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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO
      in cooperazione con la Scuola di Applicazione e Istituto di Studi Militari dell'Esercito di Torino




 SCUOLA UNIVERSITARIA INTERATENEO DI SCIENZE STRATEGICHE
                      DOTTORATO DI RICERCA XXIV CICLO




                  LA DIFESA CIVILE NEL XXI SECOLO:
           DALLA COOPERAZIONE CIVILE - MILITARE
                    ALL'INTEGRAZIONE DELLE FORZE




TESI PRESENTATA DA MASSIMO LANFRANCO
                            Digitally signed by Massimo Lanfranco
    Massimo                 DN: CN = Massimo Lanfranco, C = IT,
                            OU = Università di Torino
                            Reason: I attest to the accuracy and
    Lanfranco               integrity of this document
                            Date: 2012.10.20 01:02:00 +02'00'



Tutor: Ten. Gen. Domenico Benedetti
Co-Tutor: Prof. Roberto Caranta


Coordinatore del Dottorato: Prof. Luigi Bonanate




                                             TORINO, MAGGIO 2012
                  Settore Scientifico-Disciplinare di Afferenza SPS/04
Israel.
                  Bus Line A.
               35 passengers.
6 children, 11 women, 18 men.
                 One terrorist.
                  34 soldiers.




        … evolution step three




                              i
Ringraziamenti


       Una nuova idea, a differenza delle prime due, che è mia propria,
assolutamente mia. La difficoltà questa volta è stata come lavorarci sopra.
       In questo, il primo ringraziamento, al mio dirigente in Provincia di Savona
– Ing. Vincenzo Gareri, che mi ha dato lo spunto per usufruire dell’art. 2 L.
476/84.
       Un sincero ringraziamento quindi al team che a Savona si è sobbarcato del
lavoro che gli ho lasciato: geologi (Paolo e Ottavio), ingegneri (Michele e
Massimo) e architetto (Paola).
       Il Generale Domenico Benedetti è stato un tutor fantastico, solo la distanza
mi ha impedito di parlargli quanto avrei voluto.
       Grazie al Prof. Roberto Caranta, già mio relatore della tesi di diritto, vedrai
che fatica che ti aspetta!
       Un ringraziamento speciale per i fondi messi a disposizione dalla Dott. E.
Zanella, Ph.D., che mi hanno permesso di girare l’Europa e scoprire posti che era
meglio lasciare celati.
       Effi e Clips per avermi sopportato quando gli urlavo di lasciarmi in pace e
tutti gli amici, e sono proprio tanti, per la silenziosa compassione.
       Lorenzo ed Alice, la pacchia è finita!
       Elena lo so che è stata dura sopportarmi ... ora vedremo se la faticaccia
servirà a qualcosa.




                                                                                    ii
RIASSUNTO


Il presente progetto di ricerca ha l’obbiettivo di concorrere ad una ridefinizione
del tradizionale concetto di difesa civile, che veda rafforzati l’attività ed il ruolo
delle strutture intergovernative nella gestione di situazioni di crisi, estendendosi a
comprendere sia le nuove operazioni di peacekeeping, sia le attività di supporto
militare alle autorità civili in caso di disastri naturali ed altre emergenze di
carattere umanitario, sempre, tuttavia nell’ambito della cooperazione civile -
militare, che costituisce il connotato saliente dell’intero sistema.
In particolare voglio sottolineare che tale ridefinizione normativa ed organizzativa
deve essere sviluppata in funzione di una forte presenza delle Forze Armate nelle
strutture decisionali della nuova organizzazione di gestione delle crisi (termine
con il quale sostituire sia protezione civile sia difesa civile), in quanto gli attuali
scenari geopolitici richiedono una costante presenza delle unità militari: le Forze
Armate, grazie all’ottimo comportamento delle unità impegnate nelle operazioni
di risposta alle crisi internazionali ed al supporto alle operazioni di mantenimento
dell’ordine pubblico nazionale, hanno pienamente dimostrato che la loro presenza
è imprescindibile non solo in scenari dove la minaccia armata è anche solo latente,
ma anche in situazioni di emergenza dove il supporto ICT e logistico sono
fondamentali.
Uno sviluppo dell’organizzazione della gestione delle crisi nel senso sopra
descritto porterebbe ad una maggiore integrazione delle strutture civili e militari,
con evidenti ricadute positive nel campo economico (risparmi di spesa),
organizzativo (risparmi di personale) ed amministrativo (semplificazione
legislativa).




                                                                                    iii
INDICE


Ringraziamenti                                                               ii
Riassunto                                                                iii
Indice                                                                   iv




PREMESSA (PERCHÉ CAMBIARE QUALCOSA CHE NON ESISTE)                           1




INTRODUZIONE                                                                 7
 Obbiettivo della tesi                                                    7
 Metodologia                                                             11



PRIMA PARTE: STORIA E TEORIA


CAPITOLO PRIMO: LA STORIA DELLA DIFESA CIVILE IN ITALIA                  15
 1.1        La reazione alla catastrofe (o approccio lineare)            17
 1.2        L’approccio circolare                                        20
 1.3        Dalla linea al cerchio - dal 1908 alla II Guerra Mondiale    23
 1.4        La nascita della difesa civile ed il dopoguerra              25
 1.5        La Guerra Fredda                                             28
 1.6        Dalla difesa civile alla protezione civile                   29
 1.7        L’Irpinia                                                    31
 1.8        La calamità diventa evento mediatico                         33
 1.9        L’organizzazione della protezione civile in Italia           36
 1.10       L’evoluzione recente                                         39




                                                                        iv
CAPITOLO SECONDO: DIFESA E SICUREZZA                                   46
 2.1     La difesa della Repubblica                                   49
 2.2     Difesa civile come difesa non armata                         51
 2.3     Il significato della sicurezza                               52
 2.4     Nozioni di “sicurezza pubblica” e “ordine pubblico”          57
 2.5     Gli scenari NBCR-E                                           60
 2.6     Il terrorismo                                                69



CAPITOLO TERZO: LA DIFESA CIVILE                                       74
 3.1 Difesa civile come complemento o come opposizione alla Difesa
     militare?                                                        75
 3.2 Perché stravolgere e riformulare il concetto di difesa civile?   79



SECONDA PARTE: COSA STA SUCCEDENDO?


CAPITOLO QUARTO: LA SITUAZIONE ATTUALE                                 82
 4.1    Paesi dell’Unione Europea                                      82
   4.1.1 Italia                                                        83
   4.1.2 Francia                                                       89
   4.1.3 Germania                                                      96
   4.1.4 Regno Unito                                                   99
 4.2    Paesi extraeuropei                                            103
   4.2.1 Svizzera                                                     103
   4.2.2 Canada                                                       106
 4.3    Organizzazioni Internazionali                                 110
   4.3.1 ONU                                                          111
   4.3.2 UE                                                           117
   4.3.3 NATO                                                         124



CAPITOLO QUINTO: NUOVE MINACCE E FUTURE CRISI                         130
 5.1     Le nuove guerre                                              132
 5.2     Crisi                                                        136
 5.3     Disastri innaturali                                          142
 5.4     Infrastrutture critiche e disastri tecnologici               145




                                                                      v
CAPITOLO SESTO: L’INTEGRAZIONE                                        148
 6.1     Whole of government approach                                 149
 6.2     Resilienza                                                   152



TERZA PARTE: CONCLUSIONI


CAPITOLO SETTIMO: CHI, COSA, COME, DOVE E PERCHÉ                      159
 7.1     Gestione delle crisi, delle emergenze e dei disastri         161
 7.2     Cooperazione Civile – Militare                               165
 7.3     Riforma costituzionale, legislazione nazionale e normativa
         regionale                                                    168


APPENDICE 1                                                           172




BIBLIOGRAFIA                                                          183




                                                                      vi
Nessun limite come limite
                                                                                                       Bruce Lee




Premessa (perché cambiare qualcosa che non esiste)


La guerra1 è una costante della razza umana2. Ma all’interno di questo continuo affacciarsi
nella storia, la scontro armato ha visto grandi cambiamenti di cultura, armi e tattiche.
L’uso della forza (fisica) per garantire i propri interessi è strettamente legato alla lotta
interspecifica (lotta per l’esistenza) e direttamente correlata, nelle teorie evoluzionistiche, alla
concorrenza per le risorse territoriali e naturali. Mentre le motivazioni alla base della lotta tra
individui non mostrano correlazioni dirette con le armi utilizzate, la violenza di gruppo si
configura come aggressione distruttiva ed è sensibilmente influenzata dagli armamenti
adottati; la tecnologia degli armamenti ha un forte impatto sulla soppressione delle inibizioni
innate3 che limitano la distruttività dei conflitti.
É probabile che la guerra sia comparsa con i primi scontri tra tribù di ominidi (età della pietra:
Paleolitico, circa due milioni e mezzo di anni fa)4, come ampiamente testimoniato dalle
lesioni sugli scheletri e da pitture murali, ed ha sicuramente rappresentato un importante
fattore di pressione selettiva nell’evoluzione biologica e culturale.
Lo scontro tra i primi rappresentanti della razza umana, per garantirsi un adeguato “spazio
vitale” o per appropriarsi delle “risorse” altrui ha visto successivamente lo sviluppo


1 La guerra è un evento sociale e politico generalmente di vaste dimensioni che consiste nel confronto armato
fra due o più soggetti collettivi significativi http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra (ultimo accesso 20/02/2012).
La guerra è un atto di violenza per costringere l’avversario a eseguire la nostra volontà (von Clausewitz, 2000).
La guerra è un fenomeno multiforme, che assume forme differenti in tempi e contesti storici diversi, a seconda
delle strutture del sistema internazionale, della cultura etico politica, dell’organizzazione sociale e politica e
delle tecnologie disponibili (Jean, 2004).
La guerra è un processo dinamico pieno di casualità e creatività. Qualsiasi tentativo di subordinare una guerra
ad una serie di idee entro un piano predefinito è quasi un’assurdità o un’ingenuità (Liang & Xiangsui 2001).
2
  Per un’ampia disamina del comportamento umano in relazione alla guerra vedi: Irenäus Eibl-Eibesfeldt
“Etologia della guerra”.
3
  Cfr. Konrad Lorenz “L’aggressività”.
4
  Reynolds (1966). I primi disegni raffiguranti scontri tra umani sono stati rinvenuti nelle pitture murali della
grotta di Morella la Vella (Spagna) e datati al Paleolitico. Secondo alcuni autori la prima grande guerra umana fu
combattuta tra Cro-Magnon e Neanderthal e portò allo xenocidio di questi ultimi.



                                                                                                                1
dell’”entusiasmo militare”5 e della ritualizzazione dei comportamenti aggressivi che hanno
portato alla creazione di individui destinati a servire la società mediante il combattimento: i
militari. Leggi biologiche, riti sociali e usanze tradizionali hanno portato a concezioni
differenziate del concetto stesso di guerra, nonché dei comportamenti da adottare verso i
combattenti e verso la popolazione civile.
Il continuo evolversi della società ha portato una parallela crescita delle capacità di
“uccidere” il nemico fino a raggiungere la possibilità di sterminarlo completamente con l’uso
delle armi NBC (nucleari, batteriologiche e chimiche), che durante la guerra fredda sono
rimaste sospese sulla nostra testa, pronte ad essere attivate in un conflitto nucleare globale
che ha giustamente preso il nome MAD [mutual assured distruction].


La difesa civile è tradizionalmente associata allo stato di guerra, ed in particolare alle guerre
combattute a partire dal XX secolo da stati sovrani post - westfaliani6.
Giuridicamente è materia trattata dal diritto internazionale umanitario ed in particolare dal
Primo Protocollo Integrativo dell’8 giugno 1977 alla Convenzione di Ginevra (1949)7, dal
titolo “Protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali” che al Capitolo VI
Protezione Civile, presenta la seguente definizione, riconosciuta internazionalmente dai 171
paesi firmatari della convenzione, e ratificata in Italia con legge 11 dicembre 1985, n. 762:
      art. 61, comma a)
      con l’espressione « protezione civile » si intende l’assolvimento di alcuni o di tutti
      i compiti umanitari qui di seguito elencati, che sono destinati a proteggere la
      popolazione civile dai pericoli delle ostilità o delle calamità, e ad aiutarla a
      superare gli effetti immediati, nonché ad assicurare le condizioni necessarie alla
      sopravvivenza.

La Convenzione di Ginevra tutelava già le attività delle organizzazioni di soccorso ed il loro
personale, come quella della Federazione Internazionale della Croce Rossa e della


5
  Cfr. Konrad Lorenz “L’aggressività”, pag. 341.
6
  La Pace di Westfalia, sancita nel 1648 con la firma di quattro trattati, pose fine al ciclo di guerre legate alla
frammentazione dell’Impero Asburgico, a scontri religiosi tra cattolici e protestanti e dispute territoriali tra vari
stati europei. I trattati disegnarono la geografia europea con un nuovo ordine internazionale in cui gli Stati si
riconoscono tra loro proprio e solo in quanto Stati.
7
  Il documento originale, redatto in Inglese e Francese, presenta rispettivamente i termini civil defence e
protection civile. La ratifica italiana, come la traduzione reperibile sul sito della Confederazione Svizzera
(http://www.admin.ch/ch/i/rs/0_518_521/index.html#id-6), utilizzano il termine “protezione civile”. La
documentazione ufficiale è reperibile sul sito del Comitato Internazionale della Croce Rossa [ICRC] -
http://www.icrc.org/ihl.nsf/INTRO/470.



                                                                                                                   2
Mezzaluna Rossa [International Federation of Red Cross and Red Crescent Societies –
IFRC], il primo Protocollo espanse la tutela alle organizzazioni di difesa civile / protezione
civile durante i conflitti armati.


L’articolo 61 prosegue individuando i compiti della «protezione civile»:
      Tali compiti sono i seguenti:
      i)    servizio di allarme;
      ii) sgombero;
      iii) organizzazione di ricoveri;
      iv) messa in opera di misure di oscuramento;
      v) salvataggio;
      vi) servizi sanitari, inclusi i primi soccorsi, e assistenza religiosa;
      vii) lotta contro gli incendi;
      viii) individuazione e segnalamento delle zone pericolose;
      ix) decontaminazione e altre misure analoghe di protezione;
      x) alloggiamenti e approvvigionamenti d'urgenza;
      xi) aiuto in caso di urgenza per il ristabilimento e il mantenimento dell’ordine
            nelle zone sinistrate;
      xii) ristabilimento urgente dei servizi di pubblica utilità indispensabili;
      xiii) trasporti funebri urgenti;
      xiv) assistenza per la salvaguardia dei beni essenziali alla sopravvivenza;
      xv) attività complementari necessarie all'assolvimento di uno qualsiasi dei
            compiti sopra elencati, i quali comprendono la pianificazione e
            l'organizzazione, ma non si limitano solo ad esse;

dalla lettura del Protocollo e della legge di conversione risulta chiaro che:
    1. a livello internazionale l’uso dei due termini difesa civile e protezione civile è legato
        unicamente alle forme linguistiche (civil defence era già usato dagli inglesi, e quindi
        più in generale dagli anglosassoni mentre i francesi distinguevano nettamente la
        Defence – difesa armata della Repubblica – dai compiti di Securité);
    2. il protocollo, nel definire la civil defence / protection civile parla esplicitamente di
        ostilità e calamità, riconoscendo quindi che i servizi successivamente descritti
        possono essere analogamente svolti in qualunque situazione d’emergenza;
    3. i servizi individuati quali facenti parte della civil defence / protection civile fanno
        stretto riferimento ad attività post-attacco, o al limite di allarme, la pianificazione è




                                                                                                3
relegata tra le attività complementari e considerata funzionale alle attività di
         soccorso8.


Le definizioni del Primo Protocollo Integrativo alla Convenzione di Ginevra sono esattamente
recepite dal NATO Glossary of Terms and Definitions (English and French)9:
      civil defence / protection civile [CD]
Mobilization, organization, and direction of the civil population, designed to minimize by
passive measures the effects of enemy action against all aspects of civil life (01 Mar 1973).


A livello internazionale, la modifica del concetto di guerra, iniziata dopo la caduta del Muro
di Berlino, e la sua evoluzione dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, insieme a nuovi
concetti sulla centralità dell’individuo nella società, hanno portato ad un’effettiva
obsolescenza del concetto e del termine difesa civile. Non delle operazioni (e pianificazioni)
ad esso collegate, ma nella necessità di esprimere i bisogni di tutela della popolazione con
termini più efficaci e maggiormente aderenti alla realtà delle società contemporanee.




Fig. 1. Le forme della guerra, spettro dei conflitti moderni. Da Combination Warfare: Faber et al. (2003).




8
  D’altronde le attività di predisposizione di rifugi e di attrezzature funzionali al primo soccorso (soprattutto
antincendi) dovrebbero essere intraprese prima dello scoppio di un conflitto, e quindi sfuggono all’interesse
prioritario della Convenzione, che è la tutela dei civili durante le guerre. Analogamente per le attività di
ricostruzione, che è ovviamente inutile iniziare durante la guerra.
9
  Listing terms of military significance and their definitions for use in NATO. Pubblicazione AAP-6(2008),
Agenzia di Standardizzazione della NATO, recepita da tutti i paesi membri.



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In Italia la difesa civile è stata concettualmente contrapposta alla protezione civile a partire
dagli anni ’70 del secolo scorso. A seconda degli autori, l’una è stata considerata
comprensiva dell’altra e viceversa. Contrapposizioni tra individuo e stato sono state
teorizzate per giustificare l’esistenza di due distinte e separate organizzazioni volte a tutelare
la vita ed i beni dei cittadini italiani.
In questa tesi vedremo come i concetti di difesa civile e protezione civile (che si ritengono in
realtà inscindibili) si siano modificati negli ultimi 50 anni e perché ad oggi risultano superati
dall’evoluzione della società e dalle minacce10.




Fig. 2: lo spettro operativo della protezione dei cittadini. Modificato da David Alexander (2011).


La proposta che discuterò nei successivi capitoli è quella di una radicale riforma della
gestione delle crisi e dei disastri, che renda la Repubblica Italiana, ed i suoi cittadini, più
adatta ad affrontare le minacce attuali e future da parte degli attori più disparati. Sia che si



10
  Per un’analisi del concetto si sicurezza, alla base di quello di difesa (civile e militare), vedi Lipschutz (1995),
On Security. Per il nuovo concetto di natural security vedi Burke (2009), e Bobos (2007) per una tipizzazione
delle possibili risposte organizzative a livello europeo (EU).



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chiamino rogue states o terroristi, che affrontino l’Italia11 in una guerra convenzionale “old
style” o utilizzando insidiose armi di distruzione di massa12, o che sia la “natura” resa sempre
più “aggressiva” dal cambiamento climatico, dallo sfruttamento ambientale e dalla
sottovalutazione dei rischi e del loro impatto sociale ed economico.
Tale proposta rappresenta inoltre un tentativo di semplificazione concettuale in un campo
reso estremamente complesso dai diversi termini utilizzati a livello europeo ed
internazionale13 dove le traduzioni da e verso il termine inglese di civil defence causano
notevoli incomprensioni concettuali, organizzative ed operative.




11
   E la NATO ai sensi dell’art. 5 del Trattato dell’Atlantico del nord.
12
   Armamenti in grado di uccidere o ferire un gran numero di esseri umani, senza riguardo dello status di
combattenti, generalmente associate all’acronimo inglese CBRN-E che descrive tali tipologie di armi: chimiche,
batteriologiche, radiologiche, nucleari, esplosive [weapons of mass destruction – WMD].
13
   Per un divertente commento su questo problema a livello europeo cfr. Wendlig (2009) pagg. 100 – 101.



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When the doors of perception are cleansed, things will appear to man as they truly are...infinite
                                                                                                    William Blake




Introduzione


Obbiettivo della tesi


Difesa civile è un termine piuttosto recente, anche se relativo a tematiche da sempre presenti
nelle organizzazioni sociali umane, e soprattutto racchiude in se concetti diversi e molto
distanti tra loro. Se la II Guerra Mondiale ha visto la nascita “ufficiale” di questo termine e
delle azioni necessarie a proteggere la popolazione civile da armi sempre più letali e
distruttive, la rapida evoluzione delle relazioni internazionali nel post-Guerra Fredda ne ha
visto la radicale trasformazione dopo un cinquantennio di stasi legata all’oggettiva
impossibilità di sopravvivenza nel caso di una guerra nucleare totale tra USA ed URSS.


In questa tesi, in linea di massima, quando citerò il termine difesa civile14 mi riferirò al
sistema di difesa civile italiano, utilizzando il termine inglese civil defence15 per le
organizzazioni di altri stati, dove gli obbiettivi sono sensibilmente diversi. Per il termine
protezione civile c’é un accordo internazionale molto più ampio, anche perché è il termine
adottato negli atti ufficiali dell’Unione Europea a partire dagli anni ’8016.


Analogamente utilizzerò il termine protezione dei cittadini quando intenderò riferirmi in
generale alle attività svolte dal duopolio italiano difesa civile / protezione civile, ispirandomi
alla struttura che studia questi argomenti in seno al Centro Comune di Ricerca della



14
   La ricerca del termine difesa civile su Google genera circa 10.000.000 di risultati.
15
   La ricerca del termine civil defence genera circa 192.000.000 di risultati, il termine americano civil defense ne
genera 193.000.000, solo in parte coincidenti con i precedenti.
16
   Per i motivi di questa scelta, legata alla presenza in seno alla Commissione Europea di due Commissari
all’ambiente italiani, vedi Wendling (2009) pag. 102: “At the origin, civil protection was very shy. But due to the
presence of Italian officials at the DG ENV, an embryo of team emerged”.



                                                                                                                  7
Commissione Europea (Istituto per la Protezione e la Sicurezza dei Cittadini – Institute for
the Protection and Security of the Citizen - www.ipsc.jrc.europa.eu ).


