2. Ceramica dal greco Keramos = terra bruciata
Prodotti ceramici
Oggetti cristallini o parzialmente cristallini ottenuti dalla cottura di
argille impastate con acqua più eventuali additivi
“materie prime inorganiche foggiate a freddo e consolidate a caldo”
I prodotti vetrosi
“materie prime inorganiche foggiate a caldo e consolidate a freddo”
5. L’argilla
E’ una roccia sedimentaria definita come roccia pelitica
Sono le rocce sedimentarie più diffuse sulla crosta terrestre
Genesi: principalmente alterazione chimico-fisica dei feldspati che
perdono Na, K, Ca, Mg e si arricchiscono in Al e Si.
Dal punto di vista genetico si riconoscono le seguenti due tipologie:
- argille di depositi primari, (argille residuali) direttamente sulla roccia
madre;
- argille di depositi secondari (argille sedimentarie.s.s.)
6. Composizione dell’argilla
Minerali principali: fillosilicati del tipo dei "minerali
argillosi"
Minerali secondari:
- altri fillosilicati (muscovite, biotite)
- quarzo (SiO2)
- feldspati K,Na,Ca (Al,SiO2)3
- carbonati (calcite-CaCO3, dolomite-CaMg(CO3)2)
- ossidi e idrossidi (goethite, ematite, gibbsite)
- solfati (gesso-CaSO4)
- solfuri (pirite-FeS)
- sostanze organiche, ecc
7. Tipi di “argille”
Argille grasse - contengono molti minerali argillosi
- trattengono una grande quantità di acqua e la perdono
lentamante per evaporazione
- ritiro elevato durante l’essiccazione
- molto plastiche
Argille magre – contengono molta frazione sabbiosa
- trattengono poca acqua e la perdono velocemente
- basso ritiro
- poco plastiche
Argille caolinitiche – contengono principalmente caolinite
- colore bianco o giallastro
- impiegate nella produzione della porcellana
8. I minerali argillosi
Fanno parte del gruppo dei Fillosilicati ed hanno un habitus laminare
Principali minerali argillosi
illite (K,H2O)Al2(Si3Al)O10 (OH)2
clorite (Mg,Fe,Al)12(Si,Al)8 O20 (OH)16
caolinite Al2Si2O5 (OH)4
smectite (1/2Ca,Na)0,5-1(Mg,Fe,Al)4-6(Si,Al)8O10 (OH)20 nH2O
vermiculite Mg0,5-1(Mg,Fe)4-6(Si,Al)8O20 (OH)4 7-8H2O
clorite-vermiculite
illite-smectite
9. Comportamento dei differenti minerali argillosi
nei confronti dell’acqua
illite granulometria relativemente grossolana
non rigonfianti
clorite
caolinite
clorite-vermiculite granulometria fine, mediamente rigonfianti
favoriscono la plasticità
illite-smectite
smectite grananulometria fine, molto rigonfianti
vermiculite favoriscono la plasticità
10. Funzione dei diversi minerali
minerali argillosi matrice
+ calcite
muscovite
biotite funzione smagrante
quarzo riduzione del ritiro scheletro
feldspati aumento porosità del cotto
carbonati
chamotte
scheletro aggiunto
calcite con diverse funzioni
pirosseni
ecc.
11. Comportamento di alcuni minerali in cottura
feldspati fondente
Carbonati si dissociano nei rispettivi ossidi; se > 8%
può esserci disgregazione manufatto a
causa della loro idratazione
solfati (gesso) si dissocia in solfato, dannoso
pirite forma solfati
Ossidi di ferro la loro presenza determina il colore
(Fe2O3-FeO)
12. La plasticità dell’argilla
- è una delle caratteristiche dei materiali argillosi;
- si manifesta quando l’argilla assorbe l’acqua;
- si spiega grazie all’ azione lubrificante e legante
dell’acqua che crea una pellicola liquida attorno a
ciascun minerale argilloso;
- per ogni tipo di argilla esiste un ben definito “intervallo ” di %
d’acqua per cui esiste un comportamento plastico
13. La porosità nell’argilla essiccata
argilla grassa: soprattutto
fessure da ritiro
argilla magra: porosità
intergranulare e da ritiro
14. Cenni storici sull’impiego dei laterizi in
architettura
~ - in Grecia e nella civiltà etrusca l’uso dei laterizi cotti è limitato
alle strutture di copertura e alle pareti decorative;
-in epoca romana il termine “opus latericium” indica le costruzioni in
mattoni essiccati al sole (lateres crudi) che caratterizzano l’edilizia
fino al I sec aC.; successivamente il mattone cotto (testae o lateres
cocti) viene usato in tutto lo spessore del muro o come rivestimento
dell’opera cementizia.
