscale, i beni pubblici, l'azione collettiva e i diritti di
contrattazione nello sviluppo economico.
39
Professore di scienze politiche e sociali, Istituto universitario europeo, Firenze.
36
costitutive sono organizzate in numero limitato di categorie non competitive, strutturate
gerarchicamente, differenziate funzionalmente, riconosciute, se non organizzate dal
governo, non competitive tra loro, che esercitano complessivamente il monopolio della
rappresentanza.
Invernizzi (2006) include all’interno dei portatori di interesse anche le stesse
istituzioni pubbliche poiché queste possono dare vita a relazioni inter-istituzionali di
tipo orizzontale (stesso ambito di azione, per es. due ministeri) o verticale (ambiti
diversi, per es. il rapporto Governo – Regione).
Si è parlato, finora, di gruppo/i di interesse/i., spesso confuso con «gruppo di
pressione». È d’obbligo una precisazione: il gruppo di pressione è riconosciuto dal
potere decisionale, a differenza del gruppo di interesse. Facchetti e Marozzi40
offrono un
ampio elenco di nominativi di soggetti attivi (gruppi di pressione e gruppi di opinione)
nel panorama nazionale italiano:
 Confindustria;
 Fiat, Eni, Enel;
 Rappresentante degli interessi delle attività regolamentare: Farmindustria, Abi,
Ania, Confservizi;
 Cigl, Cisl, Uil;
 Lobby-istituzione: Banca d’Italia, Autorities, associazioni dei magistrati;
 Coldiretti fino agli anni Ottanta (in quanto considerata allora come l’unica
lobby ufficiale in Italia41
) e le lobby parlamentari “insider”;
 Associazioni ambientaliste;
 Lobby trasversale meridionalistica;
 Regioni ed enti locali;
 Rappresentanze UE;
 Lobby mediatiche: «Porta a porta»; «Il Corriere della Sera»; «Repubblica»; «Il
Sole 24 Ore»42
.
40
Facchetti, Marozzi, op. cit. p. 235.
41
Master MICRI, op. cit. p. 12.
37
1.3.2. Mediatori
La categoria dei mediatori raggruppa tutti quei soggetti che fungono da “ponte” di
collegamento tra i portatori di interessi e il decisore pubblico. Attraverso l’analisi delle
tematiche care agli stakeholder sono in grado di rapportarsi con le istituzioni pubbliche,
incidendo sulle loro politiche decisionali. Il lobbista rappresenta il mediatore più
importante ma lo stesso ruolo di influenzatore può essere esercitato anche da media, i
centri di studi e di ricerca e le società che svolgono sondaggi di opinione. Questi ultimi
soggetti, inoltre, possono apportare importanti contributi conoscitivi al lobbista,
implementando la sua strategia di comunicazione, a beneficio della corretta capacità di
argomentazione e persuasione.
Dal canto loro, i media possono rappresentare un valido alleato in quanto,
veicolando i messaggi provenienti dalle organizzazioni (stakeholder), divengono delle
vere e proprie casse di risonanza, veicolando le azioni del decisore pubblico. L’uso dei
media stessi, inoltre, può essere consigliato dai mediatori: creando e diffondendo
informazione, infatti, si può ottenere consenso, che il legislatore non può ignorare.
Altresì fondamentale è il ruolo ricoperto dai centri di studi e di ricerca. Non solo
forniscono dati oggettivi ma gli stessi ricercatori sono prova di garanzia della veridicità
delle informazioni raccolte e il vantaggio di essere super partes non li sottopone alla
diffidenza delle istituzioni pubbliche, a differenza di quanto potrebbe accadere ad un
lobbista.
Accanto alla categoria dei mediatori si posizionano i pubblici influenti. A differenza
dei mediatori, sono rappresentati dagli opinion leader, dalle comunità locali e
territoriali. La loro azione può incidere sull’operato delle istituzioni, andando ad
accelerare o a ritardare l’iter dei provvedimenti legislativi.
42
Gli autori fanno notare che si è giunti all’espressione “partito di Scalfari” e “partito
di Mieli”, rispettivamente direttori di Repubblica e Corriere della Sera.
38
1.3.3. Le istituzioni pubbliche
Le istituzioni pubbliche sono costituite dai soggetti delegati alla stesura dei
provvedimenti legislativi che hanno un impatto diretto sul business e l’attività degli
soggetti portatori di interessi. Le istituzioni possono operare su livelli differenti:
 Ambito territoriale: Regioni, Province, Comuni, comprensori e comunità
montane, aziende di pubblico servizio (Asl), aziende municipalizzate;
 Ambito nazionale: Parlamento (Camera dei Deputati, Senato della Repubblica e
le relative Commissioni permanenti), Governo, Magistratura, Authority;
 A livello comunitario: Commissione Europea, Parlamento Europeo, Consiglio
Europeo, Comitato economico e sociale, Comitato delle Regioni;
 A livello internazionale: Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico (OCSE), Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), Banca
Mondiale.
Le organizzazioni che monitorano i diversi livelli devono provvedere ad una
gestione integrata delle stesse al fine di individuare le coerenze e le sinergie esistenti tra
i diversi ambiti. In aggiunta, la gestione integrata consente di avere una visione
d’insieme utile a cogliere le interconnessioni tra gli ambiti e monitorare con più
efficacia l’intero iter dei processi normativi e regolamentativi.
Al di là della conoscenza di tali livelli operativi, il bagaglio culturale del
professionista dei public affairs deve contenere due fondamentali elementi:
 Conoscenza dell’iter legislativo di un provvedimento
 Capacità di identificazione del decisore di interesse.
Comprendere il processo che porta all’esame di un testo legislativo consente al
lobbista di stabilire i tempi di intervento della sua azione. Non serve a nulla, infatti,
intervenire una volta che una Commissione parlamentare ha esaminato gli emendamenti
e licenziato il testo, prossimo all’esame dell’Aula. In relazione al processo di
identificazione, il lobbista deve capire chiaramente quali possono essere i soggetti che
possono supportarlo nell’azione di lobbying. Non è detto, infatti, che il primo firmatario
di una proposta di legge sia di fatto il soggetto su cui focalizzarsi.
39
1.4 L’azione di lobbying
Come abbiamo visto dai paragrafi precedenti, l’azione di lobbying coinvolge
determinate categorie di soggetti. Ma, affinché il processo si generi, è fondamentale la
commistione di altre componenti che Alberto Cattaneo e Paolo Zanetto hanno definito
“le quattro i” (Figura 1.4):
40
Figura 1.4: le quattro i del lobbying
L’azione di lobbying prende avvio con la manifestazione di un interesse inerente un
preciso ambito (issue). L’istanza viene rappresentata presso le istituzioni (institution)
alle quali il lobbista fornisce delle informazioni (information) al fine di rappresentare e
sostenere gli interessi (interest) vantati dagli stakeholder nei confronti di un
provvedimento legislativo.
41
Al fine di scuotere l’attenzione del legislatore, il lobbista può disporre di un’ampia
strumentazione, strutturata secondo tre distinte tipologie: gli strumenti di back office, gli
strumenti di comunicazione esclusivi, gli strumenti di comunicazione non esclusivi43
.
1.4.1 Gli strumenti di back office
Gli strumenti di back office consentono al lobbista di effettuare le fasi di
monitoraggio, l’interpretazione del contesto istituzionale e la selezione degli
interlocutori principali. Nel momento in cui viene presentata una proposta di
regolamentazione (legge o decreto che sia) che coinvolge l’azienda cliente, è necessario
controllarne quotidianamente l’iter: dall’annunciazione all’esame e conseguente
votazione, passando per l’assegnazione alla Commissione competente, che opera in sede
referente44
. Alla proposta di legge è ovviamente legato il nome del primo firmatario e
dei cofirmatari. I nominativi devono essere contenuti all’interno di un database di
contatti al fine di un costante aggiornamento degli stessi. Vengono così tracciati dei
profili dei soggetti di interesse e un loro studio consente, in una fase successiva, un
approccio più facilitato. Nel database figura, in aggiunta, un elenco di influenti
(giornalisti, opinion leader).
Per monitorare l’iter legislativo, il lobbista si affida ai siti istituzionali della Camera
dei Deputati e del Senato della Repubblica, al cui interno sono pubblicati il calendario
dei lavori istituzionali (Figura 1.5), l’ordine del giorno, i resoconti45
dell’Aula (Figura
1.6) contenenti anche gli allegati A e B46
. All’interno dei siti menzionati sono quindi
reperibili i calendari delle Commissioni (Figura 1.7), i loro resoconti e gli allegati
43
Invernizzi, op. cit. p.222 e seg.
44
È la Commissione deputata all’analisi e al licenziamento del testo che viene quindi
sottoposto all’esame dell’Aula. In taluni casi la Commissione può operare in versione
legislativa. Le Commissioni possono altresì operare in sede redigente, legislativa e
consultiva.
45
I resoconti sommari contengono un riassunto dei lavori.
46
Contengo gli atti di indirizzo e controllo, quindi mozioni, interrogazioni,
interpellanze.
42
annessi. Tra gli strumenti di back office troviamo inoltre il calendario degli eventi
pubblici (inaugurazioni, comizi, partecipazioni a convegni, incontri) e le mappe dei
rapporti di potere (curate dall’azienda di lobbying).
Figura 1.5: la pagina dei lavori istituzionali del sito della Camera dei Deputati
Figura 1.6: la pagina dei resoconti del sito della Camera dei Deputati
43
Figura 1.7: il calendario dei lavori delle Commissioni della Camera dei Deputati
1.4.2 Strumenti di comunicazione esclusivi
All’interno della seconda categoria sono contenuti i documenti il cui accesso è
strettamente riservato e la cui conoscenza è limitata esclusivamente ai professionisti dei
public affairs, le aziende clienti e il decisore pubblico. Nello specifico:
 Position (o positioning) paper: è un documento al cui interno è riassunta la
posizione dell’azienda nei confronti di una determinata politica di pubblico
interesse. L’elaborato è teso ad informare il decision maker e a influenzare
l’opinione pubblica al fine di mobilitarla nei confronti del legislatore. Invernizzi
ricorda che «anche se può essere diffuso all’interno dell’organizzazione, ai
dipendenti, ai collaboratori o agli azionisti, il position paper è essenzialmente un
documento a uso esterno destinato ai decisori e ai loro influenti nonché ai
giornalisti e all’opinione pubblica». Il documento deve essere di facile lettura e
contiene, di solito,
a) una descrizione del tema;
b) il probabile impatto sull’organizzazione della scelta normativa
c) proposte alternative
d) sostenitori delle proposte alternative
e) nominativi dei politici da contattare;
44
 Dossier: è un documento ad uso esterno in cui vengono analizzate le posizioni
dei decision maker e degli influenti su una specifica questione e sono raccolti gli
argomenti e i dati a supporto della tesi sostenuta dall’organizzazione;
 Policy brief: è un documento interno che fornisce una maggiore
conoscenza/comprensione della issue specifica e che individua le diverse
posizioni in campo. Si fonda sull’analisi dei media, degli atti legislativi, delle
dichiarazioni rese dai protagonisti del processo decisionale. Spesso il policy
brief è affiancato al dossier;
 Testi tecnici: sono documenti forniti dal lobbista al parlamentare di riferimento.
A tale tipologia si collegano le bozze di proposte di legge, di decreti o di
emendamenti oppure di interrogazioni parlamentari. Al fine di far presentare
un'interrogazione parlamentare occorre individuare la Commissione
parlamentare competente sulla problematica trattata e prendere contatto con il
capogruppo della Commissione per convincerlo della validità delle
argomentazioni addotte. È quindi necessario indirizzare il parlamentare
mediante una documentazione precisa, completa e ben strutturata. Maggiore sarà
il numero di parlamentari che sottoscrivono l’interrogazione, possibilmente di
partiti diversi, maggiore sarà l’efficacia di tale azione di comunicazione;
 Playbook: è un documento di presentazione dell’organizzazione e delle
tematiche della stessa con la descrizione della posizione presa e degli interessi
rappresentati. Può essere consegnata al decisore pubblico durante gli incontri
personali. Già in sede di richiesta di colloquio, comunque, l’azienda propone un
breve profilo di se stessa;
 Audizioni parlamentari: le audizioni consistono in un incontro tra
organizzazione e parlamentari. Le organizzazioni che fanno richiesta di
audizione (o che sono invitate a presentarsi) possono manifestare la propria
posizione. Possono essere di tipo informale. Oltre che in Aula, le audizioni si
possono svolgere anche a livello di Commissione47
. Le audizioni presentano due
particolari criticità: la possibilità per il relatore di non poter replicare alle
47
È il caso dell’ad di Fiat, Sergio Marchionne, ascoltato a marzo 2011 dalle
Commissioni IX (Traporti) e IX (Attività Produttive) della Camera dei Deputati.
45
obiezioni mossegli al termine del suo intervento (ragion per cui è bene prevedere
le obiezioni nel testo dell’audizione) e la loro calendarizzazione (a seguito del
fitto calendario dei lavori parlamentari);
 Incontri diretti con i decision maker: sono gli incontri vis-a-vis per i quali è bene
osservare delle regole precise48
:
o Fornire informazioni obiettive, aggiornate e “di prima mano”, senza
nascondere a nome di quali interessi si parla
o Esporre interamente i fatti, compreso il punto di vista di eventuali
concorrenti, fornendo appropriate controargomentazioni
o Essere preparati nel dettaglio sul tema da discutere al fine di essere in
grado di rispondere ad eventuali domande di approfondimento
o Programmare l’incontro con largo anticipo
o Essere brevi così da concedere la possibilità di svolgere domande
o Spiegare separatamente ogni argomento quando la materia è complessa
o Organizzare una visita del decisore pubblico presso la propria
organizzazione
o Essere corretti, educati e attenti
o Essere personalmente convinto di quello che viene sostenuto e
argomentato
o Persuadere attraverso la presentazione oggettiva dei fatti e considerando
le motivazioni del decisore pubblico (soft-selling), evitando di arrivare
alla pressione psicologica, all’eccessivo coinvolgimento emotivo, alla
minaccia (hard-selling)
1.4.3 Strumenti di comunicazione non esclusivi
All’interno della presente categoria rientrano numerosi strumenti tradizionali delle
relazioni pubbliche.
 Newsletter: consente un contatto periodico con i principali interlocutori così da
fornire loro aggiornamenti sull’evoluzione delle tematiche di interesse
48
Invernizzi, op. cit. p.224 e seg.
46
dell’organizzazione. Ai fini di una campagna informativa, la newsletter può
rivolgersi ad importanti interlocutori istituzionali rappresentanti delle forze
politiche, sociali ed educative;
 Ricerche e studi: possono essere svolti all’interno o commissionati ad istituti di
ricerca esterni. Possono avere come oggetto dei contenuti tecnico-scientifici o
dei sondaggi di opinione. La loro utilità deriva dai dati contenuti con i quali
l’organizzazione avvalora la propria tesi nei confronti del decisore. Il miglior
lobbista è colui che fornisce le migliori informazioni, cioè efficaci nel
convincere il legislatore della necessità che una decisione vada presa e nella
direzione voluta dall’organizzazione (Grunig, Hunt, 1984)
 Gestione delle relazioni con i media: i media possono rappresentare un prezioso
alleato, oltre che una vera e propria cassa di risonanza. Veicolando le istanze di
un’organizzazione i media possono sollecitare l’opinione pubblica, esponendo il
legislatore al giudizio del pubblico e costringendolo a modificare il calendario
dei lavori. Tra i principali strumenti dei mass media si citano:
o Articoli
o Studi e ricerche
o Lettere ai giornali
o Interviste
o Dichiarazioni dell’organizzazione
o Comunicati stampa
o Conferenze stampa
o Press briefing
o Partecipazioni ai programmi televisivi
 Organizzazione di eventi: troviamo i convegni, i workshop, i dibattiti e le tavole
rotonde. La loro funzione è duplice: sensibilizzare, mediante il coinvolgimento
diretto, i decisori pubblici e i loro influenti; sensibilizzare l’opinione pubblica
sulle problematiche e sulle posizioni dell’organizzazione (sfruttando l’effetto
“cassa di risonanza” prodotto dai media);
 Sponsorizzazione di manifestazioni e iniziative artistico-culturali: hanno un
ruolo sociale per l’organizzazione in quanto contribuiscono al miglioramento
47
della propria immagine49
. Campagne di pubblicità istituzionale: rientrano in
questo settore sia le campagne di comunicazione per promuovere i propri
interessi sia quelle utilizzate per comunicare direttamente con i decisori pubblici.
Tra le prime figurano le iniziative a carattere divulgativo per presentare gli
obiettivi e gli interessi dell’organizzazione. Le secondo comprendono iniziative
di comunicazione finalizzate a suscitare l’attenzione dei decisori pubblici e
dell’opinione pubblica pubblicando, in spazi pubblicitari appositamente
acquistati, “lettere aperte” o condurre vere e proprie campagne di pubblicità
istituzionale per sostenere le posizioni dell’organizzazione.
Agli elementi citati da Emanuele Invernizzi si affiancano, inoltre, diversi strumenti,
citati da Giampietro Vecchiato50
:
 Mappa delle issue e issue analysis: considerate dallo scrivente quali strumenti di
back office, sono documenti che offrono una sintetica descrizione della issue,
delle normative, degli atti/decisioni in corso, dei sostenitori/oppositori, delle
opzioni possibili e delle finalità. Per ogni questione all’ordine del giorno sono da
individuare i gruppi di interesse attivi, il loro grado di coinvolgimento, le
capacità operative e di mobilitazione, il potere di influenza;
 Pareri pro veritate: sono pareri realizzati da giuristi, costituzionalisti e/o esperti
del settore di riferimento in merito alle questioni che possono apparire dubbie
sul piano legale e costituzionale. Servono a confermare la fondatezza delle tesi
sostenute dall’organizzazione, come supporto alla propria posizione, come
argomentazione integrativa autorevole per comunicare con i media;
 Cause legali: è una pratica poco utilizzata in Italia. Le cause legali vengono
spesso usate per sfruttarne l’effetto annuncio con l’obiettivo di ottenere la
sospensione di un provvedimento della pubblica amministrazione. Le azioni
legali comprendono:
49
Esempi celebri sono rappresentati dal restauro del Cenacolo di Leonardo (Olivetti)
e la sponsorizzazione del Teatro alla Scala di Milano (Cariplo).
50
Vecchiato, op. cit. p. 148 e seg.
48
o Apertura di vertenze giudiziarie presso i tribunali (amministrativi e non)
o Creazione di casse di risonanza durante il processo e dopo la sentenza
se favorevole
o Patrocinio a propri aderenti che aprano vertenze giudiziarie,
possibilmente in numero elevato, sui temi di interesse
dell’organizzazione
o Assistenza tecnico-legale a propri aderenti che si impegnano in vertenze
giudiziarie
 Coalizioni: usate per allargare il fronte a sostegno di una determinata posizione.
L’effetto prodotto permette di rafforzare l’influenza sui decisori pubblici e
attribuisce alla questione specifica e di parte un carattere più generale;
 Grass root campaigns: l’azione prevede la mobilitazione di una parte
dell’opinione pubblica a fianco dell’organizzazione. È necessario che le persone
mobilitate siano accomunate dalla stessa opinione e che siano disponibili a
manifestarla (lettera, telefonata, cartolina, e-mail).
In riferimento alle alleanze, Facchetti e Marozzi51
attuano una loro classificazione,
distinguendole in alleanze numerose e molto rappresentative (si punta sulla quantità dei
partecipanti) e alleanze ristrette ma con forti capacità di influenza e di
“simbolizzazione” (al centro vi è la qualità). «L’interlocutore politico – ricordano – è
molto sensibile alla forza di un endorsement apparentemente, o realmente, “neutrale”.
La scelta legislativa o amministrativa, proprio perché ha bisogno, per essere
convincente, di essere fatta nel nome dell’interesse generale, è molto più forte se
sostenuta non solo dall’interesse di parte dichiarato, ma da chi apparentemente è
portatore di una neutralità di giudizio».
1.5 L’azione di lobbying
Abbiamo finora definito il lobbying e analizzato, in particolare, il professionista del
settore. Definire questa attività solo come il tentativo di influenzare il decisore pubblico
è assai limitativo in quanto il lobbista deve sapere coniugare tutti gli strumenti a sua
disposizione. Il lobbying è sì l’esercitare una pressione sul legislatore ma è
51
Facchetti, Marozzi, op. cit. p. 241 e seg.
49
fondamentale, per chi la pratica, scegliere i mezzi più idonei e la tempistica in cui
applicarli. In particolare, due sono le fasi critiche: l’esposizione al decision maker di
un’informazione oggettiva e documentate e la corretta capacità di argomentazione e di
persuasione.
La teoria delle relazioni istituzionali propone differenti modelli di attuazione: i
modelli adattivo, reattivi, proattivo ed interattivo; il lobbying diretto e indiretto.
1.5.1 I public affairs
Il termine public affairs viene spesso utilizzato per indicare l'attività di fare pressione
sulle istituzioni, quale sinonimo di lobbismo o relazioni istituzionali. Tuttavia per public
affairs si devono intendere piuttosto tutte le attività strategiche di un'impresa dirette ai
suoi numerosi stakeholder, ovvero a quello che il marketing chiama pre-mercato52. Si
tratta di tutte quelle forze che direttamente o indirettamente creano il contesto
competitivo nel quale l'azienda deve muoversi. Ovvero le regole del gioco. Una
strategia di public affairs si basa sull'utilizzo sinergico di tutte queste leve, senza
limitarsi alla sola attività di lobbismo. Le relazioni istituzionali senza la capacità di
gestire in modo corretto le relazioni con i media, o le relazioni sindacali senza
un’efficace comunicazione istituzionale, sono infatti degli strumenti spuntati che
difficilmente sono in grado di produrre risultati. Così come esiste un marketing mix che
amalgama e rende efficaci le leve di marketing, allo stesso modo l’azienda deve iniziare
a programmare le sue strategie in termini di public affairs mix. La tabella di figura 1.8
può facilitare la comprensione del public affair mix:
52
Cattaneo, Zanetto, op. cit. pp. 4 e seg.
50
Soggetti del pre-mercato Attività di influenza
Istituzioni pubbliche Lobbying/Relazioni istituzionali
Comunità finanziaria Political intelligence
Mass media Media relations
Sindacati Relazioni sindacali
Gruppi di opinione Marketing relazionale
Grande pubblico Comunicazione istituzionale
Comunità internazionale Business diplomacy
Potere giudiziario e Authority Affari legali e regolatori
Figura 1.8: il public affair mix
1.5.2 I quattro modelli di public affairs
Alberto Pastore e Maria Vernuccio53
hanno identificato quattro tipologie di
approccio alle relazioni istituzionali attuato dalle organizzazioni, classificate in base a
due variabili: la loro complessità per l’organizzazione e il livello di interazione con le
istituzioni pubbliche (Figura 1.9).
Adattivo: Secondo tale approccio, l’organizzazione cerca solamente di adattarsi ai
cambiamenti dell’ambiente in cui essa opera. Subisce passivamente l’azione del
legislatore senza tentare (per assenza di volontà o di risorse) di influenzarlo ex-ante.
Che si affidi a dei professioni dei public affairs o al reparto di Relazioni Istituzionali, il
risultato non cambia: l’unica azione prodotta è un semplice monitoraggio legislativo.
Reattivo: l’azienda ha una reazione di fronte ad un cambiamento legislativo, senza
averlo indirizzato nelle fasi preparatorie.
Proattivo: è l’azienda a determinare il cambiamento legislativo, favorendo iniziative
che tutelano (direttamente e non ) i propri legittimi interessi.
53
Pastore, Vernuccio, Impresa e comunicazione. Principi e strumenti per il
management, seconda edizione. Apogeo, Milano, 2008.
51
Interattivo: l’impresa ha un dibattito costante con le istituzioni. È un interlocutore
fondamentale e l’azione di influenza è assai efficace.
Figura 1.9: i quattro approcci ai public affairs delle organizzazioni
Mirko Rubin54
propone una seconda tipologia di schema del processo di public
affairs. Non si può parlare di strategia, come nei quattro modelli, ma di un’utile analisi
step-by-step riassunta in figura 1.10.
Ascoltare e capire: il lobbista deve comprendere i bisogni dell’organizzazione,
identificando ostacoli o facilitazioni derivanti dal sistema di relazioni con il decisore
pubblico;
Definizione degli obiettivi: si analizzano i rapporti dell’organizzazione con gli
interlocutori pubblici. Di fatto, si esegue un’analisi SWOT;
54
Rubin, op. cit. p. 146 e seg.
Interazione
Complessità
52
Issue analysis: contiene le valutazioni di impatto del provvedimento legislativo nei
confronti dell’organizzazione e le descrizioni dei possibili sostenitori e oppositori delle
loro argomentazioni;
Mappa del potere: contiene le diverse interconnessioni dei decision maker;
Monitoraggio: si segue l’iter legislativo del provvedimento, con particolare
attenzione rivolta ai soggetti politici coinvolti;
Stesura del playbook: contiene approfondimenti specifici per ciascuna issue da
proporre all’attenzione dei decisori e dei loro influenti;
Gestione operativa: è la fase di programmazione degli incontri (personali e diretti).
Alla gestione operativa sono collegate una serie di attività:
 Monitoraggio permanente delle dinamiche, delle issue, dei decision maker;
 Attività di reporting all’interno dell’organizzazione;
 Contatti periodici con i decision maker ed i loro influenti; sviluppo e
mantenimento dei contatti personali;
 Studio ed interpretazione degli atti normativi
 Incontri one-to-one con i principali influenti;
 Stesura e aggiornamento della documentazione;
 Aggiornamento del calendario: tempi operativi, tempi prevedibili, accelerazioni,
frenate, accompagnamenti di un inter naturale;
 Diffusione delle informazioni e iniziative di comunicazione per la promozione
degli interessi dell’organizzazione;
 Gestione delle emergenze.
Verifica dei risultati: avviene tramite un monitoraggio costante per seguire le
dinamiche delle relazioni con i decision maker. Vanno visionati eventuali cambiamenti
di opinione, gli atteggiamenti ed i comportamenti del decisore pubblico.
53
Figura 1.10: le fasi del processo di public affairs
1.5.3 Le tre fasi del lobbying
All’interno di una pratica di lobbying, le strategie adottate possono essere differenti
e dipendono dalla necessità generatasi sul momento. Se ad una prima analisi il lobbista
reputa il soggetto X quale migliore interlocutore per perseguire i propri obiettivi, può
risultare invece necessario tessere una relazione con il soggetto Y a seguito di
improvvisi cambiamenti (dimissioni di X, cambio di schieramento, abbandono di una
Commissione ecc.). Se un’organizzazione deve adattarsi e rispondere ad un
cambiamento, la stessa pratica deve essere attuata dal lobbista. Stiamo comunque
parlando di particolari fasi dell’azione di lobbying. Più in generale, si possono
evidenziare tre macro fasi:
1. fase della mappatura
2. fase nominale
3. fase della pressione.
Verifica dei risultati
Gestione operativa
Playbook
Monitoraggio
Mappa del potere
Issue analysis
Obiettivi
Ascolto
54
1. Fase della mappatura: il lobbista si concentra sullo scenario attuale. Ha già
ricevuto l’incarico di rappresentare e tutelare gli interessi di un’organizzazione
e, nel momento in cui il decisore propone l’adozione di un provvedimento,
analizza a quale livello istituzionale avviene il processo (locale, nazionale o
europeo). Inizierà quindi ad usare i primi strumenti a sua disposizione, andando
a ricreare la mappa del processo decisionale, per poi tracciare l’iter legislativo a
cui sarà sottoposto il provvedimento, prevedendo possibili cambiamenti della
procedura55
. Il lobbista, inoltre, “ascolta” ed individua eventuali altri gruppi di
interesse attivi sulla stessa materia al fine di vagliare l’ipotesi di alleanze. Se ciò
non è possibile, sarà suo compito individuare i vari competitors, di norma mai
assenti. L’analisi prodotta porta inoltre ad effettuare un’ulteriore valutazione:
fattibilità dell’obiettivo o meno. Fallire un obiettivo comporta infatti un notevole
danno alla reputazione e alla credibilità del lobbista. Nell fase della mappatura
avviene la preparazione del position paper.
2. Fase nominale: gli obiettivi dell’organizzazione sono chiari, il quadro
istituzionale è completo e i documenti sono stati redatti. È il momento di
ricercare le persone strategiche da contattare. La ricerca dei nominativi, attorno a
cui si concentra la fase nominale, è di notevole importanza. Non riguarda un
mero elenco di persone (parlamentari, Ministri, sottosegretari, tecnici ecc.) ma
un’attenta analisi dei possibili interlocutori in cui si ripercorre il loro excursus
politico, dagli esordi fino ai tempi recenti. In gergo tecnico si parla di profili o
bioprofile. La struttura (Figura 1.11) presenta uno schema di semplice lettura,
con una prima parte dedicata agli aspetti biografici, preceduta sempre dalla
carica occupata (prima informazione subito dopo il nome). Nella seconda parte
viene rivissuta la carriera politica dell’interlocutore, andando ad analizzare la
sua partecipazione nei partiti (o nel partito) di cui ha fatto parte, gli incarichi
ricoperti negli enti locali ed, infine, il suo operato a livello nazionale o,
eventualmente, europeo. Eventuali cariche o nomine possono facilitare la
tracciatura e la comprensione delle mappe di potere. Vi è quindi un paragrafo
aggiuntivo preposto alla raccolta di informazioni particolari sul soggetto in
55
Per esempio, l’esame di un testo in sede di Commissione legislativa.
55
questione, da cui si evincono particolari attitudini e idee su tema preciso. Per
esempio, se un parlamentare è stato, in gioventù, un forte contestatore delle
multinazionali, è molto probabile che lo sia anche nel momento in cui occupa
una carica istituzionale. Le informazioni vengono estrapolate sempre da internet,
che garantisce l’immediatezza dell’informazione. Non è detto, comunque, che il
profilo redatto disponga di numerose informazioni, soprattutto se il parlamentare
è giovane, alla prima Legislatura e con un background limitato. Discorso
diametralmente opposto, invece, per le figure che possono vantare una lunga
militanza a Palazzo Madama o a Montecitorio.
56
Bioprofile : XXXX yyyy
Attuali cariche istituzionali:
Deputato FLI.
Dati biografici:
Nato a Trieste il 24 settembre 1947.
Laureato in Scienze della Comunicazione e Relazioni Pubbliche.
Master in Comunicazione.
Carriera politica
Partito – Cresciuto politicamente in Alleanza Nazionale, di cui è stato coordinatore
provinciale a Pordenone. Segretario regionale di FLI per il Friuli Venezia Giulia.
Politica nazionale – Eletto per la prima volta alla Camera dei Deputati nel 2008.
Nell’attuale XVI Legislatura è componente della IV Commissione Difesa.
Nel 2010 ha lasciato il PDL per seguire Gianfranco Fini in FLI.
Politica locale – Consigliere comunale a Pordenone dal 2000 al 2005.
Eletto Consigliere regionale per il PDL – AN.
Nel 2008 ha rassegnato le dimissioni per l’elezione alla Camera dei Deputati.
Attività legislativa – Nell’attuale Legislatura ha presentato, come primo firmatario,
la proposta di legge “Norme per la regolamentazione del contrasto della pirateria navale
nelle acque territoriali”.
Altro – Ha dichiarato di aspettarsi le dimissioni del Presidente Silvio Berlusconi per
la sua presunta condotta immorale legata ai recenti scandali che hanno chiamato in
causa ragazze minorenni.
Figura 1.11: esempio di bioprofile
57
3. Fase della pressione: il lobbista interagisce con il decisore pubblico e gli
fornisce le informazioni raccolte precedentemente. Le informazioni devono
essere funzionali tanto al politico (per indirizzarlo verso la decisione da prendere
bisogna «dire qualcosa di rilevante - spiega Paolo Zanetto - portandogli
informazioni che non aveva») quanto al lobbista. Come avviene la costruzione
del consenso? Per rispondere alla domanda si cita un’intervista raccolta da
Marco Mazzoni56
:
«Per prima cosa, chi fa lobby si accredita in prima persona, […] poi va sempre dichiarato per chi sta
lavorando. Dopodiché, un argomento va portato avanti con dossier, position paper, […] questo fa il
lobbista. […] Quando incontro il decisore, è il momento che cerco di far pressione su di lui; […] durante
l’incontro devo essere in grado di illustrare in maniera sintetica e chiara qual è il problema, quali
conseguenze può avere quel particolare atto normativo nei confronti del mio cliente, qual è la mia
proposta. […] È molto importante mostrarsi convinti di quello che si sta proponendo e soprattutto far
capire al politico che conosco a fondo la questione, che ho fatto delle ricerche, non dimenticando di
indicare quali sono le mie fonti. Insomma, devo evitare che il mio interlocutore dica: “chissà perché devo
credere a questo lobbista”…».
L’azione di pressione ha maggiore probabilità di successo se è stato creato un
rapporto di fiducia e gratitudine tra il lobbista e il suo interlocutore, ma la fiducia è
legata ai modi e ai tempi in base ai quali il lobbista si muove. Qui entrano in gioco i
contatti informali al di fuori degli spazi prettamente istituzionali. In questi casi è buona
regola che gli interessi da tutelare non abbiano la precedenza assoluta. Il lobbista
accorto sa che l’incontro è governato da una regola: il momento buono per fare appello
al suo importante interlocutore è quando ne ha meno bisogno. È logico comunque che,
una volta conclusi gli argomenti introduttivi per la reciproca conoscenza, il dialogo si
focalizzi sullo scopo dell’incontro, ovvero lo scambio di informazioni. Come citato nei
paragrafi precedenti, la sincerità e la qualità delle informazioni rivestono un ruolo
fondamentale al fine della creazione di una relazione di fiducia. L’incontro non si
conclude con una stretta di mano e un arrivederci in quanto prevede un naturale
proseguo del dialogo. Il lobbista attua i principi delle relazioni pubbliche, curando nei
minimi dettagli il rapporto interpersonale. Ogni segno di disponibilità del politico viene
seguito da note personali di ringraziamento. Dopo che un incontro ha avuto luogo è
56
Mazzoni, op. cit. p. 117.
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica
Tesi di laurea specialistica

