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Sgravi per i nuovi assunti ed esenzioni IRAP 
Proseguiamo con l’analisi delle misure previste nella Legge di Stabilità 2015, prendendo in esame 
le facilitazioni determinate per i datori di lavoro che procederanno a nuove assunzioni nell’anno 
2015. Il provvedimento mira a rilanciare il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato 
e a rendere meno appetibili tutte le altre forme contrattuali. 
Più nel dettaglio, la normativa prevede lo sgravio dei contributi previdenziali a carico dell’azienda 
fino al limite massimo di euro 6.200,00 l’anno, per ogni nuovo lavoratore assunto nel corso del 
2015, purché sussistano talune condizioni. Vediamo, allora, quali sono questi vincoli fissati dal 
Disegno di Legge. 
Sostanzialmente, le imprese non potranno avvalersi dello sgravio quando assumeranno personale 
che: 
- abbia avuto nei sei mesi precedenti un rapporto di lavoro subordinato a tempo 
indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro; 
- abbia già permesso ad altri datori di lavoro di usufruire dell’esonero; 
- abbia un contratto a tempo indeterminato (anche per interposta persona) con imprese 
controllate e/o collegate con il nuovo datore di lavoro, da almeno tre mesi prima 
dell’entrata in vigore della Legge di Stabilità. 
Considerata la misura dello sgravio, lo stesso potrà servire a coprire la contribuzione attualmente 
prevista per una retribuzione massima lorda annua pari a circa 21.000,00 euro. 
Occorre tenere presente che, contestualmente all’introduzione del nuovo sgravio (ossia, sempre a 
valere dall’anno 2015), verranno abrogati quelli attualmente ancora previsti per le assunzioni a 
tempo indeterminato dei disoccupati da oltre 24 mesi (Legge 407/1990) e per le “stabilizzazioni” 
degli apprendisti (D.Lgs. 167/2011). 
Con riferimento alle esenzioni stabilite in materia di IRAP, la Legge di Stabilità determina una 
notevole diminuzione dell’imposta su una parte del costo del lavoro, aggiungendo un’ulteriore 
deduzione a quelle ora esistenti. Il meccanismo risulta, a esser sinceri, alquanto complesso: in 
pratica, il risparmio effettivo dovrebbe essere commisurato al 3,9% della differenza tra la 
deduzione integrale del costo del lavoro prevista per il 2015 e le deduzioni spettanti in base al 
regime vigente fino al corrente 2014. L’aliquota è determinata al 3,9%, posto che la Legge di 
Stabilità abroga la norma contenuta nel DL 66/2014, che aveva previsto un abbassamento della 
stessa aliquota al 3,5%. 
Sulla base del tenore letterale della norma, così come attualmente pubblicata, la nuova esenzione 
IRAP spetterà, però, soltanto ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato (inclusi, ovviamente, 
anche i nuovi assunti del 2015). 
A commento delle misure in questione, dobbiamo, da un lato, rallegrarci del fatto che qualcosina 
viene concessa alle imprese, dall’altro, ancora una volta rammaricarci per la presa in giro 
concernente i numeri propagandati dal Governo. Ed ecco perché l’Europa chiede ulteriori sforzi.
Per quanto riguarda lo sgravio relativo ai nuovi assunti, evidentemente, non possiamo che esserne 
contenti; ma, nello stesso momento in cui viene concesso tale sgravio, si tolgono quelli prima 
esistenti. Dunque, l’effettivo impatto è molto calmierato. Oltre a ciò, le norme anti -elusione 
comportano il fatto che, a esempio, chi avrebbe potuto godere di un proseguimento dello sconto 
contributivo per un dipendente che aveva i requisiti afferenti alla Legge 407/1990, rimarrà 
sprovvisto di qualsiasi vantaggio laddove dovesse “transitare” da un datore di lavoro a un altro. 
Per cui, in tali casi, addirittura si avrebbe una penalizzazione rispetto al sistema attualmente 
vigente. Resta pure da verificare cosa succederà con riferimento ai contratti ancora in essere, il cui 
beneficio contributivo andrà a scadere i prossimi anni; seppure, parrebbe improbabile – in quanto 
del tutto illegittima – una norma che pensasse di incidere su tali rapporti. 
Con riguardo, invece, all’IRAP, viene concessa una nuova deduzione ma solo per chi risulta essere 
assunto a tempo indeterminato. Di contro, l’aliquota viene nuovamente rialzata dal 3,5% al 3,9%. 
Per cui, relativamente al personale non a tempo indeterminato, i datori di lavoro andranno a 
pagare di più rispetto a quello che avrebbero dovuto pagare in assenza di detta previsione. 
Dunque, anche per tale fattispecie, il Governo ha fornito dei numeri non veritieri e, soprattutto, 
l’effetto che si potrà ottenere sarà ben lontano dall’essere quello sperato, considerato che non 
appare utile penalizzare tutti i rapporti di lavoro che non siano a tempo indeterminato, in una 
situazione economica generale così grave. 
Personalmente, poi, non comprendiamo perché, consci dell’aumentato livello di povertà, si 
stabilisca una norma come quella del TFR in busta paga per far sì che i lavoratori possano avere un 
po’ di contante in più (anche a costo di farglielo pagare salatissimo in tasse), e poi si voglia di fatto 
azzerare qualunque forma di lavoro, anche marginale, che però potrebbe consentire a quello 
stesso personale di “arrotondare” il proprio precario salario, contribuendo in misura più congrua 
da un punto di vista fiscale. 
