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Matteo Mezzalira
La lottizzazione
della Rai
Partiti politici e servizio pubblico
televisivo in un quadro comparato
2
Indice
Introduzione……………………………………………………………………………………4
Capitolo 1 – Le vicende storiche
Gli inizi: dal fascismo al dopoguerra…………………………………………………………..6
Gli anni ’60: l’era Bernabei e il monopolio statale………………………………………….....9
Gli anni ’70: la fine dell’era Bernabei e la proliferazione delle televisioni “libere”………....12
Gli anni ’80: l’arrivo di Fininvest e il tramonto del monopolio……………………………....14
Gli anni ’90: il trionfo del duopolio e la “discesa in campo” di Berlusconi………………….16
Gli anni recenti: il “regime” e la rivoluzione digitale.………………………………………..18
Figura 1. Organigramma aziendale della Rai…………………………………………………22
Tabella 1. Consiglio d’Amministrazione attuale (luglio 2012)………………………………23
Capitolo 2 – Breve analisi comparativa tra servizi pubblici televisivi: la situazione italiana e i
casi di Gran Bretagna, Francia e Germania
Il servizio pubblico in Italia
Contesto………………………………………………………………………………………...23
Quadro legislativo………………………………………………………………………………..24
Penetrazione della politica: relazione tra nomina dei vertici, indipendenza, imparzialità e
pluralismo interno………………………………………………………………………………..24
Mezzi di finanziamento…………………………………………………………………………...25
Mission del servizio pubblico………………………………………………………………….…..25
Il servizio pubblico in Gran Bretagna
Contesto………………………………………………………………………………………...26
Quadro legislativo………………………………………………………………………………..26
Penetrazione della politica: relazione tra nomina dei vertici, indipendenza, imparzialità e
pluralismo interno………………………………………………………………………………..26
Mezzi di finanziamento…………………………………………………………………………...27
Mission del servizio pubblico……………………………………………………………………...27
Il servizio pubblico in Francia
Contesto………………………………………………………………………………………...28
Quadro legislativo………………………………………………………………………………..28
Penetrazione della politica: relazione tra nomina dei vertici, indipendenza, imparzialità e
pluralismo interno………………………………………………………………………………..29
Mezzi di finanziamento…………………………………………………………………………...30
Mission del servizio pubblico…………………………………………………………………...…30
Il servizio pubblico in Germania
Contesto………………………………………………………………………………………...31
Quadro legislativo………………………………………………………………………………..32
Penetrazione della politica: relazione tra nomina dei vertici, indipendenza, imparzialità e
pluralismo interno…………………………………………………………………………….….33
Mezzi di finanziamento…………………………………………………………………………...33
Mission del servizio pubblico……………………………………………………………………...34
3
Conclusione…………………………………………………………………………………...35
Appendice 1 – Cronologia delle cariche dirigenziali della Rai
Tabella 2. Presidenti della Rai……………………………………………………………………..37
Tabella 3. Direttori generali della Rai……………………………………………………………….37
Tabella 4. Amministratori delegati della Rai…………………………………………………………38
Appendice 2 – Intervista a due esperti………………………………………………………..39
Bibliografia…………………………………………………………………………………...43
Sitografia……………………………………………………………………………………...44
4
INTRODUZIONE
La parola “lottizzazione” viene da “lotto” (fr. lot, da un’antica voce franca, col significato di
“eredità, sorte, bottino, parte assegnata”) e ha una connotazione di tipo edilizio-urbanistico. In
tempi recenti, però, il termine è stato sempre più riferito all’ambito politico, ad indicare la
spartizione concordata di cariche dirigenziali in aziende ed enti pubblici tra i diversi partiti
politici o fazioni, ai fini di distribuire tali cariche a guisa di benefit per i sostenitori di quelle
parti politiche stesse. Il vocabolo lottizzazione fu applicato per la prima volta alla Rai (in
un’accezione fortemente polemica) dal giornalista e scrittore Alberto Ronchey, in una lettera
inviata a Ugo La Malfa il 14 ottobre 19681
, ma si può dire, senza timore di essere smentiti,
che la televisione è, in Italia, il mass media che più di ogni altro ha subìto l’influenza della
politica nel corso del tempo. Prima dell’affermazione di Ronchey, la Rai era già sotto uno
stretto controllo politico, più precisamente del Governo, all’epoca monopolizzato già da venti
anni dal partito della Democrazia Cristiana. La situazione cambia con la Riforma del 1975,
che pone le premesse per l’istituzionalizzazione della spartizione partitica della Rai: sotto la
bandiera del pluralismo, la concessionaria del servizio pubblico viene messa a disposizione
del Parlamento, non più del Governo. Ciò porterà ad una progressiva lottizzazione delle reti e
dei rispettivi telegiornali a favore dei partiti più forti nell’emicerchio, ovvero la solita
Democrazia Cristiana (che si accaparra l’intera Raiuno), il Partito Socialista Italiano (a cui va
Raidue) e il Partito Comunista Italiano (che si impossesserà di Raitre). Questo quadro verrà
ribaltato da Tangentopoli: i partiti storici si dissolvono e vengono sostituiti da nuove forze
politiche (Forza Italia, Lega Nord, Partito Democratico della Sinistra, Centro Cristiano
Democratico) ma la lottizzazione sarà un fenomeno che sopravviverà e, al contrario,
prospererà nella cosiddetta Seconda Repubblica, venendo coadiuvato da un principio nuovo,
la par condicio. Detto questo, la domanda sorge spontanea: perché la televisione italiana è
sempre parsa un’appendice della politica, uno strumento asservito al potere e ai partiti? E fino
a che punto tale percezione ha corrisposto alla realtà dei fatti e quanto, invece, vi è stato di
strumentalizzazioni polemiche?
Questo lavoro cercherà di dare una risposta a tale quesito, suddividendosi in due parti. La
prima riguarda le vicende storiche del servizio pubblico che, nel nostro Paese, è incarnato
nella Rai, con un focus particolare sui meccanismi di nomina dirigenziale e sull’influenza che
il potere politico ha ed ha avuto su di essa. La seconda si presenta come un breve confronto,
1
Il segretario repubblicano aveva chiesto a Ronchey di accettare, da “indipendente” ma su designazione del suo
partito, una nomina nel Comitato Direttivo e nel Consiglio d’Amministrazione dell’azienda. Ronchey però
rifiuta. A questa prima lettera ne seguirono altre due, datate rispettivamente 21 ottobre e 14 novembre dello
stesso anno. E in tutte e tre compare, in questo nuovo significato televisivo, la parola “lottizzazione”.
Nella prima lettera Ronchey ne denuncia l’imminente pericolo; nella seconda rafforza la sua analisi; nella terza
rifiuta definitivamente la proposta. Ecco una selezione delle tre lettere:
1. “Caro La Malfa, un’improvvisa spartizione del potere, concordata fra democristiani e socialisti senza chiedere
altri consigli e a quanto pare senza ripensamenti, sta per sconvolgere il Telegiornale e i Servizi giornalistici della
televisione. […] Si direbbe che i partiti perseguano in questo delicato servizio pubblico un puro profitto di potere
-così come altrove il mondo della pubblicità e degli affari piega le televisioni commerciali a fini di puro profitto
economico- senza riguardo per la qualità dell’informazione e per l’opinione pubblica, con grande sperpero di
risorse tecniche e culturali. Ai lottizzatori della tv basta che ogni redazione abbia un direttore democristiano e un
vicedirettore socialista. […]”
2. “[…] Esempi: Telegiornale, Servizi collaterali, programmi culturali-educativi. Questa lottizzazione non può
essere funzionale per l’azienda né utile dal punto di vista dell’interesse pubblico; è semplicemente meccanica
[…] e per assurdo un socialista è nei migliore dei casi un “vice” per definizione”.
3. “Non ho avuto sufficienti garanzie contro la prospettiva che la RAI-TV sia gestita in base a un rigido accordo
fra due partiti, scavalcando il Comitato Direttivo dell’azienda […]. In tali circostanze, non vedo quale apporto
potrei dare alla RAI-TV se fossi membro del suo Consiglio d’Amministrazione e del suo Comitato Direttivo
[…]. Ti ringrazio della fiducia che il tuo partito mi aveva dato, designandomi a quegli incarichi in condizione di
autonomia e come professionista indipendente”.
5
tenendo fermi i parametri di comparazione, tra le emittenti di servizio pubblico di Italia, Gran
Bretagna, Francia e Germania. Dopo la conclusione, un’appendice riporta gli elenchi dei
presidenti, dei direttori generali e degli amministratori delegati della Rai, oltre a due interviste
dedicate al parere di due esperti, a loro modo diversi, sull’attuale condizione della
Radiotelevisione Italiana.
6
CAPITOLO 1 – LE VICENDE STORICHE
Gli inizi: dal fascismo al dopoguerra
Sa come si costruisce un potere personale in
un’azienda?
Ma semplicemente così: il potente mette i suoi amici nei
posti chiave e fa sempre sentir loro che, se stanno seduti
dove stanno seduti, lo devono a lui. Essi devono capire
bene anche questo: che in quattro e quattr’otto, se il
potente lo volesse, potrebbe rispedirli a casa.
(Ettore Bernabei)
La specificità della gestione fortemente politicizzata della televisione in Italia emerge già in
modo inequivocabile dal quadro in cui il servizio pubblico venne a crearsi, durante il
Ventennio fascista. Il 27 agosto 1924, grazie all’impegno del ministro delle Comunicazioni
Costanzo Ciano, nacque l’Unione Radiofonica Italiana (URI), la prima società concessionaria
della radiodiffusione2
. L’URI era di proprietà privata, partecipata da aziende come General
Electric, Società Idroelettrica Piemontese (SIP) e FIAT3
. Nel 1927 il Governo ne assunse il
controllo azionario e la trasformò in un ente pubblico, l’Ente Italiano per le Audizioni
Radiofoniche (EIAR)4
. L’EIAR si configurò quindi come uno straordinario mezzo di
propaganda a disposizione dell’establishment politico al potere e per oltre quindici anni svolse
il compito di coagulare consenso attorno all’ideologia totalitaria di Mussolini. A seguito della
caduta del regime fascista, l’EIAR cambiò denominazione e diventò RAI (Radio Audizioni
Italiane) il 26 ottobre 1944, con il decreto legislativo luogotenenziale n. 4575
. Sotto la
supervisione degli Alleati e con l’instaurazione della repubblica6
, nel 1947 venne delineato il
nuovo quadro legislativo, a dir la verità piuttosto carente (ma prontamente sfruttato dal partito
che avrebbe egemonizzato la vita politica dei decenni successivi, la Democrazia Cristiana),
che avrebbe regolato le trasmissioni radiofoniche della RAI7
: così non fu toccato il diritto
dell’esecutivo alla gestione esclusiva del servizio pubblico di radiodiffusione (tramite il
Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni che, tra le altre cose, controllava
l’approvazione dello statuto aziendale e provvedeva alla nomina del presidente e
dell’amministratore delegato dell’ente concessionario) e vennero creati due organi nuovi, il
Comitato per la determinazione delle direttive di massima culturali, artistiche ed educative8
e
la Commissione parlamentare di vigilanza9
. Entrambe le figure collegiali saranno sempre
poco considerate, specialmente la seconda avrà un impatto pari allo zero per ciò che riguarda
2
Franco Monteleone, Storia della radio e della televisione in Italia, Marsilio, Venezia, 2001 (IV edizione), pag.
19.
3
“La Radiotelefonia in Italia: dalla SIRAC alla RAI”. http://www.cisi.unito.it/marconi/rai.html
4
F. Monteleone, Storia della radio e della televisione, cit., pag. 47.
5
Aldo Grasso, Storia della televisione italiana, Milano, Garzanti, 2004, pag. 5.
6
Che il popolo italiano aveva scelto nel referendum istituzionale del 2 giugno 1946.
7
Decreto legislativo n. 428 del 3 aprile 1947, “Nuove norme in materia di vigilanza e controllo sulle
radiodiffusioni circolari”.
http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:1947-04-03;428$art5
8
Era un organo tecnico chiamato a sovrintendere alla programmazione; nella prassi, tuttavia, si trovò ad
occuparsi solo di aspetti culturali e d’intrattenimento. Era composto da personalità del mondo della cultura, delle
arti, di associazioni di categoria. Il presidente era nominato dal Consiglio dei Ministri. Cfr. decreto legislativo n.
428 del 3 aprile 1947, artt. 8, 9 e 10.
9
Ivi, artt. 11, 12, 13 e 14. La Commissione era composta da 17 rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari,
portati nel 1949 a 30, e aveva “il compito di vigilare affinché [fosse] assicurata l’indipendenza politica e
l’obiettività informativa”. Tuttavia, sia l’indeterminatezza dei suoi compiti che la facoltà di intervenire ex post e
non ex ante, penalizzò enormemente fin dall’inizio l’azione della Commissione.
7
il tentativo di un indirizzo maggiormente democratico da imprimere all’attività dell’azienda,
paralizzata dalle contrapposizioni tra i partiti che rifletteranno i rapporti di forza presenti in
Parlamento10
. Il 10 febbraio 1950 la RAI prese parte alla costituzione dell’Union Européenne
de Radiodiffusion (UER), di cui divenne membro permanente nel Consiglio
d’Amministrazione. Due anni dopo, precisamente il 26 gennaio 1952, lo Stato italiano
concesse alla RAI11
l’esclusiva dei servizi di radiodiffusione e telediffusione per la durata di
vent’anni, ovvero fino al 15 dicembre 197212
, mentre il 19 novembre dello stesso anno un
decreto ministeriale definì il canone d’abbonamento per la televisione13
. Il 3 gennaio 1954
l’annunciatrice Fulvia Colombo diede avvio alle trasmissioni televisive regolari del
Programma Nazionale14
, mentre l’11 aprile 1954 si giunse al nome attuale di Radiotelevisione
Italiana (Rai)15
. Come si può subito notare, l’EIAR, la prima emittente radiotelevisiva del
nostro Paese, nacque in un contesto egemonizzato dal Governo e la RAI susseguente non è
altro che una costruzione in buona parte identica a quella che l’ha preceduta, anch’essa sotto il
controllo, più o meno evidente, dell’esecutivo. Come la società che l’aveva preceduta, il
primo Consiglio d’Amministrazione della RAI era composto da 15 membri compresi
presidente, due vicepresidenti e direttore generale16
, ma se l’EIAR era a partecipazione mista
pubblica e privata, la situazione emergenziale post-bellica impose allo Stato, nello specifico al
Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, il rilevamento dell’intero pacchetto
azionario, tramite l’IRI17
. La Convenzione del 26 gennaio 1952 delineò una nuova struttura
del Consiglio d’Amministrazione: i membri designati direttamente dall’esecutivo passavano
da 4 a 6 e sempre all’esecutivo spettavano l’approvazione delle cariche di presidente,
amministratore delegato e direttore generale, mentre gli altri 10 membri erano eletti dagli
azionisti (in sostanza l’IRI), per un totale di 16 persone18
. Di fatto la Convenzione del 26
gennaio 1952 considerava le nomine dei quadri dirigenti un incarico “di esclusiva competenza
del Governo”19
. Il deputato socialista Giovanni Pieraccini attaccò duramente in Parlamento la
nuova Convenzione:
“E’ mai possibile che ad un certo momento, addirittura all’improvviso, si decida di un fatto di
tale importanza come il rinnovo della concessione alla RAI, senza che l’opinione pubblica
venga interpellata, senza che il Parlamento ne venga a conoscenza? Fino a questo momento il
Parlamento è all’oscuro di tutto quanto è avvenuto. […] Come potete voi, uomini che vi
chiamate democratici (che sostenete anzi di essere i “veri” rappresentanti della “vera”
democrazia contro la minaccia delle forze totalitarie di destra e di sinistra) non aver sentito,
non dico la necessità di modificare questo articolo [del codice postale, nda], ma almeno il
dovere morale, comunque, di informare il Parlamento, di aspettare la discussione di questo
bilancio, prima di pubblicare il decreto presidenziale? Il rinnovo è avvenuto all’improvviso
10
Franco Monteleone, Storia della RAI dagli Alleati alla DC, 1944-1954, Laterza, Roma-Bari, 1980, pag. 103.
11
Precisamente con la Convenzione tra Stato e RAI approvata con d.p.r. n. 180, che innovava quella stipulata tra
la monarchia e l’EIAR risalente al 1927.
12
A. Grasso, Storia della televisione, cit., pag. 5.
13
Ibidem.
14
Così si chiamava Raiuno, unico canale televisivo a disposizione dei telespettatori fino al 1961.
15
F. Monteleone, Storia della radio e della televisione, cit., pag. 275
16
Struttura che ricalcava lo statuto dell’EIAR approvato con il regio decreto-legge del 29 luglio 1933. F.
Monteleone, Storia della radio e della televisione, cit., pag. 50.
17
Istituto per la Ricostruzione Industriale. Ente pubblico fondato nel 1933 da Benito Mussolini, con lo scopo di
salvare dal fallimento le banche italiane colpite dal Venerdì Nero. Sopravvisse al cambio di regime e nel
dopoguerra divenne la più grande holding pubblica italiana. Alcune delle aziende più famose da essa gestite
erano Rai, Alitalia, Società Autostrade, Banca Commerciale Italiana, Banco di Roma, SME, Finmeccanica,
Fincantieri. L’Istituto venne liquidato nel 2002.
18
Giulia Guazzaloca, Una e divisibile: la RAI e i partiti negli anni del monopolio pubblico (1954-1975),
Mondadori Education-Le Monnier, Milano-Firenze, 2011, pag. 22.
19
Ivi.
8
con una discussione fra poche persone. E lo abbiamo dovuto apprendere dalla stampa e poi
leggerlo sulla Gazzetta Ufficiale”20
.
Il rinnovo era stato condotto in segreto, con evidente disappunto e sdegno delle sinistre, le
quali però per anni non andarono oltre alla critica anticapitalistica, abbastanza semplicistica e
ottusa, del nuovo mezzo a disposizione degli italiani, senza mai proporre soluzioni per una
gestione migliore del tubo catodico; solo la DC comprese e colse l’opportunità in pieno.
Vediamo qui una caratteristica fondamentale che sarà destinata a manifestarsi lungo i decenni
successivi: la mancanza della cultura dell’indipendenza politica del servizio pubblico
radiotelevisivo, che si espresse in una sorta di “vassallaggio al Governo”21
. Inoltre, la Rai si
contraddistingueva già allora nel quadro europeo per essere una specie di azienda a
connotazione ibrida, a metà strada tra ente pubblico e società privata, nella quale
finanziamenti di tipo diverso, come canone di abbonamento e ricavi pubblicitari, si
affiancavano sistematicamente22
.
Nel primo biennio di attività il presidente della RAI fu il giurista cattolico-liberale Carlo
Arturo Jemolo, sostituito nel 1946 dal democristiano Giuseppe Spataro. Di fatto l’azienda era
saldamente in mano ad un ristretto gruppo torinese, guidato dal direttore generale Salvino
Sernesi e soprattutto dal vicedirettore Marcello Bernardi, che rappresentava la continuità
manageriale tra il periodo fascista e quello repubblicano-democratico. Sernesi proveniva dalla
SIP, la prima grande società telefonica italiana, come molti quadri dell’EIAR. Al loro fianco
operavano dirigenti come Giulio Razzi (l’autore, tra l’altro, di Faccetta nera), Antonio
Piccone Stella (attento ad una produzione di livello colto23
), Sergio Pugliese (drammaturgo e
giornalista, ex-EIAR), Fulvio Palmieri, Aldo Passante, Marcello Severati. Era una dirigenza
di area liberale e simpatie massoniche (Ettore Bernabei li chiamerà sprezzantemente “quelli
del Circolo del Whist”, o “gli aziendali”, o ancora “i mandarini”), poco condizionabile dai
compromessi tra i partiti politici e ancorata ad un modello culturale rispettoso del
moderatismo cattolico. Il gruppo di vertice si distingueva per una conduzione sobria, ma poco
sensibile alle dirompenti novità che il mezzo avrebbe arrecato. A consolidare il potere dei
cosiddetti “torinesi”, venne messo a capo della SIPRA24
(in cui resterà per un quarto di
secolo) Enrico Martini detto “Mauri”, comandante nelle Langhe delle brigate partigiane
“azzurre” (contrapposte a quelle “rosse” dei garibaldini) e medaglia d’oro al valor militare.
Amintore Fanfani, una volta assunta la carica di segretario della Democrazia Cristiana,
impose come amministratore delegato Filiberto Guala, proveniente dal movimento
dell’Azione Cattolica. L’arrivo di Guala, nel 1954, si configurò come il primo vero attacco al
“fortino” torinese ex-EIAR, in nome del concetto, finora scarsamente applicato, di “servizio
pubblico”. Guala era convinto di avere una “missione” sociale da portare a termine e, in nome
di una salda matrice cattolica, volle utilizzare la televisione per migliorare gli italiani. Benché
20
Discorso alla Camera dei Deputati dell’On. Pieraccini, 18 giugno 1952.
21
F. Monteleone, Storia della RAI, cit., pag. 161.
22
Nella giurisprudenza la Rai è considerata un soggetto di diritto privato, salvo il fatto che il sistema “non è
lineare. Infatti se si considera pubblico il servizio delle telecomunicazioni e lo si riserva allo Stato, è incoerente
farlo attuare poi attraverso un privato consentendo solo dei poteri di controllo attraverso una partecipazione
finanziaria di maggioranza” (Augusto Fragola, La radiotelevisione nella giurisprudenza, Cedam, Padova, 1971,
pagg. 21-23).
23
Radio Tv Libere, “Antonio Piccone Stella”.
http://www.storiaradiotv.it/ANTONIO%20PICCONE%20STELLA.htm
24
La SIPRA (Società Italiana per la Pubblicità Radiofonica Anonima) è la concessionaria della Rai che gestisce
in esclusiva la pubblicità su tutti i mezzi di comunicazione (radio, tv, carta stampata, cinema e web). Fondata a
Milano il 9 aprile 1926, nel 1933 venne acquistata dall’ente pubblico Istituto per la Ricostruzione Industriale
(IRI) e da quel momento la sua storia procedette di pari passo con quella dell’EIAR prima e della Rai poi.
Attualmente è una delle due maggiori concessionarie italiane per la pubblicità, insieme a Publitalia ’80 della
Mediaset.
9
rigidamente vincolata da un articolato sistema di regole “cattolicissime” (il Codice
d’autodisciplina, redatto da monsignor Galletto e approvato da papa Pio XII in persona),
Guala ebbe il merito di aprirsi al polimorfismo della società dando avvio alla campagna di
reclutamento dei cosiddetti “corsari” (ovvero i partecipanti ai “corsi” di formazione). Fu una
lungimirante operazione manageriale, emblematica di quella visione didattica del tubo
catodico che aveva l’amministratore delegato. Da allora la Rai non ha mai più trovato il
coraggio e la volontà “politica” di chiamare a raccolta le più giovani e brillanti intelligenze
del Paese. Tra i “corsari” di quel periodo ricordiamo Furio Colombo, Umberto Eco, Gianni
Vattimo, Enrico Vaime, Piero Angela, Adriano De Zan e Gianfranco Bettetini. Nonostante le
sue indiscutibili capacità manageriali, la scarsa propensione di Guala ad accettare
supinamente direttive e raccomandazioni da parte dei suoi “padrini” politici, la sua eccessiva
intransigenza e soprattutto la sua opposizione all’introduzione della pubblicità fecero calare
rapidamente la sua popolarità in azienda. Guala venne “fatto fuori” con modi bruschi:
secondo Franco Chiarenza25
a seguito di un articolo di Alfredo Panicucci apparso su “Epoca”
ispirato da Aldo Passante, secondo Bernabei per un complotto ordito dal “Circolo del Whist”
cui, ignaro, avrebbe partecipato persino papa Pacelli26
.
Gli anni ’60: l’era Bernabei e il monopolio statale
Il 6 luglio 1960 la Corte Costituzionale intervenne in merito alla legittimità del monopolio
pubblico radiotelevisivo. Una società privata, collegata con il quotidiano Il Tempo (di
proprietà di Renato Angiolillo), aveva chiesto infatti il permesso di trasmettere programmi
propri27
. La sentenza 59/196028
confermò la legittimità costituzionale dell’esclusiva Rai e
negò quindi la possibilità di fondare un’emittente privata, ma obbligò la stessa Rai a garantire
a tutti i cittadini il diritto d’accesso e l’obiettività dell’informazione. Dieci mesi prima
dell’inaugurazione del Secondo Programma29
(4 novembre), il 5 gennaio 1961 il liberale
Novello Papafava dei Carraresi fu nominato presidente della Rai e, soprattutto, Ettore
Bernabei30
direttore generale: egli ricoprì tale carica fino al 1974. Fiorentino, laureato in
Lettere Moderne, nacque il 16 maggio 1921 ed iniziò la carriera giornalistica nel 1946. Dal
1951 al 1956 fu direttore del Giornale del Mattino, nello stesso anno venne chiamato a Roma
per dirigere Il Popolo, organo di stampa del partito della Democrazia Cristiana. Non appena
giunto in Rai, Bernabei si accorse che l’azienda andava governata non con le buone idee, ma
con la conquista dei posti di comando. Fanfani, suo sponsor politico, fu il primo a capire le
enormi potenzialità del nuovo mezzo e si denotò come assoluto protagonista della creazione
di uno “zoccolo duro” democristiano nella Rai. Bernabei, raccogliendo anche i frutti che
Guala aveva seminato, si prefisse alcune azioni decisive: sottrarre potere al gruppo “massone”
torinese inserendo uomini fedeli nei posti chiave dell’organigramma aziendale, spostare l’asse
politico della Rai dal centrodestra al centrosinistra (favorendo l’ingresso dei socialisti, ma
restando sempre molto vicino ai poteri forti della Chiesa, specialmente all’Opus Dei) e
promuovere lo sviluppo dell’azienda. Iniziò così una dura lotta tra la vecchia e la nuova
lobby, con Bernabei grande stratèga di ogni scelta relativa alla società. Nel 1964 fu scelto
come presidente Rai Pietro Quaroni, ex-ambasciatore, come vicepresidente lo scrittore di
sinistra moderata Giorgio Bassani e come vicedirettore il socialdemocratico Italo De Feo,
25
Franco Chiarenza, Il cavallo morente, Bompiani, Milano, 1978, pag. 73
26
Ettore Bernabei, (con Giorgio dell’Arti) L’uomo di fiducia. I retroscena del potere raccontati da un testimone
rimasto dietro le quinte per cinquant’anni, Mondadori, Milano, 1999.