In Italia la comunità scientifica è fortemente condizionata dal peso delle definizioni
giuridiche e la materia difesa civile / protezione civile è considerata di interesse sia
costituzionale sia amministrativo.
Mentre dal punto di vista del diritto costituzionale17 non sono presenti riferimenti alla difesa
civile, la protezione civile è richiamata dall’articolo 11718 ed inserita tra le materie a
legislazione concorrente19. La Corte Costituzionale si è espressa numerose volte
sull’argomento protezione civile,20 mentre il termine difesa civile non è mai stato utilizzato
nonostante sia a più riprese toccato il dovere di concorrere alla difesa della Repubblica anche
senza armi21.


La legislazione specifica sulla difesa civile sarà ampiamente trattata nei successivi capitoli: i
riferimenti relativi alla sua organizzazione sono presenti nelle leggi di organizzazione del
Ministero dell’interno22, nella quale è incardinata la funzione difesa civile, ma sempre senza
una sua definizione terminologica. Solo la l. 401/200123 presenta nel titolo un chiaro
riferimento alla difesa civile, ma tale riferimento fu aggiunto in sede di conversione del d.l.




17
   Anche se gli articoli 2 e 32 contengono dichiarazioni di principio che sottintendono la necessità della
protezione dei cittadini (diritti inviolabili, diritto alla salute).
18
   Articolo così sostituito dall’art. 3 della Legge Costituzionale 18/10/2001, n. .3, recante "Modifiche al titolo V
della parte seconda della Costituzione", pubblicata sulla GU n. 248 del 24/10/01.
19
   La legislazione concorrente prevede potestà legislativa delle Regioni con i limiti della determinazione dei
principi fondamentali da parte dello Stato (leggi – cornice).
20
   Da ultimo con Sentenza 22/2012, che esamina nel dispositivo la situazione attuale del sistema Protezione
Civile.
21
   Sentenza C. Cost., 18 maggio 1999, n. 172, che associa lo strumento militare « non più all’idea della potenza
dello Stato o, come si è detto in relazione al passato, dello “Stato di potenza”, ma all’idea di garanzia della
libertà dei popoli e dell’integrità dell’ordinamento nazionale » ma anche le Sentenze 228/2004, 229/2004 e
431/2005 che hanno statuito che il Servizio Civile costituisce una forma di difesa «per così dire, “civile”»
22
   A partire dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 “Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma
dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59” (vedi art. 14: attribuzioni del Ministero dell’interno) e dal
relativo decreto di organizzazione interna del ministero e degli organi periferici: Decreto del Presidente della
Repubblica 7 settembre 2001, n. 398 “Regolamento recante l'organizzazione degli uffici centrali di livello
dirigenziale generale del Ministero dell'interno” e D.P.R. 17 maggio 2001, n. 287 “Disposizioni in materia di
ordinamento degli uffici territoriali del Governo, ai sensi dell'articolo 11 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300”.
23
   Legge 9 novembre 2001, n. 401 “Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture
preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile”.



                                                                                                                    8
343/200124 (che in origine trattava solo della riforma organizzativa della protezione civile) a
causa dei clamorosi eventi terroristici dell’11 settembre 2001 e con l’unico obbiettivo di
stanziare risorse straordinarie per la manutenzione delle sedi dei Vigili del Fuoco (l. 401/2001
art. 5-ter Strutture logistiche della Direzione generale della protezione civile e dei servizi
antincendi del Ministero dell’interno).


Dal punto di vista del diritto amministrativo esiste un’ampia bibliografia inerente la
protezione civile25, per quanto riguarda la difesa civile è invece difficile trovare testi di
livello universitario non connotati da faziosità organizzative26.
Le definizioni riportate di seguito, costituiscono il punto di partenza concettuale per
comprendere come la materia sia incompresa anche dai cultori del diritto; sono tratte dal
Trattato di Diritto Amministrativo curato da Sabino Cassese27.


Nozione di difesa civile in Cassese (2003), redatta da A. Baldanza:
     Libro I. LE FUNZIONI DI ORDINE
     “La « difesa civile » esprime invece quel complesso di misure che consentono alla
     collettività di assorbire « con minori danni possibili, gli effetti di attacchi diretti e di
     provvedere ai rifornimenti indispensabili per le popolazioni e per il sostegno dello
     sforzo militare »28, tale da coinvolgere, in maniera trasversale, tutti gli apparati
     pubblici, in quanto chiamati, in caso di emergenza, a provvedere per quanto di
     competenza.”


Nozione di protezione civile in Cassese (2003), redatta da C. Meoli:
     Libro V. I BENI, I LAVORI PUBBLICI E L’AMBIENTE
     “… l’origine della funzione di protezione civile, nel suo primitivo significato
     essenziale, può ricercarsi nella tutela della « sicurezza » e dell’« incolumità dei


24
   Decreto legge 7 settembre 2001, n. 343 “Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle
strutture preposte alle attività di protezione civile”.
25
   L’analisi dell’approccio del diritto alla protezione civile si trova in Pepe (1996); per una bibliografia completa
e ragionata dei testi reperibili fino al 2000: http://www.francescosantoianni.it/disastri/biblibri.htm
26
   Tutti i testi rinvenuti, che presentano un carattere analitico della materia e non prettamente riepilogativo, sono
redatti o curati da appartenenti alla carriera prefettizia.
27
   Cassese S. (ed.): Trattato di diritto amministrativo. Giuffré Editore, Milano. Pagine 5270.
28
   Citato da Cassese (2003): C. Jean, Il Ministero della difesa, Roma, Nuova Italia Scientifica, 1991, p. 31.



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cittadini », affidata, secondo l’art. 1 del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza,
     approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, all’autorità di pubblica sicurezza.” … ed
     in seguito … si evidenziano definitivamente i contenuti peculiari della funzione di
     protezione civile, individuati nella natura dell’evento dannoso (sia esso calamità
     naturale o catastrofe dovuta a fatto dell’uomo) e nella situazione di emergenza
     determinata dalla sua gravità o estensione.


Nello stesso capitolo si rinvengono altresì le seguenti definizioni di difesa civile (p. 2146):
     “… nozione più chiara della protezione civile, da tenere a sua volta distinta dalla
     difesa civile, che è quel sistema di organizzazione generale della difesa non militare
     del territorio nazionale rispetto alle minacce non riconducibili alle calamità naturali.
     Compiti primari della difesa civile sono quelli di assicurare nei momenti di crisi la
     continuità dell’azione di governo, della erogazione dei servizi pubblici essenziali e
     degli approvvigionamenti, di approntare le strutture presso cui i cittadini possano
     rivolgersi e rifugiarsi, di gestire la vigilanza e l’allarme.”


Lo stesso Autore, poche pagine dopo (p. 2165), attribuisce i compiti di difesa civile alle forze
armate, confondendola con la cooperazione civile-militare (COCIM)29:
     “la difesa civile, che l’art. 14, d.lg. n. 300/1999 già enumera espressamente tra le
     attribuzioni del Ministero dell’interno, è un’attività diversa (anche se parallela a
     quella di protezione civile), prevalentemente di competenza delle Forze armate, come
     difesa della popolazione in tempo di guerra, a cui oggi, per certi versi, possono
     essere equiparati i grandi eventi del terrorismo internazionale. Tale attività ha quindi
     come presupposto un evento di tipo bellico, che determina una esigenza di difesa
     della vita civile (territorio, infrastrutture, servizi essenziali e popolazione) e si
     identifica in tutto quel complesso di misure adottate, in tempi di normalità, per
     garantire al Paese uno stato di efficienza nei periodi di guerra.”



29
   La COCIM è stata inizialmente concettualizzata dello Stato Maggiore dell’Esercito (vedi infra) per costruire
un’architettura operativa in grado di gestire le attività civili in tempo di guerra. Oggi è sicuramente preferibile
utilizzare i termini, ed i relativi concetti, derivati dalla terminologia dell’esercito americano di MACA (Military
Assistance to Civilian Autorities) e CMCO (Civil – Military Co-Ordination). Nel primo caso l’uso della forza,
caratteristico delle forze armate, è tassativamente escluso (a parte il ricorso all’autodifesa od al supporto alle
operazioni di polizia). Nel secondo le opzioni cinetiche sono subordinate solo alle regole di ingaggio.



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Come si può quindi concludere in questa breve introduzione del punto di vista giuridico,
nello stesso trattato (che costituisce uno dei più rinomati testi nel panorama del diritto
amministrativo in Italia), due autori attribuiscono alla difesa civile un significato
completamente diverso, ed ancora peggio, lo stesso autore, a distanza di alcune pagine,
riesce ad attribuirgli due significati completamente diversi, se non opposti.




Metodologia


In Italia la maggior parte della ricerca sulla difesa civile analizza esclusivamente l’approccio
concettuale a livello governativo. Analogamente, per quanto riguarda i campi paralleli di
gestione delle crisi e protezione civile, i testi reperibili riguardano generalmente il livello
nazionale, o descrivono analiticamente l’organizzazione a livello comunale.
La bibliografia internazionale comprende valutazioni molto più approfondite a tutti i livelli
ma le singole pubblicazioni hanno raramente un approccio trasversale orizzontale (tra le tre
organizzazioni) o verticale (tra livelli governativi differenti).
Questo è il motivo per cui nel mio lavoro ho cercato di puntualizzare le connessioni tra
questi aspetti che sono generalmente considerati separatamente.
La mia ricerca ha come obbiettivo l’analisi dei processi che costituiscono minacce e pericoli
e delle risposte messe in atto da diversi governi ed organizzazioni per affrontarli.


Questa tesi di dottorato è basata su “fonti aperte” reperibili in bibliografia, su corsi, seminari
e convegni seguiti direttamente e su interviste tenute con addetti ai lavori, sia a livello di
ricercatori [scholars], sia a livello di personale appartenente ad organizzazioni pubbliche e
private che sono coinvolte nelle tre aree della protezione dei cittadini [practitioners].
Un importante ruolo nelle analisi riportate di seguito è giocato dalla mia attività lavorativa
passata e presente, in particolare il servizio militare quale ufficiale dell’Esercito Italiano
durante la missione di peacekeeping “Albatros” (UNOMOZ30) e le operazioni di supporto
all’ordine pubblico “Vespri Siciliani”, immediatamente dopo gli attentati terroristici
compiuti dalla mafia a Firenze31, Milano32 e Roma33. Le mie esperienze sui disastri naturali,


30
     http://www.un.org/en/peacekeeping/missions/past/onumoz.htm
31
     Attentato di Via dei Georgofili, Firenze, 26 maggio 1993. 5 morti.



                                                                                                11
che comprendono tutte le fasi del “ciclo dei disastri”, hanno altresì influenzato il mio punto
di vista sugli aspetti tattici ed operativi, ponendo particolare enfasi sulla necessità di una
seria analisi degli errori che conduca non a processi giurisdizionali ma alla revisione dei
processi organizzativi34.


Nel mio studio ho utilizzato diversi tipi di comparazione: tra modelli organizzativi nazionali,
tra sviluppi storici, tra analoghe organizzazioni in stati diversi, tra minacce e pericoli.
L’originalità della ricerca risiede nel modo in cui ho cercato di integrare i diversi aspetti e di
discutere i punti di forza e di debolezza delle possibili risposte ad ogni livello.


La ricerca bibliografica si è basata innanzi tutto sull’analisi di documenti legislativi e sugli
atti propedeutici, sia degli stati su cui inizialmente ho indirizzato le analisi35 sia delle
principali organizzazioni internazionali36.
Per quanto riguarda la difesa civile in Italia è stato impossibile, nonostante una richiesta
diretta alla prefettura competente37, ottenere la visione di un Piano di Difesa Civile
provinciale. Colloqui informali e presentazioni presso lo Stato Maggiore della Difesa e la
NATO School mi hanno permesso comunque di delinearne la struttura e le componenti
principali, più che sufficienti per gli obbiettivi del presente lavoro.


In particolare i documenti NATO relativi alla minaccia CBRN-E ed al terrorismo, a cui fa
riferimento la pianificazione nazionale, presentano un livello di riservatezza generalmente
inferiore38 a quello italiano. I dati a cui ero interessato li ho ottenuti direttamente presso i




32
   Attentato di Via Palestro, Milano, 27 luglio 1993. 5 morti.
33
   Falliti attentati a San Giovanni in Laterano e San Giorgio in Velabro, Roma, 28 luglio 1993.
34
   Soprattutto di quelle che in ambito militare sono individuate come tattiche, tecniche e procedure [Tactics,
Tecniques and Procedures – TTPs].
35
   Italia, Australia, Austria, Canada, Danimarca, Francia, Germania, Iran, Irlanda, Islanda, Israele, Malaysia,
Norvegia, Nuova Zelanda, Polonia, Regno Unito, Russia (ed Unione Sovietica), Stati Uniti, Singapore, Sri
Lanka, Svezia, Svizzera.
36
   Nazioni Unite [UN], Unione Europea [EU], Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord [NATO],
Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa [OSCE].
37
   Girata al Ministero dell’interno, che ha risposto negativamente.
38
   NATO Security Policy C-M(2002)49.



                                                                                                            12
Centri di Eccellenza NATO39, che mantengono stretti rapporti con l’ambito accademico o
intervistando esperti non italiani (sia accademici che ricercatori di think thank).
In questo punto risiede comunque il principale limite a questa ricerca: affrontando argomenti
parzialmente ricadenti tra le informazioni classificate, si riscontrano ovviamente notevoli
difficoltà a comparare i dati internazionali con quelli italiani, soprattutto perché i documenti
italiani non presentano versioni “depurate” dalle quali si possa comunque valutare
l’organizzazione complessiva del sistema.


In totale ho condotto 30 interviste semi strutturate, di durata compresa tra 30 e 120 minuti,
sia di persona sia via telefono / skype. Dato che il discorso poteva sempre toccare argomenti
riservati non ho effettuato registrazioni.
Una risorsa preziosa in questo campo sono stati quindi i partecipanti ai corsi ed alle
conferenze a cui ho partecipato40, la conoscenza personale mi ha permesso di richiedere ed
ottenere documenti o link che difficilmente avrei scoperto via Google o per i quali avrei
dovuto recarmi direttamente in biblioteche sparse in Europa e Nord-America41.
I colloqui informali con gli altri partecipanti a questi corsi/convegni sono stati fondamentali
anche per poter discutere le tematiche legate a documenti riservati42 e per verificare le
informazioni fornite durante le interviste da personale di diverse organizzazioni (che
incorporano prospettive sempre leggermente diverse).


Dal punto di vista della bibliografia ho cercato di renderla il più completa possibile, non
limitando né la tipologia di fonti né la loro data di pubblicazione. Nel complesso ho
consultato 3600 fonti documentarie, delle quali ne ho direttamente utilizzate 300 per la
stesura della tesi, che sono quindi citate in bibliografia. Altra fonte importante è stato


39
   Civil-Military Co-operation Centre of Exellence [CIMIC COE], Enschende (NL) - http://www.cimic-coe.org/;
Joint Chemical Biological Radiological and Nuclear Defence Centre of Exellence [JCBRN Defence COE],
Vyskov (CZ) - http://jcbrncoe.cz/joomla/.
40
   In particolare, per i contatti tra partecipanti e relatori: 1° Corso junior in Post Conflict Rebuilding Management
(2009), 30° Corso di cooperazione civile – militare COCIM (2009), Civil Emergency Planning Course (2010);
CyberSecurity: Protecting Our Critical infrastructures (2009), La minaccia NBCR:potenziali rischi e possibili
risposte (2009), International Disaster and Risk Conference IDRC2010, Global Platform for Disaster Risk
Reduction 2011, VALgEO2011 3rd International workshop on validation of geoinformation products for crisis
management (2011).
41
   Per non parlare di Iran, Singapore, Malaysia, Australia e Nuova Zelanda.
42
   In Italia i piani di difesa civile ed il manuale per le crisi sono documenti classificati “riservato”, ai quali non è
possibile accedere direttamente



                                                                                                                    13
ovviamente il web, sia mediante l’accesso a siti ufficiali od il monitoraggio di riviste on-line
sia con la verifica periodica della blogosfera, dove spesso si rinvengono interessanti
commenti anche se privi di affidabilità.
Per le definizioni e gli avvenimenti ho utilizzato Wikipedia, l’enciclopedia libera, sia in
italiano sia in inglese. Quale dizionario per la traduzione dei documenti in lingua inglese, il
Merriam-Webster Collegiate Dictionary.
Per i dati sui paesi del mondo, il World Factbook della CIA43 per reperire quelli più
aggiornati ed una serie di atlanti Mondatori per verificare le modifiche degli ultimi 60 anni.


Le fonti principali per la raccolta di dati sui disastri sono il database EM-DAT44, il sito di
bibliografia di UNISDR45 e quello della Commissione Europea46; su quest’ultimo sito si trova
anche la descrizione delle organizzazioni dei paesi europei, che può essere integrata
dall’International CEP Handbook edito dal MSB svedese.


Infine i principali Autori da cui ho tratto ispirazione per la concettualizzazione della tesi, e
devo quindi ringraziare, sono:
David Alexander (chief scientist al Global Risk Forum), Susan L. Cutter (Distinguished
Professor alla University of South Carolina), Enrico L. Quarantelli (Professor Emeritus al
Disaster Research Centre at University of Dalaware), David J. Kilcullen (senior counter-
insurgency consultant) Cecile Wendling (Research fellow at Fondation nationale des
sciences politiques), Ben Winser (indipendent scholar).


Nella redazione del presente elaborato, sono presenti molti termini inglesi che non sempre ho
tradotto in italiano, la scelta se tradurre o no i termini è legata all’utilizzo estensivo di tali
termini in inglese anche tra addetti ai lavori (scholars e practitioners, che definiscono nel
complesso gli addetti ai lavori, ne sono un esempio).




43
   https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/index.html
44
   The International Disaster Database edito dal Centre for Research on the Epidemiology of Disasters [CRED]:
http://www.emdat.be/
45
   http://www.preventionweb.net/english/
46
   Vademecum di Protezione Civile: http://ec.europa.eu/echo/civil_protection/civil/vademecum/index.html



                                                                                                          14
In this imperfect world, war in natural
                                                                                                      A.M. Low




Capitolo primo: la storia della difesa civile in Italia


La difesa civile è strettamente legata ai concetti di soccorso e di emergenza. Un’analisi
storico-politica della nozione del pensiero “emergenza”, e delle conseguenze che la sua
applicazione ha prodotto in Italia ed in Europa, ci consente anche di valutare il pensiero
moderno relativo al “soccorso umanitario” che nei paesi in via di sviluppo (PVS) ormai è
strettamente associato agli aiuti allo sviluppo.
I valori guida di questa grande area comprendono termini quali solidarietà, partecipazione,
autoprotezione, sussidiarietà, cooperazione, ma anche i nuovi concetti di vulnerabilità,
sostenibilità, resilienza, panarchia. Tutti questi termini sono riportati nel glossario in allegato
e descritti nei capitoli seguenti.


In Italia il ciclo operativo della protezione dei cittadini, dall’unità d’Italia ad oggi, si è evoluto
passando progressivamente da un’impostazione di tipo sequenziale (di seguito denominata
approccio lineare) che basandosi sui meccanismi di causa – effetto / azione – reazione,
considera soltanto le azioni di intervento al momento dell’evento, ad una impostazione di tipo
ripetitivo (di seguito denominata approccio circolare47) che considera le fasi di previsione,
prevenzione e preparazione per la mitigazione del danno, integrandole con le fasi di soccorso,
superamento dell’emergenza, ricostruzione e ripristino della normalità.
Questi due “modus operandi” hanno visto fasi evolutive simili anche negli altri paesi europei
e stanno lasciando il campo a nuove concezioni operative descritte alla fine del presente
capitolo e di seguito al sesto capitolo.




47
  La scelta dei due termini si richiama alle teorie di resilienza in psicologia. Per una trattazione approfondita
vedi Loriedo e Vella, Il paradosso ed il sistema familiare, Bollati Boringhieri, 1989.



                                                                                                             15
Il primo approccio, di tipo verticistico, e di diretta discendenza militare, vede cittadini e
territorio passivi ed uno Stato che, ad evento accaduto, si cala sul territorio con poteri
straordinari, senza ricercare il contatto con il territorio stesso od un feed-back alle sue azioni.
In quest’approccio predomina solo la figura autoritaria del commissario delegato. In
quest’ottica le attività di previsione e prevenzione vengono svolte altrove, disperse nelle
molteplici sedi ed organizzazioni preposte al governo del territorio o alla ricerca, e sono
totalmente scollegate dalle attività di emergenza, per le quali si considera solo la fase di
intervento, durante le quali emerge la figura del commissario straordinario.


La seconda impostazione, al contrario, vede il cittadino ed il territorio parte attiva, che
inizialmente si autoproteggono e si autodifendono, e solo quando sono travolti da un evento di
magnitudo maggiore della loro capacità di reazione, in virtù del principio di sussidiarietà,
chiedono aiuto alle altre componenti pubbliche di livello via via più alto a seconda
dell’intensità dell’evento stesso. Questo metodo integra tutte le attività di protezione dei
cittadini (previsione, prevenzione, soccorso, superamento dell’emergenza), e prevede che esse
vengano svolte ai vari livelli secondo i principi della progettazione e gestione partecipata.
Non c’è quindi una figura che emerge, ma un “coro” di cooperanti. È quindi un approccio di
tipo sistemico, che adotta un modello distribuito basato sul principio della sussidiarietà e
implica processi multi - attore e multi - obiettivo.


Di seguito, dopo la descrizione delle due tipologie di approccio ai disastri (ma anche alle crisi
in generale), descriverò come la protezione dei cittadini si è evoluta nel tempo attraverso le
due metodologie citate: dal 1919 la linea si curva fino a chiudersi in un cerchio (legge
225/1992) per poi spezzarsi di nuovo (legge 401/2001) tornando ad essere un meccanismo
incentrato sulla risposta ai disastri48, senza raggiungere pienamente gli standard internazionali
descritti al paragrafo 4.3.1.