More Related Content

What's hot

Capitolo 4 - L'evoluzione dei nuovi media
Capitolo 4 - L'evoluzione dei nuovi mediaCapitolo 4 - L'evoluzione dei nuovi media
Capitolo 4 - L'evoluzione dei nuovi mediaRiva Giuseppe
 
Brand Analysis of EMPORIO ARMANI ,Louis Vuitton CALVIN KLEIN
Brand Analysis of EMPORIO ARMANI ,Louis Vuitton CALVIN KLEINBrand Analysis of EMPORIO ARMANI ,Louis Vuitton CALVIN KLEIN
Brand Analysis of EMPORIO ARMANI ,Louis Vuitton CALVIN KLEINiWant tutor
 
La ginestra
La ginestraLa ginestra
La ginestraGnigni
 
Luxury fashion branding_final_thesis
Luxury fashion branding_final_thesisLuxury fashion branding_final_thesis
Luxury fashion branding_final_thesisShivangi Singh
 
La Convenzione sui Diritti dell’Infanzia Un impegno totale per l’infanzia. s...
La Convenzione sui  Diritti dell’Infanzia Un impegno totale per l’infanzia. s...La Convenzione sui  Diritti dell’Infanzia Un impegno totale per l’infanzia. s...
La Convenzione sui Diritti dell’Infanzia Un impegno totale per l’infanzia. s...Antonella Pampolini
 
Eugenio montale
Eugenio montaleEugenio montale
Eugenio montalemiglius
 
Il ruolo della donna nella cultura e nella società
Il ruolo della donna nella cultura e nella societàIl ruolo della donna nella cultura e nella società
Il ruolo della donna nella cultura e nella societàSavina Gravante
 
Il testo poetico
Il testo poeticoIl testo poetico
Il testo poeticoC. B.
 
