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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google PlusIl magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus
DAL 2014
DAL 2014
LUGLIO/AGOSTO 2015 Anno II Numero 7 edizione gratuita
/11 Arduino
Presentiamo la pagina Schema ove
possiamo elaborare circuiti
utilizzando i simboli standard e
rielaborarli in quella Breadboard.
/16 Le Norme Tecniche
Come nascono le Norme Tecniche? Breve
viaggio nell’iter procedurale per arrivare
alla formulazione di uno dei sussidi più
validi per ogni tipo di progettazione.
/31 Cinema
Continua la saga del cult movie sul cyborg
più famoso della storia del cinema. Effetti
speciali ancora più avveniristici e un
sintoattore molto particolare...
22
La Comm. per progettisti, disegnatori tecnici ed appassionati
La prima Community italiana, della piattaforma Google Plus sul CAD e le sue applicazioni, per
data di fondazione e numero di iscritti
 BIM
 CAD
 CAD MEP
 FEM
 Linguaggi CAD
 Modellatori 3D
 Modellatori organici
 Post produzione
 Prog. edile
 Altro software
 Progettazione
 Portfolios
 A.N.T. Automotive
 Stampa 3D
 Concorsi
 Curiosità
33
ABITIAMO LA TECNICA IRRIMEDIA-
BILMENTE E SENZA SCELTA.
QUESTO È IL NOSTRO DESTINO DI
OCCIDENTALI AVANZATI, E COLORO
CHE, PUR ABITANDOLO, PENSANO
ANCORA DI RINTRACCIARE UN’ES-
SENZA DELL’UOMO AL DI LÀ DEL
CONDIZIONAMENTO TECNICO, CO-
ME CAPITA DI SENTIRE, SONO SEM-
PLICEMENTE DEGLI INCONSAPEVO-
LI.
UMBERTO GALIMBERTI, PSICHE E
TECHNE, 1999
Da: www.aforismario.it
LA METTO IN CORNICE
44
Diario di bordo
HOME
Direttore responsabile:
Salvio Giglio
Redazione:
Nicola Amalfitano, Antonello Buccella, Nunzia Nullo,
Antonio Martini
Segretaria di redazione:
Nunzia Nullo
Redazione bozze:
Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo
Questo numero è con ogni
probabilità l’ultimo per que-
st’annata di pubblicazione,
dal momento che il progetto
CADZINE necessità assoluta-
mente di manutenzione!
Questa prima fase, infatti, è
stata meramente sperimen-
tale ed è servita a rintrac-
ciare uno standard editoriale
ben preciso per dare a CAD-
ZINE una sua precisa identi-
tà grafica. Oltre a questo è
necessario approntare un
sito specifico per il progetto
in cui, eventuali visitatori e
potenziali collaboratori, sia
possibile rintracciare velo-
cemente tutte quelle infor-
mazioni utili a comprendere
le finalità e le modalità ope-
rative del progetto stesso.
Chi ci segue sa bene che
dietro CADZINE ci sono solo
un gruppo di amici appas-
sionati di tecnologia che
riescono a tenersi in contat-
to solo grazie al prezioso ed
indispensabile supporto in-
formatico offerto gratuita-
mente da Google attraverso
il suo Social, G+. Appena
chiusa questa edizione par-
tiranno i lavori di cura edito-
riale, catalogazione e resty-
ling di tutti i numeri sinora
pubblicati. Il lavoro da svol-
gere è tantissimo e richiede-
rà almeno 3, 4 mesi di tempo
per essere svolto nel modo
migliore possibile. Che altro
aggiungere se non un
“Arrivederci a presto”?
Fate il tifo per noi :)
grafico
[grà·fi·co] aggettivo e sostantivo maschile Tecnico specializzato in u
rubrichePAG. 07 NEWS
PAG. 09 EDITORIALE di Salvio Giglio
“Mezzogiorno, sempre più in basso”
PAG. 11 ARDUINO di Salvio Giglio “La
pagina SCHEMA di Fritzing”, V PUNTATA
PAG. 24 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGET-
TAZIONE di Salvio Giglio
“Le Norme Tecniche”, V PUNTATA
PAG. 31 CINEMA E ANIMAZIONE
di Nunzia Nullo “TERMINATOR Genisys”
PAG. 34 DESIGNER’S STORY di Salvio Giglio
“Carlo Rambaldi”
PAG. 45 FARE BLOGGING di Antonio Marti-
ni “Lo stile Storytelling”
PAG. 48 INTERVISTA di Salvio Giglio
“Filippo Girardi”
PAG. 54 MUSICA di Nicola Amalfitano “La
Jota Spagnola… (quella Triestina è ben
altro)”
PAG. 58 NEW HARDWARE FOR CAD di Sal-
vio Giglio “Marylin, Reagan, gli UAV e la
seconda guerra mondiale”, III PUNTATA
corsi & tutorialPAG. 67 CORSO DI ORIENTAMENTO ALLA BIM
di Salvio Giglio
“Tipologie contrattuali BIM”,
XII PUNTATA
PAG. 70 CORSO DI BASE PER SKETCHUP
di Salvio Giglio “Il menù TELECAMERA”,
XIV PUNTATA
PAG. 72 MOD
CHUP di Anto
“Usare la Sab
eventuali & vaPAG. 76 UMORISMO
PAG. 77 GIOCHI
55
E PAGE
Cos’è CADZINE
è una rivista gratuita nata in
seno alla Community di
“AutoCAD, Rhino & Sket-
chUp designer” per informare &
formare disegnatori tecnici e
appassionati sul CAD ed i suoi
“derivati”.
La pubblicità
Le inserzioni pubblicitarie pre-
senti sono gratuite e sono create
e pubblicate a discrezione della
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scenze. Sarai il benvenuto!
Impaginazione, pubblicità e progetto grafico:
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Editore:
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E’ consentita la riproduzione di
testi, foto e grafici citando la
fonte e inviandoci la copia. La
pubblicazione è CopyLeft & Open
Access ;-)
Pensandoci bene
Lo Stato è un organismo unico che non dovrebbe distinguere
tra nord e sud, est ed ovest, tra bianco e nero. Se non si riesce
a ripristinare un equilibrio economico, culturale e sociale tra
tutte le componenti del Paese si rischia di vanificare quanto è
stato faticosamente racimolato dai nostri nonni. Il mondo con-
temporaneo è un sistema troppo complesso per ammettere
smagliature sociali, arretratezze economiche e tanti altri guai
che affliggono cronicamente il nostro Paese.
uno dei vari campi dell'arte grafica
lsDELLARE I TERRENI CON SKET-
onello Buccella
bbiera”, II ED ULTIMA PARTE
arie
66
77
NEWS gli ultimi post prima di andare in stampa
State guardando un film e non ricor-
date il nome di un attore? Ci pensa
Google: con una semplice ricerca,
Big G. vi svelerà il nome che non
ricordate. Dovete recarvi al ristoran-
te ma non ricordate l’indirizzo? Ci
pensa Google: digitando il nome del
ristorante seguito dalla città, Big G.
vi darà tutte le risposte che cercate.
Molto utile, certo. Ma che effetti a
lungo termine potrà mai avere que-
sta facilità con cui reperiamo le
informazioni sul nostro cervello?
Ebbene, a quanto pare, “grazie” all’u-
so di Google e degli smartphone, il
nostro cervello sta diventando sem-
pre più pigro. Le informazioni sono
tutte a portata “di click”, la nostra
mente deve sforzarsi molto poco a
ricordare e, con il passare del tempo,
si sta impigrendo. Gli scienziati lo
chiamano “effetto Google”, proprio
come il famoso motore di ricerca
che, ogni giorno, aiuta miliardi di
persone in tutto il mondo a reperire
le più svariate informazioni.
Uno studio recente effettuato
da Kaspersky Lab è giunto ad una
conclusione ben precisa e, per certi
versi, allarmante. Il nostro cervello è
bombardato di informazioni. Grazie
a Google possiamo conoscere, all’i-
stante, la risposta ai nostri dubbi.
Secondo gli scienziati, il nostro
cervello memorizza temporanea-
mente quell’informazione di cui
avevamo bisogno ma poi quei “dati”
vengono subito rimpiazzati da altre
informazioni. Lo studio svolto dal-
la Kaspersky Lab paragona il nostro
cervello ad una sorta di disco mne-
monico temporaneo, una chiavetta
usb i cui dati vengono cancellati
senza troppa fatica per fare spazio
ad altri. E i dati sono chiari: circa il
90% di chi possiede tablet, pc e
smartphone, soffre di amnesia digi-
tale, il 70% non conosce più a memo-
ria il proprio numero di cellulare e il
49% non ricorda nemmeno il nume-
ro della moglie o del marito. A que-
sto punto, allora, la domanda nasce
spontanea: la tecnologia ci aiuta
davvero nella vita di tutti i giorni
oppure può rivelarsi dannosa per il
nostro cervello? Un giorno le mac-
chine rimpiazzeranno davvero l’es-
sere umano? Solo il futuro ci darà le
risposte che cerchiamo.
(Da UNF Ultime Notizie Flash del 17
luglio 2015) A.B.
Quello dei rifiuti in plastica è un
problema serio: senza scomodare la
famosa isola di plastica del Pacifi-
co la questione del corretto riciclo
di tale materiale spinge a elaborare
molte soluzioni. Per esempio, c'è
chi pensa di adoperare le bottiglie
usate per costruire scuole e chi
invece, nei Paesi Bassi, vuole utiliz-
zare la plastica per sostituire l'a-
sfalto. Su questa idea è nato il pro-
getto Plastic Road, sostenuto dall'a-
zienda di costruzioni VolkerWes-
sels: lo scopo è inaugurare l'era
della pavimentazione in plastica
riciclata delle strade. Il progetto ha
attirato l'attenzione della città di
Rotterdam, che ha messo a disposi-
zione della VolkerWessels una zona
per avviare una fase pilota: nei
prossimi tre anni verrà realizzata
una pista ciclabile con materiale
ricavato da rifiuti plastici.
La costruzione procederà in questo
modo: le varie sezioni verranno
prodotte in fabbrica, dove verranno
anche previsti gli alloggiamenti per
i servizi (sensori per il traffico,
spazi per far passare cavi della luce
e tubi e via di seguito) e poi assem-
blate sul posto. L'idea è che alla
fine del loro ciclo di vita i vari seg-
menti della strada possano essere
ulteriormente riciclati per realizza-
re una nuova pavimentazione.
Secondo la compagnia questa solu-
zione offre diversi vantaggi, tra i
quali la capacità di sopportare
temperatura fino a -40 gradi sotto
zero e fino a 80 gradi: VolkerWes-
sels prevede che una strada realiz-
zata con PlasticRoad duri fino a tre
volte di più rispetto a una asfaltata,
e possa "vivere" fino a 50 anni.
Da http://www.zeusnews.it/
30 luglio 2015
N.A.
Quasi terminati i lavori di ricostru-
zione di una villa dall'atmosfera
magica: La Silvestrella, in zona Don
Bosco, a ridosso delle mura medie-
vali... tornerà abitabile entro fine
estate. Un'abitazione dall'aspetto
assolutamente peculiare, costruita
agli inizi del secolo scorso (1915
circa) per volere della famiglia
Palitti, raro esempio di mix tra stile
Liberty e Neogotico, per certi versi
simile alla vicina Villa Masci su
viale Duca degli Abruzzi, anch'essa
già ricostruita. I danni del terremo-
to sono stati importanti, una delle
due torrette si era inclinata, ma
fortunatamente non ci sono stati
crolli. Impegnativo il lavoro dedica-
to al restauro. Ogni stanza si distin-
gue per un particolare, dalle pareti
al soffitto. I lavori di ristrutturazio-
ne hanno restituito decori di note-
vole pregio. "Il restauro ha riportato
alla luce i veri colori della Silve-
strella che con il tempo si erano
spenti". La "Silvestrella" aquilana,
resta uno dei rari esempi di archi-
tettura eclettica e fantastica giunta
ai giorni nostri senza manomissio-
ni.
Articolo di G. Baiocchetti e F. Mar-
chi estratto da "IlCapoluogo", L'A-
quila, mercoledì 22 luglio 2015
A.B.
Convivere con un arto amputato e
l’eventuale protesi può essere
molto difficile, soprattutto se a
dover sopportare questo peso è un
bambino. Ma visto che il Lego è
una di quelle cose in grado di mi-
gliorare tutto ciò che tocca, Carlos
Arturo Torres Tovar, ricercatore
della Umeå University, Svezia, ha
pensato bene di unire la tecnologia
di un braccio prostetico con i mat-
toncini più famosi del mondo,
dando la possibilità ai bambini di
giocare con la fantasia e creare
l’appendice che preferiscono. Il
braccio funziona come molti altri
modelli similari, ma è dotato di un
aggancio modulare molto semplice
da utilizzare, anche per un bambi-
no, che può sostituire una pinza
standard a quattro dita con una
versione interamente costruita in
Lego. Il concetto di fondo dell’in-
venzione di Carlos sta nel dare al
bambino una sensazione di con-
trollo e di potere s ciò che gli è
successo, permettendogli giocare
con la protesi, trasformandola di
fatto in un giocattolo, sdrammatiz-
zando nel contempo la situazione.
Da WIRED 16 luglio 2015
G.S.
Strade senza asfalto ma di plastica
La pigrizia
mentale e l’ef-
fetto Google
In Finlandia la pro-
tesi per bambini è
fatta con i LEGO...
L'Aquila, rinasce angolo
fiabesco de La Silvestrella
88
99
EDITORIALE
C
on sconforto leggo, e ri-
porto, le anticipazioni del
Rapporto SVIMEZ sull’e-
conomia del Mezzogior-
no nel 2015 presentate lo scorso 30
luglio a Roma: “Un Paese diviso e
diseguale, dove il Sud scivola sem-
pre più nell’arretramento: nel 2014
per il settimo anno consecutivo il
Pil del Mezzogiorno è ancora ne-
gativo (-1,3%); il divario di Pil pro
capite è tornato ai livelli di 15 anni
fa; negli anni di crisi 2008-2014 i
consumi delle famiglie meridiona-
li sono crollati quasi del 13% e gli
investimenti nell’industria in sen-
so stretto addirittura del 59%; nel
2014 quasi il 62% dei meridionali
guadagna meno di 12mila euro an-
nui, contro il 28,5% del Centro-
Nord.”. E c’è di più: “Il tasso di fe-
condità al Sud è arrivato a 1,31 figli
per donna, ben distanti dai 2,1 ne-
cessari a garantire la stabilità de-
mografica, e inferiore comunque
all’1,43 del Centro-Nord. Nel 2014 al
Sud si sono registrate solo 174mila
nascite, il valore più basso dall’U-
nità d’Italia; nel 1862 i nati furono
391mila, 217mila in più di oggi.”.
Questa è la fotografia di una popo-
lazione che sta rinunciando lette-
ralmente a vivere e che non ha più
speranze nel futuro. Sono stati
versati fiumi d’inchiostro sulla
Questione Meridionale, a partire
dall’Unità d’Italia, senza contare
quelli di denaro che sono stati inu-
tilmente spesi dallo Stato per cer-
care, falsamente, di risolvere una
situazione che, anno dopo anno,
diventa sempre più pesantemente
problematica. Dico falsamente
perché il nodo principale di tutta
questa questione è sempre e solo
uno: il connubio tra classe dirigen-
te e malavita organizzata. Un so-
dalizio scellerato che rappresenta
l’incarnazione pura del male in
terra. Tutti i morti ammazzati in
nome di un ideale di giustizia e
legalità del Meridione muoiono
per l’ennesima volta quando ven-
gono pubblicate notizie come que-
sta, perché ciò significa che il loro
estremo sacrificio, speso per cer-
care di cambiare questo secolare
stato di cose, è stato vano! Finché
esisterà nel nostro Paese quella
certa classe politica malevola e
palese espressione della mafia,
della camorra, della ndrangheta e
della sacra corona unita, tutto que-
sto stato di cose continuerà a per-
sistere. Questo meccanismo mali-
gno e tumorale ha attaccato e leso
nel corso degli anni, quasi irrepa-
rabilmente, ogni tipo di istituzione
liquidando con la morte chiunque
osasse mettersi di traverso. Sim-
bolicamente la prima istituzione
da smantellare è stata proprio la
scuola abbandonata a se stessa,
svilita e ridicolizzata, fatta tacita-
mente passare come una cosa per
soli ricchi, come se la formazione
umana e culturale dei cittadini
fossero cose inutili e trascurabili
da non tenere assolutamente in
considerazione. C’è tanta compli-
cità dello Stato dietro questo falli-
mento: non dimentichiamo che,
per oltre un quarto di secolo, sono
stati tollerati nel Mezzogiorno fe-
nomeni gravissimi come la disper-
sione scolastica, il lavoro minorile,
il contrabbando di sigarette prima
e lo spaccio di droga poi. Il para-
dosso più grande è che questi fe-
nomeni, alla fine, sono stati assi-
milati come dei veri e propri am-
mortizzatori sociali. Addirittura, in
qualche modo e non velatamente,
si è anche celebrato ed avallato
mediaticamente questo stato di
cose rendendo i rei eroi attraverso
varie forme di spettacolo: dalla
sceneggiata napoletana alla fic-
tion televisiva. Vicende scellerate
e lacrimevoli, costruite a mestiere,
in cui il boss diventa, talvolta, la
vittima di un’infanzia difficile, de-
viato dalle cattive compagnie e
che si rifà della vita , tacitamente
giustificato dalla sua vicenda per-
sonale, con il malaffare, diventan-
do un prode, un raddrizzatore di
torti che si prende cura personal-
mente della sua gente! Sdoganati
dal cinema, dalla televisione e da
certa stampa siamo arrivati al
punto che un Ministro degli Inter-
ni, qualche anno fa, giustificò in
una conferenza stampa l’assalto
della popolazione di un quartiere
periferico di Napoli contro i Cara-
binieri che avevano arrestato un
notissimo boss della camorra af-
fermando che quel personaggio
per quella gente era “pur sempre
pane e companatico…”! Il mio ti-
more, e lo scrivo da napoletano, è
che tutto ciò sia destinato solo ad
un peggioramento e non perché al
Sud non ci siano più persone one-
ste, anzi… ma perché questa situa-
zione, se da un lato crea finti allar-
mismi e finte preoccupazioni nei
benpensanti, nella realtà serve ad
una parte oscura e cospicua dello
Stato, oggi ancora più potente e
protetta di prima, la stessa che ha
ancora le mani lorde del sangue
innocente di Falcone e Borsellino
e del terreno sotto cui sono sepolti
milioni di tonnellate di rifiuti di
ogni genere.
di Salvio Giglio
Mezzogiorno, sempre più in basso
1010
1111
ARDUINO
B
en ritrovati col nostro
appuntamento mensile
con Arduino e Fritzing;
dopo aver parlato, per
diverse puntate, della pagina
Breadboard e delle sue potenziali-
tà nella rappresentazione di sche-
mi di assemblaggio per i nostri
esperimenti, a partire da questa
puntata, invece, ci occuperemo di
come ottenere da Fritzing gli sche-
mi elettrici della nostra produzio-
ne attraverso la pagina Schema.
Questa pagina offre le stesse fun-
zionalità della maggior parte dei
software CAD 2D destinati all’elet-
tronica, gli EDA (Electronic De-
sign Automation), tanto vero che
un utente già esperto in elettroni-
ca può utilizzarla direttamente per
progettare un circuito ex novo. Per
i neofiti, specialmente per coloro
che hanno pochissime nozioni di
elettronica, Schema rappresenta
invece un’ottima palestra per as-
sociare la simbologia grafica ai
componenti elettronici impiegati
per gli esperimenti. Come ho già
detto tantissime volte, in svariati
post nella Com-
munity CAD e in
più occasioni su
queste pagine, un
buon progettista
deve necessaria-
mente conoscere e saper applicare
il linguaggio grafico convenziona-
le legato alla propria attività, per-
ché solo attraverso di esso può
analizzare dettagliatamente un
progetto, riscontrare in tempo
eventuali pecche e correggerle
evitando, così, perdite di tempo e
di denaro! Oltre a ciò ricordate che
presentare attraverso uno schema
elettrico, redatto con la dovuta at-
tenzione e precisione, il frutto del-
le vostre sperimentazioni è sem-
pre un ottimo biglietto da visita da
associare ai vostri prototipi, in
quanto gli dona quel pizzico di
professionalità in più che non gua-
sta mai specie se si tratta di lavo-
ro!
Criteri generali sugli schemi elet-
trici per l’elettronica
Siccome le parole sono strumenti,
che bisogna saper usare bene, par-
tiamo dalla definizione etimologi-
ca della parola schema:
Schèma s. m. [dal lat. schema, gr. σχῆμα
-ματος (schí̱ma -matos) «forma, aspetto,
configurazione», da mettere in relazione
col verbo ἔχω (écho̱ ) «possedere, ave-
re»] (pl. -i). – Modello convenzionale,
semplificato rispetto alla più complessa
realtà di un problema, di un fenomeno,
di un oggetto, di un meccanismo, di un
processo: lo s. di un impianto elettrico; lo
V puntata
di Salvio Giglio
La pagina SCHEMA di Fritzing
La pagina Schema di Fritzing ci introduce in un particolare
sistema espressivo fatto di simboli che, nel loro insieme,
rappresentano un vero e proprio linguaggio comprensibile
a tutti coloro che conoscono le convenzioni formali...
Fig. 1, schema elettrico di un circuito per fotocopiatrice
1212
ARDU
Tab. 1, criteri generali per la redazione degli schemi elettrici per i circuiti elettronici
1313
UINO
Tab. 2, simbologia comunemente usata negli schemi elettrici per l’elettronica
1414
ARDU
Tab. 3, simbologia comunemente usata negli schemi elettrici per l’elettronica
1515
UINO
Tab. 4, criteri generali per la redazione degli schemi elettrici per i circuiti elettronici
1616
s. di un motore a scoppio; lo s. della
struttura di un aereo.
Per estensione della definizione:
Uno schema o diagramma elettrico è la
rappresentazione semplificata di un
circuito elettrico o elettronico che fa uso
di simboli convenzionali.
In campo elettrico ed elettronico, i
circuiti di un’apparecchiatura so-
no rappresentati fondamental-
mente mediante uno schema per-
ché:
 agevola la manutenzione e la
ricerca di guasti;
 mostra come sono collegati tra
loro i suoi componenti;
 permette una sua eventuale
riproducibilità;
 spiega sinteticamente le sue
varie funzionalità.
Lo scopo principale dello schema
elettrico, quindi, non consiste nel-
la riproduzione fedele della posi-
zione dei componenti nel circuito
ma nella descrizione di come essi
sono reciprocamente collegati,
impiegando specifici simboli uni-
ficati detti anche a parametri con-
centrati, cfr. Fig. 2. Ciò significa
che a ciascun simbolo di compo-
nente sono associati una ristretta
serie di valori costruttivi caratteri-
stici che permettono una sua rapi-
da identificazione e agevolano la
sua ricerca sul mercato; ad esem-
pio, i parametri concentrati “più
famosi” di una resistenza per un
PCB sono: il suo valore in ohm, la
sua tolleranza, le sue dimensioni,
ecc. Oltre a queste informazioni, lo
schema deve riportare anche le
proprietà dei segnali che lo carat-
terizzano, come i valori di tensio-
ne e/o intensità di corrente e, in
alcuni casi, anche le loro curve
caratteristiche. In caso di apparec-
chiature molto complesse, costi-
tuite da circuiti molto estesi che
non permettono la loro rappresen-
tazione su di un unico foglio, si
ricorre al cosiddetto atlante degli
schemi: una suddivisione dello
schema in una raccolta organizza-
ta in più fogli, simili ad uno stra-
dario urbano, su cui con speciali
rimandi si attestano, tra i vari fo-
gli, le interruzioni grafiche dei col-
legamenti elettrici. L’atlante è sud-
diviso in sezioni, ognuna relativa
al proprio blocco circuitale, quan-
do l'apparecchio è costituito da
più circuiti aventi diverse funzio-
ni.
La redazione degli schemi elettrici
per i circuiti elettronici è abba-
stanza semplice, sia con le tecni-
che grafiche tradizionali che con il
PC, e necessita solo di un po’ di
esercizio per ottenere elaborati
chiari e ben organizzati. Tenete
presente che, specialmente in am-
bito lavorativo, due aspetti influi-
scono pesantemente sulla possibi-
lità di operare su di un circuito in
caso di manutenzione o malfun-
zionamento: la qualità della stesu-
ra grafica e la documentazione
relativa ai segnali operanti in esso.
Di seguito alcuni consigli pratici,
che rimandano a degli esempi ri-
portati graficamente in Tabella 1 e
seguenti, per ottenere rapidamen-
te degli elaborati grafici validi e di
facile consultazione ricordando
sempre che una volta scelto un
determinato standard per i simboli
grafici si deve poi seguirlo per tut-
ta la realizzazione del disegno.
In uno schema elettrico di un cir-
cuito i simboli grafici dei compo-
nenti devono essere:
 sempre verificati, assicurando-
si che quelli scelti siano adatti
alla funzione preposta (ad es. i
processori);
 disposti sempre verticalmente
o orizzontalmente e mai obli-
qui;
 allineati e spaziati in modo uni-
forme sia in senso orizzontale
che verticale;
 centrati tra i punti di derivazio-
ne;
ARDU
Fig. 2, parametri concentrati nella finestra Inspector di Fritzing
1717
UINO
 accompagnati da una label,
un’etichetta descrittiva, cfr. Fig.
3, in cui sono riportati:
 l’abbreviazione per la loro
identificazione nella lista dei
componenti;
 un numero progressivo del
componente (ad es. R1, R2…
Rn);
 eventuali informazioni ag-
giuntive specifiche del com-
ponente (tolleranza, tensione,
ecc.).
Nel contesto della rappresentazio-
ne di uno schema le label vanno:
 allineate orizzontalmente e ver-
ticalmente;
 disegnate accanto ai compo-
nenti in modo da non interseca-
re né i simboli grafici né le li-
nee di connessione;
 posizionate in modo da essere
facilmente leggibili;
 proporzionate alle dimensioni
del simbolo.
