1. 1
- UNITà DIDATTICHE ON LINE -
Guida alla valutazione, alla diagnosi e al
trattamento dei Disturbi e delle Difficoltà
di Apprendimento
a cura del Dott. Gianluca Sechi
- PARTE DECIMA -
WWW.EDUCAZI O NE. I T
Per Psicologi, Insegnanti, Tecnici della Riabilitazione
2. Capitolo 10
Il Disturbo Non Verbale (DaNV)
Il Disturbo di Apprendimento Non Verbale (DaNV) non è in senso stretto un disturbo specifico
dell’apprendimento, e non è ancora annoverato nei manuali diagnostici (DSM-IV-TR e ICD-10). Dal punto
di vista descrittivo, costituisce uno di quei disturbi le cui caratteristiche sono decisamente eterogenee, tanto
da renderne difficile una descrizione unitaria. Il recente interesse per le sue manifestazioni, soprattutto
riguardo alle ripercussioni che tale condizione può avere sull’adattamento personale e scolastico
dell’individuo che ne è portatore, costituiscono le ragioni per cui il DaNV è effettivamente entrato a far parte
del campo di interesse di chi, a vario titolo, si occupa di apprendimento.
La letteratura sull’argomento è soprattutto tecnica e mirata a descriverne le caratteristiche dal punto di
vista neuropsicologico; di contro, sono pochi i lavori che ne trattano le ricadute a livello sociale ed emotivo.
In merito alle caratteristiche neuropsicologiche, la prima descrizione approfondita della Sindrome Non
Verbale (SNV) la dobbiamo a B.P. Rourke, che ha anche proposto una serie di criteri utili per la diagnosi. In
Italia, la ricerca su questo tema viene portata avanti in particolare dai gruppi afferenti all’Università di
Padova, soprattutto in merito alle caratteristiche della memoria di lavoro visuospaziale, e da vari ricercatori
afferenti all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, che ne studiano le caratteristiche in diversi quadri
psicopatologici in età pediatrica (soprattutto S. di Down e S. di Williams).
A questo proposito occorre fare una precisazione, tra i termini Disturbo di Apprendimento di tipo Non
Verbale (o con caratteristiche non Verbali) e Sindrome Non Verbale, descritta nel contesto di una patologia
dello sviluppo più ampia. Nel primo caso, si fa riferimento ad una serie di ripercussioni scolastiche dovute
alla discrepanza tra gli aspetti verbali e non-verbali dell’intelligenza, che possono comportare problemi
nell’area prassica, sociale ed emotiva di un soggetto in età scolare. Nel secondo caso, la declinazione dei
sintomi assume una strutturazione di una vera e propria sindrome, dovuta ad una serie di caratteristiche
morfologiche e funzionali a base organica. Per gli obiettivi di questo lavoro, ci concentreremo ovviamente
sul primo aspetto, limitandoci ad un cenno del secondo.
Quanto alle ripercussioni del DaNV sull’adattamento alle richieste ambientali, l’unica trattazione
attualmente disponibile in italiano è un lavoro della P.B. Tanguay (2006), madre di una bambina con
disturbo di apprendimento non verbale, in cui vengono forniti una serie di suggerimenti di carattere pratico
riferiti alla vita quotidiana.
In questo capitolo verranno illustrate brevemente le caratteristiche della Sindrome Non Verbale,
come indicate nel modello proposto da Rourke. Successivamente si approfondiranno alcuni aspetti
particolarmente utili alla descrizione del Disturbo di Apprendimento di tipo Non Verbale, concentrandosi in
particolare sulle sue ripercussioni scolastiche. Saranno quindi indicati gli strumenti di valutazione utili alla
diagnosi di DaNV. Infine saranno passati in rassegna alcuni materiali utili per il lavoro con i bambini che
manifestano difficoltà visuospaziali o un disturbo di apprendimento con profilo non verbale.
3. 10.1 Caratteristiche della Sindrome Non Verbale
In questo lavoro si è data molta importanza alla distinzione, teorica e metodologica, tra condizioni di
disturbo dovute a deficit funzionali del sistema nervoso centrale (i disturbi specifici di apprendimento in
senso stretto) e le condizioni di forte e significativa difficoltà degli apprendimenti dovute ad altre cause.
Quindi, anche se le caratteristiche della sindrome non verbale per molti aspetti si sovrappongono a quello che
comunemente viene definito Disturbo Non Verbale di Apprendimento, per evitare la confusione tra i due
livelli verrà discussa in primo luogo la Sindrome Non Verbale, così come descritta da Rourke, e
successivamente se ne discuteranno le implicazioni al livello scolastico.
La Sindrome Non Verbale (SNV) è un complesso di sintomi ascrivibili a molteplici aspetti del
funzionamento non verbale di un individuo, presenti in misura maggiore o minore in una varietà di quadri
patologici evolutivi1
:
• Agenesia del corpo calloso
• S. di Asperger
• S. velocardiofacciale
• S. di Williams
• S. di Cornelia de Lange
• Idrocefalo precoce
• S. di Turner
Alcune caratteristiche della SNV sono inoltre presenti nella Sindrome di Sotos, nell’ipotiroidismo congenito
e nella Sindrome feto-alcolica.