Rejuvenating Moynat
Rejuvenating MoynatRejuvenating Moynat
Rejuvenating MoynatIrina Gurova
 
Capitolo1 la rinascita dopo il mille
Capitolo1 la rinascita dopo il milleCapitolo1 la rinascita dopo il mille
Capitolo1 la rinascita dopo il milleaiutodislessia
 

What's hot (20)

Capitolo 4 - L'evoluzione dei nuovi media
Capitolo 4 - L'evoluzione dei nuovi mediaCapitolo 4 - L'evoluzione dei nuovi media
Capitolo 4 - L'evoluzione dei nuovi media
 
Brand Analysis of EMPORIO ARMANI ,Louis Vuitton CALVIN KLEIN
Brand Analysis of EMPORIO ARMANI ,Louis Vuitton CALVIN KLEINBrand Analysis of EMPORIO ARMANI ,Louis Vuitton CALVIN KLEIN
Brand Analysis of EMPORIO ARMANI ,Louis Vuitton CALVIN KLEIN
 
La ginestra
La ginestraLa ginestra
La ginestra
 
Luxury fashion branding_final_thesis
Luxury fashion branding_final_thesisLuxury fashion branding_final_thesis
Luxury fashion branding_final_thesis
 
Indice tesi triennale
Indice tesi triennaleIndice tesi triennale
Indice tesi triennale
 
PPT_D-annunzio.ppt
PPT_D-annunzio.pptPPT_D-annunzio.ppt
PPT_D-annunzio.ppt
 
Prada Brand Identity
Prada Brand IdentityPrada Brand Identity
Prada Brand Identity
 
La Convenzione sui Diritti dell’Infanzia Un impegno totale per l’infanzia. s...
La Convenzione sui  Diritti dell’Infanzia Un impegno totale per l’infanzia. s...La Convenzione sui  Diritti dell’Infanzia Un impegno totale per l’infanzia. s...
La Convenzione sui Diritti dell’Infanzia Un impegno totale per l’infanzia. s...
 
Eugenio montale
Eugenio montaleEugenio montale
Eugenio montale
 
Ludwig Feuerbach
Ludwig FeuerbachLudwig Feuerbach
Ludwig Feuerbach
 
Il ruolo della donna nella cultura e nella società
Il ruolo della donna nella cultura e nella societàIl ruolo della donna nella cultura e nella società
Il ruolo della donna nella cultura e nella società
 
Decadentismo
DecadentismoDecadentismo
Decadentismo
 
Il testo poetico
Il testo poeticoIl testo poetico
Il testo poetico
 
Articolo 12
Articolo 12Articolo 12
Articolo 12
 
Grammatica. Il verbo
Grammatica. Il verboGrammatica. Il verbo
Grammatica. Il verbo
 
Rejuvenating Moynat
Rejuvenating MoynatRejuvenating Moynat
Rejuvenating Moynat
 
Capitolo1 la rinascita dopo il mille
Capitolo1 la rinascita dopo il milleCapitolo1 la rinascita dopo il mille
Capitolo1 la rinascita dopo il mille
 
Platone
PlatonePlatone
Platone
 
Silvestro Lega
Silvestro LegaSilvestro Lega
Silvestro Lega
 
L'apologia di socrate di Platone
L'apologia di socrate di PlatoneL'apologia di socrate di Platone
L'apologia di socrate di Platone
 

Viewers also liked

Mini tesi "lo stile costa crociere"
Mini tesi "lo stile costa crociere" Mini tesi "lo stile costa crociere"
Mini tesi "lo stile costa crociere" filippo rossi
 
Tesi di laurea triennale: Rilevamento geologico dell'area di Tagliacozzo (AQ)
Tesi di laurea triennale: Rilevamento geologico dell'area di Tagliacozzo (AQ)Tesi di laurea triennale: Rilevamento geologico dell'area di Tagliacozzo (AQ)
Tesi di laurea triennale: Rilevamento geologico dell'area di Tagliacozzo (AQ)Mario Valiante
 
Il Business Model di Grom S.r.l. - tesi di laurea
Il Business Model di Grom S.r.l. - tesi di laureaIl Business Model di Grom S.r.l. - tesi di laurea
Il Business Model di Grom S.r.l. - tesi di laureaRialzo Impresa
 
Tesi Laurea Sergio Taddia
Tesi Laurea Sergio TaddiaTesi Laurea Sergio Taddia
Tesi Laurea Sergio TaddiaSergio Taddia
 
Implementazione hardware/software di un sistemamultitouch per l'interazione u...
Implementazione hardware/software di un sistemamultitouch per l'interazione u...Implementazione hardware/software di un sistemamultitouch per l'interazione u...
Implementazione hardware/software di un sistemamultitouch per l'interazione u...Pier Giuliano Nioi
 
Presentazione Tesi Laurea Magistrale
Presentazione Tesi Laurea MagistralePresentazione Tesi Laurea Magistrale
Presentazione Tesi Laurea MagistraleMatteo Vacca
 
La comunicazione politica: definizioni e differenze di ambito
La comunicazione politica: definizioni e differenze di ambitoLa comunicazione politica: definizioni e differenze di ambito
La comunicazione politica: definizioni e differenze di ambitoeugenio iorio
 
Tesi Il museo fuori dal museo (doc)
Tesi Il museo fuori dal museo (doc)Tesi Il museo fuori dal museo (doc)
Tesi Il museo fuori dal museo (doc)Luna Gasparini
 
La normativa sulla comunicazione di pubblica utilità
La normativa sulla comunicazione di pubblica utilitàLa normativa sulla comunicazione di pubblica utilità
La normativa sulla comunicazione di pubblica utilitàPierluigi De Rosa
 
I promessi sposi 3.0 Mobile User Experience & Usability nel settore dei beni...
I promessi sposi 3.0  Mobile User Experience & Usability nel settore dei beni...I promessi sposi 3.0  Mobile User Experience & Usability nel settore dei beni...
I promessi sposi 3.0 Mobile User Experience & Usability nel settore dei beni...RiccardoPietra
 
La Comunicazione Pubblica
La Comunicazione PubblicaLa Comunicazione Pubblica
La Comunicazione Pubblicaeugenio iorio
 
Presentazione della tesi di laurea magistrale della dott.ssa Diana Ricciardi ...
Presentazione della tesi di laurea magistrale della dott.ssa Diana Ricciardi ...Presentazione della tesi di laurea magistrale della dott.ssa Diana Ricciardi ...
Presentazione della tesi di laurea magistrale della dott.ssa Diana Ricciardi ...didiana
 
Tesi Di Laurea - Stefano Berto
Tesi Di Laurea - Stefano BertoTesi Di Laurea - Stefano Berto
Tesi Di Laurea - Stefano BertoStefano Berto
 
La comunicazione come servizio pubblico. Tesi di Laurea Magistrale in Design ...
La comunicazione come servizio pubblico. Tesi di Laurea Magistrale in Design ...La comunicazione come servizio pubblico. Tesi di Laurea Magistrale in Design ...
La comunicazione come servizio pubblico. Tesi di Laurea Magistrale in Design ...Margherita Ider
 
Tesi Specialistica - Weka SMP
Tesi Specialistica - Weka SMPTesi Specialistica - Weka SMP
Tesi Specialistica - Weka SMPFabio Pustetto
 
Progettazione e realizzazione di un sistema DRM utilizzando SSL e GStreamer
Progettazione e realizzazione di un sistema DRM utilizzando SSL e GStreamerProgettazione e realizzazione di un sistema DRM utilizzando SSL e GStreamer
Progettazione e realizzazione di un sistema DRM utilizzando SSL e GStreamerLorenzo Sfarra
 
Tesi di laurea di Josip Mihovilović
Tesi di laurea di Josip MihovilovićTesi di laurea di Josip Mihovilović
Tesi di laurea di Josip MihovilovićJosip Mihovilovic
 

Viewers also liked (20)

Mini tesi "lo stile costa crociere"
Mini tesi "lo stile costa crociere" Mini tesi "lo stile costa crociere"
Mini tesi "lo stile costa crociere"
 
Tesi processo st.
Tesi processo st.Tesi processo st.
Tesi processo st.
 
Tesi di laurea triennale: Rilevamento geologico dell'area di Tagliacozzo (AQ)
Tesi di laurea triennale: Rilevamento geologico dell'area di Tagliacozzo (AQ)Tesi di laurea triennale: Rilevamento geologico dell'area di Tagliacozzo (AQ)
Tesi di laurea triennale: Rilevamento geologico dell'area di Tagliacozzo (AQ)
 
Il Business Model di Grom S.r.l. - tesi di laurea
Il Business Model di Grom S.r.l. - tesi di laureaIl Business Model di Grom S.r.l. - tesi di laurea
Il Business Model di Grom S.r.l. - tesi di laurea
 
Tesi peiretti
Tesi peirettiTesi peiretti
Tesi peiretti
 
Tesi Laurea Sergio Taddia
Tesi Laurea Sergio TaddiaTesi Laurea Sergio Taddia
Tesi Laurea Sergio Taddia
 
Tesi di laurea
Tesi di laureaTesi di laurea
Tesi di laurea
 
Implementazione hardware/software di un sistemamultitouch per l'interazione u...
Implementazione hardware/software di un sistemamultitouch per l'interazione u...Implementazione hardware/software di un sistemamultitouch per l'interazione u...
Implementazione hardware/software di un sistemamultitouch per l'interazione u...
 
Presentazione Tesi Laurea Magistrale
Presentazione Tesi Laurea MagistralePresentazione Tesi Laurea Magistrale
Presentazione Tesi Laurea Magistrale
 
La comunicazione politica: definizioni e differenze di ambito
La comunicazione politica: definizioni e differenze di ambitoLa comunicazione politica: definizioni e differenze di ambito
La comunicazione politica: definizioni e differenze di ambito
 
Tesi Il museo fuori dal museo (doc)
Tesi Il museo fuori dal museo (doc)Tesi Il museo fuori dal museo (doc)
Tesi Il museo fuori dal museo (doc)
 
La normativa sulla comunicazione di pubblica utilità
La normativa sulla comunicazione di pubblica utilitàLa normativa sulla comunicazione di pubblica utilità
La normativa sulla comunicazione di pubblica utilità
 
I promessi sposi 3.0 Mobile User Experience & Usability nel settore dei beni...
I promessi sposi 3.0  Mobile User Experience & Usability nel settore dei beni...I promessi sposi 3.0  Mobile User Experience & Usability nel settore dei beni...
I promessi sposi 3.0 Mobile User Experience & Usability nel settore dei beni...
 
La Comunicazione Pubblica
La Comunicazione PubblicaLa Comunicazione Pubblica
La Comunicazione Pubblica
 
Presentazione della tesi di laurea magistrale della dott.ssa Diana Ricciardi ...
Presentazione della tesi di laurea magistrale della dott.ssa Diana Ricciardi ...Presentazione della tesi di laurea magistrale della dott.ssa Diana Ricciardi ...
Presentazione della tesi di laurea magistrale della dott.ssa Diana Ricciardi ...
 
Tesi Di Laurea - Stefano Berto
Tesi Di Laurea - Stefano BertoTesi Di Laurea - Stefano Berto
Tesi Di Laurea - Stefano Berto
 
La comunicazione come servizio pubblico. Tesi di Laurea Magistrale in Design ...
La comunicazione come servizio pubblico. Tesi di Laurea Magistrale in Design ...La comunicazione come servizio pubblico. Tesi di Laurea Magistrale in Design ...
La comunicazione come servizio pubblico. Tesi di Laurea Magistrale in Design ...
 
Tesi Specialistica - Weka SMP
Tesi Specialistica - Weka SMPTesi Specialistica - Weka SMP
Tesi Specialistica - Weka SMP
 
Progettazione e realizzazione di un sistema DRM utilizzando SSL e GStreamer
Progettazione e realizzazione di un sistema DRM utilizzando SSL e GStreamerProgettazione e realizzazione di un sistema DRM utilizzando SSL e GStreamer
Progettazione e realizzazione di un sistema DRM utilizzando SSL e GStreamer
 
Tesi di laurea di Josip Mihovilović
Tesi di laurea di Josip MihovilovićTesi di laurea di Josip Mihovilović
Tesi di laurea di Josip Mihovilović
 

Similar to Tesi di laurea specialistica

Tesi: La comunicazione d'impresa e il marketing virale.
Tesi: La comunicazione d'impresa e il marketing virale.Tesi: La comunicazione d'impresa e il marketing virale.
Tesi: La comunicazione d'impresa e il marketing virale.Sarah Cillo
 
Lo sviluppo del crowdfunding in Italia: il caso FundedByMe
Lo sviluppo del crowdfunding in Italia: il caso FundedByMeLo sviluppo del crowdfunding in Italia: il caso FundedByMe
Lo sviluppo del crowdfunding in Italia: il caso FundedByMeElena Prestinice
 
Campus lacamilla - Makers - Analisi sociologica di un fenomeno emergente
Campus lacamilla - Makers - Analisi sociologica di un fenomeno emergenteCampus lacamilla - Makers - Analisi sociologica di un fenomeno emergente
Campus lacamilla - Makers - Analisi sociologica di un fenomeno emergenteCampus La Camilla - Scuola di maker
 
Osservatorio 2023 sul Giornalismo Digitale
Osservatorio 2023 sul Giornalismo DigitaleOsservatorio 2023 sul Giornalismo Digitale
Osservatorio 2023 sul Giornalismo DigitaleVittorio Pasteris
 
Cindinica e orizzonti di Resilienza
Cindinica e orizzonti di ResilienzaCindinica e orizzonti di Resilienza
Cindinica e orizzonti di ResilienzaJessica Sini
 
Know it - dicembre_2018
Know it - dicembre_2018Know it - dicembre_2018
Know it - dicembre_2018Flavio Petrino
 
Mercati € Mercanti _ numero 39
Mercati € Mercanti _ numero 39Mercati € Mercanti _ numero 39
Mercati € Mercanti _ numero 39Marcello Agnello
 
Convegno 2 dicembre 2012
Convegno 2 dicembre 2012Convegno 2 dicembre 2012
Convegno 2 dicembre 2012SNAG Milano
 
Mercati € Mercanti n. 5
Mercati € Mercanti n. 5 Mercati € Mercanti n. 5
Mercati € Mercanti n. 5 Marcello Agnello
 
Alessio Brotto Portfolio - 2011-2012
Alessio Brotto Portfolio - 2011-2012Alessio Brotto Portfolio - 2011-2012
Alessio Brotto Portfolio - 2011-2012Dr Alessio Brotto
 
Mercati € mercanti numero 5
Mercati € mercanti   numero 5Mercati € mercanti   numero 5
Mercati € mercanti numero 5Marcello Agnello
 
Le risorse umane ed il WEB 3.0 nelle associazioni d'impresa
Le risorse umane ed il WEB 3.0 nelle associazioni d'impresaLe risorse umane ed il WEB 3.0 nelle associazioni d'impresa
Le risorse umane ed il WEB 3.0 nelle associazioni d'impresaMarco Lombardo
 
Reti d'impresa
Reti d'impresaReti d'impresa
Reti d'impresaSigma sei
 

Similar to Tesi di laurea specialistica (20)

Tesi whistleblowing
Tesi whistleblowingTesi whistleblowing
Tesi whistleblowing
 
Tesi: La comunicazione d'impresa e il marketing virale.
Tesi: La comunicazione d'impresa e il marketing virale.Tesi: La comunicazione d'impresa e il marketing virale.
Tesi: La comunicazione d'impresa e il marketing virale.
 
Lo sviluppo del crowdfunding in Italia: il caso FundedByMe
Lo sviluppo del crowdfunding in Italia: il caso FundedByMeLo sviluppo del crowdfunding in Italia: il caso FundedByMe
Lo sviluppo del crowdfunding in Italia: il caso FundedByMe
 
Campus lacamilla - Makers - Analisi sociologica di un fenomeno emergente
Campus lacamilla - Makers - Analisi sociologica di un fenomeno emergenteCampus lacamilla - Makers - Analisi sociologica di un fenomeno emergente
Campus lacamilla - Makers - Analisi sociologica di un fenomeno emergente
 
Osservatorio 2023 sul Giornalismo Digitale
Osservatorio 2023 sul Giornalismo DigitaleOsservatorio 2023 sul Giornalismo Digitale
Osservatorio 2023 sul Giornalismo Digitale
 
Cindinica e orizzonti di Resilienza
Cindinica e orizzonti di ResilienzaCindinica e orizzonti di Resilienza
Cindinica e orizzonti di Resilienza
 
Know it - dicembre_2018
Know it - dicembre_2018Know it - dicembre_2018
Know it - dicembre_2018
 
Tesi Welfare e lotta alla povertà
Tesi Welfare e lotta alla povertàTesi Welfare e lotta alla povertà
Tesi Welfare e lotta alla povertà
 
Mercati € Mercanti _ numero 39
Mercati € Mercanti _ numero 39Mercati € Mercanti _ numero 39
Mercati € Mercanti _ numero 39
 
Convegno 2 dicembre 2012
Convegno 2 dicembre 2012Convegno 2 dicembre 2012
Convegno 2 dicembre 2012
 
200802 Mifid
200802 Mifid200802 Mifid
200802 Mifid
 
Mercati € Mercanti n. 5
Mercati € Mercanti n. 5 Mercati € Mercanti n. 5
Mercati € Mercanti n. 5
 
Mercati € Mercanti n. 5
Mercati € Mercanti n. 5 Mercati € Mercanti n. 5
Mercati € Mercanti n. 5
 
Alessio Brotto Portfolio - 2011-2012
Alessio Brotto Portfolio - 2011-2012Alessio Brotto Portfolio - 2011-2012
Alessio Brotto Portfolio - 2011-2012
 
Alumni IPE Annual report 2013
Alumni IPE Annual report 2013 Alumni IPE Annual report 2013
Alumni IPE Annual report 2013
 
Mercati € mercanti numero 5
Mercati € mercanti   numero 5Mercati € mercanti   numero 5
Mercati € mercanti numero 5
 
Le risorse umane ed il WEB 3.0 nelle associazioni d'impresa
Le risorse umane ed il WEB 3.0 nelle associazioni d'impresaLe risorse umane ed il WEB 3.0 nelle associazioni d'impresa
Le risorse umane ed il WEB 3.0 nelle associazioni d'impresa
 
Tesi Antonio Maestranzi
Tesi Antonio MaestranziTesi Antonio Maestranzi
Tesi Antonio Maestranzi
 
Reti d'impresa
Reti d'impresaReti d'impresa
Reti d'impresa
 
Aspetti giuridici del crowdfunding
Aspetti giuridici del crowdfundingAspetti giuridici del crowdfunding
Aspetti giuridici del crowdfunding
 