Per quanto riguarda i conduttori di
connessione essi vanno:
 disegnati sempre con linee ret-
te che saranno così distinte:
 continua sottile, è usata per
rappresentare le linee di
connessione fra i vari sim-
boli grafici che rappresenta-
no i componenti;
 tratteggiata, usata per evi-
denziare, dal punto di vista
funzionale, alcune parti del
circuito da altre;
 due linee parallele, impiega-
te per rappresentare una
connessione multifilare o
BUS di comunicazione.
E’ necessario ricordare anche che:
 Ogni collegamento, tra condut-
tori e componenti, deve essere
ben evidenziato da un punto di
connessione/derivazione.
 L’alimentazione elettrica del
circuito è sempre rappresentata
con il polo positivo (+) riportato
nella parte superiore del dise-
gno mentre quello negativo (-)
nella parte inferiore. In questo
modo i valori di tensione rap-
presentati nello schema dimi-
nuiscono progressivamente
spostandosi verso la parte infe-
riore dello schema circuitale e
rendendo, così, la consultazione
più intuitiva. Se si omettono i
simboli di alimentazione, è ne-
cessario includere delle eti-
chette per le linee di alimenta-
zione nella parte superiore e
inferiore dello schema.
 La lettura delle correnti e delle
tensioni, nello schema elettrico,
deve avvenire da sinistra verso
destra:
ingressi e controlli devono
essere a sinistra,
le uscite a destra.
 Includere nello schema elettri-
co una lista dettagliata dei com-
ponenti.
Funzionalità della pagina Schema
di Fritzing
Fatte le dovute precisazioni circa
la stesura degli schemi elettrici
passiamo alla pagina Schema di
Fritzing per scoprire come funzio-
na e in che modo ci può tornare
utile. Un primo aspetto di questa
pagina che ci conviene ricordare
riguarda le sue due modalità di
funzionamento:
 ricavare lo schema elettrico
dagli esperimenti eseguiti nella
pagina Breadboard;
 eseguire ex novo lo schema
elettrico di un circuito elettro-
nico che ritroveremo poi, tra-
sposti nelle relative versioni
grafiche, sia nella pagina
Breadboard che in quella PCB.
In questo modo gli sviluppatori di
Fritzing sono riusciti a rispondere,
contemporaneamente, sia alle esi-
Fig. 3, come si edita la label descrittiva di un simbolo/componente di Fritzing: tramite il suo menù contestuale si rendono
visibili i parametri che si vogliono far comparire in essa precedentemente impostati nella finestra Inspector
1818
genze dei neofiti, che trovano l’ap-
proccio “visual” della pagina
Breadboard sicuramente più rassi-
curante, che a quelle degli utenti
esperti che, essendo già abituati
alla realizzazione di schemi per
circuiti elettronici, si sentono più
a loro agio nelle pagine Schema e
PCB. Per rompere il ghiaccio pro-
vate a trascinare un componente
qualsiasi dalla libreria Core Parts:
vi renderete subito conto che il
simbolo grafico equivalente rap-
presentato sulla pagina è stato
realizzato per agevolare al massi-
mo gli utenti con i collegamenti.
Infatti, come visto in Fig. 3, ogni
simbolo si presenta con i terminali
numerati e già munito di label
che, per default, riporta il nome
abbreviato del componente asso-
ciato ad un numero progressivo e
seguito dal suo valore di misura.
Se avete seguito questo ciclo di
puntate su Fritzing, o usate già il
programma, ormai saprete che
ciascun componente della libreria
è caratterizzato da una serie di
parametri specifici visualizzati e
settabili dalla finestra Inspector;
nella pagina Schema possiamo
scegliere di far comparire le infor-
mazioni di Inspector nell’etichetta
di testo tramite il menù contestua-
le ad essa associato. Dal menù
contestuale posizioniamo il punta-
tore sull’item Display Values
(visualizza valori) e ci portiamo
nel sottomenù su cui è riportata la
lista dei comandi di visualizzazio-
ne scegliendo le caratteristiche
del componente che desideriamo
mostrare nel disegno. Anche in
questa pagina di Fritzing ritrovia-
mo la pratica funzione di verifica
delle connessioni per componenti
e conduttori che consiste nell’evi-
denziare in verde i terminali cor-
rettamente collegati.
Per fare un attimino di pratica in-
sieme proviamo ad esercitarci con
le due modalità di lavoro della pa-
gina Schema realizzando due
semplicissimi circuiti: il primo,
che spiegherò in questa puntata, lo
eseguiremo sulla pagina Bread-
board e poi lo ottimizziamo in
quella Schema. Il secondo lo dise-
gneremo, invece, direttamente sul-
la pagina Schema e poi lo adatte-
remo in Breadboard. Entrambi gli
esercizi ci torneranno utili nella
puntata inerente la pagina PCB.
Dalla pagina Breadboard alla pagi-
na Schema
Data la semplicità del circuito fa-
remo a meno della breadboard vir-
tuale e utilizzeremo, per i collega-
menti della componentistica, l’e-
lemento grafico wire, Fig. 4, pre-
sente in libreria, di cui è possibile,
come abbiamo già visto negli arti-
coli precedenti, cambiare forma e
colore. I componenti di cui abbia-
mo bisogno sono tutti presenti in
Core Parts e sono visibili nella Li-
sta 1. Seguendo i suggerimenti del
primo paragrafetto, piazziamo su-
bito la scatolina porta batterie
VCC1 che viene caricata da Fri-
tzing con il polo positivo già posi-
zionato verso l’alto. Per rintraccia-
re subito i vari componenti di un
circuito nella pagina Schema, spe-
cialmente se si tratta di progetti
molto complessi, vi consiglio di
visualizzare la label relativa a cia-
scun componente sin dalla pagina
Breadboard. L’operazione è sem-
ARDU
Lista 1, i componenti necessari per la prima esercitazione
Fig. 4, il componente wire per i collegamenti elettrici Fig. 5, inserire la label di un componente nella pagina Breadboard
1919
UINO
plicissima e si avvale del menù
contestuale su cui, come si vede in
Fig. 5, è riportato il comando Show
part label. Detto questo, cerchiamo
ora il nostro pulsante quadrato S1
Square Pushbutton contenuto nel-
la sezione Contributed Parts della
Libreria. Gli altri due componenti,
la resistenza da 333Ω e il diodo
LED, sono nel pannello principale
di Core Parts; circa la resistenza vi
ricordo che il valore di cui sopra lo
dovete impostare voi da Inspector.
Se tutto è filato liscio il risultato
finale dovrebbe essere simile a
quello di Fig. 6. Può capitare, come
è successo a me, di mandare in tilt
il programma e non trovare nulla
nella pagina Schema dopo aver
pasticciato più volte nella pagina
Breadboard prima di raggiungere
un risultato grafico convincente…
Non temete: non avete perso nulla!
Salvate con nome il file, chiudete
il programma e, dopo qualche se-
condo, riapritelo e andate alla pa-
gina Schema: troverete lo schema
elettrico del vostro circuito proprio
come appare in Fig. 7… No, non
è colpa vostra o di qualche capric-
Fig. 6, lo schema di montaggio sulla pagina Breadboard con i componenti muniti di label
Fig. 7, ecco come si presenta il nostro circuito nella pagina Schema dopo averlo ultimato nella pagina Breadboard
2020
ARDU
cio del programma: semplicemen-
te Fritzing crea lo schema elettrico
del circuito ma poi lascia a voi il
compito di riorganizzarlo grafica-
mente! Il primo impatto con que-
sta pagina, dopo aver realizzato il
circuito in quella della breadboard
virtuale, è sconcertante: nonostan-
te tutti i nostri sforzi profusi per
rappresentarlo nel modo migliore
possibile ai nostri occhi si presen-
ta un groviglio di simboli, etichette
e collegamenti da cui sembra qua-
si impossibile uscirne rapidamen-
te… ma non è così! Uno stratagem-
ma che vi consiglio di adottare
sempre, in elettronica come in
qualunque altro tipo di allestimen-
to impiantistico (meccanico,
idraulico, elettrico, ecc.), è quello
di avere sempre sotto gli occhi uno
schizzo, un’immagine, un progetti-
no che vi guidi nel lavoro che state
realizzando evitandovi così di ope-
rare “a memoria”: più è costoso ciò
che state realizzando e meno vi
conviene sbagliare! Va da se che
dopo aver acquisito familiarità con
la materia certe cose vanno in au-
tomatico e lo schema non lo guar-
derete quasi più! Nel caso di Fri-
tzing ci dobbiamo organizzare in
modo tale da non essere costretti a
fare la spola tra la pagina Bread-
board e quella Schema per poter
controllare la sequenza logica dei
collegamenti tra i vari componen-
ti. Per una consultazione comoda
potete semplicemente fare uno
schemino su carta, stampare su di
un A4 la vista della Breadboard
oppure organizzare il desktop, così
come ho fatto io per questa eserci-
tazione, aprendo in un angolo del
mio schermo, con il Visualizzatore
foto di Windows (con Gloobus Pre-
view per Linux Ubuntu), uno snap-
shot del circuito che ho realizzato
nella pagina Breadboard e che ho
salvato sul desktop mentre ho
adattato la finestra di Fritzing nel-
lo spazio restante dello schermo,
come si vede in Fig. 8. Il principio
da seguire è molto semplice ed è
subordinato ai criteri esposti nel
primo paragrafo di questo articolo.
Ci occuperemo subito del posizio-
namento dei componenti e, solo in
un secondo momento, adatteremo
le label; partiremo con lo spostare
a sinistra dello schermo la batteria
e con il posizionare in alto l’inter-
ruttore S1. Giunti alla resistenza R1
ci rendiamo conto è stata posizio-
nata male nella pagina Bread-
board, tanto vero che ci appare
capovolta nella pagina Schema, e
va quindi ruotata di 180° gradi con
il menù contestuale come si vede
in Fig. 9. Completiamo il lavoro
con il diodo LED che è stato ripro-
dotto anch’esso ruotato di 90° per i
criteri del nostro schema e ci av-
valiamo ancora una volta del co-
mando per la rotazione di cui so-
pra. I componenti ora sono posi-
zionati nel modo corretto come si
vede in Fig. 10; adesso bisogna da-
re un’aggiustatina a tutto il resto!
Per aggiungere un punto ad ogni
conduttore, in modo da determina-
Fig. 8, se lo schermo lo consente conviene aprire uno snapshot del circuito nel visualizzatore di anteprima d’immagini di Win-
dows, o di Linux, e adattare la finestra di Fritzing nella parte restante del Desktop. In tal modo si segue agevolmente il riordi-
no dello schema.
2121
UINO
Fig. 9, il menù contestuale per ruotare i simboli grafici
Fig. 10, lo schema dopo il riallineamento dei simboli
re così una piegatura a 90° ideale per questo tipo di
rappresentazione circuitale, basta cliccare più o
meno nella parte centrale di ogni conduttore e, co-
me si vede dalla Fig. 11, trascinare il punto sino ad
ottenere il posizionamento desiderato. Per il posi-
zionamento delle etichette l’operazione si svolge
con il mouse e, eventualmente, il comando Ruota
del menù contestuale. Se tutto è andato liscio il ri-
sultato finale del nostro lavoro dovrebbe essere si-
mile a quello di Fig.12 e i terminali di tutti i compo-
nenti dovrebbero essere verdi. Per essere profes-
sionali al massimo aggiungiamo, infine, qualche
elemento grafico sussidiario per indicare i poli e il
verso della corrente attraverso il componente grafi-
co Schematic Image come in Fig. 13. Vi dico subito
che la cosa non è semplicissima e richiede o un
buon editor di grafica vettoriale e/o un editor di gra-
fica raster o una gran botta di… fortuna nel rin-
tracciare in rete delle immagini raster in negativo
del simbolo che vi serve. Io mi sono avvalso di MS
Publisher per creare due minuscole bitmap su sfon-
do nero, con testo in bianco, delle dimensioni di de-
fault di 9,3 ×9,3mm e che ho caricato, tramite la
finestra Inspector, nel box come in Fig. 14, e oppor-
tunamente ridimensionato tramite le manigliette
destinate a questa funzione. Credo che i ragazzi del
Team di sviluppo di Fritzing dovrebbero dedicare
qualche giornata di lavoro al miglioramento di
questa preziosa funzione!
Continua
Fig. 11, come aggiungere uno o più punti ad un conduttore in uno schema. Trascinate il punto fino al posizionamento voluto
2222
ARDUINO
Fig. 12, ecco come si presenta il nostro schema finito Fig. 13, la finestra Formato casella di testo di MS Publisher
Fig. 14, il componente grafico per il caricamento di immagini Schematic Image. Le immagini vanno caricate in negativo
2323
2424
BASI PER IL DISEGNO
T
erminato il discorso sto-
rico sui principali enti
normatori, da questa
puntata, cominceremo ad
occuparci degli aspetti più signifi-
cativi legati all’iter di creazione
delle norme tecniche che normal-
mente impieghiamo nella proget-
tazione e nella produzione. Per
esperienza personale vorrei sotto-
lineare che nessun tecnico, a pre-
scindere dal titolo di studio conse-
guito e dalla mansione svolta, può
permettersi di ignorare le normati-
ve che sottendono il proprio ambi-
to lavorativo, perché esse rappre-
sentano un modello di “regola d’ar-
te” entro cui far rientrare, con la
dovuta sicurezza per il fruitore
finale, l’azione della sua attività
professionale. In altre parole, sia
che siate dei semplici operai o dei
rinomati professionisti, l’applica-
zione della normativa tecnica do-
vrebbe rappresentare per voi una
questione deontologica di prima-
ria importanza da contrapporre
alla dilagante filosofia consequen-
zialistica che, invece, pone i facili
profitti al vertice della propria sca-
la di valori… ma questo, ovviamen-
te, è un altro discorso.
Senza avere la pretesa di essere
esaustivo, questo ciclo di articoli
ci ha dato comunque la possibilità
di osservare l’evoluzione, negli
ultimi due secoli, della normativa
tecnica sia in senso formale che
operativo e ora ci permette di di-
stinguere l’azione normativa tra
classica e contemporanea, di trar-
re delle conclusioni e di dedurre
alcuni aspetti significativi legati a
questo fenomeno ancora in piena
fase di sviluppo.
Alcune considerazioni sulla nor-
mativa contemporanea
La prima considerazione che vo-
glio esporvi riguarda l’evoluzione
dell’attività degli enti normatori in
base al cambiamento di ruolo che
essi hanno subito nell’arco dell’ul-
timo secolo e che ci permette di
così di distinguere tra normativa
classica e normativa contempora-
nea. Un segno ben visibile del pas-
saggio, da un tipo all’altro di con-
cezione normativa, lo ritroviamo
persino in ambito linguistico con
la parola standard e la sua gradua-
le metamorfosi concettuale. Que-
sto termine, se visto come mero
contenitore semantico, è stato
riempito, col passar del tempo, di
significati sempre più ampi; in tal
senso, vi invito a fare qualche ri-
cerca in rete per mettere a parago-
ne la definizione storica con quel-
la attuale associate a questa paro-
la. Io mi sono preso la briga di cer-
care etimologia e origine della pa-
rola in questione sul sito dell’Ac-
cademia della Crusca, uno dei no-
stri fiori all’occhiello in campo
culturale,
www.accademiadellacrusca.it. Il
lemma è stato analizzato nel 2005
da Mara Marzullo, su richiesta di
moltissimi utenti del prestigioso
sito, e sembra scritto apposita-
mente per questo articolo, fatto
questo che mi ha spinto poi a ri-
portarlo integralmente nel riqua-
dro di pagina 25. In particolare se
andiamo sul sito
www.casapanzini.it, su cui sono
pubblicati tutti i lemmi del celebre
V puntata
di Salvio Giglio
Le Norme Tecniche
2525
E LA PROGETTAZIONE
Etimologia e origine della parola standard
La consonante finale della parola standard suggerisce l'origine non italiana del termine, che deriva, senza adattamenti, dall'inglese
che ha adottato il termine a sua volta dal francese estandart (su tutta la questione etimologica cfr. DELI).
Il significato di 'modello, esempio' non è, chiaramente, originario della parola, che ha le prime attestazioni in inglese sin dal 1154
come 'stendardo, insegna' e solo successivamente 'esemplare di misura' (1429), 'criterio di eccellenza' (1563) e 'livello defini-
to' (1711). Per quanto riguarda l'italiano, standard col significato di 'modello' compare alla fine dell'Ottocento (1892) nel Dizionario
del turf italiano di G. Ballarini e viene poi registrato nel Dizionario moderno del Panzini nel 1905: «è voce inglese usata in commer-
cio, per indicare che la qualità di una merce o di un prodotto dell'industria è quella tipica, normale[quindi eletta]». Nel Dizionario di
Panzini è ricordato anche l'uso ippico registrato da Ballarini e, dal 1942, si registra anche l'uso come aggettivo invariabile posposto al
nome (nell'appendice sui Forestierismi). La prima attestazione del termine sarebbe però rintracciabile nel 1764 in un dizionario di G.
Bergantini rimasto tuttavia inedito (cfr. Morgana 1985).
In linguistica col termine standard si indicherebbe una varietà di lingua assunta dai parlanti come modello anche d'insegnamento
«non connotata socialmente o regionalmente, risultante dalle tendenze alla convergenza operanti in una comunità linguisti-
ca» (GRADIT, s.v. standard). La definizione non è unanimemente accolta, perché bisognerebbe prima di tutto accettare che esista
una varietà di lingua che non abbia nessuna condizione di variabilità (di luogo, tempo, ambito d'uso ecc.) e che si caratterizzi di fatto
come avente tutti tratti "non marcati". Una condizione che ad esempio in italiano sembra difficile da rintracciare.
Sempre nell'ambito linguistico si parla anche di neo-standard (e sub-standard) per indicare una varietà di italiano con diversi tratti in
comune con l'italiano parlato (ad esempio gli per a lei, a loro; l'indicativo per il congiuntivo nelle subordinate e nelle ipotetiche; il
tipo c'ho) e che alcuni considerano destinata ad affermarsi come forma standard appunto: un'altra denominazione di questa varietà è
quella di italiano dell'uso medio (Sabatini 1985).
Non senza critiche è stato anche l'ingresso in italiano sia dell'aggettivo nel sintagma italiano standard sia del sostantivo (lo standard).
Soprattutto Arrigo Castellani ha proposto di adattare la parola alla struttura morfologica dell'italiano (quindi stàndaro), oppure di
ricorrere alla locuzione norma (italiana) e di conseguenza italiano normale, adottando normale come termine della linguistica sinoni-
mo di standard.
Per approfondimenti:
A. Panzini, Dizionario moderno, Milano, 1905 (s.v.);
A. Castellani, Terminologia linguistica, in «Studi linguistici italiani», X (2) 1984, pp. 153-61 (in particolare p. 156);
DELI. Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, di M. Cortelazzo e P. Zolli, Bologna, Zanichelli, 1999 (s.v.);
Dizionario di linguistica, diretto da G. L. Beccaria, Torino, Einaudi, 1994 (s.v.);
F. Sabatini, L'"italiano dell'uso medio": una realtà tra le varietà linguistiche italiane, in G. Holtus-E. Radtke (a cura
di), Gesprochenes Italienish in Geschicte und Gegenwart, Tübingen, Günter Narr, 1985, pp. 154-84;
Forestierismi da eliminare, in A. Panzini, Dizionario moderno, Milano, 1942, pp. 881-95 (s.v.);
GRADIT. Grande Dizionario Italiano dell'Uso, diretto da Tullio De Mauro, Torino, UTET, 1999-2000 con aggiornamento del 2004
(s.v.);
S. Scotti Morgana, Tradizione e novità nei vocabolari inediti di Giovampietro Bergantini, in La Crusca nella tradizione letteraria e
linguistica italiana, Firenze, 1985, pp. 153-71.
A cura di Mara Marzullo
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
20 maggio 2005
2626
Dizionario Moderno del Panzini,
edito da Hoepli nel 1905, e cerchia-
mo la definizione completa:
«(stèndad), stendardo, modello, tipo,
norma: è voce inglese diffusa nel mondo
con i più ampi significati in commercio,
per indicare che la qualità di una merce
o di un prodotto dell'industria è quella
tipica, normale (quindi eletta).»;
e la mettiamo a confronto con la
definizione offerta da Google:
«Tipo, modello, norma, cui viene uni-
formata una data produzione o attività;
part., nell'uso commerciale, il comples-
so dei campioni di una determinata
merce, corrispondenti a tipi o gradi del-
la produzione di un dato periodo, su cui
ci si basa per le classificazioni di quali-
tà di determinati prodotti; nell'uso tecni-
co o industriale, modello o tipo di un
determinato prodotto, o il complesso di
norme fissate per uniformare le carat-
teristiche del prodotto stesso; (...) Com-
plesso di elementi che individuano le
caratteristiche di una determinata pre-
stazione o processo tecnico (...)»;
ci rendiamo conto di quanto signi-
ficato in più sia stato arricchito
questo lemma. Ho evidenziato con
tre colori diversi alcune parole dei
due testi che, a mio giudizio, rap-
presentano delle tag, dei nodi con-
cettuali di particolare interesse,
che, nella nostra lingua, sono stati
associati a questo termine ad un
secolo di distanza: in turchese le
parti invarianti delle due defini-
zioni, in arancione l’aggettivazione
originaria ed in verde le nuove ac-
cezioni. Questo semplice paragone
ci fornisce, sotto certi aspetti, la
misura con cui sono cambiati gli
incarichi istituzionali dei vari or-
ganismi normativi nell’ultimo se-
colo. Infatti, se originariamente le
attività dei vari enti, comitati ed
organizzazioni normative verteva-
no esclusivamente sulla redazione
di una serie di semplici istruzioni
dimensionali e prescrizioni tecno-
logiche necessarie alla fabbrica-
zione ottimale di una merce o di
prodotto dell’industria, dalla se-
conda metà degli anni ’80 del se-
colo scorso le nuove esigenze, le-
gate agli scambi commerciali in-
ternazionali, ha cambiato nel giro
di pochi decenni quasi del tutto la
loro fisionomia, determinando così
la nascita della normativa contem-
poranea. L’attività di quest’ultima,
estremamente diversificata, va
ben oltre gli obiettivi che si erano
posti gli ideatori delle varie asso-
ciazioni di standardizzazione ed
ha cominciato a farsi carico di
analizzare accuratamente ogni
aspetto di tutte le fasi del ciclo di
vita di una produzione o di una
attività, definendo completamente
le caratteristiche di ciascuna pre-
stazione del suo processo tecnico
produttivo dall’inizio alla fine. Se-
guendo questo filone operativo,
l’azione normativa ha ulteriormen-
te esteso il suo campo di compe-
tenze in nuovi settori, raggiungen-
do le nuove discipline e i nuovi
saperi dei nostro tempo, assumen-
do come nuovi oggetti di ricerca la
tutela della persona, dell’ambiente
e delle imprese, producendo come
risposta delle linee guida per ten-
tare di risolvere problematiche
legate alla sicurezza, alla protezio-
ne ambientale e all’organizzazione
aziendale.
Una secondo tema che offre molti
spunti di riflessione è quello del
graduale ed inesorabile travalica-
mento dei confini geografici della
normativa contemporanea dovuto
all’effetto della regolamentazione
del commercio mondiale condotta
dalla WTO (World Trade Organiza-
tion) l’Organizzazione Mondiale
del Commercio (OMC). Infatti, se i
primi organismi normativi nasce-
vano come mero fatto locale, oggi
gli accordi commerciali multilate-
rali, (di poche settimane fa l’appro-
BASI PER IL DISEGNO
Inchiesta pubblica sul recente accordo multilaterale tra USA e UE Transatlantic Trade and Investment Partnership
2727
vazione del TTIP - Transatlantic
Trade and Investment Partnership
tra UE e USA) pretendono sempre
di più l’unificazione produttiva e
quella dei vari sistemi tecnologici
in modo tale che gli scambi com-
merciali siano agevolati al massi-
mo. La globalizzazione, in quanto
processo planetario ormai irrever-
sibile, necessita sempre di più di
un linguaggio produttivo e orga-
nizzativo condiviso universalmen-
te e non ammette deroghe. Chi
non si adegua a questo trend, pic-
colo o grande imprenditore che
sia, rischia di essere tagliato fuori
da quei circuiti commerciali vitali
e di vedere la propria produzione,
specie se fuori brevetto e di larga
scala, riproposta da un competitor
operante a migliaia di chilometri
di distanza che si può permettere
anche il lusso di abbassare il prez-
zo dei suoi listini speculando al
massimo sulla manodopera!
