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COME 7 SART I ANDARONO
ALLA GUERRA COI TURCHI
Fiaba estone tradotta dal tedesco
(con testo a fronte)
“Wie sieben Schneider in den Türkenkrieg zogen”
Ehstnische Märchen (Kreutzwald) II
13. Wie sieben Schneider in den Türkenkrieg zogen.
Es lebten einmal in alten Zeiten sieben Schneider, denen das Nadeln
zuwider geworden war: sie wollten höher hinaus. Von manchen tapferen
Helden hatten sie erzählen hören und dann vernommen, daß im Türken-
lande ein großer Krieg angebrochen sei und daß wackere Männer dahin
gesucht würden. Bei dieser Nachricht schwoll unseren Männlein der
Kamm, sie wollten zu Felde ziehen um sich die Sporen zu verdienen;
und redeten darum untereinander wie folgt: »Wir stehen wohl auch un-
sern Mann! Bislang haben wir friedlich Löcher in's Zeug gestochen, ge-
hen wir jetzt mit stärkerem Spieß des Feindes Leiber zu durchbohren!«
Sie ließen sich nun einen langen Lanzenschaft aus dem stärksten Ei-
chenholz machen, dann vom Schmiede ihre sieben Scheeren zusammen-
schweißen, zu einer Lanzenspitze zurechthämmern und an das Ende
des Schafts festklopfen. Ehe sie sich auf den Weg machten, wurde ge-
loost, wer von ihnen Obermann werden und als Führer [40] vorangehen
solle. Als das Loos entschieden hatte, stellten sie sich in eine Reihe
und nahmen gemeinschaftlich die schwere Lanze auf ihre Schultern,
weil eben _Einem_ die Last zu schwer geworden wäre. Der Erste, der
durch's Loos gewählte Hauptmann, der die scharfe Spitze der Lanze
trug, wurde _Nasenmann_ genannt, weil seine Nase den Andern den Weg
zeigen sollte. Die fünf Folgenden erhielten die Namen: _Einkraftmann_,
_Zweikraftmann_, _Dreikraftmann_, _Vierkraftmann_ und _Fünfkraft-
mann_, was freilich nicht bedeuten sollte, daß Einer von ihnen die Kraft
von drei oder vier Männern gehabt hätte, sondern nur anzeigen, in wel-
cher Reihenfolge sie marschiren müßten, damit gar keine Irrung ent-
stehen könnte. Der Siebente wurde _Schwanzmann_ genannt, weil das
hintere Ende des Lanzenschafts auf seiner Schulter lag; die Kraftmän-
ner aber mußten auch noch abwechselnd den Brotsack tragen, der
eine ein Drittel des Tages, der andere das zweite Drittel und so weiter
bis zum sechsten. Ueberdies hatte Jeder ein Preßeisen in der Tasche,
damit nicht auf offenem Felde der starke Wind sie vom Wege fortblasen
könnte. Es eht sich übrigens von selbst, daß die Männer alle eben
so klug wie beherzt waren, da sie wohl sonst nicht gewagt hätten, eine
so große Sache zu unternehmen, die ihnen auf jedem Schritte den Tod
bringen konnte.
Favolr estoni (Kreutzwald) II
13. Come sette sarti andarono alla guerra coi Turchi.
Una volta, in tempi antichi, c’erano 7 sarti ai quali gli aghi eran diventa-
ti invisi: volevano emanciparsi. Essi sentirono raccontare di alcuni
eroi coraggiosi e poi vennero a sapere che in Turchia era scoppiata
una grande guerra e che uomini coraggiosi venivano reclutati per
ciò. A tale notizia ai nostri ometti si alzò la cresta, volevano scendere
in campo per guadagnarsi i galloni;
e si dissero l’un l’altro ciò che segue: “Noi siamo le persone adatte!
Fin’ora abbiamo tranquillamente punto buchi nel tessuto, ora andiamo
con forti lance al nemico il ventre a perforare!*
”
Essi si fecero allora fabbricare un lungo manico di lancia del più duro
legno di quercia, poi dal fabbro si fecero fondere assieme le loro sette
forbici, ne fecero forgiare una punta e la fecero fissare all’estremità
del manico. Prima che si mettessero in cammino venne prescelto chi
fra loro sarebbe stato il capo e che, come Führer (guida) **
, doveva sta-
re davanti agli altri. Quando la parte venne decisa si misero in fila ed
insieme presero la pesante lancia sulle spalle poichè proprio per uno
solo il carico sarebbe diventato troppo pesante. Il primo, il capo che
era stato deciso a sorte, che reggeva l’acuta punta della lancia venne
chiamato “uomoNaso” giacchè il suo naso avrebbe dovuto indicare agli
altri la strada. I cinque dietro di lui ricevettero i nomi: “UomoForza1”,
“UomoForza2”, “UomoForza3”, “UomoForza4”, “UomoForza5” che naturalmen-
te non significa che uno di loro avrebbe avuto la forza di tre o quat-
tro uomini ma solo indicare in quale posizione nella fila egli doveva
marciare così che non potesse sorgere errore alcuno. Il settimo ven-
ne chiamato “Uomo Coda” giacchè l’estremità posteriore del manico del-
la lancia poggiava sulle sulle spalle; gli uomini forza dovevano però
ancora portare a turno il sacco del pane: uno la prima parte del gior-
no, l’altro la seconda ed avanti così fino alla sesta.
Oltre a ciò ognuno aveva una zavorra in tasca
così che in campo aperto il vento forte non potesse soffiarli via dalla
strada. Si comprende bene da sè che gli uomini tutti erano tanto sag-
gi quanto risoluti poichè essi altrimenti non avrebbero avuto l’ardire
di addossarsi un così grande compito che ad ogni passo poteva
portarli a morte
1
[Fußnote 40: Wörtlich: »Nasenmann«. F. Löwe] **
[Nota a piè pagina 40: letteralmente: »UomoNaso«. L.]
*
Soprattutto il termine “Loch” potrebbe suonar volgare
So zum Kriege gerüstet zogen alle sieben Männer an einem schönen
Sommermorgen aus, nahmen zu rechter Zeit Frühstück und Mit-
tagsmahl, ruhten dazwischen im Schatten der Gebüsche aus, eilten
dann wieder weiter und wollten, wenn sie Jemandem begegneten, nach
dem besten Wege in's Türkenland sich erkundigen. Als sie so über Feld
gingen, sah der _Nasenmann_ und sahen auch die Andern einen
Bauerhof unweit der Straße, und es wurde sofort beschlossen zwei
Männer auf Kundschaft auszuschicken, ob man da nicht noch Mundvor-
rath für die Reise bekommen könnte. _Dreikraftmann_ und _Fünfkraft-
mann_ gingen hin um nachzusehen. Als sie zurück kamen, erzählten
sie den Andern, daß sie auf dem Hofe nichts weiter gefunden als drei
Weiber und einige Kinder, von Männern nirgends eine Spur. Der _Nasen-
mann_ sagte: »Kriegsleute müssen Muth haben, also gerade auf den
Feind los, und wenn er noch so stark ist!« Die Männer stießen ein Freu-
dengeschrei aus und stürmten auf den Bauerhof los. Als die Weiber die
sieben Männer und die lange Lanze sahen, erschraken sie wohl im er-
sten Augenblick, aber ein Mütterchen, das natürlichen Scharfblick be-
saß, merkte sogleich, was für Männlein die Andringenden wären, und
sagte deshalb zu den andern Weibern: »Diese Feinde jagen wir mit dem
Besenstiel zum Hofe hinaus!« -- nahm einen Besenstiel in die Hand,
während ein andres Weib eine Mistgabel, ein drittes eine Brotschaufel
ergriff und so stellten sie sich vor die Thür, den Feind erwartend.
»Halt, Brüderchen!« rief der _Nasenmann_, die Klugheit muß zuweilen
den übermäßigen Muth zügeln, sonst könnte es Unglück geben; wir
haben nur _eine_ Waffe, sie aber _drei_ und viele Hunde sind endlich
auch des Bären Tod. Kehren wir lieber um.« Die Andern fanden des
Hauptmanns Rath lobenswerth und machten sich deshalb so rasch da-
von, als ob sie Feuer in den Taschen hätten. Als der _Schwanzmann_
nach einiger Zeit es wagte, über die Schulter zurückzublicken, sah er,
daß ihnen kein Feind mehr auf der Ferse sei; da hemmte man den Lauf
und zog langsam weiter.
Così equipaggiati alla guerra tutti e sette gli uomini partirono in una
bella mattina d’estate, a tempo debito fecero colazione e pranzo e tra
questi risposarono all’ombra dei cespugli, poi si affrettarono ancora e
vollero, allorchè incontravano qualcuno, informarsi circa la strada mi-
gliore per la Turchia. Quando essi così andarono nei campi,
l’UomoNaso ed anche gli altri videro una fattoria non lontana dalla stra-
da e si decise immediatamente di mandare due uomini
in perlustrazione a vedere se là non si potessero prendere ancora
provviste per il viaggio. UomoForza3 e UomoForza4
andarono là a verificare. Quando tornarono indietro riferirono
agli altri che nella fattoria non avevan trovato altro che
tre donne e qualche bambino, di uomini non c’era traccia da nessuna
parte. L’UomoNaso disse: “I guerrieri devono aver coraggio, dunque at-
tacchiamo adesso il nemico pure quando è ancora così forte!” Lancia-
rono un grido di gioia e si avventarono sulla fattoria. Quando le donne
videro i sette uomini e la lunga lancia di prim’acchito si spaventarono
ma una mammina, che naturalmente aveva lo sguardo acuto, notò subi-
to che tipo di ometti erano gli assalitori e perciò disse alle altre don-
ne: “Un nemico simile lo cacciamo via dalla fattoria coi manici di sco-
pa!” Prese in mano una scopa mentre un’altra donna afferò un forcone
per il letame, un’altra una pala per il pane e si misero così davanti al-
la porta aspettando il nemico.
“Fermi, fratellini!”” urlò l’UomoNaso, la saggezza talvolta deve dominare
l’ audacia smodata altrimenti essa potrebbe portare sfortuna. Noi
abbiamo solo un’arma e loro ne hanno tre e molti cani sono infine an-
che la morte dell’orso. E’ meglio che indietreggiamo” Gli altri tovarono
lodevole il consiglio del capo e se la svignarono così in fretta come
se avessero fuoco nelle tasche. Quando l’UomoCoda
dopo qualche tempo osò guardarsi dietro le spalle vide
che non c’era più nemico alcuno alle loro calcagna quindi si rallentò
la corsa e si continuò ad andare avanti più lenti.
2
Am Abend gegen Sonnenuntergang flog ein Mistkäfer über die
Kriegsmänner hin; sie hörten das Gesumme seiner Flügel, welches in
der Abendstille so fürchterlich klang, daß die Männer schauderten.
Der _Nasenmann_ rief: »Brüderchen, der Feind kommt über uns, ich
höre schon sein Dröhnen!« Mit diesen Worten ließ er die Lanzenspitze
von der Schulter gleiten und lief mit Blitzesschnelle davon. Die An-
dern dachten: unser Leben ist auch nicht zäher als seines! warfen die
Lanze von den Schultern und nahmen, wie ihr Hauptmann, die Flucht,
der eine hierhin, der andere dorthin, wie es sich gerade traf. Der _Na-
senmann_ hatte eine leere Heuscheune gesehen und lief darauf zu, um
eine Zufluchtsstätte zu finden; als er aber hineinsprang, bemerkte er
nicht, daß ein Rechen am Boden lag, der, als sein Fuß unversehens die
Pflöcke berührte, in die Höhe schnellte und mit dem Stiele gegen sein
Gesicht schlug. »Habt Erbarmen, oder führt mich in's Gefängniß!« -- bat
_Nasenmann_ -- »aber laßt mich leben!« er hielt nämlich das Anprallen
des Stiels für einen Schlag des Feindes. Nach einer Weile, als Alles um
ihn her still blieb, glaubte er, der Feind habe sich zurückgezogen und
wagte nun die Scheune zu verlassen. Inzwischen hatte nächtliches
Dunkel sich über die Gegend gelagert, wo sollte er jetzt seine Gefähr-
ten auffinden? Sie zu rufen, wagte er nicht, denn auch die Feinde hät-
ten seine Stimme hören können. Dieselbe Furcht verschloß den andern
Männern den Mund, so daß keiner ein Zeichen zu geben wagte.
_Dreikraftmann_, der in einen Strauch von wilden Rosen gerathen war,
konnte jedoch das Stechen der Dornen nicht länger aushalten, sondern
fing an bitterlich zu weinen und den Feind, von dessen Lanzenspitzen
er sich gequält glaubte, um Gnade zu bitten. »Gnade, Gnade, lieben Leu-
te! es wäre schon _an einer_ Lanze übergenug, warum stecht ihr mich
mit so vielen?« Als die Feinde aber nicht darauf hörten, nahm er
Reißaus, bis er über den _Schwanzmann_ stolperte und hinfiel, aber Bei-
de wagten sich nicht weiter zu rühren, sondern dachten, wenn wir
still bleiben, halten uns die Feinde für todt. So lagen Beide bis zum Mor-
gen, wo sie erst beim Schein der Morgenröthe inne wurden, daß sie
Freunde seien.
A sera verso il tramonto uno scarabeo stercoraro volò sopra
i guerrieri; essi udirono il ronzio delle sue ali che, nel silenzio della
sera suonava così spaventoso rumore che gli uomini rabbrividirono.
L’UomoNaso gridò: “Fratellini, il nemico ci sta attaccando, sento già il
suo rimbombare!” Con queste parole egli fece scivolare la punta della
lancia dalle spalle e corse via veloce come un lampo. Gli altri
pensarono: la nostra vita non è nemmeno più resistente della sua! Get-
tarono la lancia dalle spalle e, come il capo, si diedero alla fuga uno
andando di qua e l’altro di là, come capitava. L’UomoNaso aveva visto
un fienile vuoto e corse verso quello per trovarci rifugio; quando però
egli saltò dentro non si accorse che a terra c’era un rastrello che,
quando il suo piede all’improvviso premette sui pioli, schizzò in alto e
battè col manico contro
la sua faccia: “Abbi pietà oppure portami in prigionia!” scongiurò
l’UomoNaso “però lasciami vivere!” ritenne cioè l’urto del manico un
colpo del nemico: Dopo un momento, quando tutto
intorno a lui restò in silenzio, egli credette che il nemico si fosse riti-
rato ed osò allora abbandonare il fienile. Nel frattempo sulla regione
era calata l’oscurità della notte e dove poteva egli ora
trovare i suoi compagni? Di chiamarli non osava giacchè anche il ne-
mico avrebbe potuto udire la sua voce: Lo stesso timore aveva chiuso
la bocca agli altri così che nessuno osava dare un segno.
UomoForza3, che era finito in un cespuglio di rose selvatiche
non potè tuttavia sopportare a lungo le punture delle spine ma comin-
ciò a piangere amaramente ed al nemico, dalle punte delle lance del
quale egli si credeva tormentato, a chiedere clemenza. “Pietà, pietà,
cara gente! Già sarebbe una lancia più che sufficiente e perchè mi
pungete con così tante?” Però quando il nemico di ciò non sentiva egli
se la diede a gambe finchè egli inciampò nell’UomoCoda e cadde ma en-
trambi non osarono muoversi ma pensarono che se fossero restati im-
mobili il nemico li avrebbe creduti morti. Stettero così entrambi fino
al mattino quando essi solo al chiarore dell’aurora furono certi che
essi erano amici.
3
Da nun ringsum nirgends mehr eine Spur vom Feinde zu erblicken war,
so riefen sie auch den Uebrigen zu, die dann auch einer nach dem an-
dern herankamen. Keiner von Allen hatte soviel Schaden genommen,
wie _Dreikraftmann_, dessen Körper an vielen Stellen zerkratzt war.
_Nasenmann_ sagte: »Ich weiß zwar nicht, wo ich verwundet bin, aber
am Blutfluß merke ich, daß ich Schaden genommen habe, denn meine
Hosen sind voll Blut.« Als man nachsah, fand sich, daß das Blut eine
bräunlich-gelbe Farbe hatte und _Vierkraftmann_ sagte: »Der Geruch
ist übler, als der von Blut.« _Nasenmann_ ging, seine Hose zu reinigen
und dankte seinem Glücke, als er sah, daß er nirgends eine Wunde hat-
te. Darauf beschlossen die Männer einmüthig, von ihren ersten
Kriegsdrangsalen zu Hause nichts zu sagen.