- ora si intende con opera quadrata i laterizi e con opera tonda il
vasellame
15. Processo di produzione dei laterizi
Estrazione delle materie
Stagionatura
prime dalla cava
Formatura Preparazione
dell’impasto
Essiccamento Cottura
G.P.Emiliani, F.Corbara,”Tecnologia ceramica. Le tipologie” vol.III, Faenza ed.
16. Processo di produzione
Formatura
Formatura a mano in pasta molle (metodo tradizionale):
Metodo simile a quello antico. Il materiale deve essere
abbondantemente inumidito (25-30% umidità) ed avere
bassa plasticità. Si introduce in uno stampo in legno e si
comprime a più riprese per riempire completamente lo
stampo e per far uscire l’aria presente nelle cavità.
Formatura per stampatura a macchina in pasta molle
Laterizi con aspetto simile a quelli fatti a mano
L’impasto può essere addizionato con granuli di rocce
altofondenti, tufo, pomice, argille di diversa composizione,
granuli di argilla cotta di diverso colore
16
17. Processo di produzione
Formatura
Formatura per estrusione
Si adatta a materiali umidi con plasticità sufficiente a permetter il loro
passaggio attraverso un diaframma forato (filiera). La forza necessaria è
impartita da un’elica rotante.
• Laterizi a sezione costante
• Coppi
L’umidità della pasta tra 15-20%
17
G.P.Emiliani, F.Corbara,”Tecnologia ceramica. Le tipologie” vol.III, Faenza ed.
18. Processo di produzione
Formatura
Formatura per pressatura a umido
Per prodotti di forma variabile nelle
tre dimensioni
Le tegole piane del tipo olandese,
romano, portoghese, marsigliese,
pezzi speciali per copertura, coppi,
le vasche ed i vasi da fiori
L’umidità della pasta tra 15-20%
G.P.Emiliani, F.Corbara,”Tecnologia ceramica.
18
Le tipologie” vol.III, Faenza ed.
19. Processo di produzione
Formatura
Formatura per pressatura a secco
Per prodotti di forma variabile nelle
tre dimensioni
L’umidità massima al 3-5%. Si usa per mattoni
pieni. Si ottengono manufatti di misura precisa
per minimo ritiro in essiccazione
G.P.Emiliani, F.Corbara,”Tecnologia ceramica. Le tipologie” vol.III,
19
Faenza ed.
20. Processo di produzione
Formatura
Formatura per foggiatura alla ruota a tornio
Metodo tradizionale per “vasellame”
Formatura per colaggio
Per oggetti di grandi dimensioni difficilmente
ottenibili per pressatura. Lo stampo poroso,
assorbendo per capillarità la maggior parte del
liquido, determina la consistenza della pasta.
G.P.Emiliani, F.Corbara,”Tecnologia ceramica. Le tipologie” vol.III, Faenza ed.
20
21. Processo di produzione
Essiccazione
E’ un’ operazione molto delicata perché occorre fare in modo che l’evaporazione
dell’acqua si compia uniformemente in tutto il pezzo e non solo negli strati
superficiali: ciò determinerebbe una deformazione dei pezzi in cottura
Temp: 100-120 °C
Le particelle di argilla perdono la pellicola di acqua che le circonda ed il
manufatto si ritira fino a che tutte le particelle giungono a contatto reciproco.