Un ultima osservazione, infine, va
rivolta all’inquietante presenza
delle lobbies, meglio definite giuri-
dicamente dalla UE con l’appella-
tivo di parti economico/sociali in-
teressate, negli apparati decisio-
nali dei due principali organismi
normativi comunitari transnazio-
nali: CEN e CENELEC. Questa diffi-
denza è, a dir poco, dovuta dal mo-
mento che la trasparenza e la lega-
E LA PROGETTAZIONE
Estratto dai Dispositivi delle direttive 98/34/CE e 98/48/CE consolidati
Articolo 1
Ai sensi della presente direttiva si intende per:
1) «prodotto»: i prodotti di fabbricazione industriale e i prodotti agricoli, compresi i prodotti della pesca;
3) «specificazione tecnica»: una specificazione che figura in un documento che definisce le caratteristiche richieste di un
prodotto, quali i livelli di qualità o di proprietà di utilizzazione, la sicurezza, le dimensioni, comprese le prescrizioni applica-
bili al prodotto per quanto riguarda la denominazione di vendita, la terminologia, i simboli, le prove ed i metodi di prova,
l'imballaggio, la marcatura e l'etichettatura, nonché le procedure di valutazione della conformità. Il termine «specificazione
tecnica» comprende anche i metodi e i procedimenti di produzione relativi ai prodotti agricoli ai sensi dell'articolo 38, para-
grafo 1, del trattato, ai prodotti destinati all'alimentazione umana e animale, nonché ai medicinali definiti all'articolo 1 della
direttiva 65/65/CEE del Consiglio(2)
, così come i metodi e i procedimenti di produzione relativi agli altri prodotti, quando
abbiano un'incidenza sulle caratteristiche di questi ultimi;
4) «altro requisito»: un requisito diverso da una specificazione tecnica, prescritto per un prodotto per motivi di tutela, in
particolare dei consumatori o dell'ambiente, e concernente il suo ciclo di vita dopo la commercializzazione, quali le sue con-
dizioni di utilizzazione, di riciclaggio, di reimpiego o di eliminazione qualora tali condizioni possano influenzare in modo
significativo la composizione o la natura del prodotto o la sua commercializzazione;
6) «norma»: una specificazione tecnica approvata da un organismo riconosciuto ad attività normativa, per applicazione ripe-
tuta o continua, la cui osservazione non sia obbligatoria, e che appartenga ad una delle seguenti categorie:
 norma internazionale: norma che è adottata da un'organizzazione internazionale di normalizzazione e che
viene messa a disposizione del pubblico;
 norma europea: norma che è adottata da un organismo europeo di normalizzazione e che viene messa a
disposizione del pubblico;
 norma nazionale: norma che è adottata da un organismo nazionale di normalizzazione e che viene messa a
disposizione del pubblico;
7) «programma di normalizzazione»: un piano di lavoro predisposto da un organismo riconosciuto ad attività normativa e
recante l'elenco delle materie costituenti oggetto dei lavori di normalizzazione;
8) «progetto di norma»: il documento contenente il testo delle specificazioni tecniche per una determinata materia, predi-
sposto ai fini dell'adozione secondo la procedura di normalizzazione nazionale, quale risulta dai lavori preparatori e qual è
distribuito ai fini di inchiesta pubblica o commento; (…).
_________________________
(2)
Direttiva 65/65/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1965, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle
specialità medicinali (GU L 22 del 9.2.1965, pag. 369/65). Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 93/39/CEE (GU L 214 del 24.8.1993, pag. 22).
2828
BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE
lità non sono proprio il tratto con-
notativo fondamentale delle lob-
bies che si comportano spesso co-
me delle vere e proprie organizza-
zioni ombra la cui condotta opera-
tiva è in grado di condizionare pe-
santemente la formulazione nor-
mativa, favorendo solo determina-
ti gruppi imprenditoriali che si
avvalgono dei loro servigi.
Caratteristiche e definizioni fon-
damentali relative alle norme e al
loro iter creativo
Essendo il nostro Paese membro
della UE e parte attiva del CEN, i
nostri interessi verteranno sulla
procedura di elaborazione norma-
tiva Comunitaria partendo, neces-
sariamente, dalle principali defini-
zioni inerenti le norme.
La Direttiva Europea 98/34/CE del
1998 fornisce un elenco di defini-
zioni molto particolareggiato da
cui ho ritenuto utile isolare quei
punti più significativi per progetti-
sti e disegnatori e che ripropongo
verbatim nell’Estratto dai Disposi-
tivi delle direttive 98/34/CE e
98/48/CE consolidati nel quadro
riassuntivo di pagina 27. Dalla let-
tura di quei punti si deduce che le
norme sono, in estrema sintesi, dei
documenti in cui sono descritte le
caratteristiche peculiari di un de-
terminato prodotto (dimensioni,
prestazioni, impatto ambientale,
disposizioni sulla sicurezza, ecc.)
in base all’attuale stato dell'arte
raggiunto in una determinata di-
sciplina. Ogni norma tecnica, a
prescindere dalla disciplina di af-
ferenza, nell’ambito del vigente
quadro delle direttive comunitarie,
deve possedere le seguenti carat-
teristiche:
I. Consensualità, deve essere ap-
provata all’unanimità col con-
senso di coloro che hanno par-
tecipato ai lavori.
II. Democraticità, tutte le parti
economico/sociali interessate
possono intervenire ai lavori di
progettazione normativa e tutti
i partecipanti possono formula-
re osservazioni durante l'iter
che precede l'approvazione fi-
nale.
III. Trasparenza, attraverso i canali
di informazione ufficiali l’orga-
nismo normativo segnala le
tappe fondamentali dell'iter di
approvazione di un progetto di
norma, tenendo il progetto stes-
so a disposizione degli interes-
sati.
IV.Volontarietà, le norme sono ri-
ferimenti che le parti interessa-
te si impongono spontanea-
mente.
Una norma prima di vedersi pub-
blicata ufficialmente deve neces-
sariamente seguire una procedura
che tocca le seguenti tappe:
 Lo studio di fattibilità, elaborato
dagli organi preposti dall'ente
di normazione, incrocia i dati
del mercato con le necessità
normative valutandone il rap-
porto tra costi e benefici e ricer-
cando le competenze necessa-
rie da coinvolgere. Se il risulta-
to dell'analisi è positivo si pro-
cede alla stesura della bozza di
norma.
 La bozza di norma viene di-
scussa e messa a punto tramite
il lavoro in rete e/o per mezzo
di apposite riunioni ed ha come
obiettivo l'approvazione con-
sensuale della struttura e dei
contenuti tecnici del progetto
di norma.
 Il progetto di norma è realizzato
dagli esperti esterni che, in
ambito europeo ed internazio-
nale, vengono nominati dai sin-
goli Paesi mentre l'ente di nor-
mazione, in questa fase, svolge
la funzione di coordinatore dei
lavori e rende disponibile la
propria struttura organizzativa.
Al termine della stesura il pro-
getto viene sottoposto ad una
verifica pubblica.
 L'inchiesta pubblica sul proget-
to di norma approvato viene
avviata tramite comunicazione
sui canali ufficiali d'informa-
zione degli organismi di nor-
mazione (per una durata varia-
bile in funzione della tipologia
del documento) al fine di racco-
gliere commenti ed ottenere il
più ampio consenso dal merca-
to. In questo modo le parti eco-
nomico/sociali interessate (le
lobbies), che non hanno potuto
partecipare alla prima fase del-
la discussione, possono contri-
buire al processo normativo. In
ambito CEN ed ISO eventuali
commenti ad un progetto di
norma si possono inviare esclu-
sivamente tramite gli organi-
smi di normazione nazionali.
La versione del progetto di nor-
ma, in cui sono confluite le os-
servazioni raccolte durante l'in-
chiesta pubblica, concordata
definitivamente è denominata
progetto finale.
 La pubblicazione segue a sua
volta un iter molto preciso:
 Norme nazionali, il progetto
finale viene sottoposto all’e-
same della Commissione
Tecnica Centrale per ricever-
ne l’approvazione per la pub-
blicazione.
 Norme europee ed interna-
zionali, il progetto finale vie-
ne sottoposto al voto degli
organismi di normazione
nazionali al fine di essere
ratificato e pubblicato come
norma. A livello di UE, ogni
membro CEN ha l'obbligo di
recepire le norme EN (UNI
EN in Italia), pubblicandole
eventualmente nella propria
lingua e ritirando quelle na-
zionali esistenti sul medesi-
mo argomento. Tale obbligo,
per il momento, non sussiste
invece per le norme ISO che
possono essere ancora adot-
tate volontariamente (UNI
ISO in Italia).
Continua
2929
3030
3131
CINEMA E ANIMAZIONE
TERMINATOR Genisys
2
039. John Connor (Jason
Clarke) continua a guidare
la resistenza umana con-
tro Skynet, il computer
autocosciente che ha imposto la
supremazia delle macchine sul
pianeta. Quando è sul punto di vin-
cere questa estenuante guerra,
Skynet (in questo tempo noto co-
me Genisys) spedisce indietro nel
tempo un Terminator (il T-800 del
primo film) per uccidere sua ma-
dre, Sarah Connor (Emilia Clarke,
già nota per Game of Thrones), pri-
ma che possa darlo alla luce. John
allora decide di mandare il giovane
Kyle Reese (Jai Courtney) a ferma-
re la macchina omicida. Kyle torna
quindi nel 1984 ma il passato non è
quello previsto: Sarah Connor non
ha bisogno di essere salvata, sa già
tutto ed è una temibile guerriera.
Kyle la trova in compagnia di un
Terminator dal look decisamente
invecchiato (Arnold Schwarzeneg-
ger) che lei considera come un pa-
dre acquisito. Non sanno, però, che
il nemico che Skynet gli manda
contro, per impedirgli di bloccare il
suo stesso sviluppo, è l’ultimo al
quale chiunque avrebbe pensato…
A trentun anni di distanza dal pri-
mo "Terminator" (1984) di James
Cameron, Hollywood rilancia la
saga con un quinto capitolo, Ter-
minator Genisys, diretto da Alan
Taylor. Il film è un reboot che si
rifà ai due lungometraggi più belli
(i primi due) della saga e che agi-
sce come un retcon (forma con-
tratta dell’inglese retroactive con-
tinuity ossia un espediente narra-
tivo in cui si modificano eventi e
situazioni descritti in precedenza,
o il loro significato, per adattarli ai
nuovi sviluppi narrativi) alterando
la linea temporale della storia ori-
ginale e proponendo gli stessi per-
sonaggi ma con nuovi interpreti,
fatta eccezione ovviamente per
Arnold Schwarzenegger, il Termi-
nator per antonomasia. Prodotto
dalla Paramount Pictures in colla-
borazione con Skydance Produc-
tions, ha avuto come location prin-
cipali la Lousiana, la California,
San Francisco, Los Angeles ed an-
che il NASA Michoud Assembly
Facility di New Orleans (dove una
volta venivano costruiti gli space
shuttle). La saga di Terminator co-
stituisce un mito assoluto della
cinematografia contemporanea,
almeno per quanto riguarda i primi
due episodi, divenendo un punto di
riferimento per il cinema di fanta-
scienza. Ai primi due film sono poi
seguiti un'altra coppia di episodi
cinematografici e una versione
televisiva che, pur espandendone
l’universo narrativo, si sono un po’
allontanati dallo “spirito” dei primi
due. Anche per Genisys si è voluto
cambiare la filosofia dell’originaria
pellicola: l’estrema e claustrofobi-
ca “serietà” dei primi Terminator
lascia ora spazio a toni più stem-
perati che rendono troppo senti-
mentale, addirittura ironica, l’inu-
manità della macchina. Questo,
forse, al fine di avvicinare alla saga
anche il pubblico dei giovanissi-
mi, “divoratori” di action comedy
in pieno stile Marvel e Disney. I
puristi della saga, a cui non andrà
a genio questo action
“d’intrattenimento”, dovranno dun-
que accontentarsi dei continui ri-
mandi ai momenti cult dei primi
due film, voluti dal regista e disse-
minati qua e là nel girato: fra tutti
la replica fotogramma per foto-
gramma della sequenza dell'incipit
del 1984. In altre parole, il lungo-
metraggio regalerà un’altra versio-
ne della medesima sto-
ria, permettendo agli spettatori di
vedere quello che nei film prece-
denti è stato solo raccontato ovve-
ro il momento in cui le macchine
mandano indietro nel tempo il T-
800 originale (Schwarzenegger in
versione giovane) e gli uomini su-
bito dopo inviano Kyle Reese. La
storia, articolandosi su viaggi tem-
porali e relativi paradossi, rende la
narrazione un po’ contorta e forza-
ta nel cercare di far convivere que-
ste linee temporali: ciò nonostante
il film è divertente e non lesina di
certo su esplosioni, effetti speciali
futuristici e scene d’azione ben
costruite. Inoltre Schwarzenegger,
che torna nel suo ruolo più noto (e
che funziona come sempre), in
questa variante riesce ad umaniz-
zare il robot, ma senza eccessi,
provando dei sentimenti e renden-
dosi comico ed abbandonando così
la veste glaciale e meccanica del T
-800 originale. Certo a molti ver-
rebbe da pensare che il personag-
gio di T-800, in questo caso, sia
stato scritto non in virtù del suo
passato ma in virtù dell’attore che
lo interpreta, soprattutto quando si
tende a dimostrare che in realtà
non è vecchio e inutile. ;-) Lo stes-
so Arnold Schwarzenegger, che
oggi ha 67 anni, ha infatti afferma-
to come sia stato molto intelligen-
te usare la sua età in questo modo
e che i tecnici della computer gra-
fica hanno lavorato ad un livello
che non era mai stato raggiunto
sul grande schermo con un attore
vivente. Chiaro in queste parole è
proprio il riferimento alla replica
della scena cult iniziale del primo
film, quella in cui un uomo nudo
(Schwarzenegger) arriva al Griffith
Observatory di Los Angeles, mette
k.o. tre punk che lo molestano e
ruba i loro vestiti. In Genisys, però,
la scena ha una variante: il
di Nunzia Nullo
3232
CINEMA E A
Arnold Schwarzenegger, versione T-800 invecchiata e un animatronics impiegato per alcune scene del film
La sintesi del life motiv dell’intera saga può intravedersi in questi due storyboard dell’ultimo film: la supremazia delle macchi-
ne da una parte e la rivolta degli umani dall’altra.
3333
“giovane” Terminator, che si pre-
senta nello stesso punto degli anni
'80, si imbatte questa volta in una
versione più vecchia di se stesso, il
glorioso cyborg T-800: i due cy-
borg, che hanno ben 30 anni di dif-
ferenza, daranno vita ad uno scon-
tro che già si preannuncia epico
nell’ambito del panorama cinema-
tografico. Per la ricostruzione di
questa scena, i tecnici degli effetti
visivi non hanno riutilizzato sem-
plicemente materiale del film del
1984 ma hanno dovuto creare un
sintoattore, una attore sintetico,
virtuale, nato scansionando, e poi
fondendo insieme, il volto di Sch-
warzenegger nel primo film, quello
attuale e il corpo di una controfi-
gura. Il risultato è la creazione di
un perfetto essere umano che
cammina, respira e che ha la testa
del Terminator del 1984 ma che
non esiste. Un lavoro assai com-
plesso, dunque, perché si tratta di
cimentarsi su un personaggio
completamente virtuale, partendo
da un modello vivente, e che ha
visto maggiori difficoltà nella ri-
produzione del volto di Schwarze-
negger i cui lineamenti presentano
delle irregolarità, cosa assai comu-
ne nel genere umano e dettaglio
irrilevante ma non tanto se si deve
realizzare uno dei sequel più attesi
del 2015! Pertanto è stato necessa-
rio visionare ogni tipo di materiale
d'archivio girato da Schwarzeneg-
ger negli anni '80 per immagazzi-
nare, in una vasta libreria di im-
magini, ogni dettaglio del suo volto
e registrare le sue caratteristiche
attuali attraverso una sessione di
performance capture. La controfi-
gura che invece ha prestato il cor-
po al giovane T-800 è Brett Azar,
27enne culturista australiano e
grande fan di Schwarzenegger,
scelto dalla produzione per le sue
specifiche fisiche molto simili a
quelle dell’attore. In questo modo, i
tecnici della computer grafica
hanno potuto combinare il fisico
del culturista australiano
con immagini di repertorio (gare
di culturismo, film, ecc.) di Sch-
warzenegger e, modificando petto-
rali e glutei, hanno ricreato digital-
mente il fisico dell’attore. In totale,
la scena dello scontro tra i due Ter-
minator ha richiesto ben 12 mesi
di lavoro: questo per ottenere 35
fotogrammi chiave utilizzati per
soli cinque minuti in Genisys!
Possiamo dire che questa saga ha
vantato diversi alti e bassi (molto
apprezzati i primi due capitoli, un
po’ meno il terzo e il quarto); ciò
nonostante l'affetto del pubblico
nei confronti della serie non è mai
mancato tanto che già sono stati
annunciati due sequel, in program-
ma per il 19 maggio 2017 ed il 29
giugno 2018. Lo stesso motivo, for-
se, che ha spinto Schwarzenegger
a riprendere in mano non solo la
produzione della saga ma anche il
suo iconico personaggio.
ANIMAZIONE
A sinistra il culturista australiano Brett Azar presta il suo corpo possente per la versione ringiovanita di Terminator, a destra,
che risulta praticamente indistinguibile dall’originale del 1984.
3434
S
iamo talmente abituati ad
associare al design cose
belle e di lusso (auto, ville,
gioielli, arredi, moda, ecc.)
da dimenticare, quasi completa-
mente, che questa parola inglese
significa principalmente progetta-
zione. Sono convinto che lo stesso
Rambaldi si sorprenderebbe di fi-
gurare in questa rubrica che sinora
ha ospitato prevalentemente ar-
chitetti, designer di auto, oggetti
ed arredi eppure non riesco a non
attribuire al grande maestro di ef-
fetti speciali un ruolo diverso da
quello di progettista nel senso più
stretto con cui questo termine pos-
sa essere inteso. Quando ci siamo
commossi con E.T., o ci siamo riz-
zati sulla sedia, in preda ad un mi-
sto di orrore e di ribrezzo, guardan-
do le agghiaccianti creature di
Alien o, usciti dal cinema, abbiamo
guardato la terra su cui poggiava-
mo i piedi grati alla vita che sul
nostro pianeta non esistessero
quei maledetti e crudeli vermi gi-
ganti in grado di distruggere ogni
cosa gli si parasse dinanzi e fago-
citare, in un sol boccone, intere
persone, inevitabilmente la nostra
parte più infantile, quella che si è
spaventata e divertita, resta pro-
fondamente ammirata e grata in-
nanzi a tanta maestria ignorando
tutto il lavoro di progetto e di rea-
lizzazione che c’è dietro ognuna di
quelle creature meccaniche. L’idea
di scrivere un pezzo su Rambaldi
mi è venuta venerdì 10 luglio scor-
so, guardando, a notte fonda, su
RAI 3 “Fuori orario - cose mai vi-
ste” che riproponeva il ciclo di
puntate de L’Occhio magico: il ci-
nema come si fa, un programma
televisivo realizzato a quattro ma-
ni, tra il 1989 e il 1990, dal regista
Giuseppe Ferrara e dal critico ci-
nematografico Giacomo Gambetti.
I due autori producono per la tele-
visione, e con intento didattico,
una trasmissione televisiva sulla
"macchina cinema" in cui allo
spettatore viene mostrato come la
realizzazione di un film sia un pro-
cesso assolutamente collettivo in
grado di coinvolgere centinaia di
persone che, anche se operanti in
comparti diversi, sono tutte impe-
gnate a far diventare ogni film un
pezzo unico con un lavoro artigia-
nale di altissima qualità e profes-
sionalità. Il programma, struttura-
to benissimo e presentato con la
stessa chiarezza e passione di una
serie di tutorial di YouTube, si ba-
sava sulle testimonianze dirette di
grandi maestri della macchina da
presa come il regista Nanni Loy, il
direttore della fotografia Tonino
Delli Colli e il montatore cinemato-
grafico Nino Baragli (entrambi col-
laboratori di Pasolini) e, tra gli al-
tri, Carlo Rambaldi. Affascinante e
coinvolgente più che mai, il mae-
stro mostra nella puntata L’effetto
speciale i suoi trucchi di scena
senza misteri, sicuro del suo sape-
re e felice di poterlo trasmettere
agli spettatori e ai tanti bambini
che popolavano la sua mostra ro-
mana del 1990. Estremamente in-
teressante è la spiegazione sul
DESIGNER
Carlo Rambaldi
di Salvio Giglio
Carlo Rambaldi “spiato” dalla sua creatura mentre disegna E.T.
3535
R’s STORY
Rambaldi accanto al disegno scala 1:1 della testa di Kong Spaccato della testa di King Kong
Studio dell’articolazione della mano di King Kong Jessica Lange nel palmo della mano di King Kong
Il set per le riprese della mano Rambaldi alle prese con i progetti di King Kong 2
3636
DESIGNER
La testa di alieno di Alien, in alto lo studio del modellato esterno; in basso una sezione trasversale per spiegare le
funzionalità della maschera.
3737
R’s STORY
funzionamento di alcune macchi-
ne di scena come: l’animazione
del braccio e della manona di King
Kong, del 1976, inquadrato nelle
scene in cui stringe una giovanis-
sima Jessica Lange nei panni del-
la naufraga Dwan; la raccapric-
ciante testa di alieno del film
Alien, del 1979, schifosa anche
fuori dal set ; gli occhi di E.T.
che sbirciano attraverso le vene-
ziane della finestra della casa in
cui è ospitato, animazione realiz-
zata per una delle scene dell’omo-
nimo film del 1982, E.T. l'extra-
terrestre; il funzionamento dei
vermi giganti del film Dune del
1984. Di ogni macchina Rambaldi,
da buon designer, aveva realizzato
i progetti e tutti i bozzetti in cui
veniva spiegato dettagliatamente
agli addetti agli effetti come azio-
nare i vari particolari di ogni ap-
parecchio scenico. Un piacere per
la vista, credetemi! Tutti i lavori di
Rambaldi sintetizzano, con oggetti
animati unici per la loro destina-
zione d’uso, un mix di altissima
tecnologia ingegneristica e arte,
dal momento che proprio a que-
Hans Ruedi Giger, co autore della creatura aliena di Alien
Rambaldi mette a punto gli azionamenti della testa dell’alieno
3838
DESIGNER
Una pagina didattica di Rambaldi per spiegare i rudimenti dell’animazione per personaggi tipo per una trasmissione televisiva
degli anni ‘80
3939
R’s STORY
st’ultima è richiesta la verosimi-
glianza degli effetti che è la vera
protagonista di tantissimi film.
Poetica e formatività
Si può parlare di poetica di un ef-
fetto speciale? Si può analizzare la
formatività di Rambaldi? Si, certa-
mente, perché alla fine ogni lavoro
progettuale segue un filone com-
positivo ben preciso, anche se si
tratta di effetti speciali. Cambia
l’oggetto progettato e il suo ambito
funzionale ma ciò non lo priva as-
solutamente del suo esser stato
creato secondo un “modo di fare”
unico, originalissimo e capace di
farlo riconoscere subito, univoca-
mente, anche tra un secolo che fu
inventato da Rambaldi. Ovviamen-
te la poetica di un meccatronico
degli effetti speciali coincide ne-
cessariamente con le sue ricerche
tecnologiche e col modo in cui de-
clina, applica e combina i materia-
li con l’elettronica, gli azionamenti
oleodinamici e la meccanica. Così
nei suoi primi effetti puramente
meccanici e di chiara provenienza
teatrale, come il drago Fafner del
1956, si può ricavare la poetica ini-
ziale di Rambaldi tutta improntata
a far rivivere sul grande schermo i
personaggi mitologici e fantastici
della letteratura classica. La sua
produzione degli anni Settanta
risente, in alcuni lavori, dell’in-
flusso splatter dei nuovi filoni ci-
nematografici pop dell’epoca, il
poliziesco e il thriller, e così i set
si tingono di tanto sangue, come
con la drammatica decapitazione
dell’assassina in Profondo Rosso
di Dario Argento del 1975. La poeti-
ca di Carlo in quel periodo conosce
anche e soprattutto il grande amo-
re per la fantascienza e tocca l’api-
ce della robotica applicata in Alien
ed E.T, in cui il connubio automa-
zione/figura modellata vivifica la
macchina conferendogli un’identi-
tà reale, tangibile a tal punto da
spaventare, intenerire o addirittu-
ra commuovere lo spettatore. Se il
Cinema è un’arte complessa, per-
ché a sua volta formata da tante
arti, gli effetti speciali sono tra
queste la migliore manifestazione
artistica dei nostri sogni e dei no-
stri incubi migliori. Una magia
assoluta che solo la pellicola rie-
sce ad immortalare e documentare
sapientemente. Non meno dell’ar-
chitettura, dell’ingegneria, dell’in-
terior design anche qui, negli spe-
cial effects, è un discorso di textu-
re, di materiali da applicare, di
nuove tecnologie da conoscere;
solo chi comprende profondamen-
te tutto ciò riesce alla fine ad orga-
nizzare e ottenere composizioni
destinate a diventare paroles, pa-
radigmi di quella specifica disci-
plina. Non a caso scriverà lo stori-
co del cinema Paolo Marocco nella
voce dedicata a Rambaldi nell’En-
ciclopedia del Cinema (2004) della
Treccani: “Nonostante la meta-
morfosi tecnologica, le opere di R.
hanno impresso un particolare
paradigma stilistico alla fanta-
scienza dell'ultimo ventennio, di-
mostrando il debito della modella-
zione numerica nei confronti della
scultura tradizionale.”.
Scena splatter di Profondo rosso: la decapitazione del robot creato da Rambaldi con le fattezze
dell’assassina
4040
DESIGNER
Rambaldi e vari disegni di E.T.; in basso uno dei vermi giganti di Dune
4141
R’s STORY
Sintesi biografica
Carlo Rambaldi nasce il 15 settem-
bre del 1925 da Valentino, il mi-
glior meccanico del paese, e Maria
Taionini, la bellissima figlia dell’u-
nico sarto di Vigarano Mainarda
(Ferrara). Tutto cominciò nel 1935
quando Carlo, ancora adolescente,
assiste alla proiezione di King
Kong di Merian C. Cooper ed Er-
nest B. Schoedsack, e decide, in
cuor suo, che si sarebbe occupato
di animazione di personaggi cine-
matografici. Dopo il diploma di
geometra si laurea all'Accademia
di Belle Arti di Bologna nel 1951;
ama Picasso e il cubismo e le sue
opere pittoriche riflettono questa
passione in uno stile molto pulito
e personale e che viene ricono-
sciuto anche attraverso vari premi
ricevuti con alcune mostre di pit-
tura ove espone i suoi primi lavori.