Als die Lanze wieder aufgefunden war, setzten sich Alle nieder, um
sich durch einen Imbiß zu stärken, ehe sie weiter zögen. Da fiel es
dem _Nasenmann_ ein, die Kriegsleute zu überzählen, um zu sehen, ob
der zweimalige Zusammenstoß Verluste gebracht habe? Es fand sich,
daß ein Mann fehlte; die Andern zählten ebenfalls, Jeder der Reihe
nach, und Keiner brachte mehr als sechs heraus, der siebente war ver-
schwunden. Sie zählten so: Ich bin ich, dann eins, zwei, drei bis zum se-
chsten. Wer von ihnen nun aber verloren gegangen war, konnte Nie-
mand sagen. Endlich kam einem von ihnen ein gescheidter Gedanke wie
angeblasen. Er sah am Boden einen kleinen Misthaufen und sagte zu
den Kameraden, wenn jeder seine Nase hineinsteckte, so könnte man
sehen, wie viel Löcher dadurch entstanden wären. Sie thaten es und
als man darauf die Nasenspuren nachzählte, da fanden sich -- o Freu-
de -- alle sieben; Niemand aber konnte begreifen, woher der Irrthum ge-
kommen, daß man beim Zählen nur sechs herausgebracht.
Poichè ora da nessuna parte intorno era più da ravvisare traccia del
nemico, essi chiamarono anche i restanti i quali arrivarono lì uno do-
po l’altro. Nessuno di tutti aveva avuto tanti danni
come UomoForza3 il cui corpo in molti posti era graffiato.
UomoNaso disse: “Certo non so dove io sia ferito però noto da un rivolo
di sangue che ho avuto danni dato che i miei pantaloni
sono pieni di sangue. Quando si controllò si trovò che il sangue aveva
un colore giallo-marrone e UomoForza4 disse: “L’ odore
è cattivo, come quello del sangue” UomoNaso andò a pulire i suoi panta-
loni e ringraziò la sua fortuna quando vide che da nessuna parte ave-
va una ferita. In seguito gli uomini decisero unanimamente di non dire
nulla a casa della loro prima tribolazione di guerra.
Quando la lancia fu ritrovata si sedettero tutti per terra per riprende-
re le forze con uno spuntino prima di proseguire. A UomoNaso
venne in mente di ricontare i guerrieri per vedere se
il duplice scontro avesse arrecato perdite. Si constatò
che mancava un uomo; gli altri contarono allo stesso modo, uno in fila
dopo l’altro, e ciascuno non ottenne più di 6: il settimo era scomparso.
Essi contavano così: io sono io, poi 1, 2, 3 fino al sesto. Chi di loro fos-
se andato perso però non poteva dirlo
nessuno. Alla fine venne ad uno di loro un pesiero più ragionevole co-
me inspiratogli. Egli vide al suolo un piccolo mucchio di sterco e disse
ai camerati che se ognuno ci infilava dentro il naso si sarebbe potuto
vedere quanti buchi da ciò fossero derivati. Essi fecero così e quando
quindi si ricontarono le tracce dei nasi si riscontrarono, oh gioia, tut-
te 7; nessuno riuscì però a comprendere da dove proveniva l’errore
percui nel contare risultava solo 6.
4
Als sie weiter zogen, kamen sie an den Saum eines dichten Waldes, in
welchen ein schmaler Pfad hineinführte. Hier wurde wieder Rath
gepflogen, was besser wäre, auf diesem Pfade gerade durch zu mar-
schiren, oder den Wald in einer weiten Entfernung zu umgehen. Allein
da keiner vorher wissen konnte, ob denn auch ein Weg um den Wald he-
rum führe, so wurde endlich einmüthig beschlossen, hindurch zu ge-
hen. Der schmale Pfad machte ihnen das Weiterkommen sehr beschwer-
lich, da sie unaufhörlich rechts und links mit den Händen die Zweige
zur Seite biegen mußten; sie konnten deshalb auch nicht weiter sehen,
als die Nase reichte. Ohne aber auf Hindernisse und Dunkelheit zu ach-
ten, schritten sie muthig und tapfer vorwärts, so daß sie nicht früher
gewahr wurden, daß ein Wolf mitten im Wege schlief, als bis _Nasen-
mann_ schon den Fuß erhoben hatte, um darauf zu treten. Als er nun so
plötzlich die gräuliche Bestie zu einen Füßen erblickte, rief er voll
Schrecken: »Ein Seehund! ein Seehund[41]!« und sprang jäh zurück, so
daß _Einkraft_-und _Zweikraftmann_ auf ihre Hintermänner gedrängt
wurden und die Männer sämmtlich zu Boden fielen, bis auf
_Schwanzmann_, der glücklicher Weise aufrecht blieb, wodurch die Lan-
zenspitze auf den Wolf zu fallen kam. Gern hätten die Männer sämm-
tlich die Flucht ergriffen, wenn die vor Schrecken erstarrten Beine sie
hätten tragen wollen, oder wenn der dichte Wald das Durchkommen ge-
stattet hätte. Da also kein Entrinnen möglich war, so mußten sie
nothgedrungen bleiben und ruhig warten, bis der Seehund einen nach
dem andern verschlingen würde. _Nasenmann_, welcher am nächsten
stand, wunderte sich, daß das Raubthier sich nicht vom Flecke rühre
und klug wie er war, schloß er daraus sofort, daß ihre scharfe Lanze
dasselbe im Schlafe getödtet habe.
Quando proseguirono arrivarono al margine di una densa foresta nella
quale un piccolo sentiero conduceva. Qui venne ancora tenuto consi-
glio su cosa fosse meglio fare, se marciare proprio su questo sentie-
ro oppure aggirare la foresta a grande distanza. Soltanto perchè nes-
suno poteva sapere a priori se c’era una strada che passava intorno
alla selva, venne così alla fine unanimamente deciso di passare attra-
verso. Il piccolo sentiero rese loro l’andare avanti assai difficoltoso
poichè essi dovevano incessantemente con le mani piegare i rami a la-
to, a destra ed a sinistra; per questo motivo essi non potevano nemme-
no vedere oltre a dove arrivava il naso. Però senza badare ad ostacoli
e al buio essi camminarono avanti coraggiosamente e valorosamente
così che essi non si accorsero prima che un lupo dormiva in mezzo
alla strada finchè UomoNaso già aveva alzato il piede per posarlo lì so-
pra. Quando egli improvvisamente scorse da un piede la bestia grigia-
stra urlò pieno di spavento: “una foca! Una foca!*
“ e saltò indietro re-
pentinamente così che UomoForza1 e UomoForza2 furono spinti su chi
stava loro dietro e caddero tutti a terra fino a UomoCoda che fortuna-
tamente rimase in piedi così che la punta della lancia venne a cadere
sul lupo. Senz’altro tutti loro avrebbero preso la fuga se le gambe im-
pietrite per lo spavento avessero voluto portarli oppure se la fitta fore-
sta avesse permesso di passare attraverso.
Poichè dunque non era possibile fuga alcuna, dovettero così inevitabil-
mente restar fermi ed aspettare con calma finchè la foca avesse aves-
se divorato uno dopo l’altro. UomoNaso, il quale stava più vicino, si me-
ravigliò che la bestia feroce non si muoveva dal posto e, furbo co-
m’era, dedusse immediatamente da ciò che la loro lancia tagliente ave-
va ucciso la stessa nel sonno.
5
*
“Mere-karu” è, secondo una comunicazione epistolare di Krutzwald,
una denominazione scherzosa della foca; borsellini e tabacchiere
in pelle di foca sono stati, del resto, molto in uso all’Est e venivano chiamati
“mere-kazu nahast kotid” (foca pelle borsa) o “pungad” (gemme). Anche
le pellicce confezionate con pelli tinte di nero di giovani foche, molto apprezza-
te da locatari e piazzisti, si chiamano “mere-kazu nahast kasukad” (cappotti di
pelle di foca). [F. Löwe]
[Fußnote 41: Mere-karu ist nach Kreutzwald's gef. briefl. Mittheilung
eine scherzhafte Benennung des Seehundes; Geld- und Tabacksbeutel aus
Seehundsfell seien sonst bei den Esten sehr gebräuchlich gewesen und me-
re-karu nahast kotid oder pungad genannt worden. Auch die aus schwar-
zgefärbten Fellen junger Seehunde gemachten Pelze, bei
Arrendatoren und Disponenten sehr beliebt, hießen mere-karu nahast
kasukad. L. NDT:
Questo passaggio è certo così intrigante che ha risvegliato l’interesse del
curatore; la foca è una creatura mitologica strettamente legata alla metamorfo-
si sia nell’essere che nella rappresentazione: si va da Omero che ne accenna in
molti casi come di un qualcosa di cui gli dei potevano anche farne collezione
ma che restava loro proprio estrinseco, fino alla mitologia scozzese che le con-
sidera come esseri umani legati al mare ed alla sua soggettività infinita. La
foca viene anche rappresentata come una figura dell’inconscio riguardo al ri-
mosso.
Da qui in avanti si gioca sull’equivoco
lupo↹foca & morte violenta↹morte naturale.
Als er näher trat und das Thier untersuchte, fand er es entseelt, was
freilich nicht von einer durch die Männer ihm beigebrachten Wunde
herrührte, sondern schon einige Tage vorher eingetreten war. _Nasen-
mann_'s Freude über dieses unerwartete Glück war grenzenlos, als er
aber über die Schulter blickte und seine Gefährten alle mit dem Ge-
sicht auf dem Boden liegend fand, erschrak er von neuem, weil er
glaubte, daß sie durch sein Zurückprallen sämmtlich vom Lanzen-
schaft durchbohrt seien, so daß sie daran stäken, wie Strömlinge an
der Stange. Er hub dann so bitterlich an sein Herzweh zu klagen, daß
der Wald ringsum von seinem Geschrei erscholl. Die Andern glaubten
anfangs, daß er unter den Griffen des Thieres schreie und wagten des-
halb nicht, sich vom Fleck zu rühren. Als aber das Geschrei andauerte,
wurde ihnen soviel klar, daß doch aus dem Bauche des Thieres so lau-
tes Schreien nicht an ihr Ohr dringen konnte. Die Dreisteren hoben die
Köpfe etwas in die Höhe und lugten heimlich von unten herauf, um zu
entdecken, warum denn ihr Hauptmann so schreie. Sobald sie inne wur-
den, daß der erschlagene Seehund weder Ohren noch Schwanz rührte,
und _Nasenmann_ unversehrt neben ihm stand, sprangen sie wie der
Wind vom Boden auf und eilten, sich die seltsame Sache anzusehen. Nie-
mand von ihnen war im Geringsten verletzt; daß sie niedergestürzt,
war einzig und allein deshalb geschehen, damit des gräulichen Thie-
res Auge sie nicht erblicken sollte. Als sie nun zusammen das Unthier,
wofür sie den Seehund gehalten, zu untersuchen begannen, wo und wie
tief ihr Schlachtspeer in dasselbe eingedrungen sei, erstaunten sie
wohl sehr darüber, daß an dem Thiere auch nicht die mindeste Spur ei-
ner Wunde sichtbar wurde. _Dreikraftmann_ sagte: »Ein Seehund hat
doch nicht mehr als zwei natürliche Oeffnungen, eine vorn, die andere
hinten, jetzt seht nach, in welche von beiden ist unsere Lanze einge-
drungen?« _Fünfkraftmann_ war näher getreten und als er mit der
Nase an den Seehund rührte, rief er: »Oho! Brüderchen! ihr seid auf
dem Holzwege! Der Seehund ist schon längst krepirt, denn er stinkt!«
»Ja,« sagte _Dreikraftmann_, »mir ist schon längst ein fauler Geruch,
wie von einer sauer gewordenen Strömlingstonne, in die Nase gestie-
gen!«
Die Männer faßten nun einmüthig den klugen Beschluß, dem todten
Seehund das Fell abzuziehen und dasselbe an der Lanze zu befestigen,
damit alle Welt daraus ersähe, was für tapfere Thaten sie verrichtet
hätten. Den Leichnam ließen sie im Walde liegen, indem sie sagten:
»Hat er früher Rinder und Pferde gefressen, so mögen sie jetzt ihn
fressen!«
Quando si avvicinò ed esaminò l’animale lo trovò esanime a causa cer-
tamente non di una ferita a lui arrecata dall’uomo bensì da qualcosa
che si era verificato già da qualche giorno. La gioia di UomoNaso
circa questa fortuna inattesa era senza limiti ma
quando si guardò alle spalle e trovò i suoi camerati tutti con la fac-
cia a terra, si impaurì di nuovo poichè
credette che tutti fossero stati trafitti dall’asta della lancia nel suo
rinculo così che essi stavano trovavano là come aringhe infilate alla
pertica. Egli cominciò quindi così amaramente a lamentarsi del suo
mal di cuore che la foresta intorno risuonava delle sue grida. Gli altri
all’inizio credettero che egli gridasse sotto gli artigli della belva e
perciò non osarono muoversi dal posto. Ma dato che però le grida persi-
stettero divenne loro abbastanza chiaro che dallo stomaco dell’anima-
le delle urla così alte non potevano pervenire alle loro orecchie. I tre
più arditi alzarono un po’ la testa verso l’alto e sbirciarono furtiva-
mente dal basso per scoprire perchè il loro capo gridava così. Appena
a loro divenne chiaro che la foca uccisa non muoveva né coda né orec-
chie e UomoNaso stava incolume vicino ad essa saltaron su come il
vento dalla terra e si affrettarono ad esaminare la strana cosa.
Nessuno di loro era minimamente ferito; che loro si fossero accasciati
era accaduto proprio solo perchè con ciò gli occhi dell’orribile fiera
non poteva scorgerli. Quando essi ora insieme la belva,
che essi ritenevano una foca, cominciarono a esaminare, dove e quan-
to profondamente la loro lancia da battaglia sarebbe penetrata nella
stessa, si sorpresero moltissimo riguardo al fatto che anche sull’ani-
male non era visibile la minima traccia di una ferita. UomoForza3 dis-
se: “Una foca ha tuttavia non più di due orifizi naturali, uno davanti a
l’altro dietro, adesso verifichiamo in quale dei due è penetrata la no-
stra lancia? UomoForza5 si era avvicinato ed allorchè egli col naso
odorò alla foca, gridò: “Oh! fratellini! Voi vi siete sbagliati (siete sulla
strada forestale) ! La foca è già crepata da tanto giacchè puzza!”
“si” disse UomoForza3 “a me già da tanto un odore di marcio,
come di un barile di aringhe diventate acide, è salito al naso!”
Gli uomini adesso concordi presero la saggia decisione
di togliere la pelle alla foca morta e fissare la stessa alla lancia
così che il mondo sapesse da ciò quali azioni valorose essi avevan
compiuto. La salma la lasciarono giacere nella foresta dicendo:
“Ha essa precedentemente bovini e cavalli mangiato, possano adesso
essi mangiare lei!”
6
Da nun aber der Abend hereinbrach und sie noch immer nicht wußten,
wie weit der Wald sich noch erstrecken möchte, so mußten sie ihren
Marsch beschleunigen, um vorwärts zu kommen. Nach einer Werst hör-
te der Wald auf und sie kamen an ein Feld, auf dem nichts weiter
wuchs, als einiges Wachholdergebüsch. »Hier wollen wir zur Nacht blei-
ben«, sagte _Nasenmann_, »denn wir haben heute wie Männer uns
gemüht und geplagt.« Während die Andern schliefen, sollte immer einer
von ihnen abwechselnd Wache halten, damit ihnen kein Unheil über den
Hals käme.
Mitten in der Nacht, als gerade _Dreikraftmann_ auf Wache stand, ver-
nahm er ein schauerliches Getöse, weshalb er sogleich seine Gefähr-
ten weckte. Die Männer spitzten alle die Ohren und von Zeit zu Zeit er-
scholl es: plumps! plumps! als ob Jemand einen schweren Stein aus ei-
ner Höhe zu Boden würfe. Einige hielten das Geräusch für so schlimm,
daß es die Erde unter ihren Füßen erbeben mache. Was konnte das sein?