27
A. Grasso, Storia della televisione, cit., pag. 87
28
Sentenza “Il Tempo-Tv”. http://www.giurcost.org/decisioni/1960/0059s-60.html
29
Questo era il nome della seconda rete Rai fino al 1976; prese poi il nome di TV2 (1976-1983) e infine di
Raidue (1983-…).
30
it.wikipedia.org
10
nominato direttamente dal ministro degli Esteri Giuseppe Saragat31
. Come si nota da queste
prime righe, la Rai non è mai stata indipendente. Sono in parecchi al giorno d’oggi che
chiedono a gran voce, forse un po’ sbrigativamente, che i partiti escano dalla gestione
dell’azienda pubblica32
, probabilmente perché al momento il problema della qualità scadente
dei programmi offerti dalla Rai è più vistoso e più urgente da risolvere che in passato, ma la
discussione su chi dovrebbe tenere le redini dell’azienda e se è giusto che lo debbano avere i
partiti politici è antica, come dimostra questo articolo di Indro Montanelli apparso nel maggio
del 1964 sul “Corriere della Sera”:
“I partiti della maggioranza litigano fra loro non per dare uno stabile assetto di azienda di
Stato alla RAI-TV, ma per la spartizione dei posti dirigenziali. […] Ma nessuno in questa
polemica ha detto ciò che andava e andrebbe detto: e cioè che un’azienda di Stato è al servizio
dei cittadini, non dei partiti e delle loro correnti; e che farne uno strumento di propaganda
politica e di pubblicità commerciale è un sopruso, una immoralità, un’infamia”33
.
E questo articolo di due anni più tardi, apparso sul settimanale “Epoca”:
“La polemica in corso tra esponenti politici per alcune nomine di dirigenti della RAI-TV fa
nascere un grave interrogativo. La Radiotelevisione penetra in tutte le case ed è al servizio di
tutti: e allora perché questo ente pubblico è affidato al controllo dei partiti?” (R. Morello,
Milano)
“[…] Io credo che il governo, designando i nuovi capi della Rai, non abbia voluto ispirarsi
soltanto ad un concerto politico, ma abbia voluto anche scegliere delle persone che per la loro
provenienza ed esperienza costituissero, in certo modo, un punto ideale di incontro tra cultura,
politica e funzionalità. Non a caso tutti i dirigenti attuali della Rai sono scrittori e giornalisti.
Uno scrittore e un giornalista si suppone siano abbastanza indipendenti dal partito cui
idealmente aderiscono per assumere, se necessario, decisioni che corrispondano agli interessi
generali anziché ad interessi di natura particolare. Con ciò il governo intese conformarsi nel
modo migliore all’indirizzo tracciato dalla Corte Costituzionale nella sentenza che
riconosceva il carattere pubblico del servizio radiotelevisivo”34
.
Già negli anni ’60, di conseguenza, le poltrone erano divise tra i partiti maggiori. Nel 1966 i
socialisti sostituirono Bassani, accusato di essere troppo “filobernabeiano”, con Luciano
Paolicchi, già responsabile della commissione culturale del PSI. Un altro socialista, Enrico
Manca, fu posto a capo del telegiornale. Bernabei restò in carica per anni, barcamenandosi
con abilità:
“Nel ’62 avevo appoggiato la riconferma di Rodinò come amministratore delegato e questo
me lo aveva reso alleato. Avevamo firmato insieme tutta una serie di ordini di servizio che
avevano pian piano ridotto parecchio il potere dei vecchi mandarini. Però nel 1965, venendo a
31
A. Grasso, Storia della televisione, cit., pag. 138
32
Giorgio Simonelli, professore di “Storia della radio e della televisione” e di “Giornalismo radiofonico e
televisivo” all’Università Cattolica di Milano, si rivolge provocatoriamente a “quelli che parlano della
“lottizzazione” come un male” e che pensano “che la politica deve uscire dalla governance della Rai” con la
seguente domanda: “Questa gente si è mai chiesta, allora, chi la deve governare? Essendo la Rai un’azienda
pubblica che fornisce un servizio pubblico, non si può eliminare del tutto una certa qual dose di politica. La
questione è un’altra: bisogna cercare di mettere persone competenti e di qualità ai posti-chiave dell’azienda, e
non semplicemente dei “valletti” buoni solo a servire il potente di turno. Immaginare una Rai (o qualsiasi
servizio pubblico) senza politica è fantascienza”. Anche il Capogruppo del Popolo della Libertà nella
Commissione di Vigilanza Rai, il senatore Alessio Butti, è concorde nel ritenere che il servizio pubblico “non
può prescindere, al momento, da una presenza pubblica nella società e nel board”.
33
Indro Montanelli, TV: monopolio di complicità, in “Corriere della Sera”, 10 maggio 1964.
34
Italo De Feo, Chi deve controllare la RAI-TV?, “Epoca”, 2 gennaio 1966.
11
scadenza nuovamente il mandato di Rodinò, fu impossibile insistere per una terza riconferma.
I dorotei, tra l’altro, volevano ad ogni costo uno di loro fiducia assoluta. E venne nominato
Granzotto, il quale arrivò in RAI con un compito preciso: farmi fuori o almeno
neutralizzarmi”35
.
Gianni Granzotto venne nominato amministratore delegato il 29 aprile 1965. Il suo ingresso
originò da un’ampia convergenza di interessi tra socialisti, socialdemocratici e repubblicani,
ma venne meno al suo obbiettivo soprattutto perché non riuscì a far passare il progetto di
trasformazione dell’impresa contenuto nel Rapporto sulla Rai del 196836
, commissionato a
Gino Martinoli, Salvatore Bruno e Giuseppe De Rita, in cui si auspicava una maggiore
trasformazione della Rai in senso aziendale ed efficiente:
“[il progetto sosteneva] di fare della RAI un gruppo polisettoriale integrato, capace di
affrontare adeguatamente un mercato che allora si presentava sempre più complesso, più
difficile, più internazionalizzato. Un gruppo capace di produrre in proprio, di promuovere
iniziative nei mercati collaterali (musica, teatro, ecc…), di essere pesantemente presente nel
mercato internazionale dei prodotti e dei servizi, di coltivare adeguato spirito imprenditoriale
in una realtà in cui si capiva che avrebbero vinto gli imprenditori e non gli equilibri politici.
Belle idee e buone intenzioni, che si scontrarono, uscendone sconfitte, con la banale verità che
quello era tempo politico, tempo del primato della politica, e lo era tanto dato che il maggiore
avversario di quel Rapporto fu proprio Bernabei, più coerente con la sua intelligente politica
che fedele alla potente azienda che aveva costruito”37
.
Il rapporto, che nelle intenzioni di Granzotto doveva ostacolare l’ascesa di Bernabei, venne
accolto fra molte polemiche; gli autori sono accusati di “utopismo tecnocratico” e di
privilegiare una nuova strategia di rapporto con il pubblico. Le sinistre denunciano il
rafforzamento del carattere imprenditoriale e “neocapitalista” dell’azienda. Così il primo vero
tentativo di razionalizzare l’intero modello televisivo si risolve, paradossalmente con l’aiuto
delle forze di sinistra, come un’occasione prontamente sfruttata da Bernabei per disegnare un
nuovo organigramma e rafforzare le posizioni democristiane ai vertici della azienda.
Attraverso i suoi ordini di servizio, in quegli anni Bernabei diventò il vero padrone della
concessionaria del servizio pubblico, portando a termine il progetto di piazzare i suoi uomini
ai posti nodali dell’azienda e delineando una formidabile e compiuta lottizzazione.
Nel marzo del 1969 Granzotto si dimise per i contrasti con Bernabei e per protestare contro le
pesanti interferenze politiche sull’azienda. Anche Bernardi, l’ultimo esponente degli
“aziendali” ex-EIAR, fu alla fine estromesso da Bernabei. L’ex presidente della Corte
Costituzionale Aldo Sandulli sostituì Quaroni alla presidenza; vicepresidenti diventarono
Umberto Delle Fave e Italo De Feo, amministratore delegato il socialista Paolicchi. Nel CdA
entrarono anche i cattolici Pietro Prini (filosofo38
) e Giambattista Cavallaro e il socialista
Massimo Fichera (il futuro direttore di Rete 2)39
.
“La legge della televisione italiana rimane insomma ancora quella che viene fissata dalle
decisioni dei partiti, e il suo rispetto è garantito dalla nomina, alle cariche veramente
importanti, di personaggi di partito. […] Ai posti di comando della RAI-TV rimanevano
uomini che dovevano la loro nomina soltanto alle loro posizioni di partito, o ai loro rapporti
35
E. Bernabei, L’uomo di fiducia, cit.
36
Giuseppe De Rita, Gino Martinoli, Salvatore Bruno, Rapporto sulla Rai, supplemento a “Mondo Economico”,
5 aprile 1969.
37
Giuseppe De Rita, prefazione a Mamma Rai, di Claudio Ferretti, Umberto Broccoli, Barbara Scaramucci, Le
Monnier, Firenze, 1997.
38
it.wikipedia.org
39
it.wikipedia.org
12
con le maggiori forze politiche del Paese. Le loro carriere, del tutto rispettabili, si inserivano
però in un quadro politico”40
.
Gli anni ’70: la fine dell’era Bernabei e la proliferazione delle televisioni “libere”
Il decennio più turbolento della storia dell’Italia post-seconda guerra mondiale si aprì, in
ambito tv, con un pesante intervento censorio da parte del presidente Aldo Sandulli e del
vicepresidente Italo De Feo nei confronti di Sergio Zavoli41
, a causa di un servizio di Tv742
,
Un codice da rifare (3 febbraio); in seguito Sandulli si dimise43
:
Nel 1972 nacque la prima emittente televisiva privata, Telebiella44
. In Rai Luciano Paolicchi
rassegnò le dimissioni da amministratore delegato. Il nuovo esecutivo Andreotti approvò una
proroga di un anno della concessione governativa alla Rai e insediò una commissione
presieduta da Aldo Quartulli per studiare la riforma, ormai divenuta necessaria. Nel 1973 si
assistette ad un boom delle televisioni “libere”, così il Governo varò un decreto ad hoc che
bloccava la proliferazione di emittenti private45
. L’anno successivo però, in luglio, vennero
depositate le sentenze n. 22546
e 22647
della Corte Costituzionale che dichiararono,
rispettivamente, l’illegittimità costituzionale del decreto e il diritto dei privati a trasmettere
programmi esteri e in ambito locale, ponendo le premesse per la trasformazione del servizio
pubblico radiotelevisivo. Il 5 agosto Telemontecarlo cominciò a trasmettere in italiano. Il 24
settembre iniziarono le trasmissioni di Telemilanocavo48
, piccola emittente di proprietà di
Giacomo Properzj e Alceo Moretti, captabile in un quartiere residenziale di un sobborgo del
capoluogo lombardo, Milano 2, costruito dall’imprenditore edile Silvio Berlusconi.
L’ultima battaglia che Bernabei, prima delle sue dimissioni, dovette combattere, fu quella con
il segretario del Partito Repubblicano Italiano Ugo La Malfa, il quale si oppose fermamente,
in nome dell’austerity degli anni ’70 e di un discutibile tradizionalismo anticonsumistico (che
gli valse anche l’appoggio del PCI), all’introduzione del colore in Italia. Il 18 settembre si
concluse l’avventura di Bernabei alla Rai.
40
Arrigo Levi, La Televisione all’italiana, Etas Kompass, Milano, 1969, pag. 144.
41
Sergio Zavoli (Ravenna, 1923) è un giornalista e scrittore, operante all’interno della Rai fin dal 1947. Fu
presidente della concessionaria del servizio pubblico dal 1980 al 1986. Vicino al Partito Socialista Italiano, entrò
in politica tra i Democratici di Sinistra prima e nell’Ulivo poi. Attualmente è presidente della Commissione di
Vigilanza e senatore del Partito Democratico.
42
Tv7 è una trasmissione di approfondimento del Tg1 che andò in onda per la prima volta il 20 gennaio 1963 in
seconda serata, alle ore 22.10. Fin dalla nascita si caratterizzò come una trasmissione capace di superare il grigio
conformismo e la staticità tipici dei telegiornali di allora, affrontando temi scomodi (mafia, manicomi,
emigrazione, aborto, droga, ecc.) in modo più possibile critico e obiettivo, lasciando spazio alla pluralità delle
opinioni. In alcuni casi Tv7 dovette fare i conti con la censura dei vertici Rai, come accadde nel 1967, quando un
servizio di Furio Colombo sui bombardamenti americani ad Hanoi provocò le dimissioni del direttore del
telegiornale Fabiano Fabiani.
43
A. Grasso, Storia della televisione, cit., pag. 121. L’inchiesta di Zavoli sul Codice Rocco fu bloccata dal
Consiglio d’Amministrazione. Per la prima volta nella storia della televisione italiana i giornalisti scioperarono
contro la decisione, causando le dimissioni del presidente della Rai Aldo Sandulli.
44
In realtà c’è chi dice che la prima emittente privata sia stata Telediffusione – Telenapoli, nata nel 1966. Per
approfondimenti: Pietrangelo Gregorio, “Telediffusione – Telenapoli”.
http://www.storiaradiotv.it/TELEDIFFUSIONE%20ITALIANA%20-%20TELENAPOLI.htm
45
Era il decreto ministeriale n. 156 del 29 marzo 1973, “Approvazione del testo unico delle disposizioni
legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni”, che sottoponeva la creazione di ogni
emittente radiofonica e televisiva all’autorizzazione del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni.
http://www.espertorisponde.ilsole24ore.com/Documenti/ProblemaDellaSettimana/2009/102009/20091026/LEG
GE/Dpr_156_1973.pdf
46
Sentenza “Televisioni private”. http://www.giurcost.org/decisioni/1974/0225s-74.html
47
Sentenza “Telebiella”. http://www.giurcost.org/decisioni/1974/0226s-74.html
48
it.wikipedia.org
13
Le novità nel settore televisivo continuarono anche nel 1975: anzi, il 1975 sarebbe stato
l’anno “spartiacque”. La cosiddetta “Riforma della Rai”, attuata tramite la legge n. 103 del 14
aprile49
, recò nuove norme in materia di diffusione: il monopolio della Rai venne
riconfermato, ma quest’ultima sarebbe dipesa non più dal Governo ma dal Parlamento, per
garantire maggiore pluralismo, completezza e obiettività; lo scopo era assicurare
l’eguaglianza e la rappresentazione di tutte le componenti politico-culturali della società
italiana (solo così il PCI, seconda forza partitica italiana, poté accedere alla futura Raitre).
Inoltre si cominciarono a regolamentare le trasmissioni via cavo. Da questo momento la Rai,
invece di affrontare le problematiche che il mercato avrebbe imposto, diventò una sorta di
benefit mediatico a disposizione di tutti i partiti presenti nell’emiciclo: ecco lo spettro della
lottizzazione che diventa realtà, la spartizione di incarichi e di poltrone in accordo con le
proporzioni, tratte dai risultati delle elezioni, esistenti tra i diversi schieramenti e correnti50
,
anche se non mancavano pareri discordi, come quello illuminante del socialista Giuliano
Amato:
“La Rai non dovrà più dipendere dal Governo. Non dovrà dipendere nemmeno dal
Parlamento, cosa questa che potrebbe portare a trasmissioni non meno paludate e non meno
censurate di quelle attuali, con la differenza che ciò accadrebbe con l’avallo concorde di
maggioranza e opposizione. L’ente gestore dovrà essere […] disponibile, finalmente,
all’accesso diretto di organismi culturali e sociali”.
In questo modo la televisione venne accorpata al sistema politico, senza però che svolgesse
una funzione di vigilanza sulle istituzioni. Compito di vigilanza e controllo che, al contrario,
fu assegnato alla politica stessa grazie alla creazione della nuova apposita Commissione
parlamentare per l’Indirizzo Generale e la Vigilanza sui servizi radiotelevisivi51
che, rispetto
alla precedente, passava a 40 membri designati pariteticamente dai presidenti di Camera e
Senato, acquisiva il diritto di nominare 10 membri (di cui 4 su indicazione delle regioni) su 16
del CdA Rai. I principi fondamentali del sevizio pubblico vennero esplicitati e sono:
indipendenza, obiettività e apertura alle diverse tendenze politiche, sociali e culturali. Il 23
maggio il socialista Beniamino Finocchiaro fu eletto presidente della Rai e il democristiano
Michele Principe direttore generale, sostituendo Bernabei. Grazie all’effetto della Riforma (e
alle insistenze dei repubblicani), nel 1976 Tg1 e Tg2 assunsero fisionomie diverse e le due
reti cominciarono a farsi concorrenza interna. Il 28 luglio la sentenza n. 202 della Corte
Costituzionale52
riaffermò che le trasmissioni radio e tv private non potessero eccedere
l’ambito locale. Nel 1977, dopo anni di sperimentazioni e di polemiche parlamentari, la Rai
diede inizio ufficialmente alle trasmissioni a colori. Il consigliere d’amministrazione
democristiano Pier Antonino Berté venne eletto direttore generale. Nel 1978 Berlusconi
acquisì Telemilano da Moretti e Properzj per la cifra simbolica di una lira53
. A giugno l’attesa
ristrutturazione Rai, che significò una vera a propria spartizione partitica del servizio pubblico
49
“Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva”.
http://www.camera.it/_bicamerali/rai/norme/listitut.htm
50
Il rischio evidente della “lottizzazione selvaggia” fu più volte messo in risalto da numerosi esponenti del
Partito Repubblicano Italiano, forse l’unica forza politica consapevole degli errori che si sarebbero commessi
con la Riforma del 1975 e che si opponeva alla deriva partitocratica impressa alla concessionaria.
51
Anche il funzionamento della nuova Commissione parlamentare di Vigilanza non mancò di destare
perplessità. Si veda, ad esempio, l’acuto giudizio che ne diede il socialista Giuliano Amato ad un convegno nel
novembre 1978: “La Commissione parlamentare è stata un vero paradosso: non ha strumenti di informazione
adeguati e percepisce perciò con fatica la realtà dell’azienda, ma ha preso ad esercitare su di essa poteri di
direzione, impartendo indirizzi sugli stessi programmi. Tali indirizzi, ovviamente, o scivolano sopra la Rai senza
lasciarvi traccia, o entrano in essa malamente, creandovi dei cortocircuiti”.
52
Sentenza “Radio Libere”. http://www.giurcost.org/decisioni/1976/0202s-76.html
53
A. Grasso, Storia della televisione, cit., pag. 313
14
televisivo: Reteuno e Tg1 alla DC, Retedue e Tg2 al PSI, la nascente terza rete sarebbe
toccata al PCI, ma quando nel 1979 si ebbe finalmente il battesimo di Rete 3, nonostante la
lottizzazione concordata 12 mesi prima, la direzione del canale venne affidata a Giuseppe
Rossini, fedele fanfaniano, e il Tg3 a Biagio Agnes, della corrente più a sinistra della DC. Al
PCI andò solo il condirettore Sandro Curzi.
Gli anni ’80: l’arrivo di Fininvest e il tramonto del monopolio
La proliferazione delle televisioni private locali non scalfì il predominio Rai finché non
apparve all’orizzonte la spregiudicata condotta imprenditoriale di Silvio Berlusconi, che mise
a nudo sia la debolezza intrinseca della strategia aziendale della concessionaria del servizio
pubblico sia la totale mancanza di regole giuridiche nell’universo mediatico nazionale (le due
cose erano strettamente collegate, poiché le forze politiche si erano semplicemente
preoccupate di spartirsi la Rai senza dare un fondamento giuridico all’intero sistema). La
Fininvest di Berlusconi, con la sua Telemilano (mutata in Canale 5 il 30 settembre 1980),
sviluppò pienamente il progetto bernabeiano che vedeva nella pubblicità il motore di una
moderna emittente televisiva. L’imprenditore milanese si rese anche conto che senza un
autentico appoggio politico la sua strategia sarebbe stata destinata al fallimento. In tale ottica
stabilì un rapporto durevole con il segretario del Partito Socialista Italiano Bettino Craxi, il
quale intervenne più volte in suo sostegno a colpi di decreto-legge (il famoso “decreto
Berlusconi” è del 1984). Rispetto al collaudato ma ingessato servizio pubblico della Rai, la
televisione commerciale si presentò agli italiani sotto la triplice bandiera della gratuità, della
libertà (le prime emittenti private si chiamavano appunto “libere”) e del “disimpegno”: ciò
significava niente canone d’abbonamento, meno ingerenze dello Stato nella vita dei cittadini
ed un maggior edonismo personale, collegato con l’instaurarsi di un immaginario “morbido”,
spettacolare e ludico al tempo stesso.
Toccò alla presidenza di Sergio Zavoli e alla direzione generale di Willy De Luca (nominati il
12 giugno 1980) opporsi all’ascesa esponenziale della Fininvest e organizzare il contrattacco
della Rai, che in agosto si vide rinnovare dal Consiglio dei Ministri la concessione esclusiva
del servizio pubblico radiotelevisivo per altri sei anni. A De Luca, prematuramente
scomparso54
, successe Biagio Agnes, amico personale di Ciriaco De Mita, all’epoca segretario
della DC. Agnes decise di seguire contemporaneamente due strategie di comando: la prima
riguardava l’ingresso ufficiale dei comunisti, la seconda invece va sotto il nome di
“zebratura”. Quanto all’ingresso del PCI in Rai, significativo è il racconto che ne fa Angelo
Guglielmi. Biagio Agnes, Enrico Manca e Walter Veltroni si diedero appuntamento in una
saletta riservata di un ristorante romano e decisero che il PCI, per la prima volta nella storia
della televisione italiana, avrebbe avuto la facoltà di nominare il direttore di rete e il direttore
di testata di una delle tre reti della Rai, il terzo canale55
.
La zebratura invece è un perfezionamento della lottizzazione, la difficile arte di coniugare
spartizione politica e professionalità: invece di assegnare territori di influenza ben
determinati, come fino a quel momento era stato fatto, all’interno dello stesso territorio Agnes
fece convivere, a strisce, quote prefissate di democristiani, socialisti, socialdemocratici,
repubblicani ecc…. L’operazione di Agnes si rivelò vincente all’interno (la componente
democristiana ne uscì rafforzata, mentre lo spazio concesso ai comunisti, cui fu assegnata
buona parte di Raitre, garantì una stabilità politica all’azienda), ma perdente all’esterno, di
fronte all’insorgere delle nuove televisioni private commerciali. La Rai cominciò a trovarsi in
54
Morì il 21 luglio 1982, a soli 57 anni, al termine di un intervento davanti alla Commissione Parlamentare di
Vigilanza, a Palazzo San Macuto, Roma.
55
Angelo Guglielmi, Stefano Balassone, Senza rete. Politica e televisione nell’Italia che cambia, Rizzoli,
Milano, 1995.
15
difficoltà con la concorrenza proprio perché era una non-azienda, una sorta di dicastero
aggiunto (come sostenne giustamente De Rita: “L’unica possibile risposta sarebbe stata quella
di un’impresa complessa e auto propulsiva, connotazione però cui aveva da tempo
rinunciato”56
).
Per tale motivo i primi anni Ottanta per la Rai sono nerissimi: la concorrenza delle tv private
e, fra tutte, quelle di Berlusconi (che tra il 1982 e il 1984 acquisì altri due reti, Italia 1 e
Retequattro), si fece sentire. Già nel 1983 Publitalia ’80, la concessionaria pubblicitaria del
gruppo Fininvest, superò in termini di profitti la Sipra. Tra il 13 e il 16 ottobre 1984, a seguito
delle denunce della Rai, i pretori di Torino, Pescara e Roma ingiunsero alle tre emittenti
televisive Fininvest di sospendere l’interconnessione dei loro ripetitori, limitatamente alle tre
regioni d’Italia di loro competenza57
; successivamente le reti vennero oscurate. La questione
era seria, poiché riguardava l’indirizzo che la Corte Costituzionale aveva indicato nel 1974,
cioè il divieto formale alla copertura nazionale per le emittenti private. Il 20 ottobre 1984
Craxi varò il primo decreto-legge finalizzato a sanare la posizione di Berlusconi (n. 69458
),
ma il tentativo venne bocciato dalla Camera dei Deputati; il secondo sforzo, ponendo su di
esso la fiducia, andò a buon fine (decreto “Berlusconi bis”, n. 807 del 6 dicembre 198459
). Il
segretario del PSI però non si fermò qui, ma presentò un “decreto Berlusconi ter” (n. 223) il
1° giugno 1985, atto a prolungare lo status quo, in assenza di una legislazione in materia60
.