All’amore per la pittura Carlo asso-
cia quello del cinema socialmente
impegnato, che racconta il disagio
del proletariato urbano e rurale e
che trova in Antonioni, De Sica,
Germi, Lattuada, Rossellini i mas-
simi cantori del Neorealismo. Non
c’è solo quest’anima artistica a
contendersi il cuore Carlo. Insie-
me ad essa, infatti, ne coabita una
seconda, non meno esigente e vo-
litiva dell’altra: quella di un effi-
ciente, curioso ed appassionato
tecnico con competenze avanzate
di meccanica, elettrotecnica ed
elettronica. Il connubio di queste
due anime spinge Rambaldi ad un
primo approccio in un campo tutto
nuovo per lui e tutto da esplorare:
quello del cinema a cui approda
nel 1955 con un suo documentario
a colori: Pescatori di storioni. In
questo lavoro Rambaldi realizza
dei pesci animati che possono
tranquillamente definirsi delle
vere e proprie sculture semoventi.
E’ il 1958 quando Carlo, appena
trentenne, realizza il suo primo
lavoro su commissione per il cine-
ma: si tratta di una creatura fanta-
stica, il drago Fafner, e di dimen-
sioni ragguardevoli (16 metri di
lunghezza) che il maestro realizza
per il film Sigfrido di G. Gentilomo.
da quel momento la sua carriera
prende il volo: comincia a lavorare
per registi quali Mario Monicelli,
Marco Ferreri, Pier Paolo Pasolini
e Dario Argento. All’inizio degli
anni ’70 era talmente nota la sua
perizia nel realizzare personaggi
animati che quando nel 1971 ven-
ne riaperta l'istruttoria sulle circo-
stanze della morte di Giuseppe
Pinelli, il magistrato inquirente lo
incaricò di costruire un manichi-
no che riproducesse le caratteri-
stiche fisiche del giovane anarchi-
co per effettuare un esperimento
giudiziario finalizzato a ricostrui-
re le modalità di caduta del corpo
dalla finestra della questura di Mi-
lano. A metà degli anni ’70 Carlo si
trasferisce con tutta la famiglia
negli States in quel di Los Angeles
Rambaldi nel suo studio di progettazione e fabbricazione prototipi
4242
DESIGNER
ove rapidamente diventa parte
della grande macchina di produ-
zione cinematografica hollywoo-
diana e perfeziona le sue compe-
tenze in meccatronica. Carlo tocca
l’apice del successo con l’oscar del
1976 con il film di John Guiller-
min, King Kong, per cui Rambaldi
realizza sia il gigantesco gorilla di
13 metri di altezza, l’animazione di
alcune articolazioni nonché le
maschere dell’animale in grado di
esprimere le più comuni emozioni
e indossate da Rick Baker; effetti
che lo rendono famoso a livello
internazionale come gli attori più
quotati. Nel 1977 collabora agli ef-
fetti per le riprese di Incontri rav-
vicinati del terzo tipo di Spielberg
realizzando l’alieno stilizzato ispi-
rato alle sculture di A. Giacometti.
In collaborazione con Hans Ruedi
Giger, autore dei disegni e delle
scenografie di Alien di Ridley
Scott realizza l’orripilante creatu-
ra aliena per cui riceve il secondo
oscar nel 1980. Il suo capolavoro
assoluto è il tenero protagonista di
E.T. l’extra-terrestre del 1982 rea-
lizzato per Steven Spielberg; il
personaggio creato da Rambaldi è
talmente realistico da riuscire a
coinvolgere nella narrazione, com-
muovendo e divertendo, spettatori
di ogni età. Per le riprese erano
stati costruiti tre modelli diversi:
due meccanotronici, dotati rispet-
tivamente di ottantacinque e ses-
santa punti di movimento, ed uno
esclusivamente meccanico, con
quaranta punti animati. In un’in-
tervista sul film rilasciata in quel
periodo Rambaldi afferma che l’i-
spirazione per la creazione della
testa del personaggio di E.T. gli
era venuta osservando la mimica
facciale di un gatto himalayano
mentre per il corpo aveva elabora-
to le indicazioni di massima forni-
tegli da Spielberg. Parlando poi
della scena finale del film, quella
in cui i ragazzi prendono il volo in
sella alle biciclette, Rambaldi ri-
corda che Spielberg si era rifatto
all’ultima scena di “Miracolo a Mi-
lano” di Vittorio De Sica. Questo
lavoro lo condurrà nel 1983 al ter-
zo premio oscar. Di grande impat-
to suggestivo saranno i suoi vermi
giganti di Dune del 1984 di David
Lynch e gli effetti speciali di King
Kong 2 del 1986 ancora diretto da
Guillermin. Con la comparsa sulla
scena, nella seconda metà degli
anni ’80, dell’effettistica digitale e
la conseguente monopolizzazione
del settore da parte di società spe-
cializzate e finanziate dalle grandi
case di produzione per abbattere i
costi e massimizzare la produzio-
ne, Rambaldi si allontana dal
mondo del cinema percependo
che la sua arte era minacciata dai
nuovi effetti digitali che diventa-
vano sempre più versatili e con-
correnziali. I lavori di Rambaldi,
estremamente specializzati, han-
no progressivamente ceduto il po-
sto alla modellazione 3D applicata
ai film in fase di postproduzione,
risultando man mano sempre me-
no competitivi nell'ambito del
nuovo mercato. Negli anni Novan-
ta aveva progettato un grande par-
co espositivo sulla civiltà umana
chiamato Millennium, senza riu-
scire, purtroppo, a reperire i fondi
necessari per costruirlo. Nel 1995
produce il thriller Decoy diretto
dal figlio Vittorio. Nel 1996 fonda a
Terni l'Accademia Europea degli
Effetti Speciali, e si dedica all'in-
segnamento sino al 2000 dopo
aver formato trentadue tecnici del
settore.
Rambaldi disegna nel periodo in cui insegnava nella sua Accademia di Effetti Speciali a Terni
4343
R’s STORY
Titolo Regista Anno
Sigfrido Giacomo Gentilomo 1957
Perseo l'invincibile Alberto De Martino 1963
Terrore nello spazio Mario Bava 1965
Il boia scarlatto Massimo Pupillo 1965
La strega in amore Damiano Damiani 1966
L'Odissea- miniserie TV F. Rossi, P. Schivazappa, M. Bava 1968
Femina ridens Piero Schivazappa 1969
Una lucertola con la pelle di donna Lucio Fulci 1971
Reazione a catena Mario Bava 1971
La notte dei diavoli Giorgio Ferroni 1972
Casa d'appuntamento Ferdinando Merighi 1972
L'arma, l'ora, il movente Francesco Mazzei 1972
Frankenstein '80 Mario Mancini 1972
Estratto dagli archivi segreti della polizia di una capitale europea Riccardo Freda 1972
Il mostro è in tavola... barone Frankenstein P. Morrissey, A. Margheriti 1973
Dracula cerca sangue di vergine... e morì di sete!!! Paul Morrissey 1974
La mano che nutre la morte Sergio Garrone 1974
Le amanti del mostro Sergio Garrone 1974
La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone Pupi Avati 1975
Profondo rosso Dario Argento 1975
King Kong John Guillermin 1976
Incontri ravvicinati del terzo tipo Steven Spielberg 1977
Alien Ridley Scott 1979
La mano Oliver Stone 1981
Possession Andrzej Żuławski 1981
E.T. l'extra-terrestre Steven Spielberg 1982
Conan il distruttore Richard Fleischer 1984
Dune David Lynch 1984
Unico indizio la luna piena Daniel Attias 1985
King Kong 2 John Guillermin 1986
Rage, furia primitiva Vittorio Rambaldi 1988
4444
4545
L
a velocità dello scorrere
del tempo è relativa. Il
tempo con il quale evolve
la tecnologia, non è lo
stesso dell'essere umano. La rete
internet di oggi, è generazioni
avanti rispetto alla sua comparsa
nel 1995. Nella scala umana però,
sono passati appena 20 anni, me-
no di una generazione. Questo si-
gnifica, che ogni X mesi, non è im-
probabile trovarsi di fronte a una
novità. Alcune novità sono rile-
vanti, come l'invenzione di una
nuova tecnologia che pianta al
suolo una pietra miliare; altre, so-
no meno rilevanti.
Quello che mi lascia positivamen-
te sorpreso, ogni volta, è vedere
come la mente umana riesca sem-
pre a inventare del nuovo, dove
poco prima sembrava non ci fosse
più nulla da inventare.. E' pur vero,
che siamo talmente abituati all'e-
voluzione dell'immagine, che dopo
brevissimo tempo, le cose nuove
fino a un mese prima, vanno a
noia; così, per avere 'novità', non è
necessario qualcosa di nuovo, ma
di semplicemente diverso. In que-
sto caso, si tratta del mondo Blog,
dei post, degli articoli. Stoytelling,
raccontare una storia, si sta impo-
nendo come nuova nicchia del
blogging. Google è ovviamente
sempre al passo con le novità del-
la rete, e infatti, da poche settima-
ne ha introdotto la funzione
'Storie' per gli album fotografici.
Se carichiamo una serie di foto-
grafie, che contengano i dati di
scatto (e quindi, ad esempio, an-
che la data dello stesso), Google
sceglierà le migliori, e le disporrà
in una sequenza cronologica,
creando una timeline, lungo la
quale dispone i vari scatti. L'effet-
to grafico ed estetico è piacevole.
Tuttavia, è una versione molto
semplice di questo nuovo stile: lo
Storytelling.
Premetto che, non a qualsiasi ar-
gomento di post, si può applicare
questa veste grafica. Se l'argomen-
to è: come bloccare un IP
in .htaccess, difficilmente si potrà
ricamarci sopra un romanzo. Men-
tre, se si racconta ad esempio un
episodio di cronaca, di vita, o an-
che della realizzazione di un'opera
(grande costruzione di un ponte o
un grattacielo), beh, allora vale la
pena considerare lo...
STORYTELLING
Si tratta di snodare lungo il post,
tutte le risorse possibili: testo, tito-
li, immagini, audio, video, docu-
menti; sfruttando funzioni di grafi-
ca quali il parallasse, o altro, il cui
FARE BLOGGING
di Antonio Martini
Lo stile Storytelling
4646
limite è rappresentato solo dalla
fantasia e dalla creatività. L'inizio
del post sarà il momento zero, con
la premessa. Lo scorrere del post
corrisponde alla timeline; lungo la
quale, si andranno a disporre i vari
elementi documentali: testo, im-
magini, video, eccetera. Leggere
una storia, non è come leggere un
Post nel senso tradizionale. Il con-
tenuto è un pò romanzato. Ma so-
prattutto, coinvolge. Ma non solo...
Se il post-story è ben costruito,
graficamente parlando, esso avrà
la capacità di portare il lettore in
una dimensione surreale; un altro
tempo, un altro spazio. Mi rendo
conto che questa semplice descri-
zione può lasciare scettici: "mah,
le solite parole, ma poi chissà cosa
c'è di realmente concreto". Quindi,
credo che la cosa migliore, sia
quella di vedere almeno un paio di
Post realizzati con questa tecnica,
per rendersi conto che persino il
termine 'post', possa sembrare ob-
soleto:
La bufera di neve - The New York
Times
http://www.nytimes.com/
projects/2012/snow-fall/#/?
part=tunnel-creek
Appuntamento con la morte: l'uc-
cisione di Kennedy - National Geo-
graphics
http://kennedyandoswald.com/#!/
premiere-screen
Cos'è il codice? - Bloomberg
http://www.bloomberg.com/
graphics/2015-paul-ford-what-is-
code/
Glitter in The Dark
http://pitchfork.com/features/
cover-story/reader/bat-for-lashes/
WORDPRESS
Abbiate pazienza, ma io amo
WordPress, e non mi curo di altri
CMS, quindi posso suggerire un
plugin solo per esso:
Aesop - story engine for wordpress
http://aesopstoryengine.com/
Oppure, cercate 'Aesop' nella
schermata 'aggiungi nuovo plu-
gin'.
Questo plugin ci aiuta a creare uno
Storytelling, inserendo i vari ele-
menti, ma soprattutto quello che
più difficilmente potremmo creare
senza un ausilio: la timeline, con i
punti di aggancio link temporale.
Buona scrittura.
Codice, è poesia.
FARE BLOGGING
4747
GIRARDIFILIPPO.IT
4848
INTER
Filippo Girardi
C
iao Filippo presentati ai
nostri lettori.
Salve a tutti! Mi chiamo
Filippo Girardi ho 41 an-
ni sono sposato e ho una bellissi-
ma bambina di 9 anni di nome
Giulia. Vivo nella zona più bella
del veronese: la Valpolicella, paese
d'arte e di vino. Lavoro come scul-
tore nell'ambito del marmo e mi
diletto come modellatore 3D , da
qualche anno ho coniugato queste
due arti, "classico e moderno". Mi
diverto in mountain bike e visto
che il lago di Garda dista pochi
chilometri, quando ho del tempo
libero mi diverto con la pesca su-
bacquea. La mia vera passione re-
sta il disegno e modellare argilla e
plastilina, lo trovo un ottimo alle-
namento sia manuale che menta-
le.
I tuoi lavori mostrano un talento
estremo per la grafica e la model-
lazione 3D... Quando hai comincia-
to ad armeggiare con matite e co-
lori? In famiglia ci sono altri talen-
ti artistici?
Ho ereditato da mio padre Gilberto
e da mio zio, Cav. Cinetto Giusep-
pe, la passione per l'arte. Fin da
piccolo utilizzavo materiale di ri-
ciclo (stucco per vetri) per model-
lare e mi divertivo a disegnare vi-
gnette e caricature.
Hai cominciato presto a lavorare
come scultore?
Avevo circa vent'anni quando per
la prima volta presi in mano mar-
tello e scalpello formandomi nelle
vecchie botteghe di sculture nel
paese di Sant' Ambrogio di Valpo-
licella, lavorando a fianco di artisti
del settore.
Quando hai cominciato a lavorare
con i PC? Quale era il tuo primo
Sistema Operativo?
Ho cominciato ad usare il PC per
curiosità utilizzando programmi
CAD per il disegno tecnico con
sistema operativo Windows e da
allora non mi sono più fermato.
Quali sono i tuoi software del cuo-
re?
Di software ne ho provati molti,
ancora adesso ne sono attratto
anche solo per curiosità, ma riten-
go che Cinema 4D e ZBRUSH ab-
biano soddisfatto le mie esigenze.
Un noto filosofo degli anni ‘50 del secolo scorso, Luigi Pareyson, utilizzerebbe sicuramente i lavori di Filippo come
esempi concreti della sua teoria estetica sulla formatività, a me tanto cara! La formatività di Filippo traspare già
dalla modalità di presentazione dei suoi modelli virtuali che appaiono quasi come ecografie di opere d’arte in ge-
stazione, in cui l’oggetto rappresentato non ha bisogno del colore per spiegare se stesso e la sua realtà espressi-
va: sarà il marmo, in quanto tessuto naturale, con le sue venature e le sue trame, ad esprimere unicità e carattere
dell’opera e questo nonostante la tecnica con cui essa è stata determinata appartenga a consolidati processi di
produzione seriale. Indubbiamente un plauso va, ancora una volta, alla piattaforma Social di Google che è stata
capace in quest pochi anni di vita di portare sul desktop dell’italiano medio arte, scienza e cultura, di mettere in
luce questi nuovi talenti, le nuove arti e professioni del millennio appena cominciato.
di Salvio Giglio
4949
RVISTA
5050
INTER
5151
RVISTA
5252
Per lavorare con macchine CNC
vuol dire che hai anche delle cono-
scenze di base di automazione e
robotica, sei un autodidatta o hai
seguito qualche corso particolare?
Direi proprio che sono un autodi-
datta. Ho cominciato a usare frese
a ponte CNC a tre assi, fin dall'ini-
zio del mio percorso, guardando e
domandando a personale più
esperto, sperimentavo durante le
ore di pausa e la voglia di impara-
re era molta. Ancora oggi esperi-
mento e scopro nuove tecniche di
finitura per il marmo.
Che tipo di macchine impieghi per
la tua attività?
Le prime macchine erano dei sem-
plici pantografi, poi con delle frese
a ponte semi automatiche. Ora col-
laboro con un'azienda che utilizza
frese a ponte, CNC con 5 assi inter-
polati, però per adesso mi focaliz-
zo solo nella modellazione 3D as-
sociata alla scultura tradizionale e
di design.
Vivi nella città di Giulietta e Ro-
meo in una Regione ricchissima di
opere d'arte che da sole riempireb-
bero un'enciclopedia, un luogo
ideale per un artista tutto tondo
come te... Oltre Verona quale altra
città veneta senti tua?
Da alcuni anni trascorro assieme
alla mia famiglia un periodo estivo
a Chioggia. Ho scoperto una locali-
tà piena di fascino che non ha nul-
la da invidiare a Venezia.
E' opinione diffusa che la Compu-
ter Grafica tende a snaturare l'uni-
cità della produzione artistica ren-
dendola seriale... Quanto c'è di ve-
ro in quest'affermazione?
La produzione seriale non deve
distogliere l'attenzione dal valore
profondo di un'opera, ogni pezzo
riprodotto è un altro originale del
tutto uguale ed indistinguibile
senza perdere nessun valore si-
gnificativo. Che sia una, cento o
mille, l'importante che l'opera o
l'idea sia la creazione di un singo-
lo individuo nata da un suo reale e
genuino bisogno di lasciare un
segno.
Il tour italiano artistico "ideale"
che suggeriresti ad un amico stra-
niero per la prima volta in Italia.
Cominciando da Verona non deve
mancare la romantica Venezia,
tappa d'obbligo la galleria degli
Uffizi senza dimenticare la bellis-
sima Napoli, insomma avrei altri
centinaia di luoghi da suggerire,
non per nulla l'Italia è uno dei Pae-
si più belli del mondo.
Il tuo amore per l'arte ti ha spinto
a viaggiare per "toccare con mano"
certe opere? Cosa hai visitato e
quale viaggio ricordi con più pia-
cere?
Il mio lavoro mi ha portato più vol-
te a visitare la città di Carrara e
Pietrasanta, luoghi obbligatori da
frequentare per chi svolge la mia
stessa professione, colma di opere
ed artisti da tutto il mondo. L'ulti-
mo viaggio nella cittadina di Pie-
trasanta l'ho trascorso con amici e
ricordo il buon cibo, il vino e, ov-
viamente, le visite alle botteghe
d'arte.
Si possono mettere in relazione
produzione artistica tradizionale e
nuovi media? Secondo te quanto la
rete ha contribuito ad avvicinare
la gente all'arte in questi ultimi
anni?
I media sono sicuramente un ca-
nale utile e necessario per la di-
vulgazione di informazioni ed im-
magini di opere al grande pubbli-
co , ma per capirne la reale unicità
devono essere viste e toccate in
prima persona. Sicuramente la
presenza di notizie e immagini sul
Web relative alle opere d'arte sono
un aiuto e uno stimolo per artisti e
appassionati del settore, sia digi-
tale che tradizionale e in questi
ultimi anni ho visto un aumento di
forum e blog dove le persone si
possono scambiare informazioni e
curiosità.
Il nostro Paese ha il 70% del patri-
monio artistico mondiale... di cui
buona parte sta nei sotterranei dei
musei. L'industria del turismo cul-
turale produce 10 miliardi di euro
all'anno, un terzo del PIL. Se fossi
tu a decidere cosa faresti per po-
tenziare questa preziosa risorsa
economica?
Visto che molte delle opere sono
stipate nei sotterranei e i costi per
la manutenzione sono elevati, po-
trebbe essere un'opportunità po-
terle dare in "affitto" anche a pri-
vati ed a Istituti scolastici italiani
e stranieri.
Mentre lavori ascolti musica? Hai
qualche genere preferito?
Durante il lavoro accendo la radio,
ma sono immerso in quello che sto
facendo che a volte non mi rendo
conto di ciò che viene trasmesso.
Il genere che comunque preferisco
è quello degli anni '80.
Quali sono i tuoi progetti per il fu-
turo?
Vorrei poter sviluppare delle mie
opere, idee messe nel cassetto da
molti anni. In futuro mi piacerebbe
realizzare una mostra delle mie
opere, naturalmente voi di CADZI-
NE sarete i primi ad essere invita-
ti!
Perchè hai scelto G+ come Social?
Cosa ti piace particolarmente di
esso e cosa lo differenzia dagli al-
tri?
L'ho scoperto grazie ad un amico.
Lo trovo molto divertente e credo
che sia un luogo dove trovare ispi-
razione e persone professional-
mente competenti.
INTERVISTA
5353
5454
MUS
L
a Jota è una danza folclo-
ristica originaria dell’Ara-
gona e diffusa, in numero-
se varianti regionali, in
tutta la penisola iberica; è in ritmo
ternario, gradatamente accelerato,
con le coppie di ballerini disposte
frontalmente. Presenta alcune
analogie con le tarantelle del Sud
Italia e con la tammurriata napole-
tana, che utilizza le castagnette,
strumento simile alle nacchere
(castañuelas). Non soltanto viene
eseguita da danzatori professioni-
sti nei teatri, o all'aperto in occa-
sione di festività, ma anche dalla
gente comune, costituendo un mo-
mento di svago e di condivisione
con altri che nutrono la stessa
passione.
I passi della jota sono simili al val-
zer ma intervallati da salti, ed è
proprio questa caratteristica a da-
re il nome alla danza.
Infatti, molto probabilmente, il ter-
mine jota deriva dall’antico termi-
ne valenciano xota, derivato a sua
volta dal mozarabico šáwta (salto),
diventando poi jota nel passaggio
al dialetto castigliano.
La jota danzata è molto antica: le
sue origini risalgono al tempo de-
gli Iberi, quando con il ballo si pra-
ticava come omaggio alle divinità.
Intorno al IV secolo, le danze sacre
vengono introdotte anche nel cul-
to cristiano e vi permangono a
lungo arricchendo le cerimonie e i
riti della Chiesa; col tempo, però,
questi balli diventano l'espressio-
ne della materialità umana e, dopo
essere stati rifiutati dagli ordini
ecclesiastici, nell'anno 774 vengo-
no definitivamente proibiti da Pa-
pa Zaccaria.
Il popolo, che ormai si è appropria-
to di queste danze sacre, le riutiliz-
za adattandole agli usi e ai costu-
mi locali; la jota, diventata così
danza popolare, assume ovvie con-
notazioni amorose: il corteggia-
mento e la conquista sono ricon-
ducibili alla galanteria manifesta-
ta dal ballerino; la sfida e il duello
sono rappresentati dalle ginoc-
chiate e dalle pedate tipiche della
danza. Da notare che, anticamente,
a Valencia e in Cataluña, la jota si
ballava anche durante la cerimo-
nia delle sepolture.
La prima jota cantata è identificata
nel villancico, datato 1666, “De
esplendor se doran los aires”,
scritto da Rúiz de Samaniego,
maestro di cappella del Pilar.
Nell'Ottocento, la jota conosce il
suo periodo di maggior splendore:
la sua eleganza, la difficile esecu-
zione dei suoi passi, il canto parti-
colare che l'accompagna, contri-
buiscono alla sua evoluzione come
spettacolo teatrale, anche inserita
in zarzuelas (zarzuela: tipica ope-
retta spagnola, seria o giocosa, che
unisce musica, prosa e danza).
La jota si canta e si balla con l'ac-
compagnamento di castañuelas,
chitarre, mandolini, liuti, tamburi,
flauti, cornamuse; nelle rappresen-
di Nicola Amalfitano
La Jota Spagnola...
(quella Triestina è ben altro)
Spartito de “Rhapsodie Espagnol” di F. Liszt
5555
SICA
Ballerini aragonesi impegnati in una Jota
5656
MUSICA
tazioni sceniche gli interpreti in-
dossano di solito i propri costumi
regionali; tuttavia ciò non avviene
quando la jota è praticata come
svago o come ballo sociale.
Ogni regione della Spagna ha la
propria jota: le più conosciute e
popolari sono la jota dell’Aragona,
quella della Mancha, quella di Ca-
stiglia e Leon, della Navarra e della
Rioja, la montañesa della Canta-
bria, quella delle Asturias, della
Galizia, dell'Estremadura, dell'Alta
Andalusia e della Murcia. Differi-
scono tra loro per alcuni particola-
ri, quali ad esempio il modo di di-
sporre le mani durante la danza, i
colori dell'abbigliamento, le tema-
tiche oggetto del canto. Nella jota
montañesa, particolarmente ele-
gante e signorile, le donne danza-
no con gli occhi bassi, fissi ai piedi
del ballerino.
Nel periodo di maggior splendore,
la jota, uscita dai confini spagnoli,
diventa con Liszt musica per pia-
noforte e, con Glinka, Balakirev e
Saint-Saëns, musica per orchestra;
il francese Raoul Laparra ne rea-
lizza addirittura un'opera lirica.
Nell’immagine in alto a sinistra, tratta dal video YouTube:
https://www.youtube.com/watch?v=DHUfTkqRjgg
due giovanissimi danzatori interpretano la Jota Aragonese durante le semifinali di un concorso nazionale
svoltosi il 9 novembre 2014 nella città spagnola di Tarazona.
Nell’immagine in basso a destra tratta dal video YouTube:
https://www.youtube.com/watch?v=C8P7lFoYwf4
la Compagnia di balletto Igor Moiseyev si esibisce sulla musica di Michail Glinka (Mosca, 10 febbraio 2007)
5757
5858
NEW HARDW
N
el periodo che separa le
due guerre mondiali lo
sviluppo tecnologico
legato al controllo ra-
diocomandato di velivoli e natanti
subisce un notevole sviluppo gra-
zie anche alle recenti scoperte di
Hermann Anschütz-Kaempfe e di
Ambrose e Lawrence Sperry sulla
stabilizzazione e sulla rotta con i
loro dispositivi giroscopici. Tre
Paesi occidentali, Germania, In-
ghilterra e Stati Uniti, erano parti-
colarmente interessati ed impe-
gnati nel far progredire queste
nuove tecnologie senza presenza
di equipaggio a bordo che posse-
dessero un’elevata precisione nel
centrare l’obiettivo e, possibilmen-
te dal costo contenuto finalizzate
alle applicazioni su veicoli militari
aerei e marini.