_Nasenmann_ fragte, ob einer sich getraue, dem Geräusche nachzuge-
hen, um zu sehen, was es sei; aber keiner schien Lust zu haben, solch'
ein Wagniß zu unternehmen. Endlich sagte _Dreikraftmann_, der
manchmal verwickelte Fragen sehr scharfsinnig zu lösen wußte: »Ich
glaube zu wissen, was das Geräusch zu bedeuten hat; des erschlage-
nen Seehundes Geist geht sicherlich als Gespenst[42] um.« Als aber
das Geräusch immer näher kam, sagte _Schwanzmann_: »Mir fällt etwas
ein, wie wir unseres Gespenstes am besten Herr werden können. Die
Gespenster müssen sich vor wilden Thieren fürchten, ich wickele das
Fell des erschlagenen Seehundes wie einen Pelz um mich und gehe auf
allen Vieren dem Geräusch entgegen, dann jage ich das Ding gewiß in
die Flucht.« Der Anschlag gefiel den Männern, und so wurde
_Schwanzmann_ in das Seehundsfell gewickelt, und damit er auch
sonst nicht ohne Schutz gegen Gefahren bleibe, nahmen die Andern die
Lanze auf die Schultern und gingen in einem Abstand von hundert
Schritten hinter ihm her. _Schwanzmann_ war noch nicht weit gekom-
men, da sah er auf dem Felde ein gräuliches fünffüßiges Thier, das hat-
te zwei lange Hörner und feurige Augen im Kopfe, die wie Kerzen we-
ithin leuchteten. Wunderlich war sein Gang, die beiden Vorderfüße hob
es zugleich auf, als wären die Beine zusammengewachsen, die Mit-
telfüße traten einer nach dem andern einher, der fünfte Fuß aber
schien dazu vorhanden zu sein, daß ihn das Thier wie einen Flügel bald
links, bald rechts schwinge, wahrscheinlich um die Bewegung des
schweren Körpers zu erleichtern.
Dato che però improvvisamente era calata la sera ed essi ancora non
sapevano quanto la foresta si potesse ancora estendere, dovettero
quindi accelerare la loro marcia per avanzare. Dopo una vesta*
cessa-
va la foresta ed essi giunsero in un campo sul quale null’altro cresce-
va che qualche cespuglio di ginepro. “Qui vogliamo passare la notte”
disse UomoNaso “poichè oggi ci siamo affaticati e tormentati come uo-
mini” Mentre gli altri dormivano dovette sempre uno
di loro a turno fare la guardia così che a loro non arrivasse sul collo
sventura alcuna.
In mezzo alla notte, proprio quando UomoForza3 stava di guardia, egli
percepì un fragore spaventoso percui immediatamente svegliò i suoi
compagni. Gli uomini tesero tutti l’orecchio e di tanto in tanto riecheg-
giava: plumb! plumb! come se qualcuno lanciasse da una certa altezza
una pietra pesante a terra. Alcuni ritennero il rumore tanto grave da
far tremare la terra sotto i loro piedi. Cosa poteva essere?
UomoNaso chiese se qualcuno si fidasse ad andare in direzione del
suono per vedere cosa fosse; però nessuno pareva aver voglia di intra-
prendere una tale impresa. Alla fine UomoForza3, che qualche volta sa-
peva sciogliere molto acutamente questioni intricate, disse: “io
credo di sapere che significato abbia questo rumore; lo spirito della
foca trucidata sicuramente vaga come fantasma**
” quando però
il rumore si avvicinava sempre più UomoCoda disse: “Non posso non
pensare a che noi potremmo trasformarci nei nostri fantasmi presso
il Signore Supremo. I fantasmi devono temere gli animali selvaggi, io
avvolgo la pelle della foca ammazzata come una pelliccia intorno a me
e vado a quattro zampe incontro al rumore e metto certamente il robo
in fuga” La proposta piacque loro e quindi UomoCoda venne avvolto
nella pelle della foca e, affinchè egli communque non
restasse senza protezione contro il pericolo, gli altri presero
la lancia sulle spalle e camminarono ad una distanza di cento passi
dietro a lui. UomoCoda non era ancora arrivato lontano che vide nel
campo uno spaventoso animale con cinque zampe che aveva
in testa due lunghe corna e occhi focosi che da lontano illuminavano
come candele. Sorprendente era la sua andatura: i due piedi anteriori
gli alzava assieme come se le gambe fossero attaccate insieme, i piedi
mediani avanzavano uno dopo l’altro ma il quinto piede pareva sussite-
re come un’ala che l’animale volteggiava a volte a sinistra e a volte a
destra probabilmente per alleggerire il movimento
del pesante corpo.
7
[Fußnote 42: Wörtlich: als Heim- oder Wiedergänger. S. über diese Anm.
zu der letzten der unten folgenden Localsagen von dem Wiedergänger-Schützen. L.] **
letteralmente: come defunto o resuscitato. Si legga, circa questa nota, l’ultima
delle saghe locali sotto riporate riguardo i soldati risorti L.]
*
1 vesta = 1066,8 metri
Den Kopf hielt das Thier am Boden und brauchte ihn wohl dazu, den Kör-
per vorn zu stützen. Als unser Freund das Alles gesehen hatte, hielt
er es für das Gescheidteste, so sacht als möglich zurück zu gehen,
ehe das gräßliche Thier ihn erblicke. Als die Andern seinen Bericht
gehört hatten, wurde sogleich beschlossen, das Weite zu suchen, da-
mit das gräuliche Thier sie nicht fände. Hätte nicht die Furcht den Au-
gen _Schwanzmann's_ ein Blendwerk vorgemacht, so würde er ein Wesen
gesehen haben, das weder ihm noch den Andern Angst erregt hätte,
nämlich ein gekoppeltes Pferd, welches diese Nacht auf der Weide gra-
ste. Die vermeintlichen Hörner waren des Thieres Ohren, der Schwanz
sein fünfter Fuß und die feurigen Augen hatte ihm die Furcht des Be-
schauers geschaffen.
Am folgenden Tage ging ihre Reise glücklich von Statten und es stieß
ihnen weiter kein Hinderniß auf als ein kleiner See, an dessen Ufer sie
gegen Abend gelangten. Vom hohen Ufer aus gesehen wogte der blaue
See vor ihren Augen, als ob ein Windstoß über die Wasserfläche hin fah-
re. Die in den Türkenkrieg ziehenden Männer ließen sich am Ufer auf
den Rasen nieder und hielten Rath, wie sie hinüber kommen sollten, da
nirgends in der Nähe weder Boot noch Kahn zu sehen war. Hätten sie
gewußt, daß ihr Sitz nichts weiter als ein Erdhaufen war und der
vermeintliche See ein Flachsfeld, das gerade mit blauen Blüthen be-
deckt war[43], so hätte ihnen das Rathschlagen weniger Kopfbrechen
gekostet. _Nasenmann_ sagte: »Hier hilft alles nichts, über den See
müssen wir, wie sollten wir sonst nach Türkenland kommen. Hätte ei-
ner von uns die Stärke des Kalewsohnes, so könnte er uns mit Leichtig-
keit über den See an's andere Ufer tragen; oder ist Jemand ein tüchti-
ger Schwimmer, der bringe die Andern der Reihe nach über den See
auf's Trockne. _Dreikraftmann_ sagte: »Hast du die Stärke, so sei der
Kalewsohn und trage uns durch den See, oder bist du ein geschickter
Schwimmer, so schwimm' und nimm uns mit.« _Fünfkraftmann_ aber,
der gerade hinter seinem Rücken stand, stieß ihn vom Ufer -- oder ri-
chtiger gesprochen: vom Erdhaufen hinunter. _Dreikraftmann_ er-
schrack anfangs nicht wenig, als er aber merkte, daß er mit der Nase
auf trocknem Rasen lag, fühlte er alsbald wieder Muth in sich und rief
aus: »wer ein wackerer Mann sein will, der komme mir nach!«
L’animale teneva la testa a terra e la utilizzava proprio per tener su il
corpo davanti. Quando [il nostro amico] vide tutto ciò ritenne
la cosa più ragionevole arretrare il più lentamente possibile
prima che l’animale mostruoso lo vedesse. Allorchè gli altri ebbero sen-
tito il suo rapporto venne subito deciso di prendere il largo così che
l’animale terribile non li trovasse. Se la paura non avesse messo davan-
ti agli occhi di UomoCoda un’illusione egli avrebbe visto un essere che
né a lui né agli altri avrebbe suscitato timore,
vale a dire una cavallo impastoiato che questa notte pascolava nella
pastura. Le presunte corna erano le orecchie dell’animale, la coda il
suo quinto piede e gli occhi focosi li aveva creati in esso il timore del-
l’osservatore.
Il giorno seguente il loro viaggio da quel luogo andò fortunosamente e
non frappose loro altro ostacolo oltre ad un piccolo lago alla cui riva
essi arrivarono verso sera. Visto dalle alte rive il lago blu ondeggiava
davanti ai loro occhi come se una raffica di vento passasse sulla su-
perficie dell’acqua. Gli uomini che andavano alla guerra turca si sedet-
tero sul prato a riva e tennero consiglio su come essi dovessero pas-
sare al di là giacchè nelle vicinanze da nessuna parte nè barca nè
chiatta si vedevano. Avessero saputo che il loro sito non più di un
mucchio di terra era e che il presunto lago era un terreno pianeggian-
te completamente coperto di fiori blu*
, i consulti sarebbero costati lo-
ro meno rompicapi. UomoNaso disse: “Qui niente giova, dobbiamo (anda-
re) oltre il lago se dobbiamo almeno arrivare in Turchia: Se qualcuno
di noi avesse la forza del figlio di Kalew**
potrebbe portarci con facili-
tà sul lago all’altra riva; oppure qualcuno è un abile
nuotatore che porterebbe gli altri in serie oltre il lago
all’asciutto. UomoForza3: “Hai tu la forza,
sii il figlio di Kalew e portaci attraverso il lago, oppure sei un abile
nuotatore: allora nuota e prendici con te. Allora UomoForza5,
che stava proprio alle sue spalle lo spinse da riva, o,
per meglio dire, giù dal mucchio di terra. UomoForza3
all’inizio si spaventò non poco ma quando notò che egli col naso
stava su un prato asciutto, riprese coraggio e incitò:
“chi vuol essere un uomo valoroso, mi segua!”
8
[Fußnote 43: So hielten die Heruler, von den Langobarden besiegt, auf
der Flucht ein blühendes Leinfeld für einen See, stürzten sich hinein,
als ob sie schwimmen wollten und wurden so von den nacheilenden Siegern ereilt und
niedergemacht. Paulus Diaconus I, 20. Auch Goethe bei seinem Aufenthalt in Palermo
sagt: Man glaubt in den Gründen kleine Teiche zu sehen, so schön blaugrün liegen die
Leinfelder unten. Vgl. _Hehn_, Kulturpflanzen und Hausthiere S. 113. L.]
*
Gli Eruli in fuga [508d.C.] vinti dai Longobardi, ritennero un campo di lino fiorito un
lago, ci si buttarono dentro come se ci volessero nuotare e vennero di conseguenza
raggiunti e sopraffatti dai vincitori che li inseguivano. [Paulus Diaconus I, 20].
Anche Goethe nel suo soggiorno a Palermo dice; Si crede di vedere nei terreni piccoli
stagni, tanto belli stanno lì sotto i campi di lino verdazzurri. [Secondo _Hehn_, Piante
di coltura e animali domestici S. 113. L.]
**
Kalewala (epos nazionale finnico)
Da stieß _Nasenmann_ noch zwei Männer vom Ufer und die übrigen
sprangen von freien Stücken hinunter. Außer einer kleinen Erschütte-
rung verspürte Keiner weiteren Schaden, und Alle waren froh, daß das
Wagestück gelungen war und das gefürchtete Wasser sie nicht naß ge-
macht hatte. Die Lanze aber hatten die Männer am Ufer vergessen und
mußten nun zurück gehen um ihre Waffe zu holen, weil ein Krieger oh-
ne Lanze ebensowenig weiter kommt, als ein Ackersmann ohne Pflug.
Da der Abend angebrochen und eine geschützte Stelle zur Hand war,
so wollten die Männer hier übernachten und nach gepflogener Be-
rathung wurde ein Lager hergerichtet.
Als die Kriegsmänner sich eben schlafen legen wollten, drang der
Feind auf sie ein, es war ein Bauer mit einem derben Knüttel auf der
Schulter, der scheltend heran kam. »Ihr Lumpengesindel!« rief er, »habt
ihr nicht anderswo Raum euch niederzulassen als auf meinem Fla-
chsfelde! Wartet ihr Galgenschwengel! ich will euch den Rücken so
blau schlagen wie die Flachsblüthen!« -- Die Türkenbekämpfer aber
dachten: besser Furcht als Reue! und ergriffen die Flucht; kaum daß
sie noch so viel Zeit hatten, die Lanze mitzunehmen. Sie hätten sich
wohl auch zur Wehr setzen können, aber der Feind war so plötzlich und
mit so wildem Grimm auf sie eingestürmt, daß es ihnen nicht beikam
den Kampf aufzunehmen. Erst nachdem sie einige Werst weit geflohen
waren, fiel es ihnen ein, sich zur Wehr zu setzen, aber wo sollten sie
jetzt den Feind hernehmen? Eben so gut hätten sie die Luft greifen
können! »Wir hätten ihn ja kurz und klein schlagen können,« sagte _Na-
senmann_ -- »wenn er uns nicht so unvermuthet über den Hals gekom-
men wäre.« _Dreikraftmann_ sagte: »Und was für einen Knüttel führte
er! Ich danke meinem Glücke, daß er nicht dazu kam, meinen Rücken
zu messen, er hätte mir alle Knochen zu Brei geschlagen. Aber was
meint ihr dazu, Kameraden, wenn wir morgen früh unsere Schritte wie-
der heimwärts lenkten? Wer Teufel weiß, wie weit das Türkenland noch
sein mag und was für Unglück uns noch zustoßen kann ehe wir
hinkommen?« Die Andern fanden sogleich, daß _Dreikraftmann's_ Rath
gut war. »Aber« -- sagte _Nasenmann_: »den Weg, den wir gekommen
sind, gehe ich nicht zurück, da würden wir wie die Mäuse der Katze in
den Rachen laufen und unsere Haut zu Markte tragen, weil der Mann
mit dem Knüttel nicht verfehlen würde uns durchzubläuen.« Alle
mußten zugeben, daß _Nasenmann_ Recht hatte, und nachdem sie über
die halbe Nacht damit zugebracht hatte, die Sache nach allen Seiten hin
zu erörtern, wurde einmüthig beschlossen auf einem andern Wege
zurück zu kehren.
Allora UomoNaso spinse due uomini ancora dalla riva e gli altri saltaro-
no giù di propria iniziativa. Oltre ad una piccola emozione nessuno sen-
tì altro danno e tutti furono contenti che l’impresa era
riuscita e che la temuta acqua non li aveva bagnati.
La lancia però l’avevano dimenticata a riva ed ora dovettero
tornare per prendere la loro arma giacchè un combattente senza lan-
cia avanza tanto poco quanto un aratore senza aratro. Poichè la
sera era cominciata e un posto protetto era a portata di mano, così
gli uomini vollero passare qui la notte e dopo l’usuale consultazione
venne allestito un campo.