Tesi di laurea specialistica

  • 1. UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI UDINE FACOLTA’ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN RELAZIONI PUBBLICHE D’IMPRESA TESI DI LAUREA SPECIALISTICA Il lobbying: dalla connotazione negativa alla difesa trasparente dei legittimi interessi Il caso AMD Relatore: Laureando: Ch.ma Prof.ssa Renata Kodilja Antonio Fracas ANNO ACCADEMICO 2010-2011
  • 2.
  • 3. A mio nonno Bruno
  • 4.
  • 5. 5 INDICE: INTRODUZIONE.....................................................................................................7 CAPITOLO 1.......................................................................................................... 13 Il lobbying e il lobbista sotto la lente ....................................................................... 13 1.1 Definizione di lobbying ................................................................................ 13 1.2 Identikit del lobbista ..................................................................................... 21 1.3 Gli attori ....................................................................................................... 29 1.3.1. I portatori di interesse................................................................................ 30 1.3.2. Mediatori................................................................................................... 37 1.3.3. Le istituzioni pubbliche ............................................................................. 38 1.4 L’azione di lobbying ..................................................................................... 39 1.4.1 Gli strumenti di back office ....................................................................... 41 1.4.2 Strumenti di comunicazione esclusivi........................................................ 43 1.4.3 Strumenti di comunicazione non esclusivi ................................................. 45 1.5 L’azione di lobbying ..................................................................................... 48 1.5.1 I public affairs ........................................................................................... 49 1.5.2 I quattro modelli di public affairs............................................................... 50 1.5.3 Le tre fasi del lobbying.............................................................................. 53 1.5.4 Il lobbying diretto...................................................................................... 58 1.6 La legislazione italiana sul lobbying ............................................................. 60 1.6.1 Le proposte di legge .................................................................................. 63 1.6.2 I casi Toscana, Molise ed Emilia Romagna................................................ 66 1.6.3 Calabria e altri........................................................................................... 68 1.6.4 Riflessione ................................................................................................ 68 CAPITOLO 2.......................................................................................................... 69 La regolamentazione del lobbying al di fuori dei confini italiani: USA e UE ........... 69 2.1 La regolamentazione del lobbying negli USA ............................................... 70 2.1.1 Dalla seconda metà dell’800 al Federal of Lobbying Act........................... 70 2.1.2 Il Federal Regulation of Lobbying Act ...................................................... 73 2.1.3 Gli anni Settanta e le riforme collaterali..................................................... 76
  • 6. 6 2.1.4 Il Lobbying Disclosure Act........................................................................ 78 2.1.5 Gli anni Duemila....................................................................................... 82 2.2 Lobbying a Bruxelles.................................................................................... 85 2.2.1 Il lobbista di Bruxelles............................................................................... 86 2.2.2 Organizzarsi.............................................................................................. 87 2.3 Obiettivo e influenza..................................................................................... 88 2.3.1 Commissione Europea............................................................................... 88 2.3.2 Parlamento Europeo .................................................................................. 89 2.3.3 Consiglio dell’Unione Europea.................................................................. 92 2.4 Regole .......................................................................................................... 93 2.4.1 I primi tentativi.......................................................................................... 93 2.4.2 La situazione attuale.................................................................................. 95 CAPITOLO 3........................................................................................................ 101 AMD e l’intervento per la nuova formulazione dei bandi pubblici della Pubblica Amministrazione ................................................................................................... 101 3.1 AMD .......................................................................................................... 101 3.2 Lo scenario competitivo per AMD nei primi anni 2000 in Italia .................. 102 3.3 AMD scende in campo................................................................................ 103 3.3.1 La strategia di AMD................................................................................ 104 3.4 La svolta in positivo per AMD.................................................................... 106 3.4.1 L’intervento della CE .............................................................................. 109 3.5 Epilogo ....................................................................................................... 110 CONCLUSIONI.................................................................................................... 113 ALLEGATI........................................................................................................... 115 BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA RINGRAZIAMENTI
  • 7. 7 INTRODUZIONE Questa tesi è frutto della profonda curiosità sorta nei confronti del tema del lobbying durante lo studio delle attività di Relazioni Pubbliche. Si legge di lobbisti che sono padroni dell’arte della comunicazione e della relazione, ma, soprattutto, che si tratta di esperti professionisti capaci di convincere anche i più ostici interlocutori. La cultura popolare riconosce tali doti accostandole però spesso a fini non sempre limpidi. Il lobbista è allora colui che agisce per conto dei “cattivi”, che “avvantaggia” le multinazionali e le attività più o meno occulte. Agli occhi di chi non conosce la professione, il lobbista è nel migliore dei casi un manipolatore. Non si può dare torto a coloro che la pensano in questo modo in quanto non sono poche le occasioni offerte dalla cronaca che portano l’opinione pubblica in questa direzione. Basti qui ricordare lo scandalo denominato “Tangentopoli” degli anni Novanta che anche a distanza di vent’anni non è stato ancora dimenticato. Rappresentanti senza scrupoli di interessi particolari non hanno esitato a ricorrere a mezzi illeciti per influenzare il legislatore. In quel frangente, i cinque fogli di analisi citati da John Fitzgerald Kennedy e citati nel capitolo I sono stati brutalmente sostituiti da pratiche meno lecite. Ma queste persone non possono essere considerate dei lobbisti e per loro esiste un’unica denominazione: corruttori. A distanza di vent’anni, “Tangentopoli” non è stata dimenticata. A pagarne le conseguenze non è stata solo la credibilità delle istituzioni ma anche la professione del lobbista L’idea di fondo è che il lobbista difenda sempre e comunque i “cattivi” a scapito dei “buoni”. Ma il lobbista non è questo. O, se vogliamo, non dovrebbe essere questo. Resta il fatto che un lobbista può difendere tanto un’organizzazione che genera i suoi profitti a
  • 8. 8 scapito dei cittadini quanto aziende che godono di un’ottima considerazione da parte della gente (per esempio le O.N.G.). Ma qualora difenda un’azienda del primo tipo, il vero lobbista dovrebbe comunque usare solo gli strumenti propri della comunicazione e dati oggettivi a supporto della propria tesi difensiva, escludendo categoricamente il ricorso a mezzi di persuasione che non sia non leciti. Non è scontato che, per quanto bravo, riesca nell’impresa di salvaguardare l’interesse del suo cliente in quanto esistono anche cause indifendibili. Ma nessuno potrà negare che ha agito correttamente, nel rispetto delle norme. Per comprendere meglio la figura del lobbista professionista, il capitolo I di questa tesi è incentrato attorno ad una dettagliata analisi delle sue competenze e degli strumenti da lui stesso impiegati. Confidare in un cambiamento dell’opinione pubblica nei suoi confronti da parte del lettore è ambire a qualcosa di estremamente difficile se non addirittura impossibile. Ma la finalità del capitolo I è quella di rispondere alla domanda che troppe volte rimane priva di risposta: come lavora il lobbista? Si è pertanto analizzato la figura professionale del lobbista cogliendone gli aspetti caratterizzanti quanto a capacità e competenze. La figura professionale che ne esce non riguarda solo un esperto di comunicazione ma anche di un insieme di altre specifiche competenze che abbracciano Diritto, Economia e Relazioni Pubbliche. Si tratta di una figura che fa dell’ “ascolto” il suo strumento principale e che gli consente di cogliere sia le esigenze del cliente che le peculiarità dell’ambiente in cui questo opera nonché i provvedimenti normativi che possono influire sulle attività del cliente stesso. L’ascolto è altresì finalizzato ad individuare i giusti interlocutori istituzionali e dare vita ad un dialogo costruttivo per entrambe le parti (azienda cliente e legislatore). Il lobbista, bravo e competente, non difende il proprio cliente ad oltranza alterando la realtà ma trova e fornisce gli spunti per il miglioramento del testo di legge a tutela dell’attività di un intero settore di cui il cliente è solo uno dei molti esponenti. Rappresentare gli interessi implica ulteriori skills rispetto a quelle già menzionate. Il lobbista è contemporaneamente un pianificatore strategico e un consulente senza il quale l’azienda non saprebbe muoversi nel mondo istituzionale. Un novello Virgilio che accompagna Dante, se è concesso il paragone. Egli aiuta l’azienda a comprendere i testi di legge e il loro impatto, delinea i passi per imbastire una relazione col legislatore e consiglia le giuste tecniche di approccio. Per cambiare le regole del gioco non basta infatti una
  • 9. 9 lettera firmata da un Amministratore delegato, seppur autorevole e potente, all’indirizzo di un politico, neanche se si è Claudio Marchionne: anche la FIAT, infatti, ha i suoi lobbisti. L’ambiente in cui opera il lobbista italiano è particolare. Il nostro territorio si contraddistingue per l’assenza di una legislazione nazionale che regolamenti l’attività di lobbying. L’Italia è così in una condizione di forte arretratezza nonostante reiterati tentativi per colmare il vuoto normativo. Fin dal 1948 i rappresentanti del Parlamento hanno avanzato proposte di legge ma la necessità di tale intervento non è mai stata avvertita dalla maggioranza dei parlamentari, rendendo vano ogni sforzo in tale direzione. Neanche quando il provvedimento è approdato all’esame della commissione parlamentare competente ha goduto di un destino migliore. Nessun testo è mai stato sottoposto all’analisi dell’Aula. È chiaro, allora, che esistono dei “lobbisti” più forti ricollegabili anche ai partiti politici, interessati a detenere l’esclusiva sui rapporti istituzionali e la formulazione delle leggi. A poco valgono le convocazioni in audizione di coloro su cui le proposte di legge impattano direttamente. L’ascolto nei loro confronti è spesso solamente di facciata. Non da meno è l’atteggiamento di certe associazioni che si sono sempre opposte all’idea di una regolamentazione del lobbying perché fermamente intenzionate a mantenere la loro posizione di interlocutore privilegiato del legislatore e magari a scapito delle aziende più piccole. In controtendenza appaiono alcune regioni italiane, come Toscana e Molise che si sono dotate di una legge regionale, caratterizzate però dall’uso di espressioni quali “rappresentante/rappresentanza di interessi”. Questo perché il termine lobbying fa ancora paura. Il capitolo II offre invece una panoramica su uno scenario decisamente diverso che riguarda gli Stati Uniti d’America e l’Unione Europea. Nel caso degli USA la legislazione è presente ma, ancor più radicato nella cultura a stelle e strisce è il riconoscimento del diritto a manifestare i propri interessi senza che tale diritto possa essere prevaricato. Il capitolo assume la valenza di una cronistoria della legislazione americana: dai tentativi più datati risalenti al XIX secolo fino ai giorni nostri. Ma ciò che più caratterizza la legislazione americana è il continuo tentativo di apportare miglioramenti
  • 10. 10 ai testi in vigore tramite l’inserimento di definizioni precise dei termini di lobbista e di lobbying finalizzato alla riduzione del rischio di errate interpretazioni. A questo si aggiungono disposizioni chiare circa i modi e i tempi di avvio alla professione, con particolare riguardo alle figure che, prima di diventare lobbisti, occupavano posizioni importanti all’interno della Pubblica Amministrazione. Non mancano inoltre le sanzioni per coloro che non rispettano le disposizioni stabilite. Tutto perfetto? Non esattamente. Anche nella patria del lobbying vi sono stati casi di lobbisti che hanno fatto ricorso a mezzi di persuasione illeciti: Jack Abramoff, il lobbista americano più famoso, che dalla persuasione è passato alla corruzione pagandone però le conseguenze con la perdita della libertà personale. Dal canto suo anche l’Unione Europea ha provato a dotarsi di una legislazione sul tema. Pur potendo prendere spunto da quanto attuato dall’amministrazione americana, l’Unione non ha ancora compiuto quel necessario salto di qualità. L’attuale normativa infatti rende solo facoltativa, e non obbligatoria, l’iscrizione al registro dei lobbisti di Bruxelles. Anche in tema di sanzioni è previsto solo il ritiro del tesserino di lobbista per coloro che non rispettano il codice di condotta la cui accettazione è conseguente all’iscrizione. Certo rispetto all’Italia la situazione dell’UE è migliore ma non si può certo sostenere che quanto operato in questa sede istituzionale possa fungere da esempio da imitare. Potrebbe però essere almeno un punto di inizio per discutere della nuova legislazione che, si spera, un giorno arrivi anche da noi. Per meglio illustrare re la teoria del lobbying e i suoi elementi principali è stato analizzato un caso specifico come dimostrazione pratica di ciò che l’attività di lobbying può o non può realizzare. Il Capitolo III è così incentrato sull’azione di lobbying che ha sostenuto gli interessi dell’azienda americana AMD nel contesto italiano. La vicenda risale al 2004. È un caso di lobbying propriamente detto, con la riscrittura delle regole in vigore in un certo settore. AMD ha avuto agli inizi degli anni Duemila forti problemi per partecipare alle gare di appalto della Pubblica Amministrazione per la fornitura di computer. Nodo della questione, la formulazione dei bandi che penalizzava la concorrenza. AMD ha subìto una drastica riduzione delle possibilità di vincere il bando. L’attività di lobbying si è così rivelata fondamentale per consentire ad AMD di competere allo stesso livello dei concorrenti. Il risultato a cui si è giunti è stata la
  • 11. 11 rivisitazione completa dei testi dei bandi pubblici che ha preservato gli interessi di tutte le aziende di settore. Il felice epilogo ha, al tempo stesso, preservato gli interessi delle altre aziende di settore. Ad oggi, il bando non prevede più l’uso di un brand a scopo comparativo ma stabilisce precisi criteri minimi prestazionali per i microprocessori installati nei computer. Il caso ha fatto scuola e, merito anche del sostegno della Commissione Europea, ora in tutta Europa i bandi pubblici per questa tipologia di forniture non prevedono altro se non i livelli minimi prestazionali richiesti. Come è stato dimostrato, il lobbying non è attività ai limiti della legalità o contro il cosiddetto “bene comune” ma un aiuto fondamentale per garantire il rispetto dei valori propri della democrazia.
  • 12.
  • 13. 13 CAPITOLO 1 Il lobbying e il lobbista sotto la lente «I lobbisti sono quelle persone che per farmi comprendere un problema impiegano dieci minuti e mi lasciano sulla scrivania cinque fogli di carta. Per spiegarmi lo stesso problema, i miei collaboratori impiegano tre giorni e decine di pagine». J.F. Kennedy 1.1 Definizione di lobbying Parlare in Italia di lobbying è un’azione non esente da rischi, soprattutto per chi è intenzionato ad illustrarne la pratica. Troppi, infatti, sono i pregiudizi che ancora oggi gravano su chi si definisce lobbista. È il prezzo da pagare per le azioni compiute da coloro che, negli anni Novanta e in occasione dello scandalo Tangentopoli, hanno preferito influenzare il decisore politico (Deputato o Senatore che fosse) usando il linguaggio delle tangenti piuttosto che proporre un’analisi dettagliata dello scenario (presente e futuro), in conseguenza della diretta attuazione di una nuova norma. Perché è questo ciò che fanno i lobbisti: influenzare il processo decisionale. Sono trascorsi quasi vent’anni da quel periodo grigio, in cui la credibilità dell’intero sistema democratico ha conosciuto uno dei punti più bassi (se non addirittura l’apice della decadenza), eppure nulla è cambiato. «Stereotipi», «clichè superficiali duri a morire», «Paragoni impropri e abusi del linguaggio, non solo giornalistico, che distorcono la nostra funzione»1 . Ecco le risposte degli operatori di settore a chi insinua che il lobbying rappresenti una professione tutt’altro che onesta. Nella penisola dello stivale si continua a confondere lobby con corporazioni, consorterie, comitati d’affari o, peggio, con potentati oscuri al confine col malaffare. Nulla di più falso. «Il lobbismo, quello vero – sostengono – non ha niente a che fare con il clientelismo né con gli 1 CAPITAL, n.372, Febbraio 2011, p. 16.