Germania
Per quanto orrore possa ancora
oggi suscitare il termine Terzo
Reich, rievocando tutto il lucido
delirio di Hitler e della sua turpe
compagine, bisogna riconoscere
un’elevata valenza tecnica agli
scienziati che servirono il regime
nazista in quegli anni. Specificata-
mente nel campo dei droni, impie-
gati come armi micidiali, e del volo
unmanned troviamo diversi filoni
di ricerca per risolvere le principa-
li problematiche tecniche dell’epo-
ca come, il perfezionamento dei
sistemi di radiocomando, per diri-
gere sempre con maggior precisio-
ne gli ordigni sui target; i sistemi
di propulsione per ottenere armi a
lungo raggio. Durante la fase docu-
mentale di questo articolo mi sono
reso conto che sarebbe stato quasi
impossibile riassumere in questa
sede, anche con molti articoli, tut-
to il lavoro svolto dall’esercito te-
desco nel campo degli armamenti
speciali che più si avvicinavano
agli UAV. A questo si aggiunga che
non amo assolutamente le armi, di
qualunque tipo esse siano, in
quanto restano sempre atroci stru-
menti di morte e distruzione e rap-
presentano il modo peggiore per
impegnare l’ingegno umano… Ho
deciso quindi di limitarmi ad iso-
lare due casi specifici che da soli
aiutano il lettore ad intuire quale
sia potuto essere l’apporto tedesco
per queste nuove tecnologie ri-
mandandolo per eventuali appro-
fondimenti ai numerosissimi siti
presenti sul WEB.
Il radiocomando Kehl-Straßburg
Lo sviluppo del sistema di radio
controllo di ordigni chiamato Kehl
-Straßburg incentivò la produzio-
ne di nuovi ordigni aerei semi-
automatizzati realizzate dalla Luf-
twaffe nell'ultima parte della se-
III puntata
di Salvio Giglio
Marylin, Reagan, gli UAV e la seconda
guerra mondiale
La Storia è capace di creare combinazioni affascinanti anche in momenti particolarmente drammatici comeLa Storia è capace di creare combinazioni affascinanti anche in momenti particolarmente drammatici come
lo scoppio di una guerra mondiale… Accadde a Marylin Monroe, una bella ragazzona americana intenta nello scoppio di una guerra mondiale… Accadde a Marylin Monroe, una bella ragazzona americana intenta nel
suo lavoro da operaia assemblatrice del drone/target OQ 2A, impiegata come modella di fortuna per unsuo lavoro da operaia assemblatrice del drone/target OQ 2A, impiegata come modella di fortuna per un
servizio fotografico propagandistico affidato ad un giovanissimo capitano dell’US Army, Ronald Reagan...servizio fotografico propagandistico affidato ad un giovanissimo capitano dell’US Army, Ronald Reagan...
5959
WARE FOR CAD
CADZINE n° 7, luglio 2015, ANNO III
CADZINE n° 7, luglio 2015, ANNO III
CADZINE n° 7, luglio 2015, ANNO III
CADZINE n° 7, luglio 2015, ANNO III
CADZINE n° 7, luglio 2015, ANNO III
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  • 1. 11 Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google PlusIl magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus DAL 2014 DAL 2014 LUGLIO/AGOSTO 2015 Anno II Numero 7 edizione gratuita /11 Arduino Presentiamo la pagina Schema ove possiamo elaborare circuiti utilizzando i simboli standard e rielaborarli in quella Breadboard. /16 Le Norme Tecniche Come nascono le Norme Tecniche? Breve viaggio nell’iter procedurale per arrivare alla formulazione di uno dei sussidi più validi per ogni tipo di progettazione. /31 Cinema Continua la saga del cult movie sul cyborg più famoso della storia del cinema. Effetti speciali ancora più avveniristici e un sintoattore molto particolare...
  • 2. 22 La Comm. per progettisti, disegnatori tecnici ed appassionati La prima Community italiana, della piattaforma Google Plus sul CAD e le sue applicazioni, per data di fondazione e numero di iscritti  BIM  CAD  CAD MEP  FEM  Linguaggi CAD  Modellatori 3D  Modellatori organici  Post produzione  Prog. edile  Altro software  Progettazione  Portfolios  A.N.T. Automotive  Stampa 3D  Concorsi  Curiosità
  • 3. 33 ABITIAMO LA TECNICA IRRIMEDIA- BILMENTE E SENZA SCELTA. QUESTO È IL NOSTRO DESTINO DI OCCIDENTALI AVANZATI, E COLORO CHE, PUR ABITANDOLO, PENSANO ANCORA DI RINTRACCIARE UN’ES- SENZA DELL’UOMO AL DI LÀ DEL CONDIZIONAMENTO TECNICO, CO- ME CAPITA DI SENTIRE, SONO SEM- PLICEMENTE DEGLI INCONSAPEVO- LI. UMBERTO GALIMBERTI, PSICHE E TECHNE, 1999 Da: www.aforismario.it LA METTO IN CORNICE
  • 4. 44 Diario di bordo HOME Direttore responsabile: Salvio Giglio Redazione: Nicola Amalfitano, Antonello Buccella, Nunzia Nullo, Antonio Martini Segretaria di redazione: Nunzia Nullo Redazione bozze: Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo Questo numero è con ogni probabilità l’ultimo per que- st’annata di pubblicazione, dal momento che il progetto CADZINE necessità assoluta- mente di manutenzione! Questa prima fase, infatti, è stata meramente sperimen- tale ed è servita a rintrac- ciare uno standard editoriale ben preciso per dare a CAD- ZINE una sua precisa identi- tà grafica. Oltre a questo è necessario approntare un sito specifico per il progetto in cui, eventuali visitatori e potenziali collaboratori, sia possibile rintracciare velo- cemente tutte quelle infor- mazioni utili a comprendere le finalità e le modalità ope- rative del progetto stesso. Chi ci segue sa bene che dietro CADZINE ci sono solo un gruppo di amici appas- sionati di tecnologia che riescono a tenersi in contat- to solo grazie al prezioso ed indispensabile supporto in- formatico offerto gratuita- mente da Google attraverso il suo Social, G+. Appena chiusa questa edizione par- tiranno i lavori di cura edito- riale, catalogazione e resty- ling di tutti i numeri sinora pubblicati. Il lavoro da svol- gere è tantissimo e richiede- rà almeno 3, 4 mesi di tempo per essere svolto nel modo migliore possibile. Che altro aggiungere se non un “Arrivederci a presto”? Fate il tifo per noi :) grafico [grà·fi·co] aggettivo e sostantivo maschile Tecnico specializzato in u rubrichePAG. 07 NEWS PAG. 09 EDITORIALE di Salvio Giglio “Mezzogiorno, sempre più in basso” PAG. 11 ARDUINO di Salvio Giglio “La pagina SCHEMA di Fritzing”, V PUNTATA PAG. 24 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGET- TAZIONE di Salvio Giglio “Le Norme Tecniche”, V PUNTATA PAG. 31 CINEMA E ANIMAZIONE di Nunzia Nullo “TERMINATOR Genisys” PAG. 34 DESIGNER’S STORY di Salvio Giglio “Carlo Rambaldi” PAG. 45 FARE BLOGGING di Antonio Marti- ni “Lo stile Storytelling” PAG. 48 INTERVISTA di Salvio Giglio “Filippo Girardi” PAG. 54 MUSICA di Nicola Amalfitano “La Jota Spagnola… (quella Triestina è ben altro)” PAG. 58 NEW HARDWARE FOR CAD di Sal- vio Giglio “Marylin, Reagan, gli UAV e la seconda guerra mondiale”, III PUNTATA corsi & tutorialPAG. 67 CORSO DI ORIENTAMENTO ALLA BIM di Salvio Giglio “Tipologie contrattuali BIM”, XII PUNTATA PAG. 70 CORSO DI BASE PER SKETCHUP di Salvio Giglio “Il menù TELECAMERA”, XIV PUNTATA PAG. 72 MOD CHUP di Anto “Usare la Sab eventuali & vaPAG. 76 UMORISMO PAG. 77 GIOCHI
  • 5. 55 E PAGE Cos’è CADZINE è una rivista gratuita nata in seno alla Community di “AutoCAD, Rhino & Sket- chUp designer” per informare & formare disegnatori tecnici e appassionati sul CAD ed i suoi “derivati”. La pubblicità Le inserzioni pubblicitarie pre- senti sono gratuite e sono create e pubblicate a discrezione della redazione. Per contattarci Vuoi segnalarci un argomento? Vuoi suggerirci delle modifiche? Vuoi segnalarci degli errori? Vuoi pubblicare un tuo articolo? Scrivi una mail a: redazionecadzine@gmail.com Vuoi saperne di più su questo progetto? CADZINE è solo uno dei progetti crossmediali in corso legati alla nostra Community… Visita il nostro sito cadzine.jimdo.com e, se ti garba, collabora con noi mettendo a disposizione di tutti e gratuitamente le tue cono- scenze. Sarai il benvenuto! Impaginazione, pubblicità e progetto grafico: Salvio Giglio Editore: Calamèo (Hachette) E’ consentita la riproduzione di testi, foto e grafici citando la fonte e inviandoci la copia. La pubblicazione è CopyLeft & Open Access ;-) Pensandoci bene Lo Stato è un organismo unico che non dovrebbe distinguere tra nord e sud, est ed ovest, tra bianco e nero. Se non si riesce a ripristinare un equilibrio economico, culturale e sociale tra tutte le componenti del Paese si rischia di vanificare quanto è stato faticosamente racimolato dai nostri nonni. Il mondo con- temporaneo è un sistema troppo complesso per ammettere smagliature sociali, arretratezze economiche e tanti altri guai che affliggono cronicamente il nostro Paese. uno dei vari campi dell'arte grafica lsDELLARE I TERRENI CON SKET- onello Buccella bbiera”, II ED ULTIMA PARTE arie
  • 6. 66
  • 7. 77 NEWS gli ultimi post prima di andare in stampa State guardando un film e non ricor- date il nome di un attore? Ci pensa Google: con una semplice ricerca, Big G. vi svelerà il nome che non ricordate. Dovete recarvi al ristoran- te ma non ricordate l’indirizzo? Ci pensa Google: digitando il nome del ristorante seguito dalla città, Big G. vi darà tutte le risposte che cercate. Molto utile, certo. Ma che effetti a lungo termine potrà mai avere que- sta facilità con cui reperiamo le informazioni sul nostro cervello? Ebbene, a quanto pare, “grazie” all’u- so di Google e degli smartphone, il nostro cervello sta diventando sem- pre più pigro. Le informazioni sono tutte a portata “di click”, la nostra mente deve sforzarsi molto poco a ricordare e, con il passare del tempo, si sta impigrendo. Gli scienziati lo chiamano “effetto Google”, proprio come il famoso motore di ricerca che, ogni giorno, aiuta miliardi di persone in tutto il mondo a reperire le più svariate informazioni. Uno studio recente effettuato da Kaspersky Lab è giunto ad una conclusione ben precisa e, per certi versi, allarmante. Il nostro cervello è bombardato di informazioni. Grazie a Google possiamo conoscere, all’i- stante, la risposta ai nostri dubbi. Secondo gli scienziati, il nostro cervello memorizza temporanea- mente quell’informazione di cui avevamo bisogno ma poi quei “dati” vengono subito rimpiazzati da altre informazioni. Lo studio svolto dal- la Kaspersky Lab paragona il nostro cervello ad una sorta di disco mne- monico temporaneo, una chiavetta usb i cui dati vengono cancellati senza troppa fatica per fare spazio ad altri. E i dati sono chiari: circa il 90% di chi possiede tablet, pc e smartphone, soffre di amnesia digi- tale, il 70% non conosce più a memo- ria il proprio numero di cellulare e il 49% non ricorda nemmeno il nume- ro della moglie o del marito. A que- sto punto, allora, la domanda nasce spontanea: la tecnologia ci aiuta davvero nella vita di tutti i giorni oppure può rivelarsi dannosa per il nostro cervello? Un giorno le mac- chine rimpiazzeranno davvero l’es- sere umano? Solo il futuro ci darà le risposte che cerchiamo. (Da UNF Ultime Notizie Flash del 17 luglio 2015) A.B. Quello dei rifiuti in plastica è un problema serio: senza scomodare la famosa isola di plastica del Pacifi- co la questione del corretto riciclo di tale materiale spinge a elaborare molte soluzioni. Per esempio, c'è chi pensa di adoperare le bottiglie usate per costruire scuole e chi invece, nei Paesi Bassi, vuole utiliz- zare la plastica per sostituire l'a- sfalto. Su questa idea è nato il pro- getto Plastic Road, sostenuto dall'a- zienda di costruzioni VolkerWes- sels: lo scopo è inaugurare l'era della pavimentazione in plastica riciclata delle strade. Il progetto ha attirato l'attenzione della città di Rotterdam, che ha messo a disposi- zione della VolkerWessels una zona per avviare una fase pilota: nei prossimi tre anni verrà realizzata una pista ciclabile con materiale ricavato da rifiuti plastici. La costruzione procederà in questo modo: le varie sezioni verranno prodotte in fabbrica, dove verranno anche previsti gli alloggiamenti per i servizi (sensori per il traffico, spazi per far passare cavi della luce e tubi e via di seguito) e poi assem- blate sul posto. L'idea è che alla fine del loro ciclo di vita i vari seg- menti della strada possano essere ulteriormente riciclati per realizza- re una nuova pavimentazione. Secondo la compagnia questa solu- zione offre diversi vantaggi, tra i quali la capacità di sopportare temperatura fino a -40 gradi sotto zero e fino a 80 gradi: VolkerWes- sels prevede che una strada realiz- zata con PlasticRoad duri fino a tre volte di più rispetto a una asfaltata, e possa "vivere" fino a 50 anni. Da http://www.zeusnews.it/ 30 luglio 2015 N.A. Quasi terminati i lavori di ricostru- zione di una villa dall'atmosfera magica: La Silvestrella, in zona Don Bosco, a ridosso delle mura medie- vali... tornerà abitabile entro fine estate. Un'abitazione dall'aspetto assolutamente peculiare, costruita agli inizi del secolo scorso (1915 circa) per volere della famiglia Palitti, raro esempio di mix tra stile Liberty e Neogotico, per certi versi simile alla vicina Villa Masci su viale Duca degli Abruzzi, anch'essa già ricostruita. I danni del terremo- to sono stati importanti, una delle due torrette si era inclinata, ma fortunatamente non ci sono stati crolli. Impegnativo il lavoro dedica- to al restauro. Ogni stanza si distin- gue per un particolare, dalle pareti al soffitto. I lavori di ristrutturazio- ne hanno restituito decori di note- vole pregio. "Il restauro ha riportato alla luce i veri colori della Silve- strella che con il tempo si erano spenti". La "Silvestrella" aquilana, resta uno dei rari esempi di archi- tettura eclettica e fantastica giunta ai giorni nostri senza manomissio- ni. Articolo di G. Baiocchetti e F. Mar- chi estratto da "IlCapoluogo", L'A- quila, mercoledì 22 luglio 2015 A.B. Convivere con un arto amputato e l’eventuale protesi può essere molto difficile, soprattutto se a dover sopportare questo peso è un bambino. Ma visto che il Lego è una di quelle cose in grado di mi- gliorare tutto ciò che tocca, Carlos Arturo Torres Tovar, ricercatore della Umeå University, Svezia, ha pensato bene di unire la tecnologia di un braccio prostetico con i mat- toncini più famosi del mondo, dando la possibilità ai bambini di giocare con la fantasia e creare l’appendice che preferiscono. Il braccio funziona come molti altri modelli similari, ma è dotato di un aggancio modulare molto semplice da utilizzare, anche per un bambi- no, che può sostituire una pinza standard a quattro dita con una versione interamente costruita in Lego. Il concetto di fondo dell’in- venzione di Carlos sta nel dare al bambino una sensazione di con- trollo e di potere s ciò che gli è successo, permettendogli giocare con la protesi, trasformandola di fatto in un giocattolo, sdrammatiz- zando nel contempo la situazione. Da WIRED 16 luglio 2015 G.S. Strade senza asfalto ma di plastica La pigrizia mentale e l’ef- fetto Google In Finlandia la pro- tesi per bambini è fatta con i LEGO... L'Aquila, rinasce angolo fiabesco de La Silvestrella
  • 8. 88
  • 9. 99 EDITORIALE C on sconforto leggo, e ri- porto, le anticipazioni del Rapporto SVIMEZ sull’e- conomia del Mezzogior- no nel 2015 presentate lo scorso 30 luglio a Roma: “Un Paese diviso e diseguale, dove il Sud scivola sem- pre più nell’arretramento: nel 2014 per il settimo anno consecutivo il Pil del Mezzogiorno è ancora ne- gativo (-1,3%); il divario di Pil pro capite è tornato ai livelli di 15 anni fa; negli anni di crisi 2008-2014 i consumi delle famiglie meridiona- li sono crollati quasi del 13% e gli investimenti nell’industria in sen- so stretto addirittura del 59%; nel 2014 quasi il 62% dei meridionali guadagna meno di 12mila euro an- nui, contro il 28,5% del Centro- Nord.”. E c’è di più: “Il tasso di fe- condità al Sud è arrivato a 1,31 figli per donna, ben distanti dai 2,1 ne- cessari a garantire la stabilità de- mografica, e inferiore comunque all’1,43 del Centro-Nord. Nel 2014 al Sud si sono registrate solo 174mila nascite, il valore più basso dall’U- nità d’Italia; nel 1862 i nati furono 391mila, 217mila in più di oggi.”. Questa è la fotografia di una popo- lazione che sta rinunciando lette- ralmente a vivere e che non ha più speranze nel futuro. Sono stati versati fiumi d’inchiostro sulla Questione Meridionale, a partire dall’Unità d’Italia, senza contare quelli di denaro che sono stati inu- tilmente spesi dallo Stato per cer- care, falsamente, di risolvere una situazione che, anno dopo anno, diventa sempre più pesantemente problematica. Dico falsamente perché il nodo principale di tutta questa questione è sempre e solo uno: il connubio tra classe dirigen- te e malavita organizzata. Un so- dalizio scellerato che rappresenta l’incarnazione pura del male in terra. Tutti i morti ammazzati in nome di un ideale di giustizia e legalità del Meridione muoiono per l’ennesima volta quando ven- gono pubblicate notizie come que- sta, perché ciò significa che il loro estremo sacrificio, speso per cer- care di cambiare questo secolare stato di cose, è stato vano! Finché esisterà nel nostro Paese quella certa classe politica malevola e palese espressione della mafia, della camorra, della ndrangheta e della sacra corona unita, tutto que- sto stato di cose continuerà a per- sistere. Questo meccanismo mali- gno e tumorale ha attaccato e leso nel corso degli anni, quasi irrepa- rabilmente, ogni tipo di istituzione liquidando con la morte chiunque osasse mettersi di traverso. Sim- bolicamente la prima istituzione da smantellare è stata proprio la scuola abbandonata a se stessa, svilita e ridicolizzata, fatta tacita- mente passare come una cosa per soli ricchi, come se la formazione umana e culturale dei cittadini fossero cose inutili e trascurabili da non tenere assolutamente in considerazione. C’è tanta compli- cità dello Stato dietro questo falli- mento: non dimentichiamo che, per oltre un quarto di secolo, sono stati tollerati nel Mezzogiorno fe- nomeni gravissimi come la disper- sione scolastica, il lavoro minorile, il contrabbando di sigarette prima e lo spaccio di droga poi. Il para- dosso più grande è che questi fe- nomeni, alla fine, sono stati assi- milati come dei veri e propri am- mortizzatori sociali. Addirittura, in qualche modo e non velatamente, si è anche celebrato ed avallato mediaticamente questo stato di cose rendendo i rei eroi attraverso varie forme di spettacolo: dalla sceneggiata napoletana alla fic- tion televisiva. Vicende scellerate e lacrimevoli, costruite a mestiere, in cui il boss diventa, talvolta, la vittima di un’infanzia difficile, de- viato dalle cattive compagnie e che si rifà della vita , tacitamente giustificato dalla sua vicenda per- sonale, con il malaffare, diventan- do un prode, un raddrizzatore di torti che si prende cura personal- mente della sua gente! Sdoganati dal cinema, dalla televisione e da certa stampa siamo arrivati al punto che un Ministro degli Inter- ni, qualche anno fa, giustificò in una conferenza stampa l’assalto della popolazione di un quartiere periferico di Napoli contro i Cara- binieri che avevano arrestato un notissimo boss della camorra af- fermando che quel personaggio per quella gente era “pur sempre pane e companatico…”! Il mio ti- more, e lo scrivo da napoletano, è che tutto ciò sia destinato solo ad un peggioramento e non perché al Sud non ci siano più persone one- ste, anzi… ma perché questa situa- zione, se da un lato crea finti allar- mismi e finte preoccupazioni nei benpensanti, nella realtà serve ad una parte oscura e cospicua dello Stato, oggi ancora più potente e protetta di prima, la stessa che ha ancora le mani lorde del sangue innocente di Falcone e Borsellino e del terreno sotto cui sono sepolti milioni di tonnellate di rifiuti di ogni genere. di Salvio Giglio Mezzogiorno, sempre più in basso
  • 10. 1010
  • 11. 1111 ARDUINO B en ritrovati col nostro appuntamento mensile con Arduino e Fritzing; dopo aver parlato, per diverse puntate, della pagina Breadboard e delle sue potenziali- tà nella rappresentazione di sche- mi di assemblaggio per i nostri esperimenti, a partire da questa puntata, invece, ci occuperemo di come ottenere da Fritzing gli sche- mi elettrici della nostra produzio- ne attraverso la pagina Schema. Questa pagina offre le stesse fun- zionalità della maggior parte dei software CAD 2D destinati all’elet- tronica, gli EDA (Electronic De- sign Automation), tanto vero che un utente già esperto in elettroni- ca può utilizzarla direttamente per progettare un circuito ex novo. Per i neofiti, specialmente per coloro che hanno pochissime nozioni di elettronica, Schema rappresenta invece un’ottima palestra per as- sociare la simbologia grafica ai componenti elettronici impiegati per gli esperimenti. Come ho già detto tantissime volte, in svariati post nella Com- munity CAD e in più occasioni su queste pagine, un buon progettista deve necessaria- mente conoscere e saper applicare il linguaggio grafico convenziona- le legato alla propria attività, per- ché solo attraverso di esso può analizzare dettagliatamente un progetto, riscontrare in tempo eventuali pecche e correggerle evitando, così, perdite di tempo e di denaro! Oltre a ciò ricordate che presentare attraverso uno schema elettrico, redatto con la dovuta at- tenzione e precisione, il frutto del- le vostre sperimentazioni è sem- pre un ottimo biglietto da visita da associare ai vostri prototipi, in quanto gli dona quel pizzico di professionalità in più che non gua- sta mai specie se si tratta di lavo- ro! Criteri generali sugli schemi elet- trici per l’elettronica Siccome le parole sono strumenti, che bisogna saper usare bene, par- tiamo dalla definizione etimologi- ca della parola schema: Schèma s. m. [dal lat. schema, gr. σχῆμα -ματος (schí̱ma -matos) «forma, aspetto, configurazione», da mettere in relazione col verbo ἔχω (écho̱ ) «possedere, ave- re»] (pl. -i). – Modello convenzionale, semplificato rispetto alla più complessa realtà di un problema, di un fenomeno, di un oggetto, di un meccanismo, di un processo: lo s. di un impianto elettrico; lo V puntata di Salvio Giglio La pagina SCHEMA di Fritzing La pagina Schema di Fritzing ci introduce in un particolare sistema espressivo fatto di simboli che, nel loro insieme, rappresentano un vero e proprio linguaggio comprensibile a tutti coloro che conoscono le convenzioni formali... Fig. 1, schema elettrico di un circuito per fotocopiatrice
  • 12. 1212 ARDU Tab. 1, criteri generali per la redazione degli schemi elettrici per i circuiti elettronici
  • 13. 1313 UINO Tab. 2, simbologia comunemente usata negli schemi elettrici per l’elettronica
  • 14. 1414 ARDU Tab. 3, simbologia comunemente usata negli schemi elettrici per l’elettronica
  • 15. 1515 UINO Tab. 4, criteri generali per la redazione degli schemi elettrici per i circuiti elettronici
  • 16. 1616 s. di un motore a scoppio; lo s. della struttura di un aereo. Per estensione della definizione: Uno schema o diagramma elettrico è la rappresentazione semplificata di un circuito elettrico o elettronico che fa uso di simboli convenzionali. In campo elettrico ed elettronico, i circuiti di un’apparecchiatura so- no rappresentati fondamental- mente mediante uno schema per- ché:  agevola la manutenzione e la ricerca di guasti;  mostra come sono collegati tra loro i suoi componenti;  permette una sua eventuale riproducibilità;  spiega sinteticamente le sue varie funzionalità. Lo scopo principale dello schema elettrico, quindi, non consiste nel- la riproduzione fedele della posi- zione dei componenti nel circuito ma nella descrizione di come essi sono reciprocamente collegati, impiegando specifici simboli uni- ficati detti anche a parametri con- centrati, cfr. Fig. 2. Ciò significa che a ciascun simbolo di compo- nente sono associati una ristretta serie di valori costruttivi caratteri- stici che permettono una sua rapi- da identificazione e agevolano la sua ricerca sul mercato; ad esem- pio, i parametri concentrati “più famosi” di una resistenza per un PCB sono: il suo valore in ohm, la sua tolleranza, le sue dimensioni, ecc. Oltre a queste informazioni, lo schema deve riportare anche le proprietà dei segnali che lo carat- terizzano, come i valori di tensio- ne e/o intensità di corrente e, in alcuni casi, anche le loro curve caratteristiche. In caso di apparec- chiature molto complesse, costi- tuite da circuiti molto estesi che non permettono la loro rappresen- tazione su di un unico foglio, si ricorre al cosiddetto atlante degli schemi: una suddivisione dello schema in una raccolta organizza- ta in più fogli, simili ad uno stra- dario urbano, su cui con speciali rimandi si attestano, tra i vari fo- gli, le interruzioni grafiche dei col- legamenti elettrici. L’atlante è sud- diviso in sezioni, ognuna relativa al proprio blocco circuitale, quan- do l'apparecchio è costituito da più circuiti aventi diverse funzio- ni. La redazione degli schemi elettrici per i circuiti elettronici è abba- stanza semplice, sia con le tecni- che grafiche tradizionali che con il PC, e necessita solo di un po’ di esercizio per ottenere elaborati chiari e ben organizzati. Tenete presente che, specialmente in am- bito lavorativo, due aspetti influi- scono pesantemente sulla possibi- lità di operare su di un circuito in caso di manutenzione o malfun- zionamento: la qualità della stesu- ra grafica e la documentazione relativa ai segnali operanti in esso. Di seguito alcuni consigli pratici, che rimandano a degli esempi ri- portati graficamente in Tabella 1 e seguenti, per ottenere rapidamen- te degli elaborati grafici validi e di facile consultazione ricordando sempre che una volta scelto un determinato standard per i simboli grafici si deve poi seguirlo per tut- ta la realizzazione del disegno. In uno schema elettrico di un cir- cuito i simboli grafici dei compo- nenti devono essere:  sempre verificati, assicurando- si che quelli scelti siano adatti alla funzione preposta (ad es. i processori);  disposti sempre verticalmente o orizzontalmente e mai obli- qui;  allineati e spaziati in modo uni- forme sia in senso orizzontale che verticale;  centrati tra i punti di derivazio- ne; ARDU Fig. 2, parametri concentrati nella finestra Inspector di Fritzing