Proprio quando i guerrieri volevano mettersi a dormire il nemico fece
irruzione su di loro; era un contadino con un pesante randello sulle
spalle che si avvicinava imprecando. “Voi marmaglia!” urlava “Non ave-
te altro posto su cui stabilirvi che il mio
campo di lino! Aspettate pendagli di forca! Vi voglio rendere le schiene
blu proprio come i fiori del lino!” I combattenti (contro) i Turchi però
pensarono: meglio la fuga del pentimento! e si diedere alla fuga; a ma-
lapena ebbero abbastanza tempo per prender con sè la lancia. Essi
avrebbero anche ben potuto opporre resistenza ma il nemico si era
lanciato su di loro così improvvisamente e con un furore così selvag-
gio che a loro non venne in mente di intraprendere battaglia. Soltanto
dopo che erano fuggiti un po’ lontano venne loro in mente di mettersi
sulla difensiva però ora dove dovevano essi affrontare il nemico? Al-
trettanto bene avrebbero potuto afferrare l’aria! “Gli avremmo potuto
rompere le ossa (picchiarlo corto e piccolo)” disse UomoNaso “se non
ci fosse arrivato sul collo così inaspettato” UomoForza3 disse: “E che
razza di randello portava! Io ringrazio la mia fortuna che egli non arri-
vò a misurare la mia schiena, mi avrebbe ridotto tutte le ossa in polti-
glia. Però cosa ne pensate, camerati, se domani mattina presto dirigia-
mo di nuovo i nostri passi verso casa? Chi diavolo sa quanto lontana
ancora può essere la Turchia e quale disgrazia può ancora capitarci
prima che ci arriviamo? Gli altri trovarono immediatamente che il con-
siglio di UomoForza3 era buono. “Ma” disse UomoNaso “la strada dalla
quale proveniamo, io non la rifaccio perchè correremmo come il topo
nelle fauci del gatto e porteremmo la nostra pelle al mercato giacchè
l’uomo col randello non mancherebbe di suonarcele“ Tutti
dovettero ammettere che UomoNaso aveva ragione e dato che essi ave-
vano trascorso a trattare la faccenda da tutti i lati fin oltre la mezza-
notte venne deciso all’unanimità
di ritornare per un’altra strada.
9
Da kamen sie denn nach einigen Tagen an das Ufer eines See's, in wel-
chem wirklich Wasser floß, und also nicht blos ein blauer Schimmer
der Oberfläche sie täuschte. »Das ist also der Peipus-See,« rief
_Vierkraftmann_, der den Ort sogleich erkannte, »aber hier müssen wir
sehr vorsichtig sein, weil hier ein gar gräuliches Unthier wohnen soll,
ob Vierfüßler, Vogel oder Fisch, kann ich nicht mit Sicherheit angeben,
aber das habe ich aus alter Leute Mund vernommen, daß der Kalewsohn
selber es nicht bezwungen hat.« _Nasenmann_ stand eine Weile
nachdenklich und sagte dann: »Wenn sich die Sache wirklich so verhält
wie du sagst, so müssen wir ihm entgegenziehen und ihm das Garaus
machen! Diese That wird uns mehr Ehre und Ruhm bringen als ein
Kampf gegen die Türken.« -- Als sie nun des Waldes ansichtig wurden,
in welchem das Unthier seinen Aufenthalt haben sollte, da sank ihnen
freilich wieder das Herz in die Hosen, was übrigens auch andern Wac-
keren begegnen kann; dennoch wollten sie die Heldenthat nicht aufge-
ben. »Wer kann wissen, ob wir mit dem Leben davon kommen,« sagte _Na-
senmann_ -- »der Tod kümmert sich nicht um des Menschen Alter, son-
dern rafft dahin, wen er eben packt. Nun wollen wir aber nicht mit lee-
rem Magen aus dieser Welt scheiden, darum ihr Brüderchen! setzen
wir uns nieder und verzehren wir vor unserm Ende noch einmal unser
Brot, vielleicht (hier stürzten ihm Thränen aus den Augen) ist es unse-
re letzte Mahlzeit.« Da wurde den Männern gar wehmüthig um's Herz,
als sie ihres Anführers Betrübniß sahen und als sie daran dachten,
daß wenn das heutige Brot gegessen sei, sie wohl kein neues mehr bac-
ken würden. Während sie sich so über den Tod unterhielten, versäumte
doch keiner darüber sich satt zu essen, denn sie meinten, mit vollem
Magen lasse es sich leichter sterben als mit leerem. Nach dem Essen
begannen die Männer sich gegen den Feind zu rüsten, wobei es viel
Hin- und Herreden gab. _Nasenmann_, der bis jetzt immer der erste
gewesen war, meinte jetzt, er habe dieses Ehrenamt lange genug beklei-
det und wünschte, daß ein Anderer an seine Stelle träte. Aber die An-
dern sträubten sich dagegen und sagten, es wäre nicht in der
Ordnung, wenn sie sich vor ihren Vorgesetzten drängen wollten; Muth
hätten sie genug, nur keinen Körper, der mit ihrem Muthe gleichen
Schritt hielte. _Dreikraftmann_ meinte, ob es denn nicht das Beste
wäre, wenn Einer für alle Andern stürbe und der Hauptmann dies auf
sich nähme, aber _Nasenmann_ schrie, daß der Wald wiederhallte: »So
haben wir nicht gewettet! Wer einen guten Rath zu geben weiß, der hat
auch die Pflicht, meine ich, selber diesem Rathe gemäß zu handeln!«
Dopo qualche giorno arrivarono alle rive di un lago nel quale
realmente scorreva acqua e dunque non solo un’ombra blu
della superficie li ingannava. “Questo è il lago Dei Ciudi”, urlò
UomoForza4 che riconobbe subito il posto “però qui dobbiamo essere
molto prudenti giacchè qui una belva proprio tremenda deve abitare,
se quadrupede, uccello o pesce, io non posso indicarlo con certezza
però io ho appreso dalla bocca di gente anziana, che il Figlio di Kaleh
stesso non l’ha domata”. UomoNaso restò per un attimo pensieroso e
poi disse: “Se davvero la cosa sta così
come dici tu noi dobbiamo combatterla e con lei
farla finita! Questa azione ci porterebbe più onore e fama di una
battaglia contro i Turchi”. Allorchè essi scorsero la foresta
nella quale la belva doveva avere la sua dimora, lì affondò loro
praticamente già il cuore nei pantaloni, cosa che del resto anche ad
altri coraggiosi può capitare; tuttavia non vollero desistere dall’azio-
ne eroica. “Chi può sapere se noi non ci perdiamo la vita” disse Uomo-
Naso “la morte non si preoccupa certo dell’età degli uomini bensì ar-
raffa proprio nel momento che trova. Adesso però non vogliamo sepa-
rarci da questo mondo a stomaco vuoto quindi fratellini sediamoci
e consumiamo prima della nostra fine ancora una volta il nostro
pane, forse (qui gli uscirono lacrime dagli occhi) questa è la nostra
ultima cena”. Qui agli uomini il cuore si adombrò malinconicamente
quando essi videro l’afflizione del loro capo ed essi dedussero da ciò
che allorchè il pane quotidiano fosse stato mangiato essi non ne
avrebbero più arrostito altro. Mentre essi discutevano così circa la
morte nessuno tuttavia si trattenne dal mangiare a sazietà dato che
supponevano che con lo stomaco pieno fosse più lieve morire che con
lo stomaco vuoto. Dopo il pranzo gli uomini cominciarono a prepararsi
ad affrontare il nemico sulla qual cosa c’era da parlare in lungo ed in
largo. UomoNaso, che fino a quel momento sempre il primo era stato,
ora pensò che avrebbe questo privilegio abbastanza a lungo ricoperto
e voleva che un altro subentrasse al suo posto. Però gli altri opposero
resistenza e dissero che non sarebbe stato giusto che essi avessero
voluto avanzare oltre il loro superiore; coraggio ne avevano a suffi-
cienza ma non un corpo che tenesse il passo con esso. UomoForza3
opinò che non sarebbe stata la cosa migliore che uno fosse morto per
tutti gli altri e il capo si facesse lui carico di questo però UomoNaso
sbraitò tanto che il bosco ne risuonò: “Non ci siamo accordati così!
Chi un buon consiglio sa dare, costui ha anche il dovere, voglio dire,
egli stesso di agire conformemente a questo consiglio!”
10
Nachdem sie noch eine Zeit lang gezankt und hin und her gestritten
hatten, so einigten sie sich endlich dahin, daß Alle gleichzeitig mit der
Lanze auf den Feind eindringen sollten, nahmen die Lanze auf die
Achseln und zogen in alter Weise dem Walde zu, wo das böse Unthier
hauste. Bevor sie den Wald erreichten, mußten sie über ein Blachfeld,
da war eine Dame vom Espenhain oder gerade heraus gesagt -- ein Ha-
se, der sich eben gesetzt hatte und seine langen Ohren emporstreck-
te. Dieser gräßliche Anblick erschreckte die Schneider dergestalt, daß
sie sogleich still standen und sich beriethen, ob sie vorwärts gehen,
gerade auf das gräßliche Unthier losstürmen und es mit ihrer langen
scharfen Lanze durchbohren sollten, oder ob es nicht besser sei, die
Flucht zu ergreifen, ehe das Thier über sie herfalle und Einen nach
dem Andern hinunterschlucke. Da nun _Schwanzmann_ der hinterste
und durch sechs Mann vor sich geschützt war, so schwoll seine
Verwegenheit so sehr an, daß er dem _Nasenmann_ zurief: »Stoß den
Feind nieder, wir helfen ja von hinten nach!« Aber _Nasenmann_ erwider-
te: »Du hast gut schwatzen, du bist durch Andere gedeckt, wärest du
an meiner Stelle, so fiele das Herz dir wohl zwanzig Mal in die Hosen.«
So haderten die Männer eine Weile; Einer gab immer dem Andern
Schuld, daß man nicht gerade auf den Feind losgehe, Allen aber stan-
den vor Furcht die Haare zu Berge wie die Schweinsborsten. Endlich
aber rief _Nasenmann_: »Gehen wir denn, ihr Männer, gerade drauf los!«
kniff die Augen zu und stürmte vorwärts, dabei schrie er aus Lei-
beskräften: »Hurjo! hurjo«! worauf der Hase nach dem Walde davonlief.
Als _Nasenmann_ nach dem Feinde blinzelte und seine Flucht sah, rief
er vor Freude: »Er weicht schon, er weicht schon, er weicht schon!
eben so gut könnte man die Luft greifen! Seht, Männer, seht! er läuft
wie ein Hase! sollte es nicht gar ein Hase sein?« _Dreikraftmann_
sagte: »Ich weiß nicht, Brüderchen, wo du deine Augen gelassen hast?
das Thier hat die Größe eines Füllens!« _Vierkraftmann_ wollte dies beri-
chtigen und meinte, das Thier sei doch wohl so hoch wie ein Pferd,
_Fünfkraftmann_ sagte: »meinem Auge erscheint ein Ochs, mit diesem
Thiere verglichen, kleiner als ein junger Hund.« _Schwanzmann_ aber
meinte, das Thier habe die Höhe eines Heuschobers. So konnten die Män-
ner sich lange nicht einigen über die Größe des Thieres, das aber
mußten sie zuletzt Alle einräumen, daß der Unhold auf den ersten
Anblick allerdings einen Körper habe, wie ein Hase, jedoch um Vieles
größer sei als ein Hirsch.
Dopo essi ancora per un po’ avevano bisticciato e litigato su questo e
quello infine trovarono l’accordo in ciò che tutti contemporaneamente
dovevano fare irruzione sul nemico con la lancia, presero la lancia
sulle spalle e nel vecchio modo raggiunsero compatti il bosco dove la
belva cattiva dimorava. Prima di raggiungere il bosco, dovettero passa-
re su un pianoro, laddove era una Dama di Boschetto di pioppi o, detto
proprio francamente, una lepre che proprio allora si era seduta e teso
in alto le sue lunghe orecchie. Questa orribile visione spaventò i sarti
talmente che loro immediatamente si fermarono e si consultarono se
essi dovevano avanzare e avventarsi subito sulla terribile bestia e tra-
figgerla con la loro lancia tagliente oppure se non sarebbe stato me-
glio prendere la fuga prima che la belva piombasse su di loro e li in-
ghiottisse uno dopo l’altro. Poichè ora UomoCoda, che era l’ultimo pro-
tetto da sei uomini davanti a sè gonfiò tanto la sua
audacia che egli gridò all’ UomoNaso: “Abbatti il nemico, noi ti aiutiamo
da dietro!” Però UomoNaso replicò:
“Tu hai un bel dire, tu sei coperto da altri, se fossi
al mio posto ti cadrebbe il cuore nei pantaloni per ben due volte.”
Così gli uomini protestarono per un po’; uno dava sempre la colpa all’al-
tro che proprio non si attaccasse subito il nemico ma
a tutti per la paura i capelli stavano rizzati come setola di porco. Infi-
ne UomoNaso urlò: “Allora andiamo, voi uomini, attacchiamo subito!”
Strinse gli occhi e si precipitò avanti gridando a squarciagola: “Hurjo!
Hurjo!” percui la lepre scappò via verso il bosco.
Quando UomoNaso strabuzzò gli occhi verso il nemico e vide la sua fu-
ga urlò di gioia: “Già arretra, già arretra, già arretra!
Altrettanto bene si potrebbe afferrare l’aria! Guardate uomini guarda-
te! Corre come una lepre! non potrebbe essere davvero una lepre?” Uo-
moForza3 disse: “Non so, fratellino, dove hai lasciato gli occhi?
L’animale ha la grandezza di un puledro!” UomoForza4 volle correggere
ciò e pensò che l’animale fosse proprio alto come un cavallo, UomoFor-
za4 disse: “Ai miei occhi appare un bue, simile
a questo animale, più piccolo di un giovane cane” UomoCoda però
pensava che l’animale avesse l’altezza di un mucchio di fieno. Gli uomi-
ni non poterono dunque mettersi d’accordo per lungo tempo riguardo
alla grandezza dell’animale però alla fine dovettero tutti concedere
che il mostro in ogni caso a prima vista avesse un corpo come una
lepre tuttavia di molto più grande sarebbe stato di un cervo.
11
Als nun die Türkenlands-Kämpfer aus der eben beschriebenen Fähr-
lichkeit Alle glücklich mit dem Leben und mit gesunden Gliedmaßen
davon gekommen waren, wurde zur Stärkung ein Imbiß genommen;
dann überlegten sie, was nun zunächst zu thun sei. Daß sie bislang
auf ihrem Zuge mehr als genugwackere Thaten vollbracht, welche im
Gedächtniß der Nachkommen fortleben würden, das fühlte Jeder von
ihnen. Und ein Jeglicher war dessen froh, daß er an seinem Theile ein
Mann gewesen sei, den keine Drangsal vom rechten Pfade hatte ablen-
ken können.
Nach langem Rathschlagen wurde beschlossen, wie folgt: »Wer so viele
Tage lang Hitze und Beschwerden ertragen, wie wir sieben, der hat ein
volles Recht heimzukehren und fortan unter dem Schatten des Ehren-
und Ruhmesbaums, welchen vereinte Tapferkeit gepflanzt, die Tage sei-
nes Alters zu verleben. Lanze und Seehundshaut aber sollen zu ewigem
Gedächtniß an einem passenden Orte aufgehängt werden, den Nachkom-
men zur Schau, damit alle Schneider Kunde erhalten von den Thaten,
welche ihre Vorväter auf der Welt verrichteten.«
Ob gegenwärtig noch Ueberbleibsel von dem berühmten Schlachtspeer
und von der »Seehundshaut« vorhanden sind, weiß ich nicht mit Sicher-
heit anzugeben, was aber männiglich bekannt ist, das ist der Schnei-
der _Muth_ und _Tapferkeit_. Diese von ihren Vorfahren überkommenen
Eigenschaften sind das Erbtheil aller Schneider und werden ihnen
verbleiben bis an der Welt Ende.
Allorchè quindi i guerrieri della Turchia erano tutti usciti vivi e con
le membra sane dall’avventura ora descritta venne fatta merenda
per rifocillarsi;
quindi valutarono cosa innanzitutto fosse da fare. Che essi fino a quel
momento nel loro viaggio avevano compiuto azioni più che valorose
che nella memoria dei posteri si sarebbero tramandate, ne era consa-
pevole ognuno di essi. E ciascuno era contento di ciò che egli da parte
sua sarebbe stato un uomo che nessuna tribolazione avrebbe potuto
far deviare dalla retta via.