  • 14. 14 intrallazzi. Piuttosto, è la capacità di rappresentare interessi leciti, in modo trasparente, presso i decisori pubblici»2 . È d’obbligo, prima ancora di procedere con la definizione completa di lobbying, una precisazione. Essendo un’attività di relazione3 , implica il contatto tra il legislatore e rappresentanti di interessi, generando il rischio della creazione di una zona grigia nelle relazioni stesse: «Una zona grigia tra conflitti di interesse e intrecci tra politica e affari – sostengono sempre gli specialisti – esiste». Franco Spicciariello, cofondatore della Open Gate Italia4 e professore di lobbying alle università romane Lumsa e Tor Vergata, sostiene che tale problematica è comune a tutto il sistema: «L’avvocato che va in piscina con il giudice o a giocare a tennis con il pubblico ministero non è zona grigia? Quando la zona grigia si fa corruzione – gli fa eco Gianluca Comin5 – si tratta di patologia, non di lobby». Questo perché «i lobbisti professionali rendono un servizio al sistema democratico. Noi lobbisti siamo chiamati a coprire un gap informativo tra gli interessi legittimi delle aziende o comunque dei soggetti per i quali lavoriamo e le competenze dei decisori pubblici6 ». 2 Ibidem, p. 16. 3 M. Mazzoni in Le relazioni pubbliche e il lobbying in Italia, Laterza, Bari, 2010, lo include nel terzo dei quattro modelli di RP di James E. Grunig: il “two-way symmetric”, caratterizzato da una comunicazione bidirezionale, distinta dal disequilibrio degli effetti. 4 Società specializzata in attività di lobbying, public affairs, regolamentazione e comunicazione strategica. Sito web: http://www.opengateitalia.com/. I public affairs sono, per definizione, l’insieme delle attività di relazioni con le istituzioni. Il lobbying è parte dei public affairs. 5 Direttore delle relazioni esterne e istituzionali del gruppo Enel, il primo ad aver formalmente accorpato le due cruciali responsabilità nelle mani dello stesso manager. Da Capital, op. cit. p. 17. 6 Le competenze e l’utilità del lobbista saranno proposte nei paragrafi successivi del presente capitolo.
  • 15. 15 Nonostante i molteplici tentativi di far apparire il lobbying per quello che realmente è, il contesto italiano gli attribuisce ancora oggi un’accezione negativa. Il termine viene utilizzato a sproposito e, soprattutto, per qualificare qualsiasi atto poco chiaro oppure addirittura in contrasto con la legge. Se si riprendono le cronache sui giornali, ogni volta che si parla della lobby si evoca un’azione di corruzione. Ma se così fosse, sarebbe qualificata da un articolo del codice penale e non ci sarebbe bisogno di chiamarla attività di lobbying.7 Il termine lobby, prima ancora di essere coniato dalla linguistica ottocentesca americana, deriva dal latino lobium, ovvero chiostro. Ma anche lobia, parola di derivazione latina medioevale, traducibile con loggia, portico. Secondo Andrian Room (citato da Wikipedia), il suddetto termine venne usato per la prima volta da Thomas Bacon in The relikes of Rome nel 1553; nel 1539 William Shakespeare usò lobby in Enrico VI (parte II), con il significato di “passaggio”, “corridoio”. Altre fonti fanno derivare lobby dall’Antico Alto-Tedesco lauba, che significa deposito di documenti, che divenne poi lobby nell’adattamento inglese. Fu nel XIX secolo, 1830 circa, che il termine lobby venne a indicare, nella House of Commons, quella grande anticamera in cui i membri del Parlamento usavano votare durante una “division”8 . Successivamente il termine venne attribuito più in generale a quella zona del Parlamento in cui i rappresentanti dei gruppi di pressione cercavano di contattare i membri del Parlamento stesso. Per indicare questi rappresentanti e l’attività da essi esercitata, nel XIX secolo si iniziò a far uso dei termini lobbyist e lobbying. Secondo gli americani tutto cominciò attorno al 1820, quando il presidente in carica, Ulysses Grant, cominciò a ricevere i lobbisti nella lobby dell’Hotel Willard di Washington9 . A tal proposito, citiamo un saggio di Vittorio Zucconi, giornalista di Repubblica: «Depresso dalla atmosfera della Casa Bianca nel 1869, il presidente americano Ulysess Grant spostava la sua passione per i sigari e il whisky al vicino Hotel Willard in Pennsylvania Avenue, nel cuore 7 Mazzoni, op. cit. p. 92. 8 Una votazione. 9 B. Facchetti, L. Marozzi, La guida del Sole 24 Ore alle Relazioni Pubbliche. La comunicazione d’impresa del nuovo secolo. Gruppo 24 Ore, Milano, 2009.
  • 16. 16 di Washington. Lì, nell’atrio, il vincitore della Guerra Civile eletto capo dello Stato sprofondava nel cuoio screpolato e teneva corte. Una lunga fila di “clientes” e postulanti attendeva l’occasione per sussurrargli una richiesta, domandare od offrire un favore, raccomandare un progetto o una proposta. E se lo spettacolo del “sovrano” che riceve questuanti non era certamente nuovo neppure nella storia della giovane repubblica nordamericana, è da quell’atrio d’albergo che furono formalizzate e consolidate quella parola e quella tecnica di influenzare la democrazia che oggi conosciamo, e temiamo, con il nome di “lobby”. Essendo appunto l’atrio degli alberghi la “lobby” in inglese, dall’italianissimo, e latinissimo, “lobia”, loggia»10 . Secondo Beppe Facchetti e Laura Marozzi (2009), «la lobby è un’azione consapevole e coordinata nel tempo condotta nel rispetto delle leggi vigenti, realizzata da un soggetto pubblico o privato, che si propone di influenzare il processo decisionale pubblico a tutti i livelli e che sviluppa sistemi di relazione diretta: strumenti o canali di informazione verso i decisori pubblici o persone fisiche e giuridiche, gruppi o associazioni che si ritiene possano influenzare a loro volta i decisori». L’attività di lobby (ovvero il lobbying) rientra a pieno titolo nel quadro delle relazioni pubbliche, in quanto finalizzata a creare relazioni stabili ed efficaci. Ma si distingue dalle altre attività di relazione per il pubblico di riferimento (esclusivamente decisori e autorità pubbliche) e le finalità (influire sugli atti dell’autorità politico-amministrativa). Ruben Razzante11 aggiunge una componente in più alla definizione, utile per provare a contrastare i pregiudizi: «Il lobbying è la trasmissione di messaggi dal gruppo di pressione ai decision maker, quindi è uno strumento articolato e complesso di comunicazione». Anche secondo Paolo Zanetto e Alberto Cattaneo, partner fondatori della Cattaneo Zanetto & Co., lobbying firm italiana, l’uso del verbo “to lobby” è da ricongiungere al XIX secolo in quanto «se ne trova traccia nei resoconti dei lavori del campidoglio dello 10 V. Zucconi, “Lobby. Quando la democrazia è in ostaggio”, La Repubblica, 24 gennaio 2006. 11 Professore di Diritto dell’informazione e del prodotto culturale e di Diritto del copyright e legislazione dei beni culturali all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. È socio de Il Chiostro.
  • 17. 17 Stato di New York ad Albany già nel 1832»12 . Il termine lobbista, invece, identificava, a partire dal XVII secolo, i cittadini che stanziavano fuori dalla Camera dei Comuni di Londra. In realtà, ancora oggi è in atto una disputa per definire universalmente il termine lobbying. La matrice latina è certamente condivisa, ma a lobium si aggiunge laubia: era la tribuna da cui il popolo proponeva le sue idee alla classe politica. Questo senso sociale e propositivo del termine è stato perso nell’uso anglosassone. Secondo Mirko Rubin è possibile considerare con particolare riguardo tre definizioni:13  «Il processo per mezzo del quale i rappresentanti dei gruppi di interesse agendo da intermediari portano a conoscenza dei decision maker, i desideri dei loro gruppi. Lobbying è quindi soprattutto una trasmissione di messaggi da gruppi di pressione ai decision maker per mezzo di rappresentanti specializzati (e in alcuni casi, come negli USA, legalmente autorizzati) che possono, o no, far uso della minaccia di sanzioni» (G. Pasquino, 1976);  «In quanto verbo significa fare pressione, presentare ragioni o altre motivazioni per cercare di rendere un decisore politico favorevole alla propria posizione. Può essere usato in un contesto istituzionale, ove un rappresentante di un gruppo di pressione può fare lobby su un parlamentare, un ministro o un funzionario pubblico per portare avanti l’interesse del suo gruppo» (D. Robertson, 1987);  «Attività di relazione e di comunicazione, legittima consapevole e programmata, messa in atto per orientare la decisione pubblica, i suoi attori ed i loro influenti, perché assumano, sempre nel prioritario interesse generale, decisioni le cui conseguenze siano positive o comunque non negative, per l’organizzazione e/o l’interesse rappresentato» (T.M. Falconi, 2002). 12 A. Cattaneo – P. Zanetto, Fare lobby. Manuale di public affairs. Etas, Milano, 2007. 13 M. Rubin, Le relazioni con il processo decisionale pubblico, in G. Vecchiato, Relazioni pubbliche: valore che crea valore, a cura di, FrancoAngeli, Milano, 2005, p. 135.
  • 18. 18 Ulteriori contributi sono giunti nel corso degli anni. Proprio recentemente, il già citato Marco Mazzoni14 ha svolto una vera e propria autopsia del termine in questione, partendo da un punto ampiamente condiviso: il lobbying è uno sforzo implementato per condizionare il policy process15 , ovvero, è quella azione rivolta al processo decisionale con l’intento di influenzarlo. Come si può notare, rispetto alla definizione di Pasquino vi sono degli importanti elementi innovativi. Mazzoni però contesta a sé stesso una sorta di incompletezza, e aggiunge che «il lobbying è un processo attraverso il quale si tenta di influenzare l’attività delle istituzioni pubbliche e di permeare la public policy agenda16 . Il lobbista non preme soltanto sul processo legislativo o esecutivo; la sua azione è qualcosa di più ampio, poiché racchiude altresì le interazioni con i governi e le assemblee legislative locali, con organizzazioni non governative, con autorità responsabili di aree di pubblico interesse e con i mass media»17 . Dal presente ragionamento si giunge ad una duplice conclusione, ottima per iniziare ad identificare gli attori dell’azione di lobbying:  Il lobbying è la ricerca di una negoziazione18 con parti del governo (locale, nazionale o sopranazionale);  è la mobilitazione dell’opinione pubblica e dei mass media per agire contro una decisione del governo19 o per inserire una issue all’interno dell’agenda politica. 14 Ricercatore di Sociologia della comunicazione presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Perugia. Insegna Comunicazione pubblica nel corso di laurea in Scienze della comunicazione. 15 Ovvero il processo di elaborazione delle politiche. 16 L’agenda pubblica. L’azione di lobbying è in grado, tra le altre, di far acquisire più o meno priorità a determinate tematiche, che successivamente sono incluse nei calendari dei lavori parlamentari. 17 M. Mazzoni, op. cit. p. 31. 18 L’idea di lobbista come negoziatore non è condivisa da tutti gli operatori
  • 19. 19 Il ragionamento però non si conclude certamente qua. L’azione di lobbying coinvolge numerosi attori (definiti successivamente) e si articola in un processo articolato, frutto della pianificazione e attuazione di più azioni. Tale caratteristica costituisce un nuovo spunto per le considerazioni di Mazzoni. Il lobbista ha a sua disposizione un’ampia gamma di strumenti per perseguire lo scopo concordato assieme al soggetto-cliente. «Può ricorrere a ricerche, allarmare i membri del gruppo che rappresenta, sottoscrivere lettere, promuovere campagne, contattare direttamente i decisori, distribuire informazioni ai media. Qualsiasi tattica di lobbying venga implementata, questa deve prevedere il ricorso a una varietà di attività: soltanto così si realizza il rafforzamento della publicity dell’organizzazione (per cui il lobbista lavora), che garantisce una più alta probabilità di successo nell’interazione con i decision makers». Il lobbying, dunque, è un processo. L’ultima considerazione di Mazzoni, la più importante e innovativa soprattutto se usiamo quale metro di paragone le definizioni proposte dagli autori precedenti e raccolte da Mirko Rubin, è anche la più attuale. Su di essa si concentra la “battaglia” di associazioni quali Il Chiostro20 , la quale richiede non solo una legislazione nazionale a riguardo ma il riconoscimento dell’attività di lobbying quale componente del processo democratico. «Se il lobbying lo si descrive come un processo che influenza il decisore pubblico – è l’affermazione di Mazzoni– o, per la precisione, come l’attività con cui si porta a conoscenza del decisore una determinata istanza, bisogna anche avere il coraggio, una volta per tutte, di sostenere che il lobbying fa parte del processo democratico». Questa, ovviamente, è una incombenza che coinvolge il caso italiano. Gli Stati Uniti d'America, come vedremo nel capitolo seguente, sono ben più privilegiati giacché il lobbying è tutelato costituzionalmente. 19 La frase potrebbe indurre in errore, facendo credere al lettore che il lobbista voglia attuare una strategia “io vinco- tu perdi”. Ciò è errato: la pratica di tale attività dimostra come il lobbista si concentri invece su una strategia “io vinco-tu vinci”. 20 Associazione che promuove la cultura, la pratica e la regolamentazione della trasparenza nella rappresentanza degli interessi.
  • 20. 20 Il tentativo di formulare la definizione di lobbying porta, in conclusione, ad uno scorporamento di ciò che si vuole definire del termine stesso. Da un lato, infatti, la letteratura italiana si è concentrata sull’interesse da tutelare e sulla rappresentanza. Da ciò, come riporta Mazzoni, consegue che la lobby o organizzazione lobbistica è il gruppo portatore dell’interesse o della causa da tutelare; il lobbista, è il personale interno o esterno all’organizzazione attraverso cui si attua la rappresentanza; il lobbismo è l’insieme delle tecniche e attività che consente la rappresentanza politica degli interessi. Se invece si focalizza l’attenzione sulle competenze, il lobby è, nelle democrazie compiute, il luogo di incontro pubblico tra i rappresentanti di interessi particolari, legittimamente meritevoli di tutela, e i decisori pubblici o quei soggetti influenti in grado di condizionare il comportamento. Il lobbying è la trasmissione di messaggi dal gruppo di pressione ai decision makers, quindi è uno strumento articolato e complesso di comunicazione. Il lobbismo è l’insieme di tecniche e attività che consentono la rappresentanza politica degli interessi organizzati; è in generale la faccia politica di tali gruppi di interesse. Il lobbista è in sostanza un bravo comunicatore ma, in quanto rappresentante di un gruppo di interesse, deve essere anche un esperto della materia. I numerosi tentativi di definizione di lobbying, lobby e lobbista hanno certamente aumentato le conoscenze teoriche ma nulla hanno potuto contro gli stereotipi, assai radicati, che ancora oggi contraddistinguono gli esponenti dei public affairs. Ad un vero e proprio ostracismo, fortunatamente, non si è arrivati. L’accettazione è ancora lungi dall’essere attuata e lo scenario attuale è ben definito da Giuseppe Mazzei, presidente de Il Chiostro: «Il problema è che non si è riusciti a trovare una parola diversa da lobbying, lobby e lobbista per definire questa attività di relazioni istituzionali. L’unico paese che ha una parola che potrebbe sostituire il termine lobbying è la Spagna dove si usa il verbo cabildear, cioè tenere rapporti con le istituzioni. Il secondo problema è che c’è un’ignoranza di fondo sull’argomento perché – è la sua analisi – non è che esistano tanti ambiti in cui se ne discute. A molti fa comodo la situazione attuale, cioè uno scellerato patto di coalizione tra alcuni lobbisti che vogliono fare i lobbisti all’antica, cioè nell’ombra, e alcuni politici che preferiscono, discrezionalmente, tenere rapporti, si
  • 21. 21 spera corretti, ma senza dare evidenze e trasparenza. Tutto questo non aiuta, né gli uni né gli altri, tanto meno la democrazia»21 . 1.2 Identikit del lobbista Fornire un perfetto identikit del lobbista non è semplice. La complessità dell’attività che viene perseguita gli richiede la padronanza di un’ampia gamma di competenze tecniche, soprattutto relazionali. Il lobbista deve altresì disporre di preparazione economica, giuridica e politologica a 360°, ma se non c’è la predisposizione alle relazioni interpersonali e alla comunicazione allora gli è impossibile lavorare. Instaurare con l’interlocutore politico una relazione di fiducia assume una rilevanza notevole e a ciò si giunge solo con un dialogo e ascolto costanti. L’assenza di fiducia mina gravemente il raggiungimento degli obiettivi del lobbista in quanto le informazioni riservate (linfa vitale per la pratica del lobbying) vengono meno. La diretta conseguenza, in questo caso, è l’accesso ridotto al policy maker e l’azione di pressione risulta molto più complicata. Le testimonianze di chi appartiene al settore rappresentano una fonte importante per la raccolta di utili informazioni per tracciarne il profilo professionale. Claudio Velardi22 , il lobbista più famoso d’Italia, sostiene che «il lobbista è una persona che deve conoscere molto bene le dinamiche della politica, del lavoro parlamentare e del processo legislativo. Deve avere un’agenda molto sostanziosa e possedere un grande fiuto per la politica, cioè un sesto senso nel capire dove sta andando la politica e, quindi, come muoversi»23 . 21 L’attività di lobbying in Italia, in Cos’è il lobbismo nel mondo: analisi comparativa, ricerca del Master in Comunicazione per le Relazioni Internazionali MICRI, Università IULM, Milano, 2010. 22 Capo dello staff di Massimo D’Alema segretario a Botteghe Oscure, poi di D’Alema premier. È tra i fondatori di Reti, prima società di lobbying in Italia. 23 CAPITAL, op. cit. p. 20.
  • 22. 22 A Velardi fa eco Filippo Maria Grasso, responsabile delle Relazioni istituzionali del Gruppo Pirelli: «L’interlocutore pubblico è un esperto di relazioni almeno quanto noi. È abituato all’incontro con l’altro e a una gestione del tempo razionalizzata, che lo ha preparato a farsi un’idea molto rapida su chi ha di fronte. Occorre quindi essere veloci, ma non approssimativi, competenti ma non noiosi e in ultimo non dimenticarsi di essere persone. Arrivare preparati sul proprio business è una condizione necessaria, ma non sufficiente. Occorre essere competenti nella gestione dell`interno processo che si sta rappresentando, offrendo prospettive e punti di vista differenti. È necessario rassicurare l`interlocutore con un atteggiamento di assoluta trasparenza e apertura. La migliore soluzione è sempre quella di aprire un rapporto senza formulare richieste. Coinvolgere la persona nel mondo aziendale attraverso una scambio di informazioni che sia utile all’attività del rappresentante istituzionale. È bene ricordare che nel rapporto con l’interlocutore pubblico, la finalità non è mai rivolta ad ottenere un semplice consenso in relazione ad una singola tematica, ma costruire un duraturo rapporto di fiducia e stima. Quanto al rapporto umano credo che sia l’elemento di maggiore caratterizzazione. Senza mai scadere in un`eccessiva familiarità, puntare a un’autentica relazione fra persone è fondamentale. Pur nella formalità del rapporto fra istituzioni “pubbliche e private”, pur nell’ “austerità” di certe tematiche rappresentate, tutto è poggiato sul rapporto fra persone, con le loro complessità, le loro caratteristiche umane, la loro storia, peculiarità che certamente andranno a condizionare gli atteggiamenti. Stabilire empatia non è la causa che permette la realizzazione di un progetto ma senz’altro rappresenta una condizione che facilità l’incontro e la predisposizione all’ascolto»24 . La letteratura di settore, pur riconoscendo una certa difficoltà, si è profusa nello sforzo di elencare le peculiarità del bravo lobbista. Una sfida non da poco se si considera la svariata provenienza degli operatori di settore: aziende private, esperienze a livello statale, incarichi politici, gestione di strutture pubbliche, professione forense. Ma qualunque sia l’origine, ciò che accomuna è l’onestà, la propensione all’ascolto 24 Relazioni Pubbliche, magazine della Federazione Relazioni Pubbliche Italiana, Ferpi, anno XX, n°61/2010, p. 6.