  • 17. 1717 UINO  accompagnati da una label, un’etichetta descrittiva, cfr. Fig. 3, in cui sono riportati:  l’abbreviazione per la loro identificazione nella lista dei componenti;  un numero progressivo del componente (ad es. R1, R2… Rn);  eventuali informazioni ag- giuntive specifiche del com- ponente (tolleranza, tensione, ecc.). Nel contesto della rappresentazio- ne di uno schema le label vanno:  allineate orizzontalmente e ver- ticalmente;  disegnate accanto ai compo- nenti in modo da non interseca- re né i simboli grafici né le li- nee di connessione;  posizionate in modo da essere facilmente leggibili;  proporzionate alle dimensioni del simbolo. Per quanto riguarda i conduttori di connessione essi vanno:  disegnati sempre con linee ret- te che saranno così distinte:  continua sottile, è usata per rappresentare le linee di connessione fra i vari sim- boli grafici che rappresenta- no i componenti;  tratteggiata, usata per evi- denziare, dal punto di vista funzionale, alcune parti del circuito da altre;  due linee parallele, impiega- te per rappresentare una connessione multifilare o BUS di comunicazione. E’ necessario ricordare anche che:  Ogni collegamento, tra condut- tori e componenti, deve essere ben evidenziato da un punto di connessione/derivazione.  L’alimentazione elettrica del circuito è sempre rappresentata con il polo positivo (+) riportato nella parte superiore del dise- gno mentre quello negativo (-) nella parte inferiore. In questo modo i valori di tensione rap- presentati nello schema dimi- nuiscono progressivamente spostandosi verso la parte infe- riore dello schema circuitale e rendendo, così, la consultazione più intuitiva. Se si omettono i simboli di alimentazione, è ne- cessario includere delle eti- chette per le linee di alimenta- zione nella parte superiore e inferiore dello schema.  La lettura delle correnti e delle tensioni, nello schema elettrico, deve avvenire da sinistra verso destra: ingressi e controlli devono essere a sinistra, le uscite a destra.  Includere nello schema elettri- co una lista dettagliata dei com- ponenti. Funzionalità della pagina Schema di Fritzing Fatte le dovute precisazioni circa la stesura degli schemi elettrici passiamo alla pagina Schema di Fritzing per scoprire come funzio- na e in che modo ci può tornare utile. Un primo aspetto di questa pagina che ci conviene ricordare riguarda le sue due modalità di funzionamento:  ricavare lo schema elettrico dagli esperimenti eseguiti nella pagina Breadboard;  eseguire ex novo lo schema elettrico di un circuito elettro- nico che ritroveremo poi, tra- sposti nelle relative versioni grafiche, sia nella pagina Breadboard che in quella PCB. In questo modo gli sviluppatori di Fritzing sono riusciti a rispondere, contemporaneamente, sia alle esi- Fig. 3, come si edita la label descrittiva di un simbolo/componente di Fritzing: tramite il suo menù contestuale si rendono visibili i parametri che si vogliono far comparire in essa precedentemente impostati nella finestra Inspector
  • 18. 1818 genze dei neofiti, che trovano l’ap- proccio “visual” della pagina Breadboard sicuramente più rassi- curante, che a quelle degli utenti esperti che, essendo già abituati alla realizzazione di schemi per circuiti elettronici, si sentono più a loro agio nelle pagine Schema e PCB. Per rompere il ghiaccio pro- vate a trascinare un componente qualsiasi dalla libreria Core Parts: vi renderete subito conto che il simbolo grafico equivalente rap- presentato sulla pagina è stato realizzato per agevolare al massi- mo gli utenti con i collegamenti. Infatti, come visto in Fig. 3, ogni simbolo si presenta con i terminali numerati e già munito di label che, per default, riporta il nome abbreviato del componente asso- ciato ad un numero progressivo e seguito dal suo valore di misura. Se avete seguito questo ciclo di puntate su Fritzing, o usate già il programma, ormai saprete che ciascun componente della libreria è caratterizzato da una serie di parametri specifici visualizzati e settabili dalla finestra Inspector; nella pagina Schema possiamo scegliere di far comparire le infor- mazioni di Inspector nell’etichetta di testo tramite il menù contestua- le ad essa associato. Dal menù contestuale posizioniamo il punta- tore sull’item Display Values (visualizza valori) e ci portiamo nel sottomenù su cui è riportata la lista dei comandi di visualizzazio- ne scegliendo le caratteristiche del componente che desideriamo mostrare nel disegno. Anche in questa pagina di Fritzing ritrovia- mo la pratica funzione di verifica delle connessioni per componenti e conduttori che consiste nell’evi- denziare in verde i terminali cor- rettamente collegati. Per fare un attimino di pratica in- sieme proviamo ad esercitarci con le due modalità di lavoro della pa- gina Schema realizzando due semplicissimi circuiti: il primo, che spiegherò in questa puntata, lo eseguiremo sulla pagina Bread- board e poi lo ottimizziamo in quella Schema. Il secondo lo dise- gneremo, invece, direttamente sul- la pagina Schema e poi lo adatte- remo in Breadboard. Entrambi gli esercizi ci torneranno utili nella puntata inerente la pagina PCB. Dalla pagina Breadboard alla pagi- na Schema Data la semplicità del circuito fa- remo a meno della breadboard vir- tuale e utilizzeremo, per i collega- menti della componentistica, l’e- lemento grafico wire, Fig. 4, pre- sente in libreria, di cui è possibile, come abbiamo già visto negli arti- coli precedenti, cambiare forma e colore. I componenti di cui abbia- mo bisogno sono tutti presenti in Core Parts e sono visibili nella Li- sta 1. Seguendo i suggerimenti del primo paragrafetto, piazziamo su- bito la scatolina porta batterie VCC1 che viene caricata da Fri- tzing con il polo positivo già posi- zionato verso l’alto. Per rintraccia- re subito i vari componenti di un circuito nella pagina Schema, spe- cialmente se si tratta di progetti molto complessi, vi consiglio di visualizzare la label relativa a cia- scun componente sin dalla pagina Breadboard. L’operazione è sem- ARDU Lista 1, i componenti necessari per la prima esercitazione Fig. 4, il componente wire per i collegamenti elettrici Fig. 5, inserire la label di un componente nella pagina Breadboard
  • 19. 1919 UINO plicissima e si avvale del menù contestuale su cui, come si vede in Fig. 5, è riportato il comando Show part label. Detto questo, cerchiamo ora il nostro pulsante quadrato S1 Square Pushbutton contenuto nel- la sezione Contributed Parts della Libreria. Gli altri due componenti, la resistenza da 333Ω e il diodo LED, sono nel pannello principale di Core Parts; circa la resistenza vi ricordo che il valore di cui sopra lo dovete impostare voi da Inspector. Se tutto è filato liscio il risultato finale dovrebbe essere simile a quello di Fig. 6. Può capitare, come è successo a me, di mandare in tilt il programma e non trovare nulla nella pagina Schema dopo aver pasticciato più volte nella pagina Breadboard prima di raggiungere un risultato grafico convincente… Non temete: non avete perso nulla! Salvate con nome il file, chiudete il programma e, dopo qualche se- condo, riapritelo e andate alla pa- gina Schema: troverete lo schema elettrico del vostro circuito proprio come appare in Fig. 7… No, non è colpa vostra o di qualche capric- Fig. 6, lo schema di montaggio sulla pagina Breadboard con i componenti muniti di label Fig. 7, ecco come si presenta il nostro circuito nella pagina Schema dopo averlo ultimato nella pagina Breadboard
  • 20. 2020 ARDU cio del programma: semplicemen- te Fritzing crea lo schema elettrico del circuito ma poi lascia a voi il compito di riorganizzarlo grafica- mente! Il primo impatto con que- sta pagina, dopo aver realizzato il circuito in quella della breadboard virtuale, è sconcertante: nonostan- te tutti i nostri sforzi profusi per rappresentarlo nel modo migliore possibile ai nostri occhi si presen- ta un groviglio di simboli, etichette e collegamenti da cui sembra qua- si impossibile uscirne rapidamen- te… ma non è così! Uno stratagem- ma che vi consiglio di adottare sempre, in elettronica come in qualunque altro tipo di allestimen- to impiantistico (meccanico, idraulico, elettrico, ecc.), è quello di avere sempre sotto gli occhi uno schizzo, un’immagine, un progetti- no che vi guidi nel lavoro che state realizzando evitandovi così di ope- rare “a memoria”: più è costoso ciò che state realizzando e meno vi conviene sbagliare! Va da se che dopo aver acquisito familiarità con la materia certe cose vanno in au- tomatico e lo schema non lo guar- derete quasi più! Nel caso di Fri- tzing ci dobbiamo organizzare in modo tale da non essere costretti a fare la spola tra la pagina Bread- board e quella Schema per poter controllare la sequenza logica dei collegamenti tra i vari componen- ti. Per una consultazione comoda potete semplicemente fare uno schemino su carta, stampare su di un A4 la vista della Breadboard oppure organizzare il desktop, così come ho fatto io per questa eserci- tazione, aprendo in un angolo del mio schermo, con il Visualizzatore foto di Windows (con Gloobus Pre- view per Linux Ubuntu), uno snap- shot del circuito che ho realizzato nella pagina Breadboard e che ho salvato sul desktop mentre ho adattato la finestra di Fritzing nel- lo spazio restante dello schermo, come si vede in Fig. 8. Il principio da seguire è molto semplice ed è subordinato ai criteri esposti nel primo paragrafo di questo articolo. Ci occuperemo subito del posizio- namento dei componenti e, solo in un secondo momento, adatteremo le label; partiremo con lo spostare a sinistra dello schermo la batteria e con il posizionare in alto l’inter- ruttore S1. Giunti alla resistenza R1 ci rendiamo conto è stata posizio- nata male nella pagina Bread- board, tanto vero che ci appare capovolta nella pagina Schema, e va quindi ruotata di 180° gradi con il menù contestuale come si vede in Fig. 9. Completiamo il lavoro con il diodo LED che è stato ripro- dotto anch’esso ruotato di 90° per i criteri del nostro schema e ci av- valiamo ancora una volta del co- mando per la rotazione di cui so- pra. I componenti ora sono posi- zionati nel modo corretto come si vede in Fig. 10; adesso bisogna da- re un’aggiustatina a tutto il resto! Per aggiungere un punto ad ogni conduttore, in modo da determina- Fig. 8, se lo schermo lo consente conviene aprire uno snapshot del circuito nel visualizzatore di anteprima d’immagini di Win- dows, o di Linux, e adattare la finestra di Fritzing nella parte restante del Desktop. In tal modo si segue agevolmente il riordi- no dello schema.
  • 21. 2121 UINO Fig. 9, il menù contestuale per ruotare i simboli grafici Fig. 10, lo schema dopo il riallineamento dei simboli re così una piegatura a 90° ideale per questo tipo di rappresentazione circuitale, basta cliccare più o meno nella parte centrale di ogni conduttore e, co- me si vede dalla Fig. 11, trascinare il punto sino ad ottenere il posizionamento desiderato. Per il posi- zionamento delle etichette l’operazione si svolge con il mouse e, eventualmente, il comando Ruota del menù contestuale. Se tutto è andato liscio il ri- sultato finale del nostro lavoro dovrebbe essere si- mile a quello di Fig.12 e i terminali di tutti i compo- nenti dovrebbero essere verdi. Per essere profes- sionali al massimo aggiungiamo, infine, qualche elemento grafico sussidiario per indicare i poli e il verso della corrente attraverso il componente grafi- co Schematic Image come in Fig. 13. Vi dico subito che la cosa non è semplicissima e richiede o un buon editor di grafica vettoriale e/o un editor di gra- fica raster o una gran botta di… fortuna nel rin- tracciare in rete delle immagini raster in negativo del simbolo che vi serve. Io mi sono avvalso di MS Publisher per creare due minuscole bitmap su sfon- do nero, con testo in bianco, delle dimensioni di de- fault di 9,3 ×9,3mm e che ho caricato, tramite la finestra Inspector, nel box come in Fig. 14, e oppor- tunamente ridimensionato tramite le manigliette destinate a questa funzione. Credo che i ragazzi del Team di sviluppo di Fritzing dovrebbero dedicare qualche giornata di lavoro al miglioramento di questa preziosa funzione! Continua Fig. 11, come aggiungere uno o più punti ad un conduttore in uno schema. Trascinate il punto fino al posizionamento voluto
  • 22. 2222 ARDUINO Fig. 12, ecco come si presenta il nostro schema finito Fig. 13, la finestra Formato casella di testo di MS Publisher Fig. 14, il componente grafico per il caricamento di immagini Schematic Image. Le immagini vanno caricate in negativo
  • 23. 2323
  • 24. 2424 BASI PER IL DISEGNO T erminato il discorso sto- rico sui principali enti normatori, da questa puntata, cominceremo ad occuparci degli aspetti più signifi- cativi legati all’iter di creazione delle norme tecniche che normal- mente impieghiamo nella proget- tazione e nella produzione. Per esperienza personale vorrei sotto- lineare che nessun tecnico, a pre- scindere dal titolo di studio conse- guito e dalla mansione svolta, può permettersi di ignorare le normati- ve che sottendono il proprio ambi- to lavorativo, perché esse rappre- sentano un modello di “regola d’ar- te” entro cui far rientrare, con la dovuta sicurezza per il fruitore finale, l’azione della sua attività professionale. In altre parole, sia che siate dei semplici operai o dei rinomati professionisti, l’applica- zione della normativa tecnica do- vrebbe rappresentare per voi una questione deontologica di prima- ria importanza da contrapporre alla dilagante filosofia consequen- zialistica che, invece, pone i facili profitti al vertice della propria sca- la di valori… ma questo, ovviamen- te, è un altro discorso. Senza avere la pretesa di essere esaustivo, questo ciclo di articoli ci ha dato comunque la possibilità di osservare l’evoluzione, negli ultimi due secoli, della normativa tecnica sia in senso formale che operativo e ora ci permette di di- stinguere l’azione normativa tra classica e contemporanea, di trar- re delle conclusioni e di dedurre alcuni aspetti significativi legati a questo fenomeno ancora in piena fase di sviluppo. Alcune considerazioni sulla nor- mativa contemporanea La prima considerazione che vo- glio esporvi riguarda l’evoluzione dell’attività degli enti normatori in base al cambiamento di ruolo che essi hanno subito nell’arco dell’ul- timo secolo e che ci permette di così di distinguere tra normativa classica e normativa contempora- nea. Un segno ben visibile del pas- saggio, da un tipo all’altro di con- cezione normativa, lo ritroviamo persino in ambito linguistico con la parola standard e la sua gradua- le metamorfosi concettuale. Que- sto termine, se visto come mero contenitore semantico, è stato riempito, col passar del tempo, di significati sempre più ampi; in tal senso, vi invito a fare qualche ri- cerca in rete per mettere a parago- ne la definizione storica con quel- la attuale associate a questa paro- la. Io mi sono preso la briga di cer- care etimologia e origine della pa- rola in questione sul sito dell’Ac- cademia della Crusca, uno dei no- stri fiori all’occhiello in campo culturale, www.accademiadellacrusca.it. Il lemma è stato analizzato nel 2005 da Mara Marzullo, su richiesta di moltissimi utenti del prestigioso sito, e sembra scritto apposita- mente per questo articolo, fatto questo che mi ha spinto poi a ri- portarlo integralmente nel riqua- dro di pagina 25. In particolare se andiamo sul sito www.casapanzini.it, su cui sono pubblicati tutti i lemmi del celebre V puntata di Salvio Giglio Le Norme Tecniche
  • 25. 2525 E LA PROGETTAZIONE Etimologia e origine della parola standard La consonante finale della parola standard suggerisce l'origine non italiana del termine, che deriva, senza adattamenti, dall'inglese che ha adottato il termine a sua volta dal francese estandart (su tutta la questione etimologica cfr. DELI). Il significato di 'modello, esempio' non è, chiaramente, originario della parola, che ha le prime attestazioni in inglese sin dal 1154 come 'stendardo, insegna' e solo successivamente 'esemplare di misura' (1429), 'criterio di eccellenza' (1563) e 'livello defini- to' (1711). Per quanto riguarda l'italiano, standard col significato di 'modello' compare alla fine dell'Ottocento (1892) nel Dizionario del turf italiano di G. Ballarini e viene poi registrato nel Dizionario moderno del Panzini nel 1905: «è voce inglese usata in commer- cio, per indicare che la qualità di una merce o di un prodotto dell'industria è quella tipica, normale[quindi eletta]». Nel Dizionario di Panzini è ricordato anche l'uso ippico registrato da Ballarini e, dal 1942, si registra anche l'uso come aggettivo invariabile posposto al nome (nell'appendice sui Forestierismi). La prima attestazione del termine sarebbe però rintracciabile nel 1764 in un dizionario di G. Bergantini rimasto tuttavia inedito (cfr. Morgana 1985). In linguistica col termine standard si indicherebbe una varietà di lingua assunta dai parlanti come modello anche d'insegnamento «non connotata socialmente o regionalmente, risultante dalle tendenze alla convergenza operanti in una comunità linguisti- ca» (GRADIT, s.v. standard). La definizione non è unanimemente accolta, perché bisognerebbe prima di tutto accettare che esista una varietà di lingua che non abbia nessuna condizione di variabilità (di luogo, tempo, ambito d'uso ecc.) e che si caratterizzi di fatto come avente tutti tratti "non marcati". Una condizione che ad esempio in italiano sembra difficile da rintracciare. Sempre nell'ambito linguistico si parla anche di neo-standard (e sub-standard) per indicare una varietà di italiano con diversi tratti in comune con l'italiano parlato (ad esempio gli per a lei, a loro; l'indicativo per il congiuntivo nelle subordinate e nelle ipotetiche; il tipo c'ho) e che alcuni considerano destinata ad affermarsi come forma standard appunto: un'altra denominazione di questa varietà è quella di italiano dell'uso medio (Sabatini 1985). Non senza critiche è stato anche l'ingresso in italiano sia dell'aggettivo nel sintagma italiano standard sia del sostantivo (lo standard). Soprattutto Arrigo Castellani ha proposto di adattare la parola alla struttura morfologica dell'italiano (quindi stàndaro), oppure di ricorrere alla locuzione norma (italiana) e di conseguenza italiano normale, adottando normale come termine della linguistica sinoni- mo di standard. Per approfondimenti: A. Panzini, Dizionario moderno, Milano, 1905 (s.v.); A. Castellani, Terminologia linguistica, in «Studi linguistici italiani», X (2) 1984, pp. 153-61 (in particolare p. 156); DELI. Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, di M. Cortelazzo e P. Zolli, Bologna, Zanichelli, 1999 (s.v.); Dizionario di linguistica, diretto da G. L. Beccaria, Torino, Einaudi, 1994 (s.v.); F. Sabatini, L'"italiano dell'uso medio": una realtà tra le varietà linguistiche italiane, in G. Holtus-E. Radtke (a cura di), Gesprochenes Italienish in Geschicte und Gegenwart, Tübingen, Günter Narr, 1985, pp. 154-84; Forestierismi da eliminare, in A. Panzini, Dizionario moderno, Milano, 1942, pp. 881-95 (s.v.); GRADIT. Grande Dizionario Italiano dell'Uso, diretto da Tullio De Mauro, Torino, UTET, 1999-2000 con aggiornamento del 2004 (s.v.); S. Scotti Morgana, Tradizione e novità nei vocabolari inediti di Giovampietro Bergantini, in La Crusca nella tradizione letteraria e linguistica italiana, Firenze, 1985, pp. 153-71. A cura di Mara Marzullo Redazione Consulenza Linguistica Accademia della Crusca 20 maggio 2005
  • 26. 2626 Dizionario Moderno del Panzini, edito da Hoepli nel 1905, e cerchia- mo la definizione completa: «(stèndad), stendardo, modello, tipo, norma: è voce inglese diffusa nel mondo con i più ampi significati in commercio, per indicare che la qualità di una merce o di un prodotto dell'industria è quella tipica, normale (quindi eletta).»; e la mettiamo a confronto con la definizione offerta da Google: «Tipo, modello, norma, cui viene uni- formata una data produzione o attività; part., nell'uso commerciale, il comples- so dei campioni di una determinata merce, corrispondenti a tipi o gradi del- la produzione di un dato periodo, su cui ci si basa per le classificazioni di quali- tà di determinati prodotti; nell'uso tecni- co o industriale, modello o tipo di un determinato prodotto, o il complesso di norme fissate per uniformare le carat- teristiche del prodotto stesso; (...) Com- plesso di elementi che individuano le caratteristiche di una determinata pre- stazione o processo tecnico (...)»; ci rendiamo conto di quanto signi- ficato in più sia stato arricchito questo lemma. Ho evidenziato con tre colori diversi alcune parole dei due testi che, a mio giudizio, rap- presentano delle tag, dei nodi con- cettuali di particolare interesse, che, nella nostra lingua, sono stati associati a questo termine ad un secolo di distanza: in turchese le parti invarianti delle due defini- zioni, in arancione l’aggettivazione originaria ed in verde le nuove ac- cezioni. Questo semplice paragone ci fornisce, sotto certi aspetti, la misura con cui sono cambiati gli incarichi istituzionali dei vari or- ganismi normativi nell’ultimo se- colo. Infatti, se originariamente le attività dei vari enti, comitati ed organizzazioni normative verteva- no esclusivamente sulla redazione di una serie di semplici istruzioni dimensionali e prescrizioni tecno- logiche necessarie alla fabbrica- zione ottimale di una merce o di prodotto dell’industria, dalla se- conda metà degli anni ’80 del se- colo scorso le nuove esigenze, le- gate agli scambi commerciali in- ternazionali, ha cambiato nel giro di pochi decenni quasi del tutto la loro fisionomia, determinando così la nascita della normativa contem- poranea. L’attività di quest’ultima, estremamente diversificata, va ben oltre gli obiettivi che si erano posti gli ideatori delle varie asso- ciazioni di standardizzazione ed ha cominciato a farsi carico di analizzare accuratamente ogni aspetto di tutte le fasi del ciclo di vita di una produzione o di una attività, definendo completamente le caratteristiche di ciascuna pre- stazione del suo processo tecnico produttivo dall’inizio alla fine. Se- guendo questo filone operativo, l’azione normativa ha ulteriormen- te esteso il suo campo di compe- tenze in nuovi settori, raggiungen- do le nuove discipline e i nuovi saperi dei nostro tempo, assumen- do come nuovi oggetti di ricerca la tutela della persona, dell’ambiente e delle imprese, producendo come risposta delle linee guida per ten- tare di risolvere problematiche legate alla sicurezza, alla protezio- ne ambientale e all’organizzazione aziendale. Una secondo tema che offre molti spunti di riflessione è quello del graduale ed inesorabile travalica- mento dei confini geografici della normativa contemporanea dovuto all’effetto della regolamentazione del commercio mondiale condotta dalla WTO (World Trade Organiza- tion) l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). Infatti, se i primi organismi normativi nasce- vano come mero fatto locale, oggi gli accordi commerciali multilate- rali, (di poche settimane fa l’appro- BASI PER IL DISEGNO Inchiesta pubblica sul recente accordo multilaterale tra USA e UE Transatlantic Trade and Investment Partnership
  • 27. 2727 vazione del TTIP - Transatlantic Trade and Investment Partnership tra UE e USA) pretendono sempre di più l’unificazione produttiva e quella dei vari sistemi tecnologici in modo tale che gli scambi com- merciali siano agevolati al massi- mo. La globalizzazione, in quanto processo planetario ormai irrever- sibile, necessita sempre di più di un linguaggio produttivo e orga- nizzativo condiviso universalmen- te e non ammette deroghe. Chi non si adegua a questo trend, pic- colo o grande imprenditore che sia, rischia di essere tagliato fuori da quei circuiti commerciali vitali e di vedere la propria produzione, specie se fuori brevetto e di larga scala, riproposta da un competitor operante a migliaia di chilometri di distanza che si può permettere anche il lusso di abbassare il prez- zo dei suoi listini speculando al massimo sulla manodopera! Un ultima osservazione, infine, va rivolta all’inquietante presenza delle lobbies, meglio definite giuri- dicamente dalla UE con l’appella- tivo di parti economico/sociali in- teressate, negli apparati decisio- nali dei due principali organismi normativi comunitari transnazio- nali: CEN e CENELEC. Questa diffi- denza è, a dir poco, dovuta dal mo- mento che la trasparenza e la lega- E LA PROGETTAZIONE Estratto dai Dispositivi delle direttive 98/34/CE e 98/48/CE consolidati Articolo 1 Ai sensi della presente direttiva si intende per: 1) «prodotto»: i prodotti di fabbricazione industriale e i prodotti agricoli, compresi i prodotti della pesca; 3) «specificazione tecnica»: una specificazione che figura in un documento che definisce le caratteristiche richieste di un prodotto, quali i livelli di qualità o di proprietà di utilizzazione, la sicurezza, le dimensioni, comprese le prescrizioni applica- bili al prodotto per quanto riguarda la denominazione di vendita, la terminologia, i simboli, le prove ed i metodi di prova, l'imballaggio, la marcatura e l'etichettatura, nonché le procedure di valutazione della conformità. Il termine «specificazione tecnica» comprende anche i metodi e i procedimenti di produzione relativi ai prodotti agricoli ai sensi dell'articolo 38, para- grafo 1, del trattato, ai prodotti destinati all'alimentazione umana e animale, nonché ai medicinali definiti all'articolo 1 della direttiva 65/65/CEE del Consiglio(2) , così come i metodi e i procedimenti di produzione relativi agli altri prodotti, quando abbiano un'incidenza sulle caratteristiche di questi ultimi; 4) «altro requisito»: un requisito diverso da una specificazione tecnica, prescritto per un prodotto per motivi di tutela, in particolare dei consumatori o dell'ambiente, e concernente il suo ciclo di vita dopo la commercializzazione, quali le sue con- dizioni di utilizzazione, di riciclaggio, di reimpiego o di eliminazione qualora tali condizioni possano influenzare in modo significativo la composizione o la natura del prodotto o la sua commercializzazione; 6) «norma»: una specificazione tecnica approvata da un organismo riconosciuto ad attività normativa, per applicazione ripe- tuta o continua, la cui osservazione non sia obbligatoria, e che appartenga ad una delle seguenti categorie:  norma internazionale: norma che è adottata da un'organizzazione internazionale di normalizzazione e che viene messa a disposizione del pubblico;  norma europea: norma che è adottata da un organismo europeo di normalizzazione e che viene messa a disposizione del pubblico;  norma nazionale: norma che è adottata da un organismo nazionale di normalizzazione e che viene messa a disposizione del pubblico; 7) «programma di normalizzazione»: un piano di lavoro predisposto da un organismo riconosciuto ad attività normativa e recante l'elenco delle materie costituenti oggetto dei lavori di normalizzazione; 8) «progetto di norma»: il documento contenente il testo delle specificazioni tecniche per una determinata materia, predi- sposto ai fini dell'adozione secondo la procedura di normalizzazione nazionale, quale risulta dai lavori preparatori e qual è distribuito ai fini di inchiesta pubblica o commento; (…). _________________________ (2) Direttiva 65/65/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1965, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU L 22 del 9.2.1965, pag. 369/65). Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 93/39/CEE (GU L 214 del 24.8.1993, pag. 22).