Cinque anni dopo, nel 1990, in concomitanza dell’approvazione della cosiddetta “Legge
Mammì” tesa a riordinare il settore delle trasmissioni radiotelevisive, il giornalista Vittorio
Feltri, direttore de “L’Europeo”, commentò così i decreti craxiani ormai superati:
“Per quattordici anni, diconsi quattordici anni, la Fininvest ha scippato vari privilegi, complici
i partiti: la DC, il PRI, il PSDI, il PLI e il PCI con la loro stolida inerzia; e il PSI con il suo
attivismo furfantesco, cui si deve tra l’altro la perla denominata “decreto Berlusconi”, cioè la
scappatoia che consente all’intestatario di fare provvisoriamente i propri comodi in attesa che
possa farseli definitivamente. Decreto elaborato in fretta e furia nel 1984 ad opera di Bettino
Craxi in persona, decreto in sospetta posizione di fuorigioco costituzionale, decreto che
perfino in una repubblica delle banane avrebbe suscitato scandalo e sarebbe stato cancellato
dalla magistratura, in un soprassalto di dignità, e che invece in Italia è ancora spudoratamente
in vigore senza che i suoi genitori siano morti suicidi per la vergogna”61
.
Nel giro di pochi anni la Fininvest, poi Mediaset dal 1993, si conformerà alla Rai, sia sul
format dei programmi, sia sulla struttura organica delle tre reti; viceversa, anche la Rai si
conformerà a Fininvest-Mediaset, ritenendo che il suo compito fosse quello di contrastare il
potere della concorrenza sul piano degli ascolti e dimenticando che un servizio pubblico si
può distinguere anche dalla qualità dei programmi. E’ questo il cosiddetto “duopolio
imperfetto”, padrone del campo televisivo italiano fino all’alba del terzo millennio: la
competizione impari tra un’emittente nata per conseguire scopi puramente speculativi ed
un’altra investita di un ruolo di pubblica utilità, ma che contemporaneamente insegue il record
di ascolti. La famigerata “Legge Mammì” darà valore legale a questo assetto, limitandosi a
constatare la situazione esistente e sanando ogni tipo di abuso commesso anteriormente.
Distorsione accentuata dall’anomalia venuta a crearsi in seguito all’elezione di Silvio
56
G. De Rita, prefazione a Mamma Rai, cit.
57
Franco Scottoni, Tre pretori contro i colossi TV, “La Repubblica”, 17 ottobre 1984.
58
Governo Craxi, “Decreto Berlusconi”.
http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto-legge:1984;694
59
Governo Craxi, “Decreto Berlusconi bis”.
http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto-legge:1984;807
60
Governo Craxi, “Decreto Berlusconi ter”.
http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto-legge:1985;223
61
Vittorio Feltri, “L’Europeo”, 11 agosto 1990.
16
Berlusconi a presidente del Consiglio, che ha fatto temere una specie di “dittatura
mediatica”62
. Nel 1986, dopo mesi di braccio di ferro tra democristiani e socialisti, venne
eletto presidente della Rai il socialista Enrico Manca che successe a Sergio Zavoli (ottobre).
Venne finalmente creato l’Auditel63
. Il 1987 fu l’anno del trionfo della lottizzazione: Raiuno e
il Tg1 andarono alla DC con Giuseppe Rossini e Antonino “Nuccio” Fava, Raidue e il Tg2 al
PSI con Luigi Locatelli e Alberto La Volpe, infine Raitre e il Tg3 al PCI con Angelo
Guglielmi e Sandro Curzi. Mai la lottizzazione era stata così esplicita e, tutto sommato,
perfetta. I due big Pippo Baudo e Raffaella Carrà passarono a Fininvest; per la Rai è uno
smacco senza precedenti.
Nel 1988 fece discutere una proposta del Governo di vietare agli editori di quotidiani di
possedere televisioni e viceversa (gli organi mediatici la chiameranno “l’opzione zero”);
eccetto il PSI64
, la normativa non piacque a nessuno, né a Indro Montanelli, che la definì
“un’enorme bischerata”, né alla FIAT, che dovette abbandonare il progetto del diritto di
opzione su Telemontecarlo. Silvio Berlusconi dovette rinunciare a “Il Giornale” (venduto a
suo fratello Paolo), ma in cambio ottenne la possibilità di diretta e la conferma legale per le
sue tre reti (in pratica l’istituzionalizzazione del duopolio). Il 4 giugno il Consiglio dei
Ministri approvò il disegno di legge elaborato dal ministro delle Poste e delle
Telecomunicazioni repubblicano Oscar Mammì che abolì le regole de “l’opzione zero” e
confermò la norma antitrust (il divieto a possedere più di tre reti). Tempi duri per la Rai,
costretta dall’aggressività delle televisioni private ad un periodo di bilanci in rosso:
nonostante l’aumento del canone, l’anno si chiuse con un passivo di 80 miliardi65
.
Nel 1989, tra il crollo del muro di Berlino e l’accordo del camper66
, le dimissioni forzate di
Luigi Locatelli dalla posizione di direttore di Raidue portarono alla nomina di un altro
socialista, Giampaolo Sodano. Nomina, questa, tormentata per l’astensione dei consiglieri
designati dal PCI e del rappresentante del PLI, ma soprattutto per il no del repubblicano
Giovanni Ferrara, ormai da tempo sul piede di guerra contro la Rai e contro il sistema della
lottizzazione da parte delle segreterie di partito.
“Me ne vado perché mi hanno detto che a quest’azienda non arriverà più una lira finché
siederò sulla poltrona di viale Mazzini”. Con queste parole il 10 novembre Biagio Agnes
presentò, dopo otto anni come direttore generale, le sue dimissioni. Nello stesso mese Emilio
Fede passò in Fininvest, promettendo un Telegiornale:
“con poca politica, nel senso dei partiti; l’attenzione verso il Palazzo sarà minima e
indispensabile, non per sfiducia verso i suoi protagonisti, ma per evitare che la gente si annoi,
come è accaduto per i Tg della Rai”67
.
Gli anni ’90: il trionfo del duopolio e la “discesa in campo” di Berlusconi
La girandola delle nomine porta nel 1990 alla designazione di Gianni Pasquarelli, forlaniano e
amministratore delegato di Società Autostrade, alla direzione generale della Rai. Ad agosto la
Gazzetta Ufficiale pubblica la legge n. 223/90 (la “Legge Mammì”) “Disciplina del sistema
62
Tra la sterminata letteratura al proposito: Peter Gomez, Marco Travaglio, Regime. Biagi, Santoro, Massimo
Fini, Freccero, Luttazzi, Sabina Guzzanti, Paolo Rossi, tg, gr e giornali: storie di censure e bugie nell’Italia di
Berlusconi, BUR, Milano-Bari, 2004.
63
L’Auditel è la società che si occupa di misurare e pubblicare i dati di ascolto delle emittenti televisive.
64
Giorgio Battistini, “Il PSI difende l’opzione zero, ma Agnes e la DC sono scettici”.
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/05/14/il-psi-difende-opzione-zero-ma.html
65
A. Grasso, Storia della televisione, cit., pag. 477
66
Il cosiddetto “accordo del camper”, chiamato dalla stampa anche “patto CAF” dai cognomi dei contraenti,
ovvero Craxi, Andreotti e Forlani, fu una presunta collaborazione siglata nel maggio ’89 e atta a formare un
governo stabile tramite l’accordo tra i due maggiori partiti del momento, la DC e il PSI.
67
A. Grasso, Storia della televisione, cit., pag. 511
17
radiotelevisivo pubblico e privato”68
: dopo 14 anni di assenza di regole e irrazionale Far
West, l’Italia si avvia finalmente ad avere una legge sull’etere, articolata su diversi punti, di
cui i più importanti sono i seguenti:
- Antitrust: nessuno può possedere più di tre reti. Niente quotidiani per chi ha tre reti,
fino all’8% per chi ne ha due, fino al 16% per chi ne ha una.
- Diretta: anche le tv private avranno diritto alla diretta. Tutte le reti a copertura
nazionale avranno l’obbligo di avere un proprio telegiornale.
La star televisiva del 1991 è il presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che il 28
febbraio annuncia a reti Rai unificate la fine della Prima Guerra del Golfo (16.467.000
spettatori).
“Un Presidente che può avere accesso alla televisione e che potenzialmente potrebbe averlo a
ogni giorno dell’anno e ad ogni ora del giorno, fatalmente viene ad ottenere un potere di
influenza sull’opinione pubblica, e in definitiva un potere fondamentalmente “esecutivo”, di
cui i costituenti non potevano avere la più pallida idea”69
.
Il 17 febbraio 1992 scoppia “Mani Pulite”70
. Il margine di ascolti della Rai sulla Fininvest si
assottiglia ancora, mentre il socialista Walter Pedullà diventa il nuovo presidente dell’azienda
pubblica. A dicembre, tra gli scandali e il caos di Tangentopoli, la Commissione di Vigilanza,
presieduta dal forlaniano Luciano Radi, approva un documento che modifica la legge sulla
Rai, con un Consiglio d’Amministrazione ridotto e i cui membri nominati direttamente dai
presidenti di Camera e Senato. L’emendamento vede luce con la legge del 25 luglio 1993, che
dà mandato ai presidenti delle Camere di scegliere i 5 consiglieri d’amministrazione della
concessionaria del servizio pubblico. D’ora in avanti la transizione causata da Tangentopoli e
dal “Governo dei Professori”71
si esprimerà anche in Rai: a partire da luglio il presidente è il
pidiessino Claudio Demattè e direttore generale l’indipendente Gianni Locatelli, subentrato al
democristiano Pasquarelli. Il Governo Amato fa passare la legge n. 515/93 (la cosiddetta
“Legge sulla par condicio”) che introduce una nuova disciplina per le campagne elettorali,
demandando fondamentali compiti di controllo alla Commissione Parlamentare per l’Indirizzo
Generale e la Vigilanza dei servizi radiotelevisivi e al garante per l’editoria. Il contenuto del
provvedimento legislativo si sostanzia nel divieto, nei trenta giorni precedenti le votazioni, di
ogni forma di propaganda elettorale, di diffusione dei risultati di sondaggi sull’esito delle
elezioni o sugli orientamenti politici degli elettori72
. Il Governo vara il decreto-legge n. 558
del 30 dicembre 1993 (il cosiddetto “decreto salva Rai”, più volte reiterato73
), un’iniziativa
68
“Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato”. http://www.conna.it/Leggi/223_90.htm
69
Umberto Eco, Va in onda dal Colle il quinto potere, “La Repubblica”, 22 dicembre 1991.
70
Con l’espressione “Mani Pulite” si intende un’operazione giudiziaria a carico del pool della Procura della
Repubblica di Milano, iniziata nel 1992 con l’arresto di Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, e
allargatasi fino a coinvolgere quasi tutte le principali personalità politiche dell’epoca in un giro di mazzette e
finanziamenti illeciti ai propri partiti e movimenti (“Tangentopoli”); lo scandalo fu talmente grave da dissolvere
DC, PSI, PLI, PRI, PSDI, e modificare fortemente l’assetto del sistema partitico ereditato dal Dopoguerra,
inaugurando una differente stagione della politica italiana, la cosiddetta “Seconda Repubblica” o, forse più
correttamente, “Prima Repubblica bis”.
71
Il cosiddetto “Governo dei Professori” è stato l’esecutivo in carica dal 28 giugno 1992 al 28 aprile 1993 ed è
stato ribattezzato in questo modo poiché era un governo “misto”, cioè formato sia da uomini politici che da
personalità provenienti dal mondo accademico; il presidente del Consiglio era il costituzionalista socialista
Giuliano Amato.
72
“Disciplina delle campagne elettorali per l'elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica”.
http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1993;515
73
I decreti-legge con i quali è stato prolungato il primo “salva-Rai” sono i seguenti: d.L. 28 febbraio 1994 n.
141, d.L. 29 aprile 1994 n. 263, d.L. 30 giugno 1994 n. 418, d.L. 29 agosto 1994 n. 517, d.L. 28 ottobre 1994 n.
602, d.L. 22 dicembre 1994 n. 721, d.L. 28 febbraio 1995 n. 56, d.L. 29 aprile 1995 n. 134, d.L. 28 giugno 1995
18
finalizzata al risanamento economico Rai, ormai in crisi da diversi anni. Intanto il settore
televisivo del gruppo Fininvest assume ufficialmente la denominazione di Mediaset. Il 26
gennaio 1994 Silvio Berlusconi “scende in campo” e vince le elezioni politiche dello stesso
anno, ma a dicembre il suo governo cade per la defezione della Lega Nord di Umberto Bossi.
In Rai viene eletta Letizia Moratti presidente (13 luglio), che costringe alle dimissioni tre
direttori generali in 24 mesi. Tra i tredici quesiti referendari dell’11 giugno 1995 proposti dai
Radicali c’è spazio anche per l’abrogazione della disposizione della Legge Mammì che
definisce la Rai come azienda “a totale partecipazione pubblica”: la consultazione si conclude
con la vittoria del “sì”, aprendo teoricamente la via all’ingresso di capitale privato nella
concessionaria del servizio pubblico televisivo. Nelle elezioni del 1996 si ha la vittoria
dell’Ulivo di Romano Prodi, preceduta da un grande dibattito sulla par condicio. Dopo accese
polemiche, a Giuseppe Morello subentra, come presidente Rai, lo scrittore di sinistra Enzo
Siciliano74
. Dal 15 luglio il nuovo direttore generale diventa Franco Iseppi75
, dopo la breve
reggenza di Aldo Materia. Intanto Mediaset si quota in Borsa. Nel mese di agosto il Governo
Prodi, per evitare l’oscuramento di una delle reti di Berlusconi (a causa del risultato del
referendum dell’anno precedente), vara un decreto-legge che proroga lo status quo in attesa
dell’approvazione del progetto di legge elaborato dal ministro delle Poste e delle
Telecomunicazioni Antonio Maccanico76
. A settembre viene nominato presidente della
Commissione di Vigilanza Francesco Storace (Alleanza Nazionale). Il 1997 è un momento di
stanca e di flessione generale della tv italiana: sia Rai che Mediaset producono programmi di
modesta qualità e il pubblico diminuisce. In controtendenza però Milena Gabanelli e il suo
Report: con i suoi reporter d’assalto la Gabanelli riesce a fare del vero giornalismo
d’inchiesta, ma solo perché è “esterna”. Infatti la redazione di Report non appartiene alla Rai,
ma svolge il suo lavoro autonomamente e poi lo vende a Raitre77
. Tra il 1998 e il 1999 il
valzer delle nomine Rai continua, e sulle poltrone di Viale Mazzini si avvicendano personaggi
di dubbia competenza.
Gli anni recenti: il “regime” e la rivoluzione digitale
Il nuovo millennio si apre con un accordo tra Rai e RCS, la quale entra nel Consiglio
d’Amministrazione tramite un proprio rappresentante. Nel frattempo si assiste al boom delle
pay tv e del digitale (Telepiù, Stream). Nel 2001, a febbraio, poco prima delle elezioni
politiche, viene approvata fra aspre polemiche una più restrittiva legge sulla par condicio78
: è
previsto il divieto degli spot politici in tv e l’obbligo per la Rai di trasmettere messaggi
politici autogestiti e gratuiti. Durante la tesa campagna elettorale suscitano forti polemiche, da
n. 252, d.L. 28 agosto 1995 n. 355, d.L. 27 ottobre 1995 n. 441, d.L. 23 dicembre 1995 n. 543, d.L. 26 febbraio
1996 n. 76, d.L. 26 aprile 1996 n. 212, d.L. 22 giugno 1996 n. 330, d.L. 8 agosto 1996 n. 4387, d.L. 23 ottobre
1996 n. 540. Quest’ultimo è stato convertito in legge, con emendamenti, il 23 dicembre 1996, legge n. 650. “XIII
Legislatura, Disegni di legge e relazioni, documenti”.
http://leg13.camera.it/_dati/leg13/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/xv/076/00000002.pdf
74
In tale veste suscitò scalpore la sua decisione di non mandare in onda il Tg1 delle ore 20 al posto della diretta
in prima serata dell’apertura della stagione del Teatro alla Scala di Milano, con l’opera lirica Macbeth: era la
prima volta che succedeva nella storia della televisione italiana.
75
Autore televisivo (uno dei suoi programmi più noti è “L’Albero Azzurro”), in Rai ha sempre curato i
programmi di Enzo Biagi. Dal 1998 al 2003 è stato anche il primo direttore di Rai Vaticano.
76
P. Gomez, M. Travaglio, Inciucio. Come la sinistra ha salvato Berlusconi. La grande abbuffata Rai e le nuove
censure di regime, da Molière al caso Celentano. L’attacco all’Unità e l’assalto al Corriere, BUR, Milano,
2005, pag. 154.
77
A. Grasso, Storia della televisione, cit., pag. 637.
78
E’ la legge del 22 febbraio 2000, n. 28. http://www.agcom.it/default.aspx?DocID=586
19
parte del centrodestra, le trasmissioni di Enzo Biagi, Daniele Luttazzi e Michele Santoro79
,
accusate di eccessiva parzialità. Le elezioni vengono comunque vinte dalla Casa delle Libertà
di Berlusconi. Il 24 giugno Telemontecarlo diventa La7 (di proprietà del gruppo Telecom
Italia-Seat Pagine Gialle). Il 2002 è stato un anno denso di polemiche e aspre contestazioni. A
febbraio Roberto Zaccaria rassegna le dimissioni da presidente della Rai dopo il duro scambio
di battute con il ministro delle Telecomunicazioni Maurizio Gasparri (Alleanza Nazionale),
sottolineando la fine di un ciclo, quello della “Rai dell’Ulivo”. La nomina del nuovo CdA
porta con sé le usuali proteste. Alla fine vengono nominati Ettore Albertoni (giurista, Lega
Nord), Marco Staderini (manager e ingegnere, Centro Cristiano Democratico), Carmine
Donzelli (editore, Democratici di Sinistra), Luigi Zanda (manager, L’Ulivo), con il presidente
Antonio Baldassarre (Forza Italia). Risale ad aprile il famigerato “editto bulgaro”, con il quale
Silvio Berlusconi provoca l’allontanamento dalla Rai di Enzo Biagi, Daniele Luttazzi e
Michele Santoro, rei di essere stati troppo faziosi durante la campagna elettorale dell’anno
precedente80
. Il Consiglio d’Amministrazione non conferma i loro programmi nel palinsesto
della stagione successiva e di conseguenza i due consiglieri in quota al centrosinistra, Zanda e
Donzelli, si dimettono, seguiti poco dopo anche da Staderini. Il CdA dimezzato continua a
operare, mentre, tra polemiche infuocate, si discute sulla possibilità di azzerarlo e ripartire con
uno nuovo. A settembre il ministro Gasparri presenta il suo disegno di legge sul riassetto
radiotelevisivo: viene abolito il limite secondo il quale nessun editore può crescere oltre il
30% in un singolo settore, ma viene introdotto un nuovo limite del 20% sull’insieme delle
risorse complessive del sistema comunicazione; per questo la legge abolisce anche il divieto
di incroci fra televisioni ed editoria, pur nel limite del 20%. È previsto il passaggio totale al
digitale terrestre entro il 2006 e una parziale privatizzazione della Rai a partire dal 2004
79
Le trasmissioni “incriminate” sono Il Fatto di Enzo Biagi, Satyricon di Daniele Luttazzi e Il raggio verde di
Michele Santoro. Il Fatto è un programma di approfondimento sui principali fatti del giorno, in onda dopo il
Tg1, di cui Biagi è autore e conduttore. Rilevanti le interviste a personaggi noti dello spettacolo, del giornalismo,
del mondo politico. Nel 2001, a ridosso delle elezioni politiche, l’autorevole giornalista fa un’intervista al
comico toscano (premio Oscar nel 1997 con “La vita è bella”) Roberto Benigni; questi commenta, a modo suo, il
conflitto d’interessi e il “contratto con gli italiani” che Berlusconi aveva firmato qualche giorno prima a Porta a
porta. Gli esponenti di Forza Italia scaricano roventi polemiche su Biagi, accusato di sfruttare la televisione
pubblica per impedire la vittoria elettorale di Berlusconi. Tra le maggiori voci critiche si elencano Giulio
Andreotti, Giuliano Ferrara e Maurizio Gasparri.
Satyricon (Raidue) invece è il programma di Daniele Luttazzi, liberamente ispirato al format statunitense David
Letterman Show. Nonostante gli ottimi dati di ascolto, suscita violente reazioni negative a causa delle azioni
dissacranti del conduttore-ideatore; nel mese di marzo, la sua intervista al trentasettenne Marco Travaglio per
l’uscita del suo libro L’odore dei soldi provoca la pesante reazione del leader di Forza Italia che, chiamato
direttamente in causa dal contenuto del volume, minaccia la dimissione dei sui consiglieri nel CdA Rai. In ogni
caso, tutte le puntate del programma vengono portate a termine.
Il raggio verde, infine, è il programma di Michele Santoro, in onda su Raidue. La celebre intervista di Luttazzi a
Travaglio diviene oggetto di approfondimento da parte di Santoro in una delle puntate della sua trasmissione,
scatenando l’ira di Berlusconi, che interverrà in diretta telefonica. In un’altra puntata, Santoro trasmette
l’intervista a Indro Montanelli, il quale accusa Berlusconi e Fini di voler sostituire lo squadrismo fascista con
l’espansione della corruzione, con effetti ben peggiori. Forza Italia avanza contro Santoro un esposto all’Autorità
per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) con l’accusa di violazione della par condicio e di favorire
l’Ulivo. In risposta l’Authority commenta che “Il raggio verde non è un programma di comunicazione politica”,
ma “una trasmissione di informazione” e che, essendo il regime di par condicio non ancora iniziato, non sarebbe
possibile procedere contro la trasmissione in alcun modo.
Conseguenza di tutto ciò è che gli esponenti della Casa delle Libertà scelgono di disertare il palcoscenico della
Rai come azione di protesta, finché non vengano varate nuove regole per il servizio pubblico.
80
Il 18 aprile 2002 Berlusconi, in visita ufficiale a Sofia, Bulgaria, pronuncia all’agenzia Ansa le seguenti
parole: “L’uso che Biagi...Come si chiama quell’altro? Santoro... Ma l’altro? Luttazzi, hanno fatto della
televisione pubblica, pagata coi soldi di tutti, è un uso criminoso. E io credo che sia un preciso dovere da parte
della nuova dirigenza di non permettere più che questo avvenga”. In effetti, pochi mesi dopo tale dichiarazione, i
programmi di Biagi (Il Fatto) e Santoro (Sciuscià) non vengono riconfermati nel palinsesto Rai dell’autunno
successivo (Luttazzi era già stato cacciato dai teleschermi), nonostante i buoni dati di ascolto.
20
(l’azienda diventerà una public company), riformato il criterio della nomina del CdA (da 5 a 9
membri, scelti dall’assemblea dei soci su proposta dei presidenti di Camera e Senato e con il
vaglio della Commissione Parlamentare di Vigilanza). Nel 2003 nuove consultazioni per i
vertici Rai: ai primi di marzo la decisione dei presidenti delle Camere, che scelgono Paolo
Mieli (ex-direttore del “Corriere della Sera”) come presidente, Francesco Alberoni
(sociologo), Giorgio Rumi (storico), Marcello Veneziani (intellettuale di destra), Angelo
Maria Petroni (direttore della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione). Dopo pochi
giorni però, per “difficoltà di ordine tecnico e politico”81
, Paolo Mieli rinuncia alla carica.
Nuovo presidente Rai diventa Lucia Annunziata e il neo-direttore generale è Flavio Cattaneo.
Nonostante le critiche del centrosinistra che lamenta la deriva “totalitaria” del Paese (non
prendendo in considerazione il mondo della stampa e limitando l’analisi al puro ambito
televisivo, Berlusconi controlla tre reti Mediaset e possiede la fetta più grande della Rai:
questa situazione ha portato diversi commentatori a parlare di un nuovo “regime”82
), la Legge
Gasparri viene approvata, ma il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi si rifiuta di
promulgarla e la rinvia alle Camere; i punti più controversi del atto riguardano il pluralismo
dell’informazione e le posizioni dominanti in campo pubblicitario. Il testo della legge,
parzialmente emendato, viene promulgato il 3 maggio 2004. Il 31 luglio debutta Sky Italia, la
nuova pay-tv del magnate australiano Rupert Murdoch, nata dalla fusione di Telepiù con
Stream.