Successivamente viene persa l’acqua di porosità senza ulteriore ritiro
- Le argille più plastiche hanno ritiro maggiore, minore porosità e
problemi di fratturazione 21
22. Processo di produzione
Cottura
E’ l’operazione che induce le definitive trasformazioni chimico fisiche
con il definitivo indurimento
Il riscaldamento ed il successivo raffreddamento devono procedere
gradualmente
Si deve evitare un’ eccessiva fusione dell’impasto (Temp 900-1000 °C )
23. Fornace a camera: Fornace Hoffman-fornace Fornace a tunnel- fornace
intermittente con fornace continua a fuoco mobile continua a fuoco fisso
sottostante
24. Processo di produzione
Cottura
Fasi di cottura:
-preriscaldo: completa perdita dell’acqua di imbibizione
- 400-750 °C: perdita dell’acqua di cristallizzazione dei minerali argillosi e
formazione di ossidi liberi (silice, allumina, MgO)
-750-900 °C: decomposizione di CaCO3, il quarzo e i feldsapti fondono
parzialmente favoriti da ox metallici e alcalini. Se il chimismo
è adatto, si formano silicati di Ca e Al (gehlenite,diopside)
-900-1000 °C: aumenta la fase fusa che riempie i vuoti della struttura,
inizia a formarsi mullite (3Al2O3 2SiO2)
-1100-1200 °C: ulteriore fusione
25. Resistenza meccanica del prodotto cotto
Dipende da:
-% minerali argillosi;
-finezza e suddivisione dei granuli;
-è inversamente proporzionale alla quantità di acqua;
-composizione chimica adatta alla formazione di fasi fuse (Na 2O, K2O, MgO)
e a favorire le trasformazioni chimiche e ricristallizzazioni;
-regolarità di essiccazione: per lo sviluppo di forze di coesione equilibrate
senza sollecitazioni di tensione residue con conseguenti fessurazioni;
-grado di essiccazione: troppa umidità residua in fase di cottura determina
tensioni interne con possibile formazione di scagliature;
-giusta esposizione alla massima temperatura di cottura;
-regolare raffreddamento
26. Difetti di cottura dei laterizi
Ferrioli: mattoni bruciati o
stracotti, di colore verde scuro
e con porzioni vetrificate nere
Albasi: mattoni poco cotti di
colore giallo chiaro perché il
calore non è stato sufficiente a
trasformare i composti del Fe
in Fe2O3
Il colore chiaro non sempre è
indice di cattiva cottura !
27. Cuore nero: non completa ossidazione
Dipende da:
-granulometrie molto fini e quindi bassa porosità;
-velocità di riscaldamento elevata fra 600-800 °C che causa la
formazione in superficie di una crosta impermeabile
L’aggiunta di smagranti riesce spesso ad eliminare il cuore nero
28. Altri difetti dei laterizi
Calcinelli: granuli biancastri di CaCO3 derivanti da idratazione e
successiva carbonatazione di CaO prodotto dalla dissociazione di
frammenti carbonatici in fase di cottura. Se tali frammenti sono
grossi e > 8-10 % si può avere la disgregazione del prodotto
Si può evitare la disgregazione,
immergendo in acqua i mattoni
subito dopo la cottura.
L’idrossido di Ca che si forma
va in soluzione senza che si
sviluppino tensioni
Torre Vanga - Trento
29. Scagliature: provocate da pressioni dovute allo sviluppo di gas.
Sono favorite da:
- bassa porosità
- alta velocità di riscaldamento,
- sviluppo di notevoli quantità di gas per la presenza di carbonati
o sostanze organiche finemente diffuse
30. Colore delle terrecotte
Colore rosso : è dovuto principalmente all’ossidazione dei composti del Ferro
Il grado di rosso dalla quantità di Fe2O3:
Fe2O3 < 3% da bruno rossastro a rosa bianco
Fe2O3 3-4% da bruno a rosso violaceo
Fe2O3 > 4% rosso cupo.
Colore crema o bianco: con elevate quantità di calcio, allumina e moderata di
Ferro
Colore blu o nero : è dovuto alla presenza provvisoria di FeO, cioè quando
durante la cottura si provocano atmosfere povere di Ossigeno e ricche di
Carbonio (atm. riducente). Si ottiene anche con l’aggiunta di MnO 2.
31.
32. Alterazione
Fattori interni:
- tipo ed entità della porosità;
- presenza di fasi vetrose composte da silicati di Na e K
- presenza di sali solubili (dall’ argilla di partenza, dalla
cottura)
- presenza di calcinelli
Fattori esterni:
- azione solvente dell’acqua pura su fasi vetrose
alcaline;
- azione solvente dell’acqua acida (NOx, CO2, SO2)
su tutte le fasi vetrose del manufatto;
- azione di idratazione del CaO (aumento di
volume);
- azione del gelo;
- presenza di sali solubili provenienti dall’esterno
(dalla muratura, dalla terra di seppellimento)
36. Rivestimenti
Sottile strato di materiale che ricopre l'impasto. Può essere:
- di natura vetrosa (VETRINA, SMALTO);
- con caratteristiche simili agli impasti ceramici (INGOBBIO, PATINA).
INGOBBIO
Rivestimento opaco, poroso, di varia colorazione
La sua composizione può essere argillosa o silicea
- ha la funzione di nascondere il colore dell'impasto,
- per renderlo impermeabile è necessaria l'applicazione di una vetrina o smalto
- è applicato quando l'oggetto è allo stato di durezza cuoio, può essere lucidato
37. PATINA CERAMICA
Rivestimento opaco, più o meno lucido, sottile
La materia prima è rappresentata dalla frazione più fine di argille illitiche,
separata per sedimentazione.
VETRINA
Rivestimento completamente vetroso, trasparente, incolore o colorato.