Dopo un lungo consulto venne deciso come segue: “Chi per così tanti
giorni caldo e fatiche sopporta, come noi sette, ha pieno diritto di tor-
nare a casa e d’ora in poi, all’ombra dell’ albero dell’onore e
della fama , che è stato issato dal coraggio unito, di trascorrere i
giorni della sua vecchiaia. Lancia e pelle di foca devono però venir ap-
pese ad eterna memoria in un luogo appropriato in mostra ai posteri
così che tutti i clienti dei sarti si ricordino delle azioni che i loro pro-
genitori compirono nel mondo.
Se attualmente ancora rimasugli della rinomata lancia da battaglia
e della pelle di foca siano presenti, io non lo so dire con certezza ma
la cosa che è conosciuta a tutti è il coraggio ed il valore
dei sarti. Queste qualità dai loro successori tramandate
sono l’eredità di tutti i sarti e resteranno loro
fino alla fine del mondo.
12
Tratto da:
Ehstnische Märchen. Zweite Hälfte by Friedrich Reinhold Kreutzwald and F. Löwe
http://www.gutenberg.org/ebooks/22516
Lanciato il 27 maggio 2015
Unfo
13

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Come sette sarti andarono alla guerra coi turchi

  • 1. COME 7 SART I ANDARONO ALLA GUERRA COI TURCHI Fiaba estone tradotta dal tedesco (con testo a fronte) “Wie sieben Schneider in den Türkenkrieg zogen”
  • 2. Ehstnische Märchen (Kreutzwald) II 13. Wie sieben Schneider in den Türkenkrieg zogen. Es lebten einmal in alten Zeiten sieben Schneider, denen das Nadeln zuwider geworden war: sie wollten höher hinaus. Von manchen tapferen Helden hatten sie erzählen hören und dann vernommen, daß im Türken- lande ein großer Krieg angebrochen sei und daß wackere Männer dahin gesucht würden. Bei dieser Nachricht schwoll unseren Männlein der Kamm, sie wollten zu Felde ziehen um sich die Sporen zu verdienen; und redeten darum untereinander wie folgt: »Wir stehen wohl auch un- sern Mann! Bislang haben wir friedlich Löcher in's Zeug gestochen, ge- hen wir jetzt mit stärkerem Spieß des Feindes Leiber zu durchbohren!« Sie ließen sich nun einen langen Lanzenschaft aus dem stärksten Ei- chenholz machen, dann vom Schmiede ihre sieben Scheeren zusammen- schweißen, zu einer Lanzenspitze zurechthämmern und an das Ende des Schafts festklopfen. Ehe sie sich auf den Weg machten, wurde ge- loost, wer von ihnen Obermann werden und als Führer [40] vorangehen solle. Als das Loos entschieden hatte, stellten sie sich in eine Reihe und nahmen gemeinschaftlich die schwere Lanze auf ihre Schultern, weil eben _Einem_ die Last zu schwer geworden wäre. Der Erste, der durch's Loos gewählte Hauptmann, der die scharfe Spitze der Lanze trug, wurde _Nasenmann_ genannt, weil seine Nase den Andern den Weg zeigen sollte. Die fünf Folgenden erhielten die Namen: _Einkraftmann_, _Zweikraftmann_, _Dreikraftmann_, _Vierkraftmann_ und _Fünfkraft- mann_, was freilich nicht bedeuten sollte, daß Einer von ihnen die Kraft von drei oder vier Männern gehabt hätte, sondern nur anzeigen, in wel- cher Reihenfolge sie marschiren müßten, damit gar keine Irrung ent- stehen könnte. Der Siebente wurde _Schwanzmann_ genannt, weil das hintere Ende des Lanzenschafts auf seiner Schulter lag; die Kraftmän- ner aber mußten auch noch abwechselnd den Brotsack tragen, der eine ein Drittel des Tages, der andere das zweite Drittel und so weiter bis zum sechsten. Ueberdies hatte Jeder ein Preßeisen in der Tasche, damit nicht auf offenem Felde der starke Wind sie vom Wege fortblasen könnte. Es eht sich übrigens von selbst, daß die Männer alle eben so klug wie beherzt waren, da sie wohl sonst nicht gewagt hätten, eine so große Sache zu unternehmen, die ihnen auf jedem Schritte den Tod bringen konnte. Favolr estoni (Kreutzwald) II 13. Come sette sarti andarono alla guerra coi Turchi. Una volta, in tempi antichi, c’erano 7 sarti ai quali gli aghi eran diventa- ti invisi: volevano emanciparsi. Essi sentirono raccontare di alcuni eroi coraggiosi e poi vennero a sapere che in Turchia era scoppiata una grande guerra e che uomini coraggiosi venivano reclutati per ciò. A tale notizia ai nostri ometti si alzò la cresta, volevano scendere in campo per guadagnarsi i galloni; e si dissero l’un l’altro ciò che segue: “Noi siamo le persone adatte! Fin’ora abbiamo tranquillamente punto buchi nel tessuto, ora andiamo con forti lance al nemico il ventre a perforare!* ” Essi si fecero allora fabbricare un lungo manico di lancia del più duro legno di quercia, poi dal fabbro si fecero fondere assieme le loro sette forbici, ne fecero forgiare una punta e la fecero fissare all’estremità del manico. Prima che si mettessero in cammino venne prescelto chi fra loro sarebbe stato il capo e che, come Führer (guida) ** , doveva sta- re davanti agli altri. Quando la parte venne decisa si misero in fila ed insieme presero la pesante lancia sulle spalle poichè proprio per uno solo il carico sarebbe diventato troppo pesante. Il primo, il capo che era stato deciso a sorte, che reggeva l’acuta punta della lancia venne chiamato “uomoNaso” giacchè il suo naso avrebbe dovuto indicare agli altri la strada. I cinque dietro di lui ricevettero i nomi: “UomoForza1”, “UomoForza2”, “UomoForza3”, “UomoForza4”, “UomoForza5” che naturalmen- te non significa che uno di loro avrebbe avuto la forza di tre o quat- tro uomini ma solo indicare in quale posizione nella fila egli doveva marciare così che non potesse sorgere errore alcuno. Il settimo ven- ne chiamato “Uomo Coda” giacchè l’estremità posteriore del manico del- la lancia poggiava sulle sulle spalle; gli uomini forza dovevano però ancora portare a turno il sacco del pane: uno la prima parte del gior- no, l’altro la seconda ed avanti così fino alla sesta. Oltre a ciò ognuno aveva una zavorra in tasca così che in campo aperto il vento forte non potesse soffiarli via dalla strada. Si comprende bene da sè che gli uomini tutti erano tanto sag- gi quanto risoluti poichè essi altrimenti non avrebbero avuto l’ardire di addossarsi un così grande compito che ad ogni passo poteva portarli a morte 1 [Fußnote 40: Wörtlich: »Nasenmann«. F. Löwe] ** [Nota a piè pagina 40: letteralmente: »UomoNaso«. L.] * Soprattutto il termine “Loch” potrebbe suonar volgare
  • 3. So zum Kriege gerüstet zogen alle sieben Männer an einem schönen Sommermorgen aus, nahmen zu rechter Zeit Frühstück und Mit- tagsmahl, ruhten dazwischen im Schatten der Gebüsche aus, eilten dann wieder weiter und wollten, wenn sie Jemandem begegneten, nach dem besten Wege in's Türkenland sich erkundigen. Als sie so über Feld gingen, sah der _Nasenmann_ und sahen auch die Andern einen Bauerhof unweit der Straße, und es wurde sofort beschlossen zwei Männer auf Kundschaft auszuschicken, ob man da nicht noch Mundvor- rath für die Reise bekommen könnte. _Dreikraftmann_ und _Fünfkraft- mann_ gingen hin um nachzusehen. Als sie zurück kamen, erzählten sie den Andern, daß sie auf dem Hofe nichts weiter gefunden als drei Weiber und einige Kinder, von Männern nirgends eine Spur. Der _Nasen- mann_ sagte: »Kriegsleute müssen Muth haben, also gerade auf den Feind los, und wenn er noch so stark ist!« Die Männer stießen ein Freu- dengeschrei aus und stürmten auf den Bauerhof los. Als die Weiber die sieben Männer und die lange Lanze sahen, erschraken sie wohl im er- sten Augenblick, aber ein Mütterchen, das natürlichen Scharfblick be- saß, merkte sogleich, was für Männlein die Andringenden wären, und sagte deshalb zu den andern Weibern: »Diese Feinde jagen wir mit dem Besenstiel zum Hofe hinaus!« -- nahm einen Besenstiel in die Hand, während ein andres Weib eine Mistgabel, ein drittes eine Brotschaufel ergriff und so stellten sie sich vor die Thür, den Feind erwartend. »Halt, Brüderchen!« rief der _Nasenmann_, die Klugheit muß zuweilen den übermäßigen Muth zügeln, sonst könnte es Unglück geben; wir haben nur _eine_ Waffe, sie aber _drei_ und viele Hunde sind endlich auch des Bären Tod. Kehren wir lieber um.« Die Andern fanden des Hauptmanns Rath lobenswerth und machten sich deshalb so rasch da- von, als ob sie Feuer in den Taschen hätten. Als der _Schwanzmann_ nach einiger Zeit es wagte, über die Schulter zurückzublicken, sah er, daß ihnen kein Feind mehr auf der Ferse sei; da hemmte man den Lauf und zog langsam weiter. Così equipaggiati alla guerra tutti e sette gli uomini partirono in una bella mattina d’estate, a tempo debito fecero colazione e pranzo e tra questi risposarono all’ombra dei cespugli, poi si affrettarono ancora e vollero, allorchè incontravano qualcuno, informarsi circa la strada mi- gliore per la Turchia. Quando essi così andarono nei campi, l’UomoNaso ed anche gli altri videro una fattoria non lontana dalla stra- da e si decise immediatamente di mandare due uomini in perlustrazione a vedere se là non si potessero prendere ancora provviste per il viaggio. UomoForza3 e UomoForza4 andarono là a verificare. Quando tornarono indietro riferirono agli altri che nella fattoria non avevan trovato altro che tre donne e qualche bambino, di uomini non c’era traccia da nessuna parte. L’UomoNaso disse: “I guerrieri devono aver coraggio, dunque at- tacchiamo adesso il nemico pure quando è ancora così forte!” Lancia- rono un grido di gioia e si avventarono sulla fattoria. Quando le donne videro i sette uomini e la lunga lancia di prim’acchito si spaventarono ma una mammina, che naturalmente aveva lo sguardo acuto, notò subi- to che tipo di ometti erano gli assalitori e perciò disse alle altre don- ne: “Un nemico simile lo cacciamo via dalla fattoria coi manici di sco- pa!” Prese in mano una scopa mentre un’altra donna afferò un forcone per il letame, un’altra una pala per il pane e si misero così davanti al- la porta aspettando il nemico. “Fermi, fratellini!”” urlò l’UomoNaso, la saggezza talvolta deve dominare l’ audacia smodata altrimenti essa potrebbe portare sfortuna. Noi abbiamo solo un’arma e loro ne hanno tre e molti cani sono infine an- che la morte dell’orso. E’ meglio che indietreggiamo” Gli altri tovarono lodevole il consiglio del capo e se la svignarono così in fretta come se avessero fuoco nelle tasche. Quando l’UomoCoda dopo qualche tempo osò guardarsi dietro le spalle vide che non c’era più nemico alcuno alle loro calcagna quindi si rallentò la corsa e si continuò ad andare avanti più lenti. 2
  • 4. Am Abend gegen Sonnenuntergang flog ein Mistkäfer über die Kriegsmänner hin; sie hörten das Gesumme seiner Flügel, welches in der Abendstille so fürchterlich klang, daß die Männer schauderten. Der _Nasenmann_ rief: »Brüderchen, der Feind kommt über uns, ich höre schon sein Dröhnen!« Mit diesen Worten ließ er die Lanzenspitze von der Schulter gleiten und lief mit Blitzesschnelle davon. Die An- dern dachten: unser Leben ist auch nicht zäher als seines! warfen die Lanze von den Schultern und nahmen, wie ihr Hauptmann, die Flucht, der eine hierhin, der andere dorthin, wie es sich gerade traf. Der _Na- senmann_ hatte eine leere Heuscheune gesehen und lief darauf zu, um eine Zufluchtsstätte zu finden; als er aber hineinsprang, bemerkte er nicht, daß ein Rechen am Boden lag, der, als sein Fuß unversehens die Pflöcke berührte, in die Höhe schnellte und mit dem Stiele gegen sein Gesicht schlug. »Habt Erbarmen, oder führt mich in's Gefängniß!« -- bat _Nasenmann_ -- »aber laßt mich leben!« er hielt nämlich das Anprallen des Stiels für einen Schlag des Feindes. Nach einer Weile, als Alles um ihn her still blieb, glaubte er, der Feind habe sich zurückgezogen und wagte nun die Scheune zu verlassen. Inzwischen hatte nächtliches Dunkel sich über die Gegend gelagert, wo sollte er jetzt seine Gefähr- ten auffinden? Sie zu rufen, wagte er nicht, denn auch die Feinde hät- ten seine Stimme hören können. Dieselbe Furcht verschloß den andern Männern den Mund, so daß keiner ein Zeichen zu geben wagte. _Dreikraftmann_, der in einen Strauch von wilden Rosen gerathen war, konnte jedoch das Stechen der Dornen nicht länger aushalten, sondern fing an bitterlich zu weinen und den Feind, von dessen Lanzenspitzen er sich gequält glaubte, um Gnade zu bitten. »Gnade, Gnade, lieben Leu- te! es wäre schon _an einer_ Lanze übergenug, warum stecht ihr mich mit so vielen?« Als die Feinde aber nicht darauf hörten, nahm er Reißaus, bis er über den _Schwanzmann_ stolperte und hinfiel, aber Bei- de wagten sich nicht weiter zu rühren, sondern dachten, wenn wir still bleiben, halten uns die Feinde für todt. So lagen Beide bis zum Mor- gen, wo sie erst beim Schein der Morgenröthe inne wurden, daß sie Freunde seien. A sera verso il tramonto uno scarabeo stercoraro volò sopra i guerrieri; essi udirono il ronzio delle sue ali che, nel silenzio della sera suonava così spaventoso rumore che gli uomini rabbrividirono. L’UomoNaso gridò: “Fratellini, il nemico ci sta attaccando, sento già il suo rimbombare!” Con queste parole egli fece scivolare la punta della lancia dalle spalle e corse via veloce come un lampo. Gli altri pensarono: la nostra vita non è nemmeno più resistente della sua! Get- tarono la lancia dalle spalle e, come il capo, si diedero alla fuga uno andando di qua e l’altro di là, come capitava. L’UomoNaso aveva visto un fienile vuoto e corse verso quello per trovarci rifugio; quando però egli saltò dentro non si accorse che a terra c’era un rastrello che, quando il suo piede all’improvviso premette sui pioli, schizzò in alto e battè col manico contro la sua faccia: “Abbi pietà oppure portami in prigionia!” scongiurò l’UomoNaso “però lasciami vivere!” ritenne cioè l’urto del manico un colpo del nemico: Dopo un momento, quando tutto intorno a lui restò in silenzio, egli credette che il nemico si fosse riti- rato ed osò allora abbandonare il fienile. Nel frattempo sulla regione era calata l’oscurità della notte e dove poteva egli ora trovare i suoi compagni? Di chiamarli non osava giacchè anche il ne- mico avrebbe potuto udire la sua voce: Lo stesso timore aveva chiuso la bocca agli altri così che nessuno osava dare un segno. UomoForza3, che era finito in un cespuglio di rose selvatiche non potè tuttavia sopportare a lungo le punture delle spine ma comin- ciò a piangere amaramente ed al nemico, dalle punte delle lance del quale egli si credeva tormentato, a chiedere clemenza. “Pietà, pietà, cara gente! Già sarebbe una lancia più che sufficiente e perchè mi pungete con così tante?” Però quando il nemico di ciò non sentiva egli se la diede a gambe finchè egli inciampò nell’UomoCoda e cadde ma en- trambi non osarono muoversi ma pensarono che se fossero restati im- mobili il nemico li avrebbe creduti morti. Stettero così entrambi fino al mattino quando essi solo al chiarore dell’aurora furono certi che essi erano amici. 3