Il neuropsicologo canadese B.P. Rourke è stato il primo a descrivere le caratteristiche della SNV,
tracciandone un modello descrittivo. Nel modello (figura 10.1), l’Autore individua diversi livelli di analisi
dei punti di forza e di debolezza nel profilo di questi bambini, a partire dalle competenze cognitive di base
fino ad arrivare ad aspetti relativi all’adattamento sociale, emozionale e scolastico. I diversi livelli, secondo
l’Autore, sarebbero legati da una relazione di causa-effetto: in altre parole, le risorse proprie di un livello
sono alla base di quelle del livello successivo, come i deficit che rientrano in un livello causano quelli propri
del livello successivo. Al primo livello, si collocano le risorse che sono intatte nel funzionamento del
bambino con SNV, che riguardano la percezione uditiva, la capacità di compiere movimenti semplici e
ripetitivi e la gestione del materiale con cui il bambino ha molta familiarità. Le difficoltà rintracciabili nei
bambini con SNV a questo livello, riguardano la percezione tattile e visiva, la motricità complessa e la
gestione di materiale non conosciuto. Al secondo livello si collocano le abilità attentive, che sono adeguate
rispetto al canale uditivo e verbale, ma deficitarie dal punto di vista visivo e tattile. I deficit a carico della
motricità complessa e la difficoltà nel gestire materiale nuovo, determinano un comportamento esplorativo
decisamente povero sia nella frequenza che nella qualità. Al terzo livello, dal punto di vista delle risorse,
troviamo buone capacità di memoria uditiva e verbale, conseguenti all’adeguatezza delle risorse attentive.
Quanto ai deficit, la scarsa attenzione dedicata a stimoli tattili, soprattutto nuovi, causa una diminuita
frequenza di esposizione agli stessi, che è alla base delle scarse abilità di memoria visivo-tattile. In questo
livello si collocano anche difficoltà che costituiscono il risultato della scarsa esplorazione ambientale e della
difficoltà a gestire materiale nuovo: dagli studi di Piaget, sappiamo infatti che durante lo stadio senso-
motorio si pongono importanti occasioni di scoperta per il bambino, che attraverso la manipolazione
acquisisce importanti abilità che gli serviranno, durante lo stadio operatorio formale, per sviluppare il
pensiero ipotetico-deduttivo. Ci si riferisce in particolare a competenze come la concettualizzazione,
1
Le
patologie
indicate
sono
state
riportate
da
B.P.
Rourke
(1989;1995),
cit.
in
Cornoldi
(2007).
4. CAPITOLO
10
Il
Disturbo
Non
Verbale
259
l’elaborazione di piani di soluzione e il loro controllo, e la successiva verifica: tutte abilità sovraordinate che
rendono difficile per il bambino con SNV l’acquisizione di adeguate competenze di problem solving.
Il quarto livello comprende risorse e deficit attinenti all’area verbale. Dal punto di vista delle risorse, il
bambino SNV ha buone capacità fonologiche e negli aspetti tecnici di ricezione, ripetizione e
memorizzazione di parole. Si osservano anche buone capacità di compiere associazioni tra parole e,
soprattutto, ottime abilità di produzione verbale. I bambini con SNV vengono infatti descritti come ottimi
parlatori, talvolta addirittura come verbosi; ma ad adeguate competenze di produzione linguistica, non si
associano altrettanto adeguate caratteristiche dal punto di vista funzionale: i bambini con SNV hanno infatti
difficoltà negli aspetti pragmatici del linguaggio e nel gestirne la prosodia. L’ultimo livello di descrizione,
riguarda l’adattamento scolastico e socioaffettivo. Questi bambini, forti delle loro buone capacità
fonologiche, sviluppano adeguate abilità di lettura e scrittura dal punto di vista ortografico; sul versante
grafo-motorio, invece, può manifestarsi un ritardo. Le difficoltà principali riguardano la comprensione della
lettura, che può essere non adeguata, e soprattutto l’area degli apprendimenti in cui le abilità visuospaziali
sono maggiormente chiamate in causa, come la matematica, le scienze e la geografia. Dal punto di vista
dell’adattamento socioaffettivo, Rourke descrive i bambini con SNV come portatori di un disagio
significativo di fronte a situazioni nuove, alle quali rispondono ricorrendo a schemi stereotipati di
comportamento. Possono manifestare una tendenza alla chiusura, ma se coinvolti nell’interazione, esprimono
uno scarso giudizio sociale: tendono alla verbosità, quindi possono dare l’impressione di socievolezza, ma in
realtà “non dicono molto”. La loro produzione verbale è ampia, intensa anche dal punto di vista del tono di
voce, ma povera dal punto di vista prosodico: ciò può portare l’interlocutore ad una “repentina saturazione”
con conseguenti reazioni negative. All’inizio della scolarizzazione inoltre, questi bambini possono dare
l’impressione di iperattività, a causa delle difficoltà nella regolazione del comportamento e nell’interazione
sociale, che li espone a frequenti occasioni di rimprovero e rifiuto. Questa tendenza rientra col passare del
Figura
10.1.
Schema
del
modello
di
Rourke.
(Adatt.
da
Cornoldi,
2007)
5. tempo, fino ad invertirsi verso un progressivo isolamento. Se trascurati a lungo, questi atteggiamenti
introversivi possono esacerbarsi in disturbi psicopatologici come il ritiro affettivo e la depressione; è stata
osservata inoltre, la tendenza a condotte suicide in età adolescenziale e adulta.