Può essere applicato direttamente sull'impasto, su ingobbio o su smalto
Composto da una miscela di sostanze (feldspati, silice, ox di Pb, acido borico)
che vengono dapprima fuse in crogioli. Il prodotto ottenuto si macina
finemente e quindi se ne fa una densa sospensione in acqua.
38. SMALTO
Rivestimento vetroso opaco
La sua opacità è causata da una fitta sospensione di particelle aventi indice
di rifrazione diverso da quello della massa vetrosa in cui sono disperse.
Se lo smalto presenta cristalli ben visibili a occhio nudo si definisce
cristallizzato.
Composizione simile alle vetrine con aggiunta di opacizzanti (ossidi di stagno,
zirconio, arsenico, antimonio, titanio)
39. Modalità di applicazione dei rivestimenti
L'applicazione del rivestimento può avvenire:
- sull'oggetto ancora crudo,
- parzialmente essiccato,
- durante la cottura (salatura),
- sul cotto
Il materiale di rivestimento può essere applicato :
- per spolveramento,
- allo stato secco,
- allo stato di sospensione acquosa per aspersione, immersione,
pennellatura o spruzzatura.
Talvolta vengono applicate sulla superficie solo delle sostanze fondenti
che reagiscono in cottura con l'impasto, portando alla formazione di un
rivestimento vetroso.
40. Applicazione di colori
Si può dipingere la pasta cotta non verniciata e quindi si copre
con una vetrina e si ricuoce oppure si dipinge il materiale già
smaltato (o verniciato) e ricotto e si cuoce una terza volta
41. Problemi nell’applicazione di rivestimenti
La composizione del rivestimento determina il suo comportamento
alla dilatazione. E’ importante che questo sia più vicino possibile a
quello della pasta ceramica
Cavillatura: problema che si verifica quando il coeff. di
dilatazione del rivestimento è > di quello della pasta. In
raffreddamento il rivestimento si ritira di più e si strappa.
Scheggiatura: coefficiente di dilatazione del rivestimento < di quello della
pasta. In raffreddamento il rivestimento si ritira di meno e si scheggia.
Argilla e feldspati diminuiscono il coeff. di dilat. della pasta,
Quarzo e calcare lo innalzano
SnO2 diminuisce il coeff. di dilatazione e aumenta elasticità, brillantezza,
resistenza agli agenti chimici
TiO2, fondente, aumenta la resistenza chimica e all’abrasione
42. rivestite e non
Terrecotte
Corpo ceramico colorato e poroso (rivestite o non rivestite)
Classe meno evoluta e più antica: laterizi, vasi;
Grezza: materiale archeologico;
Impasto non raffinato;
Temperatura cottura: 900°-1000° C, archeologica 600°-700°C;
Bucchero
impasto raffinato a colore nero (atm. riducente povera di O 2
e con sostanze carboniose). La combustione lenta della legna
crea CO che trasforma l’ossido ferrico rosso presente
nell’argilla in ossido ferroso nero.
43. Terrecotte invetriate
Vetrine di colore verde o bruno (ossidi Cu o Mn), la
cottura avviene sopra il biscotto precotto, in atm.
ossidante e a T= 850°C;
Uso: stoviglie da fuoco;
Impasto: argilla povera in calcio con rivestimento in
silicato di Pb;
Svantaggi: vetrina al Pb aggredita da sostanze acide
del cibo, libera sali di piombo nocivi;
Terracotta invetriata
monocroma veneziana
Terrecotte ingobbiate
Ceramica Graffita: ceramica graffiata su
ingobbio appena essiccato.
Ceramica ingobbiata
veneziana
44. Figuline
Ceramiche antiche con un rivestimento terroso
applicato in sottile spessore definito patina e/o
vernice, assimilabile ad un ingobbio; sono spesso
decorate a figure nere come la TERRA SIGILLATA Frammenti di scodelle
ARETINA. d'impasto, dalla località
Cilento (Ischia), Neolitico
Medio, 3500 a.C.
Faenze silicee
Tipica produzione egiziana.
Il supporto ceramico : costituito dal 95% di silice e
privo di elementi che lo rendono plastico al crudo,
quindi per formarlo si faceva uso di sostanze
organiche o silicato di Na.
Rivestimento : con smalto turchese
Piatto, Faenza XVI sec.
45. rivestite e non
Faenze
Terrecotte rivestite che si
differenziano dalle terrecotte
perché prodotte con argille più pure.
Le faenze smaltate si chiamano
maioliche
Smalto: vetro reso opaco dalla presenza di opacizzanti (SnO 2, TiO2).
E’ fissato con cottura ulteriore successiva a quella del biscotto,
contemporaneamente vengono fissate le decorazioni e la vetrina.