  • 5. Da nun ringsum nirgends mehr eine Spur vom Feinde zu erblicken war, so riefen sie auch den Uebrigen zu, die dann auch einer nach dem an- dern herankamen. Keiner von Allen hatte soviel Schaden genommen, wie _Dreikraftmann_, dessen Körper an vielen Stellen zerkratzt war. _Nasenmann_ sagte: »Ich weiß zwar nicht, wo ich verwundet bin, aber am Blutfluß merke ich, daß ich Schaden genommen habe, denn meine Hosen sind voll Blut.« Als man nachsah, fand sich, daß das Blut eine bräunlich-gelbe Farbe hatte und _Vierkraftmann_ sagte: »Der Geruch ist übler, als der von Blut.« _Nasenmann_ ging, seine Hose zu reinigen und dankte seinem Glücke, als er sah, daß er nirgends eine Wunde hat- te. Darauf beschlossen die Männer einmüthig, von ihren ersten Kriegsdrangsalen zu Hause nichts zu sagen. Als die Lanze wieder aufgefunden war, setzten sich Alle nieder, um sich durch einen Imbiß zu stärken, ehe sie weiter zögen. Da fiel es dem _Nasenmann_ ein, die Kriegsleute zu überzählen, um zu sehen, ob der zweimalige Zusammenstoß Verluste gebracht habe? Es fand sich, daß ein Mann fehlte; die Andern zählten ebenfalls, Jeder der Reihe nach, und Keiner brachte mehr als sechs heraus, der siebente war ver- schwunden. Sie zählten so: Ich bin ich, dann eins, zwei, drei bis zum se- chsten. Wer von ihnen nun aber verloren gegangen war, konnte Nie- mand sagen. Endlich kam einem von ihnen ein gescheidter Gedanke wie angeblasen. Er sah am Boden einen kleinen Misthaufen und sagte zu den Kameraden, wenn jeder seine Nase hineinsteckte, so könnte man sehen, wie viel Löcher dadurch entstanden wären. Sie thaten es und als man darauf die Nasenspuren nachzählte, da fanden sich -- o Freu- de -- alle sieben; Niemand aber konnte begreifen, woher der Irrthum ge- kommen, daß man beim Zählen nur sechs herausgebracht. Poichè ora da nessuna parte intorno era più da ravvisare traccia del nemico, essi chiamarono anche i restanti i quali arrivarono lì uno do- po l’altro. Nessuno di tutti aveva avuto tanti danni come UomoForza3 il cui corpo in molti posti era graffiato. UomoNaso disse: “Certo non so dove io sia ferito però noto da un rivolo di sangue che ho avuto danni dato che i miei pantaloni sono pieni di sangue. Quando si controllò si trovò che il sangue aveva un colore giallo-marrone e UomoForza4 disse: “L’ odore è cattivo, come quello del sangue” UomoNaso andò a pulire i suoi panta- loni e ringraziò la sua fortuna quando vide che da nessuna parte ave- va una ferita. In seguito gli uomini decisero unanimamente di non dire nulla a casa della loro prima tribolazione di guerra. Quando la lancia fu ritrovata si sedettero tutti per terra per riprende- re le forze con uno spuntino prima di proseguire. A UomoNaso venne in mente di ricontare i guerrieri per vedere se il duplice scontro avesse arrecato perdite. Si constatò che mancava un uomo; gli altri contarono allo stesso modo, uno in fila dopo l’altro, e ciascuno non ottenne più di 6: il settimo era scomparso. Essi contavano così: io sono io, poi 1, 2, 3 fino al sesto. Chi di loro fos- se andato perso però non poteva dirlo nessuno. Alla fine venne ad uno di loro un pesiero più ragionevole co- me inspiratogli. Egli vide al suolo un piccolo mucchio di sterco e disse ai camerati che se ognuno ci infilava dentro il naso si sarebbe potuto vedere quanti buchi da ciò fossero derivati. Essi fecero così e quando quindi si ricontarono le tracce dei nasi si riscontrarono, oh gioia, tut- te 7; nessuno riuscì però a comprendere da dove proveniva l’errore percui nel contare risultava solo 6. 4
  • 6. Als sie weiter zogen, kamen sie an den Saum eines dichten Waldes, in welchen ein schmaler Pfad hineinführte. Hier wurde wieder Rath gepflogen, was besser wäre, auf diesem Pfade gerade durch zu mar- schiren, oder den Wald in einer weiten Entfernung zu umgehen. Allein da keiner vorher wissen konnte, ob denn auch ein Weg um den Wald he- rum führe, so wurde endlich einmüthig beschlossen, hindurch zu ge- hen. Der schmale Pfad machte ihnen das Weiterkommen sehr beschwer- lich, da sie unaufhörlich rechts und links mit den Händen die Zweige zur Seite biegen mußten; sie konnten deshalb auch nicht weiter sehen, als die Nase reichte. Ohne aber auf Hindernisse und Dunkelheit zu ach- ten, schritten sie muthig und tapfer vorwärts, so daß sie nicht früher gewahr wurden, daß ein Wolf mitten im Wege schlief, als bis _Nasen- mann_ schon den Fuß erhoben hatte, um darauf zu treten. Als er nun so plötzlich die gräuliche Bestie zu einen Füßen erblickte, rief er voll Schrecken: »Ein Seehund! ein Seehund[41]!« und sprang jäh zurück, so daß _Einkraft_-und _Zweikraftmann_ auf ihre Hintermänner gedrängt wurden und die Männer sämmtlich zu Boden fielen, bis auf _Schwanzmann_, der glücklicher Weise aufrecht blieb, wodurch die Lan- zenspitze auf den Wolf zu fallen kam. Gern hätten die Männer sämm- tlich die Flucht ergriffen, wenn die vor Schrecken erstarrten Beine sie hätten tragen wollen, oder wenn der dichte Wald das Durchkommen ge- stattet hätte. Da also kein Entrinnen möglich war, so mußten sie nothgedrungen bleiben und ruhig warten, bis der Seehund einen nach dem andern verschlingen würde. _Nasenmann_, welcher am nächsten stand, wunderte sich, daß das Raubthier sich nicht vom Flecke rühre und klug wie er war, schloß er daraus sofort, daß ihre scharfe Lanze dasselbe im Schlafe getödtet habe. Quando proseguirono arrivarono al margine di una densa foresta nella quale un piccolo sentiero conduceva. Qui venne ancora tenuto consi- glio su cosa fosse meglio fare, se marciare proprio su questo sentie- ro oppure aggirare la foresta a grande distanza. Soltanto perchè nes- suno poteva sapere a priori se c’era una strada che passava intorno alla selva, venne così alla fine unanimamente deciso di passare attra- verso. Il piccolo sentiero rese loro l’andare avanti assai difficoltoso poichè essi dovevano incessantemente con le mani piegare i rami a la- to, a destra ed a sinistra; per questo motivo essi non potevano nemme- no vedere oltre a dove arrivava il naso. Però senza badare ad ostacoli e al buio essi camminarono avanti coraggiosamente e valorosamente così che essi non si accorsero prima che un lupo dormiva in mezzo alla strada finchè UomoNaso già aveva alzato il piede per posarlo lì so- pra. Quando egli improvvisamente scorse da un piede la bestia grigia- stra urlò pieno di spavento: “una foca! Una foca!* “ e saltò indietro re- pentinamente così che UomoForza1 e UomoForza2 furono spinti su chi stava loro dietro e caddero tutti a terra fino a UomoCoda che fortuna- tamente rimase in piedi così che la punta della lancia venne a cadere sul lupo. Senz’altro tutti loro avrebbero preso la fuga se le gambe im- pietrite per lo spavento avessero voluto portarli oppure se la fitta fore- sta avesse permesso di passare attraverso. Poichè dunque non era possibile fuga alcuna, dovettero così inevitabil- mente restar fermi ed aspettare con calma finchè la foca avesse aves- se divorato uno dopo l’altro. UomoNaso, il quale stava più vicino, si me- ravigliò che la bestia feroce non si muoveva dal posto e, furbo co- m’era, dedusse immediatamente da ciò che la loro lancia tagliente ave- va ucciso la stessa nel sonno. 5 * “Mere-karu” è, secondo una comunicazione epistolare di Krutzwald, una denominazione scherzosa della foca; borsellini e tabacchiere in pelle di foca sono stati, del resto, molto in uso all’Est e venivano chiamati “mere-kazu nahast kotid” (foca pelle borsa) o “pungad” (gemme). Anche le pellicce confezionate con pelli tinte di nero di giovani foche, molto apprezza- te da locatari e piazzisti, si chiamano “mere-kazu nahast kasukad” (cappotti di pelle di foca). [F. Löwe] [Fußnote 41: Mere-karu ist nach Kreutzwald's gef. briefl. Mittheilung eine scherzhafte Benennung des Seehundes; Geld- und Tabacksbeutel aus Seehundsfell seien sonst bei den Esten sehr gebräuchlich gewesen und me- re-karu nahast kotid oder pungad genannt worden. Auch die aus schwar- zgefärbten Fellen junger Seehunde gemachten Pelze, bei Arrendatoren und Disponenten sehr beliebt, hießen mere-karu nahast kasukad. L. NDT: Questo passaggio è certo così intrigante che ha risvegliato l’interesse del curatore; la foca è una creatura mitologica strettamente legata alla metamorfo- si sia nell’essere che nella rappresentazione: si va da Omero che ne accenna in molti casi come di un qualcosa di cui gli dei potevano anche farne collezione ma che restava loro proprio estrinseco, fino alla mitologia scozzese che le con- sidera come esseri umani legati al mare ed alla sua soggettività infinita. La foca viene anche rappresentata come una figura dell’inconscio riguardo al ri- mosso. Da qui in avanti si gioca sull’equivoco lupo↹foca & morte violenta↹morte naturale.
  • 7. Als er näher trat und das Thier untersuchte, fand er es entseelt, was freilich nicht von einer durch die Männer ihm beigebrachten Wunde herrührte, sondern schon einige Tage vorher eingetreten war. _Nasen- mann_'s Freude über dieses unerwartete Glück war grenzenlos, als er aber über die Schulter blickte und seine Gefährten alle mit dem Ge- sicht auf dem Boden liegend fand, erschrak er von neuem, weil er glaubte, daß sie durch sein Zurückprallen sämmtlich vom Lanzen- schaft durchbohrt seien, so daß sie daran stäken, wie Strömlinge an der Stange. Er hub dann so bitterlich an sein Herzweh zu klagen, daß der Wald ringsum von seinem Geschrei erscholl. Die Andern glaubten anfangs, daß er unter den Griffen des Thieres schreie und wagten des- halb nicht, sich vom Fleck zu rühren. Als aber das Geschrei andauerte, wurde ihnen soviel klar, daß doch aus dem Bauche des Thieres so lau- tes Schreien nicht an ihr Ohr dringen konnte. Die Dreisteren hoben die Köpfe etwas in die Höhe und lugten heimlich von unten herauf, um zu entdecken, warum denn ihr Hauptmann so schreie. Sobald sie inne wur- den, daß der erschlagene Seehund weder Ohren noch Schwanz rührte, und _Nasenmann_ unversehrt neben ihm stand, sprangen sie wie der Wind vom Boden auf und eilten, sich die seltsame Sache anzusehen. Nie- mand von ihnen war im Geringsten verletzt; daß sie niedergestürzt, war einzig und allein deshalb geschehen, damit des gräulichen Thie- res Auge sie nicht erblicken sollte. Als sie nun zusammen das Unthier, wofür sie den Seehund gehalten, zu untersuchen begannen, wo und wie tief ihr Schlachtspeer in dasselbe eingedrungen sei, erstaunten sie wohl sehr darüber, daß an dem Thiere auch nicht die mindeste Spur ei- ner Wunde sichtbar wurde. _Dreikraftmann_ sagte: »Ein Seehund hat doch nicht mehr als zwei natürliche Oeffnungen, eine vorn, die andere hinten, jetzt seht nach, in welche von beiden ist unsere Lanze einge- drungen?« _Fünfkraftmann_ war näher getreten und als er mit der Nase an den Seehund rührte, rief er: »Oho! Brüderchen! ihr seid auf dem Holzwege! Der Seehund ist schon längst krepirt, denn er stinkt!« »Ja,« sagte _Dreikraftmann_, »mir ist schon längst ein fauler Geruch, wie von einer sauer gewordenen Strömlingstonne, in die Nase gestie- gen!« Die Männer faßten nun einmüthig den klugen Beschluß, dem todten Seehund das Fell abzuziehen und dasselbe an der Lanze zu befestigen, damit alle Welt daraus ersähe, was für tapfere Thaten sie verrichtet hätten. Den Leichnam ließen sie im Walde liegen, indem sie sagten: »Hat er früher Rinder und Pferde gefressen, so mögen sie jetzt ihn fressen!« Quando si avvicinò ed esaminò l’animale lo trovò esanime a causa cer- tamente non di una ferita a lui arrecata dall’uomo bensì da qualcosa che si era verificato già da qualche giorno. La gioia di UomoNaso circa questa fortuna inattesa era senza limiti ma quando si guardò alle spalle e trovò i suoi camerati tutti con la fac- cia a terra, si impaurì di nuovo poichè credette che tutti fossero stati trafitti dall’asta della lancia nel suo rinculo così che essi stavano trovavano là come aringhe infilate alla pertica. Egli cominciò quindi così amaramente a lamentarsi del suo mal di cuore che la foresta intorno risuonava delle sue grida. Gli altri all’inizio credettero che egli gridasse sotto gli artigli della belva e perciò non osarono muoversi dal posto. Ma dato che però le grida persi- stettero divenne loro abbastanza chiaro che dallo stomaco dell’anima- le delle urla così alte non potevano pervenire alle loro orecchie. I tre più arditi alzarono un po’ la testa verso l’alto e sbirciarono furtiva- mente dal basso per scoprire perchè il loro capo gridava così. Appena a loro divenne chiaro che la foca uccisa non muoveva né coda né orec- chie e UomoNaso stava incolume vicino ad essa saltaron su come il vento dalla terra e si affrettarono ad esaminare la strana cosa. Nessuno di loro era minimamente ferito; che loro si fossero accasciati era accaduto proprio solo perchè con ciò gli occhi dell’orribile fiera non poteva scorgerli. Quando essi ora insieme la belva, che essi ritenevano una foca, cominciarono a esaminare, dove e quan- to profondamente la loro lancia da battaglia sarebbe penetrata nella stessa, si sorpresero moltissimo riguardo al fatto che anche sull’ani- male non era visibile la minima traccia di una ferita. UomoForza3 dis- se: “Una foca ha tuttavia non più di due orifizi naturali, uno davanti a l’altro dietro, adesso verifichiamo in quale dei due è penetrata la no- stra lancia? UomoForza5 si era avvicinato ed allorchè egli col naso odorò alla foca, gridò: “Oh! fratellini! Voi vi siete sbagliati (siete sulla strada forestale) ! La foca è già crepata da tanto giacchè puzza!” “si” disse UomoForza3 “a me già da tanto un odore di marcio, come di un barile di aringhe diventate acide, è salito al naso!” Gli uomini adesso concordi presero la saggia decisione di togliere la pelle alla foca morta e fissare la stessa alla lancia così che il mondo sapesse da ciò quali azioni valorose essi avevan compiuto. La salma la lasciarono giacere nella foresta dicendo: “Ha essa precedentemente bovini e cavalli mangiato, possano adesso essi mangiare lei!” 6