  • 23. 23 (sempre!), marcate capacità comunicative e persuasive, accurate conoscenze del processo decisionale e maestria intellettuale. Secondo Paolo Zanetto25 , «il lobbista deve essere innanzi tutto un mediatore e un negoziatore. Deve essere in grado di far comprendere al proprio cliente, quindi all’azienda, quali siano le logiche, i poteri ma soprattutto gli obiettivi che le istituzioni si pongono». Un ruolo non sempre facile: «Davanti ad una linea dura dettata dall’azienda – prosegue - deve saper dire di no, deve fare ragionare l’azienda. Deve sapere far comprendere e tradurre i modelli delle istituzioni nella lingua delle aziende». Il lobbista può allora acquisire una leadership, possedere carisma e saper guidare l’azienda ad ottenere i migliori risultati possibili nella relazione con il legislatore. Di nuovo Zanetto: «[Il lobbista] deve essere evidentemente in grado di tradurre nel linguaggio della politica e delle istituzioni quelle che sono le esigenze dell’azienda e il suo business»26 . Il lobbista, dunque, soprattutto in quest’ultimo caso, assume un ruolo di vera e propria guida e “campanello di allarme” per il legislatore, il quale è pianifica norme ex novo il cui impatto non viene però valutato nella sua totalità. La mediazione, ovviamente, non viene praticata soltanto nei confronti dell’azienda cliente ma anche dell’interlocutore politico. Secondo Emanuele Invernizzi «un atteggiamento culturale orientato alla mediazione è il presupposto basilare per esercitare la professione dei public affairs. Mediazione è sinonimo di dialogo, ovvero di cooperazione e di collaborazione. Il professionista deve sapere che un’attività di convincimento e di influenza come quella dei public affairs, basata sull’argomentazione (e sulla soddisfazione, ndr) dei reciproci interessi (I win-you win, ndr) e sulla dialettica tra i soggetti coinvolti, offre più opportunità rispetto a una pura trasmissione di informazioni»27 , tipicamente unidirezionale e asimmetrica. La capacità di gestione delle situazioni che si creano è una prerogativa affermata anche da Mazzoni, il quale riconosce al lobbista l’importante qualifica di «superbo 25 Cofondatore della Cattaneo Zanetto & Co. 26 http://illobbista.wordpress.com/2010/02/09/italia-e-lobbismo/#comments 27 E. Invernizzi, Manuale di relazioni pubbliche 2. Le competenze e i servizi specializzati. McGraw-Hill, Milano, 2006, p. 228.
  • 24. 24 comunicatore che conosce l’importanza dell’ascolto». Tale competenza si rivela di fondamentale importanza in una delle fasi più delicate del processo di lobbying: la gestione delle interazioni one-to-one. Il l’obiettivo del lobbista diviene così la creazione di un rapporto di fiducia, a cui si giunge soltanto con la competenza e la preparazione sull’argomento affrontato. Questo consente all’interlocutore politico di considerare attentamente le informazioni che sta ricevendo, fidandosi dei contenuti proposti. Toni Muzi Falconi28 ha così sintetizzato gli aspetti fondamentali per la credibilità e la legittimazione del professionista di relazioni pubbliche che si occupa di public affairs:  Paga l’onestà e la trasparenza dell’interesse rappresentato. La credibilità del professionista e dell’interesse rappresentato sono i valori più importanti;  Vanno sempre esplicitati il committente e l’obiettivo perseguito;  Al decisore pubblico va sempre garantito un “valore aggiunto”;  Mai perdere di vista il vero decisore e aggiornare costantemente la documentazione da inviare;  Nell’argomentare il tema, partire sempre dall’interesse generale della comunità e dall’interesse del decision maker, mai da quello dell’organizzazione;  Tenere conto delle specificità dei diversi decisori e del gruppo di appartenenza;  Informare costantemente anche i pubblici influenti;  Porsi sempre l’obiettivo di ottenere dal decisore una posizione corretta, non “favorevole”;  Il professionista è solamente una delle tantissime fonti di informazione del decisore pubblico;  Se non desiderate che una frase, un commento o una notizia vengano utilizzate impropriamente, non fatene menzione, neppure in via confidenziale. Mazzoni riprende parte delle caratteristiche enunciate da Muzi Falconi, seppur proponendo un elenco più ristretto, frutto di interviste agli operatori di settore. In tutti gli elenchi vi è sempre spazio per inclusioni. Mazzoni non si discosta da questa prassi e, agli elementi di cui sopra, ingloba il non promettere mai ciò che non potrà essere realizzato (una regola ferrea delle RP) poiché il successo di qualsiasi tattica individuata dal lobbista dipende da un’accurata analisi delle risorse a disposizione per raggiungere 28 Rubin, op. cit. p. 140.
  • 25. 25 l’obiettivo. A ciò, si aggiunge l’interazione anche con i collaboratori del politico di riferimento. La credibilità e la fiducia tra il lobbista e il politico dipendono anche dalla capacità del primo di saper costruire un rapporto con gli uomini di fiducia del secondo. Infine, propone un must per il professionista dei public affairs: divenire una fonte per il decisore pubblico, ma senza incorrere in sorprese. Il politico detesta gli eventi inattesi, in particolar modo le notizie che lo mettono in cattiva luce. Il lobbista diventa una fonte del politico se gli fornisce informazioni sicure, chiare, semplici che lo agevolano nella sua attività. La necessità della già citata relazione di fiducia costringe il lobbista ad una conditio sine qua non, ovvero un aggiornamento costante sull’evoluzione normativa e scientifica del problema trattato, utile anche per meglio pianificare ed aggiornare la propria strategia di influenza. «L’autorevolezza del lobbista, da cui dipende molto del successo della sua azione, discende dalla sua credibilità che, a sua volta, è essenzialmente connessa alle conoscenze possedute sulla questione sostenuta». La perizia nella comunicazione non è semplice da conseguire. La pratica è indubbiamente il miglior modo per ottenerla. Pur tuttavia, parlare di “abilità di comunicazione” espone al rischio di essere vaghi. Stefano Rolando e Stefania Romenti29 hanno però chiaro il concetto, secondo il quale il buon comunicatore deve preoccuparsi di:  Rendere espliciti gli interessi rappresentanti e gli obiettivi perseguiti, spiegarli e argomentarli con precisione;  Rendere note e certe le fonti di tutto il materiale trasmesso all’interlocutore pubblico;  Utilizzare il linguaggio del soggetto istituzionale, tenendo presente che esso è ricco di simbolismi e di formalità;  Catalizzare l’ascolto e l’attenzione dei decisori pubblici;  Dare buona visibilità alle informazioni capaci più di altre di modificare opinioni, atteggiamenti e decisioni;  Rendere percepibili e apprezzabili per il decisore pubblico i “vantaggi” dello scambio. 29 Rubin, op. cit., p. 140.
  • 26. 26 Il lobbista è, in aggiunta, un attento studioso del processo decisionale, del contesto istituzionale (e della sua evoluzione), della letteratura scientifica presente sull’argomento di suo interesse e soprattutto del suo interlocutore (il decisore). Conoscere il proprio interlocutore (ascoltarlo) permette di capire quali siano gli argomenti da trattare e quali da evitare, quali gli obiettivi che l’interlocutore potrebbe appoggiare e quali, invece, potrebbe evitare. È importante, inoltre, conoscere la sua storia personale, l’istituzione in cui lavora e ha lavorato, le sue preferenze, le sue idee. A tale scopo il lobbista può sfruttare l’enorme banca dati rappresentata da internet. Si genera, conseguentemente, un profilo per ognuno degli interlocutori. Le informazioni raccolte saranno utili per rompere il ghiaccio e p instaurare fin da subito un buon feeling: «Gli uomini (e le donne) – scrive Paolo Zanetto30 - apprezzano chi conosce le loro attività, i loro successi e chi presta interesse alle loro idee. Il protagonista della relazione è sempre il nostro interlocutore e mai noi stessi, quindi prepararsi, prepararsi e ancora prepararsi». Arrivare preparati ad un incontro istituzionale significa avere ben chiare la value proposition31 che si vuole trasmettere al proprio interlocutore. È utile in queste circostanze allestire dei documenti allo scopo. Gli appunti devono esprimere un concetto e niente di particolarmente complesso. Deve essere una sorta di aggancio che permetta di essere rielaborato in incontri successivi o in momenti “operativi” e non solo relazionali. La differenziazione appena riportata non è casuale. È invece basilare. Spiega Zanetto: «Soprattutto i primi incontri devono avere, il più possibile, una natura relazionale. Sono momenti in cui ci si conosce e si illustrano le proprie posizioni e si cerca di capire quali sono le opportunità per essere utili gli uni agli altri. Gli incontro operativi – prosegue – non solo possono essere allargati alla presenza di persone e staff ma hanno appunto la finalità di affrontare in dettaglio problemi specifici». Il lobbista è perfettamente consapevole della moltitudine di appuntamenti nell’agenda del politico di riferimento. Ecco perché gli incontri non durano mai eccessivamente, a meno che non sia l’interlocutore a condurre l’incontro in tale direzione. Considerando in anticipo la 30 Cattaneo, Zanetto, op. cit., p. 164. 31 Insieme delle strategie aziendali in termini di prodotti, prezzi, luoghi, servizi e immagini.
  • 27. 27 durata dell’incontro, il lobbista segna i pochi punti da trattare. Come diceva J.F. Kennedy, «tre fogli e dieci minuti». Un altro elemento da considerare è il luogo dell’incontro. La maggior parte di questi avviene, normalmente, all’interno degli uffici degli esponenti politici. Nulla vieta, soprattutto per i successivi incontri, di cambiare location, in modo da creare un’atmosfera più confidenziale. «Dai campi da golf ai ristoranti di lusso, sono molti i luoghi di seduzione dei lobbisti. Ma al di là dell’aspetto aneddotico è importante che i primi contatti siano agevolati da un contesto che renda unica l’esperienza e contribuisca a rinforzare la reputazione e il prestigio di chi ha organizzato l’incontro»32 . Non bisogna dimenticare, infatti, che il lobbista sta costruendo l’immagine dell’azienda, tanto quella rappresentata quanto la propria. Competenze giuridiche, comunicative, manageriali, strategiche. Che altro? Manca quella che, con ogni probabilità, è la caratteristica più importante, alla luce del contesto in cui il lobbista si trova ad operare: l’Italia e i suoi pregiudizi. I lobbisti che si occupano di public affairs non possono non disporre di un codice etico di fondo. Sono almeno sei i valori etici che devono costituire un fermo punto di riferimento:  Democrazia degli interessi: gli interessi pubblici e privati devono poter essere tutti rappresentati, sostenuti e argomentati presso le istituzioni pubbliche. Per fare in modo che il processo decisionale pubblico si ispiri ai principi della democrazia e del pluralismo non devono esistere interessi marginalizzati o presi in considerazione in maniera inadeguata;  Equilibrio tra governabilità e partecipazione: le istituzioni pubbliche devono ascoltare la maggior parte degli interessi in gioco in un processo decisionale (partecipazione), giungendo in ogni caso alla decsione finale in tempi ragionevoli e accettabili per il buon funzionamento della società civile (governabilità). Un’azione civica può essere svolta attraverso le attività di public affairs in quanto esse non hanno lo scopo esclusivo di tutelare gli interessi economici dei soggetti che li esprimono, ma anche di rappresentare quelli sociali e di esercitare il controllo sull’attività delle istituzioni pubbliche;  Manifestazione privata del pubblico interesse: i soggetti privati devono concorrere, insieme a quelli pubblici, alla tutela di diritti, valori e interessi di 32 Cattaneo, Zanetto, op. cit. p. 165.
  • 28. 28 pubblica utilità. Il pubblico interesse non deve essere relegato all’esclusiva sfera d’azione delle istituzioni;  Esercizio del pluralismo degli interessi: questo deve essere incentivato dalle istituzioni pubbliche che dovrebbero spingere tutti i portatori di interesse ad argomentare le proprie posizioni in nome di un pluralismo che deve essere rispettato;  Diritto di legittima tendenziosità: ciò vale all’interno dei confini posti dalla legge. Essere tendenziosi non significa però non essere veritieri. La credibilità dell’interesse rappresentato e del singolo professionista sono valori fondamentali da salvaguardare. La fusione di tutte queste caratteristiche enunciate finora rendono delineabile in forma pressoché completa il profilo del lobbista. È un esperto, prima di tutto: conosce alla perfezione il processo decisionale, le issue che rappresenta e l’organizzazione per cui lavora. Secondo Mazzoni «il lobbista è come il girasole, si muove là dove c’è il sole, cioè dove c’è il potere e lì concentra la pressione politica». Ma, forse, il concetto che meglio delinea l’azione del lobbista è fornito da Joseph S. Nye jr: soft power. Il termine indica la capacità di ottenere i risultati che si vogliono con la forza delle parole dette, dell’attrazione prodotta, senza mai agire sulla costrizione. Esso si fonda sulla «capacità di condizionare le preferenze degli altri, affinché desiderino fare ciò che noi vogliamo che facciano»33 . È un’azione con cui si tenta di indurre qualcuno (il decisore pubblico) a fare ciò che si vuole che faccia tramite, soprattutto, risorse intangibili (le informazioni trasferite). 33 Mazzoni, op. cit. p. 112.
  • 29. 29 1.3 Gli attori L’attività di lobbying implica, come abbiamo visto, un’intensa interazione tra soggetti anche differenti accomunati però da un interesse su provvedimento normativo. Un’analisi sulla partecipazione al processo normativo porta all’individuazione di quattro tipologie di attori, raffigurate nello schema qui proposto in figura 1: FIG. 1: Gli attori delle relazioni istituzionali Dal punto di vista della classificazione degli attori, la letteratura di settore propone diversi modelli, più o meno elaborati, in cui il numero di coloro che sono coinvolti nell’azione di lobbying varia. Il modello in figura 134 è tanto semplice quanto completo 34 Invernizzi, op. cit. p. 200. MEDIATORI PUBBLICI INFLUENTI ISTITUZIONI PUBBLICHE PORTATORI DI INTERESSE
  • 30. 30 e ben identifica la tipologia di relazioni intercorrenti tra i diversi soggetti (definite anche graficamente dalla presenza/assenza del tratteggio). I portatori di interesse o stakeholder cercano un legame diretto con le istituzioni pubbliche, verso le quali vantano degli interessi diretti (per esempio, i produttori di sigarette costretti a inserire, sulle confezioni, gli avvisi dei danni provocati dal fumo). I portatori di interesse possono agire tramite i pubblici influenti e i mediatori. La loro azione, in particolare quella dei lobbisti, consiste, secondo lo schema proposto, nel supportare le prese di posizione palesate dai portatori di interessi presso le istituzioni pubbliche. I portatori di interesse possono quindi avvalersi del supporto della comunità locale o degli opinion leader (gli influenti) affinché rappresentino le istanze degli stakeholder presso le sedi istituzionali. 1.3.1. I portatori di interesse I portatori di interesse sono definiti come «quei soggetti che operano nel contesto in cui le istituzioni pubbliche assolvono alle proprie funzioni e che nutrono legittimi e specifici interessi di natura economica e sociale. Pertanto ogni cittadino, ogni organizzazione profit e non profit, ogni associazione può essere definito un portatore di interesse». Va comunque ricordato che gli stakeholder sono caratterizzati dalla piena consapevolezza del loro essere incisivi sulle scelte del legislatore. Di fatto, è da notare come non tutti i portatori di interesse siano da considerare protagonisti del processo di lobbying in quanto assumo un rilevanza strategica nel momento in cui gli interessi che rappresentano influenzano il processo politico e decisionale delle istituzioni pubbliche. A loro volta, i portatori di interesse possono essere suddivisi in quattro categorie come da figura 1.2:
  • 31. 31 FIG. 1.2: classificazione dei portatori di interesse ORGANIZZAZIONI PROFIT: appartengono a tale sottogruppo le imprese e i gruppi di imprese. La loro attività di lobbying è finalizzata alla rappresentanza degli interessi relativi al proprio business e al sostegno delle questioni di pubblico interesse. Molte aziende hanno, laddove possibile, instaurato contatti diretti con il decisore attraverso l’installazione di appositi uffici/divisioni di relazioni istituzionali per diminuire le distanze. È il caso di molte multinazionali europee e straniere, attive a Bruxelles per monitorare (tramite lobbisti interni o professionisti esterni) le attività all’interno della Commissione Europea e del Parlamento Europeo. ORGANIZZAZIONI NON PROFIT: rientrano nella suddetta categoria le associazioni che non vantano interessi economici. La loro attività è invece incentrata su tematiche sociali, quali la difesa dei diritti sociali, la tutela dell’ambiente. Altresì rappresentano soggetti accomunati da un particolare riferimento sociale e culturale o da uno specifico stile di vita (associazioni sportive, religiose o circoli culturali). GRUPPI DI INTERESSE: in questo ambito sono inclusi i soggetti organizzati su basi volontarie e accomunati da un interesse economico o sociale che intendono PORTATORI DI INTERESSE Organizzazioni profit Organizzazioni non profit Gruppi di interesse Istituzioni pubbliche
  • 32. 32 rappresentare esplicitamente presso le istituzioni pubbliche, al fine di esercitare una pressione sulle loro politiche decisionali. Tale pressione può essere svolta in molteplici modalità: offerta di informazioni (cosiddette forme deboli e/o convenzionali), manifestazioni, forme di protesta ed episodi di boicottaggio35 (forme di azioni forti e/o non convenzionali). Nel corso del XX secolo sono state fornite più definizioni di tale categoria. Secondo Bentley (1908), il quale pone l’enfasi sull’interesse rappresentato, «un gruppo coincide con ogni sezione della società che agisca o tenti di agire». Gruppo e attività di gruppo sono termini equivalenti, con una differenza soltanto di tono, utile meramente per chiarezza di espressione. Non vi è gruppo senza un proprio interesse. Anzi, un interesse, nell'accezione proposta da Bentley, è l'equivalente di un gruppo: il gruppo e l'interesse non sono separati. Essi sono una cosa sola, cioè molti uomini legati insieme in o da una certa attività. Ne consegue un'identificazione di fondo tra gruppo, attività e interesse, il quale ultimo è esteso a indicare tutti i gruppi che partecipano al processo sociale in vista del perseguimento di una qualunque finalità empirica. Parafrasando Truman (1951), «Qualsiasi gruppo che, sulla base di atteggiamenti condivisi, presenta domande ad altri gruppi della società», optando invece per un’enfasi sull’atteggiamento manifestato. Il gruppo d'interesse è dunque visto come un gruppo di atteggiamenti condivisi che porta avanti certe rivendicazioni rispetto ad altri gruppi della società. A loro si discostano Gabriel Almond e Bingham G. Powell36 : «Individui legati da comuni preoccupazioni e interessi, che sono consapevoli di questo legame» (enfasi sull’appartenenza). È comunque possibile disporre di una definizione empirica: «Un insieme di persone, organizzate su basi volontarie, che mobilita risorse per influenzare le decisioni e le conseguenti politiche pubbliche». Il gruppo di interesse si basa su:  Organizzazione del gruppo (di solito) formalizzata da apposite norme;  Aggregazione volontaria;  Partecipazione libera. 35 Le modalità di attuazione del lobbying saranno proposte nel paragrafo 1.4 36 Autori, nel 1978, di uno studio sul sistema politico.