Punti di forza e di debolezza del modello di Rourke
Il modello appena presentato, secondo Mammarella et al. (2008), ha il pregio della descrittività dei vari
sintomi presenti nei bambini con SNV e il difetto della mancanza di sufficienti prove sperimentali,
soprattutto a sostegno del nesso causale che lega i vari livelli. In particolare, affermano gli stessi Autori, non
è chiaro quali siano i processi alterati in questi bambini, cioè quale aspetto della percezione visiva risulti
deficitario e in quali aspetti dell’attenzione e della memoria presentino difficoltà. Inoltre, la definizione delle
ripercussioni delle carenze visuospaziali è comune a molti problemi relativi all’area degli apprendimenti, ma
solo alcuni di essi sono in effetti caratterizzabili come DSA. Queste ragioni hanno portato il gruppo di
Padova a concentrarsi su quei casi che rientrano nei criteri per il Disturbo Specifico di Apprendimento, e che
esprimono un profilo caratterizzato dalla presenza di insufficienti abilità visuospaziali, a fronte di buone
abilità verbali.
10.2 Caratteristiche del Disturbo di Apprendimento Non Verbale (DaNV)
Il DaNV è una condizione, assimilabile tout court ad un Disturbo di Apprendimento, in cui sono
riconoscibili gli effetti di una componente non verbale dell’intelligenza non sufficientemente strutturata;
questi si esprimono soprattutto attraverso delle peculiarità concernenti la memoria di lavoro, la comprensione
del testo ed il linguaggio. Accanto alle componenti neuropsicologiche, possono manifestarsi alcune
problematiche sul versante emotivo, soprattutto isolamento sociale e tratti depressivi.
Il gruppo di Padova ha quindi proposto di considerare il DaNV come un profilo particolare di DSA, in
cui sia identificabile una significativa discrepanza tra l'intelligenza verbale e non verbale, una caduta
significativa in prove neuropsicologiche visuospaziali, e un profilo degli apprendimenti scolastici con forti
cadute nelle aree disciplinari a contenuto visuospaziale.
Rispetto alle caratteristiche del DaNV, lo stesso gruppo suggerisce di riferirsi a quelle indicate da Rourke
nella descrizione della Sindrome Non Verbale2
.
1. Deficit percettivi e tattili bilaterali, più evidenti per la parte sinistra del corpo, che tendono tuttavia a
migliorare con l'età.
2. Difficoltà di coordinazione psicomotoria, che può manifestarsi in entrambi i lati del corpo, ma che
più frequentemente coinvolge il lato sinistro. Le abilità di motricità fine tendono a migliorare con il
tempo, mentre le competenze grosso motorie tendono a peggiorare. Queste, unite ai deficit percettivi
e ad uno scarso investimento di risorse cognitive per stimoli tattili e visivi, sono alla base dello
scarso comportamento esplorativo.
3. Difficoltà nell’organizzazione visuospaziale, soprattutto in merito a situazioni nuove e che
coinvolgono stimoli non verbalizzabili.
4. Difficoltà nel adattarsi a situazioni nuove, cui il bambino reagisce con comportamenti ripetitivi
stereotipati.
5. Difficoltà nella soluzione di problemi e nella formazione dei concetti di natura visuospaziale.
6. Difficoltà nello stimare lo scorrere del tempo.
7. Difficoltà nella memoria di materiale complesso di natura verbale, a fronte di buone capacità di
memoria verbale meccanica.
8. Verbosità, scarsa prosodia e alterato uso pragmatico del linguaggio.
2
le
caratteristiche
riportate
sono
adattate
da
Mammarella
et
al
(2008).
6. CAPITOLO
10
Il
Disturbo
Non
Verbale
261
9. Difficoltà in aritmetica. Dal punto di vista delle altre aree di apprendimento, le abilità di lettura
possono migliorare nel secondo ciclo della scuola primaria, mentre la capacità di comprensione del
testo può continuare ad essere deficitaria.
10. Deficit nella percezione nel giudizio e nell'interazione sociale.
Le difficoltà del bambino con DaNV a scuola
Le abilità di visuospaziali sono richieste in molte attività della vita quotidiana, sia scolastica che sociale.
È lecito pertanto attendersi che i bambini con Disturbo dell'apprendimento di tipo Non Verbale, manifestino
difficoltà in determinate aree scolastiche in cui tali competenze sono presenti in misura maggiore.
Esistono numerosi studi che attribuiscono un ruolo cruciale alle funzioni di memoria di lavoro
visuospaziale (MLVS)3
. A partire dal modello di memoria di lavoro elaborato da Baddeley e Hitch (1974),
discusso nel Capitolo 1, Cornoldi e Vecchi (2000; 2003) hanno distinto, all'interno dei compiti di memoria di
lavoro, una dimensione verticale attinente al grado di controllo che il soggetto impiega nello svolgerli, e una
dimensione orizzontale che rende conto della diversa tipologia di materiale che il soggetto è chiamato ad
elaborare (stimoli visivi, verbali ecc…). Nella figura 10.2 è raffigurato uno schema di questo modello.