48
     Cfr. intervento di Stefano Torelli su Lo Spazio della Politica (02/02/2010): www.lospaziodellapolitica.com



                                                                                                                  16
1.1 La reazione alla catastrofe (o approccio lineare)


L’organizzazione della protezione dei cittadini, nella storia, si è sostanzialmente basata sul
concetto sequenziale causa–effetto: a fronte di un evento conclamato (ad es. terremoto,
alluvione, incidente ferroviario, pandemia) vi è la reazione dello Stato che invia soccorsi
(organizzati solo in parte) e poi provvede ad un aiuto per il ristoro dei danni.


Quest’approccio metodologico implica che l’unica azione intrapresa sia quella sintetizzata
dalla triade «disastro => soccorso => ricostruzione»49 (da qui il concetto di “linea”, in quanto
azione sequenziale con un inizio e una fine). Nel tempo d’intervallo tra un fenomeno e l’altro,
ci si limita ad aspettare gli eventi (o crisi), ai quali si risponde sempre con lo stesso modo:
nomina di un commissario straordinario, invio dei soccorsi, aiuto alla popolazione superstite e
ricostruzione. La tipologia d’azione del approccio lineare è di tipo passivo, riconducibile allo
schema d’azione di difesa civile.


La nomina del commissario straordinario è l’azione che, più delle altre, caratterizza
l’approccio lineare italiano e, tranne una breve pausa nel 1925, è sempre stato applicato senza
soluzione di continuità fin dal terremoto verificatosi nella zona di Napoli nel 62 d.C..
L’imperatore Nerone, affezionato all’area circumvesuviana (Massimo Fini, Nerone. Duemila
anni di calunnie, Mondadori, Milano, 1993), nominò l’ex console Clemente come suo
commissario e lo inviò nell’area disastrata per censire danni e provvedere in merito; in seguito
l’imperatore Tito50, in occasione dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., inviò due ex-consoli a
dirigere la ricostruzione nella piana campana.51.


49
   Inizialmente pienamente amplificato nel concetto di difesa civile: salvaguardia dei cittadini durante la guerra.
Pianificazione e ricostruzione erano qui estranee al periodo di crisi, essendo preliminari alla dichiarazione di
guerra e successive alla firma della pace.
50
   in Svetonio, De Vita Caesarum, Divus Titus: Quaedam sub eo fortuita ac tristia acciderunt, ut conflagratio
Vesuvii montis in Campania, et incendium Romae per triduum totidemque noctes, item pestilentia quanta non
temere alias. In iis tot adversis ac talibus non modo principis sollicitudinem sed et parentis affectum unicum
praestitit, nunc consolando per edicta, nunc opitulando quatenus suppeteret facultas. Curatores restituendae
Campaniae e consularium numero sorte duxit; bona oppressorum in Vesuvio, quorum heredes non exstabant,
restitutioni afflictarum civitatum attribuit. Urbis incendio nihil publice nisi periisse testatus, cuncta
praetoriorum suorum ornamenta operibus ac templis destinavit praeposuitque complures ex equestri ordine, quo
quaeque maturius peragerentur. Medendae valitudini leniendisque morbis nullam divinam humanamque opem
non adhibuit inquisito omni sacrificiorum remediorumque genere. There were some dreadful disasters during his
reign, such as the eruption of Mount Vesuvius in Campania, a fire at Rome which continued three days and as
many nights, and a plague the like of which had hardly ever been known before. In these many great calamities



                                                                                                               17
I Commissari ad acta per i disastri rappresentano simbolicamente lo Stato (prima il Dominus)
che reagisce; essi assumono nelle aree colpite poteri straordinari e spesso in deroga
all’ordinamento vigente.
La struttura finalizzata per l’intervento di soccorso esiste nel nostro Paese da molti anni.
L’Imperatore Augusto, per proteggere Roma dai ricorrenti incendi, istituì nel 22 a.C. i
“pompieri imperiali” (vigiles). Durante l’Impero Napoleonico (1806) l’organizzazione
francese dei Corpo delle “Garde-pompes” fu estesa a tutto l’Impero.




Fig. 3: l’organizzazione della protezione dei cittadini durante il periodo iniziale del Regno d’Italia.



he showed not merely the concern of an emperor, but even a father's surpassing love, now offering consolation in
edicts, and now lending aid so far as his means allowed. He chose commissioners by lot from among the ex-
consuls for the relief of Campania; and the property of those who lost their lives by Vesuvius and had no heirs
left alive he applied to the rebuilding of the buried cities. During the fire in Rome he made no remark except “I
am ruined”, and he set aside all the ornaments of his villas for the public buildings and temples, and put several
men of the equestrian order in charge of the work, that everything might be done with the greater dispatch. For
curing the plague and diminishing the force of the epidemic there was no aid, human or divine, which he did not
employ, searching for every kind of sacrifice and all kinds of medicines (trad. dal latino by Bill Thayer –
University of Chicago)
51
   Per un’analisi approfondita dell’evento del 79 d.C., e dei risvolti di “protezione civile” ante-littam, vedi
Allison (2010) e la bibliografia ivi citata.



                                                                                                              18
All’inizio del novecento a livello comunale operavano i civici pompieri, che divennero poi
corpo provinciale e successivamente nazionale, fino ad assumere l’attuale denominazione di
Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (il cui ordinamento è stato definito in ultimo dal d.lgs.
139/2006) e che rappresentano l’ente deputato al soccorso pubblico e alla prevenzione ed
estinzione incendi.
Nel periodo che intercorre tra un evento e l’altro, l’organizzazione del soccorso consiste
unicamente nella semplice stesura di elenchi di materiali, di uomini e di mezzi da utilizzare e
di quant’altro necessario alle operazioni di soccorso e nella predisposizione di magazzini per
lo stoccaggio del materiale. Il Regio Decreto 06/11/1926 n. 1848 (Testo Unico delle Leggi di
Pubblica Sicurezza – TULPS) stabilì che questi elenchi dovevano essere predisposti,
aggiornati annualmente e trasmessi ai Ministeri dell’Interno e dei Lavori Pubblici.




Fig. 4: l’organizzazione della protezione dei cittadini durante il periodo fascista del Regno d’Italia.




                                                                                                          19
L’introduzione di questa competenza a carico del Ministero dell’Interno aprì la strada ad una
concezione sempre più dualistica delle attività di protezione dei cittadini: soccorso nel caso di
disastri (protezione dei cittadini) ma anche controllo e repressione dei disordini (protezione
dai cittadini).
L’approccio lineare definisce quindi un’impostazione della protezione dei cittadini di tipo
verticistico, che vede un territorio e un cittadino passivi e uno Stato che, ad evento accaduto,
si cala sul territorio con poteri straordinari e senza ricercare il contatto con il territorio stesso;
ciò che emerge è solo la figura autoritaria del commissario straordinario e le attività di
soccorso improntate a modelli militari risalenti alla Grande Guerra.




1.2 L’approccio circolare


Il passaggio da una logica lineare e sequenziale di causa-effetto ad una logica sistemica di tipo
circolare è stato graduale. L’organizzazione di protezione dei cittadini del nostro Paese
secondo una logica di sistema, si è concretizzata nella prassi nel periodo che va dalla fine
degli anni ottanta al 2000, evolvendosi in un sistema interdisciplinare e multioperativo fino a
quando, con la legge 225/1992 è ufficialmente nata la protezione civile,.
La logica di sistema pone, quale base di lavoro, l’approccio della circolarità ricorsiva (da qui
il concetto del cerchio derivata dal “ciclo dei disastri”): si passa cioè dalla fase della
ordinarietà dove vengono svolte le attività di previsione, prevenzione e preparazione alle crisi
ed ai disastri, alle fasi successive del soccorso integrato e del superamento dell’emergenza,
per proseguire con la ricostruzione e il ripristino della normalità ritornando infine nuovamente
alla fase della ordinarietà con le attività di previsione, prevenzione e preparazione
dell’emergenza.
La tipologia d’azione dell’approccio circolare è di tipo proattivo, essa quindi presuppone la
costruzione ed il consolidamento di una relazione gruppo sociale – territorio quale condizione
indissolubile dall’azione di protezione dei cittadini.


Il “cerchio” intende la protezione dei cittadini come servizio orizzontale e verticale, in cui i
soggetti hanno pari dignità ed obbligo di concorso nel caso gli altri attori non riescano ad
affrontare la situazione di crisi prevista od in atto.



                                                                                                   20
Fig. 5: il ciclo dei disastri.


Gli elementi portanti dell’attuale organizzazione di protezione civile in Italia, fondata su
questa metodologia sono:
     1. gli strumenti per la pianificazione, direzione ed il coordinamento delle attività di
          protezione dei cittadini (i programmi di previsione e prevenzione e i piani di
          emergenza);
     2. il metodo di lavoro (il metodo Augustus52), che consente sia ai vari attori di
          colloquiare tra loro secondo linguaggi condivisi, sia di organizzare e gestire le varie
          attività con lo stesso approccio;
     3. la definizione chiara dei compiti di ciascun attore;
     4. la definizione chiara delle finalità;




52
       Per   un     approfondimento,     a   cura   del    suo   ideatore   Elvezio   Galanti,   vedi:
http://www.ispro.it/wiki/images/9/95/Metodo_Augustus.pdf



                                                                                                  21
5. l’adozione dei principi della sussidiarietà, dell’autoprotezione e dell’autodifesa: il
         metodo adotta quanto sancito a Strasburgo nel 1978 nella Conferenza dei poteri locali
         e regionali d’Europa53.




Fig. 6. Attività e modelli organizzativi della Difesa Civile / Protezione Civile



L’approccio circolare considera ugualmente importanti tutte le attività di protezione dei
cittadini (previsione, prevenzione, emergenza, soccorso, ricostruzione) e le porta avanti
secondo i principi della progettazione e gestione partecipata, attraverso il coinvolgimento di
tutte le componenti, ciascuna con il proprio ruolo e i propri compiti. Non c’è quindi una figura
che emerge ma un coro di attori. Quest’impostazione si basa sul dialogo tra le istituzioni a
tutti i livelli e fa proprio e realizza il principio costituzionale della sussidiarietà.


53
   Il cittadino prima cellula fondamentale di una società “è individuo maturo, dotato di senso civico ... che al
momento opportuno reagisce all'inerzia e all'abbandono...e comincia a operare”: Council of Europe –
Conference of Local and Regional Authorities of Europe (CLRAE), The Bordeaux Declaration (1978), CoE,
Strasbourg, 1978.



                                                                                                             22
1.3 Dalla linea al cerchio - dal 1908 alla II Guerra Mondiale


Agli inizi del 900, in Italia, i principali attori proposti alla protezione dei cittadini ed al
soccorso erano il Ministero della Guerra, il Ministero dei Lavori Pubblici, con il Genio Civile,
il Ministero degli Interni, con i prefetti, ed il Ministero del Tesoro (che doveva garantire
adeguati finanziamenti). A livello locale c’erano i Sindaci con i civici pompieri e i volontari
comunali, molto diffusi in particolare nell’area tosco-emiliana (Misericordie).
Uno dei primi esempi di intervento governativo fu la proclamazione dello stato di assedio in
occasione del terremoto di Reggio Calabria e di Messina (decreto reale del 2 gennaio 1909),
che permise tra l’altro la promulgazione della legge marziale e la fucilazione di alcuni
sciacalli dopo sommari processi54.
Dopo il terremoto / maremoto di Messina del 1908, benché ci sia stato negli anni successivi
un primo esempio di azione di prevenzione sul piano sismico, non si riuscì a consolidare
un’azione diversa da quella di reagire esclusivamente alla catastrofe.
Tuttavia il disastro di Messina indusse nella classe dirigente l’idea di un coordinamento per le
emergenze. Tale idea si rafforzò con la pandemia influenzale del 1916, la famosa “spagnola”,
che causò circa mezzo milione di morti.
L’idea venne recepita dal legislatore che, con il regio decreto legge 02/09/1919 n. 1915
“Ordinamento dei servizi di pronto soccorso in occasione di eventi tellurici”, affida al
Ministro dei Lavori Pubblici, e più precisamente alla struttura provinciale del Ministero
(Genio Civile), il comando delle operazioni di soccorso nel caso di terremoti. I Sindaci, subito
dopo l’evento, dovevano inviare sul luogo del disastro i pompieri (allora comunali) e il
personale a loro disposizione; Il Ministero dell’Interno, attraverso il Prefetto, aveva solo
compiti di coordinamento del soccorso sanitario.
All’epoca il Genio Civile aveva già le competenze in materia di acque pubbliche (r.d.
523/190455) ed era quindi incaricato di realizzare le opere di difesa degli abitati (primo
esempio di prevenzione) ed intervenire durante le alluvioni: con il r.d.l. 1915 abbiamo quindi



54
   Per una descrizione degli eventi, http://it.wikipedia.org/wiki/Terremoto_di_Messina, e per l’operato del
governo, anche se acritica, vedi: http://diamante.uniroma3.it/hipparcos/TerremotoSiciliaCalabria1908.htm
55
   Regio decreto 25 luglio 1904, n. 523. “Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche
delle diverse categorie”.



                                                                                                            23
un nucleo di organizzazione di approccio lineare (prevenzione – soccorso – ricostruzione) ma
rivolto unicamente alla realizzazione, mantenimento e ricostruzione degli argini.
Con il r.d.l. 09/12/1926 n. 2389 “Disposizioni per i servizi di pronto soccorso in caso di
disastri tellurici o di altra natura” (convertito poi con legge 883/1928), e con il suo
regolamento di attuazione (contenuto nel D.M. 15 dicembre 1927), il Genio Civile è chiamato
stabilmente anche a svolgere il compito di coordinamento delle attività di preparazione in
caso di “eventi tellurici” con la predisposizione di elenchi relativi ai funzionari da mobilitare,
all’ubicazione degli ospedali, dei magazzini, dei depositi di carburante e di quant’altro
necessario alle operazioni di soccorso.
Il RDL 2389/1926 pur affidando all’allora Ministero dei lavori pubblici la direzione dei
servizi a livello nazionale, ed il comando delle operazioni di soccorso al Genio Civile,
incarica il Prefetto del coordinamento politico ed amministrativo.
C’era già quindi il seme della dicotomia operativa che si è trascinata fino ai giorni nostri: da
una parte il Prefetto a rappresentare il Governo, con l’alto incarico di coordinamento generale
e in particolare delle strutture statali prevalentemente militari o paramilitari; dall’altro il
funzionario del genio civile, al momento più alto in grado, preposto al coordinamento di
quelli che oggi chiameremmo Vigili del Fuoco, Enti locali e Volontariato.
Per quanto attiene la figura del Commissario delegato, individuato nella persona del Ministro
dei lavori pubblici, il RDL statuisce:
     Art. 12 Appena il Ministro per i lavori pubblici abbia assunto nella zona colpita la
     direzione dei servizi di soccorso, segnalerà al Presidente del Consiglio dei
     ministri, alle autorità operanti nella zona colpita e a tutti i prefetti del Regno la
     sede da lui prescelta e presso la quale dovranno essere indirizzate tutte le
     comunicazioni

Nel 1933 durante un’esercitazione nazionale di difesa civile, si prese atto che i pompieri,
dimensionati a livello comunale e attrezzati ed organizzati per esigenze territoriali limitate,
non potevano operare in maniera integrata e soprattutto a livello nazionale. Questo pose il
problema di creare una struttura unica e omologata su tutto il territorio. Nel 1935 il compito di
organizzarla fu affidato al Prefetto Giombini, “camicia nera tra le camice nere”. Nasce così,
nel 1939, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, improntato alla prestanza fisica ed
inquadrato in maniera fortemente militaresca: il lemma “pompieri” fu abrogato per legge e
sostituito con l’antica locuzione vigiles, più rispondente al costante richiamo culturale del




                                                                                               24
fascismo alle antiche vestigia dell’Impero Romano e ai suoi valori, linguaggi e simbologie: i
pompieri diventano vigili del fuoco.


Un ulteriore esempio della commistione concettuale tra protezione dei cittadini ed ordine
pubblico è dato dal regio decreto 27 luglio 1934 n. 1256, istituente il Ministero della Sanità,
che all’art. 21 (ora abrogato) prevedeva la proclamazione dello “stato di epidemia”, e
l’imposizione di una censura preventiva per impedire il diffondersi di notizie atte a turbare
l’ordine pubblico.
D’altronde lo stato di assedio previsto nel nostro ordinamento legislativo all’art. 215 del
TULPS56 permette ai prefetti, al Ministro dell’interno o ai vertici dell'apparato militare di
assumere pieni poteri in deroga alle leggi vigenti sostituendosi, addirittura, alla magistratura;




1.4 La nascita della difesa civile ed il dopoguerra


In Italia il concetto di difesa civile nasce al tempo della Ia Guerra Mondiale come risposta al
sorgere di una tipologia di conflitto che, grazie all'armamento aereo ed a quello a lunga
gittata, vede nella distruzione dell'apparato industriale e logistico del nemico un obbiettivo
importante quanto lo sfondamento del fronte o l’annientamento delle forze militari avversarie;
in tal modo la popolazione e le strutture civili del nemico divengono esse stesse obbiettivo
militare (secondo le teorie della guerra aerea di Giulio Douhet “Il dominio dell’aria”), e
devono quindi essere protette in qualità di elementi di vitale importanza per la nazione
belligerante.


L’estensivo utilizzo di armi chimiche sui fronti della I Guerra Mondiale aveva intimorito tutti
i governi, facendo ritenere che la prossima guerra57 sarebbe stata combattuta con ampio
utilizzo dei gas tossici. Gli italiani d’altronde furono i primi utilizzatori delle armi chimiche su
popolazioni civili.



56
   R.d. 18/06/1931 n. 773, Titolo IX “dello stato di pericolo pubblico e dello stato di guerra”, art. 215 Durante lo
stato di pericolo pubblico il Prefetto può ordinare l'arresto o la detenzione di qualsiasi persona, qualora ciò
ritenga necessario per ristabilire o per conservare l'ordine pubblico.
57
   Cfr. Low, The Future, George Routledge and Sons, Aberdeen, 1925 (Preface pag. vii; Warfare pag. 130)



                                                                                                                25
Anche se l’utilizzo di armi “chimiche” è testimoniato perlomeno dall’età del bronzo con l’uso
di frecce avvelenate da parte delle tribù San in Sudafrica intorno al 10.000 a.C. (citazione), il
fascismo ricorse all’uso di gas tossici durante la lotta contro la resistenza libica della Libia,
con gli attacchi con fosgene ed iprite su villaggi libici nel 1928.


Con lo scoppio della II Guerra Mondiale aumentarono le esigenze di tutela e soccorso alle
popolazioni civili in quasi tutte le nazioni coinvolte nel conflitto, e in Italia fu istituito con il
regio decreto legge del 27 febbraio 1939, successivamente convertito in legge 27 dicembre
1941 n. 1570, il Corpo dei Vigili del Fuoco, che riunì tutti i corpi dei pompieri
precedentemente presenti sul territorio nazionale nelle varie città. Lo scopo della legge era
quello di garantire un adeguato soccorso a tutta la popolazione Italiana, uniformando le
attrezzature e le procedure che erano prima differenti in ogni città, e a tal fine fu istituita
presso il Ministero dell’Interno, la Direzione generale dei servizi antincendio alla quale era
preposto un Prefetto – il primo fu Giombini – e alle cui dipendenze furono posti i Vigili del
Fuoco. Tale atto normativo completò l’assimilazione del soccorso pubblico nel più ampio
campo dell’ “ordine pubblico”, togliendo ai Sindaci il braccio tecnico operativo che era
necessario per svolgere le funzioni di protezione dei cittadini.


Durante la guerra l’organizzazione della difesa civile fu messa alla prova dai bombardamenti
alleati sulle città del Nord Italia58, ma dato il carattere inizialmente saltuario degli attacchi
(rispetto a quelli effettuati sulle città tedesche od inglesi) e gli obbiettivi generalmente
industriali, il governo fascista ritenne l’impegno dei Vigili del Fuoco sufficiente e
l’organizzazione di difesa dei civili non vide particolari innovazioni.
Fondamentalmente si basava sul binomio rifugi e sirene, con il successivo intervento dei
Vigili del Fuoco per lo spegnimento degli incendi ed il salvataggio dei civili. L’evacuazione
dei civili dalle principali città oggetto d’attacco non fu sempre pianificato dal regime, ma
spesso iniziativa personale dei cittadini che allontanavano perlomeno donne e bambini.


Nel primo dopoguerra, la situazione sociale particolarmente tesa trovò in Parlamento motivo
di duro scontro ideologico quando si trattò di affrontare il binomio emergenza – protezione



58
     Rastelli, Bombe sulla città. Gli attacchi aerei alleati: le vittime civili a Milano, Mursia, Milano, 2000.



                                                                                                                  26
dei cittadini59. Nel 1950 fu presentato da quattro Ministri del Governo di allora (Scelba60,
Pacciardi, Pella, Aldisio) un primo disegno di legge dal titolo: “Disposizioni per la protezione
delle popolazioni civili in caso di guerra o calamità”.
Tale progetto non utilizzava i termini “Difesa civile” o “Protezione Civile” bensì il termine
“protezione delle popolazioni civili” e conteneva volutamente ambiguità e tendenziosità sul
termine “emergenza”: ... da una parte si punta alla riorganizzazione dei servizi assistenziali a
favore delle popolazioni civili in caso di calamità naturali; dall’altro provvedere alla difesa
passiva del territorio in caso di eventi bellici o connessi con la guerra. Questo
provvedimento, almeno per una parte, è intimamente connesso con la difesa del Paese ...
È molto probabile che il fine di Scelba (Ministro dell’interno) fosse quello di ottenere uno
strumento che gli permettesse di impedire i movimenti di piazza, in un contesto storico –
politico, in cui si riaccendevano le lotte operaie e iniziava a delinearsi il mondo bipolare e la
Guerra Fredda. La possibilità assoluta e incontrollata di promulgare lo “stato di emergenza”
fu duramente osteggiata dall’opposizione comunista durante il dibattito parlamentare61 che
seguì alla presentazione del provvedimento, conducendo alla bocciatura del progetto per
incostituzionalità.
Da questo momento il termine “difesa civile” assunse un nuovo significato: uno strumento
“reazionario”62 per impedire l’insurrezione dei partigiani comunisti in caso di guerra con
l’Unione Sovietica e successivamente una sorta di legittimazione di Stay Behind63, struttura
sorta in ambito NATO, e dell’italiana Gladio64.



