Ancora pochi giorni per entrare nel vecchio regime dei minimi, ma attenzione ai rischi.
C’è ancora tempo per aprire la partita IVA scegliendo il vecchio regime agevolato dei minimi, anziché il nuovo regime forfetario valevole dal 2015. Occorre, però, essere coscienti di alcuni rischi in cui si potrebbe incorrere in caso di controlli.
Ancora pochi giorni per entrare nel vecchio regime dei minimi
1. Ancora pochi giorni per entrare nel vecchio regime dei minimi, ma attenzione ai rischi
C’è ancora tempo per aprire la partita IVA scegliendo il vecchio regime agevolato dei minimi,
anziché il nuovo regime forfetario valevole dal 2015. Occorre, però, essere coscienti di alcuni rischi
in cui si potrebbe incorrere in caso di controlli.
Sulla base del tenore letterario della norma, chi decide di aprire la partita IVA entro il 31 dicembre
2014 può approfittare del vecchio regime dei minimi. Tale regime, come noto, viene soppiantato
dal nuovo regime forfetario che entra in vigore il 1° gennaio 2015.
Ciò posto, l'art. 35 del DPR 633/1972 prevede: “I soggetti che intraprendono l'esercizio di
un'impresa, arte o professione nel territorio dello Stato, o vi istituiscono una stabile
organizzazione, devono farne dichiarazione entro 30 giorni a uno degli uffici locali dell'Agenzia
delle Entrate, ovvero a un ufficio provinciale dell'Imposta sul Valore Aggiunto della medesima
Agenzia”. Da qui, come ha pure avuto modo di ribadire l’Agenzia (e, d’altronde, non vediamo
quale altra possibilità vi sarebbe potuta essere), ne deriva che, entro il 30 gennaio 2015, si può
comunicare l’inizio attività a decorrere dal 31 dicembre 2014, optando per il vecchio regime dei
minimi.
Il nuovo regime forfetario è stato già da noi sviscerato abbondantemente in precedenti interventi.
Posto, però, che continuiamo a leggere nei giornali alcune affermazioni che potrebbero ingenerare
confusione, in questa sede, ci interessa esclusivamente richiamare l’attenzione su una
determinata questione che merita un minimo di approfondimento.
Corre, innanzitutto, l’obbligo di premettere che, da quanto è dato di conoscere, detto nuovo
regime forfetario, oggetto di grandi operazioni di marketing politico da parte del governo nel corso
del 2014, è prossimo a immediati correttivi, prima ancora che – di fatto – entri effettivamente in
vigore. Il presidente del consiglio lo ha definito “un autentico autogoal”, e il ministro interessato
ha reso noto che stanno studiando un provvedimento mirante a modificare sostanzialmente taluni
parametri fondamentali, quale quello concernente i limiti dei ricavi (che dovrebbero essere
parificati per tutti, di nuovo, a 30.000 euro), nonché congelare l’aumento dell’aliquota
previdenziale (prevista al 30,72%, nel regime 2015), in modo che resti al 27,72% (professionisti
iscritti alla gestione separata).
A nostro modesto avviso, sono molte le previsioni della norma che cozzano con l’intendimento
governativo tendente a rendere appetibile detto regime: di certo, i limiti previsti per i ricavi e la
misura delle aliquote previdenziali sono tra questi; ma, i correttivi non potranno di sicuro fermarsi
a dette piccole variazioni.
Ciò che pare potersi desumere da tale situazione è che, pur essendo presumibile attendersi alcune
risposte da parte dell’Agenzia delle Entrate durante l’annuale convegno “Telefisco”, in programma
per giovedì 29 gennaio, appare difficile ipotizzare che la stessa Agenzia provveda a emanare la
promessa circolare illustrativa fino a che il governo non abbia varato le annunciate variazioni
all’attuale normativa.
2. Come appena sopra accennato, dal raffronto fra i due regimi, scaturisce una notevole
convenienza, in termini di pagamento di imposte, a favore del vecchio regime dei minimi (5% e
soglia ricavi a 30.000 euro), rispetto al forfetario 2015 (15% e limiti variabili dei ricavi). Senza
tacere di tante altre previsioni che di certo spostano l’ago della bilancia verso il vecchio regime dei
minimi. Orbene, rebus sic stantibus, sono molti quelli che potrebbero avere intenzione di aprire
una partita IVA in questi ultimi giorni di gennaio, con decorrenza dell’attività al 2014 e opzione per
il vecchio regime dei minimi.
Al riguardo, peraltro, pare opportuno ricordare che coloro i quali dovessero agire in tale maniera a
titolo meramente cautelativo (ossia, senza effettivamente avere iniziato l’attività nel 2014),
potrebbero incorrere nella censura del Fisco in occasione di eventuali controlli, atteso che la
partita IVA si richiede quando si inizia un’attività a ciò soggetta, non certo quando si vuole
approfittare di un regime tributario maggiormente favorevole, nel caso in cui, in futuro, si
decidesse di intraprendere una qualche attività lavorativa.
Per essere al riparo da detti accertamenti, dunque, occorrerà poter documentare di avere svolto
una qualche attività nel 2014, a esempio, emettendo almeno una fattura relativa a tale periodo.
Attenzione, però, a non emettere una fattura datata 2014, recante il numero della propria partita
IVA ricevuta soltanto a gennaio del 2015, considerato che la cosa non sarebbe oggettivamente
credibile, fatte salve indimostrabili doti divinatorie di preveggenza.
In conclusione, pare appena il caso di ricordare la scadenza del periodo biennale di osservazione a
suo tempo previsto dalla Riforma Fornero, relativamente alle c. d. false partite IVA: ossia, chi
emette una fattura al mese, sempre e solo nei confronti del medesimo cliente. Tale scadenza non
è stata affatto dimenticata dall’INPS, che ha già provveduto con circolare gennaio 2015 a inoltrare
adeguate raccomandazioni in merito agli ispettori. È, di conseguenza, assai probabile che molti
detentori di partita IVA (oltre che i loro ipotetici “datori di lavoro”) potrebbero subire controlli al
fine di accertare la loro sostanziale ed effettiva situazione lavorativa, anche con espresso
riferimento ai periodi ante 2015.