Lungo la dimensione verticale si definisce il grado di controllo richiesto dalle attività: i compiti attivi di
memoria richiedono il massimo grado di controllo, dal momento che il soggetto deve elaborare attivamente il
materiale proposto. Durante le attività scolastiche o di studio, osserviamo questo aspetto ad esempio quando
è richiesta allo studente la comprensione di un testo. I compiti di memoria di lavoro che richiedono il minimo
grado di controllo, sono quelli in cui lo studente deve passivamente memorizzare e recuperare delle
informazioni: ad esempio lo studio mnemonico di una poesia o il recupero di fatti aritmetici. Lungo la
dimensione orizzontale, invece, si definisce la tipologia del materiale da elaborare: verbale, visivo, spaziale
ecc…
Dal punto di vista neuropsicologico, riferendosi al continuum verticale, i bambini DaNV manifestano
difficoltà in compiti di memoria di lavoro visuospaziale sia attivi che passivi. Alcuni studi (ad esempio,
Cornoldi, 2000) hanno dimostrato in particolare una dissociazione fra i due tipi di compito, suggerendo
quindi una sostanziale indipendenza dei processi sottostanti: esisterebbero quindi bambini con un profilo
particolarmente deficitario dal punto di vista della memoria attiva ed altri con profilo deficitario nella
memoria passiva. Mammarella e Cornoldi (2005), in particolare, hanno mostrato come un gruppo di bambini
3
Per
una
rassegna
consultare
Cornoldi
(2007),
Mammarella
et
al.
(2008).
Figura
10.2.
Rappresetnazione
grafica
del
modello
della
ML
di
Cornoldi
e
Vecchi.
Adatt.
da
Cornoldi,
2007
7. con disturbo non verbale manifestasse difficoltà nell'inibire le informazioni rilevanti di natura visuospaziale,
attraverso molte intrusioni in compiti di memoria attiva. Riferendosi invece al continuum orizzontale, una
serie di ricerche (Pazzaglia e Cornoldi, 1999; Cornoldi e Vecchi, 2003), hanno suggerito una architettura
della memoria di lavoro visuospaziale come quella riportata nella figura 10.3. Lo schema suggerisce una
suddivisione della MLVS in memoria visiva e memoria spaziale. La memoria visiva è implicata in quei
compiti che richiedono unicamente il ricordo di informazioni visive. La memoria spaziale è implicata sia nel
ricordo di coordinate spaziali presentate contemporaneamente (memoria spaziale simultanea), che nel
ricordo di localizzazioni spaziali in successione temporale (memoria spaziale sequenziale). Gran parte delle
difficoltà dei bambini con DaNV sono spiegate da deficit della MLVS, che hanno una importante ricaduta
nella qualità dell’apprendimento scolastico in certe discipline.
Le abilità di MLVS, a scuola, sono particolarmente implicate nella matematica. Bambini con DaNV hanno
forti difficoltà nell’incolonnamento di cifre e nel riconoscimento dei segni di addizione e moltiplicazione;
possono manifestare anche errori nella lettura dei numeri (23 viene letto 32), oltre a difficoltà nel mantenere
la direzione di svolgimento dell'operazione. Possono esserci anche delle difficoltà nel modificare e adattare
le risposte a differenti richieste imposte dal compito, osservabili nella reiterazione dei medesimi
comportamenti (ad esempio il mantenere la procedura esecutiva dell’addizione appena svolta, quando viene
richiesta un'altra operazione).
In geometria i bambini con DaNV hanno difficoltà nel riconoscere le figure e nel ricordare le formule,
oltre a problemi nel lavoro con alcune caratteristiche delle figure geometriche (base, altezza, diagonale
ecc…).
Nel disegno si possono osservare alcune peculiarità nella rappresentazione dei rapporti spaziali: i
bambini possono ad esempio disegnare una persona più alta di una casa, oppure un fiore spropositatamente
grande rispetto all'ambiente nel quale è inserito. Il disegno in generale è povero di particolari e può dare
l'impressione di inadeguatezza rispetto all'età: ciò può essere dovuto a specifiche difficoltà di riproduzione a
memoria. Si possono osservare anche difficoltà nell'uso degli strumenti propri della produzione grafica,
come la riga, la squadra o il compasso, e che si ripercuote direttamente sulla qualità del disegno tecnico.
Nelle attività motorie, a causa delle difficoltà prassiche, si possono osservare difficoltà di coordinazione
motoria, che danno l'impressione che il bambino si stia muovendo a caso nell'ambiente.
Nelle scienze i bambini con DaNV hanno difficoltà nel comprendere grafici e tabelle, e una generale
difficoltà nella elaborazione dei dati. Hanno inoltre difficoltà nello stabilire rapporti spazio-temporali e
relazioni causa-effetto tra gli eventi; questo può comportare loro problemi anche in storia.
Nella geografia si osservano specifiche difficoltà nell'uso delle mappe, nella riproduzione di percorsi e
nella comprensione di simboli e di schemi: i bambini con DaNV non riescono ad elaborare i concetti
topologici, relativi ad esempio ai punti cardinali.
Figura
10.3.Architettura
della
MLVS
secondo
Cornoldi
e
Vecchi
(2003).
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Disturbo
Non
Verbale
263
Nelle materie di studio, inoltre, questi bambini possono fare molta difficoltà nella comprensione del
testo, in cui sia richiesta l'elaborazione spaziale per comprendere descrizioni e rapporti tra gli oggetti. Si
possono osservare anche difficoltà di integrare il testo con le immagini.