  • 28. 2828 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE lità non sono proprio il tratto con- notativo fondamentale delle lob- bies che si comportano spesso co- me delle vere e proprie organizza- zioni ombra la cui condotta opera- tiva è in grado di condizionare pe- santemente la formulazione nor- mativa, favorendo solo determina- ti gruppi imprenditoriali che si avvalgono dei loro servigi. Caratteristiche e definizioni fon- damentali relative alle norme e al loro iter creativo Essendo il nostro Paese membro della UE e parte attiva del CEN, i nostri interessi verteranno sulla procedura di elaborazione norma- tiva Comunitaria partendo, neces- sariamente, dalle principali defini- zioni inerenti le norme. La Direttiva Europea 98/34/CE del 1998 fornisce un elenco di defini- zioni molto particolareggiato da cui ho ritenuto utile isolare quei punti più significativi per progetti- sti e disegnatori e che ripropongo verbatim nell’Estratto dai Disposi- tivi delle direttive 98/34/CE e 98/48/CE consolidati nel quadro riassuntivo di pagina 27. Dalla let- tura di quei punti si deduce che le norme sono, in estrema sintesi, dei documenti in cui sono descritte le caratteristiche peculiari di un de- terminato prodotto (dimensioni, prestazioni, impatto ambientale, disposizioni sulla sicurezza, ecc.) in base all’attuale stato dell'arte raggiunto in una determinata di- sciplina. Ogni norma tecnica, a prescindere dalla disciplina di af- ferenza, nell’ambito del vigente quadro delle direttive comunitarie, deve possedere le seguenti carat- teristiche: I. Consensualità, deve essere ap- provata all’unanimità col con- senso di coloro che hanno par- tecipato ai lavori. II. Democraticità, tutte le parti economico/sociali interessate possono intervenire ai lavori di progettazione normativa e tutti i partecipanti possono formula- re osservazioni durante l'iter che precede l'approvazione fi- nale. III. Trasparenza, attraverso i canali di informazione ufficiali l’orga- nismo normativo segnala le tappe fondamentali dell'iter di approvazione di un progetto di norma, tenendo il progetto stes- so a disposizione degli interes- sati. IV.Volontarietà, le norme sono ri- ferimenti che le parti interessa- te si impongono spontanea- mente. Una norma prima di vedersi pub- blicata ufficialmente deve neces- sariamente seguire una procedura che tocca le seguenti tappe:  Lo studio di fattibilità, elaborato dagli organi preposti dall'ente di normazione, incrocia i dati del mercato con le necessità normative valutandone il rap- porto tra costi e benefici e ricer- cando le competenze necessa- rie da coinvolgere. Se il risulta- to dell'analisi è positivo si pro- cede alla stesura della bozza di norma.  La bozza di norma viene di- scussa e messa a punto tramite il lavoro in rete e/o per mezzo di apposite riunioni ed ha come obiettivo l'approvazione con- sensuale della struttura e dei contenuti tecnici del progetto di norma.  Il progetto di norma è realizzato dagli esperti esterni che, in ambito europeo ed internazio- nale, vengono nominati dai sin- goli Paesi mentre l'ente di nor- mazione, in questa fase, svolge la funzione di coordinatore dei lavori e rende disponibile la propria struttura organizzativa. Al termine della stesura il pro- getto viene sottoposto ad una verifica pubblica.  L'inchiesta pubblica sul proget- to di norma approvato viene avviata tramite comunicazione sui canali ufficiali d'informa- zione degli organismi di nor- mazione (per una durata varia- bile in funzione della tipologia del documento) al fine di racco- gliere commenti ed ottenere il più ampio consenso dal merca- to. In questo modo le parti eco- nomico/sociali interessate (le lobbies), che non hanno potuto partecipare alla prima fase del- la discussione, possono contri- buire al processo normativo. In ambito CEN ed ISO eventuali commenti ad un progetto di norma si possono inviare esclu- sivamente tramite gli organi- smi di normazione nazionali. La versione del progetto di nor- ma, in cui sono confluite le os- servazioni raccolte durante l'in- chiesta pubblica, concordata definitivamente è denominata progetto finale.  La pubblicazione segue a sua volta un iter molto preciso:  Norme nazionali, il progetto finale viene sottoposto all’e- same della Commissione Tecnica Centrale per ricever- ne l’approvazione per la pub- blicazione.  Norme europee ed interna- zionali, il progetto finale vie- ne sottoposto al voto degli organismi di normazione nazionali al fine di essere ratificato e pubblicato come norma. A livello di UE, ogni membro CEN ha l'obbligo di recepire le norme EN (UNI EN in Italia), pubblicandole eventualmente nella propria lingua e ritirando quelle na- zionali esistenti sul medesi- mo argomento. Tale obbligo, per il momento, non sussiste invece per le norme ISO che possono essere ancora adot- tate volontariamente (UNI ISO in Italia). Continua
  • 29. 2929
  • 30. 3030
  • 31. 3131 CINEMA E ANIMAZIONE TERMINATOR Genisys 2 039. John Connor (Jason Clarke) continua a guidare la resistenza umana con- tro Skynet, il computer autocosciente che ha imposto la supremazia delle macchine sul pianeta. Quando è sul punto di vin- cere questa estenuante guerra, Skynet (in questo tempo noto co- me Genisys) spedisce indietro nel tempo un Terminator (il T-800 del primo film) per uccidere sua ma- dre, Sarah Connor (Emilia Clarke, già nota per Game of Thrones), pri- ma che possa darlo alla luce. John allora decide di mandare il giovane Kyle Reese (Jai Courtney) a ferma- re la macchina omicida. Kyle torna quindi nel 1984 ma il passato non è quello previsto: Sarah Connor non ha bisogno di essere salvata, sa già tutto ed è una temibile guerriera. Kyle la trova in compagnia di un Terminator dal look decisamente invecchiato (Arnold Schwarzeneg- ger) che lei considera come un pa- dre acquisito. Non sanno, però, che il nemico che Skynet gli manda contro, per impedirgli di bloccare il suo stesso sviluppo, è l’ultimo al quale chiunque avrebbe pensato… A trentun anni di distanza dal pri- mo "Terminator" (1984) di James Cameron, Hollywood rilancia la saga con un quinto capitolo, Ter- minator Genisys, diretto da Alan Taylor. Il film è un reboot che si rifà ai due lungometraggi più belli (i primi due) della saga e che agi- sce come un retcon (forma con- tratta dell’inglese retroactive con- tinuity ossia un espediente narra- tivo in cui si modificano eventi e situazioni descritti in precedenza, o il loro significato, per adattarli ai nuovi sviluppi narrativi) alterando la linea temporale della storia ori- ginale e proponendo gli stessi per- sonaggi ma con nuovi interpreti, fatta eccezione ovviamente per Arnold Schwarzenegger, il Termi- nator per antonomasia. Prodotto dalla Paramount Pictures in colla- borazione con Skydance Produc- tions, ha avuto come location prin- cipali la Lousiana, la California, San Francisco, Los Angeles ed an- che il NASA Michoud Assembly Facility di New Orleans (dove una volta venivano costruiti gli space shuttle). La saga di Terminator co- stituisce un mito assoluto della cinematografia contemporanea, almeno per quanto riguarda i primi due episodi, divenendo un punto di riferimento per il cinema di fanta- scienza. Ai primi due film sono poi seguiti un'altra coppia di episodi cinematografici e una versione televisiva che, pur espandendone l’universo narrativo, si sono un po’ allontanati dallo “spirito” dei primi due. Anche per Genisys si è voluto cambiare la filosofia dell’originaria pellicola: l’estrema e claustrofobi- ca “serietà” dei primi Terminator lascia ora spazio a toni più stem- perati che rendono troppo senti- mentale, addirittura ironica, l’inu- manità della macchina. Questo, forse, al fine di avvicinare alla saga anche il pubblico dei giovanissi- mi, “divoratori” di action comedy in pieno stile Marvel e Disney. I puristi della saga, a cui non andrà a genio questo action “d’intrattenimento”, dovranno dun- que accontentarsi dei continui ri- mandi ai momenti cult dei primi due film, voluti dal regista e disse- minati qua e là nel girato: fra tutti la replica fotogramma per foto- gramma della sequenza dell'incipit del 1984. In altre parole, il lungo- metraggio regalerà un’altra versio- ne della medesima sto- ria, permettendo agli spettatori di vedere quello che nei film prece- denti è stato solo raccontato ovve- ro il momento in cui le macchine mandano indietro nel tempo il T- 800 originale (Schwarzenegger in versione giovane) e gli uomini su- bito dopo inviano Kyle Reese. La storia, articolandosi su viaggi tem- porali e relativi paradossi, rende la narrazione un po’ contorta e forza- ta nel cercare di far convivere que- ste linee temporali: ciò nonostante il film è divertente e non lesina di certo su esplosioni, effetti speciali futuristici e scene d’azione ben costruite. Inoltre Schwarzenegger, che torna nel suo ruolo più noto (e che funziona come sempre), in questa variante riesce ad umaniz- zare il robot, ma senza eccessi, provando dei sentimenti e renden- dosi comico ed abbandonando così la veste glaciale e meccanica del T -800 originale. Certo a molti ver- rebbe da pensare che il personag- gio di T-800, in questo caso, sia stato scritto non in virtù del suo passato ma in virtù dell’attore che lo interpreta, soprattutto quando si tende a dimostrare che in realtà non è vecchio e inutile. ;-) Lo stes- so Arnold Schwarzenegger, che oggi ha 67 anni, ha infatti afferma- to come sia stato molto intelligen- te usare la sua età in questo modo e che i tecnici della computer gra- fica hanno lavorato ad un livello che non era mai stato raggiunto sul grande schermo con un attore vivente. Chiaro in queste parole è proprio il riferimento alla replica della scena cult iniziale del primo film, quella in cui un uomo nudo (Schwarzenegger) arriva al Griffith Observatory di Los Angeles, mette k.o. tre punk che lo molestano e ruba i loro vestiti. In Genisys, però, la scena ha una variante: il di Nunzia Nullo
  • 32. 3232 CINEMA E A Arnold Schwarzenegger, versione T-800 invecchiata e un animatronics impiegato per alcune scene del film La sintesi del life motiv dell’intera saga può intravedersi in questi due storyboard dell’ultimo film: la supremazia delle macchi- ne da una parte e la rivolta degli umani dall’altra.
  • 33. 3333 “giovane” Terminator, che si pre- senta nello stesso punto degli anni '80, si imbatte questa volta in una versione più vecchia di se stesso, il glorioso cyborg T-800: i due cy- borg, che hanno ben 30 anni di dif- ferenza, daranno vita ad uno scon- tro che già si preannuncia epico nell’ambito del panorama cinema- tografico. Per la ricostruzione di questa scena, i tecnici degli effetti visivi non hanno riutilizzato sem- plicemente materiale del film del 1984 ma hanno dovuto creare un sintoattore, una attore sintetico, virtuale, nato scansionando, e poi fondendo insieme, il volto di Sch- warzenegger nel primo film, quello attuale e il corpo di una controfi- gura. Il risultato è la creazione di un perfetto essere umano che cammina, respira e che ha la testa del Terminator del 1984 ma che non esiste. Un lavoro assai com- plesso, dunque, perché si tratta di cimentarsi su un personaggio completamente virtuale, partendo da un modello vivente, e che ha visto maggiori difficoltà nella ri- produzione del volto di Schwarze- negger i cui lineamenti presentano delle irregolarità, cosa assai comu- ne nel genere umano e dettaglio irrilevante ma non tanto se si deve realizzare uno dei sequel più attesi del 2015! Pertanto è stato necessa- rio visionare ogni tipo di materiale d'archivio girato da Schwarzeneg- ger negli anni '80 per immagazzi- nare, in una vasta libreria di im- magini, ogni dettaglio del suo volto e registrare le sue caratteristiche attuali attraverso una sessione di performance capture. La controfi- gura che invece ha prestato il cor- po al giovane T-800 è Brett Azar, 27enne culturista australiano e grande fan di Schwarzenegger, scelto dalla produzione per le sue specifiche fisiche molto simili a quelle dell’attore. In questo modo, i tecnici della computer grafica hanno potuto combinare il fisico del culturista australiano con immagini di repertorio (gare di culturismo, film, ecc.) di Sch- warzenegger e, modificando petto- rali e glutei, hanno ricreato digital- mente il fisico dell’attore. In totale, la scena dello scontro tra i due Ter- minator ha richiesto ben 12 mesi di lavoro: questo per ottenere 35 fotogrammi chiave utilizzati per soli cinque minuti in Genisys! Possiamo dire che questa saga ha vantato diversi alti e bassi (molto apprezzati i primi due capitoli, un po’ meno il terzo e il quarto); ciò nonostante l'affetto del pubblico nei confronti della serie non è mai mancato tanto che già sono stati annunciati due sequel, in program- ma per il 19 maggio 2017 ed il 29 giugno 2018. Lo stesso motivo, for- se, che ha spinto Schwarzenegger a riprendere in mano non solo la produzione della saga ma anche il suo iconico personaggio. ANIMAZIONE A sinistra il culturista australiano Brett Azar presta il suo corpo possente per la versione ringiovanita di Terminator, a destra, che risulta praticamente indistinguibile dall’originale del 1984.
  • 34. 3434 S iamo talmente abituati ad associare al design cose belle e di lusso (auto, ville, gioielli, arredi, moda, ecc.) da dimenticare, quasi completa- mente, che questa parola inglese significa principalmente progetta- zione. Sono convinto che lo stesso Rambaldi si sorprenderebbe di fi- gurare in questa rubrica che sinora ha ospitato prevalentemente ar- chitetti, designer di auto, oggetti ed arredi eppure non riesco a non attribuire al grande maestro di ef- fetti speciali un ruolo diverso da quello di progettista nel senso più stretto con cui questo termine pos- sa essere inteso. Quando ci siamo commossi con E.T., o ci siamo riz- zati sulla sedia, in preda ad un mi- sto di orrore e di ribrezzo, guardan- do le agghiaccianti creature di Alien o, usciti dal cinema, abbiamo guardato la terra su cui poggiava- mo i piedi grati alla vita che sul nostro pianeta non esistessero quei maledetti e crudeli vermi gi- ganti in grado di distruggere ogni cosa gli si parasse dinanzi e fago- citare, in un sol boccone, intere persone, inevitabilmente la nostra parte più infantile, quella che si è spaventata e divertita, resta pro- fondamente ammirata e grata in- nanzi a tanta maestria ignorando tutto il lavoro di progetto e di rea- lizzazione che c’è dietro ognuna di quelle creature meccaniche. L’idea di scrivere un pezzo su Rambaldi mi è venuta venerdì 10 luglio scor- so, guardando, a notte fonda, su RAI 3 “Fuori orario - cose mai vi- ste” che riproponeva il ciclo di puntate de L’Occhio magico: il ci- nema come si fa, un programma televisivo realizzato a quattro ma- ni, tra il 1989 e il 1990, dal regista Giuseppe Ferrara e dal critico ci- nematografico Giacomo Gambetti. I due autori producono per la tele- visione, e con intento didattico, una trasmissione televisiva sulla "macchina cinema" in cui allo spettatore viene mostrato come la realizzazione di un film sia un pro- cesso assolutamente collettivo in grado di coinvolgere centinaia di persone che, anche se operanti in comparti diversi, sono tutte impe- gnate a far diventare ogni film un pezzo unico con un lavoro artigia- nale di altissima qualità e profes- sionalità. Il programma, struttura- to benissimo e presentato con la stessa chiarezza e passione di una serie di tutorial di YouTube, si ba- sava sulle testimonianze dirette di grandi maestri della macchina da presa come il regista Nanni Loy, il direttore della fotografia Tonino Delli Colli e il montatore cinemato- grafico Nino Baragli (entrambi col- laboratori di Pasolini) e, tra gli al- tri, Carlo Rambaldi. Affascinante e coinvolgente più che mai, il mae- stro mostra nella puntata L’effetto speciale i suoi trucchi di scena senza misteri, sicuro del suo sape- re e felice di poterlo trasmettere agli spettatori e ai tanti bambini che popolavano la sua mostra ro- mana del 1990. Estremamente in- teressante è la spiegazione sul DESIGNER Carlo Rambaldi di Salvio Giglio Carlo Rambaldi “spiato” dalla sua creatura mentre disegna E.T.
  • 35. 3535 R’s STORY Rambaldi accanto al disegno scala 1:1 della testa di Kong Spaccato della testa di King Kong Studio dell’articolazione della mano di King Kong Jessica Lange nel palmo della mano di King Kong Il set per le riprese della mano Rambaldi alle prese con i progetti di King Kong 2
  • 36. 3636 DESIGNER La testa di alieno di Alien, in alto lo studio del modellato esterno; in basso una sezione trasversale per spiegare le funzionalità della maschera.