Spessore: maggiore di altre ceramiche perché il biscotto ha meno
resistenza, Temp. cottura bassa perché costituito da argille
carbonatiche.
Maioliche policrome smaltate veneziane
46. rivestite e non
Terraglie
In Inghilterra dal XVIII sec.
Terraglie forti: impasto di caolino,
feldspati (15%), quarzo (30-50%),
calcare(< 20%).
La prima cottura è tra 1250-1280 °C.
Sanitari da bagno, acquai, piastrelle.
Terraglie tenere: impasto di caolino o
argilla povera in Fe, quarzo (30%),
calcare (20%).
La prima cottura è a 950-1050 °C)
Vasi per pile, corpi filtranti ceramici
Gres
L’impermeabilità li differenzia da faenze e
terraglie, l’opacità e il colore dalle porcellane
Impasto: dato dalla miscela di più materie prime altofondenti;
con la cottura (1200°C) si ottiene un prodotto non poroso usato
per pavimenti, fognature ecc.
Sono tutti invetriati o smaltati
47. Porcellane
Ceramiche dure a pasta bianca vetrificata, resistente agli acidi, elevata
resistenza agli sbalzi termici, altissima resistenza meccanica (res.
compressione 400-1200 MPa), ottimo isolante termico ed elettrico
Porcellana dura: caolino (50%), quarzo (25%), feldspati (25%). Cotta prima
a 800 e poi a 1400 °C. Fra le due cotture si applica la vetrina
Porcellana tenera: la seconda cottura è fatta a 1300 °C. prodotta con
caolino, quarzo e come fondente:
- calcare (Porcellana di Sèvres)
- fosfato di Ca (porcellana inglese)
- magnesite (porcellana tecnica)
- nefelina o fritta (porcellana americana)
Prodotta in Cina 1000 anni fa, in Europa nel XVIII sec.,
nel 1575 a Firenze porcellana tenera, in Francia a
Sevrès XVIII-XIX sec.
48. Studio archeometrico delle ceramiche
archeologiche
Scopo dello studio è:
-ricostruzione della tecnologia di lavorazione,
-individuazione dell’area di provenienza, cioè l’area di
produzione del manufatto,
- definizione dello stato di conservazione.
49. Tecnologia di lavorazione
Si tratta di definire una serie di parametri che caratterizzano il
ciclo tecnologico di un manufatto ceramico, e in particolare:
-la natura dell’impasto, più specificatamente la sua microstruttura
e la sua composizione mineralogica e chimica;
-le condizioni di cottura, definite soprattutto dal tipo di
atmosfera nell’ambiente di cottura e dalla temperatura massima
raggiunta dal trattamento termico;
- il tipo di rivestimento eventualmente presente.
50. Natura dell’ impasto
Si indaga con l’osservazione in sezione sottile al
microscopio ottico in luce trasmessa.
Composizione dello scheletro
ceramica da cucina -Pantellerian Ware: granuli di dimensioni
impasto contenente grossi granuli di per lo più inferiori a circa 250 μm
pirosseno (fino a qualche mm)
51. Distribuzione dimensionale e forma dei granuli
La distribuzione granulometrica:
-seriale: tutte le classi granulometriche sono ugualmente rappresentate
(scheletro naturale)
-iatale: assenza di classi granulometriche intermedie (scheletro aggiunto)
I granuli angolosi di solito sono aggiunti
granuli arrotondati di calcite micritica già grossi granuli spigolosi di calcite
presente nell’impasto aggiunta
52. Distribuzione dimensionale e forma dei granuli
effetti di isorientamento delle lamelle micacee (sinistra) e
dei vacuoli (destra) prodotti dalle operazioni di foggiatura
53. Rapporto massa di fondo/scheletro/vacuoli
La massa di fondo è l’elemento strutturale fondamentale ed è costituito
dall’insieme dei minerali argillosi, non distinguibili al microscopio, trasformati
dalla cottura.
Lo scheletro è l’insieme dei granuli distinguibili dalla massa di fondo,
I vacuoli sono le cavità rimaste vuote in seguito a difetti di lavorazione, dovute
per lo più a bolle d’aria intrappolate nell’impasto durante la lavorazione allo
stato plastico
54. Omogeneità della massa di fondo
La presenza di aggregati, di dimensioni variabili da
circa 0,1 a 1 mm, che prendono il nome di “aggregati di
rocce argillose”(ARFs) , oppure ”bonherz” (aggregati
rossi ricchi di ferro), indica che l’argilla non ha subìto
un efficace trattamento preliminare, in grado di
distruggere i grumi, prima di procedere alla fase di
foggiatura dei manufatti
frammenti di rocce
argillose (ARFs)
Presenza di zone di diverso colore :
nella maggior parte dei casi i colori delle varie
zone sfumano l’uno nell’altro e sono attribuibili
principalmente ad effetti diversificati della
cottura. Anche in tal caso le sfumature di colore
denunciano uno scarso pretrattamento di
omogeneizzazione del materiale.