59
   Per una trattazione ufficiale vedi: proposta di legge n. 480 del 20/09/1983 “Istituzione del Servizio nazionale
della protezione civile” http://www.camera.it/_dati/leg09/lavori/stampati/pdf/04800001.pdf
60
    Per un inquadramento politico del personaggio e del suo peso negli anni ’50 soprattutto nelle tematiche di
ordine pubblico: http://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Scelba
61
   [...] La Camera, riconosciuto che il contenuto del disegno di legge sulla «difesa civile» costituisce una aperta
violazione di precetti costituzionali e un rinnegamento di diritti e di libertà, garantiti ai cittadini dalla nostra,
legge fondamentale; constatato che il detto disegno di legge, attribuendo facoltà di arbitri al ministro dell’interno
spianerebbe la via ad un manifesto regime di polizia, delibera il non passaggio all’esame degli articoli. On.
Giorgio Amendola.
[...] La Camera, considerato: che il progetto di legge sulla cosiddetta «difesa civile » maschera la riserva di
arbitrio che il Governo si vuol assicurare per reprimere le agitazioni sindacali e politiche, alle quali soltanto
devonsi alcune misure legislative di carattere sociale, se pur di assai limitato contenuto; che tale «difesa civile»
serve come strumento del Governo per esimersi dalla sollecita integrale applicazione delle dette leggi e per
sottrarsi alla pressione che tende ad ampliarne la portata, delibera di respingere il passaggio agli articoli. On.
Remo Scappini.
62
   Fortemente conservatore, in opposizione alla dottrina social – comunista.
63
   L’espressione inglese stay-behind (letteralmente “rimanere indietro”) si riferisce ad una organizzazione che un
Paese mette in piedi nei propri territori, perché si possa attivare in seguito ad una eventuale invasione nemica,



                                                                                                                 27
1.5 La Guerra Fredda


Nel 1956 fu ripresentato un progetto di legge simile, dal titolo “Norme sulla protezione civile
in caso di eventi bellici e calamità naturali”, che contiene per la prima volta,
nell’ordinamento italiano, il termine “Protezione Civile”. Come il progetto precedente, e due
successivi65, fu bocciato a causa della dura opposizione dei partiti della Sinistra ed i continui
cambi di governo. I quattro disegni di legge, nonostante una diversa fraseologia, da difesa
civile a protezione civile, avevano la stessa struttura normativa, incentrata sulle attività di
soccorso gestite dal Ministero dell’Interno e volte ad interventi in caso di qualunque
emergenza.


La legge 13 maggio 1961 n. 469, riformo il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (CNVF),
incardinati nel Ministero dell’Interno, quale organo tecnico operativo dello Stato a livello
generale e braccio operativo dei Prefetti, i quali diventarono l’organo politico e tecnico
principale attorno al quale si incentrerà l’impianto della prima legge di protezione dei cittadini
che arriverà solo nel 1970.
La legge del 1961, proprio in ragione della filosofia che la ispirò, segnò il passaggio delle
competenze in materia di prima assistenza alle popolazioni colpite da calamità naturali o
catastrofi, al Ministero dell'Interno, privilegiando una guida “politica” a quella strettamente
tecnica svolta precedentemente dall’Ingegnere capo del Genio Civile. Il processo di
svuotamento delle funzioni di protezione dei cittadini posto in carico al Ministero dei lavori
pubblici fu progressivamente portato avanti in parallelo ai tentativi di legislazione
precedentemente citati.


Le calamità naturali che colpirono l’Italia negli anni seguenti, tra cui il Vajont nel 1963,
l’alluvione di Firenze nel 1966 e il terremoto del Belice nel 1968, spinsero il Parlamento a
legiferare superando le divisioni ideologiche. La Legge 996/70 - considerata dagli opposti


per formare la base di un movimento di resistenza o per operazioni di spionaggio sul suolo occupato, dietro le
linee nemiche. Da wikipedia.
64
   L’organizzazione Gladio fu istituita in Italia, come negli altri paesi della NATO, con lo scopo di contrastare
un’eventuale invasione del Patto di Varsavia e l’influenza politica e militare dei paesi comunisti. Da wikipedia.
65
   Progetti di legge 16/07/1962 e 21/03/1967.



                                                                                                             28
schieramenti politici una legge di compromesso66 - denominata “Norme sul soccorso e
l'assistenza alle popolazioni colpite da calamità – Protezione Civile”, non riuscì, però, a
superare l’ambivalenza che l’onnipresente lemma emergenza implicava. Da una parte infatti,
la legge 996/70 non chiariva quale tipo di calamità si dovesse fronteggiare, essendo
scomparso, nella stesura definitiva della legge, il termine “calamità naturale”, richiesto fin
dall’inizio dallo schieramento della sinistra e sostituito dall’onnicomprensivo vocabolo
“emergenza”. Dall’altra pur contenendo sin dal titolo il termine “protezione civile67”, e pur
presentando alcune aperture per il riconoscimento del volontariato, manteneva un assetto
fortemente stato-centrico basato sul Ministero dell’Interno ed i Vigili del Fuoco.
Con questa legge vengono comunque definiti alcuni rudimenti del più ampio concetto di
preparazione all’emergenza (che si affermerà nella sua globalità nel metodo dell’approccio
circolare), limitandoli però ai soli servizi di soccorso. Occorreranno però altri trent’anni per
arrivare a condividere, tra le diverse strutture operative, linguaggi e procedure.
La legge del ’70, infine, continuò a mantenere viva la nomina di un commissario straordinario
da inviare sul posto ai fini della direzione unitaria dei soccorsi e del coordinamento politico di
enti e strutture pubbliche e private coinvolte durante la fase della gestione emergenziale.




1.6 Dalla difesa civile alla protezione civile


L’Italia, nel ratificare con legge 11 dicembre 1985, n. 762, il Primo Protocollo Integrativo
dell’8 giugno 1977 alla Convenzione di Ginevra (1949)68, dal titolo “Protezione delle vittime
dei conflitti armati internazionali” che al Capitolo VI Protezione Civile, recepisce la




66
    Come brillantemente spiegato da Wendling (2009), pagg. 37 – 38: “organizations are driven to incorporate
the practices and rules defined by prevailing organizational models” dove sono riprese le analisi di Meyer &
Rowan (1977) e Boeker (1988).
67
   “l’attività volta alla predisposizione concertata, in tempo di normalità, dei servizi di emergenza, di soccorso e
di assistenza, nonché, al verificarsi della calamità, ad organizzare, in forma coordinata ed unitaria, tutti gli
interventi delle amministrazioni dello Stato, delle Regioni, degli enti locali territoriali e degli altri enti pubblici
istituzionali”
68
    Il documento originale, redatto in Inglese e Francese, presenta rispettivamente i termini civil defence e
protection civile. La ratifica italiana, come la traduzione reperibile sul sito della Confederazione Svizzera
(http://www.admin.ch/ch/i/rs/0_518_521/index.html#id-6), utilizza il termine “protezione civile”. La
documentazione ufficiale è invece reperibile sul sito del Comitato Internazionale della Croce Rossa -
http://www.icrc.org/ihl.nsf/INTRO/470.



                                                                                                                   29
seguente definizione, riconosciuta internazionalmente dai 171 paesi firmatari della
convenzione:
art. 61, comma a)
          con l’espressione «protezione civile» si intende l’assolvimento di alcuni o di tutti i
          compiti umanitari qui di seguito elencati, che sono destinati a proteggere la
          popolazione civile dai pericoli delle ostilità o delle calamità, e ad aiutarla a
          superare gli effetti immediati, nonché ad assicurare le condizioni necessarie alla
          sopravvivenza.

La Convenzione di Ginevra tutelava già le attività delle organizzazioni di soccorso ed il loro
personale come quella della Federazione della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa
(International Federation of Red Cross and Red Crescent Societies - IFRC), il primo
Protocollo espanse la tutela alle organizzazioni di difesa civile / protezione civile durante i
conflitti armati.
L’articolo 61 prosegue individuando i compiti della «protezione civile69»:
          Tali compiti sono i seguenti:
          i)    servizio di allarme;
          ii) sgombero;
          iii) organizzazione di ricoveri;
          iv) messa in opera di misure di oscuramento;
          v) salvataggio;
          vi) servizi sanitari, inclusi i primi soccorsi, e assistenza religiosa;
          vii) lotta contro gli incendi;
          viii) individuazione e segnalamento delle zone pericolose;
          ix) decontaminazione e altre misure analoghe di protezione;
          x) alloggiamenti e approvvigionamenti d'urgenza;
          xi) aiuto in caso di urgenza per il ristabilimento e il mantenimento dell’ordine
                nelle zone sinistrate;
          xii) ristabilimento urgente dei servizi di pubblica utilità indispensabili;
          xiii) trasporti funebri urgenti;
          xiv)assistenza per la salvaguardia dei beni essenziali alla sopravvivenza;
          xv) attività complementari necessarie all'assolvimento di uno qualsiasi dei
                compiti sopra elencati, i quali comprendono la pianificazione e
                l’organizzazione, ma non si limitano solo ad esse;

Ed individua inoltre gli «organismi di protezione civile70», il «personale71» ed il «materiale72»
degli organismi di protezione civile necessari per l’assolvimento dei compiti elencati
precedentemente.


69
     Art. 61 lett. a.
70
     Art. 61 lett. b.



                                                                                                   30
1.7 L’Irpinia


Il terremoto dell’Irpinia del 1980 rivelò che l’organizzazione di protezione dei cittadini
imperniata sul Ministero dell’Interno, slegata se non avversa al tessuto sociale del
volontariato, deficitaria di quella relazione “gruppo sociale – territorio”, era fallimentare.
Celebre è la denuncia del Presidente della Repubblica Pertini, in diretta televisiva, circa
l’inefficacia dei soccorsi: una severa requisitoria contro l’inadeguatezza degli apparati dello
Stato e del Governo. Dopo l’esternazione di Pertini, a tempo di record (solo 3 mesi dopo
l’Irpinia), venne promulgato il regolamento d’attuazione della Legge 996/70, ossia il d.p.r. n.
66/81 che affidò ai Prefetti il compito di occuparsi pienamente della protezione dei cittadini.
A loro furono assegnati i compiti di:
     1. stilare i piani provinciali di protezione civile / difesa civile, che non era altro che una
        raccolta di elenchi di uomini, di materiali e di mezzi censiti sul territorio di
        competenza, rilegati in libroni ben confezionati e ben sigillati, chiusi nel cassetto della
        scrivania prefettizia e assolutamente sconosciuti anche a chi doveva poi intervenire
        (anche perché soggetti a classifica di segretezza);
     2. assumere la direzione dei soccorsi e del coordinamento di enti militari e civili (sia
        pubblici sia privati);
     3. diffondere gli allarmi;
     4. rendere affidabile la comunicazione e l’informazione alla popolazione.
Per la prima volta si definì la necessaria catena di comando, mutuata dalla Difesa Civile, e
nacquero così a livello locale i Centri Coordinamento Soccorsi (CCS) e i Centri Operativi
Misti (COM) istituiti dal Prefetto con proprio decreto, mentre a livello nazionale venne
istituito, presso il Ministro dell’Interno, il Centro Operativo Combinato (COC).


L’aspetto estremamente positivo del regolamento del 1981 fu l’inclusione, nelle attività di
“prevenzione”, degli studi sugli eventi calamitosi e sulle loro cause. Questo fece sì che la




71
  Art. 61 lett. c: “destinato esclusivamente all’amministrazione di detti organismi dall’autorità competente”.
72
    Art. 61 lett. d: “l’equipaggiamento, gli approvvigionamenti e mezzi di trasporto che detti organismi
utilizzano”.



                                                                                                           31
comunità scientifica ed altri apparati dello Stato, fino allora esclusi, iniziassero ad occuparsi e
ad essere coinvolti nelle tematiche di protezione dei cittadini.
Uno degli aspetti negativi del regolamento del 1981 è la triplicazione della catena di
Comando che invece di essere ricondotta ad una sola figura istituzionale, così da offrire la
certezza di comando (storicamente riconducibile al Commissario ad acta), venne suddivisa in
tre parti; durante l’evento infatti erano tre le figure con poteri di coordinamento:
     -   il Commissario straordinario,
     -   il Prefetto direttore generale dei Servizi Antincendi e Protezione Civile (DGSA e PC)
     -   il Prefetto della Provincia colpita.




Fig. 7. Organizzazione vigente della difesa civile, derivata dall’originaria DC-2 del 1982 e dal Manuale
nazionale per la gestione delle crisi - ed. marzo 199473.




73
   Modificata con: d.lgs. 30 luglio 1999 n. 300 “Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo
11 della legge 15 marzo 1997, n. 59”, Capo II Il Ministero dell’interno, art. 14 Attribuzioni; decreto ministeriale
28 settembre 2001 del Ministro dell'interno “Istituzione della Commissione interministeriale tecnica di difesa
civile”; Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 5 maggio 2010 “Organizzazione nazionale per la gestione
di crisi”.



                                                                                                               32
1.8 La calamità diventa evento mediatico


L’11 giugno del 1981 alle ore 19 circa Alfredino Rampi precipitò in un pozzo artesiano
profondo 30 metri; il 13 giugno alle 7 del mattino, dopo 18 ore di diretta a reti unificate,
l’Italia, con il Presidente della Repubblica sul posto, assistette alla sua morte74.
Nasce così in Italia “il soccorso spettacolo”.
Il caso Vermicino, pur nella sua tragicità, rappresenta un punto importante nel percorso
evolutivo della PC, poiché impose una forte accelerazione al disegno di un nuovo impianto di
PC, che fosse più rispondente alle necessità di cui il Paese aveva bisogno.


Il Decreto del Presidente della Repubblica del 8 gennaio 1982, getta le basi per consolidare
altri due presidi fondamentali della PC e cioè la previsione e la prevenzione dei rischi,
elementi strutturali dell’approccio circolare.
Il 5 Febbraio 1982 viene presentato un disegno di legge a firma congiunta Spadolini –
Zamberletti, per l’istituzione di un “servizio nazionale” di protezione dei cittadini. L’intento
del disegno di legge era quello di abbandonare l’impostazione sostanzialmente militare – e per
questo semi segreta - e centralista presente nella legge del ’70, e dare al Paese una nuova PC
quale funzione permanente e organica alle sue esigenze.
Gli obiettivi salienti di questo progetto di legge erano:
L’obiettivo più qualificante del disegno di legge era riconoscere l'autorità e la responsabilità
primaria del Sindaco:
“... è riconosciuta al sindaco e alla collettività comunale una responsabilità primaria
nell'organizzazione e nell'attuazione del servizio nazionale della protezione civile, in quanto
destinati ad affrontare il primo impatto con la realtà determinata dall'evento calamitoso … I
comuni provvedono, in attuazione dei piani di cui al precedente comma, all'organizzazione
permanente dei servizi e delle strutture operative necessarie agli interventi di soccorso ed
all'adozione di misure per il loro coordinamento a livello locale …”
Il Disegno di Legge Spadolini - Zamberletti non sarà mai approvato dal Parlamento a causa
della caduta del Governo.



74
     http://it.wikipedia.org/wiki/Alfredo_Rampi e www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=84



                                                                                                   33
Nell’ottica dell’attuale idea di una protezione civile olistica e comprensiva, ancora si nota
l’assenza delle altre attività dell’approccio circolare quali la ricostruzione e il ripristino della
normalità. Attività che non vennero considerate neanche nei numerosi disegni di legge
seguenti quello di Spadolini - Zamberletti. Per esempio il Ddl Zaniboni - Zamberletti del 20
settembre 1983, che riprendeva il precedente, così precisava:
"... non rientrano nei compiti del servizio nazionale della protezione civile gli interventi e le
attività di ricostruzione delle zone colpite da calamità naturali o catastrofi di cui alla
presente legge ..."
Neanche oggi si dà per scontato che le fasi di ricostruzione e di ripristino della normalità
siano degli automatismi conseguenti al disastro, allora era inconcepibile che le attività di
protezione dei cittadini non fossero incentrate sull’emergenza: era semplicemente
inconcepibile che le attività di ricostruzione fossero anche funzionali alla prevenzione di
futuri disastri.


Come era già successo nel periodo precedente, nominalmente dominato dalla difesa civile, il
Presidente del Consiglio (Spadolini) nell’aprile 1982, con un semplice Ordine di Servizio
denominato “Ordinamento del Gabinetto”, istituì il Dipartimento della Protezione Civile:
venne creata una struttura che nei fatti era un doppione della Direzione Generale dei Servizi
Antincendi e Protezione Civile presente presso il Ministero dell’Interno75.
L’istituzione di questo Dipartimento, seppur non realizzata per via normativa, fu necessaria
poiché ci si era accorti sul campo che per lo svolgimento delle attività di protezione dei
cittadini occorreva, ed occorre, una struttura sovraordinata ai Ministeri.
La letteratura sull’Organizzazione Aziendale presenta spesso il concetto di “miopia degli
attori”76 in cui è teorizzata la tendenza degli attori istituzionali a sovrastimare alcuni aspetti
dell’organizzazione in cui lavorano. Questi comportamenti portano a fallimenti organizzativi,
soprattutto nel caso di funzioni aziendali od organizzative.
L’improvvisa nascita di una nuova figura istituzionale non ben vista dagli altri soggetti di
Governo, in particolare il Ministero dell’Interno temeva la perdita di prestigio e di figure



75
   “This myopia of actors can contribute to a growing number of situations in which two organizational
structures of an entity have exactly the same functions although being independent structures” da Wendling
(2009).
76
   Levinthal & March (1993).



                                                                                                       34
apicali legate alla difesa civile77, mentre i Vigili del Fuoco osteggiavano la creazione di nuove
organizzazioni di volontari esterne al CNVF.


Il decreto legge 159/84 (convertito con legge 363/8478) intervenne nella regolarizzazione del
volontariato, con la copertura assicurativa ed il rimborso economico ai datori di lavoro, e
sull’istituzione della componente scientifica con il Gruppo Nazionale per la Difesa dalla
Catastrofi Idrogeologiche ed il Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti.


Nel 1988, l’allora ministro alla PC (Lattanzio) fece direttamente al Parlamento la richiesta di
varare la legge istitutiva del Servizio Nazionale della PC nella quale “non potrà mancare di
una precisa definizione dell’importanza di tutti e tre i «momenti» dell’attività di protezione
civile:
     -    la previsione e la prevenzione delle varie ipotesi di rischio,
     -    il soccorso delle popolazioni sinistrate
     -    l’avvio della ripresa socio-economica delle zone colpite dalle calamità”.
Con la legge 400/8879, che disciplina complessivamente l’attività del Governo, del Consiglio
dei Ministri e della Presidenza del Consiglio, prendeva l’avvio il lungo iter che avrebbe
portato alla vera Protezione Civile. L’art. 19 prevedeva che il Segretario Generale della
Presidenza del Consiglio dei ministri doveva: “predisporre gli adempimenti e i mezzi
necessari a promuovere e raccordare a livello centrale le iniziative e le strutture che
concorrono all'attuazione del servizio nazionale della protezione civile fino all'entrata in
vigore della legge istitutiva del servizio stesso”.


Durante la IX Legislatura (1983 - 1987) venne istituito una Commissione speciale80 che
doveva riunire i provvedimenti giacenti in parlamento per dare una regolamentazione
complessiva ed organica alla materia di protezione dei cittadini.



77
    Wendling (2009), pag. 23 e seguenti. La ricostruzione dello sviluppo della Protezione Civile in seno
all’Unione Europea ha molti punti di analogia con la storia italiana della Difesa Civile.
78
   Legge 24/0771984 n. 363 “Interventi per le popolazioni colpite dal sisma del 7 e 11 maggio 1984”.
79
   Legge 23 agosto 1988, n. 400 “Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del
Consiglio dei Ministri.”
80
   “Commissione speciale per l'esame di provvedimenti recanti interventi per i territori colpiti da eventi sismici”
http://www.senato.it/leg/09/BGT/Schede/CommissioniStoriche/0-00030.htm



                                                                                                               35
Tale Commissione, successivamente estensore materiale della legge 225, inviò alle Camere
l'auspicio di promulgare una legge che tenesse conto di un Servizio nazionale di protezione
civile finalizzato a tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni
o dal pericolo di danni derivanti da catastrofi, calamità naturali o altri eventi calamitosi, e
auspicò l’adozione della metodologia operativa dei “tre momenti” e cioè: previsione degli
eventi, prevenzione delle calamità e del soccorso delle popolazioni colpite.
Finalmente il principio dell’approccio circolare era completamente recepito dal legislatore
italiano.


L’iter parlamentare della legge si allungò dal 1990 al 1992 quando, con la promulgazione
della legge 22581, che organizza la Protezione Civile come Servizio Nazionale coordinato dal
Presidente del Consiglio dei Ministri e composto dalle amministrazioni dello Stato, centrali e
periferiche, delle Regioni, dalle Province, dai Comuni, degli Enti pubblici nazionali e
territoriali e da ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul
territorio nazionale, si realizza il completo passaggio dall’approccio lineare della difesa civile
all’approccio circolare caratteristico della protezione civile italiana.




