Panama Papers, una brevissima riflessione
L’affair Mossack Fonseca fa tremare i potenti e mette Panama “all’indice”. Ma solo pochi mesi fa, l’Agenzia delle Entrata orgogliosamente propagandava la ratifica della Convenzione Bilaterale Italia / Panama, quale altro grande successo del Governo.
“Mossack Fonseca” è una law firm che da quarant’anni opera a Panama, proponendosi come sede legale per svariate entità economiche, il cui dominus è interessato a mantenere il segreto sulle sue proprietà e a godere di un regime fiscale privilegiato.
1. Panama Papers, una brevissima riflessione
L’affair Mossack Fonseca fa tremare i potenti e mette Panama “all’indice”. Ma solo pochi mesi fa,
l’Agenzia delle Entrata orgogliosamente propagandava la ratifica della Convenzione Bilaterale
Italia / Panama, quale altro grande successo del Governo.
“Mossack Fonseca” è una law firm che da quarant’anni opera a Panama, proponendosi come sede
legale per svariate entità economiche, il cui dominus è interessato a mantenere il segreto sulle sue
proprietà e a godere di un regime fiscale privilegiato.
Per ammissione stessa dei titolari, lo studio panamense ha provveduto a costituire oltre 250.000
nuove società, senza contare le c. d. rilocalizzazioni (o ridomiciliazioni) di imprese già
precedentemente in attività in altri Stati, il cui numero è presumibilmente ancora più elevato.
Uno degli aspetti più interessanti di tale fiorente commercio societario risiede nel fatto che i
maggiori procacciatori di clientela sono sempre stati – non poteva che essere diversamente e,
d’altronde non è certo un segreto – i consulenti e i fiduciari degli istituti bancari svizzeri.
Si dice che l’era dei “paradisi fiscali” è finita; ebbene, forse non è del tutto vero.
Se lo studio Mossack Fonseca può permettersi di agire in tale maniera, evidentemente ciò accade
perché a Panama la cosa è assolutamente legale.
E come chiamare una nazione dove qualcuno può costituire una società in segreto e avere un
carico tributario irrisorio, se non “paradiso fiscale”?
La Repubblica di Panama applica il principio della fonte territoriale con carattere esclusivo nei
confronti di residenti e non residenti; dunque, sia le persone fisiche che le società sono tassate a
Panama per tutti i redditi ivi prodotti, indipendentemente da quale sia la loro nazionalità o la loro
residenza.
Ciò, evidentemente, presta il fianco a notevoli rischi elusivi relativamente ai redditi attribuiti dalle
“case madri” esterne, alle proprie controllate e/o stabili organizzazioni in loco.
Per evitare detti rischi, l’OCSE è intervenuto predisponendo – oltre al resto – un apposito Model
Tax Convention che:
- delimita in maniera assai dettagliata i parametri concernenti le stabili organizzazioni;
- prevede un rigido scambio automatico di informazioni tra le Giurisdizioni interessate.
Orbene, Panama non ha mai sottoscritto tale tipologia di convenzione con alcun Paese,
preferendo continuare a siglare trattati che ricalcano il Modello Convenzionale ONU, il quale,
manco a dirlo, sarebbe abbastanza in linea con quello OCSE se non fosse principalmente per le
seguenti due peculiarità:
I) la definizione di stabile organizzazione;
2. II) l’assenza di un obbligo relativo allo scambio di informazioni e il contenuto davvero
irrisorio dei dati che, nella peggiore delle ipotesi, potrebbero – e non dovrebbero –
essere scambiate (diciamo potrebbero e non dovrebbero, perché qualunque
Amministrazione esterna, per avere tali notizie, dovrebbe attivare il lungo processo
delle MAP – Mutual Agreement Procedures – senza avere assolutamente certezza della
quantità e qualità di dati ottenibili).
Perché, allora, l’OCSE aveva provveduto a rimuovere Panama dalla lista “grigia”, lo scorso 6 luglio
2011?
Con una nota diramata il 4 aprile, il Segretario Generale, Angel Gurría, si è affrettato a precisare
che:
Determinati provvedimenti erano stati doverosamente adottati in seguito all’impegno panamense
di uniformarsi gradatamente agli standard internazionali; ma che, poi, a questo impegno dovevano
seguire gli atti normativi concreti che Panama non ha viceversa mai varato.
Attraverso il Global Forum sulla trasparenza e lo scambio di informazioni, l’OCSE ha dunque
costantemente messo in guardia contro i rischi di Paesi come Panama che non rispettano gli
standard di trasparenza fiscale internazionale.
Solo poche settimane fa, inoltre, l’OCSE ha detto in sede di G20 che Panama ha fatto “retromarcia”
circa il suo impegno per lo scambio automatico di informazioni.
Le conseguenze del fallimento di Panama per soddisfare gli standard di trasparenza fiscale
internazionale sono, dunque, ora di dominio pubblico.
E cosa stava ascoltando il Ministro delle Finanze italiano, presente a tutti questi incontri, quando il
Segretario Generale dell’OCSE parlava in tali termini di Panama?
La risposta, temiamo, non la conosceremo mai.
Viceversa, è noto che, in questo panorama – a esser sinceri – assolutamente cristallino, l’Italia ha
pensato bene di recitare un ruolo da protagonista (così, tanto per non lasciarsi sfuggire l’occasione
di fare l’ennesima figuraccia internazionale), e ha, giusto qualche mese fa, provveduto alla ratifica
della Convenzione Bilaterale con Panama.
Atto fortemente stigmatizzato da chi scrive, il quale, in tempi assolutamente non sospetti (ossia,
ben prima che scoppiasse il caso “Mossack Fonseca”), aveva criticato tale notizia – e con essa le
tanto pompose quanto inappropriate sottolineature pubblicate dalla rivista telematica
dell’Agenzia delle Entrate, “Fisco Oggi” – nel pezzo titolato:
Italia / Panama, convenzione sui generis.
Si veda al riguardo:
http://www.paolosoro.it/news/730/Italia-Panama-Convenzione-sui-generis.html
3. Questo fatto, beninteso, non è stato originato da particolari doti di chiaroveggenza, quanto
piuttosto dalla consapevolezza, propria di qualunque onesto studioso della materia, il quale ritiene
che tali comportamenti siano davvero inspiegabili e ingiustificabili, fossero dovuti anche a soli fini
propagandistici.
Invero, la recentissima ratifica della Convenzione in argomento appare inevitabilmente
ricollegabile soltanto a una scarsa conoscenza della materia o a un’imbarazzante stitichezza
informativa; ossia, difetti inconcepibili in capo a chi governa una nazione e nella sua allegra
combriccola di pseudo-tecnici.