Il resto è storia recente: nel giro di pochi mesi si succedono alla presidenza di Viale Mazzini i
reggenti il sociologo Francesco Alberoni e il “vecchio” Sandro Curzi, fino alla nomina di
Claudio Petruccioli nel 2005. Quest’ultimo rimase al suo posto fino alla scadenza del suo
mandato, nel 2009, nonostante le critiche sollevate da più parti per la scarsa competenza
mostrata e l’eccessivo servilismo politico83
. A Petruccioli subentra Paolo Garimberti che resta
presidente per tre anni, mentre nella posizione di direttore generale si avvicendano Alfredo
Meocci, Claudio Cappon, Mauro Masi e Lorenza Lei. Nel frattempo la Rai aumenta la sua
offerta di canali: dalla “manna” rappresentata dal digitale terrestre e dal beauty contest84
che
lo regola, nascono Rai 4, Rai Storia, Rai 5, ecc. Si delinea così l’attuale bouquet di canali
digitali disponibili. Dal 2010 inizia il processo di transizione dal segnale analogico al digitale
terrestre, finché nel 2012 (il 4 luglio per la precisione) la Rai, come così le altre emittenti
italiane, spegne definitivamente tutti i suoi canali analogici. La caduta del Governo
Berlusconi IV, avvenuta il 12 novembre 2011, mette la parola “fine” (forse?) a vent’anni di
politica condizionata, nel bene e nel male, a destra come a sinistra, dal Cavaliere. Il 16 dello
stesso mese il Capo dello Stato Giorgio Napolitano nomina Mario Monti premier. Comincia
l’era del cosiddetto “Governo tecnico”. Anche la Rai, quindi, ne subisce le conseguenze: dopo
le usuali difficoltà per i vari contrasti politici, l’attuale organigramma dei vertici aziendali85
è
81
A. Grasso, Storia della televisione, cit., pag. 742
82
P. Gomez, M. Travaglio, Regime, cit.
83
P. Gomez, M. Travaglio, Inciucio, cit., pag. 5.
84
Il meccanismo del “beauty contest” (varato durante il Governo Berlusconi e presente anche in altri Paesi)
prevede la cessione gratuita da parte dello Stato delle frequenze rese libere dal passaggio alla tecnologia digitale
terrestre: le nuove frequenze, al posto di venir vendute ad altre potenziali emittenti, vanno gratis “ai più belli”,
cioè alle televisioni già sul mercato, che sono più consolidate e che, si suppone, possano disporre in modo
migliore delle nuove risorse.
85
Al riguardo, Giorgio Simonelli si dice “moderatamente ottimista”, anche se tiene a precisare che “per ora” non
può “formulare giudizi”. Secondo il professore “Anna Maria Tarantola è una donna che, noto il suo curriculum,
è adatta a risolvere la crisi economica della Rai”, mentre “il PD ha nominato Gherardo Colombo e Benedetta
Tobagi, due personaggi espressioni della società civile” che “non avranno competenze specifiche, ma sono di
indubbia rettitudine morale. Altre parte politiche hanno agito diversamente, ma non sta a me giudicare. Un passo
avanti rispetto agli anni scorsi è stato fatto: questo è un CdA più equilibrato”. Per Simonelli, inoltre, “un punto
cruciale che la nuova amministrazione dovrà affrontare è quello del digitale terrestre: assistiamo ad un brulicare
21
così composto: presidente della Rai Anna Maria Tarantola86
, direttore generale Luigi
Gubitosi87
, consiglieri d’amministrazione Marco Pinto (area Governo), Antonio Verro,
Antonio Pilati, Luisa Todini, Guglielmo Rositani (area PdL), Gherardo Colombo, Benedetta
Tobagi (area PD) e Rodolfo De Laurentis (area terzo polo)88
.
di nuovi canali, perlopiù di proprietà dei maggiori broadcaster già sul mercato” e perciò “sarebbe ora di mettere
un po’ di ordine nel settore e razionalizzare l’offerta televisiva”.
86
Marco Mele, “Rai, Tarantola eletta presidente”.
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-07-13/tarantola-eletta-presidente-063843.shtml?uuid=AbRQN56F
87
Redazione Corriere online, “Rai: cda nomina Gubitosi direttore generale”.
http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Economia/Rai-cda-nomina-Gubitosi-direttore-generale/17-07-2012/1-
A_002265413.shtml
88
Redazione Il Post, “È stato eletto il nuovo consiglio di amministrazione della RAI”.
http://www.ilpost.it/2012/07/05/il-casino-della-vigilanza-rai/
22
Rai – Radiotelevisione Italiana
Ministero
dell’Economia e
delle Finanze
(99,56%)
SIAE (0,44%)
Consiglio
d’Amministrazione
Direttore Generale
(comprende Rai
Vaticano e Rai
Quirinale)
Vice Direttore
Generale per il
coordinamento
dell’offerta
Area trasmissiva
(Rai Way)
Area Commerciale
(Sipra)
Area Editoriale
Televisione Radiofonia (marketing, ottimizzazione palinsesto e
programmi, produzione, risorse radiofoniche,
Radio1, Radio2, Radio3, Isoradio, GR Parlamento,
WebRadio Rai,
programmi radiofonici, canali radio di P.U.)
Nuovi Media e DTT (Digitale
Terrestre, supporto e
pianificazione, ingegneria
multimediale, Rai.tv, Rai.it)
Reti (Raiuno,
Raidue, Raitre, Rai 4,
Rai 5, Rai Premium,
Rai Movie, Rai
Storia, Rai YoYo,
Rai Gulp, Rai News,
Rai Sport 1, Rai
Sport 2, Rai HD, Rai
Scuola, Rai Italia)
Informazione (Tg1,
Tg2, Tg3, TgR, Tg
Sport, Rai
Parlamento, Rai
News 24, Televideo,
corrispondenti esteri)
Supporto Tv (risorse
televisive, produzione
Tv, Rai Teche)
Generi (Rai Cinema e
01 Distribution, Rai
Fiction, Rai
Educational)
Elaborazione personale. Fonte: Rai Marketing, 2011
Figura 1. Organigramma aziendale della Rai:
23
Tabella 1. Consiglio d’Amministrazione attuale (luglio 2012):
CAPITOLO 2 – BREVE ANALISI COMPARATIVA TRA SERVIZI PUBBLICI
TELEVISIVI: LA SITUAZIONE ITALIANA E I CASI DI GRAN BRETAGNA,
FRANCIA E GERMANIA
He who prides himself on giving what he thinks the
public wants is often creating a fictitious demand for
low standards which he will then satisfy.
(John Reith)
Prima di iniziare il confronto tra le emittenti di servizio pubblico televisivo dei maggiori Stati
europei è meglio ricapitolare brevemente la situazione italiana.
Il servizio pubblico in Italia
Contesto
Il servizio pubblico Rai (reti generaliste: Raiuno, Raidue Raitre, Rai 4, Rai 5, Rai News, Rai
HD) contende al soggetto privato Mediaset (Retequattro, Canale 5, Italia 1, La5, Italia 2,
Mediaset Extra, TgCom 24) il primato del mercato, con il servizio a pagamento Sky (Sky 1,
Sky 1 HD, Sky Tg 24 e molti altri canali tematici) che occupa una buona fetta del settore ed
un altro emittente privato, Telecom Italia Media (LA7, LA7d, LA7 HD), come quarto
incomodo.
Carica Nome e cognome Quota
Presidente Anna Maria Tarantola Ministero dell’
Economia e delle Finanze
Gherardo Colombo Partito Democratico
Rodolfo De Laurentis Unione di Centro
Antonio Pilati
Popolo della Libertà
Marco Pinto Ministero
dell’Economia e delle
Finanze
Guglielmo Rositani
Popolo della Libertà
Benedetta Tobagi Partito Democratico
Luisa Todini
Popolo della Libertà
Consiglio
d’Amministrazione
Antonio Verro
Popolo della Libertà
Direttore generale Luigi Gubitosi Ministero
dell’Economia e delle
Finanze
24
Quadro legislativo
Il quadro legislativo all’interno del quale la Rai agisce è quello scaturito dalla Legge Gasparri
(legge n. 112/2004, “Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e
della RAI-Radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per l’emanazione del testo
unico della radiotelevisione”89
), dal Contratto nazionale di Servizio con lo Stato90
e dal Testo
Unico della Radiotelevisione91
. Il Contratto, rinnovato ogni tre anni, autorizza la Rai a
svolgere il servizio pubblico e stabilisce norme in materia di servizio agli utenti, per esempio
il canone di abbonamento, e di obiettivi generali e specifici dell’azienda, tra cui qualità
dell’offerta dei programmi e dell’informazione, pluralismo, tutela dei minori, passaggio al
digitale terrestre, fair play finanziario. Il Testo Unico, dal canto suo, definisce principî, fini e
competenze degli organi dello Stato, delle regioni, della Commissione di Vigilanza,
dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, disciplinando anche l’ambito tecnico del
settore.
Penetrazione della politica: relazione tra nomina dei vertici, indipendenza, imparzialità e
pluralismo interno
Attualmente (2012) la Rai è soggetta ad un particolare disciplina di governance, altamente
politicizzata92
. Così come dettato dalla legge n. 112 del 3 maggio 2004 (la Legge Gasparri), il
Consiglio d’Amministrazione è composto da nove membri, sette dei quali vengono eletti dalla
Commissione Parlamentare di Vigilanza e due indicati dal Ministero dell’Economia e delle
Finanze (il maggiore azionista della Rai)93
. Tra i consiglieri di sua nomina, il Ministero
dell’Economia indica il presidente del Consiglio d’Amministrazione il quale, per insediarsi,
deve ottenere un voto di gradimento da almeno due terzi dei membri della Commissione
Parlamentare di Vigilanza. Il Consiglio vota anche il direttore generale, che è anch’esso di
nomina del Ministro dell’Economia. I membri del CdA hanno un mandato di tre anni,
rinnovabili.
La Commissione di Vigilanza, figura istituzionale creata dalla Riforma del 1975 formata da
“quaranta membri designati pariteticamente dai Presidenti delle due Camere del Parlamento,
tra i rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari”94
, non è espressione della società civile, ma
un organo di controllo politico e tutela degli interessi particolaristici di ciascun partito e,
globalmente, del Parlamento. Il segnale positivo è certamente che la sorveglianza sul servizio
pubblico si è aperta alla presenza dell’opposizione, ma essa rimane comunque prerogativa
89
Legge Gasparri, “Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-
Radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della
radiotelevisione”. http://www.camera.it/parlam/leggi/04112l.htm
90
“Contratto di servizio 2010-2012”. http://www.segretariatosociale.rai.it/regolamenti/contratto2010_2012.html
91
Decreto legislativo n. 177 del 31 luglio 2005, “Testo unico della radiotelevisione”.
http://www2.agcom.it/L_naz/dl177_05.htm
92
Il senatore Alessio Butti, Capogruppo del PdL nella Commissione di Vigilanza, ridimensiona il ruolo della
politica nella gestione della concessionaria radiotelevisiva: “Non nego che in qualche caso la politica abbia
influito sulla scelta di questo piuttosto che quel direttore di rete o testata, ma il collegamento non è così diretto.
[…] Le figure di vertice delle reti e delle testate sono troppe e spesso troppo pagate, ma solo una piccola parte fa
chiaramente riferimento ad una esplicita parte politica. Lo stesso vale per i vertici aziendali”.
93
Si veda la Tabella 1.
94
“Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi”.
http://www.camera.it/_bicamerali/rai/norme/listitut.htm. Secondo il senatore del PdL Alessio Butti essa “è uno
strumento di indirizzo e controllo del servizio pubblico di straordinaria importanza”, che “avrebbe potuto essere
un pungolo nei confronti del Governo e del Consiglio d’Amministrazione Rai per migliorare la qualità del
pluralismo e dell’offerta televisiva, invece si è ridotta a trattare piccolo cabotaggio”.
25
della classe politica, e quindi non assicura un’informazione veramente indipendente e libera
da essa.
L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), invece, è un organismo istituito
dalla Legge Maccanico del 1997 al quale è affidato il duplice onere di salvaguardare la
corretta competizione degli operatori sul mercato e di tutelare il pluralismo e le libertà
fondamentali nel settore delle telecomunicazioni, dei mezzi di comunicazione di massa, di
internet e delle poste. Non è un’authority indipendente, poiché i suoi quattro commissari sono
eletti per metà dalla Camera dei deputati e per metà dal Senato della Repubblica, mentre il
presidente è proposto direttamente dal Presidente del Consiglio (d’intesa col Ministro dello
Sviluppo Economico). Dopo tali scelte, le investiture ufficiali vengono dal Presidente della
Repubblica. Il collegio resta in carica per sette anni.
Come ulteriore protezione da rischi di squilibri e favoritismi, in Italia esiste il regime di par
condicio95
, che prevede l’obbligo per le emittenti televisive di assicurare a tutti i soggetti
politici imparzialità ed equità di accesso: gli spazi in tv, perciò, sono ripartiti in parti uguali
tra tutti i movimenti che si presentano agli elettori. I messaggi politici autogestiti devono
avere durata massima di 3 minuti e devono essere trasmessi in appositi contenitori,
gratuitamente. Non possono essere divulgati i risultati di sondaggi nei quindici giorni
precedenti la data delle votazioni, né la presenza di personaggi politici e/o candidati in
programmi a carattere non informativo.
Mezzi di finanziamento
Fin dalla sua istituzione la Rai si finanzia sia con il canone d’abbonamento, che è uno dei più
bassi ma anche più evasi d’Europa96
, sia con la pubblicità, gestita in esclusiva dalla
concessionaria Sipra. Tutti coloro che detengono un televisore sono tenuti a pagare il canone,
ad eccezione di scuole, università, centri sociali diurni per anziani ed enti assistenziali no-
profit, qualora ne facciano richiesta. Esiste anche un canone “speciale” adattato per gli
esercizi pubblici, i locali aperti al pubblico o comunque fuori dall’ambito familiare97
.
Mission del servizio pubblico
La mission della concessionaria è, come recitano il Contratto di Servizio e il Testo Unico,
fornire un servizio pubblico di qualità e rispettoso dell’identità valoriale del Paese secondo i
principi di libertà, completezza, obiettività e pluralismo dell’informazione, garantendo un
numero adeguato di trasmissioni dedicate all’educazione, alla formazione e alla cultura;
assicurare l’accesso alla programmazione, nei limiti indicati dalla legge, in favore dei partiti
rappresentati in Parlamento, delle organizzazioni associative nazionali e delle autonomie
locali, dei sindacati, delle confessioni religiose, dei movimenti, degli enti culturali, delle
minoranze etniche e linguistiche; valorizzare della lingua e la cultura italiana; trasmettere
gratuitamente messaggi di utilità sociale o di interesse pubblico e di contenuti, in fasce orarie
appropriate, destinati specificamente ai minori; destinare una quota non inferiore al 15
95
Legge n. 515 del 10 dicembre 1993, “Disciplina delle campagne elettorali per l’elezione alla Camera dei
Deputati e al Senato della Repubblica” (http://www.senato.it/istituzione/108469/108476/genpagspalla.htm),
integrata dalla legge n. 28 del 22 febbraio 2000, “Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione
durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica”
(http://www2.agcom.it/l_naz/l_220200_28.htm).
96
Relazione sulla gestione, “Le risorse”. http://www.bilancio2007.rai.it/ita/relazione/rel02.htm
97
Associazione Ampi, “Tutto quesiti sul canone televisivo ed il canone radio: chi, quando e come si paga
l’abbonamento RAI”.
http://www.associazioneampi.it/normative_pdf/LE%20ISTRUZIONI%20PER%20L'USO%20PER%20PAGAR
E%20CORRETTAMENTE%20L'ABBONAMENTO%20RAI.pdf
26
percento dei ricavi annui alla produzione di opere europee; sviluppare la tecnologia digitale
terrestre; tutelare le persone portatrici di handicap; potenziare i centri di produzione
decentrati.
Il servizio pubblico in Gran Bretagna
Contesto
Il sistema televisivo della Gran Bretagna è un sistema misto, caratterizzato da un’emittente di
servizio pubblico, la British Broadcasting Corporation (BBC) che possiede parecchi canali
generalisti (i più seguiti sono BBC One, BBC Two, BBC Three, BBC Four, BBC HD, BBC
News) e da altre emittenti private nazionali: la Independent Television (ITV 1, ITV 2, ITV 3,
ITV 4, ITV HD), Channel 498
(Channel 4, Channel 4 More, E4) e Channel 5, oltre alla
piattaforma a pagamento di Rupert Murdoch BritishSkyBroadcasting (BSkyB) e UKTV
(partecipata dalla stessa BBC tramite la sua sezione Worldwide). La BBC è stata fondata nel
1922 e dal 1926 è un ente pubblico .
Quadro legislativo
In un sistema giuridico di common law99
, tra le poche fonti scritte vanno ricordati il Television
Act del 1954100
, la Royal Charter101
e l’Agreement between the Secretary of State for National
Heritage and the BBC102
. Il primo pose le premesse del superamento del monopolio della
BBC, consentendo anche ai privati l’ingresso nel mercato radiofonico e audiovisivo. Il
secondo e il terzo documento sono quelli su cui si basa il servizio pubblico: la Royal Charter
è la concessione reale per lo svolgimento dell’attività, è stata concessa per la prima volta nel
1926 (con durata decennale) e in seguito rinnovata continuamente, l’Agreement stabilisce
l’autonomia nella scelta dei programmi, dei palinsesti, nella gestione del canone e gli obblighi
della concessionaria nei confronti degli utenti e dei parametri di qualità; l’Agreement viene
ratificato dalla House of Commons. Il settore privato, invece, è disciplinato diversamente.
Penetrazione della politica: relazione tra nomina dei vertici, indipendenza, imparzialità e
pluralismo interno
Fin dal 1926 la BBC è stata considerata sotto la giurisdizione del Governo, precisamente del
ministero delle Poste; nella realtà i vari esecutivi succedutisi si sono trovati d’accordo col
Parlamento nel decidere che il potere dei primi era da considerarsi solo in linea di principio e
che la società dovesse essere indipendente dal Governo nello svolgimento delle sue attività.
Tale indipendenza è considerata indispensabile per togliere al partito di maggioranza la
tentazione di servirsi delle radiodiffusioni per fini politici. La mirabile indipendenza della
BBC è accettata da tutti come un dogma: è per questo che, nella prassi, l’autonomia di
98
Nonostante riceva ridottissimi fondi statali, Channel 4 è in realtà un’azienda di proprietà pubblica ed è
costretta a comportarsi in modo più simile alla BBC che a ITV. Si autofinanzia tramite un’abbondante raccolta
commerciale e pubblicitaria.
99
Il sistema del common law è un modello di ordinamento giuridico, di matrice anglosassone, basato più sui
precedenti giurisprudenziali che su atti normativi scritti (sui quali è basata invece l’altra grande tradizione
giuridica europea, il civil law, di matrice continentale). Questo sistema è attualmente in vigore nel Regno Unito,
negli Stati Uniti d’America e in parecchi Paesi del Commonwealth.
100
en.wikipedia.org
101
BBC Trust, “Charter and Agreement”.
http://www.bbc.co.uk/bbctrust/governance/regulatory_framework/charter_agreement.html
102
Ibidem.
27
gestione è sempre stata più accentuata di quanto lasciassero intuire gli articoli del suo statuto.
Sia il Governo che il Parlamento, nell’esperienza inglese, hanno un raggio d’azione limitato in
materia di televisione: il Parlamento esercita il suo controllo sul bilancio e dibatte sia la Royal
Charter che l’Agreement, mentre il Governo ha il diritto di proporre nomine al Board of
Governors e di revocare o rinnovare la Royal Charter. Il Board è composto da 12 membri in
carica per 5 anni, non licenziabili dal potere esecutivo, nominati formalmente dalla Regina, in
pratica dal Primo Ministro, dopo una lunga fase di selezione. I Governors nominano a loro
volta il direttore generale.
Nonostante sia considerata un “modello” in tutta Europa e oltre per onestà e competenza,
nemmeno la BBC è sfuggita a critiche riguardo la sua presunta parzialità. In ogni caso, il
grado di autonomia dal Parlamento di cui gode è ampio e fattuale; rarissime le ingerenze del
Governo (il Primo Ministro Thatcher però vietò la messa in onda delle registrazioni audio dei
terroristi dell’IRA). La BBC, con le Producers’ Guidelines, ha stabilito regole di imparzialità
interna (le clausole dell’Agreement vietano l’editorializing, ovvero la parzialità motivata),
definite quale “ragion d’essere” dell’azienda, di pluralismo interno e di tutela delle
minoranze. Secondo le Guidelines, la BBC ha l’obbligo di servire l’interezza della nazione,
quindi deve dare spazio a tutti i principali punti di vista. L’imparzialità, ad ogni modo, non è
un principio di validità assoluta: riguardo ai principi fondamentali della democrazia è
consentita la deroga all’assoluta neutralità e al distacco (questa è l’unica “eccezione”). Il fine
del servizio è che la gente si faccia un’idea propria dei fatti e ne tragga personali
considerazioni, non si deve capire quale sia l’opinione del giornalista.
La disciplina delle campagne elettorali è diversa per il settore pubblico da quello privato. Il
Representaion of the People Act del 1983103
e il suo emendamento del 2000104
recano
disposizioni sulle presenze televisive dei candidati, mentre per gli spazi di propaganda
esistono degli accordi specifici tra BBC e partiti. Non è ammessa la pubblicità politica.
Mezzi di finanziamento
Il servizio pubblico della BBC non è finanziato dalla pubblicità, ma solo dal canone, garantito
dalle disposizioni della Royal Charter. Sebbene la pubblicità sia esclusa, nel 1999 quasi il
15% delle entrate provenivano da attività commerciali. Tali attività sono nettamente separate
da quelle del servizio pubblico: infatti le operazioni di lucro sono svolte da BBC Worldwide
(la società incaricata delle trasmissioni e dei servizi all’estero), creata nel 1994 come gruppo
autonomo, ma le cui azioni sono interamente in mano alla BBC. BBC Worldwide ha quindi
quadri dirigenziali e bilancio indipendente (per non mischiare risorse commerciali e servizio
pubblico) e il suo fine è proprio lo sviluppo delle attività commerciali, per consentire alla
BBC di trarre ricavi aggiuntivi rispetto al finanziamento pubblico. Il sistema “doppio” di
finanziamento non è mai stato messo in discussione, a causa della più che soddisfacente
qualità offerta.
Mission del servizio pubblico
La BBC, dall’indirizzo datele dal fondatore John Reith (primo direttore generale dal 1926 al
1949), ha una solida tradizione di qualità, tanto da essere considerata un “modello” a livello
mondiale, specie perché è riuscita a coniugarla anche con l’audience. La mission dichiarata è
il trittico “informare-educare-divertire”. Il concetto di informare è declinato in modo “attivo”:
la gente deve sapere per poi agire, non è solo un informare fine a se stesso. La BBC,
103
“Representation of the People Act 1983”. http://www.legislation.gov.uk/ukpga/1983/2
104
“Representation of the People Act 2000”. http://www.legislation.gov.uk/ukpga/2000/2/contents
28
tradizionalmente, è attenta non solo a soddisfare i gusti dei telespettatori, ma anche di
arricchirli culturalmente.
Il servizio pubblico in Francia
Contesto
Il mercato generalista si presenta dominato da un broadcaster privato, TF1 (ex-rete
ammiraglia del servizio pubblico), e da due canali di proprietà pubblica, France 2 e France 3.
Nell’esperienza francese un’istituzione “pubblica” è un’istituzione “di Stato”, cioè uno
strumento a disposizione dell’esecutivo. In passato l’Office de Radiodiffusion-Télévision
Française (ORTF), emittente monopolista dei tre canali pubblici (La Première Chaîne, La
Deuxième Chaîne e La Troisième Chaîne Couleur), è parsa a molti osservatori troppo vicina
al Governo, perciò nel 1974 la società è stata scorporata e, di conseguenza, sono nati tre canali
distinti, TF1, Antenne 2 e France Régions 3. Nel 1987 il Primo Ministro Jacques Chirac105
procedette con la privatizzazione di un canale al fine di liberalizzare il mercato, e la scelta
ricadde su TF1. Ora vige un sistema misto pubblico-privato, regolato complessivamente dal
Conseil Supérieur de l’Audiovisuel (CSA)106
. Queste le principali emittenti generaliste
disponibili: il consorzio pubblico France Télévisions, nato dalla legge di riforma n. 719 del 1°
agosto 2000107
e modificato dalla legge n. 258 del 5 marzo 2009108
(France 2, France 3,
France 4, France 5, France Ô, Reseau Outre-Mer 1ère
, e che detiene pure il 50% del canale
culturale franco-tedesco ARTE), quelli privati Groupe TF1 (TF1, TMC e NT1), Métropole
Télévision (M6, W9, Paris Première) e Groupe Canal+ (Canal+, Direct 8).
Quadro legislativo
Il mercato è strutturato da numerose regole decretate dal Conseil Supérieur de l’Audiovisuel,
creato dalla legge nel 1989: per esempio, ciascuna delle emittenti di France Télévisions ha il
dovere di trasmettere almeno 15 ore l’anno di opere liriche e di danza, 16 ore di musica
classica, esiste un tetto massimo di 192 film all’anno, ecc. Il settore è disciplinato dalla legge
n. 1067 del 30 settembre 1986, che è stata corretta nel tempo (1989, 1994, ecc.). La legge n.