1.9 L’organizzazione della protezione civile in Italia


L’attuale organizzazione delle due componenti destinate dalla legislazione italiana                  alla
protezione del cittadino – difesa civile e protezione civile – si fonda su questa legge che,
nonostante i numerosi interventi successivi, recepisce ed amplifica i concetti di
coordinamento, sussidiarietà, capacità tecnica, volontariato.
L’attività di coordinamento si rende necessaria sia in rapporto alla complessità del sistema nel
momento dell’emergenza, quando occorre integrare enti, strutture e componenti anche molto
diverse tra loro82, sia durante il regime “ordinario”quando occorre coordinare le attività di
previsione e prevenzione, in capo ad una molteplicità di attori e stakeholders.



81
  Legge 24 febbraio 1992, n. 225 “Istituzione del servizio nazionale della protezione civile”.
82
  Secondo quanto previsto dal “Metodo AUGUSTUS”, strumento di riferimento per la pianificazione nel campo
delle emergenze che prevede 14 “funzioni di supporto” su cui organizzare la pianificazione e gestire le
emergenze.



                                                                                                      36
Fig. 8. Organizzazione vigente della protezione civile.


Il concetto di coordinamento ha completamente cancellato quello di comando e controllo,
generando una complessiva instabilità del sistema operativo. Nell’architrave organizzativa
italiana il concetto di comando83 era ed è ancora strettamente riferito alla difesa civile, per la
quale si suppone necessario il controllo dei cittadini (folla incapace di affrontare le
emergenze). Questo mito è smentito dalla bibliografia scientifica84 e dai recenti disastri85
documentati da citizen journalists e social networks.



83
   Command: The authority that a commander in the armed forces lawfully exercises over subordinates by virtue
of rank or assignment. Command includes the authority and responsibility for effectively using available
resources and for planning the employment of, organizing, directing, coordinating, and controlling military
forces for the accomplishment of assigned missions. It also includes responsibility for health, welfare, morale,
and discipline of assigned personnel (FM3-0, 2008).
84
   Mitchell et al. (2000); Dynes & Quarantelli (1968); Quarantelli & Dynes (1968); Quarantelli & Dynes (1970).
85
   Vedi ad es. l’ampia bibliografia sull’Uragano Katrina, ampiamente investigato dal punto di vista dell’analisi
sociale (tra gli altri Gheytanchy et al. 2007; Alexander 2006; Rodriguez & Dynes, 2006 e la bibliografia cit.) e
da ultimo l’affondamento della Costa Concordia (14/01/2012): nonostante il collasso della struttura di comando,
l’abbandono della nave è complessivamente riuscito perfettamente, con oltre 4000 persone sbarcate a terra e
nessuna notizia di furti, atti di violenza o omicidi per imbarcarsi sulle lance di salvataggio (“the therapeutic
community” vs. “the Hollywood disaster style”: Barton, 1970).