  • 33. 33 La classificazione dei gruppi di interesse avviene su una quadrupla ripartizione:  Struttura organizzativa;  Modalità di azione;  Obiettivi;  Risorse. Gli stessi Almond e Powell hanno attuato una frammentazione dei gruppi di interesse, ripresa da Invernizzi e proposta in figura 1.3: Figura 1.3: suddivisione dei gruppi di interesse di Almond e Powell. GRUPPI DI INTERESSE Anomici Non associativi Istituzionali Associativi
  • 34. 34 GRUPPI DI INTERESSE ANOMICI: appartengono a tale categoria i comitati spontanei, attivi soprattutto in casi di disagio e di malcontento in seguito ad una determinata decisione pubblica. (Es. Comitato no TAV in Val di Susa, comitato di Acerra contro la costruzione del termovalorizzatore). GRUPPI DI INTERESSE NON ASSOCIATIVI: non sono organizzati da un punto di vista istituzionale, pur essendo caratterizzati da un interesse in comune come la religione, l’etnia, la razza, la religione, la lingua, la regione, l’occupazione o forse legami di sangue e di discendenza (Es. la comunità ebraica). GRUPPI DI INTERESSE ISTITUZIONALI: associazioni nate per svolgere funzioni politiche e sociali diverse dalla rappresentanza degli interessi dei propri membri, ma che sono pronte a farlo all’occorrenza (Es. le fondazioni e le associazioni politiche, per esempio “Il circolo del buon governo” del senatore Marcello Dell’Utri). GRUPPI DI INTERESSE ASSOCIATIVI: associazioni costituite con il preciso scopo di rappresentare gli interessi dei propri membri, quali le associazioni di categoria (Confindustria), territoriali e professionali37 . Non è sempre detto che i diversi gruppi abbiano degli interessi comuni. Si può infatti verificare una situazione in cui vi sia un solo interesse in comune, con un’ampia divergenza su molti altri. I gruppi di interesse possono allora creare un’alleanza/coalizione, dando così vita ad una issue network of influence. La teoria pluralista dei gruppi elaborata da Arthur Fisher Bentley ha, con i suoi concetti, supportato l’azione degli stessi e ne ha riconosciuto l’efficacia grazie a tre caratteristiche:  Equilibrio: la pluralità dei gruppi garantisce equilibrio fra forze contrastanti. La sfida dei gruppi attivi porta alla mobilitazione dei gruppi latenti 37 Un esempio è rappresentato dall’American Association of Retired Persons, che raggruppa negli USA oltre 34milioni di membri tra anziani e pensionati. L’associazione si avvale di uno staff a Washington di 400 persone che coltivano le relazioni con il Congresso americano.
  • 35. 35  Socializzazione: la vita nelle associazioni educa all’interazione con gli altri. Le appartenenze multiple facilitano la tolleranza reciproca  Autonomia della società dallo stato: i gruppi esprimono la capacità della società di organizzarsi dal basso. La funzione essenziale dello Stato è la mediazione fra i diversi interessi Mentre la teoria pluralista sostiene l’efficacia dei gruppi, Mancur Lloyd Olson, Jr.38 , nei suoi studi di settore, ha criticato tale modus operandi, sostenendo la difficoltà, per i gruppi di interesse, a rappresentare i propri interessi. A supporto della sua tesi, Olson ha sviluppato una critica fondata su tre istanze:  I gruppi a difesa di interessi generali sono difficili da organizzarsi a tutto vantaggio dei gruppi a difesa di interessi particolaristici;  La mobilitazione di risorse e l’emergere di imprenditori dell’azione collettiva sono più facili fra individui ricchi di risorse materiali più istruiti e in un alto reddito. La capacità dei gruppi di organizzarsi varia quindi a seconda delle risorse;  Le coalizioni (di interessi) a fini distributivi abbassano la capacità di una società di adottare nuove tecnologie e di riallocare risorse in risposta al mutare delle condizioni, riducendo il tasso di crescita economica. La loro crescita accresce la complessità della regolazione, il ruolo dello Stato e la complessità delle intese e modifica la direzione dell’evoluzione sociale. Ciò che invece sembra apportare i risultati migliori è il concetto di Neo- corporativismo, coniato da Philip Schmitter39 (1974) in opposizione alla teoria pluralista. Il concetto prevede un sistema di rappresentanza di interessi dove le unità 38 1932 – 1998, economista e scienziato sociale statunitense. Lavorò presso l'Università del Maryland, College Park. Sono di primaria importanza i suoi contributi alla teoria della scelta pubblica, nonché all'economia istituzionale, sul ruolo della proprietà privata, l'imposizione fiscale, i beni pubblici, l'azione collettiva e i diritti di contrattazione nello sviluppo economico. 39 Professore di scienze politiche e sociali, Istituto universitario europeo, Firenze.
  • 36. 36 costitutive sono organizzate in numero limitato di categorie non competitive, strutturate gerarchicamente, differenziate funzionalmente, riconosciute, se non organizzate dal governo, non competitive tra loro, che esercitano complessivamente il monopolio della rappresentanza. Invernizzi (2006) include all’interno dei portatori di interesse anche le stesse istituzioni pubbliche poiché queste possono dare vita a relazioni inter-istituzionali di tipo orizzontale (stesso ambito di azione, per es. due ministeri) o verticale (ambiti diversi, per es. il rapporto Governo – Regione). Si è parlato, finora, di gruppo/i di interesse/i., spesso confuso con «gruppo di pressione». È d’obbligo una precisazione: il gruppo di pressione è riconosciuto dal potere decisionale, a differenza del gruppo di interesse. Facchetti e Marozzi40 offrono un ampio elenco di nominativi di soggetti attivi (gruppi di pressione e gruppi di opinione) nel panorama nazionale italiano:  Confindustria;  Fiat, Eni, Enel;  Rappresentante degli interessi delle attività regolamentare: Farmindustria, Abi, Ania, Confservizi;  Cigl, Cisl, Uil;  Lobby-istituzione: Banca d’Italia, Autorities, associazioni dei magistrati;  Coldiretti fino agli anni Ottanta (in quanto considerata allora come l’unica lobby ufficiale in Italia41 ) e le lobby parlamentari “insider”;  Associazioni ambientaliste;  Lobby trasversale meridionalistica;  Regioni ed enti locali;  Rappresentanze UE;  Lobby mediatiche: «Porta a porta»; «Il Corriere della Sera»; «Repubblica»; «Il Sole 24 Ore»42 . 40 Facchetti, Marozzi, op. cit. p. 235. 41 Master MICRI, op. cit. p. 12.
  • 37. 37 1.3.2. Mediatori La categoria dei mediatori raggruppa tutti quei soggetti che fungono da “ponte” di collegamento tra i portatori di interessi e il decisore pubblico. Attraverso l’analisi delle tematiche care agli stakeholder sono in grado di rapportarsi con le istituzioni pubbliche, incidendo sulle loro politiche decisionali. Il lobbista rappresenta il mediatore più importante ma lo stesso ruolo di influenzatore può essere esercitato anche da media, i centri di studi e di ricerca e le società che svolgono sondaggi di opinione. Questi ultimi soggetti, inoltre, possono apportare importanti contributi conoscitivi al lobbista, implementando la sua strategia di comunicazione, a beneficio della corretta capacità di argomentazione e persuasione. Dal canto loro, i media possono rappresentare un valido alleato in quanto, veicolando i messaggi provenienti dalle organizzazioni (stakeholder), divengono delle vere e proprie casse di risonanza, veicolando le azioni del decisore pubblico. L’uso dei media stessi, inoltre, può essere consigliato dai mediatori: creando e diffondendo informazione, infatti, si può ottenere consenso, che il legislatore non può ignorare. Altresì fondamentale è il ruolo ricoperto dai centri di studi e di ricerca. Non solo forniscono dati oggettivi ma gli stessi ricercatori sono prova di garanzia della veridicità delle informazioni raccolte e il vantaggio di essere super partes non li sottopone alla diffidenza delle istituzioni pubbliche, a differenza di quanto potrebbe accadere ad un lobbista. Accanto alla categoria dei mediatori si posizionano i pubblici influenti. A differenza dei mediatori, sono rappresentati dagli opinion leader, dalle comunità locali e territoriali. La loro azione può incidere sull’operato delle istituzioni, andando ad accelerare o a ritardare l’iter dei provvedimenti legislativi. 42 Gli autori fanno notare che si è giunti all’espressione “partito di Scalfari” e “partito di Mieli”, rispettivamente direttori di Repubblica e Corriere della Sera.
  • 38. 38 1.3.3. Le istituzioni pubbliche Le istituzioni pubbliche sono costituite dai soggetti delegati alla stesura dei provvedimenti legislativi che hanno un impatto diretto sul business e l’attività degli soggetti portatori di interessi. Le istituzioni possono operare su livelli differenti:  Ambito territoriale: Regioni, Province, Comuni, comprensori e comunità montane, aziende di pubblico servizio (Asl), aziende municipalizzate;  Ambito nazionale: Parlamento (Camera dei Deputati, Senato della Repubblica e le relative Commissioni permanenti), Governo, Magistratura, Authority;  A livello comunitario: Commissione Europea, Parlamento Europeo, Consiglio Europeo, Comitato economico e sociale, Comitato delle Regioni;  A livello internazionale: Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), Banca Mondiale. Le organizzazioni che monitorano i diversi livelli devono provvedere ad una gestione integrata delle stesse al fine di individuare le coerenze e le sinergie esistenti tra i diversi ambiti. In aggiunta, la gestione integrata consente di avere una visione d’insieme utile a cogliere le interconnessioni tra gli ambiti e monitorare con più efficacia l’intero iter dei processi normativi e regolamentativi. Al di là della conoscenza di tali livelli operativi, il bagaglio culturale del professionista dei public affairs deve contenere due fondamentali elementi:  Conoscenza dell’iter legislativo di un provvedimento  Capacità di identificazione del decisore di interesse. Comprendere il processo che porta all’esame di un testo legislativo consente al lobbista di stabilire i tempi di intervento della sua azione. Non serve a nulla, infatti, intervenire una volta che una Commissione parlamentare ha esaminato gli emendamenti e licenziato il testo, prossimo all’esame dell’Aula. In relazione al processo di identificazione, il lobbista deve capire chiaramente quali possono essere i soggetti che possono supportarlo nell’azione di lobbying. Non è detto, infatti, che il primo firmatario di una proposta di legge sia di fatto il soggetto su cui focalizzarsi.
  • 39. 39 1.4 L’azione di lobbying Come abbiamo visto dai paragrafi precedenti, l’azione di lobbying coinvolge determinate categorie di soggetti. Ma, affinché il processo si generi, è fondamentale la commistione di altre componenti che Alberto Cattaneo e Paolo Zanetto hanno definito “le quattro i” (Figura 1.4):
  • 40. 40 Figura 1.4: le quattro i del lobbying L’azione di lobbying prende avvio con la manifestazione di un interesse inerente un preciso ambito (issue). L’istanza viene rappresentata presso le istituzioni (institution) alle quali il lobbista fornisce delle informazioni (information) al fine di rappresentare e sostenere gli interessi (interest) vantati dagli stakeholder nei confronti di un provvedimento legislativo.
  • 41. 41 Al fine di scuotere l’attenzione del legislatore, il lobbista può disporre di un’ampia strumentazione, strutturata secondo tre distinte tipologie: gli strumenti di back office, gli strumenti di comunicazione esclusivi, gli strumenti di comunicazione non esclusivi43 . 1.4.1 Gli strumenti di back office Gli strumenti di back office consentono al lobbista di effettuare le fasi di monitoraggio, l’interpretazione del contesto istituzionale e la selezione degli interlocutori principali. Nel momento in cui viene presentata una proposta di regolamentazione (legge o decreto che sia) che coinvolge l’azienda cliente, è necessario controllarne quotidianamente l’iter: dall’annunciazione all’esame e conseguente votazione, passando per l’assegnazione alla Commissione competente, che opera in sede referente44 . Alla proposta di legge è ovviamente legato il nome del primo firmatario e dei cofirmatari. I nominativi devono essere contenuti all’interno di un database di contatti al fine di un costante aggiornamento degli stessi. Vengono così tracciati dei profili dei soggetti di interesse e un loro studio consente, in una fase successiva, un approccio più facilitato. Nel database figura, in aggiunta, un elenco di influenti (giornalisti, opinion leader). Per monitorare l’iter legislativo, il lobbista si affida ai siti istituzionali della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, al cui interno sono pubblicati il calendario dei lavori istituzionali (Figura 1.5), l’ordine del giorno, i resoconti45 dell’Aula (Figura 1.6) contenenti anche gli allegati A e B46 . All’interno dei siti menzionati sono quindi reperibili i calendari delle Commissioni (Figura 1.7), i loro resoconti e gli allegati 43 Invernizzi, op. cit. p.222 e seg. 44 È la Commissione deputata all’analisi e al licenziamento del testo che viene quindi sottoposto all’esame dell’Aula. In taluni casi la Commissione può operare in versione legislativa. Le Commissioni possono altresì operare in sede redigente, legislativa e consultiva. 45 I resoconti sommari contengono un riassunto dei lavori. 46 Contengo gli atti di indirizzo e controllo, quindi mozioni, interrogazioni, interpellanze.
  • 42. 42 annessi. Tra gli strumenti di back office troviamo inoltre il calendario degli eventi pubblici (inaugurazioni, comizi, partecipazioni a convegni, incontri) e le mappe dei rapporti di potere (curate dall’azienda di lobbying). Figura 1.5: la pagina dei lavori istituzionali del sito della Camera dei Deputati Figura 1.6: la pagina dei resoconti del sito della Camera dei Deputati
  • 43. 43 Figura 1.7: il calendario dei lavori delle Commissioni della Camera dei Deputati 1.4.2 Strumenti di comunicazione esclusivi All’interno della seconda categoria sono contenuti i documenti il cui accesso è strettamente riservato e la cui conoscenza è limitata esclusivamente ai professionisti dei public affairs, le aziende clienti e il decisore pubblico. Nello specifico:  Position (o positioning) paper: è un documento al cui interno è riassunta la posizione dell’azienda nei confronti di una determinata politica di pubblico interesse. L’elaborato è teso ad informare il decision maker e a influenzare l’opinione pubblica al fine di mobilitarla nei confronti del legislatore. Invernizzi ricorda che «anche se può essere diffuso all’interno dell’organizzazione, ai dipendenti, ai collaboratori o agli azionisti, il position paper è essenzialmente un documento a uso esterno destinato ai decisori e ai loro influenti nonché ai giornalisti e all’opinione pubblica». Il documento deve essere di facile lettura e contiene, di solito, a) una descrizione del tema; b) il probabile impatto sull’organizzazione della scelta normativa c) proposte alternative d) sostenitori delle proposte alternative e) nominativi dei politici da contattare;
  • 44. 44  Dossier: è un documento ad uso esterno in cui vengono analizzate le posizioni dei decision maker e degli influenti su una specifica questione e sono raccolti gli argomenti e i dati a supporto della tesi sostenuta dall’organizzazione;  Policy brief: è un documento interno che fornisce una maggiore conoscenza/comprensione della issue specifica e che individua le diverse posizioni in campo. Si fonda sull’analisi dei media, degli atti legislativi, delle dichiarazioni rese dai protagonisti del processo decisionale. Spesso il policy brief è affiancato al dossier;  Testi tecnici: sono documenti forniti dal lobbista al parlamentare di riferimento. A tale tipologia si collegano le bozze di proposte di legge, di decreti o di emendamenti oppure di interrogazioni parlamentari. Al fine di far presentare un'interrogazione parlamentare occorre individuare la Commissione parlamentare competente sulla problematica trattata e prendere contatto con il capogruppo della Commissione per convincerlo della validità delle argomentazioni addotte. È quindi necessario indirizzare il parlamentare mediante una documentazione precisa, completa e ben strutturata. Maggiore sarà il numero di parlamentari che sottoscrivono l’interrogazione, possibilmente di partiti diversi, maggiore sarà l’efficacia di tale azione di comunicazione;  Playbook: è un documento di presentazione dell’organizzazione e delle tematiche della stessa con la descrizione della posizione presa e degli interessi rappresentati. Può essere consegnata al decisore pubblico durante gli incontri personali. Già in sede di richiesta di colloquio, comunque, l’azienda propone un breve profilo di se stessa;  Audizioni parlamentari: le audizioni consistono in un incontro tra organizzazione e parlamentari. Le organizzazioni che fanno richiesta di audizione (o che sono invitate a presentarsi) possono manifestare la propria posizione. Possono essere di tipo informale. Oltre che in Aula, le audizioni si possono svolgere anche a livello di Commissione47 . Le audizioni presentano due particolari criticità: la possibilità per il relatore di non poter replicare alle 47 È il caso dell’ad di Fiat, Sergio Marchionne, ascoltato a marzo 2011 dalle Commissioni IX (Traporti) e IX (Attività Produttive) della Camera dei Deputati.
  • 45. 45 obiezioni mossegli al termine del suo intervento (ragion per cui è bene prevedere le obiezioni nel testo dell’audizione) e la loro calendarizzazione (a seguito del fitto calendario dei lavori parlamentari);  Incontri diretti con i decision maker: sono gli incontri vis-a-vis per i quali è bene osservare delle regole precise48 : o Fornire informazioni obiettive, aggiornate e “di prima mano”, senza nascondere a nome di quali interessi si parla o Esporre interamente i fatti, compreso il punto di vista di eventuali concorrenti, fornendo appropriate controargomentazioni o Essere preparati nel dettaglio sul tema da discutere al fine di essere in grado di rispondere ad eventuali domande di approfondimento o Programmare l’incontro con largo anticipo o Essere brevi così da concedere la possibilità di svolgere domande o Spiegare separatamente ogni argomento quando la materia è complessa o Organizzare una visita del decisore pubblico presso la propria organizzazione o Essere corretti, educati e attenti o Essere personalmente convinto di quello che viene sostenuto e argomentato o Persuadere attraverso la presentazione oggettiva dei fatti e considerando le motivazioni del decisore pubblico (soft-selling), evitando di arrivare alla pressione psicologica, all’eccessivo coinvolgimento emotivo, alla minaccia (hard-selling) 1.4.3 Strumenti di comunicazione non esclusivi All’interno della presente categoria rientrano numerosi strumenti tradizionali delle relazioni pubbliche.  Newsletter: consente un contatto periodico con i principali interlocutori così da fornire loro aggiornamenti sull’evoluzione delle tematiche di interesse 48 Invernizzi, op. cit. p.224 e seg.