  • 8. Da nun aber der Abend hereinbrach und sie noch immer nicht wußten, wie weit der Wald sich noch erstrecken möchte, so mußten sie ihren Marsch beschleunigen, um vorwärts zu kommen. Nach einer Werst hör- te der Wald auf und sie kamen an ein Feld, auf dem nichts weiter wuchs, als einiges Wachholdergebüsch. »Hier wollen wir zur Nacht blei- ben«, sagte _Nasenmann_, »denn wir haben heute wie Männer uns gemüht und geplagt.« Während die Andern schliefen, sollte immer einer von ihnen abwechselnd Wache halten, damit ihnen kein Unheil über den Hals käme. Mitten in der Nacht, als gerade _Dreikraftmann_ auf Wache stand, ver- nahm er ein schauerliches Getöse, weshalb er sogleich seine Gefähr- ten weckte. Die Männer spitzten alle die Ohren und von Zeit zu Zeit er- scholl es: plumps! plumps! als ob Jemand einen schweren Stein aus ei- ner Höhe zu Boden würfe. Einige hielten das Geräusch für so schlimm, daß es die Erde unter ihren Füßen erbeben mache. Was konnte das sein? _Nasenmann_ fragte, ob einer sich getraue, dem Geräusche nachzuge- hen, um zu sehen, was es sei; aber keiner schien Lust zu haben, solch' ein Wagniß zu unternehmen. Endlich sagte _Dreikraftmann_, der manchmal verwickelte Fragen sehr scharfsinnig zu lösen wußte: »Ich glaube zu wissen, was das Geräusch zu bedeuten hat; des erschlage- nen Seehundes Geist geht sicherlich als Gespenst[42] um.« Als aber das Geräusch immer näher kam, sagte _Schwanzmann_: »Mir fällt etwas ein, wie wir unseres Gespenstes am besten Herr werden können. Die Gespenster müssen sich vor wilden Thieren fürchten, ich wickele das Fell des erschlagenen Seehundes wie einen Pelz um mich und gehe auf allen Vieren dem Geräusch entgegen, dann jage ich das Ding gewiß in die Flucht.« Der Anschlag gefiel den Männern, und so wurde _Schwanzmann_ in das Seehundsfell gewickelt, und damit er auch sonst nicht ohne Schutz gegen Gefahren bleibe, nahmen die Andern die Lanze auf die Schultern und gingen in einem Abstand von hundert Schritten hinter ihm her. _Schwanzmann_ war noch nicht weit gekom- men, da sah er auf dem Felde ein gräuliches fünffüßiges Thier, das hat- te zwei lange Hörner und feurige Augen im Kopfe, die wie Kerzen we- ithin leuchteten. Wunderlich war sein Gang, die beiden Vorderfüße hob es zugleich auf, als wären die Beine zusammengewachsen, die Mit- telfüße traten einer nach dem andern einher, der fünfte Fuß aber schien dazu vorhanden zu sein, daß ihn das Thier wie einen Flügel bald links, bald rechts schwinge, wahrscheinlich um die Bewegung des schweren Körpers zu erleichtern. Dato che però improvvisamente era calata la sera ed essi ancora non sapevano quanto la foresta si potesse ancora estendere, dovettero quindi accelerare la loro marcia per avanzare. Dopo una vesta* cessa- va la foresta ed essi giunsero in un campo sul quale null’altro cresce- va che qualche cespuglio di ginepro. “Qui vogliamo passare la notte” disse UomoNaso “poichè oggi ci siamo affaticati e tormentati come uo- mini” Mentre gli altri dormivano dovette sempre uno di loro a turno fare la guardia così che a loro non arrivasse sul collo sventura alcuna. In mezzo alla notte, proprio quando UomoForza3 stava di guardia, egli percepì un fragore spaventoso percui immediatamente svegliò i suoi compagni. Gli uomini tesero tutti l’orecchio e di tanto in tanto riecheg- giava: plumb! plumb! come se qualcuno lanciasse da una certa altezza una pietra pesante a terra. Alcuni ritennero il rumore tanto grave da far tremare la terra sotto i loro piedi. Cosa poteva essere? UomoNaso chiese se qualcuno si fidasse ad andare in direzione del suono per vedere cosa fosse; però nessuno pareva aver voglia di intra- prendere una tale impresa. Alla fine UomoForza3, che qualche volta sa- peva sciogliere molto acutamente questioni intricate, disse: “io credo di sapere che significato abbia questo rumore; lo spirito della foca trucidata sicuramente vaga come fantasma** ” quando però il rumore si avvicinava sempre più UomoCoda disse: “Non posso non pensare a che noi potremmo trasformarci nei nostri fantasmi presso il Signore Supremo. I fantasmi devono temere gli animali selvaggi, io avvolgo la pelle della foca ammazzata come una pelliccia intorno a me e vado a quattro zampe incontro al rumore e metto certamente il robo in fuga” La proposta piacque loro e quindi UomoCoda venne avvolto nella pelle della foca e, affinchè egli communque non restasse senza protezione contro il pericolo, gli altri presero la lancia sulle spalle e camminarono ad una distanza di cento passi dietro a lui. UomoCoda non era ancora arrivato lontano che vide nel campo uno spaventoso animale con cinque zampe che aveva in testa due lunghe corna e occhi focosi che da lontano illuminavano come candele. Sorprendente era la sua andatura: i due piedi anteriori gli alzava assieme come se le gambe fossero attaccate insieme, i piedi mediani avanzavano uno dopo l’altro ma il quinto piede pareva sussite- re come un’ala che l’animale volteggiava a volte a sinistra e a volte a destra probabilmente per alleggerire il movimento del pesante corpo. 7 [Fußnote 42: Wörtlich: als Heim- oder Wiedergänger. S. über diese Anm. zu der letzten der unten folgenden Localsagen von dem Wiedergänger-Schützen. L.] ** letteralmente: come defunto o resuscitato. Si legga, circa questa nota, l’ultima delle saghe locali sotto riporate riguardo i soldati risorti L.] * 1 vesta = 1066,8 metri
  • 9. Den Kopf hielt das Thier am Boden und brauchte ihn wohl dazu, den Kör- per vorn zu stützen. Als unser Freund das Alles gesehen hatte, hielt er es für das Gescheidteste, so sacht als möglich zurück zu gehen, ehe das gräßliche Thier ihn erblicke. Als die Andern seinen Bericht gehört hatten, wurde sogleich beschlossen, das Weite zu suchen, da- mit das gräuliche Thier sie nicht fände. Hätte nicht die Furcht den Au- gen _Schwanzmann's_ ein Blendwerk vorgemacht, so würde er ein Wesen gesehen haben, das weder ihm noch den Andern Angst erregt hätte, nämlich ein gekoppeltes Pferd, welches diese Nacht auf der Weide gra- ste. Die vermeintlichen Hörner waren des Thieres Ohren, der Schwanz sein fünfter Fuß und die feurigen Augen hatte ihm die Furcht des Be- schauers geschaffen. Am folgenden Tage ging ihre Reise glücklich von Statten und es stieß ihnen weiter kein Hinderniß auf als ein kleiner See, an dessen Ufer sie gegen Abend gelangten. Vom hohen Ufer aus gesehen wogte der blaue See vor ihren Augen, als ob ein Windstoß über die Wasserfläche hin fah- re. Die in den Türkenkrieg ziehenden Männer ließen sich am Ufer auf den Rasen nieder und hielten Rath, wie sie hinüber kommen sollten, da nirgends in der Nähe weder Boot noch Kahn zu sehen war. Hätten sie gewußt, daß ihr Sitz nichts weiter als ein Erdhaufen war und der vermeintliche See ein Flachsfeld, das gerade mit blauen Blüthen be- deckt war[43], so hätte ihnen das Rathschlagen weniger Kopfbrechen gekostet. _Nasenmann_ sagte: »Hier hilft alles nichts, über den See müssen wir, wie sollten wir sonst nach Türkenland kommen. Hätte ei- ner von uns die Stärke des Kalewsohnes, so könnte er uns mit Leichtig- keit über den See an's andere Ufer tragen; oder ist Jemand ein tüchti- ger Schwimmer, der bringe die Andern der Reihe nach über den See auf's Trockne. _Dreikraftmann_ sagte: »Hast du die Stärke, so sei der Kalewsohn und trage uns durch den See, oder bist du ein geschickter Schwimmer, so schwimm' und nimm uns mit.« _Fünfkraftmann_ aber, der gerade hinter seinem Rücken stand, stieß ihn vom Ufer -- oder ri- chtiger gesprochen: vom Erdhaufen hinunter. _Dreikraftmann_ er- schrack anfangs nicht wenig, als er aber merkte, daß er mit der Nase auf trocknem Rasen lag, fühlte er alsbald wieder Muth in sich und rief aus: »wer ein wackerer Mann sein will, der komme mir nach!« L’animale teneva la testa a terra e la utilizzava proprio per tener su il corpo davanti. Quando [il nostro amico] vide tutto ciò ritenne la cosa più ragionevole arretrare il più lentamente possibile prima che l’animale mostruoso lo vedesse. Allorchè gli altri ebbero sen- tito il suo rapporto venne subito deciso di prendere il largo così che l’animale terribile non li trovasse. Se la paura non avesse messo davan- ti agli occhi di UomoCoda un’illusione egli avrebbe visto un essere che né a lui né agli altri avrebbe suscitato timore, vale a dire una cavallo impastoiato che questa notte pascolava nella pastura. Le presunte corna erano le orecchie dell’animale, la coda il suo quinto piede e gli occhi focosi li aveva creati in esso il timore del- l’osservatore. Il giorno seguente il loro viaggio da quel luogo andò fortunosamente e non frappose loro altro ostacolo oltre ad un piccolo lago alla cui riva essi arrivarono verso sera. Visto dalle alte rive il lago blu ondeggiava davanti ai loro occhi come se una raffica di vento passasse sulla su- perficie dell’acqua. Gli uomini che andavano alla guerra turca si sedet- tero sul prato a riva e tennero consiglio su come essi dovessero pas- sare al di là giacchè nelle vicinanze da nessuna parte nè barca nè chiatta si vedevano. Avessero saputo che il loro sito non più di un mucchio di terra era e che il presunto lago era un terreno pianeggian- te completamente coperto di fiori blu* , i consulti sarebbero costati lo- ro meno rompicapi. UomoNaso disse: “Qui niente giova, dobbiamo (anda- re) oltre il lago se dobbiamo almeno arrivare in Turchia: Se qualcuno di noi avesse la forza del figlio di Kalew** potrebbe portarci con facili- tà sul lago all’altra riva; oppure qualcuno è un abile nuotatore che porterebbe gli altri in serie oltre il lago all’asciutto. UomoForza3: “Hai tu la forza, sii il figlio di Kalew e portaci attraverso il lago, oppure sei un abile nuotatore: allora nuota e prendici con te. Allora UomoForza5, che stava proprio alle sue spalle lo spinse da riva, o, per meglio dire, giù dal mucchio di terra. UomoForza3 all’inizio si spaventò non poco ma quando notò che egli col naso stava su un prato asciutto, riprese coraggio e incitò: “chi vuol essere un uomo valoroso, mi segua!” 8 [Fußnote 43: So hielten die Heruler, von den Langobarden besiegt, auf der Flucht ein blühendes Leinfeld für einen See, stürzten sich hinein, als ob sie schwimmen wollten und wurden so von den nacheilenden Siegern ereilt und niedergemacht. Paulus Diaconus I, 20. Auch Goethe bei seinem Aufenthalt in Palermo sagt: Man glaubt in den Gründen kleine Teiche zu sehen, so schön blaugrün liegen die Leinfelder unten. Vgl. _Hehn_, Kulturpflanzen und Hausthiere S. 113. L.] * Gli Eruli in fuga [508d.C.] vinti dai Longobardi, ritennero un campo di lino fiorito un lago, ci si buttarono dentro come se ci volessero nuotare e vennero di conseguenza raggiunti e sopraffatti dai vincitori che li inseguivano. [Paulus Diaconus I, 20]. Anche Goethe nel suo soggiorno a Palermo dice; Si crede di vedere nei terreni piccoli stagni, tanto belli stanno lì sotto i campi di lino verdazzurri. [Secondo _Hehn_, Piante di coltura e animali domestici S. 113. L.] ** Kalewala (epos nazionale finnico)
  • 10. Da stieß _Nasenmann_ noch zwei Männer vom Ufer und die übrigen sprangen von freien Stücken hinunter. Außer einer kleinen Erschütte- rung verspürte Keiner weiteren Schaden, und Alle waren froh, daß das Wagestück gelungen war und das gefürchtete Wasser sie nicht naß ge- macht hatte. Die Lanze aber hatten die Männer am Ufer vergessen und mußten nun zurück gehen um ihre Waffe zu holen, weil ein Krieger oh- ne Lanze ebensowenig weiter kommt, als ein Ackersmann ohne Pflug. Da der Abend angebrochen und eine geschützte Stelle zur Hand war, so wollten die Männer hier übernachten und nach gepflogener Be- rathung wurde ein Lager hergerichtet. Als die Kriegsmänner sich eben schlafen legen wollten, drang der Feind auf sie ein, es war ein Bauer mit einem derben Knüttel auf der Schulter, der scheltend heran kam. »Ihr Lumpengesindel!« rief er, »habt ihr nicht anderswo Raum euch niederzulassen als auf meinem Fla- chsfelde! Wartet ihr Galgenschwengel! ich will euch den Rücken so blau schlagen wie die Flachsblüthen!« -- Die Türkenbekämpfer aber dachten: besser Furcht als Reue! und ergriffen die Flucht; kaum daß sie noch so viel Zeit hatten, die Lanze mitzunehmen. Sie hätten sich wohl auch zur Wehr setzen können, aber der Feind war so plötzlich und mit so wildem Grimm auf sie eingestürmt, daß es ihnen nicht beikam den Kampf aufzunehmen. Erst nachdem sie einige Werst weit geflohen waren, fiel es ihnen ein, sich zur Wehr zu setzen, aber wo sollten sie jetzt den Feind hernehmen? Eben so gut hätten sie die Luft greifen können! »Wir hätten ihn ja kurz und klein schlagen können,« sagte _Na- senmann_ -- »wenn er uns nicht so unvermuthet über den Hals gekom- men wäre.« _Dreikraftmann_ sagte: »Und was für einen Knüttel führte er! Ich danke meinem Glücke, daß er nicht dazu kam, meinen Rücken zu messen, er hätte mir alle Knochen zu Brei geschlagen. Aber was meint ihr dazu, Kameraden, wenn wir morgen früh unsere Schritte wie- der heimwärts lenkten? Wer Teufel weiß, wie weit das Türkenland noch sein mag und was für Unglück uns noch zustoßen kann ehe wir hinkommen?« Die Andern fanden sogleich, daß _Dreikraftmann's_ Rath gut war. »Aber« -- sagte _Nasenmann_: »den Weg, den wir gekommen sind, gehe ich nicht zurück, da würden wir wie die Mäuse der Katze in den Rachen laufen und unsere Haut zu Markte tragen, weil der Mann mit dem Knüttel nicht verfehlen würde uns durchzubläuen.« Alle mußten zugeben, daß _Nasenmann_ Recht hatte, und nachdem sie über die halbe Nacht damit zugebracht hatte, die Sache nach allen Seiten hin zu erörtern, wurde einmüthig beschlossen auf einem andern Wege zurück zu kehren. Allora UomoNaso spinse due uomini ancora dalla riva e gli altri saltaro- no giù di propria iniziativa. Oltre ad una piccola emozione nessuno sen- tì altro danno e tutti furono contenti che l’impresa era riuscita e che la temuta acqua non li aveva bagnati. La lancia però l’avevano dimenticata a riva ed ora dovettero tornare per prendere la loro arma giacchè un combattente senza lan- cia avanza tanto poco quanto un aratore senza aratro. Poichè la sera era cominciata e un posto protetto era a portata di mano, così gli uomini vollero passare qui la notte e dopo l’usuale consultazione venne allestito un campo. Proprio quando i guerrieri volevano mettersi a dormire il nemico fece irruzione su di loro; era un contadino con un pesante randello sulle spalle che si avvicinava imprecando. “Voi marmaglia!” urlava “Non ave- te altro posto su cui stabilirvi che il mio campo di lino! Aspettate pendagli di forca! Vi voglio rendere le schiene blu proprio come i fiori del lino!” I combattenti (contro) i Turchi però pensarono: meglio la fuga del pentimento! e si diedere alla fuga; a ma- lapena ebbero abbastanza tempo per prender con sè la lancia. Essi avrebbero anche ben potuto opporre resistenza ma il nemico si era lanciato su di loro così improvvisamente e con un furore così selvag- gio che a loro non venne in mente di intraprendere battaglia. Soltanto dopo che erano fuggiti un po’ lontano venne loro in mente di mettersi sulla difensiva però ora dove dovevano essi affrontare il nemico? Al- trettanto bene avrebbero potuto afferrare l’aria! “Gli avremmo potuto rompere le ossa (picchiarlo corto e piccolo)” disse UomoNaso “se non ci fosse arrivato sul collo così inaspettato” UomoForza3 disse: “E che razza di randello portava! Io ringrazio la mia fortuna che egli non arri- vò a misurare la mia schiena, mi avrebbe ridotto tutte le ossa in polti- glia. Però cosa ne pensate, camerati, se domani mattina presto dirigia- mo di nuovo i nostri passi verso casa? Chi diavolo sa quanto lontana ancora può essere la Turchia e quale disgrazia può ancora capitarci prima che ci arriviamo? Gli altri trovarono immediatamente che il con- siglio di UomoForza3 era buono. “Ma” disse UomoNaso “la strada dalla quale proveniamo, io non la rifaccio perchè correremmo come il topo nelle fauci del gatto e porteremmo la nostra pelle al mercato giacchè l’uomo col randello non mancherebbe di suonarcele“ Tutti dovettero ammettere che UomoNaso aveva ragione e dato che essi ave- vano trascorso a trattare la faccenda da tutti i lati fin oltre la mezza- notte venne deciso all’unanimità di ritornare per un’altra strada. 9