1170 del 29 dicembre 1990 ha introdotto una distinzione fondamentale, attribuendo il settore
delle telecomunicazioni al ministro delle Telecomunicazioni e il settore audiovisivo al CSA. I
Cahiers des charges sono dei documenti, atti unilaterali di natura amministrativa (e non dei
contratti) in cui si specificano le clausole di una collaborazione professionale; adottati dal
Primo Ministro o dal ministro competente, essi sono impugnabili dai privati di fronte al
giudice amministrativo, in caso di abuso di potere. Quasi ogni aspetto del settore televisivo
viene regolamentato con dei Cahiers. Ciascun canale pubblico deve perseguire alcuni
105
Jacques Chirac (Parigi, 1932) è stato un uomo politico francese, esponente di spicco del partito gollista (RPR)
e del nuovo polo di centrodestra fondato nel 2002 dall’unione di diverse correnti golliste, liberali, conservatrici e
democristiane (UMP). E’ stato sindaco di Parigi dal 1977 al 1995, Primo Ministro dal 1974 al 1976 sotto la
presidenza Giscard d’Estaing e dal 1986 al 1988 sotto quella di Mitterrand. Dal 1995 al 2007 ha ricoperto la
carica di Presidente della Repubblica Francese.
106
Conseil Supérieur de l’Audiovisuel. http://www.csa.fr/
107
Legge n. 719 del 1° agosto 2000 che modifica la legge n. 1067 del 30 settembre 1986, “La libertà di
comunicazione”.
http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000000402408&dateTexte=&categorieLien
=id
108
Legge n. 258 del 5 marzo 2009, “La comunicazione audiovisiva e il nuovo servizio pubblico televisivo”.
http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000020352071&dateTexte=&categorieLien
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La lottizzazione della Rai_Partiti politici e servizio pubblico televisivo in un quadro comparato

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  • 2. 2 Indice Introduzione……………………………………………………………………………………4 Capitolo 1 – Le vicende storiche Gli inizi: dal fascismo al dopoguerra…………………………………………………………..6 Gli anni ’60: l’era Bernabei e il monopolio statale………………………………………….....9 Gli anni ’70: la fine dell’era Bernabei e la proliferazione delle televisioni “libere”………....12 Gli anni ’80: l’arrivo di Fininvest e il tramonto del monopolio……………………………....14 Gli anni ’90: il trionfo del duopolio e la “discesa in campo” di Berlusconi………………….16 Gli anni recenti: il “regime” e la rivoluzione digitale.………………………………………..18 Figura 1. Organigramma aziendale della Rai…………………………………………………22 Tabella 1. Consiglio d’Amministrazione attuale (luglio 2012)………………………………23 Capitolo 2 – Breve analisi comparativa tra servizi pubblici televisivi: la situazione italiana e i casi di Gran Bretagna, Francia e Germania Il servizio pubblico in Italia Contesto………………………………………………………………………………………...23 Quadro legislativo………………………………………………………………………………..24 Penetrazione della politica: relazione tra nomina dei vertici, indipendenza, imparzialità e pluralismo interno………………………………………………………………………………..24 Mezzi di finanziamento…………………………………………………………………………...25 Mission del servizio pubblico………………………………………………………………….…..25 Il servizio pubblico in Gran Bretagna Contesto………………………………………………………………………………………...26 Quadro legislativo………………………………………………………………………………..26 Penetrazione della politica: relazione tra nomina dei vertici, indipendenza, imparzialità e pluralismo interno………………………………………………………………………………..26 Mezzi di finanziamento…………………………………………………………………………...27 Mission del servizio pubblico……………………………………………………………………...27 Il servizio pubblico in Francia Contesto………………………………………………………………………………………...28 Quadro legislativo………………………………………………………………………………..28 Penetrazione della politica: relazione tra nomina dei vertici, indipendenza, imparzialità e pluralismo interno………………………………………………………………………………..29 Mezzi di finanziamento…………………………………………………………………………...30 Mission del servizio pubblico…………………………………………………………………...…30 Il servizio pubblico in Germania Contesto………………………………………………………………………………………...31 Quadro legislativo………………………………………………………………………………..32 Penetrazione della politica: relazione tra nomina dei vertici, indipendenza, imparzialità e pluralismo interno…………………………………………………………………………….….33 Mezzi di finanziamento…………………………………………………………………………...33 Mission del servizio pubblico……………………………………………………………………...34
  • 3. 3 Conclusione…………………………………………………………………………………...35 Appendice 1 – Cronologia delle cariche dirigenziali della Rai Tabella 2. Presidenti della Rai……………………………………………………………………..37 Tabella 3. Direttori generali della Rai……………………………………………………………….37 Tabella 4. Amministratori delegati della Rai…………………………………………………………38 Appendice 2 – Intervista a due esperti………………………………………………………..39 Bibliografia…………………………………………………………………………………...43 Sitografia……………………………………………………………………………………...44
  • 4. 4 INTRODUZIONE La parola “lottizzazione” viene da “lotto” (fr. lot, da un’antica voce franca, col significato di “eredità, sorte, bottino, parte assegnata”) e ha una connotazione di tipo edilizio-urbanistico. In tempi recenti, però, il termine è stato sempre più riferito all’ambito politico, ad indicare la spartizione concordata di cariche dirigenziali in aziende ed enti pubblici tra i diversi partiti politici o fazioni, ai fini di distribuire tali cariche a guisa di benefit per i sostenitori di quelle parti politiche stesse. Il vocabolo lottizzazione fu applicato per la prima volta alla Rai (in un’accezione fortemente polemica) dal giornalista e scrittore Alberto Ronchey, in una lettera inviata a Ugo La Malfa il 14 ottobre 19681 , ma si può dire, senza timore di essere smentiti, che la televisione è, in Italia, il mass media che più di ogni altro ha subìto l’influenza della politica nel corso del tempo. Prima dell’affermazione di Ronchey, la Rai era già sotto uno stretto controllo politico, più precisamente del Governo, all’epoca monopolizzato già da venti anni dal partito della Democrazia Cristiana. La situazione cambia con la Riforma del 1975, che pone le premesse per l’istituzionalizzazione della spartizione partitica della Rai: sotto la bandiera del pluralismo, la concessionaria del servizio pubblico viene messa a disposizione del Parlamento, non più del Governo. Ciò porterà ad una progressiva lottizzazione delle reti e dei rispettivi telegiornali a favore dei partiti più forti nell’emicerchio, ovvero la solita Democrazia Cristiana (che si accaparra l’intera Raiuno), il Partito Socialista Italiano (a cui va Raidue) e il Partito Comunista Italiano (che si impossesserà di Raitre). Questo quadro verrà ribaltato da Tangentopoli: i partiti storici si dissolvono e vengono sostituiti da nuove forze politiche (Forza Italia, Lega Nord, Partito Democratico della Sinistra, Centro Cristiano Democratico) ma la lottizzazione sarà un fenomeno che sopravviverà e, al contrario, prospererà nella cosiddetta Seconda Repubblica, venendo coadiuvato da un principio nuovo, la par condicio. Detto questo, la domanda sorge spontanea: perché la televisione italiana è sempre parsa un’appendice della politica, uno strumento asservito al potere e ai partiti? E fino a che punto tale percezione ha corrisposto alla realtà dei fatti e quanto, invece, vi è stato di strumentalizzazioni polemiche? Questo lavoro cercherà di dare una risposta a tale quesito, suddividendosi in due parti. La prima riguarda le vicende storiche del servizio pubblico che, nel nostro Paese, è incarnato nella Rai, con un focus particolare sui meccanismi di nomina dirigenziale e sull’influenza che il potere politico ha ed ha avuto su di essa. La seconda si presenta come un breve confronto, 1 Il segretario repubblicano aveva chiesto a Ronchey di accettare, da “indipendente” ma su designazione del suo partito, una nomina nel Comitato Direttivo e nel Consiglio d’Amministrazione dell’azienda. Ronchey però rifiuta. A questa prima lettera ne seguirono altre due, datate rispettivamente 21 ottobre e 14 novembre dello stesso anno. E in tutte e tre compare, in questo nuovo significato televisivo, la parola “lottizzazione”. Nella prima lettera Ronchey ne denuncia l’imminente pericolo; nella seconda rafforza la sua analisi; nella terza rifiuta definitivamente la proposta. Ecco una selezione delle tre lettere: 1. “Caro La Malfa, un’improvvisa spartizione del potere, concordata fra democristiani e socialisti senza chiedere altri consigli e a quanto pare senza ripensamenti, sta per sconvolgere il Telegiornale e i Servizi giornalistici della televisione. […] Si direbbe che i partiti perseguano in questo delicato servizio pubblico un puro profitto di potere -così come altrove il mondo della pubblicità e degli affari piega le televisioni commerciali a fini di puro profitto economico- senza riguardo per la qualità dell’informazione e per l’opinione pubblica, con grande sperpero di risorse tecniche e culturali. Ai lottizzatori della tv basta che ogni redazione abbia un direttore democristiano e un vicedirettore socialista. […]” 2. “[…] Esempi: Telegiornale, Servizi collaterali, programmi culturali-educativi. Questa lottizzazione non può essere funzionale per l’azienda né utile dal punto di vista dell’interesse pubblico; è semplicemente meccanica […] e per assurdo un socialista è nei migliore dei casi un “vice” per definizione”. 3. “Non ho avuto sufficienti garanzie contro la prospettiva che la RAI-TV sia gestita in base a un rigido accordo fra due partiti, scavalcando il Comitato Direttivo dell’azienda […]. In tali circostanze, non vedo quale apporto potrei dare alla RAI-TV se fossi membro del suo Consiglio d’Amministrazione e del suo Comitato Direttivo […]. Ti ringrazio della fiducia che il tuo partito mi aveva dato, designandomi a quegli incarichi in condizione di autonomia e come professionista indipendente”.
  • 5. 5 tenendo fermi i parametri di comparazione, tra le emittenti di servizio pubblico di Italia, Gran Bretagna, Francia e Germania. Dopo la conclusione, un’appendice riporta gli elenchi dei presidenti, dei direttori generali e degli amministratori delegati della Rai, oltre a due interviste dedicate al parere di due esperti, a loro modo diversi, sull’attuale condizione della Radiotelevisione Italiana.
  • 6. 6 CAPITOLO 1 – LE VICENDE STORICHE Gli inizi: dal fascismo al dopoguerra Sa come si costruisce un potere personale in un’azienda? Ma semplicemente così: il potente mette i suoi amici nei posti chiave e fa sempre sentir loro che, se stanno seduti dove stanno seduti, lo devono a lui. Essi devono capire bene anche questo: che in quattro e quattr’otto, se il potente lo volesse, potrebbe rispedirli a casa. (Ettore Bernabei) La specificità della gestione fortemente politicizzata della televisione in Italia emerge già in modo inequivocabile dal quadro in cui il servizio pubblico venne a crearsi, durante il Ventennio fascista. Il 27 agosto 1924, grazie all’impegno del ministro delle Comunicazioni Costanzo Ciano, nacque l’Unione Radiofonica Italiana (URI), la prima società concessionaria della radiodiffusione2 . L’URI era di proprietà privata, partecipata da aziende come General Electric, Società Idroelettrica Piemontese (SIP) e FIAT3 . Nel 1927 il Governo ne assunse il controllo azionario e la trasformò in un ente pubblico, l’Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche (EIAR)4 . L’EIAR si configurò quindi come uno straordinario mezzo di propaganda a disposizione dell’establishment politico al potere e per oltre quindici anni svolse il compito di coagulare consenso attorno all’ideologia totalitaria di Mussolini. A seguito della caduta del regime fascista, l’EIAR cambiò denominazione e diventò RAI (Radio Audizioni Italiane) il 26 ottobre 1944, con il decreto legislativo luogotenenziale n. 4575 . Sotto la supervisione degli Alleati e con l’instaurazione della repubblica6 , nel 1947 venne delineato il nuovo quadro legislativo, a dir la verità piuttosto carente (ma prontamente sfruttato dal partito che avrebbe egemonizzato la vita politica dei decenni successivi, la Democrazia Cristiana), che avrebbe regolato le trasmissioni radiofoniche della RAI7 : così non fu toccato il diritto dell’esecutivo alla gestione esclusiva del servizio pubblico di radiodiffusione (tramite il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni che, tra le altre cose, controllava l’approvazione dello statuto aziendale e provvedeva alla nomina del presidente e dell’amministratore delegato dell’ente concessionario) e vennero creati due organi nuovi, il Comitato per la determinazione delle direttive di massima culturali, artistiche ed educative8 e la Commissione parlamentare di vigilanza9 . Entrambe le figure collegiali saranno sempre poco considerate, specialmente la seconda avrà un impatto pari allo zero per ciò che riguarda 2 Franco Monteleone, Storia della radio e della televisione in Italia, Marsilio, Venezia, 2001 (IV edizione), pag. 19. 3 “La Radiotelefonia in Italia: dalla SIRAC alla RAI”. http://www.cisi.unito.it/marconi/rai.html 4 F. Monteleone, Storia della radio e della televisione, cit., pag. 47. 5 Aldo Grasso, Storia della televisione italiana, Milano, Garzanti, 2004, pag. 5. 6 Che il popolo italiano aveva scelto nel referendum istituzionale del 2 giugno 1946. 7 Decreto legislativo n. 428 del 3 aprile 1947, “Nuove norme in materia di vigilanza e controllo sulle radiodiffusioni circolari”. http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:1947-04-03;428$art5 8 Era un organo tecnico chiamato a sovrintendere alla programmazione; nella prassi, tuttavia, si trovò ad occuparsi solo di aspetti culturali e d’intrattenimento. Era composto da personalità del mondo della cultura, delle arti, di associazioni di categoria. Il presidente era nominato dal Consiglio dei Ministri. Cfr. decreto legislativo n. 428 del 3 aprile 1947, artt. 8, 9 e 10. 9 Ivi, artt. 11, 12, 13 e 14. La Commissione era composta da 17 rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari, portati nel 1949 a 30, e aveva “il compito di vigilare affinché [fosse] assicurata l’indipendenza politica e l’obiettività informativa”. Tuttavia, sia l’indeterminatezza dei suoi compiti che la facoltà di intervenire ex post e non ex ante, penalizzò enormemente fin dall’inizio l’azione della Commissione.
  • 7. 7 il tentativo di un indirizzo maggiormente democratico da imprimere all’attività dell’azienda, paralizzata dalle contrapposizioni tra i partiti che rifletteranno i rapporti di forza presenti in Parlamento10 . Il 10 febbraio 1950 la RAI prese parte alla costituzione dell’Union Européenne de Radiodiffusion (UER), di cui divenne membro permanente nel Consiglio d’Amministrazione. Due anni dopo, precisamente il 26 gennaio 1952, lo Stato italiano concesse alla RAI11 l’esclusiva dei servizi di radiodiffusione e telediffusione per la durata di vent’anni, ovvero fino al 15 dicembre 197212 , mentre il 19 novembre dello stesso anno un decreto ministeriale definì il canone d’abbonamento per la televisione13 . Il 3 gennaio 1954 l’annunciatrice Fulvia Colombo diede avvio alle trasmissioni televisive regolari del Programma Nazionale14 , mentre l’11 aprile 1954 si giunse al nome attuale di Radiotelevisione Italiana (Rai)15 . Come si può subito notare, l’EIAR, la prima emittente radiotelevisiva del nostro Paese, nacque in un contesto egemonizzato dal Governo e la RAI susseguente non è altro che una costruzione in buona parte identica a quella che l’ha preceduta, anch’essa sotto il controllo, più o meno evidente, dell’esecutivo. Come la società che l’aveva preceduta, il primo Consiglio d’Amministrazione della RAI era composto da 15 membri compresi presidente, due vicepresidenti e direttore generale16 , ma se l’EIAR era a partecipazione mista pubblica e privata, la situazione emergenziale post-bellica impose allo Stato, nello specifico al Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, il rilevamento dell’intero pacchetto azionario, tramite l’IRI17 . La Convenzione del 26 gennaio 1952 delineò una nuova struttura del Consiglio d’Amministrazione: i membri designati direttamente dall’esecutivo passavano da 4 a 6 e sempre all’esecutivo spettavano l’approvazione delle cariche di presidente, amministratore delegato e direttore generale, mentre gli altri 10 membri erano eletti dagli azionisti (in sostanza l’IRI), per un totale di 16 persone18 . Di fatto la Convenzione del 26 gennaio 1952 considerava le nomine dei quadri dirigenti un incarico “di esclusiva competenza del Governo”19 . Il deputato socialista Giovanni Pieraccini attaccò duramente in Parlamento la nuova Convenzione: “E’ mai possibile che ad un certo momento, addirittura all’improvviso, si decida di un fatto di tale importanza come il rinnovo della concessione alla RAI, senza che l’opinione pubblica venga interpellata, senza che il Parlamento ne venga a conoscenza? Fino a questo momento il Parlamento è all’oscuro di tutto quanto è avvenuto. […] Come potete voi, uomini che vi chiamate democratici (che sostenete anzi di essere i “veri” rappresentanti della “vera” democrazia contro la minaccia delle forze totalitarie di destra e di sinistra) non aver sentito, non dico la necessità di modificare questo articolo [del codice postale, nda], ma almeno il dovere morale, comunque, di informare il Parlamento, di aspettare la discussione di questo bilancio, prima di pubblicare il decreto presidenziale? Il rinnovo è avvenuto all’improvviso 10 Franco Monteleone, Storia della RAI dagli Alleati alla DC, 1944-1954, Laterza, Roma-Bari, 1980, pag. 103. 11 Precisamente con la Convenzione tra Stato e RAI approvata con d.p.r. n. 180, che innovava quella stipulata tra la monarchia e l’EIAR risalente al 1927. 12 A. Grasso, Storia della televisione, cit., pag. 5. 13 Ibidem. 14 Così si chiamava Raiuno, unico canale televisivo a disposizione dei telespettatori fino al 1961. 15 F. Monteleone, Storia della radio e della televisione, cit., pag. 275 16 Struttura che ricalcava lo statuto dell’EIAR approvato con il regio decreto-legge del 29 luglio 1933. F. Monteleone, Storia della radio e della televisione, cit., pag. 50. 17 Istituto per la Ricostruzione Industriale. Ente pubblico fondato nel 1933 da Benito Mussolini, con lo scopo di salvare dal fallimento le banche italiane colpite dal Venerdì Nero. Sopravvisse al cambio di regime e nel dopoguerra divenne la più grande holding pubblica italiana. Alcune delle aziende più famose da essa gestite erano Rai, Alitalia, Società Autostrade, Banca Commerciale Italiana, Banco di Roma, SME, Finmeccanica, Fincantieri. L’Istituto venne liquidato nel 2002. 18 Giulia Guazzaloca, Una e divisibile: la RAI e i partiti negli anni del monopolio pubblico (1954-1975), Mondadori Education-Le Monnier, Milano-Firenze, 2011, pag. 22. 19 Ivi.
  • 8. 8 con una discussione fra poche persone. E lo abbiamo dovuto apprendere dalla stampa e poi leggerlo sulla Gazzetta Ufficiale”20 . Il rinnovo era stato condotto in segreto, con evidente disappunto e sdegno delle sinistre, le quali però per anni non andarono oltre alla critica anticapitalistica, abbastanza semplicistica e ottusa, del nuovo mezzo a disposizione degli italiani, senza mai proporre soluzioni per una gestione migliore del tubo catodico; solo la DC comprese e colse l’opportunità in pieno. Vediamo qui una caratteristica fondamentale che sarà destinata a manifestarsi lungo i decenni successivi: la mancanza della cultura dell’indipendenza politica del servizio pubblico radiotelevisivo, che si espresse in una sorta di “vassallaggio al Governo”21 . Inoltre, la Rai si contraddistingueva già allora nel quadro europeo per essere una specie di azienda a connotazione ibrida, a metà strada tra ente pubblico e società privata, nella quale finanziamenti di tipo diverso, come canone di abbonamento e ricavi pubblicitari, si affiancavano sistematicamente22 . Nel primo biennio di attività il presidente della RAI fu il giurista cattolico-liberale Carlo Arturo Jemolo, sostituito nel 1946 dal democristiano Giuseppe Spataro. Di fatto l’azienda era saldamente in mano ad un ristretto gruppo torinese, guidato dal direttore generale Salvino Sernesi e soprattutto dal vicedirettore Marcello Bernardi, che rappresentava la continuità manageriale tra il periodo fascista e quello repubblicano-democratico. Sernesi proveniva dalla SIP, la prima grande società telefonica italiana, come molti quadri dell’EIAR. Al loro fianco operavano dirigenti come Giulio Razzi (l’autore, tra l’altro, di Faccetta nera), Antonio Piccone Stella (attento ad una produzione di livello colto23 ), Sergio Pugliese (drammaturgo e giornalista, ex-EIAR), Fulvio Palmieri, Aldo Passante, Marcello Severati. Era una dirigenza di area liberale e simpatie massoniche (Ettore Bernabei li chiamerà sprezzantemente “quelli del Circolo del Whist”, o “gli aziendali”, o ancora “i mandarini”), poco condizionabile dai compromessi tra i partiti politici e ancorata ad un modello culturale rispettoso del moderatismo cattolico. Il gruppo di vertice si distingueva per una conduzione sobria, ma poco sensibile alle dirompenti novità che il mezzo avrebbe arrecato. A consolidare il potere dei cosiddetti “torinesi”, venne messo a capo della SIPRA24 (in cui resterà per un quarto di secolo) Enrico Martini detto “Mauri”, comandante nelle Langhe delle brigate partigiane “azzurre” (contrapposte a quelle “rosse” dei garibaldini) e medaglia d’oro al valor militare. Amintore Fanfani, una volta assunta la carica di segretario della Democrazia Cristiana, impose come amministratore delegato Filiberto Guala, proveniente dal movimento dell’Azione Cattolica. L’arrivo di Guala, nel 1954, si configurò come il primo vero attacco al “fortino” torinese ex-EIAR, in nome del concetto, finora scarsamente applicato, di “servizio pubblico”. Guala era convinto di avere una “missione” sociale da portare a termine e, in nome di una salda matrice cattolica, volle utilizzare la televisione per migliorare gli italiani. Benché 20 Discorso alla Camera dei Deputati dell’On. Pieraccini, 18 giugno 1952. 21 F. Monteleone, Storia della RAI, cit., pag. 161. 22 Nella giurisprudenza la Rai è considerata un soggetto di diritto privato, salvo il fatto che il sistema “non è lineare. Infatti se si considera pubblico il servizio delle telecomunicazioni e lo si riserva allo Stato, è incoerente farlo attuare poi attraverso un privato consentendo solo dei poteri di controllo attraverso una partecipazione finanziaria di maggioranza” (Augusto Fragola, La radiotelevisione nella giurisprudenza, Cedam, Padova, 1971, pagg. 21-23). 23 Radio Tv Libere, “Antonio Piccone Stella”. http://www.storiaradiotv.it/ANTONIO%20PICCONE%20STELLA.htm 24 La SIPRA (Società Italiana per la Pubblicità Radiofonica Anonima) è la concessionaria della Rai che gestisce in esclusiva la pubblicità su tutti i mezzi di comunicazione (radio, tv, carta stampata, cinema e web). Fondata a Milano il 9 aprile 1926, nel 1933 venne acquistata dall’ente pubblico Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) e da quel momento la sua storia procedette di pari passo con quella dell’EIAR prima e della Rai poi. Attualmente è una delle due maggiori concessionarie italiane per la pubblicità, insieme a Publitalia ’80 della Mediaset.