Per quanto riguarda le abilità di lettura e scrittura, si possono osservare delle difficoltà all'inizio della
scolarizzazione dovute alla difficoltà nel riconoscere le lettere simili (b/p, p/q); questa difficoltà comunque
tendono a risolversi nel secondo ciclo della scuola primaria. A causa delle forti difficoltà nell'uso pragmatico
del linguaggio, i bambini con DaNV possono incontrare difficoltà nella produzione di testi scritti.
Infine, quanto all'area dei rapporti sociali, i bambini con DaNV tendono ad essere verbosi fino al punto
di sfinire l’interlocutore, e questo può dipendere dalla loro estrema difficoltà nel decodificare i segnali non
verbali dell'interazione sociale: non riescono infatti a leggere le espressioni dell'insegnante e dei compagni di
classe, e questa difficoltà può indurli a parlare oltremodo. Tutto questo rende l'adattamento del bambino non
verbale all'ambiente scolastico estremamente difficoltoso, oltre che fonte di continue frustrazioni.
10.3 La diagnosi del DaNV
In questo paragrafo sarà indicata una metodologia generale per la diagnosi di primo e di secondo livello,
in continuità con il modello adottato nel Capitolo 4. Se consideriamo il DaNV come l’espressione particolare
di un disturbo di apprendimento, allora dovremmo accertarci che il profilo ottenuto attraverso la
somministrazione di prove standardizzate soddisfi determinati criteri di discrepanza, oltre che verificare
l'assenza dei criteri di esclusione validi per gli altri DSA.
Criteri Diagnostici
Il gruppo di Padova, consiglia i seguenti criteri diagnostici per la diagnosi del DaNV:
• Discrepanza significativa tra i fattori Comprensione Verbale e Organizzazione Percettiva
o, in alternativa
Discrepanza tra QI verbale e QI di performance di almeno 15 punti (QIv > QIp), in particolare:
- punteggi più bassi in almeno due su tre dei subtest: Ricostruzione di Oggetti, Disegno con Cubi e
Cifrario, e
- punteggi più alti in almeno due su tre dei subtest: Vocabolario, Informazioni e Somiglianze.
• Test di MLVS deficitari (almeno – 1 DS);
• Profilo di apprendimento scolastico con cadute nelle aree disciplinari a forte contenuto visuospaziale
(matematica, geometria ecc…);
• Assenza di criteri di esclusione per i DSA (ritardo mentale, condizioni di handicap sensoriale,
inadeguato insegnamento, carenze ambientali).
9. Prove per la valutazione
Tabella 10.1 - Strumenti di valutazione consigliati per la diagnosi di DaNV
LIVELLO TEST DOVE
REPERIRLA
TEST DI LIVELLO COGNITIVO:
WISC-III In particolare: Disegno con Cubi, Ricostruzione Di Oggetti,
Cifrario VS Vocabolario, Informazione, Somiglianze
Giunti Os
PROVE VISUOSPAZIALI:
Questionario SVS Molin e
Cornoldi, 2003
Capacità prassiche BVN 5/11 Ed. Erickson
Ab.
visuocostruttive
VMI
Figura complessa di Rey
Giunti Os
TEST DI MLVS:
Subtest
Riconoscim. di
volti e Memoria
visiva astratta
TEMA Ed. Erickson
Prove della batteria BVS CORSI (prevede anche prove di I livello)
Il questionario SVS, in particolare, è uno strumento che si propone di indagare, attraverso una serie di
domande, alcuni aspetti inerenti le abilità visivo spaziali che possono interferire con il rendimento scolastico.
È uno strumento di primo livello, che le insegnanti possono compilare nell'ambito di una attività di
osservazione di bambini dagli 7 agli 11 anni. È composto da 18 item che vanno ad indagare i seguenti
aspetti: competenze ed apprendimenti nelle abilità visivo spaziali, apprendimento linguistico, disattenzione e
iperattività, altri aspetti generali (abilità sociali, potenzialità cognitive ), ambiente di provenienza. La risposta
è basata su una scala a 4 punti, in cui il punteggio 1 corrisponde ad un abilità presente “mai o quasi mai” ed
il punteggio 4 è indicativo di una abilità presente “sempre”. Secondo le indicazioni degli autori, un punteggio
nell'area visuospaziale inferiore o uguale a 28 può già porre il dubbio per difficoltà/disturbo non verbale.
Diagnosi Differenziale
Il DaNV può condividere alcune manifestazioni cliniche con altri disturbi tipicamente rilevabili in età
evolutiva. Si pongono pertanto questioni di diagnosi differenziale con alcuni disturbi. In particolare il DaNV
può essere confuso con il DCD (Disturbo di coordinazione motoria): in quest'ultimo sono compromessi in
maniera forte e stabile tutte le funzioni motorie, mentre nel primo le competenze psicomotorie semplici
possono migliorare con l'età. Inoltre nel DCD si può osservare un ritardo più cospicuo nel raggiungimento
delle tappe di sviluppo non motorie, e possono manifestarsi disturbi della sfera linguistica; nel DaNV,
invece, il linguaggio è adeguato, almeno negli aspetti di base.