                                                                                                            37
Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo
Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo
Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo
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  • 2. Israel. Bus Line A. 35 passengers. 6 children, 11 women, 18 men. One terrorist. 34 soldiers. … evolution step three i
  • 3. Ringraziamenti Una nuova idea, a differenza delle prime due, che è mia propria, assolutamente mia. La difficoltà questa volta è stata come lavorarci sopra. In questo, il primo ringraziamento, al mio dirigente in Provincia di Savona – Ing. Vincenzo Gareri, che mi ha dato lo spunto per usufruire dell’art. 2 L. 476/84. Un sincero ringraziamento quindi al team che a Savona si è sobbarcato del lavoro che gli ho lasciato: geologi (Paolo e Ottavio), ingegneri (Michele e Massimo) e architetto (Paola). Il Generale Domenico Benedetti è stato un tutor fantastico, solo la distanza mi ha impedito di parlargli quanto avrei voluto. Grazie al Prof. Roberto Caranta, già mio relatore della tesi di diritto, vedrai che fatica che ti aspetta! Un ringraziamento speciale per i fondi messi a disposizione dalla Dott. E. Zanella, Ph.D., che mi hanno permesso di girare l’Europa e scoprire posti che era meglio lasciare celati. Effi e Clips per avermi sopportato quando gli urlavo di lasciarmi in pace e tutti gli amici, e sono proprio tanti, per la silenziosa compassione. Lorenzo ed Alice, la pacchia è finita! Elena lo so che è stata dura sopportarmi ... ora vedremo se la faticaccia servirà a qualcosa. ii
  • 4. RIASSUNTO Il presente progetto di ricerca ha l’obbiettivo di concorrere ad una ridefinizione del tradizionale concetto di difesa civile, che veda rafforzati l’attività ed il ruolo delle strutture intergovernative nella gestione di situazioni di crisi, estendendosi a comprendere sia le nuove operazioni di peacekeeping, sia le attività di supporto militare alle autorità civili in caso di disastri naturali ed altre emergenze di carattere umanitario, sempre, tuttavia nell’ambito della cooperazione civile - militare, che costituisce il connotato saliente dell’intero sistema. In particolare voglio sottolineare che tale ridefinizione normativa ed organizzativa deve essere sviluppata in funzione di una forte presenza delle Forze Armate nelle strutture decisionali della nuova organizzazione di gestione delle crisi (termine con il quale sostituire sia protezione civile sia difesa civile), in quanto gli attuali scenari geopolitici richiedono una costante presenza delle unità militari: le Forze Armate, grazie all’ottimo comportamento delle unità impegnate nelle operazioni di risposta alle crisi internazionali ed al supporto alle operazioni di mantenimento dell’ordine pubblico nazionale, hanno pienamente dimostrato che la loro presenza è imprescindibile non solo in scenari dove la minaccia armata è anche solo latente, ma anche in situazioni di emergenza dove il supporto ICT e logistico sono fondamentali. Uno sviluppo dell’organizzazione della gestione delle crisi nel senso sopra descritto porterebbe ad una maggiore integrazione delle strutture civili e militari, con evidenti ricadute positive nel campo economico (risparmi di spesa), organizzativo (risparmi di personale) ed amministrativo (semplificazione legislativa). iii
  • 5. INDICE Ringraziamenti ii Riassunto iii Indice iv PREMESSA (PERCHÉ CAMBIARE QUALCOSA CHE NON ESISTE) 1 INTRODUZIONE 7 Obbiettivo della tesi 7 Metodologia 11 PRIMA PARTE: STORIA E TEORIA CAPITOLO PRIMO: LA STORIA DELLA DIFESA CIVILE IN ITALIA 15 1.1 La reazione alla catastrofe (o approccio lineare) 17 1.2 L’approccio circolare 20 1.3 Dalla linea al cerchio - dal 1908 alla II Guerra Mondiale 23 1.4 La nascita della difesa civile ed il dopoguerra 25 1.5 La Guerra Fredda 28 1.6 Dalla difesa civile alla protezione civile 29 1.7 L’Irpinia 31 1.8 La calamità diventa evento mediatico 33 1.9 L’organizzazione della protezione civile in Italia 36 1.10 L’evoluzione recente 39 iv
  • 6. CAPITOLO SECONDO: DIFESA E SICUREZZA 46 2.1 La difesa della Repubblica 49 2.2 Difesa civile come difesa non armata 51 2.3 Il significato della sicurezza 52 2.4 Nozioni di “sicurezza pubblica” e “ordine pubblico” 57 2.5 Gli scenari NBCR-E 60 2.6 Il terrorismo 69 CAPITOLO TERZO: LA DIFESA CIVILE 74 3.1 Difesa civile come complemento o come opposizione alla Difesa militare? 75 3.2 Perché stravolgere e riformulare il concetto di difesa civile? 79 SECONDA PARTE: COSA STA SUCCEDENDO? CAPITOLO QUARTO: LA SITUAZIONE ATTUALE 82 4.1 Paesi dell’Unione Europea 82 4.1.1 Italia 83 4.1.2 Francia 89 4.1.3 Germania 96 4.1.4 Regno Unito 99 4.2 Paesi extraeuropei 103 4.2.1 Svizzera 103 4.2.2 Canada 106 4.3 Organizzazioni Internazionali 110 4.3.1 ONU 111 4.3.2 UE 117 4.3.3 NATO 124 CAPITOLO QUINTO: NUOVE MINACCE E FUTURE CRISI 130 5.1 Le nuove guerre 132 5.2 Crisi 136 5.3 Disastri innaturali 142 5.4 Infrastrutture critiche e disastri tecnologici 145 v
  • 7. CAPITOLO SESTO: L’INTEGRAZIONE 148 6.1 Whole of government approach 149 6.2 Resilienza 152 TERZA PARTE: CONCLUSIONI CAPITOLO SETTIMO: CHI, COSA, COME, DOVE E PERCHÉ 159 7.1 Gestione delle crisi, delle emergenze e dei disastri 161 7.2 Cooperazione Civile – Militare 165 7.3 Riforma costituzionale, legislazione nazionale e normativa regionale 168 APPENDICE 1 172 BIBLIOGRAFIA 183 vi
  • 8. Nessun limite come limite Bruce Lee Premessa (perché cambiare qualcosa che non esiste) La guerra1 è una costante della razza umana2. Ma all’interno di questo continuo affacciarsi nella storia, la scontro armato ha visto grandi cambiamenti di cultura, armi e tattiche. L’uso della forza (fisica) per garantire i propri interessi è strettamente legato alla lotta interspecifica (lotta per l’esistenza) e direttamente correlata, nelle teorie evoluzionistiche, alla concorrenza per le risorse territoriali e naturali. Mentre le motivazioni alla base della lotta tra individui non mostrano correlazioni dirette con le armi utilizzate, la violenza di gruppo si configura come aggressione distruttiva ed è sensibilmente influenzata dagli armamenti adottati; la tecnologia degli armamenti ha un forte impatto sulla soppressione delle inibizioni innate3 che limitano la distruttività dei conflitti. É probabile che la guerra sia comparsa con i primi scontri tra tribù di ominidi (età della pietra: Paleolitico, circa due milioni e mezzo di anni fa)4, come ampiamente testimoniato dalle lesioni sugli scheletri e da pitture murali, ed ha sicuramente rappresentato un importante fattore di pressione selettiva nell’evoluzione biologica e culturale. Lo scontro tra i primi rappresentanti della razza umana, per garantirsi un adeguato “spazio vitale” o per appropriarsi delle “risorse” altrui ha visto successivamente lo sviluppo 1 La guerra è un evento sociale e politico generalmente di vaste dimensioni che consiste nel confronto armato fra due o più soggetti collettivi significativi http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra (ultimo accesso 20/02/2012). La guerra è un atto di violenza per costringere l’avversario a eseguire la nostra volontà (von Clausewitz, 2000). La guerra è un fenomeno multiforme, che assume forme differenti in tempi e contesti storici diversi, a seconda delle strutture del sistema internazionale, della cultura etico politica, dell’organizzazione sociale e politica e delle tecnologie disponibili (Jean, 2004). La guerra è un processo dinamico pieno di casualità e creatività. Qualsiasi tentativo di subordinare una guerra ad una serie di idee entro un piano predefinito è quasi un’assurdità o un’ingenuità (Liang & Xiangsui 2001). 2 Per un’ampia disamina del comportamento umano in relazione alla guerra vedi: Irenäus Eibl-Eibesfeldt “Etologia della guerra”. 3 Cfr. Konrad Lorenz “L’aggressività”. 4 Reynolds (1966). I primi disegni raffiguranti scontri tra umani sono stati rinvenuti nelle pitture murali della grotta di Morella la Vella (Spagna) e datati al Paleolitico. Secondo alcuni autori la prima grande guerra umana fu combattuta tra Cro-Magnon e Neanderthal e portò allo xenocidio di questi ultimi. 1
  • 9. dell’”entusiasmo militare”5 e della ritualizzazione dei comportamenti aggressivi che hanno portato alla creazione di individui destinati a servire la società mediante il combattimento: i militari. Leggi biologiche, riti sociali e usanze tradizionali hanno portato a concezioni differenziate del concetto stesso di guerra, nonché dei comportamenti da adottare verso i combattenti e verso la popolazione civile. Il continuo evolversi della società ha portato una parallela crescita delle capacità di “uccidere” il nemico fino a raggiungere la possibilità di sterminarlo completamente con l’uso delle armi NBC (nucleari, batteriologiche e chimiche), che durante la guerra fredda sono rimaste sospese sulla nostra testa, pronte ad essere attivate in un conflitto nucleare globale che ha giustamente preso il nome MAD [mutual assured distruction]. La difesa civile è tradizionalmente associata allo stato di guerra, ed in particolare alle guerre combattute a partire dal XX secolo da stati sovrani post - westfaliani6. Giuridicamente è materia trattata dal diritto internazionale umanitario ed in particolare dal Primo Protocollo Integrativo dell’8 giugno 1977 alla Convenzione di Ginevra (1949)7, dal titolo “Protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali” che al Capitolo VI Protezione Civile, presenta la seguente definizione, riconosciuta internazionalmente dai 171 paesi firmatari della convenzione, e ratificata in Italia con legge 11 dicembre 1985, n. 762: art. 61, comma a) con l’espressione « protezione civile » si intende l’assolvimento di alcuni o di tutti i compiti umanitari qui di seguito elencati, che sono destinati a proteggere la popolazione civile dai pericoli delle ostilità o delle calamità, e ad aiutarla a superare gli effetti immediati, nonché ad assicurare le condizioni necessarie alla sopravvivenza. La Convenzione di Ginevra tutelava già le attività delle organizzazioni di soccorso ed il loro personale, come quella della Federazione Internazionale della Croce Rossa e della 5 Cfr. Konrad Lorenz “L’aggressività”, pag. 341. 6 La Pace di Westfalia, sancita nel 1648 con la firma di quattro trattati, pose fine al ciclo di guerre legate alla frammentazione dell’Impero Asburgico, a scontri religiosi tra cattolici e protestanti e dispute territoriali tra vari stati europei. I trattati disegnarono la geografia europea con un nuovo ordine internazionale in cui gli Stati si riconoscono tra loro proprio e solo in quanto Stati. 7 Il documento originale, redatto in Inglese e Francese, presenta rispettivamente i termini civil defence e protection civile. La ratifica italiana, come la traduzione reperibile sul sito della Confederazione Svizzera (http://www.admin.ch/ch/i/rs/0_518_521/index.html#id-6), utilizzano il termine “protezione civile”. La documentazione ufficiale è reperibile sul sito del Comitato Internazionale della Croce Rossa [ICRC] - http://www.icrc.org/ihl.nsf/INTRO/470. 2
  • 10. Mezzaluna Rossa [International Federation of Red Cross and Red Crescent Societies – IFRC], il primo Protocollo espanse la tutela alle organizzazioni di difesa civile / protezione civile durante i conflitti armati. L’articolo 61 prosegue individuando i compiti della «protezione civile»: Tali compiti sono i seguenti: i) servizio di allarme; ii) sgombero; iii) organizzazione di ricoveri; iv) messa in opera di misure di oscuramento; v) salvataggio; vi) servizi sanitari, inclusi i primi soccorsi, e assistenza religiosa; vii) lotta contro gli incendi; viii) individuazione e segnalamento delle zone pericolose; ix) decontaminazione e altre misure analoghe di protezione; x) alloggiamenti e approvvigionamenti d'urgenza; xi) aiuto in caso di urgenza per il ristabilimento e il mantenimento dell’ordine nelle zone sinistrate; xii) ristabilimento urgente dei servizi di pubblica utilità indispensabili; xiii) trasporti funebri urgenti; xiv) assistenza per la salvaguardia dei beni essenziali alla sopravvivenza; xv) attività complementari necessarie all'assolvimento di uno qualsiasi dei compiti sopra elencati, i quali comprendono la pianificazione e l'organizzazione, ma non si limitano solo ad esse; dalla lettura del Protocollo e della legge di conversione risulta chiaro che: 1. a livello internazionale l’uso dei due termini difesa civile e protezione civile è legato unicamente alle forme linguistiche (civil defence era già usato dagli inglesi, e quindi più in generale dagli anglosassoni mentre i francesi distinguevano nettamente la Defence – difesa armata della Repubblica – dai compiti di Securité); 2. il protocollo, nel definire la civil defence / protection civile parla esplicitamente di ostilità e calamità, riconoscendo quindi che i servizi successivamente descritti possono essere analogamente svolti in qualunque situazione d’emergenza; 3. i servizi individuati quali facenti parte della civil defence / protection civile fanno stretto riferimento ad attività post-attacco, o al limite di allarme, la pianificazione è 3
  • 11. relegata tra le attività complementari e considerata funzionale alle attività di soccorso8. Le definizioni del Primo Protocollo Integrativo alla Convenzione di Ginevra sono esattamente recepite dal NATO Glossary of Terms and Definitions (English and French)9: civil defence / protection civile [CD] Mobilization, organization, and direction of the civil population, designed to minimize by passive measures the effects of enemy action against all aspects of civil life (01 Mar 1973). A livello internazionale, la modifica del concetto di guerra, iniziata dopo la caduta del Muro di Berlino, e la sua evoluzione dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, insieme a nuovi concetti sulla centralità dell’individuo nella società, hanno portato ad un’effettiva obsolescenza del concetto e del termine difesa civile. Non delle operazioni (e pianificazioni) ad esso collegate, ma nella necessità di esprimere i bisogni di tutela della popolazione con termini più efficaci e maggiormente aderenti alla realtà delle società contemporanee. Fig. 1. Le forme della guerra, spettro dei conflitti moderni. Da Combination Warfare: Faber et al. (2003). 8 D’altronde le attività di predisposizione di rifugi e di attrezzature funzionali al primo soccorso (soprattutto antincendi) dovrebbero essere intraprese prima dello scoppio di un conflitto, e quindi sfuggono all’interesse prioritario della Convenzione, che è la tutela dei civili durante le guerre. Analogamente per le attività di ricostruzione, che è ovviamente inutile iniziare durante la guerra. 9 Listing terms of military significance and their definitions for use in NATO. Pubblicazione AAP-6(2008), Agenzia di Standardizzazione della NATO, recepita da tutti i paesi membri. 4
  • 12. In Italia la difesa civile è stata concettualmente contrapposta alla protezione civile a partire dagli anni ’70 del secolo scorso. A seconda degli autori, l’una è stata considerata comprensiva dell’altra e viceversa. Contrapposizioni tra individuo e stato sono state teorizzate per giustificare l’esistenza di due distinte e separate organizzazioni volte a tutelare la vita ed i beni dei cittadini italiani. In questa tesi vedremo come i concetti di difesa civile e protezione civile (che si ritengono in realtà inscindibili) si siano modificati negli ultimi 50 anni e perché ad oggi risultano superati dall’evoluzione della società e dalle minacce10. Fig. 2: lo spettro operativo della protezione dei cittadini. Modificato da David Alexander (2011). La proposta che discuterò nei successivi capitoli è quella di una radicale riforma della gestione delle crisi e dei disastri, che renda la Repubblica Italiana, ed i suoi cittadini, più adatta ad affrontare le minacce attuali e future da parte degli attori più disparati. Sia che si 10 Per un’analisi del concetto si sicurezza, alla base di quello di difesa (civile e militare), vedi Lipschutz (1995), On Security. Per il nuovo concetto di natural security vedi Burke (2009), e Bobos (2007) per una tipizzazione delle possibili risposte organizzative a livello europeo (EU). 5
  • 13. chiamino rogue states o terroristi, che affrontino l’Italia11 in una guerra convenzionale “old style” o utilizzando insidiose armi di distruzione di massa12, o che sia la “natura” resa sempre più “aggressiva” dal cambiamento climatico, dallo sfruttamento ambientale e dalla sottovalutazione dei rischi e del loro impatto sociale ed economico. Tale proposta rappresenta inoltre un tentativo di semplificazione concettuale in un campo reso estremamente complesso dai diversi termini utilizzati a livello europeo ed internazionale13 dove le traduzioni da e verso il termine inglese di civil defence causano notevoli incomprensioni concettuali, organizzative ed operative. 11 E la NATO ai sensi dell’art. 5 del Trattato dell’Atlantico del nord. 12 Armamenti in grado di uccidere o ferire un gran numero di esseri umani, senza riguardo dello status di combattenti, generalmente associate all’acronimo inglese CBRN-E che descrive tali tipologie di armi: chimiche, batteriologiche, radiologiche, nucleari, esplosive [weapons of mass destruction – WMD]. 13 Per un divertente commento su questo problema a livello europeo cfr. Wendlig (2009) pagg. 100 – 101. 6
  • 14. When the doors of perception are cleansed, things will appear to man as they truly are...infinite William Blake Introduzione Obbiettivo della tesi Difesa civile è un termine piuttosto recente, anche se relativo a tematiche da sempre presenti nelle organizzazioni sociali umane, e soprattutto racchiude in se concetti diversi e molto distanti tra loro. Se la II Guerra Mondiale ha visto la nascita “ufficiale” di questo termine e delle azioni necessarie a proteggere la popolazione civile da armi sempre più letali e distruttive, la rapida evoluzione delle relazioni internazionali nel post-Guerra Fredda ne ha visto la radicale trasformazione dopo un cinquantennio di stasi legata all’oggettiva impossibilità di sopravvivenza nel caso di una guerra nucleare totale tra USA ed URSS. In questa tesi, in linea di massima, quando citerò il termine difesa civile14 mi riferirò al sistema di difesa civile italiano, utilizzando il termine inglese civil defence15 per le organizzazioni di altri stati, dove gli obbiettivi sono sensibilmente diversi. Per il termine protezione civile c’é un accordo internazionale molto più ampio, anche perché è il termine adottato negli atti ufficiali dell’Unione Europea a partire dagli anni ’8016. Analogamente utilizzerò il termine protezione dei cittadini quando intenderò riferirmi in generale alle attività svolte dal duopolio italiano difesa civile / protezione civile, ispirandomi alla struttura che studia questi argomenti in seno al Centro Comune di Ricerca della 14 La ricerca del termine difesa civile su Google genera circa 10.000.000 di risultati. 15 La ricerca del termine civil defence genera circa 192.000.000 di risultati, il termine americano civil defense ne genera 193.000.000, solo in parte coincidenti con i precedenti. 16 Per i motivi di questa scelta, legata alla presenza in seno alla Commissione Europea di due Commissari all’ambiente italiani, vedi Wendling (2009) pag. 102: “At the origin, civil protection was very shy. But due to the presence of Italian officials at the DG ENV, an embryo of team emerged”. 7
  • 15. Commissione Europea (Istituto per la Protezione e la Sicurezza dei Cittadini – Institute for the Protection and Security of the Citizen - www.ipsc.jrc.europa.eu ). In Italia la comunità scientifica è fortemente condizionata dal peso delle definizioni giuridiche e la materia difesa civile / protezione civile è considerata di interesse sia costituzionale sia amministrativo. Mentre dal punto di vista del diritto costituzionale17 non sono presenti riferimenti alla difesa civile, la protezione civile è richiamata dall’articolo 11718 ed inserita tra le materie a legislazione concorrente19. La Corte Costituzionale si è espressa numerose volte sull’argomento protezione civile,20 mentre il termine difesa civile non è mai stato utilizzato nonostante sia a più riprese toccato il dovere di concorrere alla difesa della Repubblica anche senza armi21. La legislazione specifica sulla difesa civile sarà ampiamente trattata nei successivi capitoli: i riferimenti relativi alla sua organizzazione sono presenti nelle leggi di organizzazione del Ministero dell’interno22, nella quale è incardinata la funzione difesa civile, ma sempre senza una sua definizione terminologica. Solo la l. 401/200123 presenta nel titolo un chiaro riferimento alla difesa civile, ma tale riferimento fu aggiunto in sede di conversione del d.l. 17 Anche se gli articoli 2 e 32 contengono dichiarazioni di principio che sottintendono la necessità della protezione dei cittadini (diritti inviolabili, diritto alla salute). 18 Articolo così sostituito dall’art. 3 della Legge Costituzionale 18/10/2001, n. .3, recante "Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione", pubblicata sulla GU n. 248 del 24/10/01. 19 La legislazione concorrente prevede potestà legislativa delle Regioni con i limiti della determinazione dei principi fondamentali da parte dello Stato (leggi – cornice). 20 Da ultimo con Sentenza 22/2012, che esamina nel dispositivo la situazione attuale del sistema Protezione Civile. 21 Sentenza C. Cost., 18 maggio 1999, n. 172, che associa lo strumento militare « non più all’idea della potenza dello Stato o, come si è detto in relazione al passato, dello “Stato di potenza”, ma all’idea di garanzia della libertà dei popoli e dell’integrità dell’ordinamento nazionale » ma anche le Sentenze 228/2004, 229/2004 e 431/2005 che hanno statuito che il Servizio Civile costituisce una forma di difesa «per così dire, “civile”» 22 A partire dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 “Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59” (vedi art. 14: attribuzioni del Ministero dell’interno) e dal relativo decreto di organizzazione interna del ministero e degli organi periferici: Decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2001, n. 398 “Regolamento recante l'organizzazione degli uffici centrali di livello dirigenziale generale del Ministero dell'interno” e D.P.R. 17 maggio 2001, n. 287 “Disposizioni in materia di ordinamento degli uffici territoriali del Governo, ai sensi dell'articolo 11 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300”. 23 Legge 9 novembre 2001, n. 401 “Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile”. 8
  • 16. 343/200124 (che in origine trattava solo della riforma organizzativa della protezione civile) a causa dei clamorosi eventi terroristici dell’11 settembre 2001 e con l’unico obbiettivo di stanziare risorse straordinarie per la manutenzione delle sedi dei Vigili del Fuoco (l. 401/2001 art. 5-ter Strutture logistiche della Direzione generale della protezione civile e dei servizi antincendi del Ministero dell’interno). Dal punto di vista del diritto amministrativo esiste un’ampia bibliografia inerente la protezione civile25, per quanto riguarda la difesa civile è invece difficile trovare testi di livello universitario non connotati da faziosità organizzative26. Le definizioni riportate di seguito, costituiscono il punto di partenza concettuale per comprendere come la materia sia incompresa anche dai cultori del diritto; sono tratte dal Trattato di Diritto Amministrativo curato da Sabino Cassese27. Nozione di difesa civile in Cassese (2003), redatta da A. Baldanza: Libro I. LE FUNZIONI DI ORDINE “La « difesa civile » esprime invece quel complesso di misure che consentono alla collettività di assorbire « con minori danni possibili, gli effetti di attacchi diretti e di provvedere ai rifornimenti indispensabili per le popolazioni e per il sostegno dello sforzo militare »28, tale da coinvolgere, in maniera trasversale, tutti gli apparati pubblici, in quanto chiamati, in caso di emergenza, a provvedere per quanto di competenza.” Nozione di protezione civile in Cassese (2003), redatta da C. Meoli: Libro V. I BENI, I LAVORI PUBBLICI E L’AMBIENTE “… l’origine della funzione di protezione civile, nel suo primitivo significato essenziale, può ricercarsi nella tutela della « sicurezza » e dell’« incolumità dei 24 Decreto legge 7 settembre 2001, n. 343 “Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile”. 25 L’analisi dell’approccio del diritto alla protezione civile si trova in Pepe (1996); per una bibliografia completa e ragionata dei testi reperibili fino al 2000: http://www.francescosantoianni.it/disastri/biblibri.htm 26 Tutti i testi rinvenuti, che presentano un carattere analitico della materia e non prettamente riepilogativo, sono redatti o curati da appartenenti alla carriera prefettizia. 27 Cassese S. (ed.): Trattato di diritto amministrativo. Giuffré Editore, Milano. Pagine 5270. 28 Citato da Cassese (2003): C. Jean, Il Ministero della difesa, Roma, Nuova Italia Scientifica, 1991, p. 31. 9
  • 17. cittadini », affidata, secondo l’art. 1 del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, all’autorità di pubblica sicurezza.” … ed in seguito … si evidenziano definitivamente i contenuti peculiari della funzione di protezione civile, individuati nella natura dell’evento dannoso (sia esso calamità naturale o catastrofe dovuta a fatto dell’uomo) e nella situazione di emergenza determinata dalla sua gravità o estensione. Nello stesso capitolo si rinvengono altresì le seguenti definizioni di difesa civile (p. 2146): “… nozione più chiara della protezione civile, da tenere a sua volta distinta dalla difesa civile, che è quel sistema di organizzazione generale della difesa non militare del territorio nazionale rispetto alle minacce non riconducibili alle calamità naturali. Compiti primari della difesa civile sono quelli di assicurare nei momenti di crisi la continuità dell’azione di governo, della erogazione dei servizi pubblici essenziali e degli approvvigionamenti, di approntare le strutture presso cui i cittadini possano rivolgersi e rifugiarsi, di gestire la vigilanza e l’allarme.” Lo stesso Autore, poche pagine dopo (p. 2165), attribuisce i compiti di difesa civile alle forze armate, confondendola con la cooperazione civile-militare (COCIM)29: “la difesa civile, che l’art. 14, d.lg. n. 300/1999 già enumera espressamente tra le attribuzioni del Ministero dell’interno, è un’attività diversa (anche se parallela a quella di protezione civile), prevalentemente di competenza delle Forze armate, come difesa della popolazione in tempo di guerra, a cui oggi, per certi versi, possono essere equiparati i grandi eventi del terrorismo internazionale. Tale attività ha quindi come presupposto un evento di tipo bellico, che determina una esigenza di difesa della vita civile (territorio, infrastrutture, servizi essenziali e popolazione) e si identifica in tutto quel complesso di misure adottate, in tempi di normalità, per garantire al Paese uno stato di efficienza nei periodi di guerra.” 29 La COCIM è stata inizialmente concettualizzata dello Stato Maggiore dell’Esercito (vedi infra) per costruire un’architettura operativa in grado di gestire le attività civili in tempo di guerra. Oggi è sicuramente preferibile utilizzare i termini, ed i relativi concetti, derivati dalla terminologia dell’esercito americano di MACA (Military Assistance to Civilian Autorities) e CMCO (Civil – Military Co-Ordination). Nel primo caso l’uso della forza, caratteristico delle forze armate, è tassativamente escluso (a parte il ricorso all’autodifesa od al supporto alle operazioni di polizia). Nel secondo le opzioni cinetiche sono subordinate solo alle regole di ingaggio. 10
  • 18. Come si può quindi concludere in questa breve introduzione del punto di vista giuridico, nello stesso trattato (che costituisce uno dei più rinomati testi nel panorama del diritto amministrativo in Italia), due autori attribuiscono alla difesa civile un significato completamente diverso, ed ancora peggio, lo stesso autore, a distanza di alcune pagine, riesce ad attribuirgli due significati completamente diversi, se non opposti. Metodologia In Italia la maggior parte della ricerca sulla difesa civile analizza esclusivamente l’approccio concettuale a livello governativo. Analogamente, per quanto riguarda i campi paralleli di gestione delle crisi e protezione civile, i testi reperibili riguardano generalmente il livello nazionale, o descrivono analiticamente l’organizzazione a livello comunale. La bibliografia internazionale comprende valutazioni molto più approfondite a tutti i livelli ma le singole pubblicazioni hanno raramente un approccio trasversale orizzontale (tra le tre organizzazioni) o verticale (tra livelli governativi differenti). Questo è il motivo per cui nel mio lavoro ho cercato di puntualizzare le connessioni tra questi aspetti che sono generalmente considerati separatamente. La mia ricerca ha come obbiettivo l’analisi dei processi che costituiscono minacce e pericoli e delle risposte messe in atto da diversi governi ed organizzazioni per affrontarli. Questa tesi di dottorato è basata su “fonti aperte” reperibili in bibliografia, su corsi, seminari e convegni seguiti direttamente e su interviste tenute con addetti ai lavori, sia a livello di ricercatori [scholars], sia a livello di personale appartenente ad organizzazioni pubbliche e private che sono coinvolte nelle tre aree della protezione dei cittadini [practitioners]. Un importante ruolo nelle analisi riportate di seguito è giocato dalla mia attività lavorativa passata e presente, in particolare il servizio militare quale ufficiale dell’Esercito Italiano durante la missione di peacekeeping “Albatros” (UNOMOZ30) e le operazioni di supporto all’ordine pubblico “Vespri Siciliani”, immediatamente dopo gli attentati terroristici compiuti dalla mafia a Firenze31, Milano32 e Roma33. Le mie esperienze sui disastri naturali, 30 http://www.un.org/en/peacekeeping/missions/past/onumoz.htm 31 Attentato di Via dei Georgofili, Firenze, 26 maggio 1993. 5 morti. 11