  • 37. 3737 R’s STORY funzionamento di alcune macchi- ne di scena come: l’animazione del braccio e della manona di King Kong, del 1976, inquadrato nelle scene in cui stringe una giovanis- sima Jessica Lange nei panni del- la naufraga Dwan; la raccapric- ciante testa di alieno del film Alien, del 1979, schifosa anche fuori dal set ; gli occhi di E.T. che sbirciano attraverso le vene- ziane della finestra della casa in cui è ospitato, animazione realiz- zata per una delle scene dell’omo- nimo film del 1982, E.T. l'extra- terrestre; il funzionamento dei vermi giganti del film Dune del 1984. Di ogni macchina Rambaldi, da buon designer, aveva realizzato i progetti e tutti i bozzetti in cui veniva spiegato dettagliatamente agli addetti agli effetti come azio- nare i vari particolari di ogni ap- parecchio scenico. Un piacere per la vista, credetemi! Tutti i lavori di Rambaldi sintetizzano, con oggetti animati unici per la loro destina- zione d’uso, un mix di altissima tecnologia ingegneristica e arte, dal momento che proprio a que- Hans Ruedi Giger, co autore della creatura aliena di Alien Rambaldi mette a punto gli azionamenti della testa dell’alieno
  • 38. 3838 DESIGNER Una pagina didattica di Rambaldi per spiegare i rudimenti dell’animazione per personaggi tipo per una trasmissione televisiva degli anni ‘80
  • 39. 3939 R’s STORY st’ultima è richiesta la verosimi- glianza degli effetti che è la vera protagonista di tantissimi film. Poetica e formatività Si può parlare di poetica di un ef- fetto speciale? Si può analizzare la formatività di Rambaldi? Si, certa- mente, perché alla fine ogni lavoro progettuale segue un filone com- positivo ben preciso, anche se si tratta di effetti speciali. Cambia l’oggetto progettato e il suo ambito funzionale ma ciò non lo priva as- solutamente del suo esser stato creato secondo un “modo di fare” unico, originalissimo e capace di farlo riconoscere subito, univoca- mente, anche tra un secolo che fu inventato da Rambaldi. Ovviamen- te la poetica di un meccatronico degli effetti speciali coincide ne- cessariamente con le sue ricerche tecnologiche e col modo in cui de- clina, applica e combina i materia- li con l’elettronica, gli azionamenti oleodinamici e la meccanica. Così nei suoi primi effetti puramente meccanici e di chiara provenienza teatrale, come il drago Fafner del 1956, si può ricavare la poetica ini- ziale di Rambaldi tutta improntata a far rivivere sul grande schermo i personaggi mitologici e fantastici della letteratura classica. La sua produzione degli anni Settanta risente, in alcuni lavori, dell’in- flusso splatter dei nuovi filoni ci- nematografici pop dell’epoca, il poliziesco e il thriller, e così i set si tingono di tanto sangue, come con la drammatica decapitazione dell’assassina in Profondo Rosso di Dario Argento del 1975. La poeti- ca di Carlo in quel periodo conosce anche e soprattutto il grande amo- re per la fantascienza e tocca l’api- ce della robotica applicata in Alien ed E.T, in cui il connubio automa- zione/figura modellata vivifica la macchina conferendogli un’identi- tà reale, tangibile a tal punto da spaventare, intenerire o addirittu- ra commuovere lo spettatore. Se il Cinema è un’arte complessa, per- ché a sua volta formata da tante arti, gli effetti speciali sono tra queste la migliore manifestazione artistica dei nostri sogni e dei no- stri incubi migliori. Una magia assoluta che solo la pellicola rie- sce ad immortalare e documentare sapientemente. Non meno dell’ar- chitettura, dell’ingegneria, dell’in- terior design anche qui, negli spe- cial effects, è un discorso di textu- re, di materiali da applicare, di nuove tecnologie da conoscere; solo chi comprende profondamen- te tutto ciò riesce alla fine ad orga- nizzare e ottenere composizioni destinate a diventare paroles, pa- radigmi di quella specifica disci- plina. Non a caso scriverà lo stori- co del cinema Paolo Marocco nella voce dedicata a Rambaldi nell’En- ciclopedia del Cinema (2004) della Treccani: “Nonostante la meta- morfosi tecnologica, le opere di R. hanno impresso un particolare paradigma stilistico alla fanta- scienza dell'ultimo ventennio, di- mostrando il debito della modella- zione numerica nei confronti della scultura tradizionale.”. Scena splatter di Profondo rosso: la decapitazione del robot creato da Rambaldi con le fattezze dell’assassina
  • 40. 4040 DESIGNER Rambaldi e vari disegni di E.T.; in basso uno dei vermi giganti di Dune
  • 41. 4141 R’s STORY Sintesi biografica Carlo Rambaldi nasce il 15 settem- bre del 1925 da Valentino, il mi- glior meccanico del paese, e Maria Taionini, la bellissima figlia dell’u- nico sarto di Vigarano Mainarda (Ferrara). Tutto cominciò nel 1935 quando Carlo, ancora adolescente, assiste alla proiezione di King Kong di Merian C. Cooper ed Er- nest B. Schoedsack, e decide, in cuor suo, che si sarebbe occupato di animazione di personaggi cine- matografici. Dopo il diploma di geometra si laurea all'Accademia di Belle Arti di Bologna nel 1951; ama Picasso e il cubismo e le sue opere pittoriche riflettono questa passione in uno stile molto pulito e personale e che viene ricono- sciuto anche attraverso vari premi ricevuti con alcune mostre di pit- tura ove espone i suoi primi lavori. All’amore per la pittura Carlo asso- cia quello del cinema socialmente impegnato, che racconta il disagio del proletariato urbano e rurale e che trova in Antonioni, De Sica, Germi, Lattuada, Rossellini i mas- simi cantori del Neorealismo. Non c’è solo quest’anima artistica a contendersi il cuore Carlo. Insie- me ad essa, infatti, ne coabita una seconda, non meno esigente e vo- litiva dell’altra: quella di un effi- ciente, curioso ed appassionato tecnico con competenze avanzate di meccanica, elettrotecnica ed elettronica. Il connubio di queste due anime spinge Rambaldi ad un primo approccio in un campo tutto nuovo per lui e tutto da esplorare: quello del cinema a cui approda nel 1955 con un suo documentario a colori: Pescatori di storioni. In questo lavoro Rambaldi realizza dei pesci animati che possono tranquillamente definirsi delle vere e proprie sculture semoventi. E’ il 1958 quando Carlo, appena trentenne, realizza il suo primo lavoro su commissione per il cine- ma: si tratta di una creatura fanta- stica, il drago Fafner, e di dimen- sioni ragguardevoli (16 metri di lunghezza) che il maestro realizza per il film Sigfrido di G. Gentilomo. da quel momento la sua carriera prende il volo: comincia a lavorare per registi quali Mario Monicelli, Marco Ferreri, Pier Paolo Pasolini e Dario Argento. All’inizio degli anni ’70 era talmente nota la sua perizia nel realizzare personaggi animati che quando nel 1971 ven- ne riaperta l'istruttoria sulle circo- stanze della morte di Giuseppe Pinelli, il magistrato inquirente lo incaricò di costruire un manichi- no che riproducesse le caratteri- stiche fisiche del giovane anarchi- co per effettuare un esperimento giudiziario finalizzato a ricostrui- re le modalità di caduta del corpo dalla finestra della questura di Mi- lano. A metà degli anni ’70 Carlo si trasferisce con tutta la famiglia negli States in quel di Los Angeles Rambaldi nel suo studio di progettazione e fabbricazione prototipi
  • 42. 4242 DESIGNER ove rapidamente diventa parte della grande macchina di produ- zione cinematografica hollywoo- diana e perfeziona le sue compe- tenze in meccatronica. Carlo tocca l’apice del successo con l’oscar del 1976 con il film di John Guiller- min, King Kong, per cui Rambaldi realizza sia il gigantesco gorilla di 13 metri di altezza, l’animazione di alcune articolazioni nonché le maschere dell’animale in grado di esprimere le più comuni emozioni e indossate da Rick Baker; effetti che lo rendono famoso a livello internazionale come gli attori più quotati. Nel 1977 collabora agli ef- fetti per le riprese di Incontri rav- vicinati del terzo tipo di Spielberg realizzando l’alieno stilizzato ispi- rato alle sculture di A. Giacometti. In collaborazione con Hans Ruedi Giger, autore dei disegni e delle scenografie di Alien di Ridley Scott realizza l’orripilante creatu- ra aliena per cui riceve il secondo oscar nel 1980. Il suo capolavoro assoluto è il tenero protagonista di E.T. l’extra-terrestre del 1982 rea- lizzato per Steven Spielberg; il personaggio creato da Rambaldi è talmente realistico da riuscire a coinvolgere nella narrazione, com- muovendo e divertendo, spettatori di ogni età. Per le riprese erano stati costruiti tre modelli diversi: due meccanotronici, dotati rispet- tivamente di ottantacinque e ses- santa punti di movimento, ed uno esclusivamente meccanico, con quaranta punti animati. In un’in- tervista sul film rilasciata in quel periodo Rambaldi afferma che l’i- spirazione per la creazione della testa del personaggio di E.T. gli era venuta osservando la mimica facciale di un gatto himalayano mentre per il corpo aveva elabora- to le indicazioni di massima forni- tegli da Spielberg. Parlando poi della scena finale del film, quella in cui i ragazzi prendono il volo in sella alle biciclette, Rambaldi ri- corda che Spielberg si era rifatto all’ultima scena di “Miracolo a Mi- lano” di Vittorio De Sica. Questo lavoro lo condurrà nel 1983 al ter- zo premio oscar. Di grande impat- to suggestivo saranno i suoi vermi giganti di Dune del 1984 di David Lynch e gli effetti speciali di King Kong 2 del 1986 ancora diretto da Guillermin. Con la comparsa sulla scena, nella seconda metà degli anni ’80, dell’effettistica digitale e la conseguente monopolizzazione del settore da parte di società spe- cializzate e finanziate dalle grandi case di produzione per abbattere i costi e massimizzare la produzio- ne, Rambaldi si allontana dal mondo del cinema percependo che la sua arte era minacciata dai nuovi effetti digitali che diventa- vano sempre più versatili e con- correnziali. I lavori di Rambaldi, estremamente specializzati, han- no progressivamente ceduto il po- sto alla modellazione 3D applicata ai film in fase di postproduzione, risultando man mano sempre me- no competitivi nell'ambito del nuovo mercato. Negli anni Novan- ta aveva progettato un grande par- co espositivo sulla civiltà umana chiamato Millennium, senza riu- scire, purtroppo, a reperire i fondi necessari per costruirlo. Nel 1995 produce il thriller Decoy diretto dal figlio Vittorio. Nel 1996 fonda a Terni l'Accademia Europea degli Effetti Speciali, e si dedica all'in- segnamento sino al 2000 dopo aver formato trentadue tecnici del settore. Rambaldi disegna nel periodo in cui insegnava nella sua Accademia di Effetti Speciali a Terni
  • 43. 4343 R’s STORY Titolo Regista Anno Sigfrido Giacomo Gentilomo 1957 Perseo l'invincibile Alberto De Martino 1963 Terrore nello spazio Mario Bava 1965 Il boia scarlatto Massimo Pupillo 1965 La strega in amore Damiano Damiani 1966 L'Odissea- miniserie TV F. Rossi, P. Schivazappa, M. Bava 1968 Femina ridens Piero Schivazappa 1969 Una lucertola con la pelle di donna Lucio Fulci 1971 Reazione a catena Mario Bava 1971 La notte dei diavoli Giorgio Ferroni 1972 Casa d'appuntamento Ferdinando Merighi 1972 L'arma, l'ora, il movente Francesco Mazzei 1972 Frankenstein '80 Mario Mancini 1972 Estratto dagli archivi segreti della polizia di una capitale europea Riccardo Freda 1972 Il mostro è in tavola... barone Frankenstein P. Morrissey, A. Margheriti 1973 Dracula cerca sangue di vergine... e morì di sete!!! Paul Morrissey 1974 La mano che nutre la morte Sergio Garrone 1974 Le amanti del mostro Sergio Garrone 1974 La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone Pupi Avati 1975 Profondo rosso Dario Argento 1975 King Kong John Guillermin 1976 Incontri ravvicinati del terzo tipo Steven Spielberg 1977 Alien Ridley Scott 1979 La mano Oliver Stone 1981 Possession Andrzej Żuławski 1981 E.T. l'extra-terrestre Steven Spielberg 1982 Conan il distruttore Richard Fleischer 1984 Dune David Lynch 1984 Unico indizio la luna piena Daniel Attias 1985 King Kong 2 John Guillermin 1986 Rage, furia primitiva Vittorio Rambaldi 1988
  • 44. 4444
  • 45. 4545 L a velocità dello scorrere del tempo è relativa. Il tempo con il quale evolve la tecnologia, non è lo stesso dell'essere umano. La rete internet di oggi, è generazioni avanti rispetto alla sua comparsa nel 1995. Nella scala umana però, sono passati appena 20 anni, me- no di una generazione. Questo si- gnifica, che ogni X mesi, non è im- probabile trovarsi di fronte a una novità. Alcune novità sono rile- vanti, come l'invenzione di una nuova tecnologia che pianta al suolo una pietra miliare; altre, so- no meno rilevanti. Quello che mi lascia positivamen- te sorpreso, ogni volta, è vedere come la mente umana riesca sem- pre a inventare del nuovo, dove poco prima sembrava non ci fosse più nulla da inventare.. E' pur vero, che siamo talmente abituati all'e- voluzione dell'immagine, che dopo brevissimo tempo, le cose nuove fino a un mese prima, vanno a noia; così, per avere 'novità', non è necessario qualcosa di nuovo, ma di semplicemente diverso. In que- sto caso, si tratta del mondo Blog, dei post, degli articoli. Stoytelling, raccontare una storia, si sta impo- nendo come nuova nicchia del blogging. Google è ovviamente sempre al passo con le novità del- la rete, e infatti, da poche settima- ne ha introdotto la funzione 'Storie' per gli album fotografici. Se carichiamo una serie di foto- grafie, che contengano i dati di scatto (e quindi, ad esempio, an- che la data dello stesso), Google sceglierà le migliori, e le disporrà in una sequenza cronologica, creando una timeline, lungo la quale dispone i vari scatti. L'effet- to grafico ed estetico è piacevole. Tuttavia, è una versione molto semplice di questo nuovo stile: lo Storytelling. Premetto che, non a qualsiasi ar- gomento di post, si può applicare questa veste grafica. Se l'argomen- to è: come bloccare un IP in .htaccess, difficilmente si potrà ricamarci sopra un romanzo. Men- tre, se si racconta ad esempio un episodio di cronaca, di vita, o an- che della realizzazione di un'opera (grande costruzione di un ponte o un grattacielo), beh, allora vale la pena considerare lo... STORYTELLING Si tratta di snodare lungo il post, tutte le risorse possibili: testo, tito- li, immagini, audio, video, docu- menti; sfruttando funzioni di grafi- ca quali il parallasse, o altro, il cui FARE BLOGGING di Antonio Martini Lo stile Storytelling
  • 46. 4646 limite è rappresentato solo dalla fantasia e dalla creatività. L'inizio del post sarà il momento zero, con la premessa. Lo scorrere del post corrisponde alla timeline; lungo la quale, si andranno a disporre i vari elementi documentali: testo, im- magini, video, eccetera. Leggere una storia, non è come leggere un Post nel senso tradizionale. Il con- tenuto è un pò romanzato. Ma so- prattutto, coinvolge. Ma non solo... Se il post-story è ben costruito, graficamente parlando, esso avrà la capacità di portare il lettore in una dimensione surreale; un altro tempo, un altro spazio. Mi rendo conto che questa semplice descri- zione può lasciare scettici: "mah, le solite parole, ma poi chissà cosa c'è di realmente concreto". Quindi, credo che la cosa migliore, sia quella di vedere almeno un paio di Post realizzati con questa tecnica, per rendersi conto che persino il termine 'post', possa sembrare ob- soleto: La bufera di neve - The New York Times http://www.nytimes.com/ projects/2012/snow-fall/#/? part=tunnel-creek Appuntamento con la morte: l'uc- cisione di Kennedy - National Geo- graphics http://kennedyandoswald.com/#!/ premiere-screen Cos'è il codice? - Bloomberg http://www.bloomberg.com/ graphics/2015-paul-ford-what-is- code/ Glitter in The Dark http://pitchfork.com/features/ cover-story/reader/bat-for-lashes/ WORDPRESS Abbiate pazienza, ma io amo WordPress, e non mi curo di altri CMS, quindi posso suggerire un plugin solo per esso: Aesop - story engine for wordpress http://aesopstoryengine.com/ Oppure, cercate 'Aesop' nella schermata 'aggiungi nuovo plu- gin'. Questo plugin ci aiuta a creare uno Storytelling, inserendo i vari ele- menti, ma soprattutto quello che più difficilmente potremmo creare senza un ausilio: la timeline, con i punti di aggancio link temporale. Buona scrittura. Codice, è poesia. FARE BLOGGING
  • 48. 4848 INTER Filippo Girardi C iao Filippo presentati ai nostri lettori. Salve a tutti! Mi chiamo Filippo Girardi ho 41 an- ni sono sposato e ho una bellissi- ma bambina di 9 anni di nome Giulia. Vivo nella zona più bella del veronese: la Valpolicella, paese d'arte e di vino. Lavoro come scul- tore nell'ambito del marmo e mi diletto come modellatore 3D , da qualche anno ho coniugato queste due arti, "classico e moderno". Mi diverto in mountain bike e visto che il lago di Garda dista pochi chilometri, quando ho del tempo libero mi diverto con la pesca su- bacquea. La mia vera passione re- sta il disegno e modellare argilla e plastilina, lo trovo un ottimo alle- namento sia manuale che menta- le. I tuoi lavori mostrano un talento estremo per la grafica e la model- lazione 3D... Quando hai comincia- to ad armeggiare con matite e co- lori? In famiglia ci sono altri talen- ti artistici? Ho ereditato da mio padre Gilberto e da mio zio, Cav. Cinetto Giusep- pe, la passione per l'arte. Fin da piccolo utilizzavo materiale di ri- ciclo (stucco per vetri) per model- lare e mi divertivo a disegnare vi- gnette e caricature. Hai cominciato presto a lavorare come scultore? Avevo circa vent'anni quando per la prima volta presi in mano mar- tello e scalpello formandomi nelle vecchie botteghe di sculture nel paese di Sant' Ambrogio di Valpo- licella, lavorando a fianco di artisti del settore. Quando hai cominciato a lavorare con i PC? Quale era il tuo primo Sistema Operativo? Ho cominciato ad usare il PC per curiosità utilizzando programmi CAD per il disegno tecnico con sistema operativo Windows e da allora non mi sono più fermato. Quali sono i tuoi software del cuo- re? Di software ne ho provati molti, ancora adesso ne sono attratto anche solo per curiosità, ma riten- go che Cinema 4D e ZBRUSH ab- biano soddisfatto le mie esigenze. Un noto filosofo degli anni ‘50 del secolo scorso, Luigi Pareyson, utilizzerebbe sicuramente i lavori di Filippo come esempi concreti della sua teoria estetica sulla formatività, a me tanto cara! La formatività di Filippo traspare già dalla modalità di presentazione dei suoi modelli virtuali che appaiono quasi come ecografie di opere d’arte in ge- stazione, in cui l’oggetto rappresentato non ha bisogno del colore per spiegare se stesso e la sua realtà espressi- va: sarà il marmo, in quanto tessuto naturale, con le sue venature e le sue trame, ad esprimere unicità e carattere dell’opera e questo nonostante la tecnica con cui essa è stata determinata appartenga a consolidati processi di produzione seriale. Indubbiamente un plauso va, ancora una volta, alla piattaforma Social di Google che è stata capace in quest pochi anni di vita di portare sul desktop dell’italiano medio arte, scienza e cultura, di mettere in luce questi nuovi talenti, le nuove arti e professioni del millennio appena cominciato. di Salvio Giglio
  • 52. 5252 Per lavorare con macchine CNC vuol dire che hai anche delle cono- scenze di base di automazione e robotica, sei un autodidatta o hai seguito qualche corso particolare? Direi proprio che sono un autodi- datta. Ho cominciato a usare frese a ponte CNC a tre assi, fin dall'ini- zio del mio percorso, guardando e domandando a personale più esperto, sperimentavo durante le ore di pausa e la voglia di impara- re era molta. Ancora oggi esperi- mento e scopro nuove tecniche di finitura per il marmo. Che tipo di macchine impieghi per la tua attività? Le prime macchine erano dei sem- plici pantografi, poi con delle frese a ponte semi automatiche. Ora col- laboro con un'azienda che utilizza frese a ponte, CNC con 5 assi inter- polati, però per adesso mi focaliz- zo solo nella modellazione 3D as- sociata alla scultura tradizionale e di design. Vivi nella città di Giulietta e Ro- meo in una Regione ricchissima di opere d'arte che da sole riempireb- bero un'enciclopedia, un luogo ideale per un artista tutto tondo come te... Oltre Verona quale altra città veneta senti tua? Da alcuni anni trascorro assieme alla mia famiglia un periodo estivo a Chioggia. Ho scoperto una locali- tà piena di fascino che non ha nul- la da invidiare a Venezia. E' opinione diffusa che la Compu- ter Grafica tende a snaturare l'uni- cità della produzione artistica ren- dendola seriale... Quanto c'è di ve- ro in quest'affermazione? La produzione seriale non deve distogliere l'attenzione dal valore profondo di un'opera, ogni pezzo riprodotto è un altro originale del tutto uguale ed indistinguibile senza perdere nessun valore si- gnificativo. Che sia una, cento o mille, l'importante che l'opera o l'idea sia la creazione di un singo- lo individuo nata da un suo reale e genuino bisogno di lasciare un segno. Il tour italiano artistico "ideale" che suggeriresti ad un amico stra- niero per la prima volta in Italia. Cominciando da Verona non deve mancare la romantica Venezia, tappa d'obbligo la galleria degli Uffizi senza dimenticare la bellis- sima Napoli, insomma avrei altri centinaia di luoghi da suggerire, non per nulla l'Italia è uno dei Pae- si più belli del mondo. Il tuo amore per l'arte ti ha spinto a viaggiare per "toccare con mano" certe opere? Cosa hai visitato e quale viaggio ricordi con più pia- cere? Il mio lavoro mi ha portato più vol- te a visitare la città di Carrara e Pietrasanta, luoghi obbligatori da frequentare per chi svolge la mia stessa professione, colma di opere ed artisti da tutto il mondo. L'ulti- mo viaggio nella cittadina di Pie- trasanta l'ho trascorso con amici e ricordo il buon cibo, il vino e, ov- viamente, le visite alle botteghe d'arte. Si possono mettere in relazione produzione artistica tradizionale e nuovi media? Secondo te quanto la rete ha contribuito ad avvicinare la gente all'arte in questi ultimi anni? I media sono sicuramente un ca- nale utile e necessario per la di- vulgazione di informazioni ed im- magini di opere al grande pubbli- co , ma per capirne la reale unicità devono essere viste e toccate in prima persona. Sicuramente la presenza di notizie e immagini sul Web relative alle opere d'arte sono un aiuto e uno stimolo per artisti e appassionati del settore, sia digi- tale che tradizionale e in questi ultimi anni ho visto un aumento di forum e blog dove le persone si possono scambiare informazioni e curiosità. Il nostro Paese ha il 70% del patri- monio artistico mondiale... di cui buona parte sta nei sotterranei dei musei. L'industria del turismo cul- turale produce 10 miliardi di euro all'anno, un terzo del PIL. Se fossi tu a decidere cosa faresti per po- tenziare questa preziosa risorsa economica? Visto che molte delle opere sono stipate nei sotterranei e i costi per la manutenzione sono elevati, po- trebbe essere un'opportunità po- terle dare in "affitto" anche a pri- vati ed a Istituti scolastici italiani e stranieri. Mentre lavori ascolti musica? Hai qualche genere preferito? Durante il lavoro accendo la radio, ma sono immerso in quello che sto facendo che a volte non mi rendo conto di ciò che viene trasmesso. Il genere che comunque preferisco è quello degli anni '80. Quali sono i tuoi progetti per il fu- turo? Vorrei poter sviluppare delle mie opere, idee messe nel cassetto da molti anni. In futuro mi piacerebbe realizzare una mostra delle mie opere, naturalmente voi di CADZI- NE sarete i primi ad essere invita- ti! Perchè hai scelto G+ come Social? Cosa ti piace particolarmente di esso e cosa lo differenzia dagli al- tri? L'ho scoperto grazie ad un amico. Lo trovo molto divertente e credo che sia un luogo dove trovare ispi- razione e persone professional- mente competenti. INTERVISTA
  • 53. 5353
  • 54. 5454 MUS L a Jota è una danza folclo- ristica originaria dell’Ara- gona e diffusa, in numero- se varianti regionali, in tutta la penisola iberica; è in ritmo ternario, gradatamente accelerato, con le coppie di ballerini disposte frontalmente. Presenta alcune analogie con le tarantelle del Sud Italia e con la tammurriata napole- tana, che utilizza le castagnette, strumento simile alle nacchere (castañuelas). Non soltanto viene eseguita da danzatori professioni- sti nei teatri, o all'aperto in occa- sione di festività, ma anche dalla gente comune, costituendo un mo- mento di svago e di condivisione con altri che nutrono la stessa passione. I passi della jota sono simili al val- zer ma intervallati da salti, ed è proprio questa caratteristica a da- re il nome alla danza. Infatti, molto probabilmente, il ter- mine jota deriva dall’antico termi- ne valenciano xota, derivato a sua volta dal mozarabico šáwta (salto), diventando poi jota nel passaggio al dialetto castigliano. La jota danzata è molto antica: le sue origini risalgono al tempo de- gli Iberi, quando con il ballo si pra- ticava come omaggio alle divinità. Intorno al IV secolo, le danze sacre vengono introdotte anche nel cul- to cristiano e vi permangono a lungo arricchendo le cerimonie e i riti della Chiesa; col tempo, però, questi balli diventano l'espressio- ne della materialità umana e, dopo essere stati rifiutati dagli ordini ecclesiastici, nell'anno 774 vengo- no definitivamente proibiti da Pa- pa Zaccaria. Il popolo, che ormai si è appropria- to di queste danze sacre, le riutiliz- za adattandole agli usi e ai costu- mi locali; la jota, diventata così danza popolare, assume ovvie con- notazioni amorose: il corteggia- mento e la conquista sono ricon- ducibili alla galanteria manifesta- ta dal ballerino; la sfida e il duello sono rappresentati dalle ginoc- chiate e dalle pedate tipiche della danza. Da notare che, anticamente, a Valencia e in Cataluña, la jota si ballava anche durante la cerimo- nia delle sepolture. La prima jota cantata è identificata nel villancico, datato 1666, “De esplendor se doran los aires”, scritto da Rúiz de Samaniego, maestro di cappella del Pilar. Nell'Ottocento, la jota conosce il suo periodo di maggior splendore: la sua eleganza, la difficile esecu- zione dei suoi passi, il canto parti- colare che l'accompagna, contri- buiscono alla sua evoluzione come spettacolo teatrale, anche inserita in zarzuelas (zarzuela: tipica ope- retta spagnola, seria o giocosa, che unisce musica, prosa e danza). La jota si canta e si balla con l'ac- compagnamento di castañuelas, chitarre, mandolini, liuti, tamburi, flauti, cornamuse; nelle rappresen- di Nicola Amalfitano La Jota Spagnola... (quella Triestina è ben altro) Spartito de “Rhapsodie Espagnol” di F. Liszt
  • 56. 5656 MUSICA tazioni sceniche gli interpreti in- dossano di solito i propri costumi regionali; tuttavia ciò non avviene quando la jota è praticata come svago o come ballo sociale. Ogni regione della Spagna ha la propria jota: le più conosciute e popolari sono la jota dell’Aragona, quella della Mancha, quella di Ca- stiglia e Leon, della Navarra e della Rioja, la montañesa della Canta- bria, quella delle Asturias, della Galizia, dell'Estremadura, dell'Alta Andalusia e della Murcia. Differi- scono tra loro per alcuni particola- ri, quali ad esempio il modo di di- sporre le mani durante la danza, i colori dell'abbigliamento, le tema- tiche oggetto del canto. Nella jota montañesa, particolarmente ele- gante e signorile, le donne danza- no con gli occhi bassi, fissi ai piedi del ballerino. Nel periodo di maggior splendore, la jota, uscita dai confini spagnoli, diventa con Liszt musica per pia- noforte e, con Glinka, Balakirev e Saint-Saëns, musica per orchestra; il francese Raoul Laparra ne rea- lizza addirittura un'opera lirica. Nell’immagine in alto a sinistra, tratta dal video YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=DHUfTkqRjgg due giovanissimi danzatori interpretano la Jota Aragonese durante le semifinali di un concorso nazionale svoltosi il 9 novembre 2014 nella città spagnola di Tarazona. Nell’immagine in basso a destra tratta dal video YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=C8P7lFoYwf4 la Compagnia di balletto Igor Moiseyev si esibisce sulla musica di Michail Glinka (Mosca, 10 febbraio 2007)
  • 57. 5757
  • 58. 5858 NEW HARDW N el periodo che separa le due guerre mondiali lo sviluppo tecnologico legato al controllo ra- diocomandato di velivoli e natanti subisce un notevole sviluppo gra- zie anche alle recenti scoperte di Hermann Anschütz-Kaempfe e di Ambrose e Lawrence Sperry sulla stabilizzazione e sulla rotta con i loro dispositivi giroscopici. Tre Paesi occidentali, Germania, In- ghilterra e Stati Uniti, erano parti- colarmente interessati ed impe- gnati nel far progredire queste nuove tecnologie senza presenza di equipaggio a bordo che posse- dessero un’elevata precisione nel centrare l’obiettivo e, possibilmen- te dal costo contenuto finalizzate alle applicazioni su veicoli militari aerei e marini. Germania Per quanto orrore possa ancora oggi suscitare il termine Terzo Reich, rievocando tutto il lucido delirio di Hitler e della sua turpe compagine, bisogna riconoscere un’elevata valenza tecnica agli scienziati che servirono il regime nazista in quegli anni. Specificata- mente nel campo dei droni, impie- gati come armi micidiali, e del volo unmanned troviamo diversi filoni di ricerca per risolvere le principa- li problematiche tecniche dell’epo- ca come, il perfezionamento dei sistemi di radiocomando, per diri- gere sempre con maggior precisio- ne gli ordigni sui target; i sistemi di propulsione per ottenere armi a lungo raggio. Durante la fase docu- mentale di questo articolo mi sono reso conto che sarebbe stato quasi impossibile riassumere in questa sede, anche con molti articoli, tut- to il lavoro svolto dall’esercito te- desco nel campo degli armamenti speciali che più si avvicinavano agli UAV. A questo si aggiunga che non amo assolutamente le armi, di qualunque tipo esse siano, in quanto restano sempre atroci stru- menti di morte e distruzione e rap- presentano il modo peggiore per impegnare l’ingegno umano… Ho deciso quindi di limitarmi ad iso- lare due casi specifici che da soli aiutano il lettore ad intuire quale sia potuto essere l’apporto tedesco per queste nuove tecnologie ri- mandandolo per eventuali appro- fondimenti ai numerosissimi siti presenti sul WEB. Il radiocomando Kehl-Straßburg Lo sviluppo del sistema di radio controllo di ordigni chiamato Kehl -Straßburg incentivò la produzio- ne di nuovi ordigni aerei semi- automatizzati realizzate dalla Luf- twaffe nell'ultima parte della se- III puntata di Salvio Giglio Marylin, Reagan, gli UAV e la seconda guerra mondiale La Storia è capace di creare combinazioni affascinanti anche in momenti particolarmente drammatici comeLa Storia è capace di creare combinazioni affascinanti anche in momenti particolarmente drammatici come lo scoppio di una guerra mondiale… Accadde a Marylin Monroe, una bella ragazzona americana intenta nello scoppio di una guerra mondiale… Accadde a Marylin Monroe, una bella ragazzona americana intenta nel suo lavoro da operaia assemblatrice del drone/target OQ 2A, impiegata come modella di fortuna per unsuo lavoro da operaia assemblatrice del drone/target OQ 2A, impiegata come modella di fortuna per un servizio fotografico propagandistico affidato ad un giovanissimo capitano dell’US Army, Ronald Reagan...servizio fotografico propagandistico affidato ad un giovanissimo capitano dell’US Army, Ronald Reagan...