C'è una aperta diatriba sulla considerazione della sostanziale uniformità delle etichette DCD e
Disprassia. Secondo alcuni i due termini andrebbero in realtà distinti, dal momento che nella Disprassia ad
essere gravemente deficitaria è anche la parte di programmazione motoria, comportando quindi un
interessamento anche a carico del movimento diretto ad uno scopo. Nel DaNV non si osserva questa
difficoltà di pianificazione, o al più è limitata al comportamento esplorativo, mentre nella Disprassia è
pervasiva e coinvolge tutti gli aspetti del movimento.
Il DaNV andrebbe distinto dalla Disgrafia, con la quale condivide l'aspetto deficitario dal punto di vista
grafo-motorio: nella Disgrafia, comunque, non si osservano le difficoltà psicomotorie complesse tipiche del
DaNV. Sempre nell'area degli apprendimenti scolastici, il disturbo non verbale andrebbe distinto anche dalla
Discalculia Evolutiva, nella quale le difficoltà visuospaziali si esprimono limitatamente all'incolonnamento
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di cifre, alla gestione dei segni di addizione e moltiplicazione, e possono riguardare il mantenimento della
direzionalità di esecuzione dell'algoritmo nel calcolo scritto.
L'impressione di iperattività che si ha nel disturbo non verbale, soprattutto durante il periodo prescolare,
può far pensare ad un profilo ADHD: l’iperattività tende tuttavia a ridursi con il tempo, lasciando il posto a
tendenze alla chiusura e all’isolamento sociale. Inoltre i deficit attentivi nel DaNV sono solitamente limitati
all'area visiva e tattile, mentre nell’ADHD sono pervasivi.
Infine una importante questione di diagnosi differenziale si pone con la Sindrome di Asperger. Benché
nel DaNV siano ravvisabili alcuni tratti della S. di Asperger (soprattutto assenza di relazioni e difficoltà di
adattamento sociale, comportamenti ripetitivi e interessi ridotti), questi non raggiungono i livelli osservati
nell’Asperger. Inoltre le ricadute emotive che si osservano nel DaNV (tendenze introversive e tratti
depressivi) non si osservano nell’Asperger.
10.4 Il trattamento del DaNV
La predisposizione di un progetto di intervento per un bambino con DaNV, vista la complessità delle
problematiche che comporta, dovrebbe sempre tenere in considerazione una serie di fattori che riguardano,
da un lato, l’uso strumentale di determinate abilità di base, e dall’altro la ricaduta che un lavoro mirato al
loro potenziamento ha sull’adattamento del bambino nella vita quotidiana. In generale è sempre bene partire
da un buon inquadramento diagnostico, per valutare opportunamente quali siano i bisogni effettivi del
bambino, per poi predisporre un piano di trattamento che coinvolga sia le abilità di base che le competenze
adattive. L’obiettivo è rendere il più possibile autonomo il bambino su entrambi i versanti.
Il panorama degli strumenti di intervento dedicati al lavoro sui DaNV è ancora piuttosto povero di
proposte editoriali, e ciò è dovuto al fatto che l’interesse per questo disturbo è relativamente recente e gli
sforzi sono stati finora dedicati in misura maggiore all’aspetto diagnostico e valutativo. In ogni caso, i
materiali di lavoro attualmente disponibili, espressamente dedicati al DaNV sono il volume Abilità
Visuospaziali, il cd Allenare le Abilità Visuospaziali, ed il recente Memoria di Lavoro Visuospaziale.
Accanto a quelli citati, esistono altri materiali che, pur non essendo espressamente dedicati al DaNV,
contengono esercizi utili per il lavoro con questi bambini: Mammarella et al. (2007) cita in particolare il
volume Educare alla Visualizzazione di Antonietti (1999) e Orientamento e Rappresentazione dello Spazio
di Pazzaglia ed altri (2004). Di seguito saranno descritti i programmi di lavoro citati, limitatamente a quelli
dedicati al DaNV.
Abilità Visuospaziali di Cornoldi ed altri (1997)
Si tratta di un volume contenente schede operative suddivise in 10 aree di intervento, adatto a bambini dagli
8 ai 14 anni. Le aree abbracciano sia aspetti trasversali all’apprendimento che aspetti specifici riguardanti
alcune discipline scolastiche. Esse sono:
Abilità visuospaziali. Contiene schede organizzate intorno a quattro obiettivi: saper analizzare una
configurazione visuospaziale e memorizzarla, sapersi orientare in una configurazione visiva, costruire
un'immagine visiva, organizzare spazialmente input visivi (figura 10.4).
Disegno. Contiene schede finalizzate a migliorare l'organizzazione del foglio, la copia di modelli grafici
e disegno libero. Per quanto riguarda l'organizzazione del foglio, vengono suggerite alcune strategie,
strutturate in passi successivi, per progettare il disegno. Per favorire la copia di modelli grafici, viene
proposto l'uso di figure geometriche per comporre immagini elaborate, vengono fornite alcune strategie per
copiare un disegno, stimolando la pianificazione e il monitoraggio dell'esecuzione della copia.
Matematica. Vengono proposti diversi esercizi finalizzati al lavoro su: allineamento dei numeri, lettura
direzionale (ordinamento, rapporto di grandezza e lettura di algoritmi), attenzione ai dettagli visivi (segni
delle operazioni e quantità numeriche), grafia dei numeri e dei simboli.