  • 46. 46 dell’organizzazione. Ai fini di una campagna informativa, la newsletter può rivolgersi ad importanti interlocutori istituzionali rappresentanti delle forze politiche, sociali ed educative;  Ricerche e studi: possono essere svolti all’interno o commissionati ad istituti di ricerca esterni. Possono avere come oggetto dei contenuti tecnico-scientifici o dei sondaggi di opinione. La loro utilità deriva dai dati contenuti con i quali l’organizzazione avvalora la propria tesi nei confronti del decisore. Il miglior lobbista è colui che fornisce le migliori informazioni, cioè efficaci nel convincere il legislatore della necessità che una decisione vada presa e nella direzione voluta dall’organizzazione (Grunig, Hunt, 1984)  Gestione delle relazioni con i media: i media possono rappresentare un prezioso alleato, oltre che una vera e propria cassa di risonanza. Veicolando le istanze di un’organizzazione i media possono sollecitare l’opinione pubblica, esponendo il legislatore al giudizio del pubblico e costringendolo a modificare il calendario dei lavori. Tra i principali strumenti dei mass media si citano: o Articoli o Studi e ricerche o Lettere ai giornali o Interviste o Dichiarazioni dell’organizzazione o Comunicati stampa o Conferenze stampa o Press briefing o Partecipazioni ai programmi televisivi  Organizzazione di eventi: troviamo i convegni, i workshop, i dibattiti e le tavole rotonde. La loro funzione è duplice: sensibilizzare, mediante il coinvolgimento diretto, i decisori pubblici e i loro influenti; sensibilizzare l’opinione pubblica sulle problematiche e sulle posizioni dell’organizzazione (sfruttando l’effetto “cassa di risonanza” prodotto dai media);  Sponsorizzazione di manifestazioni e iniziative artistico-culturali: hanno un ruolo sociale per l’organizzazione in quanto contribuiscono al miglioramento
  • 47. 47 della propria immagine49 . Campagne di pubblicità istituzionale: rientrano in questo settore sia le campagne di comunicazione per promuovere i propri interessi sia quelle utilizzate per comunicare direttamente con i decisori pubblici. Tra le prime figurano le iniziative a carattere divulgativo per presentare gli obiettivi e gli interessi dell’organizzazione. Le secondo comprendono iniziative di comunicazione finalizzate a suscitare l’attenzione dei decisori pubblici e dell’opinione pubblica pubblicando, in spazi pubblicitari appositamente acquistati, “lettere aperte” o condurre vere e proprie campagne di pubblicità istituzionale per sostenere le posizioni dell’organizzazione. Agli elementi citati da Emanuele Invernizzi si affiancano, inoltre, diversi strumenti, citati da Giampietro Vecchiato50 :  Mappa delle issue e issue analysis: considerate dallo scrivente quali strumenti di back office, sono documenti che offrono una sintetica descrizione della issue, delle normative, degli atti/decisioni in corso, dei sostenitori/oppositori, delle opzioni possibili e delle finalità. Per ogni questione all’ordine del giorno sono da individuare i gruppi di interesse attivi, il loro grado di coinvolgimento, le capacità operative e di mobilitazione, il potere di influenza;  Pareri pro veritate: sono pareri realizzati da giuristi, costituzionalisti e/o esperti del settore di riferimento in merito alle questioni che possono apparire dubbie sul piano legale e costituzionale. Servono a confermare la fondatezza delle tesi sostenute dall’organizzazione, come supporto alla propria posizione, come argomentazione integrativa autorevole per comunicare con i media;  Cause legali: è una pratica poco utilizzata in Italia. Le cause legali vengono spesso usate per sfruttarne l’effetto annuncio con l’obiettivo di ottenere la sospensione di un provvedimento della pubblica amministrazione. Le azioni legali comprendono: 49 Esempi celebri sono rappresentati dal restauro del Cenacolo di Leonardo (Olivetti) e la sponsorizzazione del Teatro alla Scala di Milano (Cariplo). 50 Vecchiato, op. cit. p. 148 e seg.
  • 48. 48 o Apertura di vertenze giudiziarie presso i tribunali (amministrativi e non) o Creazione di casse di risonanza durante il processo e dopo la sentenza se favorevole o Patrocinio a propri aderenti che aprano vertenze giudiziarie, possibilmente in numero elevato, sui temi di interesse dell’organizzazione o Assistenza tecnico-legale a propri aderenti che si impegnano in vertenze giudiziarie  Coalizioni: usate per allargare il fronte a sostegno di una determinata posizione. L’effetto prodotto permette di rafforzare l’influenza sui decisori pubblici e attribuisce alla questione specifica e di parte un carattere più generale;  Grass root campaigns: l’azione prevede la mobilitazione di una parte dell’opinione pubblica a fianco dell’organizzazione. È necessario che le persone mobilitate siano accomunate dalla stessa opinione e che siano disponibili a manifestarla (lettera, telefonata, cartolina, e-mail). In riferimento alle alleanze, Facchetti e Marozzi51 attuano una loro classificazione, distinguendole in alleanze numerose e molto rappresentative (si punta sulla quantità dei partecipanti) e alleanze ristrette ma con forti capacità di influenza e di “simbolizzazione” (al centro vi è la qualità). «L’interlocutore politico – ricordano – è molto sensibile alla forza di un endorsement apparentemente, o realmente, “neutrale”. La scelta legislativa o amministrativa, proprio perché ha bisogno, per essere convincente, di essere fatta nel nome dell’interesse generale, è molto più forte se sostenuta non solo dall’interesse di parte dichiarato, ma da chi apparentemente è portatore di una neutralità di giudizio». 1.5 L’azione di lobbying Abbiamo finora definito il lobbying e analizzato, in particolare, il professionista del settore. Definire questa attività solo come il tentativo di influenzare il decisore pubblico è assai limitativo in quanto il lobbista deve sapere coniugare tutti gli strumenti a sua disposizione. Il lobbying è sì l’esercitare una pressione sul legislatore ma è 51 Facchetti, Marozzi, op. cit. p. 241 e seg.
  • 49. 49 fondamentale, per chi la pratica, scegliere i mezzi più idonei e la tempistica in cui applicarli. In particolare, due sono le fasi critiche: l’esposizione al decision maker di un’informazione oggettiva e documentate e la corretta capacità di argomentazione e di persuasione. La teoria delle relazioni istituzionali propone differenti modelli di attuazione: i modelli adattivo, reattivi, proattivo ed interattivo; il lobbying diretto e indiretto. 1.5.1 I public affairs Il termine public affairs viene spesso utilizzato per indicare l'attività di fare pressione sulle istituzioni, quale sinonimo di lobbismo o relazioni istituzionali. Tuttavia per public affairs si devono intendere piuttosto tutte le attività strategiche di un'impresa dirette ai suoi numerosi stakeholder, ovvero a quello che il marketing chiama pre-mercato52. Si tratta di tutte quelle forze che direttamente o indirettamente creano il contesto competitivo nel quale l'azienda deve muoversi. Ovvero le regole del gioco. Una strategia di public affairs si basa sull'utilizzo sinergico di tutte queste leve, senza limitarsi alla sola attività di lobbismo. Le relazioni istituzionali senza la capacità di gestire in modo corretto le relazioni con i media, o le relazioni sindacali senza un’efficace comunicazione istituzionale, sono infatti degli strumenti spuntati che difficilmente sono in grado di produrre risultati. Così come esiste un marketing mix che amalgama e rende efficaci le leve di marketing, allo stesso modo l’azienda deve iniziare a programmare le sue strategie in termini di public affairs mix. La tabella di figura 1.8 può facilitare la comprensione del public affair mix: 52 Cattaneo, Zanetto, op. cit. pp. 4 e seg.
  • 50. 50 Soggetti del pre-mercato Attività di influenza Istituzioni pubbliche Lobbying/Relazioni istituzionali Comunità finanziaria Political intelligence Mass media Media relations Sindacati Relazioni sindacali Gruppi di opinione Marketing relazionale Grande pubblico Comunicazione istituzionale Comunità internazionale Business diplomacy Potere giudiziario e Authority Affari legali e regolatori Figura 1.8: il public affair mix 1.5.2 I quattro modelli di public affairs Alberto Pastore e Maria Vernuccio53 hanno identificato quattro tipologie di approccio alle relazioni istituzionali attuato dalle organizzazioni, classificate in base a due variabili: la loro complessità per l’organizzazione e il livello di interazione con le istituzioni pubbliche (Figura 1.9). Adattivo: Secondo tale approccio, l’organizzazione cerca solamente di adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente in cui essa opera. Subisce passivamente l’azione del legislatore senza tentare (per assenza di volontà o di risorse) di influenzarlo ex-ante. Che si affidi a dei professioni dei public affairs o al reparto di Relazioni Istituzionali, il risultato non cambia: l’unica azione prodotta è un semplice monitoraggio legislativo. Reattivo: l’azienda ha una reazione di fronte ad un cambiamento legislativo, senza averlo indirizzato nelle fasi preparatorie. Proattivo: è l’azienda a determinare il cambiamento legislativo, favorendo iniziative che tutelano (direttamente e non ) i propri legittimi interessi. 53 Pastore, Vernuccio, Impresa e comunicazione. Principi e strumenti per il management, seconda edizione. Apogeo, Milano, 2008.
  • 51. 51 Interattivo: l’impresa ha un dibattito costante con le istituzioni. È un interlocutore fondamentale e l’azione di influenza è assai efficace. Figura 1.9: i quattro approcci ai public affairs delle organizzazioni Mirko Rubin54 propone una seconda tipologia di schema del processo di public affairs. Non si può parlare di strategia, come nei quattro modelli, ma di un’utile analisi step-by-step riassunta in figura 1.10. Ascoltare e capire: il lobbista deve comprendere i bisogni dell’organizzazione, identificando ostacoli o facilitazioni derivanti dal sistema di relazioni con il decisore pubblico; Definizione degli obiettivi: si analizzano i rapporti dell’organizzazione con gli interlocutori pubblici. Di fatto, si esegue un’analisi SWOT; 54 Rubin, op. cit. p. 146 e seg. Interazione Complessità
  • 52. 52 Issue analysis: contiene le valutazioni di impatto del provvedimento legislativo nei confronti dell’organizzazione e le descrizioni dei possibili sostenitori e oppositori delle loro argomentazioni; Mappa del potere: contiene le diverse interconnessioni dei decision maker; Monitoraggio: si segue l’iter legislativo del provvedimento, con particolare attenzione rivolta ai soggetti politici coinvolti; Stesura del playbook: contiene approfondimenti specifici per ciascuna issue da proporre all’attenzione dei decisori e dei loro influenti; Gestione operativa: è la fase di programmazione degli incontri (personali e diretti). Alla gestione operativa sono collegate una serie di attività:  Monitoraggio permanente delle dinamiche, delle issue, dei decision maker;  Attività di reporting all’interno dell’organizzazione;  Contatti periodici con i decision maker ed i loro influenti; sviluppo e mantenimento dei contatti personali;  Studio ed interpretazione degli atti normativi  Incontri one-to-one con i principali influenti;  Stesura e aggiornamento della documentazione;  Aggiornamento del calendario: tempi operativi, tempi prevedibili, accelerazioni, frenate, accompagnamenti di un inter naturale;  Diffusione delle informazioni e iniziative di comunicazione per la promozione degli interessi dell’organizzazione;  Gestione delle emergenze. Verifica dei risultati: avviene tramite un monitoraggio costante per seguire le dinamiche delle relazioni con i decision maker. Vanno visionati eventuali cambiamenti di opinione, gli atteggiamenti ed i comportamenti del decisore pubblico.
  • 53. 53 Figura 1.10: le fasi del processo di public affairs 1.5.3 Le tre fasi del lobbying All’interno di una pratica di lobbying, le strategie adottate possono essere differenti e dipendono dalla necessità generatasi sul momento. Se ad una prima analisi il lobbista reputa il soggetto X quale migliore interlocutore per perseguire i propri obiettivi, può risultare invece necessario tessere una relazione con il soggetto Y a seguito di improvvisi cambiamenti (dimissioni di X, cambio di schieramento, abbandono di una Commissione ecc.). Se un’organizzazione deve adattarsi e rispondere ad un cambiamento, la stessa pratica deve essere attuata dal lobbista. Stiamo comunque parlando di particolari fasi dell’azione di lobbying. Più in generale, si possono evidenziare tre macro fasi: 1. fase della mappatura 2. fase nominale 3. fase della pressione. Verifica dei risultati Gestione operativa Playbook Monitoraggio Mappa del potere Issue analysis Obiettivi Ascolto
  • 54. 54 1. Fase della mappatura: il lobbista si concentra sullo scenario attuale. Ha già ricevuto l’incarico di rappresentare e tutelare gli interessi di un’organizzazione e, nel momento in cui il decisore propone l’adozione di un provvedimento, analizza a quale livello istituzionale avviene il processo (locale, nazionale o europeo). Inizierà quindi ad usare i primi strumenti a sua disposizione, andando a ricreare la mappa del processo decisionale, per poi tracciare l’iter legislativo a cui sarà sottoposto il provvedimento, prevedendo possibili cambiamenti della procedura55 . Il lobbista, inoltre, “ascolta” ed individua eventuali altri gruppi di interesse attivi sulla stessa materia al fine di vagliare l’ipotesi di alleanze. Se ciò non è possibile, sarà suo compito individuare i vari competitors, di norma mai assenti. L’analisi prodotta porta inoltre ad effettuare un’ulteriore valutazione: fattibilità dell’obiettivo o meno. Fallire un obiettivo comporta infatti un notevole danno alla reputazione e alla credibilità del lobbista. Nell fase della mappatura avviene la preparazione del position paper. 2. Fase nominale: gli obiettivi dell’organizzazione sono chiari, il quadro istituzionale è completo e i documenti sono stati redatti. È il momento di ricercare le persone strategiche da contattare. La ricerca dei nominativi, attorno a cui si concentra la fase nominale, è di notevole importanza. Non riguarda un mero elenco di persone (parlamentari, Ministri, sottosegretari, tecnici ecc.) ma un’attenta analisi dei possibili interlocutori in cui si ripercorre il loro excursus politico, dagli esordi fino ai tempi recenti. In gergo tecnico si parla di profili o bioprofile. La struttura (Figura 1.11) presenta uno schema di semplice lettura, con una prima parte dedicata agli aspetti biografici, preceduta sempre dalla carica occupata (prima informazione subito dopo il nome). Nella seconda parte viene rivissuta la carriera politica dell’interlocutore, andando ad analizzare la sua partecipazione nei partiti (o nel partito) di cui ha fatto parte, gli incarichi ricoperti negli enti locali ed, infine, il suo operato a livello nazionale o, eventualmente, europeo. Eventuali cariche o nomine possono facilitare la tracciatura e la comprensione delle mappe di potere. Vi è quindi un paragrafo aggiuntivo preposto alla raccolta di informazioni particolari sul soggetto in 55 Per esempio, l’esame di un testo in sede di Commissione legislativa.
  • 55. 55 questione, da cui si evincono particolari attitudini e idee su tema preciso. Per esempio, se un parlamentare è stato, in gioventù, un forte contestatore delle multinazionali, è molto probabile che lo sia anche nel momento in cui occupa una carica istituzionale. Le informazioni vengono estrapolate sempre da internet, che garantisce l’immediatezza dell’informazione. Non è detto, comunque, che il profilo redatto disponga di numerose informazioni, soprattutto se il parlamentare è giovane, alla prima Legislatura e con un background limitato. Discorso diametralmente opposto, invece, per le figure che possono vantare una lunga militanza a Palazzo Madama o a Montecitorio.
  • 56. 56 Bioprofile : XXXX yyyy Attuali cariche istituzionali: Deputato FLI. Dati biografici: Nato a Trieste il 24 settembre 1947. Laureato in Scienze della Comunicazione e Relazioni Pubbliche. Master in Comunicazione. Carriera politica Partito – Cresciuto politicamente in Alleanza Nazionale, di cui è stato coordinatore provinciale a Pordenone. Segretario regionale di FLI per il Friuli Venezia Giulia. Politica nazionale – Eletto per la prima volta alla Camera dei Deputati nel 2008. Nell’attuale XVI Legislatura è componente della IV Commissione Difesa. Nel 2010 ha lasciato il PDL per seguire Gianfranco Fini in FLI. Politica locale – Consigliere comunale a Pordenone dal 2000 al 2005. Eletto Consigliere regionale per il PDL – AN. Nel 2008 ha rassegnato le dimissioni per l’elezione alla Camera dei Deputati. Attività legislativa – Nell’attuale Legislatura ha presentato, come primo firmatario, la proposta di legge “Norme per la regolamentazione del contrasto della pirateria navale nelle acque territoriali”. Altro – Ha dichiarato di aspettarsi le dimissioni del Presidente Silvio Berlusconi per la sua presunta condotta immorale legata ai recenti scandali che hanno chiamato in causa ragazze minorenni. Figura 1.11: esempio di bioprofile
  • 57. 57 3. Fase della pressione: il lobbista interagisce con il decisore pubblico e gli fornisce le informazioni raccolte precedentemente. Le informazioni devono essere funzionali tanto al politico (per indirizzarlo verso la decisione da prendere bisogna «dire qualcosa di rilevante - spiega Paolo Zanetto - portandogli informazioni che non aveva») quanto al lobbista. Come avviene la costruzione del consenso? Per rispondere alla domanda si cita un’intervista raccolta da Marco Mazzoni56 : «Per prima cosa, chi fa lobby si accredita in prima persona, […] poi va sempre dichiarato per chi sta lavorando. Dopodiché, un argomento va portato avanti con dossier, position paper, […] questo fa il lobbista. […] Quando incontro il decisore, è il momento che cerco di far pressione su di lui; […] durante l’incontro devo essere in grado di illustrare in maniera sintetica e chiara qual è il problema, quali conseguenze può avere quel particolare atto normativo nei confronti del mio cliente, qual è la mia proposta. […] È molto importante mostrarsi convinti di quello che si sta proponendo e soprattutto far capire al politico che conosco a fondo la questione, che ho fatto delle ricerche, non dimenticando di indicare quali sono le mie fonti. Insomma, devo evitare che il mio interlocutore dica: “chissà perché devo credere a questo lobbista”…». L’azione di pressione ha maggiore probabilità di successo se è stato creato un rapporto di fiducia e gratitudine tra il lobbista e il suo interlocutore, ma la fiducia è legata ai modi e ai tempi in base ai quali il lobbista si muove. Qui entrano in gioco i contatti informali al di fuori degli spazi prettamente istituzionali. In questi casi è buona regola che gli interessi da tutelare non abbiano la precedenza assoluta. Il lobbista accorto sa che l’incontro è governato da una regola: il momento buono per fare appello al suo importante interlocutore è quando ne ha meno bisogno. È logico comunque che, una volta conclusi gli argomenti introduttivi per la reciproca conoscenza, il dialogo si focalizzi sullo scopo dell’incontro, ovvero lo scambio di informazioni. Come citato nei paragrafi precedenti, la sincerità e la qualità delle informazioni rivestono un ruolo fondamentale al fine della creazione di una relazione di fiducia. L’incontro non si conclude con una stretta di mano e un arrivederci in quanto prevede un naturale proseguo del dialogo. Il lobbista attua i principi delle relazioni pubbliche, curando nei minimi dettagli il rapporto interpersonale. Ogni segno di disponibilità del politico viene seguito da note personali di ringraziamento. Dopo che un incontro ha avuto luogo è 56 Mazzoni, op. cit. p. 117.