  • 11. Da kamen sie denn nach einigen Tagen an das Ufer eines See's, in wel- chem wirklich Wasser floß, und also nicht blos ein blauer Schimmer der Oberfläche sie täuschte. »Das ist also der Peipus-See,« rief _Vierkraftmann_, der den Ort sogleich erkannte, »aber hier müssen wir sehr vorsichtig sein, weil hier ein gar gräuliches Unthier wohnen soll, ob Vierfüßler, Vogel oder Fisch, kann ich nicht mit Sicherheit angeben, aber das habe ich aus alter Leute Mund vernommen, daß der Kalewsohn selber es nicht bezwungen hat.« _Nasenmann_ stand eine Weile nachdenklich und sagte dann: »Wenn sich die Sache wirklich so verhält wie du sagst, so müssen wir ihm entgegenziehen und ihm das Garaus machen! Diese That wird uns mehr Ehre und Ruhm bringen als ein Kampf gegen die Türken.« -- Als sie nun des Waldes ansichtig wurden, in welchem das Unthier seinen Aufenthalt haben sollte, da sank ihnen freilich wieder das Herz in die Hosen, was übrigens auch andern Wac- keren begegnen kann; dennoch wollten sie die Heldenthat nicht aufge- ben. »Wer kann wissen, ob wir mit dem Leben davon kommen,« sagte _Na- senmann_ -- »der Tod kümmert sich nicht um des Menschen Alter, son- dern rafft dahin, wen er eben packt. Nun wollen wir aber nicht mit lee- rem Magen aus dieser Welt scheiden, darum ihr Brüderchen! setzen wir uns nieder und verzehren wir vor unserm Ende noch einmal unser Brot, vielleicht (hier stürzten ihm Thränen aus den Augen) ist es unse- re letzte Mahlzeit.« Da wurde den Männern gar wehmüthig um's Herz, als sie ihres Anführers Betrübniß sahen und als sie daran dachten, daß wenn das heutige Brot gegessen sei, sie wohl kein neues mehr bac- ken würden. Während sie sich so über den Tod unterhielten, versäumte doch keiner darüber sich satt zu essen, denn sie meinten, mit vollem Magen lasse es sich leichter sterben als mit leerem. Nach dem Essen begannen die Männer sich gegen den Feind zu rüsten, wobei es viel Hin- und Herreden gab. _Nasenmann_, der bis jetzt immer der erste gewesen war, meinte jetzt, er habe dieses Ehrenamt lange genug beklei- det und wünschte, daß ein Anderer an seine Stelle träte. Aber die An- dern sträubten sich dagegen und sagten, es wäre nicht in der Ordnung, wenn sie sich vor ihren Vorgesetzten drängen wollten; Muth hätten sie genug, nur keinen Körper, der mit ihrem Muthe gleichen Schritt hielte. _Dreikraftmann_ meinte, ob es denn nicht das Beste wäre, wenn Einer für alle Andern stürbe und der Hauptmann dies auf sich nähme, aber _Nasenmann_ schrie, daß der Wald wiederhallte: »So haben wir nicht gewettet! Wer einen guten Rath zu geben weiß, der hat auch die Pflicht, meine ich, selber diesem Rathe gemäß zu handeln!« Dopo qualche giorno arrivarono alle rive di un lago nel quale realmente scorreva acqua e dunque non solo un’ombra blu della superficie li ingannava. “Questo è il lago Dei Ciudi”, urlò UomoForza4 che riconobbe subito il posto “però qui dobbiamo essere molto prudenti giacchè qui una belva proprio tremenda deve abitare, se quadrupede, uccello o pesce, io non posso indicarlo con certezza però io ho appreso dalla bocca di gente anziana, che il Figlio di Kaleh stesso non l’ha domata”. UomoNaso restò per un attimo pensieroso e poi disse: “Se davvero la cosa sta così come dici tu noi dobbiamo combatterla e con lei farla finita! Questa azione ci porterebbe più onore e fama di una battaglia contro i Turchi”. Allorchè essi scorsero la foresta nella quale la belva doveva avere la sua dimora, lì affondò loro praticamente già il cuore nei pantaloni, cosa che del resto anche ad altri coraggiosi può capitare; tuttavia non vollero desistere dall’azio- ne eroica. “Chi può sapere se noi non ci perdiamo la vita” disse Uomo- Naso “la morte non si preoccupa certo dell’età degli uomini bensì ar- raffa proprio nel momento che trova. Adesso però non vogliamo sepa- rarci da questo mondo a stomaco vuoto quindi fratellini sediamoci e consumiamo prima della nostra fine ancora una volta il nostro pane, forse (qui gli uscirono lacrime dagli occhi) questa è la nostra ultima cena”. Qui agli uomini il cuore si adombrò malinconicamente quando essi videro l’afflizione del loro capo ed essi dedussero da ciò che allorchè il pane quotidiano fosse stato mangiato essi non ne avrebbero più arrostito altro. Mentre essi discutevano così circa la morte nessuno tuttavia si trattenne dal mangiare a sazietà dato che supponevano che con lo stomaco pieno fosse più lieve morire che con lo stomaco vuoto. Dopo il pranzo gli uomini cominciarono a prepararsi ad affrontare il nemico sulla qual cosa c’era da parlare in lungo ed in largo. UomoNaso, che fino a quel momento sempre il primo era stato, ora pensò che avrebbe questo privilegio abbastanza a lungo ricoperto e voleva che un altro subentrasse al suo posto. Però gli altri opposero resistenza e dissero che non sarebbe stato giusto che essi avessero voluto avanzare oltre il loro superiore; coraggio ne avevano a suffi- cienza ma non un corpo che tenesse il passo con esso. UomoForza3 opinò che non sarebbe stata la cosa migliore che uno fosse morto per tutti gli altri e il capo si facesse lui carico di questo però UomoNaso sbraitò tanto che il bosco ne risuonò: “Non ci siamo accordati così! Chi un buon consiglio sa dare, costui ha anche il dovere, voglio dire, egli stesso di agire conformemente a questo consiglio!” 10
  • 12. Nachdem sie noch eine Zeit lang gezankt und hin und her gestritten hatten, so einigten sie sich endlich dahin, daß Alle gleichzeitig mit der Lanze auf den Feind eindringen sollten, nahmen die Lanze auf die Achseln und zogen in alter Weise dem Walde zu, wo das böse Unthier hauste. Bevor sie den Wald erreichten, mußten sie über ein Blachfeld, da war eine Dame vom Espenhain oder gerade heraus gesagt -- ein Ha- se, der sich eben gesetzt hatte und seine langen Ohren emporstreck- te. Dieser gräßliche Anblick erschreckte die Schneider dergestalt, daß sie sogleich still standen und sich beriethen, ob sie vorwärts gehen, gerade auf das gräßliche Unthier losstürmen und es mit ihrer langen scharfen Lanze durchbohren sollten, oder ob es nicht besser sei, die Flucht zu ergreifen, ehe das Thier über sie herfalle und Einen nach dem Andern hinunterschlucke. Da nun _Schwanzmann_ der hinterste und durch sechs Mann vor sich geschützt war, so schwoll seine Verwegenheit so sehr an, daß er dem _Nasenmann_ zurief: »Stoß den Feind nieder, wir helfen ja von hinten nach!« Aber _Nasenmann_ erwider- te: »Du hast gut schwatzen, du bist durch Andere gedeckt, wärest du an meiner Stelle, so fiele das Herz dir wohl zwanzig Mal in die Hosen.« So haderten die Männer eine Weile; Einer gab immer dem Andern Schuld, daß man nicht gerade auf den Feind losgehe, Allen aber stan- den vor Furcht die Haare zu Berge wie die Schweinsborsten. Endlich aber rief _Nasenmann_: »Gehen wir denn, ihr Männer, gerade drauf los!« kniff die Augen zu und stürmte vorwärts, dabei schrie er aus Lei- beskräften: »Hurjo! hurjo«! worauf der Hase nach dem Walde davonlief. Als _Nasenmann_ nach dem Feinde blinzelte und seine Flucht sah, rief er vor Freude: »Er weicht schon, er weicht schon, er weicht schon! eben so gut könnte man die Luft greifen! Seht, Männer, seht! er läuft wie ein Hase! sollte es nicht gar ein Hase sein?« _Dreikraftmann_ sagte: »Ich weiß nicht, Brüderchen, wo du deine Augen gelassen hast? das Thier hat die Größe eines Füllens!« _Vierkraftmann_ wollte dies beri- chtigen und meinte, das Thier sei doch wohl so hoch wie ein Pferd, _Fünfkraftmann_ sagte: »meinem Auge erscheint ein Ochs, mit diesem Thiere verglichen, kleiner als ein junger Hund.« _Schwanzmann_ aber meinte, das Thier habe die Höhe eines Heuschobers. So konnten die Män- ner sich lange nicht einigen über die Größe des Thieres, das aber mußten sie zuletzt Alle einräumen, daß der Unhold auf den ersten Anblick allerdings einen Körper habe, wie ein Hase, jedoch um Vieles größer sei als ein Hirsch. Dopo essi ancora per un po’ avevano bisticciato e litigato su questo e quello infine trovarono l’accordo in ciò che tutti contemporaneamente dovevano fare irruzione sul nemico con la lancia, presero la lancia sulle spalle e nel vecchio modo raggiunsero compatti il bosco dove la belva cattiva dimorava. Prima di raggiungere il bosco, dovettero passa- re su un pianoro, laddove era una Dama di Boschetto di pioppi o, detto proprio francamente, una lepre che proprio allora si era seduta e teso in alto le sue lunghe orecchie. Questa orribile visione spaventò i sarti talmente che loro immediatamente si fermarono e si consultarono se essi dovevano avanzare e avventarsi subito sulla terribile bestia e tra- figgerla con la loro lancia tagliente oppure se non sarebbe stato me- glio prendere la fuga prima che la belva piombasse su di loro e li in- ghiottisse uno dopo l’altro. Poichè ora UomoCoda, che era l’ultimo pro- tetto da sei uomini davanti a sè gonfiò tanto la sua audacia che egli gridò all’ UomoNaso: “Abbatti il nemico, noi ti aiutiamo da dietro!” Però UomoNaso replicò: “Tu hai un bel dire, tu sei coperto da altri, se fossi al mio posto ti cadrebbe il cuore nei pantaloni per ben due volte.” Così gli uomini protestarono per un po’; uno dava sempre la colpa all’al- tro che proprio non si attaccasse subito il nemico ma a tutti per la paura i capelli stavano rizzati come setola di porco. Infi- ne UomoNaso urlò: “Allora andiamo, voi uomini, attacchiamo subito!” Strinse gli occhi e si precipitò avanti gridando a squarciagola: “Hurjo! Hurjo!” percui la lepre scappò via verso il bosco. Quando UomoNaso strabuzzò gli occhi verso il nemico e vide la sua fu- ga urlò di gioia: “Già arretra, già arretra, già arretra! Altrettanto bene si potrebbe afferrare l’aria! Guardate uomini guarda- te! Corre come una lepre! non potrebbe essere davvero una lepre?” Uo- moForza3 disse: “Non so, fratellino, dove hai lasciato gli occhi? L’animale ha la grandezza di un puledro!” UomoForza4 volle correggere ciò e pensò che l’animale fosse proprio alto come un cavallo, UomoFor- za4 disse: “Ai miei occhi appare un bue, simile a questo animale, più piccolo di un giovane cane” UomoCoda però pensava che l’animale avesse l’altezza di un mucchio di fieno. Gli uomi- ni non poterono dunque mettersi d’accordo per lungo tempo riguardo alla grandezza dell’animale però alla fine dovettero tutti concedere che il mostro in ogni caso a prima vista avesse un corpo come una lepre tuttavia di molto più grande sarebbe stato di un cervo. 11
  • 13. Als nun die Türkenlands-Kämpfer aus der eben beschriebenen Fähr- lichkeit Alle glücklich mit dem Leben und mit gesunden Gliedmaßen davon gekommen waren, wurde zur Stärkung ein Imbiß genommen; dann überlegten sie, was nun zunächst zu thun sei. Daß sie bislang auf ihrem Zuge mehr als genugwackere Thaten vollbracht, welche im Gedächtniß der Nachkommen fortleben würden, das fühlte Jeder von ihnen. Und ein Jeglicher war dessen froh, daß er an seinem Theile ein Mann gewesen sei, den keine Drangsal vom rechten Pfade hatte ablen- ken können. Nach langem Rathschlagen wurde beschlossen, wie folgt: »Wer so viele Tage lang Hitze und Beschwerden ertragen, wie wir sieben, der hat ein volles Recht heimzukehren und fortan unter dem Schatten des Ehren- und Ruhmesbaums, welchen vereinte Tapferkeit gepflanzt, die Tage sei- nes Alters zu verleben. Lanze und Seehundshaut aber sollen zu ewigem Gedächtniß an einem passenden Orte aufgehängt werden, den Nachkom- men zur Schau, damit alle Schneider Kunde erhalten von den Thaten, welche ihre Vorväter auf der Welt verrichteten.« Ob gegenwärtig noch Ueberbleibsel von dem berühmten Schlachtspeer und von der »Seehundshaut« vorhanden sind, weiß ich nicht mit Sicher- heit anzugeben, was aber männiglich bekannt ist, das ist der Schnei- der _Muth_ und _Tapferkeit_. Diese von ihren Vorfahren überkommenen Eigenschaften sind das Erbtheil aller Schneider und werden ihnen verbleiben bis an der Welt Ende. Allorchè quindi i guerrieri della Turchia erano tutti usciti vivi e con le membra sane dall’avventura ora descritta venne fatta merenda per rifocillarsi; quindi valutarono cosa innanzitutto fosse da fare. Che essi fino a quel momento nel loro viaggio avevano compiuto azioni più che valorose che nella memoria dei posteri si sarebbero tramandate, ne era consa- pevole ognuno di essi. E ciascuno era contento di ciò che egli da parte sua sarebbe stato un uomo che nessuna tribolazione avrebbe potuto far deviare dalla retta via. Dopo un lungo consulto venne deciso come segue: “Chi per così tanti giorni caldo e fatiche sopporta, come noi sette, ha pieno diritto di tor- nare a casa e d’ora in poi, all’ombra dell’ albero dell’onore e della fama , che è stato issato dal coraggio unito, di trascorrere i giorni della sua vecchiaia. Lancia e pelle di foca devono però venir ap- pese ad eterna memoria in un luogo appropriato in mostra ai posteri così che tutti i clienti dei sarti si ricordino delle azioni che i loro pro- genitori compirono nel mondo. Se attualmente ancora rimasugli della rinomata lancia da battaglia e della pelle di foca siano presenti, io non lo so dire con certezza ma la cosa che è conosciuta a tutti è il coraggio ed il valore dei sarti. Queste qualità dai loro successori tramandate sono l’eredità di tutti i sarti e resteranno loro fino alla fine del mondo. 12
  • 14. Tratto da: Ehstnische Märchen. Zweite Hälfte by Friedrich Reinhold Kreutzwald and F. Löwe http://www.gutenberg.org/ebooks/22516 Lanciato il 27 maggio 2015 Unfo 13