  • 9. 9 rigidamente vincolata da un articolato sistema di regole “cattolicissime” (il Codice d’autodisciplina, redatto da monsignor Galletto e approvato da papa Pio XII in persona), Guala ebbe il merito di aprirsi al polimorfismo della società dando avvio alla campagna di reclutamento dei cosiddetti “corsari” (ovvero i partecipanti ai “corsi” di formazione). Fu una lungimirante operazione manageriale, emblematica di quella visione didattica del tubo catodico che aveva l’amministratore delegato. Da allora la Rai non ha mai più trovato il coraggio e la volontà “politica” di chiamare a raccolta le più giovani e brillanti intelligenze del Paese. Tra i “corsari” di quel periodo ricordiamo Furio Colombo, Umberto Eco, Gianni Vattimo, Enrico Vaime, Piero Angela, Adriano De Zan e Gianfranco Bettetini. Nonostante le sue indiscutibili capacità manageriali, la scarsa propensione di Guala ad accettare supinamente direttive e raccomandazioni da parte dei suoi “padrini” politici, la sua eccessiva intransigenza e soprattutto la sua opposizione all’introduzione della pubblicità fecero calare rapidamente la sua popolarità in azienda. Guala venne “fatto fuori” con modi bruschi: secondo Franco Chiarenza25 a seguito di un articolo di Alfredo Panicucci apparso su “Epoca” ispirato da Aldo Passante, secondo Bernabei per un complotto ordito dal “Circolo del Whist” cui, ignaro, avrebbe partecipato persino papa Pacelli26 . Gli anni ’60: l’era Bernabei e il monopolio statale Il 6 luglio 1960 la Corte Costituzionale intervenne in merito alla legittimità del monopolio pubblico radiotelevisivo. Una società privata, collegata con il quotidiano Il Tempo (di proprietà di Renato Angiolillo), aveva chiesto infatti il permesso di trasmettere programmi propri27 . La sentenza 59/196028 confermò la legittimità costituzionale dell’esclusiva Rai e negò quindi la possibilità di fondare un’emittente privata, ma obbligò la stessa Rai a garantire a tutti i cittadini il diritto d’accesso e l’obiettività dell’informazione. Dieci mesi prima dell’inaugurazione del Secondo Programma29 (4 novembre), il 5 gennaio 1961 il liberale Novello Papafava dei Carraresi fu nominato presidente della Rai e, soprattutto, Ettore Bernabei30 direttore generale: egli ricoprì tale carica fino al 1974. Fiorentino, laureato in Lettere Moderne, nacque il 16 maggio 1921 ed iniziò la carriera giornalistica nel 1946. Dal 1951 al 1956 fu direttore del Giornale del Mattino, nello stesso anno venne chiamato a Roma per dirigere Il Popolo, organo di stampa del partito della Democrazia Cristiana. Non appena giunto in Rai, Bernabei si accorse che l’azienda andava governata non con le buone idee, ma con la conquista dei posti di comando. Fanfani, suo sponsor politico, fu il primo a capire le enormi potenzialità del nuovo mezzo e si denotò come assoluto protagonista della creazione di uno “zoccolo duro” democristiano nella Rai. Bernabei, raccogliendo anche i frutti che Guala aveva seminato, si prefisse alcune azioni decisive: sottrarre potere al gruppo “massone” torinese inserendo uomini fedeli nei posti chiave dell’organigramma aziendale, spostare l’asse politico della Rai dal centrodestra al centrosinistra (favorendo l’ingresso dei socialisti, ma restando sempre molto vicino ai poteri forti della Chiesa, specialmente all’Opus Dei) e promuovere lo sviluppo dell’azienda. Iniziò così una dura lotta tra la vecchia e la nuova lobby, con Bernabei grande stratèga di ogni scelta relativa alla società. Nel 1964 fu scelto come presidente Rai Pietro Quaroni, ex-ambasciatore, come vicepresidente lo scrittore di sinistra moderata Giorgio Bassani e come vicedirettore il socialdemocratico Italo De Feo, 25 Franco Chiarenza, Il cavallo morente, Bompiani, Milano, 1978, pag. 73 26 Ettore Bernabei, (con Giorgio dell’Arti) L’uomo di fiducia. I retroscena del potere raccontati da un testimone rimasto dietro le quinte per cinquant’anni, Mondadori, Milano, 1999. 27 A. Grasso, Storia della televisione, cit., pag. 87 28 Sentenza “Il Tempo-Tv”. http://www.giurcost.org/decisioni/1960/0059s-60.html 29 Questo era il nome della seconda rete Rai fino al 1976; prese poi il nome di TV2 (1976-1983) e infine di Raidue (1983-…). 30 it.wikipedia.org
  • 10. 10 nominato direttamente dal ministro degli Esteri Giuseppe Saragat31 . Come si nota da queste prime righe, la Rai non è mai stata indipendente. Sono in parecchi al giorno d’oggi che chiedono a gran voce, forse un po’ sbrigativamente, che i partiti escano dalla gestione dell’azienda pubblica32 , probabilmente perché al momento il problema della qualità scadente dei programmi offerti dalla Rai è più vistoso e più urgente da risolvere che in passato, ma la discussione su chi dovrebbe tenere le redini dell’azienda e se è giusto che lo debbano avere i partiti politici è antica, come dimostra questo articolo di Indro Montanelli apparso nel maggio del 1964 sul “Corriere della Sera”: “I partiti della maggioranza litigano fra loro non per dare uno stabile assetto di azienda di Stato alla RAI-TV, ma per la spartizione dei posti dirigenziali. […] Ma nessuno in questa polemica ha detto ciò che andava e andrebbe detto: e cioè che un’azienda di Stato è al servizio dei cittadini, non dei partiti e delle loro correnti; e che farne uno strumento di propaganda politica e di pubblicità commerciale è un sopruso, una immoralità, un’infamia”33 . E questo articolo di due anni più tardi, apparso sul settimanale “Epoca”: “La polemica in corso tra esponenti politici per alcune nomine di dirigenti della RAI-TV fa nascere un grave interrogativo. La Radiotelevisione penetra in tutte le case ed è al servizio di tutti: e allora perché questo ente pubblico è affidato al controllo dei partiti?” (R. Morello, Milano) “[…] Io credo che il governo, designando i nuovi capi della Rai, non abbia voluto ispirarsi soltanto ad un concerto politico, ma abbia voluto anche scegliere delle persone che per la loro provenienza ed esperienza costituissero, in certo modo, un punto ideale di incontro tra cultura, politica e funzionalità. Non a caso tutti i dirigenti attuali della Rai sono scrittori e giornalisti. Uno scrittore e un giornalista si suppone siano abbastanza indipendenti dal partito cui idealmente aderiscono per assumere, se necessario, decisioni che corrispondano agli interessi generali anziché ad interessi di natura particolare. Con ciò il governo intese conformarsi nel modo migliore all’indirizzo tracciato dalla Corte Costituzionale nella sentenza che riconosceva il carattere pubblico del servizio radiotelevisivo”34 . Già negli anni ’60, di conseguenza, le poltrone erano divise tra i partiti maggiori. Nel 1966 i socialisti sostituirono Bassani, accusato di essere troppo “filobernabeiano”, con Luciano Paolicchi, già responsabile della commissione culturale del PSI. Un altro socialista, Enrico Manca, fu posto a capo del telegiornale. Bernabei restò in carica per anni, barcamenandosi con abilità: “Nel ’62 avevo appoggiato la riconferma di Rodinò come amministratore delegato e questo me lo aveva reso alleato. Avevamo firmato insieme tutta una serie di ordini di servizio che avevano pian piano ridotto parecchio il potere dei vecchi mandarini. Però nel 1965, venendo a 31 A. Grasso, Storia della televisione, cit., pag. 138 32 Giorgio Simonelli, professore di “Storia della radio e della televisione” e di “Giornalismo radiofonico e televisivo” all’Università Cattolica di Milano, si rivolge provocatoriamente a “quelli che parlano della “lottizzazione” come un male” e che pensano “che la politica deve uscire dalla governance della Rai” con la seguente domanda: “Questa gente si è mai chiesta, allora, chi la deve governare? Essendo la Rai un’azienda pubblica che fornisce un servizio pubblico, non si può eliminare del tutto una certa qual dose di politica. La questione è un’altra: bisogna cercare di mettere persone competenti e di qualità ai posti-chiave dell’azienda, e non semplicemente dei “valletti” buoni solo a servire il potente di turno. Immaginare una Rai (o qualsiasi servizio pubblico) senza politica è fantascienza”. Anche il Capogruppo del Popolo della Libertà nella Commissione di Vigilanza Rai, il senatore Alessio Butti, è concorde nel ritenere che il servizio pubblico “non può prescindere, al momento, da una presenza pubblica nella società e nel board”. 33 Indro Montanelli, TV: monopolio di complicità, in “Corriere della Sera”, 10 maggio 1964. 34 Italo De Feo, Chi deve controllare la RAI-TV?, “Epoca”, 2 gennaio 1966.
  • 11. 11 scadenza nuovamente il mandato di Rodinò, fu impossibile insistere per una terza riconferma. I dorotei, tra l’altro, volevano ad ogni costo uno di loro fiducia assoluta. E venne nominato Granzotto, il quale arrivò in RAI con un compito preciso: farmi fuori o almeno neutralizzarmi”35 . Gianni Granzotto venne nominato amministratore delegato il 29 aprile 1965. Il suo ingresso originò da un’ampia convergenza di interessi tra socialisti, socialdemocratici e repubblicani, ma venne meno al suo obbiettivo soprattutto perché non riuscì a far passare il progetto di trasformazione dell’impresa contenuto nel Rapporto sulla Rai del 196836 , commissionato a Gino Martinoli, Salvatore Bruno e Giuseppe De Rita, in cui si auspicava una maggiore trasformazione della Rai in senso aziendale ed efficiente: “[il progetto sosteneva] di fare della RAI un gruppo polisettoriale integrato, capace di affrontare adeguatamente un mercato che allora si presentava sempre più complesso, più difficile, più internazionalizzato. Un gruppo capace di produrre in proprio, di promuovere iniziative nei mercati collaterali (musica, teatro, ecc…), di essere pesantemente presente nel mercato internazionale dei prodotti e dei servizi, di coltivare adeguato spirito imprenditoriale in una realtà in cui si capiva che avrebbero vinto gli imprenditori e non gli equilibri politici. Belle idee e buone intenzioni, che si scontrarono, uscendone sconfitte, con la banale verità che quello era tempo politico, tempo del primato della politica, e lo era tanto dato che il maggiore avversario di quel Rapporto fu proprio Bernabei, più coerente con la sua intelligente politica che fedele alla potente azienda che aveva costruito”37 . Il rapporto, che nelle intenzioni di Granzotto doveva ostacolare l’ascesa di Bernabei, venne accolto fra molte polemiche; gli autori sono accusati di “utopismo tecnocratico” e di privilegiare una nuova strategia di rapporto con il pubblico. Le sinistre denunciano il rafforzamento del carattere imprenditoriale e “neocapitalista” dell’azienda. Così il primo vero tentativo di razionalizzare l’intero modello televisivo si risolve, paradossalmente con l’aiuto delle forze di sinistra, come un’occasione prontamente sfruttata da Bernabei per disegnare un nuovo organigramma e rafforzare le posizioni democristiane ai vertici della azienda. Attraverso i suoi ordini di servizio, in quegli anni Bernabei diventò il vero padrone della concessionaria del servizio pubblico, portando a termine il progetto di piazzare i suoi uomini ai posti nodali dell’azienda e delineando una formidabile e compiuta lottizzazione. Nel marzo del 1969 Granzotto si dimise per i contrasti con Bernabei e per protestare contro le pesanti interferenze politiche sull’azienda. Anche Bernardi, l’ultimo esponente degli “aziendali” ex-EIAR, fu alla fine estromesso da Bernabei. L’ex presidente della Corte Costituzionale Aldo Sandulli sostituì Quaroni alla presidenza; vicepresidenti diventarono Umberto Delle Fave e Italo De Feo, amministratore delegato il socialista Paolicchi. Nel CdA entrarono anche i cattolici Pietro Prini (filosofo38 ) e Giambattista Cavallaro e il socialista Massimo Fichera (il futuro direttore di Rete 2)39 . “La legge della televisione italiana rimane insomma ancora quella che viene fissata dalle decisioni dei partiti, e il suo rispetto è garantito dalla nomina, alle cariche veramente importanti, di personaggi di partito. […] Ai posti di comando della RAI-TV rimanevano uomini che dovevano la loro nomina soltanto alle loro posizioni di partito, o ai loro rapporti 35 E. Bernabei, L’uomo di fiducia, cit. 36 Giuseppe De Rita, Gino Martinoli, Salvatore Bruno, Rapporto sulla Rai, supplemento a “Mondo Economico”, 5 aprile 1969. 37 Giuseppe De Rita, prefazione a Mamma Rai, di Claudio Ferretti, Umberto Broccoli, Barbara Scaramucci, Le Monnier, Firenze, 1997. 38 it.wikipedia.org 39 it.wikipedia.org
  • 12. 12 con le maggiori forze politiche del Paese. Le loro carriere, del tutto rispettabili, si inserivano però in un quadro politico”40 . Gli anni ’70: la fine dell’era Bernabei e la proliferazione delle televisioni “libere” Il decennio più turbolento della storia dell’Italia post-seconda guerra mondiale si aprì, in ambito tv, con un pesante intervento censorio da parte del presidente Aldo Sandulli e del vicepresidente Italo De Feo nei confronti di Sergio Zavoli41 , a causa di un servizio di Tv742 , Un codice da rifare (3 febbraio); in seguito Sandulli si dimise43 : Nel 1972 nacque la prima emittente televisiva privata, Telebiella44 . In Rai Luciano Paolicchi rassegnò le dimissioni da amministratore delegato. Il nuovo esecutivo Andreotti approvò una proroga di un anno della concessione governativa alla Rai e insediò una commissione presieduta da Aldo Quartulli per studiare la riforma, ormai divenuta necessaria. Nel 1973 si assistette ad un boom delle televisioni “libere”, così il Governo varò un decreto ad hoc che bloccava la proliferazione di emittenti private45 . L’anno successivo però, in luglio, vennero depositate le sentenze n. 22546 e 22647 della Corte Costituzionale che dichiararono, rispettivamente, l’illegittimità costituzionale del decreto e il diritto dei privati a trasmettere programmi esteri e in ambito locale, ponendo le premesse per la trasformazione del servizio pubblico radiotelevisivo. Il 5 agosto Telemontecarlo cominciò a trasmettere in italiano. Il 24 settembre iniziarono le trasmissioni di Telemilanocavo48 , piccola emittente di proprietà di Giacomo Properzj e Alceo Moretti, captabile in un quartiere residenziale di un sobborgo del capoluogo lombardo, Milano 2, costruito dall’imprenditore edile Silvio Berlusconi. L’ultima battaglia che Bernabei, prima delle sue dimissioni, dovette combattere, fu quella con il segretario del Partito Repubblicano Italiano Ugo La Malfa, il quale si oppose fermamente, in nome dell’austerity degli anni ’70 e di un discutibile tradizionalismo anticonsumistico (che gli valse anche l’appoggio del PCI), all’introduzione del colore in Italia. Il 18 settembre si concluse l’avventura di Bernabei alla Rai. 40 Arrigo Levi, La Televisione all’italiana, Etas Kompass, Milano, 1969, pag. 144. 41 Sergio Zavoli (Ravenna, 1923) è un giornalista e scrittore, operante all’interno della Rai fin dal 1947. Fu presidente della concessionaria del servizio pubblico dal 1980 al 1986. Vicino al Partito Socialista Italiano, entrò in politica tra i Democratici di Sinistra prima e nell’Ulivo poi. Attualmente è presidente della Commissione di Vigilanza e senatore del Partito Democratico. 42 Tv7 è una trasmissione di approfondimento del Tg1 che andò in onda per la prima volta il 20 gennaio 1963 in seconda serata, alle ore 22.10. Fin dalla nascita si caratterizzò come una trasmissione capace di superare il grigio conformismo e la staticità tipici dei telegiornali di allora, affrontando temi scomodi (mafia, manicomi, emigrazione, aborto, droga, ecc.) in modo più possibile critico e obiettivo, lasciando spazio alla pluralità delle opinioni. In alcuni casi Tv7 dovette fare i conti con la censura dei vertici Rai, come accadde nel 1967, quando un servizio di Furio Colombo sui bombardamenti americani ad Hanoi provocò le dimissioni del direttore del telegiornale Fabiano Fabiani. 43 A. Grasso, Storia della televisione, cit., pag. 121. L’inchiesta di Zavoli sul Codice Rocco fu bloccata dal Consiglio d’Amministrazione. Per la prima volta nella storia della televisione italiana i giornalisti scioperarono contro la decisione, causando le dimissioni del presidente della Rai Aldo Sandulli. 44 In realtà c’è chi dice che la prima emittente privata sia stata Telediffusione – Telenapoli, nata nel 1966. Per approfondimenti: Pietrangelo Gregorio, “Telediffusione – Telenapoli”. http://www.storiaradiotv.it/TELEDIFFUSIONE%20ITALIANA%20-%20TELENAPOLI.htm 45 Era il decreto ministeriale n. 156 del 29 marzo 1973, “Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni”, che sottoponeva la creazione di ogni emittente radiofonica e televisiva all’autorizzazione del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni. http://www.espertorisponde.ilsole24ore.com/Documenti/ProblemaDellaSettimana/2009/102009/20091026/LEG GE/Dpr_156_1973.pdf 46 Sentenza “Televisioni private”. http://www.giurcost.org/decisioni/1974/0225s-74.html 47 Sentenza “Telebiella”. http://www.giurcost.org/decisioni/1974/0226s-74.html 48 it.wikipedia.org
  • 13. 13 Le novità nel settore televisivo continuarono anche nel 1975: anzi, il 1975 sarebbe stato l’anno “spartiacque”. La cosiddetta “Riforma della Rai”, attuata tramite la legge n. 103 del 14 aprile49 , recò nuove norme in materia di diffusione: il monopolio della Rai venne riconfermato, ma quest’ultima sarebbe dipesa non più dal Governo ma dal Parlamento, per garantire maggiore pluralismo, completezza e obiettività; lo scopo era assicurare l’eguaglianza e la rappresentazione di tutte le componenti politico-culturali della società italiana (solo così il PCI, seconda forza partitica italiana, poté accedere alla futura Raitre). Inoltre si cominciarono a regolamentare le trasmissioni via cavo. Da questo momento la Rai, invece di affrontare le problematiche che il mercato avrebbe imposto, diventò una sorta di benefit mediatico a disposizione di tutti i partiti presenti nell’emiciclo: ecco lo spettro della lottizzazione che diventa realtà, la spartizione di incarichi e di poltrone in accordo con le proporzioni, tratte dai risultati delle elezioni, esistenti tra i diversi schieramenti e correnti50 , anche se non mancavano pareri discordi, come quello illuminante del socialista Giuliano Amato: “La Rai non dovrà più dipendere dal Governo. Non dovrà dipendere nemmeno dal Parlamento, cosa questa che potrebbe portare a trasmissioni non meno paludate e non meno censurate di quelle attuali, con la differenza che ciò accadrebbe con l’avallo concorde di maggioranza e opposizione. L’ente gestore dovrà essere […] disponibile, finalmente, all’accesso diretto di organismi culturali e sociali”. In questo modo la televisione venne accorpata al sistema politico, senza però che svolgesse una funzione di vigilanza sulle istituzioni. Compito di vigilanza e controllo che, al contrario, fu assegnato alla politica stessa grazie alla creazione della nuova apposita Commissione parlamentare per l’Indirizzo Generale e la Vigilanza sui servizi radiotelevisivi51 che, rispetto alla precedente, passava a 40 membri designati pariteticamente dai presidenti di Camera e Senato, acquisiva il diritto di nominare 10 membri (di cui 4 su indicazione delle regioni) su 16 del CdA Rai. I principi fondamentali del sevizio pubblico vennero esplicitati e sono: indipendenza, obiettività e apertura alle diverse tendenze politiche, sociali e culturali. Il 23 maggio il socialista Beniamino Finocchiaro fu eletto presidente della Rai e il democristiano Michele Principe direttore generale, sostituendo Bernabei. Grazie all’effetto della Riforma (e alle insistenze dei repubblicani), nel 1976 Tg1 e Tg2 assunsero fisionomie diverse e le due reti cominciarono a farsi concorrenza interna. Il 28 luglio la sentenza n. 202 della Corte Costituzionale52 riaffermò che le trasmissioni radio e tv private non potessero eccedere l’ambito locale. Nel 1977, dopo anni di sperimentazioni e di polemiche parlamentari, la Rai diede inizio ufficialmente alle trasmissioni a colori. Il consigliere d’amministrazione democristiano Pier Antonino Berté venne eletto direttore generale. Nel 1978 Berlusconi acquisì Telemilano da Moretti e Properzj per la cifra simbolica di una lira53 . A giugno l’attesa ristrutturazione Rai, che significò una vera a propria spartizione partitica del servizio pubblico 49 “Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva”. http://www.camera.it/_bicamerali/rai/norme/listitut.htm 50 Il rischio evidente della “lottizzazione selvaggia” fu più volte messo in risalto da numerosi esponenti del Partito Repubblicano Italiano, forse l’unica forza politica consapevole degli errori che si sarebbero commessi con la Riforma del 1975 e che si opponeva alla deriva partitocratica impressa alla concessionaria. 51 Anche il funzionamento della nuova Commissione parlamentare di Vigilanza non mancò di destare perplessità. Si veda, ad esempio, l’acuto giudizio che ne diede il socialista Giuliano Amato ad un convegno nel novembre 1978: “La Commissione parlamentare è stata un vero paradosso: non ha strumenti di informazione adeguati e percepisce perciò con fatica la realtà dell’azienda, ma ha preso ad esercitare su di essa poteri di direzione, impartendo indirizzi sugli stessi programmi. Tali indirizzi, ovviamente, o scivolano sopra la Rai senza lasciarvi traccia, o entrano in essa malamente, creandovi dei cortocircuiti”. 52 Sentenza “Radio Libere”. http://www.giurcost.org/decisioni/1976/0202s-76.html 53 A. Grasso, Storia della televisione, cit., pag. 313
  • 14. 14 televisivo: Reteuno e Tg1 alla DC, Retedue e Tg2 al PSI, la nascente terza rete sarebbe toccata al PCI, ma quando nel 1979 si ebbe finalmente il battesimo di Rete 3, nonostante la lottizzazione concordata 12 mesi prima, la direzione del canale venne affidata a Giuseppe Rossini, fedele fanfaniano, e il Tg3 a Biagio Agnes, della corrente più a sinistra della DC. Al PCI andò solo il condirettore Sandro Curzi. Gli anni ’80: l’arrivo di Fininvest e il tramonto del monopolio La proliferazione delle televisioni private locali non scalfì il predominio Rai finché non apparve all’orizzonte la spregiudicata condotta imprenditoriale di Silvio Berlusconi, che mise a nudo sia la debolezza intrinseca della strategia aziendale della concessionaria del servizio pubblico sia la totale mancanza di regole giuridiche nell’universo mediatico nazionale (le due cose erano strettamente collegate, poiché le forze politiche si erano semplicemente preoccupate di spartirsi la Rai senza dare un fondamento giuridico all’intero sistema). La Fininvest di Berlusconi, con la sua Telemilano (mutata in Canale 5 il 30 settembre 1980), sviluppò pienamente il progetto bernabeiano che vedeva nella pubblicità il motore di una moderna emittente televisiva. L’imprenditore milanese si rese anche conto che senza un autentico appoggio politico la sua strategia sarebbe stata destinata al fallimento. In tale ottica stabilì un rapporto durevole con il segretario del Partito Socialista Italiano Bettino Craxi, il quale intervenne più volte in suo sostegno a colpi di decreto-legge (il famoso “decreto Berlusconi” è del 1984). Rispetto al collaudato ma ingessato servizio pubblico della Rai, la televisione commerciale si presentò agli italiani sotto la triplice bandiera della gratuità, della libertà (le prime emittenti private si chiamavano appunto “libere”) e del “disimpegno”: ciò significava niente canone d’abbonamento, meno ingerenze dello Stato nella vita dei cittadini ed un maggior edonismo personale, collegato con l’instaurarsi di un immaginario “morbido”, spettacolare e ludico al tempo stesso. Toccò alla presidenza di Sergio Zavoli e alla direzione generale di Willy De Luca (nominati il 12 giugno 1980) opporsi all’ascesa esponenziale della Fininvest e organizzare il contrattacco della Rai, che in agosto si vide rinnovare dal Consiglio dei Ministri la concessione esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo per altri sei anni. A De Luca, prematuramente scomparso54 , successe Biagio Agnes, amico personale di Ciriaco De Mita, all’epoca segretario della DC. Agnes decise di seguire contemporaneamente due strategie di comando: la prima riguardava l’ingresso ufficiale dei comunisti, la seconda invece va sotto il nome di “zebratura”. Quanto all’ingresso del PCI in Rai, significativo è il racconto che ne fa Angelo Guglielmi. Biagio Agnes, Enrico Manca e Walter Veltroni si diedero appuntamento in una saletta riservata di un ristorante romano e decisero che il PCI, per la prima volta nella storia della televisione italiana, avrebbe avuto la facoltà di nominare il direttore di rete e il direttore di testata di una delle tre reti della Rai, il terzo canale55 . La zebratura invece è un perfezionamento della lottizzazione, la difficile arte di coniugare spartizione politica e professionalità: invece di assegnare territori di influenza ben determinati, come fino a quel momento era stato fatto, all’interno dello stesso territorio Agnes fece convivere, a strisce, quote prefissate di democristiani, socialisti, socialdemocratici, repubblicani ecc…. L’operazione di Agnes si rivelò vincente all’interno (la componente democristiana ne uscì rafforzata, mentre lo spazio concesso ai comunisti, cui fu assegnata buona parte di Raitre, garantì una stabilità politica all’azienda), ma perdente all’esterno, di fronte all’insorgere delle nuove televisioni private commerciali. La Rai cominciò a trovarsi in 54 Morì il 21 luglio 1982, a soli 57 anni, al termine di un intervento davanti alla Commissione Parlamentare di Vigilanza, a Palazzo San Macuto, Roma. 55 Angelo Guglielmi, Stefano Balassone, Senza rete. Politica e televisione nell’Italia che cambia, Rizzoli, Milano, 1995.