55. Grado di isotropia della massa di fondo
Il trattamento termico dell’impasto ceramico tende a distruggere i
i minerali argillosi. Si forma quindi materiale amorfo avente le stesse
proprietà ottiche in tutte le direzioni, contrariamente al materiale
cristallino:
- il materiale poco cotto è molto cristallino e quindi anisotropo (A);
- all’aumentare della temp. di cottura i minerali argillosi si vetrificano e
la massa di fondo diviene sempre più isotropa (I).
impasto poco cotto con impasto ben cotto con massa di
massa di fondo anisotropa fondo ad elevato grado di isotropia
56. Condizioni di cottura
Le condizioni di cottura possono essere definite da due parametri
principali:
- l’atmosfera di cottura
- temperatura massima raggiunta durante il trattamento termico
L’atmosfera di cottura è caratterizzata dalla sua capacità di ossidazione
degli elementi che presentano diversi gradi di valenza, in particolare il ferro
perché questo elemento è sempre presente in quantità significative negli
impasti ceramici antichi.
La possibilità di continuo apporto di aria nella fornace determina la completa
ossidazione del ferro, con la formazione di ossido ferrico (Fe 2O3 - ematite)
di colore rosso.
Un insufficiente ricambio di ossigeno determina invece la formazione di
ossido ferroso (FeO - wustite) e ossido ferroso-ferrico (Fe 3O4 - magnetite)
di colore grigio.
57. Temperatura massima di cottura
-“termometro mineralogico”: la composizione mineralogica degli impasti
(XRD) evidenzia i composti formatisi durante la cottura.
Conoscendo la temp. di formazione di queste fasi cristalline, si può dedurre la
temperatura massima raggiunta.
Questo sistema è particolarmente valido per gli impasti ceramici preparati
con materie prime argillose ricche di carbonati perché le reazioni fra i
minerali argillosi vetrificati e i carbonati sono quelle che determinano la
formazione del maggior numero di nuovi composti
- Identificazione della temperatura sopra la quale si ha una variazione
dello spettro di diffrazione X
- Microscopia ottica: si valuta il grado di anisotropia/isotropia della matrice
- Microscopia elettronica: si valuta il grado di vetrificazione
- Dilatometria: si misura la dilatazione termica del materiale ceramico in
funzione della temperatura e si individua la soglia di temperatura oltre la
quale le variazioni dimensionali del campione sono dovute non soltanto alla
normale dilatazione termica di tutti i corpi solidi, ma anche ad un’avvenuta
modificazione di composizione delle fasi presenti nel materiale
58. Reazioni in cottura: RICOSTRUTTIVE
Tra 700 – 1050°C
T -
e CaO + SiO2 CaSiO3 (wollastonite)
m
p
e 2CaO + Al2O3 + SiO2 Ca2Al2SiO7 (gehlenite)
r
a
t CaO + MgO + 2SiO2 CaMgSi2O6 (diopside)
u
r
a + CaO + Al2O3 + 2SiO2 CaAl2Si2O8 (anortite)
All’inizio la prima SiO2 disponibile è quella dei minerali argillosi,
poi con l’aumentare della temperatura, la SiO2 è quella del quarzo
- la gehlenite si trasforma in anortite
- il diopside si forma per reazione con Mg proveniente dalla distruzione
di smectite, vermiculite, dolomite
60. Termometri per la porcellana
di Capodimonte
Questa porcellana è particolare: è
realizzata con ~ 80 % di sabbia quarzosa
e come fondente natron (Na2CO3)
Presenza di fasi di alta Temp della silice: cristobalite, tridimite
61. All’aumentare della temperatura di cottura, cresce la quantità
di quarzo che si trasforma in cristobalite, e il rapporto
Cristobalite/Quarzo (Cr/Qz) può essere preso come un
indicatore relativo di temperatura di cottura:
> Cr/Qz → > Temp. cottura
Con la temperatura cresce anche la quantità di fase fusa, che
poi diventa vetro.
La tridimite cristallizza durante il raffreddamento dalla fase
fusa. Pertanto, essa sarà tanto maggiore quanto più alta è stata la
quantità di fuso, poi diventata fase vetrosa, e quindi quanto più
alta è stata la temperatura di cottura.