11. Prassie. Gli obiettivi di quest'area sono: sviluppare l'autoconsapevolezza delle caratteristiche del proprio
movimento, imparare l'uso di specifici strumenti di disegno, pianificare azioni, ordinare le proprie cose,
organizzare nel foglio la propria scrittura.
Geometria. Contiene schede finalizzate in particolare il lavoro sulle figure geometriche, i cui obiettivi
sono: comprendere e ricordare a partire da indizi percettivi forti, cambiare set di risposte ed essere flessibili
nell'uso delle regole, individuare una procedura corretta di seguirla.
Comprensione. Gli obiettivi di quest'area sono: costruire una scena, immaginare il movimento,
esaminare il rapporto testo-immagine.
Geografia e Orientamento. Le schede contenute in questa sezione lavorano in particolare sulle relazioni
spaziali, sulla riproduzione di percorsi, e sull'orientamento, la comprensione di simboli e la comprensione di
rappresentazioni schematiche.
Competenza sociale. Si propongono attività ad incrementare la percezione di indizi non verbali,
migliorare il giudizio sociale e la comprensione di simboli legati alla vita quotidiana.
Scienze. Vengono proposte dell'attività mirate a migliorare le abilità di osservazione, sviluppare
competenze di previsione e analisi dei dati, anche attraverso l'uso di tabelle e grafici.
Computer. Sono inclusi anche alcuni esercizi rivolti alla conoscenza di questo strumento, in cui si
descrive l'utilizzo delle principali funzioni anche attraverso la spiegazione di particolari icone (figura 10.5).
Allenare le Abilità Visuospaziali di Andrich e Miato
È un software composto da esercizi adatti a bambini della scuola primaria. È strutturato su 3 livelli di
difficoltà e contiene esercizi mirati al lavoro sulla percezione visiva (rotazione di figure, riproduzione di un
tracciato, ricostruzione di un'immagine di una fotografia, orientamento di configurazioni visive e
Figure
10.4
e
10.5.
Esempi
di
schede
tratte
dal
programma
Abilità
Visuospaziali.
Cornoldi
et
al.,
1997.
Ed.
Erickson
12. CAPITOLO
10
Il
Disturbo
Non
Verbale
267
organizzazione spaziale). Gli esercizi sono suddivisi in 10 aree, corrispondenti ad altrettanti giochi sulle
abilità visuospaziali4
:
Cattura le formiche. È una rivisitazione del classico gioco della battaglia navale, in cui il bambino deve
posizionare delle formiche in base alle posizioni indicate dal programma, e successivamente deve
individuare le posizioni in cui l'avversario ha organizzato le sue formiche.
La porta segreta. È un gioco di matching, in cui il bambino deve trascinare la figura corretta sopra
l'ombra corrispondente.
Percorsi Intricati. Viene presentato un percorso disegnato su una matrice con diversi pallini, che il
bambino deve riprodurre sulla sua matrice e successivamente controllare la correttezza del lavoro svolto
(figura 10.6).
Il Tangram Dello Sciamano. È un gioco di ricostruzione di figure, in cui è fornito lo schema al centro
del video e, al lato, i pezzi che il bambino dovrà posizionare nel posto corretto.
Ricostruisci Le Pergamene. In questo gioco il bambino deve completare un'immagine con alcuni dei
pezzi forniti (figura 10.7).
I graffiti del fiume. In questa attività viene richiesta la rotazione mentale di un'immagine proposta, per
farla combaciare con una di quelle presentate al centro dello schermo.
Ping pong della giungla. È un gioco in cui l'utente deve comandare i personaggi in modo da respingere
la pallina proveniente dal campo avversario.
Pitture Magiche. Viene presentata una figura composta da una serie di quadretti colorati, che il bambino
deve ricostruire cliccando sui quadrati di cui dispone, ruotando ciascuno di essi del numero di volte
necessario.
La cascata. È una rivisitazione del gioco del Tetris, proposto con singole barre, con figure geometriche,
o con quadratini colorati che scendono gradualmente e che il bambino deve posizionare spostandole con le
frecce della tastiera.
Al mercato del villaggio. In questo gioco il bambino deve ordinare delle cassette di frutta in base alle
indicazioni contenute su un foglietto; il bambino deve quindi prestare attenzione alle posizioni indicate e
riprodurle.
4
Alcune
videate
e
il
demo
del
software
sono
scaricabili
dal
sito
www.erickson.it
Figure
10.6
e
10.7.
Schermate
del
software
Allenare
le
Abilità
Visuospaziali
di
Andrich
e
Miato.
Ed.
Erickson
13. Memoria di Lavoro Visuospaziale di Mammarella ed altri
Si tratta di un software espressamente rivolto al recupero e al potenziamento delle competenze di MLVS.
Comprende una serie di esercizi suddivisi in 9 sezioni, a loro volta raccolti in tre macro-aree. Gli esercizi
sono suddivisi su 3 livelli di difficoltà (junior, senior, expert), ed il completamento di un livello è
indispensabile per sbloccare livello successivo. Gli esercizi sono adatti a bambini dagli 8 anni in su e sono
suddivisi secondo lo schema che segue:
• Prima macro-area: memoria visiva
- Sezione 1: Attenzione e memoria immediata
- Sezione 2: Ricordo di forme
- Sezione 3: Memoria attiva
• Seconda macro-area: memoria sequenziale
- Sezione 4: Attenzione e memoria immediata
- Sezione 5: Ricordo di percorsi
- Sezione 6: Memoria attiva
• Terza macro-area: memoria simultanea.