  • 15. 15 difficoltà con la concorrenza proprio perché era una non-azienda, una sorta di dicastero aggiunto (come sostenne giustamente De Rita: “L’unica possibile risposta sarebbe stata quella di un’impresa complessa e auto propulsiva, connotazione però cui aveva da tempo rinunciato”56 ). Per tale motivo i primi anni Ottanta per la Rai sono nerissimi: la concorrenza delle tv private e, fra tutte, quelle di Berlusconi (che tra il 1982 e il 1984 acquisì altri due reti, Italia 1 e Retequattro), si fece sentire. Già nel 1983 Publitalia ’80, la concessionaria pubblicitaria del gruppo Fininvest, superò in termini di profitti la Sipra. Tra il 13 e il 16 ottobre 1984, a seguito delle denunce della Rai, i pretori di Torino, Pescara e Roma ingiunsero alle tre emittenti televisive Fininvest di sospendere l’interconnessione dei loro ripetitori, limitatamente alle tre regioni d’Italia di loro competenza57 ; successivamente le reti vennero oscurate. La questione era seria, poiché riguardava l’indirizzo che la Corte Costituzionale aveva indicato nel 1974, cioè il divieto formale alla copertura nazionale per le emittenti private. Il 20 ottobre 1984 Craxi varò il primo decreto-legge finalizzato a sanare la posizione di Berlusconi (n. 69458 ), ma il tentativo venne bocciato dalla Camera dei Deputati; il secondo sforzo, ponendo su di esso la fiducia, andò a buon fine (decreto “Berlusconi bis”, n. 807 del 6 dicembre 198459 ). Il segretario del PSI però non si fermò qui, ma presentò un “decreto Berlusconi ter” (n. 223) il 1° giugno 1985, atto a prolungare lo status quo, in assenza di una legislazione in materia60 . Cinque anni dopo, nel 1990, in concomitanza dell’approvazione della cosiddetta “Legge Mammì” tesa a riordinare il settore delle trasmissioni radiotelevisive, il giornalista Vittorio Feltri, direttore de “L’Europeo”, commentò così i decreti craxiani ormai superati: “Per quattordici anni, diconsi quattordici anni, la Fininvest ha scippato vari privilegi, complici i partiti: la DC, il PRI, il PSDI, il PLI e il PCI con la loro stolida inerzia; e il PSI con il suo attivismo furfantesco, cui si deve tra l’altro la perla denominata “decreto Berlusconi”, cioè la scappatoia che consente all’intestatario di fare provvisoriamente i propri comodi in attesa che possa farseli definitivamente. Decreto elaborato in fretta e furia nel 1984 ad opera di Bettino Craxi in persona, decreto in sospetta posizione di fuorigioco costituzionale, decreto che perfino in una repubblica delle banane avrebbe suscitato scandalo e sarebbe stato cancellato dalla magistratura, in un soprassalto di dignità, e che invece in Italia è ancora spudoratamente in vigore senza che i suoi genitori siano morti suicidi per la vergogna”61 . Nel giro di pochi anni la Fininvest, poi Mediaset dal 1993, si conformerà alla Rai, sia sul format dei programmi, sia sulla struttura organica delle tre reti; viceversa, anche la Rai si conformerà a Fininvest-Mediaset, ritenendo che il suo compito fosse quello di contrastare il potere della concorrenza sul piano degli ascolti e dimenticando che un servizio pubblico si può distinguere anche dalla qualità dei programmi. E’ questo il cosiddetto “duopolio imperfetto”, padrone del campo televisivo italiano fino all’alba del terzo millennio: la competizione impari tra un’emittente nata per conseguire scopi puramente speculativi ed un’altra investita di un ruolo di pubblica utilità, ma che contemporaneamente insegue il record di ascolti. La famigerata “Legge Mammì” darà valore legale a questo assetto, limitandosi a constatare la situazione esistente e sanando ogni tipo di abuso commesso anteriormente. Distorsione accentuata dall’anomalia venuta a crearsi in seguito all’elezione di Silvio 56 G. De Rita, prefazione a Mamma Rai, cit. 57 Franco Scottoni, Tre pretori contro i colossi TV, “La Repubblica”, 17 ottobre 1984. 58 Governo Craxi, “Decreto Berlusconi”. http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto-legge:1984;694 59 Governo Craxi, “Decreto Berlusconi bis”. http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto-legge:1984;807 60 Governo Craxi, “Decreto Berlusconi ter”. http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto-legge:1985;223 61 Vittorio Feltri, “L’Europeo”, 11 agosto 1990.
  • 16. 16 Berlusconi a presidente del Consiglio, che ha fatto temere una specie di “dittatura mediatica”62 . Nel 1986, dopo mesi di braccio di ferro tra democristiani e socialisti, venne eletto presidente della Rai il socialista Enrico Manca che successe a Sergio Zavoli (ottobre). Venne finalmente creato l’Auditel63 . Il 1987 fu l’anno del trionfo della lottizzazione: Raiuno e il Tg1 andarono alla DC con Giuseppe Rossini e Antonino “Nuccio” Fava, Raidue e il Tg2 al PSI con Luigi Locatelli e Alberto La Volpe, infine Raitre e il Tg3 al PCI con Angelo Guglielmi e Sandro Curzi. Mai la lottizzazione era stata così esplicita e, tutto sommato, perfetta. I due big Pippo Baudo e Raffaella Carrà passarono a Fininvest; per la Rai è uno smacco senza precedenti. Nel 1988 fece discutere una proposta del Governo di vietare agli editori di quotidiani di possedere televisioni e viceversa (gli organi mediatici la chiameranno “l’opzione zero”); eccetto il PSI64 , la normativa non piacque a nessuno, né a Indro Montanelli, che la definì “un’enorme bischerata”, né alla FIAT, che dovette abbandonare il progetto del diritto di opzione su Telemontecarlo. Silvio Berlusconi dovette rinunciare a “Il Giornale” (venduto a suo fratello Paolo), ma in cambio ottenne la possibilità di diretta e la conferma legale per le sue tre reti (in pratica l’istituzionalizzazione del duopolio). Il 4 giugno il Consiglio dei Ministri approvò il disegno di legge elaborato dal ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni repubblicano Oscar Mammì che abolì le regole de “l’opzione zero” e confermò la norma antitrust (il divieto a possedere più di tre reti). Tempi duri per la Rai, costretta dall’aggressività delle televisioni private ad un periodo di bilanci in rosso: nonostante l’aumento del canone, l’anno si chiuse con un passivo di 80 miliardi65 . Nel 1989, tra il crollo del muro di Berlino e l’accordo del camper66 , le dimissioni forzate di Luigi Locatelli dalla posizione di direttore di Raidue portarono alla nomina di un altro socialista, Giampaolo Sodano. Nomina, questa, tormentata per l’astensione dei consiglieri designati dal PCI e del rappresentante del PLI, ma soprattutto per il no del repubblicano Giovanni Ferrara, ormai da tempo sul piede di guerra contro la Rai e contro il sistema della lottizzazione da parte delle segreterie di partito. “Me ne vado perché mi hanno detto che a quest’azienda non arriverà più una lira finché siederò sulla poltrona di viale Mazzini”. Con queste parole il 10 novembre Biagio Agnes presentò, dopo otto anni come direttore generale, le sue dimissioni. Nello stesso mese Emilio Fede passò in Fininvest, promettendo un Telegiornale: “con poca politica, nel senso dei partiti; l’attenzione verso il Palazzo sarà minima e indispensabile, non per sfiducia verso i suoi protagonisti, ma per evitare che la gente si annoi, come è accaduto per i Tg della Rai”67 . Gli anni ’90: il trionfo del duopolio e la “discesa in campo” di Berlusconi La girandola delle nomine porta nel 1990 alla designazione di Gianni Pasquarelli, forlaniano e amministratore delegato di Società Autostrade, alla direzione generale della Rai. Ad agosto la Gazzetta Ufficiale pubblica la legge n. 223/90 (la “Legge Mammì”) “Disciplina del sistema 62 Tra la sterminata letteratura al proposito: Peter Gomez, Marco Travaglio, Regime. Biagi, Santoro, Massimo Fini, Freccero, Luttazzi, Sabina Guzzanti, Paolo Rossi, tg, gr e giornali: storie di censure e bugie nell’Italia di Berlusconi, BUR, Milano-Bari, 2004. 63 L’Auditel è la società che si occupa di misurare e pubblicare i dati di ascolto delle emittenti televisive. 64 Giorgio Battistini, “Il PSI difende l’opzione zero, ma Agnes e la DC sono scettici”. http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/05/14/il-psi-difende-opzione-zero-ma.html 65 A. Grasso, Storia della televisione, cit., pag. 477 66 Il cosiddetto “accordo del camper”, chiamato dalla stampa anche “patto CAF” dai cognomi dei contraenti, ovvero Craxi, Andreotti e Forlani, fu una presunta collaborazione siglata nel maggio ’89 e atta a formare un governo stabile tramite l’accordo tra i due maggiori partiti del momento, la DC e il PSI. 67 A. Grasso, Storia della televisione, cit., pag. 511
  • 17. 17 radiotelevisivo pubblico e privato”68 : dopo 14 anni di assenza di regole e irrazionale Far West, l’Italia si avvia finalmente ad avere una legge sull’etere, articolata su diversi punti, di cui i più importanti sono i seguenti: - Antitrust: nessuno può possedere più di tre reti. Niente quotidiani per chi ha tre reti, fino all’8% per chi ne ha due, fino al 16% per chi ne ha una. - Diretta: anche le tv private avranno diritto alla diretta. Tutte le reti a copertura nazionale avranno l’obbligo di avere un proprio telegiornale. La star televisiva del 1991 è il presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che il 28 febbraio annuncia a reti Rai unificate la fine della Prima Guerra del Golfo (16.467.000 spettatori). “Un Presidente che può avere accesso alla televisione e che potenzialmente potrebbe averlo a ogni giorno dell’anno e ad ogni ora del giorno, fatalmente viene ad ottenere un potere di influenza sull’opinione pubblica, e in definitiva un potere fondamentalmente “esecutivo”, di cui i costituenti non potevano avere la più pallida idea”69 . Il 17 febbraio 1992 scoppia “Mani Pulite”70 . Il margine di ascolti della Rai sulla Fininvest si assottiglia ancora, mentre il socialista Walter Pedullà diventa il nuovo presidente dell’azienda pubblica. A dicembre, tra gli scandali e il caos di Tangentopoli, la Commissione di Vigilanza, presieduta dal forlaniano Luciano Radi, approva un documento che modifica la legge sulla Rai, con un Consiglio d’Amministrazione ridotto e i cui membri nominati direttamente dai presidenti di Camera e Senato. L’emendamento vede luce con la legge del 25 luglio 1993, che dà mandato ai presidenti delle Camere di scegliere i 5 consiglieri d’amministrazione della concessionaria del servizio pubblico. D’ora in avanti la transizione causata da Tangentopoli e dal “Governo dei Professori”71 si esprimerà anche in Rai: a partire da luglio il presidente è il pidiessino Claudio Demattè e direttore generale l’indipendente Gianni Locatelli, subentrato al democristiano Pasquarelli. Il Governo Amato fa passare la legge n. 515/93 (la cosiddetta “Legge sulla par condicio”) che introduce una nuova disciplina per le campagne elettorali, demandando fondamentali compiti di controllo alla Commissione Parlamentare per l’Indirizzo Generale e la Vigilanza dei servizi radiotelevisivi e al garante per l’editoria. Il contenuto del provvedimento legislativo si sostanzia nel divieto, nei trenta giorni precedenti le votazioni, di ogni forma di propaganda elettorale, di diffusione dei risultati di sondaggi sull’esito delle elezioni o sugli orientamenti politici degli elettori72 . Il Governo vara il decreto-legge n. 558 del 30 dicembre 1993 (il cosiddetto “decreto salva Rai”, più volte reiterato73 ), un’iniziativa 68 “Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato”. http://www.conna.it/Leggi/223_90.htm 69 Umberto Eco, Va in onda dal Colle il quinto potere, “La Repubblica”, 22 dicembre 1991. 70 Con l’espressione “Mani Pulite” si intende un’operazione giudiziaria a carico del pool della Procura della Repubblica di Milano, iniziata nel 1992 con l’arresto di Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, e allargatasi fino a coinvolgere quasi tutte le principali personalità politiche dell’epoca in un giro di mazzette e finanziamenti illeciti ai propri partiti e movimenti (“Tangentopoli”); lo scandalo fu talmente grave da dissolvere DC, PSI, PLI, PRI, PSDI, e modificare fortemente l’assetto del sistema partitico ereditato dal Dopoguerra, inaugurando una differente stagione della politica italiana, la cosiddetta “Seconda Repubblica” o, forse più correttamente, “Prima Repubblica bis”. 71 Il cosiddetto “Governo dei Professori” è stato l’esecutivo in carica dal 28 giugno 1992 al 28 aprile 1993 ed è stato ribattezzato in questo modo poiché era un governo “misto”, cioè formato sia da uomini politici che da personalità provenienti dal mondo accademico; il presidente del Consiglio era il costituzionalista socialista Giuliano Amato. 72 “Disciplina delle campagne elettorali per l'elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica”. http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1993;515 73 I decreti-legge con i quali è stato prolungato il primo “salva-Rai” sono i seguenti: d.L. 28 febbraio 1994 n. 141, d.L. 29 aprile 1994 n. 263, d.L. 30 giugno 1994 n. 418, d.L. 29 agosto 1994 n. 517, d.L. 28 ottobre 1994 n. 602, d.L. 22 dicembre 1994 n. 721, d.L. 28 febbraio 1995 n. 56, d.L. 29 aprile 1995 n. 134, d.L. 28 giugno 1995
  • 18. 18 finalizzata al risanamento economico Rai, ormai in crisi da diversi anni. Intanto il settore televisivo del gruppo Fininvest assume ufficialmente la denominazione di Mediaset. Il 26 gennaio 1994 Silvio Berlusconi “scende in campo” e vince le elezioni politiche dello stesso anno, ma a dicembre il suo governo cade per la defezione della Lega Nord di Umberto Bossi. In Rai viene eletta Letizia Moratti presidente (13 luglio), che costringe alle dimissioni tre direttori generali in 24 mesi. Tra i tredici quesiti referendari dell’11 giugno 1995 proposti dai Radicali c’è spazio anche per l’abrogazione della disposizione della Legge Mammì che definisce la Rai come azienda “a totale partecipazione pubblica”: la consultazione si conclude con la vittoria del “sì”, aprendo teoricamente la via all’ingresso di capitale privato nella concessionaria del servizio pubblico televisivo. Nelle elezioni del 1996 si ha la vittoria dell’Ulivo di Romano Prodi, preceduta da un grande dibattito sulla par condicio. Dopo accese polemiche, a Giuseppe Morello subentra, come presidente Rai, lo scrittore di sinistra Enzo Siciliano74 . Dal 15 luglio il nuovo direttore generale diventa Franco Iseppi75 , dopo la breve reggenza di Aldo Materia. Intanto Mediaset si quota in Borsa. Nel mese di agosto il Governo Prodi, per evitare l’oscuramento di una delle reti di Berlusconi (a causa del risultato del referendum dell’anno precedente), vara un decreto-legge che proroga lo status quo in attesa dell’approvazione del progetto di legge elaborato dal ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni Antonio Maccanico76 . A settembre viene nominato presidente della Commissione di Vigilanza Francesco Storace (Alleanza Nazionale). Il 1997 è un momento di stanca e di flessione generale della tv italiana: sia Rai che Mediaset producono programmi di modesta qualità e il pubblico diminuisce. In controtendenza però Milena Gabanelli e il suo Report: con i suoi reporter d’assalto la Gabanelli riesce a fare del vero giornalismo d’inchiesta, ma solo perché è “esterna”. Infatti la redazione di Report non appartiene alla Rai, ma svolge il suo lavoro autonomamente e poi lo vende a Raitre77 . Tra il 1998 e il 1999 il valzer delle nomine Rai continua, e sulle poltrone di Viale Mazzini si avvicendano personaggi di dubbia competenza. Gli anni recenti: il “regime” e la rivoluzione digitale Il nuovo millennio si apre con un accordo tra Rai e RCS, la quale entra nel Consiglio d’Amministrazione tramite un proprio rappresentante. Nel frattempo si assiste al boom delle pay tv e del digitale (Telepiù, Stream). Nel 2001, a febbraio, poco prima delle elezioni politiche, viene approvata fra aspre polemiche una più restrittiva legge sulla par condicio78 : è previsto il divieto degli spot politici in tv e l’obbligo per la Rai di trasmettere messaggi politici autogestiti e gratuiti. Durante la tesa campagna elettorale suscitano forti polemiche, da n. 252, d.L. 28 agosto 1995 n. 355, d.L. 27 ottobre 1995 n. 441, d.L. 23 dicembre 1995 n. 543, d.L. 26 febbraio 1996 n. 76, d.L. 26 aprile 1996 n. 212, d.L. 22 giugno 1996 n. 330, d.L. 8 agosto 1996 n. 4387, d.L. 23 ottobre 1996 n. 540. Quest’ultimo è stato convertito in legge, con emendamenti, il 23 dicembre 1996, legge n. 650. “XIII Legislatura, Disegni di legge e relazioni, documenti”. http://leg13.camera.it/_dati/leg13/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/xv/076/00000002.pdf 74 In tale veste suscitò scalpore la sua decisione di non mandare in onda il Tg1 delle ore 20 al posto della diretta in prima serata dell’apertura della stagione del Teatro alla Scala di Milano, con l’opera lirica Macbeth: era la prima volta che succedeva nella storia della televisione italiana. 75 Autore televisivo (uno dei suoi programmi più noti è “L’Albero Azzurro”), in Rai ha sempre curato i programmi di Enzo Biagi. Dal 1998 al 2003 è stato anche il primo direttore di Rai Vaticano. 76 P. Gomez, M. Travaglio, Inciucio. Come la sinistra ha salvato Berlusconi. La grande abbuffata Rai e le nuove censure di regime, da Molière al caso Celentano. L’attacco all’Unità e l’assalto al Corriere, BUR, Milano, 2005, pag. 154. 77 A. Grasso, Storia della televisione, cit., pag. 637. 78 E’ la legge del 22 febbraio 2000, n. 28. http://www.agcom.it/default.aspx?DocID=586
  • 19. 19 parte del centrodestra, le trasmissioni di Enzo Biagi, Daniele Luttazzi e Michele Santoro79 , accusate di eccessiva parzialità. Le elezioni vengono comunque vinte dalla Casa delle Libertà di Berlusconi. Il 24 giugno Telemontecarlo diventa La7 (di proprietà del gruppo Telecom Italia-Seat Pagine Gialle). Il 2002 è stato un anno denso di polemiche e aspre contestazioni. A febbraio Roberto Zaccaria rassegna le dimissioni da presidente della Rai dopo il duro scambio di battute con il ministro delle Telecomunicazioni Maurizio Gasparri (Alleanza Nazionale), sottolineando la fine di un ciclo, quello della “Rai dell’Ulivo”. La nomina del nuovo CdA porta con sé le usuali proteste. Alla fine vengono nominati Ettore Albertoni (giurista, Lega Nord), Marco Staderini (manager e ingegnere, Centro Cristiano Democratico), Carmine Donzelli (editore, Democratici di Sinistra), Luigi Zanda (manager, L’Ulivo), con il presidente Antonio Baldassarre (Forza Italia). Risale ad aprile il famigerato “editto bulgaro”, con il quale Silvio Berlusconi provoca l’allontanamento dalla Rai di Enzo Biagi, Daniele Luttazzi e Michele Santoro, rei di essere stati troppo faziosi durante la campagna elettorale dell’anno precedente80 . Il Consiglio d’Amministrazione non conferma i loro programmi nel palinsesto della stagione successiva e di conseguenza i due consiglieri in quota al centrosinistra, Zanda e Donzelli, si dimettono, seguiti poco dopo anche da Staderini. Il CdA dimezzato continua a operare, mentre, tra polemiche infuocate, si discute sulla possibilità di azzerarlo e ripartire con uno nuovo. A settembre il ministro Gasparri presenta il suo disegno di legge sul riassetto radiotelevisivo: viene abolito il limite secondo il quale nessun editore può crescere oltre il 30% in un singolo settore, ma viene introdotto un nuovo limite del 20% sull’insieme delle risorse complessive del sistema comunicazione; per questo la legge abolisce anche il divieto di incroci fra televisioni ed editoria, pur nel limite del 20%. È previsto il passaggio totale al digitale terrestre entro il 2006 e una parziale privatizzazione della Rai a partire dal 2004 79 Le trasmissioni “incriminate” sono Il Fatto di Enzo Biagi, Satyricon di Daniele Luttazzi e Il raggio verde di Michele Santoro. Il Fatto è un programma di approfondimento sui principali fatti del giorno, in onda dopo il Tg1, di cui Biagi è autore e conduttore. Rilevanti le interviste a personaggi noti dello spettacolo, del giornalismo, del mondo politico. Nel 2001, a ridosso delle elezioni politiche, l’autorevole giornalista fa un’intervista al comico toscano (premio Oscar nel 1997 con “La vita è bella”) Roberto Benigni; questi commenta, a modo suo, il conflitto d’interessi e il “contratto con gli italiani” che Berlusconi aveva firmato qualche giorno prima a Porta a porta. Gli esponenti di Forza Italia scaricano roventi polemiche su Biagi, accusato di sfruttare la televisione pubblica per impedire la vittoria elettorale di Berlusconi. Tra le maggiori voci critiche si elencano Giulio Andreotti, Giuliano Ferrara e Maurizio Gasparri. Satyricon (Raidue) invece è il programma di Daniele Luttazzi, liberamente ispirato al format statunitense David Letterman Show. Nonostante gli ottimi dati di ascolto, suscita violente reazioni negative a causa delle azioni dissacranti del conduttore-ideatore; nel mese di marzo, la sua intervista al trentasettenne Marco Travaglio per l’uscita del suo libro L’odore dei soldi provoca la pesante reazione del leader di Forza Italia che, chiamato direttamente in causa dal contenuto del volume, minaccia la dimissione dei sui consiglieri nel CdA Rai. In ogni caso, tutte le puntate del programma vengono portate a termine. Il raggio verde, infine, è il programma di Michele Santoro, in onda su Raidue. La celebre intervista di Luttazzi a Travaglio diviene oggetto di approfondimento da parte di Santoro in una delle puntate della sua trasmissione, scatenando l’ira di Berlusconi, che interverrà in diretta telefonica. In un’altra puntata, Santoro trasmette l’intervista a Indro Montanelli, il quale accusa Berlusconi e Fini di voler sostituire lo squadrismo fascista con l’espansione della corruzione, con effetti ben peggiori. Forza Italia avanza contro Santoro un esposto all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) con l’accusa di violazione della par condicio e di favorire l’Ulivo. In risposta l’Authority commenta che “Il raggio verde non è un programma di comunicazione politica”, ma “una trasmissione di informazione” e che, essendo il regime di par condicio non ancora iniziato, non sarebbe possibile procedere contro la trasmissione in alcun modo. Conseguenza di tutto ciò è che gli esponenti della Casa delle Libertà scelgono di disertare il palcoscenico della Rai come azione di protesta, finché non vengano varate nuove regole per il servizio pubblico. 80 Il 18 aprile 2002 Berlusconi, in visita ufficiale a Sofia, Bulgaria, pronuncia all’agenzia Ansa le seguenti parole: “L’uso che Biagi...Come si chiama quell’altro? Santoro... Ma l’altro? Luttazzi, hanno fatto della televisione pubblica, pagata coi soldi di tutti, è un uso criminoso. E io credo che sia un preciso dovere da parte della nuova dirigenza di non permettere più che questo avvenga”. In effetti, pochi mesi dopo tale dichiarazione, i programmi di Biagi (Il Fatto) e Santoro (Sciuscià) non vengono riconfermati nel palinsesto Rai dell’autunno successivo (Luttazzi era già stato cacciato dai teleschermi), nonostante i buoni dati di ascolto.