63. Composizione chimica dell’impasto
La determinazione della composizione chimica consente di dedurre il
tipo di materie prime impiegate nella preparazione dell’impasto
ceramico.
La composizione chimica, definita dalla quantità degli ossidi maggiori
(SiO2, Al2O3, Fe2O3, MgO, CaO, Na2O, K2O) e alcuni minori (TiO2,
MnO, P2O5), si determina con la tecnica della fluorescenza di raggi-X
(XRF) (tecnica distruttiva)
64. Rivestimenti
Lo scopo delle indagini è individuarne:
- presenza;
- tipo;
- spessore;
- microstruttura;
- interfaccia con l’impasto;
- determinarne la composizione chimica
Si utilizza:
- microscopia ottica in sezione sottile ;
- microscopia elettronica (SEM EDS) talora integrata o sostituita
con la spettrometria di emissione al plasma (ICP)
65. Osservazioni in sezione sottile
Si può distinguere facilmente il tipo di rivestimento (ingobbio, vernice,
vetrina, smalto) sulla base di opacità e trasparenza .
E’ anche possibile vedere se i diversi tipi di rivestimento sono applicati
contemporaneamente, in quanto sono tecnologicamente significativi diversi
accoppiamenti:
ingobbio/vetrina , ingobbio/smalto, smalto/vetrina, ingobbio/smalto/vetrina.
vetrina
smalto
ingobbio
ceramica graffita maiolica
66. Si possono mettere in evidenza diversi caratteri microstrutturali,:
- bolle
- cristalli indisciolti;
- cristalli di neoformazione;
- disomogeneità di composizione.
Tutti questi caratteri possono essere messi in relazione alla tecnologia di
lavorazione.
La presenza di cristalli indisciolti di quarzo, ad es. può significare l’uso di una
eccessiva quantità di tale componente oppure una scarsa macinazione della
materia prima che lo contiene
67. Lo sviluppo dell’interfaccia di reazione fra rivestimento ed impasto è in
relazione alla tecnologia di lavorazione:
- una notevole ampiezza di questa zona di raccordo fra impasto e smalto
nella maiolica, ad esempio, può indicare l’impiego della tecnica di lavorazione
in monocottura .
Lo smalto, cioè, sarebbe stato applicato sul manufatto foggiato ed
essiccato, dopodiché si esegue l’unica cottura che contemporaneamente
consolida l’impasto ceramico e fa maturare il rivestimento.
Nel caso opposto, lo smalto sarebbe stato applicato sul manufatto
foggiato, essiccato e cotto, dopodiché si realizza una seconda cottura
destinata a far maturare lo smalto
interfaccia di reazione
significativo accrescimento di una zona di interfaccia fra
lo strato di smalto e il biscotto in un reperto di maiolica.
68. Composizione chimica del rivestimento
Serve per risalire alle materie prime utilizzate per la costituzione della
miscela di partenza.
Tenuto conto del ridotto spessore dei rivestimenti, (da qualche decina di
micron per le vernici a qualche centinaio di micron per gli smalti), la
composizione chimica può essere determinata mediante SEM EDS/WDS
L’analisi SEM-EDS ha però molte limitazioni nella precisione di determinazione
degli elementi a basso numero atomico (Si, Al, Mg, Na), che sono molto
importanti nei sistemi ceramici.
Quando è possibile, quindi, si preferisce utilizzare la spettrometria di
emissione al plasma (ICP-AES) perché è molto sensibile e molto precisa.
Però è necessario disporre di un campione di smalto distaccato dal suo
supporto, per poterlo poi portare in soluzione oppure ICP-AES dotato di laser
ablation
69. vetrina di una graffita vernice di una ceramica a vernice nera
70. Provenienza
Il concetto fondamentale su cui si basa questo tipo di indagini è la
compatibilità di composizione degli impasti dei reperti studiati con le
materie prime locali, oppure con reperti già analizzati di cui sia
archeologicamente accertata la provenienza
La presenza di caratteristici cristalli di
enigmatite (o cossirite) negli impasti ceramici
di Pantellerian Ware ne consente l’immediata
attribuzione alla produzione dell’isola.