  • 19. che comprendono tutte le fasi del “ciclo dei disastri”, hanno altresì influenzato il mio punto di vista sugli aspetti tattici ed operativi, ponendo particolare enfasi sulla necessità di una seria analisi degli errori che conduca non a processi giurisdizionali ma alla revisione dei processi organizzativi34. Nel mio studio ho utilizzato diversi tipi di comparazione: tra modelli organizzativi nazionali, tra sviluppi storici, tra analoghe organizzazioni in stati diversi, tra minacce e pericoli. L’originalità della ricerca risiede nel modo in cui ho cercato di integrare i diversi aspetti e di discutere i punti di forza e di debolezza delle possibili risposte ad ogni livello. La ricerca bibliografica si è basata innanzi tutto sull’analisi di documenti legislativi e sugli atti propedeutici, sia degli stati su cui inizialmente ho indirizzato le analisi35 sia delle principali organizzazioni internazionali36. Per quanto riguarda la difesa civile in Italia è stato impossibile, nonostante una richiesta diretta alla prefettura competente37, ottenere la visione di un Piano di Difesa Civile provinciale. Colloqui informali e presentazioni presso lo Stato Maggiore della Difesa e la NATO School mi hanno permesso comunque di delinearne la struttura e le componenti principali, più che sufficienti per gli obbiettivi del presente lavoro. In particolare i documenti NATO relativi alla minaccia CBRN-E ed al terrorismo, a cui fa riferimento la pianificazione nazionale, presentano un livello di riservatezza generalmente inferiore38 a quello italiano. I dati a cui ero interessato li ho ottenuti direttamente presso i 32 Attentato di Via Palestro, Milano, 27 luglio 1993. 5 morti. 33 Falliti attentati a San Giovanni in Laterano e San Giorgio in Velabro, Roma, 28 luglio 1993. 34 Soprattutto di quelle che in ambito militare sono individuate come tattiche, tecniche e procedure [Tactics, Tecniques and Procedures – TTPs]. 35 Italia, Australia, Austria, Canada, Danimarca, Francia, Germania, Iran, Irlanda, Islanda, Israele, Malaysia, Norvegia, Nuova Zelanda, Polonia, Regno Unito, Russia (ed Unione Sovietica), Stati Uniti, Singapore, Sri Lanka, Svezia, Svizzera. 36 Nazioni Unite [UN], Unione Europea [EU], Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord [NATO], Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa [OSCE]. 37 Girata al Ministero dell’interno, che ha risposto negativamente. 38 NATO Security Policy C-M(2002)49. 12
  • 20. Centri di Eccellenza NATO39, che mantengono stretti rapporti con l’ambito accademico o intervistando esperti non italiani (sia accademici che ricercatori di think thank). In questo punto risiede comunque il principale limite a questa ricerca: affrontando argomenti parzialmente ricadenti tra le informazioni classificate, si riscontrano ovviamente notevoli difficoltà a comparare i dati internazionali con quelli italiani, soprattutto perché i documenti italiani non presentano versioni “depurate” dalle quali si possa comunque valutare l’organizzazione complessiva del sistema. In totale ho condotto 30 interviste semi strutturate, di durata compresa tra 30 e 120 minuti, sia di persona sia via telefono / skype. Dato che il discorso poteva sempre toccare argomenti riservati non ho effettuato registrazioni. Una risorsa preziosa in questo campo sono stati quindi i partecipanti ai corsi ed alle conferenze a cui ho partecipato40, la conoscenza personale mi ha permesso di richiedere ed ottenere documenti o link che difficilmente avrei scoperto via Google o per i quali avrei dovuto recarmi direttamente in biblioteche sparse in Europa e Nord-America41. I colloqui informali con gli altri partecipanti a questi corsi/convegni sono stati fondamentali anche per poter discutere le tematiche legate a documenti riservati42 e per verificare le informazioni fornite durante le interviste da personale di diverse organizzazioni (che incorporano prospettive sempre leggermente diverse). Dal punto di vista della bibliografia ho cercato di renderla il più completa possibile, non limitando né la tipologia di fonti né la loro data di pubblicazione. Nel complesso ho consultato 3600 fonti documentarie, delle quali ne ho direttamente utilizzate 300 per la stesura della tesi, che sono quindi citate in bibliografia. Altra fonte importante è stato 39 Civil-Military Co-operation Centre of Exellence [CIMIC COE], Enschende (NL) - http://www.cimic-coe.org/; Joint Chemical Biological Radiological and Nuclear Defence Centre of Exellence [JCBRN Defence COE], Vyskov (CZ) - http://jcbrncoe.cz/joomla/. 40 In particolare, per i contatti tra partecipanti e relatori: 1° Corso junior in Post Conflict Rebuilding Management (2009), 30° Corso di cooperazione civile – militare COCIM (2009), Civil Emergency Planning Course (2010); CyberSecurity: Protecting Our Critical infrastructures (2009), La minaccia NBCR:potenziali rischi e possibili risposte (2009), International Disaster and Risk Conference IDRC2010, Global Platform for Disaster Risk Reduction 2011, VALgEO2011 3rd International workshop on validation of geoinformation products for crisis management (2011). 41 Per non parlare di Iran, Singapore, Malaysia, Australia e Nuova Zelanda. 42 In Italia i piani di difesa civile ed il manuale per le crisi sono documenti classificati “riservato”, ai quali non è possibile accedere direttamente 13
  • 21. ovviamente il web, sia mediante l’accesso a siti ufficiali od il monitoraggio di riviste on-line sia con la verifica periodica della blogosfera, dove spesso si rinvengono interessanti commenti anche se privi di affidabilità. Per le definizioni e gli avvenimenti ho utilizzato Wikipedia, l’enciclopedia libera, sia in italiano sia in inglese. Quale dizionario per la traduzione dei documenti in lingua inglese, il Merriam-Webster Collegiate Dictionary. Per i dati sui paesi del mondo, il World Factbook della CIA43 per reperire quelli più aggiornati ed una serie di atlanti Mondatori per verificare le modifiche degli ultimi 60 anni. Le fonti principali per la raccolta di dati sui disastri sono il database EM-DAT44, il sito di bibliografia di UNISDR45 e quello della Commissione Europea46; su quest’ultimo sito si trova anche la descrizione delle organizzazioni dei paesi europei, che può essere integrata dall’International CEP Handbook edito dal MSB svedese. Infine i principali Autori da cui ho tratto ispirazione per la concettualizzazione della tesi, e devo quindi ringraziare, sono: David Alexander (chief scientist al Global Risk Forum), Susan L. Cutter (Distinguished Professor alla University of South Carolina), Enrico L. Quarantelli (Professor Emeritus al Disaster Research Centre at University of Dalaware), David J. Kilcullen (senior counter- insurgency consultant) Cecile Wendling (Research fellow at Fondation nationale des sciences politiques), Ben Winser (indipendent scholar). Nella redazione del presente elaborato, sono presenti molti termini inglesi che non sempre ho tradotto in italiano, la scelta se tradurre o no i termini è legata all’utilizzo estensivo di tali termini in inglese anche tra addetti ai lavori (scholars e practitioners, che definiscono nel complesso gli addetti ai lavori, ne sono un esempio). 43 https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/index.html 44 The International Disaster Database edito dal Centre for Research on the Epidemiology of Disasters [CRED]: http://www.emdat.be/ 45 http://www.preventionweb.net/english/ 46 Vademecum di Protezione Civile: http://ec.europa.eu/echo/civil_protection/civil/vademecum/index.html 14
  • 22. In this imperfect world, war in natural A.M. Low Capitolo primo: la storia della difesa civile in Italia La difesa civile è strettamente legata ai concetti di soccorso e di emergenza. Un’analisi storico-politica della nozione del pensiero “emergenza”, e delle conseguenze che la sua applicazione ha prodotto in Italia ed in Europa, ci consente anche di valutare il pensiero moderno relativo al “soccorso umanitario” che nei paesi in via di sviluppo (PVS) ormai è strettamente associato agli aiuti allo sviluppo. I valori guida di questa grande area comprendono termini quali solidarietà, partecipazione, autoprotezione, sussidiarietà, cooperazione, ma anche i nuovi concetti di vulnerabilità, sostenibilità, resilienza, panarchia. Tutti questi termini sono riportati nel glossario in allegato e descritti nei capitoli seguenti. In Italia il ciclo operativo della protezione dei cittadini, dall’unità d’Italia ad oggi, si è evoluto passando progressivamente da un’impostazione di tipo sequenziale (di seguito denominata approccio lineare) che basandosi sui meccanismi di causa – effetto / azione – reazione, considera soltanto le azioni di intervento al momento dell’evento, ad una impostazione di tipo ripetitivo (di seguito denominata approccio circolare47) che considera le fasi di previsione, prevenzione e preparazione per la mitigazione del danno, integrandole con le fasi di soccorso, superamento dell’emergenza, ricostruzione e ripristino della normalità. Questi due “modus operandi” hanno visto fasi evolutive simili anche negli altri paesi europei e stanno lasciando il campo a nuove concezioni operative descritte alla fine del presente capitolo e di seguito al sesto capitolo. 47 La scelta dei due termini si richiama alle teorie di resilienza in psicologia. Per una trattazione approfondita vedi Loriedo e Vella, Il paradosso ed il sistema familiare, Bollati Boringhieri, 1989. 15
  • 23. Il primo approccio, di tipo verticistico, e di diretta discendenza militare, vede cittadini e territorio passivi ed uno Stato che, ad evento accaduto, si cala sul territorio con poteri straordinari, senza ricercare il contatto con il territorio stesso od un feed-back alle sue azioni. In quest’approccio predomina solo la figura autoritaria del commissario delegato. In quest’ottica le attività di previsione e prevenzione vengono svolte altrove, disperse nelle molteplici sedi ed organizzazioni preposte al governo del territorio o alla ricerca, e sono totalmente scollegate dalle attività di emergenza, per le quali si considera solo la fase di intervento, durante le quali emerge la figura del commissario straordinario. La seconda impostazione, al contrario, vede il cittadino ed il territorio parte attiva, che inizialmente si autoproteggono e si autodifendono, e solo quando sono travolti da un evento di magnitudo maggiore della loro capacità di reazione, in virtù del principio di sussidiarietà, chiedono aiuto alle altre componenti pubbliche di livello via via più alto a seconda dell’intensità dell’evento stesso. Questo metodo integra tutte le attività di protezione dei cittadini (previsione, prevenzione, soccorso, superamento dell’emergenza), e prevede che esse vengano svolte ai vari livelli secondo i principi della progettazione e gestione partecipata. Non c’è quindi una figura che emerge, ma un “coro” di cooperanti. È quindi un approccio di tipo sistemico, che adotta un modello distribuito basato sul principio della sussidiarietà e implica processi multi - attore e multi - obiettivo. Di seguito, dopo la descrizione delle due tipologie di approccio ai disastri (ma anche alle crisi in generale), descriverò come la protezione dei cittadini si è evoluta nel tempo attraverso le due metodologie citate: dal 1919 la linea si curva fino a chiudersi in un cerchio (legge 225/1992) per poi spezzarsi di nuovo (legge 401/2001) tornando ad essere un meccanismo incentrato sulla risposta ai disastri48, senza raggiungere pienamente gli standard internazionali descritti al paragrafo 4.3.1. 48 Cfr. intervento di Stefano Torelli su Lo Spazio della Politica (02/02/2010): www.lospaziodellapolitica.com 16
  • 24. 1.1 La reazione alla catastrofe (o approccio lineare) L’organizzazione della protezione dei cittadini, nella storia, si è sostanzialmente basata sul concetto sequenziale causa–effetto: a fronte di un evento conclamato (ad es. terremoto, alluvione, incidente ferroviario, pandemia) vi è la reazione dello Stato che invia soccorsi (organizzati solo in parte) e poi provvede ad un aiuto per il ristoro dei danni. Quest’approccio metodologico implica che l’unica azione intrapresa sia quella sintetizzata dalla triade «disastro => soccorso => ricostruzione»49 (da qui il concetto di “linea”, in quanto azione sequenziale con un inizio e una fine). Nel tempo d’intervallo tra un fenomeno e l’altro, ci si limita ad aspettare gli eventi (o crisi), ai quali si risponde sempre con lo stesso modo: nomina di un commissario straordinario, invio dei soccorsi, aiuto alla popolazione superstite e ricostruzione. La tipologia d’azione del approccio lineare è di tipo passivo, riconducibile allo schema d’azione di difesa civile. La nomina del commissario straordinario è l’azione che, più delle altre, caratterizza l’approccio lineare italiano e, tranne una breve pausa nel 1925, è sempre stato applicato senza soluzione di continuità fin dal terremoto verificatosi nella zona di Napoli nel 62 d.C.. L’imperatore Nerone, affezionato all’area circumvesuviana (Massimo Fini, Nerone. Duemila anni di calunnie, Mondadori, Milano, 1993), nominò l’ex console Clemente come suo commissario e lo inviò nell’area disastrata per censire danni e provvedere in merito; in seguito l’imperatore Tito50, in occasione dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., inviò due ex-consoli a dirigere la ricostruzione nella piana campana.51. 49 Inizialmente pienamente amplificato nel concetto di difesa civile: salvaguardia dei cittadini durante la guerra. Pianificazione e ricostruzione erano qui estranee al periodo di crisi, essendo preliminari alla dichiarazione di guerra e successive alla firma della pace. 50 in Svetonio, De Vita Caesarum, Divus Titus: Quaedam sub eo fortuita ac tristia acciderunt, ut conflagratio Vesuvii montis in Campania, et incendium Romae per triduum totidemque noctes, item pestilentia quanta non temere alias. In iis tot adversis ac talibus non modo principis sollicitudinem sed et parentis affectum unicum praestitit, nunc consolando per edicta, nunc opitulando quatenus suppeteret facultas. Curatores restituendae Campaniae e consularium numero sorte duxit; bona oppressorum in Vesuvio, quorum heredes non exstabant, restitutioni afflictarum civitatum attribuit. Urbis incendio nihil publice nisi periisse testatus, cuncta praetoriorum suorum ornamenta operibus ac templis destinavit praeposuitque complures ex equestri ordine, quo quaeque maturius peragerentur. Medendae valitudini leniendisque morbis nullam divinam humanamque opem non adhibuit inquisito omni sacrificiorum remediorumque genere. There were some dreadful disasters during his reign, such as the eruption of Mount Vesuvius in Campania, a fire at Rome which continued three days and as many nights, and a plague the like of which had hardly ever been known before. In these many great calamities 17
  • 25. I Commissari ad acta per i disastri rappresentano simbolicamente lo Stato (prima il Dominus) che reagisce; essi assumono nelle aree colpite poteri straordinari e spesso in deroga all’ordinamento vigente. La struttura finalizzata per l’intervento di soccorso esiste nel nostro Paese da molti anni. L’Imperatore Augusto, per proteggere Roma dai ricorrenti incendi, istituì nel 22 a.C. i “pompieri imperiali” (vigiles). Durante l’Impero Napoleonico (1806) l’organizzazione francese dei Corpo delle “Garde-pompes” fu estesa a tutto l’Impero. Fig. 3: l’organizzazione della protezione dei cittadini durante il periodo iniziale del Regno d’Italia. he showed not merely the concern of an emperor, but even a father's surpassing love, now offering consolation in edicts, and now lending aid so far as his means allowed. He chose commissioners by lot from among the ex- consuls for the relief of Campania; and the property of those who lost their lives by Vesuvius and had no heirs left alive he applied to the rebuilding of the buried cities. During the fire in Rome he made no remark except “I am ruined”, and he set aside all the ornaments of his villas for the public buildings and temples, and put several men of the equestrian order in charge of the work, that everything might be done with the greater dispatch. For curing the plague and diminishing the force of the epidemic there was no aid, human or divine, which he did not employ, searching for every kind of sacrifice and all kinds of medicines (trad. dal latino by Bill Thayer – University of Chicago) 51 Per un’analisi approfondita dell’evento del 79 d.C., e dei risvolti di “protezione civile” ante-littam, vedi Allison (2010) e la bibliografia ivi citata. 18
  • 26. All’inizio del novecento a livello comunale operavano i civici pompieri, che divennero poi corpo provinciale e successivamente nazionale, fino ad assumere l’attuale denominazione di Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (il cui ordinamento è stato definito in ultimo dal d.lgs. 139/2006) e che rappresentano l’ente deputato al soccorso pubblico e alla prevenzione ed estinzione incendi. Nel periodo che intercorre tra un evento e l’altro, l’organizzazione del soccorso consiste unicamente nella semplice stesura di elenchi di materiali, di uomini e di mezzi da utilizzare e di quant’altro necessario alle operazioni di soccorso e nella predisposizione di magazzini per lo stoccaggio del materiale. Il Regio Decreto 06/11/1926 n. 1848 (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza – TULPS) stabilì che questi elenchi dovevano essere predisposti, aggiornati annualmente e trasmessi ai Ministeri dell’Interno e dei Lavori Pubblici. Fig. 4: l’organizzazione della protezione dei cittadini durante il periodo fascista del Regno d’Italia. 19
  • 27. L’introduzione di questa competenza a carico del Ministero dell’Interno aprì la strada ad una concezione sempre più dualistica delle attività di protezione dei cittadini: soccorso nel caso di disastri (protezione dei cittadini) ma anche controllo e repressione dei disordini (protezione dai cittadini). L’approccio lineare definisce quindi un’impostazione della protezione dei cittadini di tipo verticistico, che vede un territorio e un cittadino passivi e uno Stato che, ad evento accaduto, si cala sul territorio con poteri straordinari e senza ricercare il contatto con il territorio stesso; ciò che emerge è solo la figura autoritaria del commissario straordinario e le attività di soccorso improntate a modelli militari risalenti alla Grande Guerra. 1.2 L’approccio circolare Il passaggio da una logica lineare e sequenziale di causa-effetto ad una logica sistemica di tipo circolare è stato graduale. L’organizzazione di protezione dei cittadini del nostro Paese secondo una logica di sistema, si è concretizzata nella prassi nel periodo che va dalla fine degli anni ottanta al 2000, evolvendosi in un sistema interdisciplinare e multioperativo fino a quando, con la legge 225/1992 è ufficialmente nata la protezione civile,. La logica di sistema pone, quale base di lavoro, l’approccio della circolarità ricorsiva (da qui il concetto del cerchio derivata dal “ciclo dei disastri”): si passa cioè dalla fase della ordinarietà dove vengono svolte le attività di previsione, prevenzione e preparazione alle crisi ed ai disastri, alle fasi successive del soccorso integrato e del superamento dell’emergenza, per proseguire con la ricostruzione e il ripristino della normalità ritornando infine nuovamente alla fase della ordinarietà con le attività di previsione, prevenzione e preparazione dell’emergenza. La tipologia d’azione dell’approccio circolare è di tipo proattivo, essa quindi presuppone la costruzione ed il consolidamento di una relazione gruppo sociale – territorio quale condizione indissolubile dall’azione di protezione dei cittadini. Il “cerchio” intende la protezione dei cittadini come servizio orizzontale e verticale, in cui i soggetti hanno pari dignità ed obbligo di concorso nel caso gli altri attori non riescano ad affrontare la situazione di crisi prevista od in atto. 20
  • 28. Fig. 5: il ciclo dei disastri. Gli elementi portanti dell’attuale organizzazione di protezione civile in Italia, fondata su questa metodologia sono: 1. gli strumenti per la pianificazione, direzione ed il coordinamento delle attività di protezione dei cittadini (i programmi di previsione e prevenzione e i piani di emergenza); 2. il metodo di lavoro (il metodo Augustus52), che consente sia ai vari attori di colloquiare tra loro secondo linguaggi condivisi, sia di organizzare e gestire le varie attività con lo stesso approccio; 3. la definizione chiara dei compiti di ciascun attore; 4. la definizione chiara delle finalità; 52 Per un approfondimento, a cura del suo ideatore Elvezio Galanti, vedi: http://www.ispro.it/wiki/images/9/95/Metodo_Augustus.pdf 21
  • 29. 5. l’adozione dei principi della sussidiarietà, dell’autoprotezione e dell’autodifesa: il metodo adotta quanto sancito a Strasburgo nel 1978 nella Conferenza dei poteri locali e regionali d’Europa53. Fig. 6. Attività e modelli organizzativi della Difesa Civile / Protezione Civile L’approccio circolare considera ugualmente importanti tutte le attività di protezione dei cittadini (previsione, prevenzione, emergenza, soccorso, ricostruzione) e le porta avanti secondo i principi della progettazione e gestione partecipata, attraverso il coinvolgimento di tutte le componenti, ciascuna con il proprio ruolo e i propri compiti. Non c’è quindi una figura che emerge ma un coro di attori. Quest’impostazione si basa sul dialogo tra le istituzioni a tutti i livelli e fa proprio e realizza il principio costituzionale della sussidiarietà. 53 Il cittadino prima cellula fondamentale di una società “è individuo maturo, dotato di senso civico ... che al momento opportuno reagisce all'inerzia e all'abbandono...e comincia a operare”: Council of Europe – Conference of Local and Regional Authorities of Europe (CLRAE), The Bordeaux Declaration (1978), CoE, Strasbourg, 1978. 22
  • 30. 1.3 Dalla linea al cerchio - dal 1908 alla II Guerra Mondiale Agli inizi del 900, in Italia, i principali attori proposti alla protezione dei cittadini ed al soccorso erano il Ministero della Guerra, il Ministero dei Lavori Pubblici, con il Genio Civile, il Ministero degli Interni, con i prefetti, ed il Ministero del Tesoro (che doveva garantire adeguati finanziamenti). A livello locale c’erano i Sindaci con i civici pompieri e i volontari comunali, molto diffusi in particolare nell’area tosco-emiliana (Misericordie). Uno dei primi esempi di intervento governativo fu la proclamazione dello stato di assedio in occasione del terremoto di Reggio Calabria e di Messina (decreto reale del 2 gennaio 1909), che permise tra l’altro la promulgazione della legge marziale e la fucilazione di alcuni sciacalli dopo sommari processi54. Dopo il terremoto / maremoto di Messina del 1908, benché ci sia stato negli anni successivi un primo esempio di azione di prevenzione sul piano sismico, non si riuscì a consolidare un’azione diversa da quella di reagire esclusivamente alla catastrofe. Tuttavia il disastro di Messina indusse nella classe dirigente l’idea di un coordinamento per le emergenze. Tale idea si rafforzò con la pandemia influenzale del 1916, la famosa “spagnola”, che causò circa mezzo milione di morti. L’idea venne recepita dal legislatore che, con il regio decreto legge 02/09/1919 n. 1915 “Ordinamento dei servizi di pronto soccorso in occasione di eventi tellurici”, affida al Ministro dei Lavori Pubblici, e più precisamente alla struttura provinciale del Ministero (Genio Civile), il comando delle operazioni di soccorso nel caso di terremoti. I Sindaci, subito dopo l’evento, dovevano inviare sul luogo del disastro i pompieri (allora comunali) e il personale a loro disposizione; Il Ministero dell’Interno, attraverso il Prefetto, aveva solo compiti di coordinamento del soccorso sanitario. All’epoca il Genio Civile aveva già le competenze in materia di acque pubbliche (r.d. 523/190455) ed era quindi incaricato di realizzare le opere di difesa degli abitati (primo esempio di prevenzione) ed intervenire durante le alluvioni: con il r.d.l. 1915 abbiamo quindi 54 Per una descrizione degli eventi, http://it.wikipedia.org/wiki/Terremoto_di_Messina, e per l’operato del governo, anche se acritica, vedi: http://diamante.uniroma3.it/hipparcos/TerremotoSiciliaCalabria1908.htm 55 Regio decreto 25 luglio 1904, n. 523. “Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie”. 23
  • 31. un nucleo di organizzazione di approccio lineare (prevenzione – soccorso – ricostruzione) ma rivolto unicamente alla realizzazione, mantenimento e ricostruzione degli argini. Con il r.d.l. 09/12/1926 n. 2389 “Disposizioni per i servizi di pronto soccorso in caso di disastri tellurici o di altra natura” (convertito poi con legge 883/1928), e con il suo regolamento di attuazione (contenuto nel D.M. 15 dicembre 1927), il Genio Civile è chiamato stabilmente anche a svolgere il compito di coordinamento delle attività di preparazione in caso di “eventi tellurici” con la predisposizione di elenchi relativi ai funzionari da mobilitare, all’ubicazione degli ospedali, dei magazzini, dei depositi di carburante e di quant’altro necessario alle operazioni di soccorso. Il RDL 2389/1926 pur affidando all’allora Ministero dei lavori pubblici la direzione dei servizi a livello nazionale, ed il comando delle operazioni di soccorso al Genio Civile, incarica il Prefetto del coordinamento politico ed amministrativo. C’era già quindi il seme della dicotomia operativa che si è trascinata fino ai giorni nostri: da una parte il Prefetto a rappresentare il Governo, con l’alto incarico di coordinamento generale e in particolare delle strutture statali prevalentemente militari o paramilitari; dall’altro il funzionario del genio civile, al momento più alto in grado, preposto al coordinamento di quelli che oggi chiameremmo Vigili del Fuoco, Enti locali e Volontariato. Per quanto attiene la figura del Commissario delegato, individuato nella persona del Ministro dei lavori pubblici, il RDL statuisce: Art. 12 Appena il Ministro per i lavori pubblici abbia assunto nella zona colpita la direzione dei servizi di soccorso, segnalerà al Presidente del Consiglio dei ministri, alle autorità operanti nella zona colpita e a tutti i prefetti del Regno la sede da lui prescelta e presso la quale dovranno essere indirizzate tutte le comunicazioni Nel 1933 durante un’esercitazione nazionale di difesa civile, si prese atto che i pompieri, dimensionati a livello comunale e attrezzati ed organizzati per esigenze territoriali limitate, non potevano operare in maniera integrata e soprattutto a livello nazionale. Questo pose il problema di creare una struttura unica e omologata su tutto il territorio. Nel 1935 il compito di organizzarla fu affidato al Prefetto Giombini, “camicia nera tra le camice nere”. Nasce così, nel 1939, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, improntato alla prestanza fisica ed inquadrato in maniera fortemente militaresca: il lemma “pompieri” fu abrogato per legge e sostituito con l’antica locuzione vigiles, più rispondente al costante richiamo culturale del 24