  • 20. 20 (l’azienda diventerà una public company), riformato il criterio della nomina del CdA (da 5 a 9 membri, scelti dall’assemblea dei soci su proposta dei presidenti di Camera e Senato e con il vaglio della Commissione Parlamentare di Vigilanza). Nel 2003 nuove consultazioni per i vertici Rai: ai primi di marzo la decisione dei presidenti delle Camere, che scelgono Paolo Mieli (ex-direttore del “Corriere della Sera”) come presidente, Francesco Alberoni (sociologo), Giorgio Rumi (storico), Marcello Veneziani (intellettuale di destra), Angelo Maria Petroni (direttore della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione). Dopo pochi giorni però, per “difficoltà di ordine tecnico e politico”81 , Paolo Mieli rinuncia alla carica. Nuovo presidente Rai diventa Lucia Annunziata e il neo-direttore generale è Flavio Cattaneo. Nonostante le critiche del centrosinistra che lamenta la deriva “totalitaria” del Paese (non prendendo in considerazione il mondo della stampa e limitando l’analisi al puro ambito televisivo, Berlusconi controlla tre reti Mediaset e possiede la fetta più grande della Rai: questa situazione ha portato diversi commentatori a parlare di un nuovo “regime”82 ), la Legge Gasparri viene approvata, ma il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi si rifiuta di promulgarla e la rinvia alle Camere; i punti più controversi del atto riguardano il pluralismo dell’informazione e le posizioni dominanti in campo pubblicitario. Il testo della legge, parzialmente emendato, viene promulgato il 3 maggio 2004. Il 31 luglio debutta Sky Italia, la nuova pay-tv del magnate australiano Rupert Murdoch, nata dalla fusione di Telepiù con Stream. Il resto è storia recente: nel giro di pochi mesi si succedono alla presidenza di Viale Mazzini i reggenti il sociologo Francesco Alberoni e il “vecchio” Sandro Curzi, fino alla nomina di Claudio Petruccioli nel 2005. Quest’ultimo rimase al suo posto fino alla scadenza del suo mandato, nel 2009, nonostante le critiche sollevate da più parti per la scarsa competenza mostrata e l’eccessivo servilismo politico83 . A Petruccioli subentra Paolo Garimberti che resta presidente per tre anni, mentre nella posizione di direttore generale si avvicendano Alfredo Meocci, Claudio Cappon, Mauro Masi e Lorenza Lei. Nel frattempo la Rai aumenta la sua offerta di canali: dalla “manna” rappresentata dal digitale terrestre e dal beauty contest84 che lo regola, nascono Rai 4, Rai Storia, Rai 5, ecc. Si delinea così l’attuale bouquet di canali digitali disponibili. Dal 2010 inizia il processo di transizione dal segnale analogico al digitale terrestre, finché nel 2012 (il 4 luglio per la precisione) la Rai, come così le altre emittenti italiane, spegne definitivamente tutti i suoi canali analogici. La caduta del Governo Berlusconi IV, avvenuta il 12 novembre 2011, mette la parola “fine” (forse?) a vent’anni di politica condizionata, nel bene e nel male, a destra come a sinistra, dal Cavaliere. Il 16 dello stesso mese il Capo dello Stato Giorgio Napolitano nomina Mario Monti premier. Comincia l’era del cosiddetto “Governo tecnico”. Anche la Rai, quindi, ne subisce le conseguenze: dopo le usuali difficoltà per i vari contrasti politici, l’attuale organigramma dei vertici aziendali85 è 81 A. Grasso, Storia della televisione, cit., pag. 742 82 P. Gomez, M. Travaglio, Regime, cit. 83 P. Gomez, M. Travaglio, Inciucio, cit., pag. 5. 84 Il meccanismo del “beauty contest” (varato durante il Governo Berlusconi e presente anche in altri Paesi) prevede la cessione gratuita da parte dello Stato delle frequenze rese libere dal passaggio alla tecnologia digitale terrestre: le nuove frequenze, al posto di venir vendute ad altre potenziali emittenti, vanno gratis “ai più belli”, cioè alle televisioni già sul mercato, che sono più consolidate e che, si suppone, possano disporre in modo migliore delle nuove risorse. 85 Al riguardo, Giorgio Simonelli si dice “moderatamente ottimista”, anche se tiene a precisare che “per ora” non può “formulare giudizi”. Secondo il professore “Anna Maria Tarantola è una donna che, noto il suo curriculum, è adatta a risolvere la crisi economica della Rai”, mentre “il PD ha nominato Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi, due personaggi espressioni della società civile” che “non avranno competenze specifiche, ma sono di indubbia rettitudine morale. Altre parte politiche hanno agito diversamente, ma non sta a me giudicare. Un passo avanti rispetto agli anni scorsi è stato fatto: questo è un CdA più equilibrato”. Per Simonelli, inoltre, “un punto cruciale che la nuova amministrazione dovrà affrontare è quello del digitale terrestre: assistiamo ad un brulicare
  • 21. 21 così composto: presidente della Rai Anna Maria Tarantola86 , direttore generale Luigi Gubitosi87 , consiglieri d’amministrazione Marco Pinto (area Governo), Antonio Verro, Antonio Pilati, Luisa Todini, Guglielmo Rositani (area PdL), Gherardo Colombo, Benedetta Tobagi (area PD) e Rodolfo De Laurentis (area terzo polo)88 . di nuovi canali, perlopiù di proprietà dei maggiori broadcaster già sul mercato” e perciò “sarebbe ora di mettere un po’ di ordine nel settore e razionalizzare l’offerta televisiva”. 86 Marco Mele, “Rai, Tarantola eletta presidente”. http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-07-13/tarantola-eletta-presidente-063843.shtml?uuid=AbRQN56F 87 Redazione Corriere online, “Rai: cda nomina Gubitosi direttore generale”. http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Economia/Rai-cda-nomina-Gubitosi-direttore-generale/17-07-2012/1- A_002265413.shtml 88 Redazione Il Post, “È stato eletto il nuovo consiglio di amministrazione della RAI”. http://www.ilpost.it/2012/07/05/il-casino-della-vigilanza-rai/
  • 22. 22 Rai – Radiotelevisione Italiana Ministero dell’Economia e delle Finanze (99,56%) SIAE (0,44%) Consiglio d’Amministrazione Direttore Generale (comprende Rai Vaticano e Rai Quirinale) Vice Direttore Generale per il coordinamento dell’offerta Area trasmissiva (Rai Way) Area Commerciale (Sipra) Area Editoriale Televisione Radiofonia (marketing, ottimizzazione palinsesto e programmi, produzione, risorse radiofoniche, Radio1, Radio2, Radio3, Isoradio, GR Parlamento, WebRadio Rai, programmi radiofonici, canali radio di P.U.) Nuovi Media e DTT (Digitale Terrestre, supporto e pianificazione, ingegneria multimediale, Rai.tv, Rai.it) Reti (Raiuno, Raidue, Raitre, Rai 4, Rai 5, Rai Premium, Rai Movie, Rai Storia, Rai YoYo, Rai Gulp, Rai News, Rai Sport 1, Rai Sport 2, Rai HD, Rai Scuola, Rai Italia) Informazione (Tg1, Tg2, Tg3, TgR, Tg Sport, Rai Parlamento, Rai News 24, Televideo, corrispondenti esteri) Supporto Tv (risorse televisive, produzione Tv, Rai Teche) Generi (Rai Cinema e 01 Distribution, Rai Fiction, Rai Educational) Elaborazione personale. Fonte: Rai Marketing, 2011 Figura 1. Organigramma aziendale della Rai:
  • 23. 23 Tabella 1. Consiglio d’Amministrazione attuale (luglio 2012): CAPITOLO 2 – BREVE ANALISI COMPARATIVA TRA SERVIZI PUBBLICI TELEVISIVI: LA SITUAZIONE ITALIANA E I CASI DI GRAN BRETAGNA, FRANCIA E GERMANIA He who prides himself on giving what he thinks the public wants is often creating a fictitious demand for low standards which he will then satisfy. (John Reith) Prima di iniziare il confronto tra le emittenti di servizio pubblico televisivo dei maggiori Stati europei è meglio ricapitolare brevemente la situazione italiana. Il servizio pubblico in Italia Contesto Il servizio pubblico Rai (reti generaliste: Raiuno, Raidue Raitre, Rai 4, Rai 5, Rai News, Rai HD) contende al soggetto privato Mediaset (Retequattro, Canale 5, Italia 1, La5, Italia 2, Mediaset Extra, TgCom 24) il primato del mercato, con il servizio a pagamento Sky (Sky 1, Sky 1 HD, Sky Tg 24 e molti altri canali tematici) che occupa una buona fetta del settore ed un altro emittente privato, Telecom Italia Media (LA7, LA7d, LA7 HD), come quarto incomodo. Carica Nome e cognome Quota Presidente Anna Maria Tarantola Ministero dell’ Economia e delle Finanze Gherardo Colombo Partito Democratico Rodolfo De Laurentis Unione di Centro Antonio Pilati Popolo della Libertà Marco Pinto Ministero dell’Economia e delle Finanze Guglielmo Rositani Popolo della Libertà Benedetta Tobagi Partito Democratico Luisa Todini Popolo della Libertà Consiglio d’Amministrazione Antonio Verro Popolo della Libertà Direttore generale Luigi Gubitosi Ministero dell’Economia e delle Finanze
  • 24. 24 Quadro legislativo Il quadro legislativo all’interno del quale la Rai agisce è quello scaturito dalla Legge Gasparri (legge n. 112/2004, “Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione”89 ), dal Contratto nazionale di Servizio con lo Stato90 e dal Testo Unico della Radiotelevisione91 . Il Contratto, rinnovato ogni tre anni, autorizza la Rai a svolgere il servizio pubblico e stabilisce norme in materia di servizio agli utenti, per esempio il canone di abbonamento, e di obiettivi generali e specifici dell’azienda, tra cui qualità dell’offerta dei programmi e dell’informazione, pluralismo, tutela dei minori, passaggio al digitale terrestre, fair play finanziario. Il Testo Unico, dal canto suo, definisce principî, fini e competenze degli organi dello Stato, delle regioni, della Commissione di Vigilanza, dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, disciplinando anche l’ambito tecnico del settore. Penetrazione della politica: relazione tra nomina dei vertici, indipendenza, imparzialità e pluralismo interno Attualmente (2012) la Rai è soggetta ad un particolare disciplina di governance, altamente politicizzata92 . Così come dettato dalla legge n. 112 del 3 maggio 2004 (la Legge Gasparri), il Consiglio d’Amministrazione è composto da nove membri, sette dei quali vengono eletti dalla Commissione Parlamentare di Vigilanza e due indicati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (il maggiore azionista della Rai)93 . Tra i consiglieri di sua nomina, il Ministero dell’Economia indica il presidente del Consiglio d’Amministrazione il quale, per insediarsi, deve ottenere un voto di gradimento da almeno due terzi dei membri della Commissione Parlamentare di Vigilanza. Il Consiglio vota anche il direttore generale, che è anch’esso di nomina del Ministro dell’Economia. I membri del CdA hanno un mandato di tre anni, rinnovabili. La Commissione di Vigilanza, figura istituzionale creata dalla Riforma del 1975 formata da “quaranta membri designati pariteticamente dai Presidenti delle due Camere del Parlamento, tra i rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari”94 , non è espressione della società civile, ma un organo di controllo politico e tutela degli interessi particolaristici di ciascun partito e, globalmente, del Parlamento. Il segnale positivo è certamente che la sorveglianza sul servizio pubblico si è aperta alla presenza dell’opposizione, ma essa rimane comunque prerogativa 89 Legge Gasparri, “Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI- Radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione”. http://www.camera.it/parlam/leggi/04112l.htm 90 “Contratto di servizio 2010-2012”. http://www.segretariatosociale.rai.it/regolamenti/contratto2010_2012.html 91 Decreto legislativo n. 177 del 31 luglio 2005, “Testo unico della radiotelevisione”. http://www2.agcom.it/L_naz/dl177_05.htm 92 Il senatore Alessio Butti, Capogruppo del PdL nella Commissione di Vigilanza, ridimensiona il ruolo della politica nella gestione della concessionaria radiotelevisiva: “Non nego che in qualche caso la politica abbia influito sulla scelta di questo piuttosto che quel direttore di rete o testata, ma il collegamento non è così diretto. […] Le figure di vertice delle reti e delle testate sono troppe e spesso troppo pagate, ma solo una piccola parte fa chiaramente riferimento ad una esplicita parte politica. Lo stesso vale per i vertici aziendali”. 93 Si veda la Tabella 1. 94 “Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi”. http://www.camera.it/_bicamerali/rai/norme/listitut.htm. Secondo il senatore del PdL Alessio Butti essa “è uno strumento di indirizzo e controllo del servizio pubblico di straordinaria importanza”, che “avrebbe potuto essere un pungolo nei confronti del Governo e del Consiglio d’Amministrazione Rai per migliorare la qualità del pluralismo e dell’offerta televisiva, invece si è ridotta a trattare piccolo cabotaggio”.
  • 25. 25 della classe politica, e quindi non assicura un’informazione veramente indipendente e libera da essa. L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), invece, è un organismo istituito dalla Legge Maccanico del 1997 al quale è affidato il duplice onere di salvaguardare la corretta competizione degli operatori sul mercato e di tutelare il pluralismo e le libertà fondamentali nel settore delle telecomunicazioni, dei mezzi di comunicazione di massa, di internet e delle poste. Non è un’authority indipendente, poiché i suoi quattro commissari sono eletti per metà dalla Camera dei deputati e per metà dal Senato della Repubblica, mentre il presidente è proposto direttamente dal Presidente del Consiglio (d’intesa col Ministro dello Sviluppo Economico). Dopo tali scelte, le investiture ufficiali vengono dal Presidente della Repubblica. Il collegio resta in carica per sette anni. Come ulteriore protezione da rischi di squilibri e favoritismi, in Italia esiste il regime di par condicio95 , che prevede l’obbligo per le emittenti televisive di assicurare a tutti i soggetti politici imparzialità ed equità di accesso: gli spazi in tv, perciò, sono ripartiti in parti uguali tra tutti i movimenti che si presentano agli elettori. I messaggi politici autogestiti devono avere durata massima di 3 minuti e devono essere trasmessi in appositi contenitori, gratuitamente. Non possono essere divulgati i risultati di sondaggi nei quindici giorni precedenti la data delle votazioni, né la presenza di personaggi politici e/o candidati in programmi a carattere non informativo. Mezzi di finanziamento Fin dalla sua istituzione la Rai si finanzia sia con il canone d’abbonamento, che è uno dei più bassi ma anche più evasi d’Europa96 , sia con la pubblicità, gestita in esclusiva dalla concessionaria Sipra. Tutti coloro che detengono un televisore sono tenuti a pagare il canone, ad eccezione di scuole, università, centri sociali diurni per anziani ed enti assistenziali no- profit, qualora ne facciano richiesta. Esiste anche un canone “speciale” adattato per gli esercizi pubblici, i locali aperti al pubblico o comunque fuori dall’ambito familiare97 . Mission del servizio pubblico La mission della concessionaria è, come recitano il Contratto di Servizio e il Testo Unico, fornire un servizio pubblico di qualità e rispettoso dell’identità valoriale del Paese secondo i principi di libertà, completezza, obiettività e pluralismo dell’informazione, garantendo un numero adeguato di trasmissioni dedicate all’educazione, alla formazione e alla cultura; assicurare l’accesso alla programmazione, nei limiti indicati dalla legge, in favore dei partiti rappresentati in Parlamento, delle organizzazioni associative nazionali e delle autonomie locali, dei sindacati, delle confessioni religiose, dei movimenti, degli enti culturali, delle minoranze etniche e linguistiche; valorizzare della lingua e la cultura italiana; trasmettere gratuitamente messaggi di utilità sociale o di interesse pubblico e di contenuti, in fasce orarie appropriate, destinati specificamente ai minori; destinare una quota non inferiore al 15 95 Legge n. 515 del 10 dicembre 1993, “Disciplina delle campagne elettorali per l’elezione alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica” (http://www.senato.it/istituzione/108469/108476/genpagspalla.htm), integrata dalla legge n. 28 del 22 febbraio 2000, “Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica” (http://www2.agcom.it/l_naz/l_220200_28.htm). 96 Relazione sulla gestione, “Le risorse”. http://www.bilancio2007.rai.it/ita/relazione/rel02.htm 97 Associazione Ampi, “Tutto quesiti sul canone televisivo ed il canone radio: chi, quando e come si paga l’abbonamento RAI”. http://www.associazioneampi.it/normative_pdf/LE%20ISTRUZIONI%20PER%20L'USO%20PER%20PAGAR E%20CORRETTAMENTE%20L'ABBONAMENTO%20RAI.pdf
  • 26. 26 percento dei ricavi annui alla produzione di opere europee; sviluppare la tecnologia digitale terrestre; tutelare le persone portatrici di handicap; potenziare i centri di produzione decentrati. Il servizio pubblico in Gran Bretagna Contesto Il sistema televisivo della Gran Bretagna è un sistema misto, caratterizzato da un’emittente di servizio pubblico, la British Broadcasting Corporation (BBC) che possiede parecchi canali generalisti (i più seguiti sono BBC One, BBC Two, BBC Three, BBC Four, BBC HD, BBC News) e da altre emittenti private nazionali: la Independent Television (ITV 1, ITV 2, ITV 3, ITV 4, ITV HD), Channel 498 (Channel 4, Channel 4 More, E4) e Channel 5, oltre alla piattaforma a pagamento di Rupert Murdoch BritishSkyBroadcasting (BSkyB) e UKTV (partecipata dalla stessa BBC tramite la sua sezione Worldwide). La BBC è stata fondata nel 1922 e dal 1926 è un ente pubblico . Quadro legislativo In un sistema giuridico di common law99 , tra le poche fonti scritte vanno ricordati il Television Act del 1954100 , la Royal Charter101 e l’Agreement between the Secretary of State for National Heritage and the BBC102 . Il primo pose le premesse del superamento del monopolio della BBC, consentendo anche ai privati l’ingresso nel mercato radiofonico e audiovisivo. Il secondo e il terzo documento sono quelli su cui si basa il servizio pubblico: la Royal Charter è la concessione reale per lo svolgimento dell’attività, è stata concessa per la prima volta nel 1926 (con durata decennale) e in seguito rinnovata continuamente, l’Agreement stabilisce l’autonomia nella scelta dei programmi, dei palinsesti, nella gestione del canone e gli obblighi della concessionaria nei confronti degli utenti e dei parametri di qualità; l’Agreement viene ratificato dalla House of Commons. Il settore privato, invece, è disciplinato diversamente. Penetrazione della politica: relazione tra nomina dei vertici, indipendenza, imparzialità e pluralismo interno Fin dal 1926 la BBC è stata considerata sotto la giurisdizione del Governo, precisamente del ministero delle Poste; nella realtà i vari esecutivi succedutisi si sono trovati d’accordo col Parlamento nel decidere che il potere dei primi era da considerarsi solo in linea di principio e che la società dovesse essere indipendente dal Governo nello svolgimento delle sue attività. Tale indipendenza è considerata indispensabile per togliere al partito di maggioranza la tentazione di servirsi delle radiodiffusioni per fini politici. La mirabile indipendenza della BBC è accettata da tutti come un dogma: è per questo che, nella prassi, l’autonomia di 98 Nonostante riceva ridottissimi fondi statali, Channel 4 è in realtà un’azienda di proprietà pubblica ed è costretta a comportarsi in modo più simile alla BBC che a ITV. Si autofinanzia tramite un’abbondante raccolta commerciale e pubblicitaria. 99 Il sistema del common law è un modello di ordinamento giuridico, di matrice anglosassone, basato più sui precedenti giurisprudenziali che su atti normativi scritti (sui quali è basata invece l’altra grande tradizione giuridica europea, il civil law, di matrice continentale). Questo sistema è attualmente in vigore nel Regno Unito, negli Stati Uniti d’America e in parecchi Paesi del Commonwealth. 100 en.wikipedia.org 101 BBC Trust, “Charter and Agreement”. http://www.bbc.co.uk/bbctrust/governance/regulatory_framework/charter_agreement.html 102 Ibidem.
  • 27. 27 gestione è sempre stata più accentuata di quanto lasciassero intuire gli articoli del suo statuto. Sia il Governo che il Parlamento, nell’esperienza inglese, hanno un raggio d’azione limitato in materia di televisione: il Parlamento esercita il suo controllo sul bilancio e dibatte sia la Royal Charter che l’Agreement, mentre il Governo ha il diritto di proporre nomine al Board of Governors e di revocare o rinnovare la Royal Charter. Il Board è composto da 12 membri in carica per 5 anni, non licenziabili dal potere esecutivo, nominati formalmente dalla Regina, in pratica dal Primo Ministro, dopo una lunga fase di selezione. I Governors nominano a loro volta il direttore generale. Nonostante sia considerata un “modello” in tutta Europa e oltre per onestà e competenza, nemmeno la BBC è sfuggita a critiche riguardo la sua presunta parzialità. In ogni caso, il grado di autonomia dal Parlamento di cui gode è ampio e fattuale; rarissime le ingerenze del Governo (il Primo Ministro Thatcher però vietò la messa in onda delle registrazioni audio dei terroristi dell’IRA). La BBC, con le Producers’ Guidelines, ha stabilito regole di imparzialità interna (le clausole dell’Agreement vietano l’editorializing, ovvero la parzialità motivata), definite quale “ragion d’essere” dell’azienda, di pluralismo interno e di tutela delle minoranze. Secondo le Guidelines, la BBC ha l’obbligo di servire l’interezza della nazione, quindi deve dare spazio a tutti i principali punti di vista. L’imparzialità, ad ogni modo, non è un principio di validità assoluta: riguardo ai principi fondamentali della democrazia è consentita la deroga all’assoluta neutralità e al distacco (questa è l’unica “eccezione”). Il fine del servizio è che la gente si faccia un’idea propria dei fatti e ne tragga personali considerazioni, non si deve capire quale sia l’opinione del giornalista. La disciplina delle campagne elettorali è diversa per il settore pubblico da quello privato. Il Representaion of the People Act del 1983103 e il suo emendamento del 2000104 recano disposizioni sulle presenze televisive dei candidati, mentre per gli spazi di propaganda esistono degli accordi specifici tra BBC e partiti. Non è ammessa la pubblicità politica. Mezzi di finanziamento Il servizio pubblico della BBC non è finanziato dalla pubblicità, ma solo dal canone, garantito dalle disposizioni della Royal Charter. Sebbene la pubblicità sia esclusa, nel 1999 quasi il 15% delle entrate provenivano da attività commerciali. Tali attività sono nettamente separate da quelle del servizio pubblico: infatti le operazioni di lucro sono svolte da BBC Worldwide (la società incaricata delle trasmissioni e dei servizi all’estero), creata nel 1994 come gruppo autonomo, ma le cui azioni sono interamente in mano alla BBC. BBC Worldwide ha quindi quadri dirigenziali e bilancio indipendente (per non mischiare risorse commerciali e servizio pubblico) e il suo fine è proprio lo sviluppo delle attività commerciali, per consentire alla BBC di trarre ricavi aggiuntivi rispetto al finanziamento pubblico. Il sistema “doppio” di finanziamento non è mai stato messo in discussione, a causa della più che soddisfacente qualità offerta. Mission del servizio pubblico La BBC, dall’indirizzo datele dal fondatore John Reith (primo direttore generale dal 1926 al 1949), ha una solida tradizione di qualità, tanto da essere considerata un “modello” a livello mondiale, specie perché è riuscita a coniugarla anche con l’audience. La mission dichiarata è il trittico “informare-educare-divertire”. Il concetto di informare è declinato in modo “attivo”: la gente deve sapere per poi agire, non è solo un informare fine a se stesso. La BBC, 103 “Representation of the People Act 1983”. http://www.legislation.gov.uk/ukpga/1983/2 104 “Representation of the People Act 2000”. http://www.legislation.gov.uk/ukpga/2000/2/contents
  • 28. 28 tradizionalmente, è attenta non solo a soddisfare i gusti dei telespettatori, ma anche di arricchirli culturalmente. Il servizio pubblico in Francia Contesto Il mercato generalista si presenta dominato da un broadcaster privato, TF1 (ex-rete ammiraglia del servizio pubblico), e da due canali di proprietà pubblica, France 2 e France 3. Nell’esperienza francese un’istituzione “pubblica” è un’istituzione “di Stato”, cioè uno strumento a disposizione dell’esecutivo. In passato l’Office de Radiodiffusion-Télévision Française (ORTF), emittente monopolista dei tre canali pubblici (La Première Chaîne, La Deuxième Chaîne e La Troisième Chaîne Couleur), è parsa a molti osservatori troppo vicina al Governo, perciò nel 1974 la società è stata scorporata e, di conseguenza, sono nati tre canali distinti, TF1, Antenne 2 e France Régions 3. Nel 1987 il Primo Ministro Jacques Chirac105 procedette con la privatizzazione di un canale al fine di liberalizzare il mercato, e la scelta ricadde su TF1. Ora vige un sistema misto pubblico-privato, regolato complessivamente dal Conseil Supérieur de l’Audiovisuel (CSA)106 . Queste le principali emittenti generaliste disponibili: il consorzio pubblico France Télévisions, nato dalla legge di riforma n. 719 del 1° agosto 2000107 e modificato dalla legge n. 258 del 5 marzo 2009108 (France 2, France 3, France 4, France 5, France Ô, Reseau Outre-Mer 1ère , e che detiene pure il 50% del canale culturale franco-tedesco ARTE), quelli privati Groupe TF1 (TF1, TMC e NT1), Métropole Télévision (M6, W9, Paris Première) e Groupe Canal+ (Canal+, Direct 8). Quadro legislativo Il mercato è strutturato da numerose regole decretate dal Conseil Supérieur de l’Audiovisuel, creato dalla legge nel 1989: per esempio, ciascuna delle emittenti di France Télévisions ha il dovere di trasmettere almeno 15 ore l’anno di opere liriche e di danza, 16 ore di musica classica, esiste un tetto massimo di 192 film all’anno, ecc. Il settore è disciplinato dalla legge n. 1067 del 30 settembre 1986, che è stata corretta nel tempo (1989, 1994, ecc.). La legge n. 1170 del 29 dicembre 1990 ha introdotto una distinzione fondamentale, attribuendo il settore delle telecomunicazioni al ministro delle Telecomunicazioni e il settore audiovisivo al CSA. I Cahiers des charges sono dei documenti, atti unilaterali di natura amministrativa (e non dei contratti) in cui si specificano le clausole di una collaborazione professionale; adottati dal Primo Ministro o dal ministro competente, essi sono impugnabili dai privati di fronte al giudice amministrativo, in caso di abuso di potere. Quasi ogni aspetto del settore televisivo viene regolamentato con dei Cahiers. Ciascun canale pubblico deve perseguire alcuni 105 Jacques Chirac (Parigi, 1932) è stato un uomo politico francese, esponente di spicco del partito gollista (RPR) e del nuovo polo di centrodestra fondato nel 2002 dall’unione di diverse correnti golliste, liberali, conservatrici e democristiane (UMP). E’ stato sindaco di Parigi dal 1977 al 1995, Primo Ministro dal 1974 al 1976 sotto la presidenza Giscard d’Estaing e dal 1986 al 1988 sotto quella di Mitterrand. Dal 1995 al 2007 ha ricoperto la carica di Presidente della Repubblica Francese. 106 Conseil Supérieur de l’Audiovisuel. http://www.csa.fr/ 107 Legge n. 719 del 1° agosto 2000 che modifica la legge n. 1067 del 30 settembre 1986, “La libertà di comunicazione”. http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000000402408&dateTexte=&categorieLien =id 108 Legge n. 258 del 5 marzo 2009, “La comunicazione audiovisiva e il nuovo servizio pubblico televisivo”. http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000020352071&dateTexte=&categorieLien =id