In impasti grossolani può quindi essere sufficiente uno studio in sezione
sottile ma a volte per identificare la provenienza di alcuni minerali vulcanici
può essere necessario effettuare una loro analisi chimica mediante
microsonda WDS
71. Provenienza nel caso degli impasti fini
Negli impasti cosiddetti “fini” i granuli di dimensioni riconoscibili in sezione
sottile sono molto scarsi, spesso inferiori al 5%. Ne consegue che la grande
maggioranza dell’impasto ha una composizione non discriminabile al
microscopio ottico. Si effettua quindi un analisi chimica
XRF portatile a dispersione di energia (EDS): poco sensibile per gli
elementi a basso numero atomico
SEM EDS: è necessario fare una sezione, poco sensibile per gli
elementi a basso numero atomico
Microsonda WDS: è necessario fare una sezione, sensibile anche per gli
elementi a basso numero atomico e per numerosi elementi in tracce
XRF a dispersione di lunghezza d’onda (WDS): su polvere, distruttivo,
sensibile anche per gli elementi a basso numero atomico e per
numerosi elementi in tracce
La tecnica più adatta per la determinazione degli elementi in tracce,
tuttavia, è l’attivazione neutronica (NAA)
72. Variazioni mineralogiche che si possono sviluppare nei
materiali cotti in condizioni di seppellimento
- precipitazione di calcite secondaria
da soluzioni acquose circolanti
-decomposizione di gehlenite in calcite
Gehlenite + nH2O + nCO2 Wairakite + CaCO 3
Ca2Al2(SiO7) CaAl2(SiO3) 2H2O
-reidratazione dei minerali argillosi non completamente distrutti (in materiali
poco cotti)
- formazione di analcime dal degrado delle matrici vetrose ricche in Na
73. Alterazioni dei rivestimenti
I rivestimenti maggiormente soggetti ad alterazione, al contatto con le
soluzioni circolanti nel terreno, sono gli smalti e le vetrine. Ciò dipende dal
fatto che il vetro è assai meno stabile rispetto agli altri materiali che
costituiscono i rivestimenti non cristallini, cioè ingobbio e vernice.
Lisciviazione
La più comune forma di alterazione dei rivestimenti vetrosi è la
dissoluzione e l’allontanamento selettivo dei suoi elementi costituenti
Solfurazione
Processo di alterazione che riguarda i rivestimenti a
piombo, siano smalti o vetrine, quando si trovano
sepolti in un ambiente ricco di zolfo, generalmente
prodotto dai cosiddetti solfo-batteri. Trasportato
dall’acqua, probabilmente come acido solfidrico in
soluzione, lo zolfo reagisce selettivamente con il
piombo del rivestimento e dà origine a solfuro di
piombo (galena) ed ha colore nero. Di conseguenza, il
rivestimento appare nero ed ogni eventuale Frammenti di maiolica con lo
decorazione presente sulla superficie diventa invisibile strato di rivestimento annerito
a causa del fenomeno della
solfurazione
74. SITO ARCHEOLOGICO COPPA NEVIGATA (FOGGIA)
Età del Bronzo
Tipologia: ceramica fine, vasellame, da cucina;
Scheletro: quarzo, feldspati, frammenti vulcanici,
chamotte, calcite spatica, calcite micritica;
Problema: frammenti vulcanici di che provenienza?
Ceramica locale o importata?
Vulcani: 3000/4000 anni fa:
- eruzione di Santorini (età minoica)
- eruzione del Vesuvio che ha portato alla deposizione
delle “pomici di Avellino” (1900 a.C.)
Analisi:
a) petrografica: minerali tipici eruzione Avellino (nefelina-scapolite);
b) microanalisi chimica: Si/alcali totali → serie alcalino potassica;
c) microanalisi dei clinopirosseni → diopside a sialite del Vesuvio
d) microanalisi chimica delle pomici utilizzate come smagrante
75. Istogrammi della composizione
chimica (Al2O3, CaO, FeO)
delle pomici di Avellino (grigie
e bianche) e delle pomici
utilizzate come smagrante
Conclusione: la produzione è locale dato che sono stati utilizzati i depositi
piroclastici del Vesuvio relativi all’eruzione delle “Pomici di Avellino”
76. Studio dei focolari tramite suscettività magnetica e
termoluminescenza
Lévêque F., Brodard A. et al. XVIIIe Colloque D’Archeometrie di GMPCA, 11-15 aprile 2011, Liegi (Belgio)
Nelle grotte preistoriche, la posizione dei focolari e la determinazione della
loro funzione sono molto importanti per la comprensione dell’occupazione umana
focolari: carboni, ceneri, materiali rubificati
Il riscaldamento provoca la formazione di
magnetite, minerale di elevata suscettività
La misura della suscettività magnetica, a partire da ox di Fe di media
magnetica permette di suscett. magnetica
localizzare le zone riscaldate
maggiore sucettività
maggiore temp.
magnetica
L’accoppiamento di termoluminescenza e suscettività magnetica effettuando
un confronto su campioni non riscaldati, permette di risalire alle temp.
raggiunte nei focolari