  • 32. fascismo alle antiche vestigia dell’Impero Romano e ai suoi valori, linguaggi e simbologie: i pompieri diventano vigili del fuoco. Un ulteriore esempio della commistione concettuale tra protezione dei cittadini ed ordine pubblico è dato dal regio decreto 27 luglio 1934 n. 1256, istituente il Ministero della Sanità, che all’art. 21 (ora abrogato) prevedeva la proclamazione dello “stato di epidemia”, e l’imposizione di una censura preventiva per impedire il diffondersi di notizie atte a turbare l’ordine pubblico. D’altronde lo stato di assedio previsto nel nostro ordinamento legislativo all’art. 215 del TULPS56 permette ai prefetti, al Ministro dell’interno o ai vertici dell'apparato militare di assumere pieni poteri in deroga alle leggi vigenti sostituendosi, addirittura, alla magistratura; 1.4 La nascita della difesa civile ed il dopoguerra In Italia il concetto di difesa civile nasce al tempo della Ia Guerra Mondiale come risposta al sorgere di una tipologia di conflitto che, grazie all'armamento aereo ed a quello a lunga gittata, vede nella distruzione dell'apparato industriale e logistico del nemico un obbiettivo importante quanto lo sfondamento del fronte o l’annientamento delle forze militari avversarie; in tal modo la popolazione e le strutture civili del nemico divengono esse stesse obbiettivo militare (secondo le teorie della guerra aerea di Giulio Douhet “Il dominio dell’aria”), e devono quindi essere protette in qualità di elementi di vitale importanza per la nazione belligerante. L’estensivo utilizzo di armi chimiche sui fronti della I Guerra Mondiale aveva intimorito tutti i governi, facendo ritenere che la prossima guerra57 sarebbe stata combattuta con ampio utilizzo dei gas tossici. Gli italiani d’altronde furono i primi utilizzatori delle armi chimiche su popolazioni civili. 56 R.d. 18/06/1931 n. 773, Titolo IX “dello stato di pericolo pubblico e dello stato di guerra”, art. 215 Durante lo stato di pericolo pubblico il Prefetto può ordinare l'arresto o la detenzione di qualsiasi persona, qualora ciò ritenga necessario per ristabilire o per conservare l'ordine pubblico. 57 Cfr. Low, The Future, George Routledge and Sons, Aberdeen, 1925 (Preface pag. vii; Warfare pag. 130) 25
  • 33. Anche se l’utilizzo di armi “chimiche” è testimoniato perlomeno dall’età del bronzo con l’uso di frecce avvelenate da parte delle tribù San in Sudafrica intorno al 10.000 a.C. (citazione), il fascismo ricorse all’uso di gas tossici durante la lotta contro la resistenza libica della Libia, con gli attacchi con fosgene ed iprite su villaggi libici nel 1928. Con lo scoppio della II Guerra Mondiale aumentarono le esigenze di tutela e soccorso alle popolazioni civili in quasi tutte le nazioni coinvolte nel conflitto, e in Italia fu istituito con il regio decreto legge del 27 febbraio 1939, successivamente convertito in legge 27 dicembre 1941 n. 1570, il Corpo dei Vigili del Fuoco, che riunì tutti i corpi dei pompieri precedentemente presenti sul territorio nazionale nelle varie città. Lo scopo della legge era quello di garantire un adeguato soccorso a tutta la popolazione Italiana, uniformando le attrezzature e le procedure che erano prima differenti in ogni città, e a tal fine fu istituita presso il Ministero dell’Interno, la Direzione generale dei servizi antincendio alla quale era preposto un Prefetto – il primo fu Giombini – e alle cui dipendenze furono posti i Vigili del Fuoco. Tale atto normativo completò l’assimilazione del soccorso pubblico nel più ampio campo dell’ “ordine pubblico”, togliendo ai Sindaci il braccio tecnico operativo che era necessario per svolgere le funzioni di protezione dei cittadini. Durante la guerra l’organizzazione della difesa civile fu messa alla prova dai bombardamenti alleati sulle città del Nord Italia58, ma dato il carattere inizialmente saltuario degli attacchi (rispetto a quelli effettuati sulle città tedesche od inglesi) e gli obbiettivi generalmente industriali, il governo fascista ritenne l’impegno dei Vigili del Fuoco sufficiente e l’organizzazione di difesa dei civili non vide particolari innovazioni. Fondamentalmente si basava sul binomio rifugi e sirene, con il successivo intervento dei Vigili del Fuoco per lo spegnimento degli incendi ed il salvataggio dei civili. L’evacuazione dei civili dalle principali città oggetto d’attacco non fu sempre pianificato dal regime, ma spesso iniziativa personale dei cittadini che allontanavano perlomeno donne e bambini. Nel primo dopoguerra, la situazione sociale particolarmente tesa trovò in Parlamento motivo di duro scontro ideologico quando si trattò di affrontare il binomio emergenza – protezione 58 Rastelli, Bombe sulla città. Gli attacchi aerei alleati: le vittime civili a Milano, Mursia, Milano, 2000. 26
  • 34. dei cittadini59. Nel 1950 fu presentato da quattro Ministri del Governo di allora (Scelba60, Pacciardi, Pella, Aldisio) un primo disegno di legge dal titolo: “Disposizioni per la protezione delle popolazioni civili in caso di guerra o calamità”. Tale progetto non utilizzava i termini “Difesa civile” o “Protezione Civile” bensì il termine “protezione delle popolazioni civili” e conteneva volutamente ambiguità e tendenziosità sul termine “emergenza”: ... da una parte si punta alla riorganizzazione dei servizi assistenziali a favore delle popolazioni civili in caso di calamità naturali; dall’altro provvedere alla difesa passiva del territorio in caso di eventi bellici o connessi con la guerra. Questo provvedimento, almeno per una parte, è intimamente connesso con la difesa del Paese ... È molto probabile che il fine di Scelba (Ministro dell’interno) fosse quello di ottenere uno strumento che gli permettesse di impedire i movimenti di piazza, in un contesto storico – politico, in cui si riaccendevano le lotte operaie e iniziava a delinearsi il mondo bipolare e la Guerra Fredda. La possibilità assoluta e incontrollata di promulgare lo “stato di emergenza” fu duramente osteggiata dall’opposizione comunista durante il dibattito parlamentare61 che seguì alla presentazione del provvedimento, conducendo alla bocciatura del progetto per incostituzionalità. Da questo momento il termine “difesa civile” assunse un nuovo significato: uno strumento “reazionario”62 per impedire l’insurrezione dei partigiani comunisti in caso di guerra con l’Unione Sovietica e successivamente una sorta di legittimazione di Stay Behind63, struttura sorta in ambito NATO, e dell’italiana Gladio64. 59 Per una trattazione ufficiale vedi: proposta di legge n. 480 del 20/09/1983 “Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile” http://www.camera.it/_dati/leg09/lavori/stampati/pdf/04800001.pdf 60 Per un inquadramento politico del personaggio e del suo peso negli anni ’50 soprattutto nelle tematiche di ordine pubblico: http://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Scelba 61 [...] La Camera, riconosciuto che il contenuto del disegno di legge sulla «difesa civile» costituisce una aperta violazione di precetti costituzionali e un rinnegamento di diritti e di libertà, garantiti ai cittadini dalla nostra, legge fondamentale; constatato che il detto disegno di legge, attribuendo facoltà di arbitri al ministro dell’interno spianerebbe la via ad un manifesto regime di polizia, delibera il non passaggio all’esame degli articoli. On. Giorgio Amendola. [...] La Camera, considerato: che il progetto di legge sulla cosiddetta «difesa civile » maschera la riserva di arbitrio che il Governo si vuol assicurare per reprimere le agitazioni sindacali e politiche, alle quali soltanto devonsi alcune misure legislative di carattere sociale, se pur di assai limitato contenuto; che tale «difesa civile» serve come strumento del Governo per esimersi dalla sollecita integrale applicazione delle dette leggi e per sottrarsi alla pressione che tende ad ampliarne la portata, delibera di respingere il passaggio agli articoli. On. Remo Scappini. 62 Fortemente conservatore, in opposizione alla dottrina social – comunista. 63 L’espressione inglese stay-behind (letteralmente “rimanere indietro”) si riferisce ad una organizzazione che un Paese mette in piedi nei propri territori, perché si possa attivare in seguito ad una eventuale invasione nemica, 27
  • 35. 1.5 La Guerra Fredda Nel 1956 fu ripresentato un progetto di legge simile, dal titolo “Norme sulla protezione civile in caso di eventi bellici e calamità naturali”, che contiene per la prima volta, nell’ordinamento italiano, il termine “Protezione Civile”. Come il progetto precedente, e due successivi65, fu bocciato a causa della dura opposizione dei partiti della Sinistra ed i continui cambi di governo. I quattro disegni di legge, nonostante una diversa fraseologia, da difesa civile a protezione civile, avevano la stessa struttura normativa, incentrata sulle attività di soccorso gestite dal Ministero dell’Interno e volte ad interventi in caso di qualunque emergenza. La legge 13 maggio 1961 n. 469, riformo il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (CNVF), incardinati nel Ministero dell’Interno, quale organo tecnico operativo dello Stato a livello generale e braccio operativo dei Prefetti, i quali diventarono l’organo politico e tecnico principale attorno al quale si incentrerà l’impianto della prima legge di protezione dei cittadini che arriverà solo nel 1970. La legge del 1961, proprio in ragione della filosofia che la ispirò, segnò il passaggio delle competenze in materia di prima assistenza alle popolazioni colpite da calamità naturali o catastrofi, al Ministero dell'Interno, privilegiando una guida “politica” a quella strettamente tecnica svolta precedentemente dall’Ingegnere capo del Genio Civile. Il processo di svuotamento delle funzioni di protezione dei cittadini posto in carico al Ministero dei lavori pubblici fu progressivamente portato avanti in parallelo ai tentativi di legislazione precedentemente citati. Le calamità naturali che colpirono l’Italia negli anni seguenti, tra cui il Vajont nel 1963, l’alluvione di Firenze nel 1966 e il terremoto del Belice nel 1968, spinsero il Parlamento a legiferare superando le divisioni ideologiche. La Legge 996/70 - considerata dagli opposti per formare la base di un movimento di resistenza o per operazioni di spionaggio sul suolo occupato, dietro le linee nemiche. Da wikipedia. 64 L’organizzazione Gladio fu istituita in Italia, come negli altri paesi della NATO, con lo scopo di contrastare un’eventuale invasione del Patto di Varsavia e l’influenza politica e militare dei paesi comunisti. Da wikipedia. 65 Progetti di legge 16/07/1962 e 21/03/1967. 28
  • 36. schieramenti politici una legge di compromesso66 - denominata “Norme sul soccorso e l'assistenza alle popolazioni colpite da calamità – Protezione Civile”, non riuscì, però, a superare l’ambivalenza che l’onnipresente lemma emergenza implicava. Da una parte infatti, la legge 996/70 non chiariva quale tipo di calamità si dovesse fronteggiare, essendo scomparso, nella stesura definitiva della legge, il termine “calamità naturale”, richiesto fin dall’inizio dallo schieramento della sinistra e sostituito dall’onnicomprensivo vocabolo “emergenza”. Dall’altra pur contenendo sin dal titolo il termine “protezione civile67”, e pur presentando alcune aperture per il riconoscimento del volontariato, manteneva un assetto fortemente stato-centrico basato sul Ministero dell’Interno ed i Vigili del Fuoco. Con questa legge vengono comunque definiti alcuni rudimenti del più ampio concetto di preparazione all’emergenza (che si affermerà nella sua globalità nel metodo dell’approccio circolare), limitandoli però ai soli servizi di soccorso. Occorreranno però altri trent’anni per arrivare a condividere, tra le diverse strutture operative, linguaggi e procedure. La legge del ’70, infine, continuò a mantenere viva la nomina di un commissario straordinario da inviare sul posto ai fini della direzione unitaria dei soccorsi e del coordinamento politico di enti e strutture pubbliche e private coinvolte durante la fase della gestione emergenziale. 1.6 Dalla difesa civile alla protezione civile L’Italia, nel ratificare con legge 11 dicembre 1985, n. 762, il Primo Protocollo Integrativo dell’8 giugno 1977 alla Convenzione di Ginevra (1949)68, dal titolo “Protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali” che al Capitolo VI Protezione Civile, recepisce la 66 Come brillantemente spiegato da Wendling (2009), pagg. 37 – 38: “organizations are driven to incorporate the practices and rules defined by prevailing organizational models” dove sono riprese le analisi di Meyer & Rowan (1977) e Boeker (1988). 67 “l’attività volta alla predisposizione concertata, in tempo di normalità, dei servizi di emergenza, di soccorso e di assistenza, nonché, al verificarsi della calamità, ad organizzare, in forma coordinata ed unitaria, tutti gli interventi delle amministrazioni dello Stato, delle Regioni, degli enti locali territoriali e degli altri enti pubblici istituzionali” 68 Il documento originale, redatto in Inglese e Francese, presenta rispettivamente i termini civil defence e protection civile. La ratifica italiana, come la traduzione reperibile sul sito della Confederazione Svizzera (http://www.admin.ch/ch/i/rs/0_518_521/index.html#id-6), utilizza il termine “protezione civile”. La documentazione ufficiale è invece reperibile sul sito del Comitato Internazionale della Croce Rossa - http://www.icrc.org/ihl.nsf/INTRO/470. 29
  • 37. seguente definizione, riconosciuta internazionalmente dai 171 paesi firmatari della convenzione: art. 61, comma a) con l’espressione «protezione civile» si intende l’assolvimento di alcuni o di tutti i compiti umanitari qui di seguito elencati, che sono destinati a proteggere la popolazione civile dai pericoli delle ostilità o delle calamità, e ad aiutarla a superare gli effetti immediati, nonché ad assicurare le condizioni necessarie alla sopravvivenza. La Convenzione di Ginevra tutelava già le attività delle organizzazioni di soccorso ed il loro personale come quella della Federazione della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (International Federation of Red Cross and Red Crescent Societies - IFRC), il primo Protocollo espanse la tutela alle organizzazioni di difesa civile / protezione civile durante i conflitti armati. L’articolo 61 prosegue individuando i compiti della «protezione civile69»: Tali compiti sono i seguenti: i) servizio di allarme; ii) sgombero; iii) organizzazione di ricoveri; iv) messa in opera di misure di oscuramento; v) salvataggio; vi) servizi sanitari, inclusi i primi soccorsi, e assistenza religiosa; vii) lotta contro gli incendi; viii) individuazione e segnalamento delle zone pericolose; ix) decontaminazione e altre misure analoghe di protezione; x) alloggiamenti e approvvigionamenti d'urgenza; xi) aiuto in caso di urgenza per il ristabilimento e il mantenimento dell’ordine nelle zone sinistrate; xii) ristabilimento urgente dei servizi di pubblica utilità indispensabili; xiii) trasporti funebri urgenti; xiv)assistenza per la salvaguardia dei beni essenziali alla sopravvivenza; xv) attività complementari necessarie all'assolvimento di uno qualsiasi dei compiti sopra elencati, i quali comprendono la pianificazione e l’organizzazione, ma non si limitano solo ad esse; Ed individua inoltre gli «organismi di protezione civile70», il «personale71» ed il «materiale72» degli organismi di protezione civile necessari per l’assolvimento dei compiti elencati precedentemente. 69 Art. 61 lett. a. 70 Art. 61 lett. b. 30
  • 38. 1.7 L’Irpinia Il terremoto dell’Irpinia del 1980 rivelò che l’organizzazione di protezione dei cittadini imperniata sul Ministero dell’Interno, slegata se non avversa al tessuto sociale del volontariato, deficitaria di quella relazione “gruppo sociale – territorio”, era fallimentare. Celebre è la denuncia del Presidente della Repubblica Pertini, in diretta televisiva, circa l’inefficacia dei soccorsi: una severa requisitoria contro l’inadeguatezza degli apparati dello Stato e del Governo. Dopo l’esternazione di Pertini, a tempo di record (solo 3 mesi dopo l’Irpinia), venne promulgato il regolamento d’attuazione della Legge 996/70, ossia il d.p.r. n. 66/81 che affidò ai Prefetti il compito di occuparsi pienamente della protezione dei cittadini. A loro furono assegnati i compiti di: 1. stilare i piani provinciali di protezione civile / difesa civile, che non era altro che una raccolta di elenchi di uomini, di materiali e di mezzi censiti sul territorio di competenza, rilegati in libroni ben confezionati e ben sigillati, chiusi nel cassetto della scrivania prefettizia e assolutamente sconosciuti anche a chi doveva poi intervenire (anche perché soggetti a classifica di segretezza); 2. assumere la direzione dei soccorsi e del coordinamento di enti militari e civili (sia pubblici sia privati); 3. diffondere gli allarmi; 4. rendere affidabile la comunicazione e l’informazione alla popolazione. Per la prima volta si definì la necessaria catena di comando, mutuata dalla Difesa Civile, e nacquero così a livello locale i Centri Coordinamento Soccorsi (CCS) e i Centri Operativi Misti (COM) istituiti dal Prefetto con proprio decreto, mentre a livello nazionale venne istituito, presso il Ministro dell’Interno, il Centro Operativo Combinato (COC). L’aspetto estremamente positivo del regolamento del 1981 fu l’inclusione, nelle attività di “prevenzione”, degli studi sugli eventi calamitosi e sulle loro cause. Questo fece sì che la 71 Art. 61 lett. c: “destinato esclusivamente all’amministrazione di detti organismi dall’autorità competente”. 72 Art. 61 lett. d: “l’equipaggiamento, gli approvvigionamenti e mezzi di trasporto che detti organismi utilizzano”. 31
  • 39. comunità scientifica ed altri apparati dello Stato, fino allora esclusi, iniziassero ad occuparsi e ad essere coinvolti nelle tematiche di protezione dei cittadini. Uno degli aspetti negativi del regolamento del 1981 è la triplicazione della catena di Comando che invece di essere ricondotta ad una sola figura istituzionale, così da offrire la certezza di comando (storicamente riconducibile al Commissario ad acta), venne suddivisa in tre parti; durante l’evento infatti erano tre le figure con poteri di coordinamento: - il Commissario straordinario, - il Prefetto direttore generale dei Servizi Antincendi e Protezione Civile (DGSA e PC) - il Prefetto della Provincia colpita. Fig. 7. Organizzazione vigente della difesa civile, derivata dall’originaria DC-2 del 1982 e dal Manuale nazionale per la gestione delle crisi - ed. marzo 199473. 73 Modificata con: d.lgs. 30 luglio 1999 n. 300 “Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59”, Capo II Il Ministero dell’interno, art. 14 Attribuzioni; decreto ministeriale 28 settembre 2001 del Ministro dell'interno “Istituzione della Commissione interministeriale tecnica di difesa civile”; Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 5 maggio 2010 “Organizzazione nazionale per la gestione di crisi”. 32
  • 40. 1.8 La calamità diventa evento mediatico L’11 giugno del 1981 alle ore 19 circa Alfredino Rampi precipitò in un pozzo artesiano profondo 30 metri; il 13 giugno alle 7 del mattino, dopo 18 ore di diretta a reti unificate, l’Italia, con il Presidente della Repubblica sul posto, assistette alla sua morte74. Nasce così in Italia “il soccorso spettacolo”. Il caso Vermicino, pur nella sua tragicità, rappresenta un punto importante nel percorso evolutivo della PC, poiché impose una forte accelerazione al disegno di un nuovo impianto di PC, che fosse più rispondente alle necessità di cui il Paese aveva bisogno. Il Decreto del Presidente della Repubblica del 8 gennaio 1982, getta le basi per consolidare altri due presidi fondamentali della PC e cioè la previsione e la prevenzione dei rischi, elementi strutturali dell’approccio circolare. Il 5 Febbraio 1982 viene presentato un disegno di legge a firma congiunta Spadolini – Zamberletti, per l’istituzione di un “servizio nazionale” di protezione dei cittadini. L’intento del disegno di legge era quello di abbandonare l’impostazione sostanzialmente militare – e per questo semi segreta - e centralista presente nella legge del ’70, e dare al Paese una nuova PC quale funzione permanente e organica alle sue esigenze. Gli obiettivi salienti di questo progetto di legge erano: L’obiettivo più qualificante del disegno di legge era riconoscere l'autorità e la responsabilità primaria del Sindaco: “... è riconosciuta al sindaco e alla collettività comunale una responsabilità primaria nell'organizzazione e nell'attuazione del servizio nazionale della protezione civile, in quanto destinati ad affrontare il primo impatto con la realtà determinata dall'evento calamitoso … I comuni provvedono, in attuazione dei piani di cui al precedente comma, all'organizzazione permanente dei servizi e delle strutture operative necessarie agli interventi di soccorso ed all'adozione di misure per il loro coordinamento a livello locale …” Il Disegno di Legge Spadolini - Zamberletti non sarà mai approvato dal Parlamento a causa della caduta del Governo. 74 http://it.wikipedia.org/wiki/Alfredo_Rampi e www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=84 33
  • 41. Nell’ottica dell’attuale idea di una protezione civile olistica e comprensiva, ancora si nota l’assenza delle altre attività dell’approccio circolare quali la ricostruzione e il ripristino della normalità. Attività che non vennero considerate neanche nei numerosi disegni di legge seguenti quello di Spadolini - Zamberletti. Per esempio il Ddl Zaniboni - Zamberletti del 20 settembre 1983, che riprendeva il precedente, così precisava: "... non rientrano nei compiti del servizio nazionale della protezione civile gli interventi e le attività di ricostruzione delle zone colpite da calamità naturali o catastrofi di cui alla presente legge ..." Neanche oggi si dà per scontato che le fasi di ricostruzione e di ripristino della normalità siano degli automatismi conseguenti al disastro, allora era inconcepibile che le attività di protezione dei cittadini non fossero incentrate sull’emergenza: era semplicemente inconcepibile che le attività di ricostruzione fossero anche funzionali alla prevenzione di futuri disastri. Come era già successo nel periodo precedente, nominalmente dominato dalla difesa civile, il Presidente del Consiglio (Spadolini) nell’aprile 1982, con un semplice Ordine di Servizio denominato “Ordinamento del Gabinetto”, istituì il Dipartimento della Protezione Civile: venne creata una struttura che nei fatti era un doppione della Direzione Generale dei Servizi Antincendi e Protezione Civile presente presso il Ministero dell’Interno75. L’istituzione di questo Dipartimento, seppur non realizzata per via normativa, fu necessaria poiché ci si era accorti sul campo che per lo svolgimento delle attività di protezione dei cittadini occorreva, ed occorre, una struttura sovraordinata ai Ministeri. La letteratura sull’Organizzazione Aziendale presenta spesso il concetto di “miopia degli attori”76 in cui è teorizzata la tendenza degli attori istituzionali a sovrastimare alcuni aspetti dell’organizzazione in cui lavorano. Questi comportamenti portano a fallimenti organizzativi, soprattutto nel caso di funzioni aziendali od organizzative. L’improvvisa nascita di una nuova figura istituzionale non ben vista dagli altri soggetti di Governo, in particolare il Ministero dell’Interno temeva la perdita di prestigio e di figure 75 “This myopia of actors can contribute to a growing number of situations in which two organizational structures of an entity have exactly the same functions although being independent structures” da Wendling (2009). 76 Levinthal & March (1993). 34
  • 42. apicali legate alla difesa civile77, mentre i Vigili del Fuoco osteggiavano la creazione di nuove organizzazioni di volontari esterne al CNVF. Il decreto legge 159/84 (convertito con legge 363/8478) intervenne nella regolarizzazione del volontariato, con la copertura assicurativa ed il rimborso economico ai datori di lavoro, e sull’istituzione della componente scientifica con il Gruppo Nazionale per la Difesa dalla Catastrofi Idrogeologiche ed il Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti. Nel 1988, l’allora ministro alla PC (Lattanzio) fece direttamente al Parlamento la richiesta di varare la legge istitutiva del Servizio Nazionale della PC nella quale “non potrà mancare di una precisa definizione dell’importanza di tutti e tre i «momenti» dell’attività di protezione civile: - la previsione e la prevenzione delle varie ipotesi di rischio, - il soccorso delle popolazioni sinistrate - l’avvio della ripresa socio-economica delle zone colpite dalle calamità”. Con la legge 400/8879, che disciplina complessivamente l’attività del Governo, del Consiglio dei Ministri e della Presidenza del Consiglio, prendeva l’avvio il lungo iter che avrebbe portato alla vera Protezione Civile. L’art. 19 prevedeva che il Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei ministri doveva: “predisporre gli adempimenti e i mezzi necessari a promuovere e raccordare a livello centrale le iniziative e le strutture che concorrono all'attuazione del servizio nazionale della protezione civile fino all'entrata in vigore della legge istitutiva del servizio stesso”. Durante la IX Legislatura (1983 - 1987) venne istituito una Commissione speciale80 che doveva riunire i provvedimenti giacenti in parlamento per dare una regolamentazione complessiva ed organica alla materia di protezione dei cittadini. 77 Wendling (2009), pag. 23 e seguenti. La ricostruzione dello sviluppo della Protezione Civile in seno all’Unione Europea ha molti punti di analogia con la storia italiana della Difesa Civile. 78 Legge 24/0771984 n. 363 “Interventi per le popolazioni colpite dal sisma del 7 e 11 maggio 1984”. 79 Legge 23 agosto 1988, n. 400 “Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.” 80 “Commissione speciale per l'esame di provvedimenti recanti interventi per i territori colpiti da eventi sismici” http://www.senato.it/leg/09/BGT/Schede/CommissioniStoriche/0-00030.htm 35
  • 43. Tale Commissione, successivamente estensore materiale della legge 225, inviò alle Camere l'auspicio di promulgare una legge che tenesse conto di un Servizio nazionale di protezione civile finalizzato a tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da catastrofi, calamità naturali o altri eventi calamitosi, e auspicò l’adozione della metodologia operativa dei “tre momenti” e cioè: previsione degli eventi, prevenzione delle calamità e del soccorso delle popolazioni colpite. Finalmente il principio dell’approccio circolare era completamente recepito dal legislatore italiano. L’iter parlamentare della legge si allungò dal 1990 al 1992 quando, con la promulgazione della legge 22581, che organizza la Protezione Civile come Servizio Nazionale coordinato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e composto dalle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, delle Regioni, dalle Province, dai Comuni, degli Enti pubblici nazionali e territoriali e da ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale, si realizza il completo passaggio dall’approccio lineare della difesa civile all’approccio circolare caratteristico della protezione civile italiana. 1.9 L’organizzazione della protezione civile in Italia L’attuale organizzazione delle due componenti destinate dalla legislazione italiana alla protezione del cittadino – difesa civile e protezione civile – si fonda su questa legge che, nonostante i numerosi interventi successivi, recepisce ed amplifica i concetti di coordinamento, sussidiarietà, capacità tecnica, volontariato. L’attività di coordinamento si rende necessaria sia in rapporto alla complessità del sistema nel momento dell’emergenza, quando occorre integrare enti, strutture e componenti anche molto diverse tra loro82, sia durante il regime “ordinario”quando occorre coordinare le attività di previsione e prevenzione, in capo ad una molteplicità di attori e stakeholders. 81 Legge 24 febbraio 1992, n. 225 “Istituzione del servizio nazionale della protezione civile”. 82 Secondo quanto previsto dal “Metodo AUGUSTUS”, strumento di riferimento per la pianificazione nel campo delle emergenze che prevede 14 “funzioni di supporto” su cui organizzare la pianificazione e gestire le emergenze. 36
  • 44. Fig. 8. Organizzazione vigente della protezione civile. Il concetto di coordinamento ha completamente cancellato quello di comando e controllo, generando una complessiva instabilità del sistema operativo. Nell’architrave organizzativa italiana il concetto di comando83 era ed è ancora strettamente riferito alla difesa civile, per la quale si suppone necessario il controllo dei cittadini (folla incapace di affrontare le emergenze). Questo mito è smentito dalla bibliografia scientifica84 e dai recenti disastri85 documentati da citizen journalists e social networks. 83 Command: The authority that a commander in the armed forces lawfully exercises over subordinates by virtue of rank or assignment. Command includes the authority and responsibility for effectively using available resources and for planning the employment of, organizing, directing, coordinating, and controlling military forces for the accomplishment of assigned missions. It also includes responsibility for health, welfare, morale, and discipline of assigned personnel (FM3-0, 2008). 84 Mitchell et al. (2000); Dynes & Quarantelli (1968); Quarantelli & Dynes (1968); Quarantelli & Dynes (1970). 85 Vedi ad es. l’ampia bibliografia sull’Uragano Katrina, ampiamente investigato dal punto di vista dell’analisi sociale (tra gli altri Gheytanchy et al. 2007; Alexander 2006; Rodriguez & Dynes, 2006 e la bibliografia cit.) e da ultimo l’affondamento della Costa Concordia (14/01/2012): nonostante il collasso della struttura di comando, l’abbandono della nave è complessivamente riuscito perfettamente, con oltre 4000 persone sbarcate a terra e nessuna notizia di furti, atti di violenza o omicidi per imbarcarsi sulle lance di salvataggio (“the therapeutic community” vs. “the Hollywood disaster style”: Barton, 1970). 37