Insomma, il “disegno”, francamente, ci appare contraddittorio e tutt’altro che vantaggioso, nel suo 
complesso, proprio per le categorie già ora più colpite dalla crisi.

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  • 1. Sgravi per i nuovi assunti ed esenzioni IRAP Proseguiamo con l’analisi delle misure previste nella Legge di Stabilità 2015, prendendo in esame le facilitazioni determinate per i datori di lavoro che procederanno a nuove assunzioni nell’anno 2015. Il provvedimento mira a rilanciare il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e a rendere meno appetibili tutte le altre forme contrattuali. Più nel dettaglio, la normativa prevede lo sgravio dei contributi previdenziali a carico dell’azienda fino al limite massimo di euro 6.200,00 l’anno, per ogni nuovo lavoratore assunto nel corso del 2015, purché sussistano talune condizioni. Vediamo, allora, quali sono questi vincoli fissati dal Disegno di Legge. Sostanzialmente, le imprese non potranno avvalersi dello sgravio quando assumeranno personale che: - abbia avuto nei sei mesi precedenti un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro; - abbia già permesso ad altri datori di lavoro di usufruire dell’esonero; - abbia un contratto a tempo indeterminato (anche per interposta persona) con imprese controllate e/o collegate con il nuovo datore di lavoro, da almeno tre mesi prima dell’entrata in vigore della Legge di Stabilità. Considerata la misura dello sgravio, lo stesso potrà servire a coprire la contribuzione attualmente prevista per una retribuzione massima lorda annua pari a circa 21.000,00 euro. Occorre tenere presente che, contestualmente all’introduzione del nuovo sgravio (ossia, sempre a valere dall’anno 2015), verranno abrogati quelli attualmente ancora previsti per le assunzioni a tempo indeterminato dei disoccupati da oltre 24 mesi (Legge 407/1990) e per le “stabilizzazioni” degli apprendisti (D.Lgs. 167/2011). Con riferimento alle esenzioni stabilite in materia di IRAP, la Legge di Stabilità determina una notevole diminuzione dell’imposta su una parte del costo del lavoro, aggiungendo un’ulteriore deduzione a quelle ora esistenti. Il meccanismo risulta, a esser sinceri, alquanto complesso: in pratica, il risparmio effettivo dovrebbe essere commisurato al 3,9% della differenza tra la deduzione integrale del costo del lavoro prevista per il 2015 e le deduzioni spettanti in base al regime vigente fino al corrente 2014. L’aliquota è determinata al 3,9%, posto che la Legge di Stabilità abroga la norma contenuta nel DL 66/2014, che aveva previsto un abbassamento della stessa aliquota al 3,5%. Sulla base del tenore letterale della norma, così come attualmente pubblicata, la nuova esenzione IRAP spetterà, però, soltanto ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato (inclusi, ovviamente, anche i nuovi assunti del 2015). A commento delle misure in questione, dobbiamo, da un lato, rallegrarci del fatto che qualcosina viene concessa alle imprese, dall’altro, ancora una volta rammaricarci per la presa in giro concernente i numeri propagandati dal Governo. Ed ecco perché l’Europa chiede ulteriori sforzi.
  • 2. Per quanto riguarda lo sgravio relativo ai nuovi assunti, evidentemente, non possiamo che esserne contenti; ma, nello stesso momento in cui viene concesso tale sgravio, si tolgono quelli prima esistenti. Dunque, l’effettivo impatto è molto calmierato. Oltre a ciò, le norme anti -elusione comportano il fatto che, a esempio, chi avrebbe potuto godere di un proseguimento dello sconto contributivo per un dipendente che aveva i requisiti afferenti alla Legge 407/1990, rimarrà sprovvisto di qualsiasi vantaggio laddove dovesse “transitare” da un datore di lavoro a un altro. Per cui, in tali casi, addirittura si avrebbe una penalizzazione rispetto al sistema attualmente vigente. Resta pure da verificare cosa succederà con riferimento ai contratti ancora in essere, il cui beneficio contributivo andrà a scadere i prossimi anni; seppure, parrebbe improbabile – in quanto del tutto illegittima – una norma che pensasse di incidere su tali rapporti. Con riguardo, invece, all’IRAP, viene concessa una nuova deduzione ma solo per chi risulta essere assunto a tempo indeterminato. Di contro, l’aliquota viene nuovamente rialzata dal 3,5% al 3,9%. Per cui, relativamente al personale non a tempo indeterminato, i datori di lavoro andranno a pagare di più rispetto a quello che avrebbero dovuto pagare in assenza di detta previsione. Dunque, anche per tale fattispecie, il Governo ha fornito dei numeri non veritieri e, soprattutto, l’effetto che si potrà ottenere sarà ben lontano dall’essere quello sperato, considerato che non appare utile penalizzare tutti i rapporti di lavoro che non siano a tempo indeterminato, in una situazione economica generale così grave. Personalmente, poi, non comprendiamo perché, consci dell’aumentato livello di povertà, si stabilisca una norma come quella del TFR in busta paga per far sì che i lavoratori possano avere un po’ di contante in più (anche a costo di farglielo pagare salatissimo in tasse), e poi si voglia di fatto azzerare qualunque forma di lavoro, anche marginale, che però potrebbe consentire a quello stesso personale di “arrotondare” il proprio precario salario, contribuendo in misura più congrua da un punto di vista fiscale. Insomma, il “disegno”, francamente, ci appare contraddittorio e tutt’altro che vantaggioso, nel suo complesso, proprio per le categorie già ora più colpite dalla crisi.