- Sezione 7: Attenzione e memoria immediata
- Sezione 8: Ricordo di posizioni
- Sezione 9: Memoria attiva
Prima macro-area: memoria visiva. Le attività incluse in questa area sono finalizzate al riconoscimento di
una figura tra una serie di distrattori. Viene richiesta quindi l'analisi visiva delle immagini proposte.
Nella prima sezione (attenzione e memoria immediata), l'immagine e i distrattori compaiono
contemporaneamente (figura 10.8), nella seconda (ricordo di forme) raffigura stimolo scompare appena il
bambino decide, mentre nella terza (memoria attiva), il bambino deve ricostruire un puzzle inserendo i
numeri corrispondenti ai tasselli indicati in una griglia.
Seconda macro-area: memoria sequenziale. Le attività incluse in questa area sono finalizzate al
riconoscimento di stimoli presentati in modo sequenziale. Nella quarta sezione il bambino deve confrontare
un percorso dato con una serie di altri possibili percorsi e decidere a quale corrisponda. Nella quinta sezione
al bambino è richiesto, analogamente a quanto accadeva nella seconda sezione, di ricordare un percorso e
ricostruirlo sulla griglia data. Nella sesta sezione (memoria attiva), si chiede invece di memorizzare delle
posizioni di una serie di oggetti che compaiono in modo sequenziale su una griglia, che successivamente
dovranno essere riprodotte secondo le richieste dello specifico esercizio.
Terza macro-area: memoria simultanea. Le attività incluse in questa area sono finalizzate al riconoscimento
della disposizione spaziale degli stimoli presentati. Nella sezione 7, vengono proposti una serie di esercizi
simili a quello mostrato in figura 10.9. Nel riquadro a sinistra vengono visualizzati degli asteroidi, tre dei
quali esplodono una volta avviata l’animazione; il bambino deve individuare la configurazione, tra quelle
proposte nei riquadri a destra, che riproduce la situazione dopo l’esplosione. Nella sezione 8 (ricordo di
posizioni), alcuni oggetti compaiono sullo schermo e il bambino deve ricordarne la disposizione, perché
successivamente vengono mescolati e gli verrà richiesto di posizionarli nuovamente nell’esatta posizione che
occupavano prima di sparire. Nella sezione 9 il bambino deve memorizzare le posizioni di alcune categorie
di oggetti che compaiono sullo schermo, che successivamente scompaiono; al bambino viene quindi richiesto
di cliccare sulle posizioni occupate precedentemente da uno o più oggetti.
14. CAPITOLO
10
Il
Disturbo
Non
Verbale
269
Figure
10.8
e
10.9.
Schermate
del
software
Memoria
di
Lavoro
Visuospaziale
di
Mammarella
ed
altri.
Ed.
Erickson
15. Riflessioni Conclusive
In coda questo volume, torniamo alla domanda di partenza: Che cos’è l’apprendimento?
È il modo in cui acquistiamo cognizione del mondo che ci circonda, il nostro modo di intendere il mondo.
Riducendo in estrema sintesi questo processo, possiamo pensare a tre step consecutivi, schematizzati nella
figura seguente.
Le informazioni provenienti dall’ambiente esterno (a) raggiungono le strutture biologiche deputate alla loro
elaborazione, dove subiscono (b) una qualche forma di trattamento, e successivamente (c) tornano
all’origine, e vengono utilizzate per rispondere alle richieste ambientali. Ciò che fa la differenza è il modo e
il grado con cui tali informazioni vengono elaborate. La differenza tra una mera memorizzazione (b’) di
informazioni ed una elaborazione attiva del significato (b”), sta nella traccia che esse lasciano dentro di noi.
Per usare una metafora presa in prestito dal mondo della chimica, potremmo pensare a questa traccia come
alla sedimentazione che si osserva dopo un processo di trattamento di certe sostanze. A determinare il livello
in cui queste informazioni saranno trattate, intervengono fattori emotivi e motivazionali. Prendiamo ad
esempio il caso di uno studente che come compito (a) debba studiare delle pagine di storia: se lo studente
non va oltre la definizione di tale attività come noiosa e inutile (b), lo “studio” consisterà nell’imparare a
memoria la lezione (b’) e (se quello studente ha buone abilità di memoria…) produrrà una ripetizione pura e
semplice di informazioni (c’), e non di nozioni. Lo studente motivato acquisirà le informazioni dal testo di
storia elaborandole attivamente (b”), integrandole con conoscenze pregresse e costruendosi una mappa
mentale coerente e coesa di quegli argomenti; di conseguenza sarà in grado di riportare (c”) le nozioni
apprese ad un livello ben differente. A scuola come all’università, spesso accade che gli studenti non si
spieghino il voto basso in una interrogazione o un esame (“eppure gli ho detto tutto!”): come spiegare loro
16. CAPITOLO
10
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Disturbo
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che non basta dirle le cose per dimostrare di saperle? La risposta a questa domanda è assai complicata, ma di
certo la motivazione fa miracoli nella carriera formativa di uno studente.
Una concezione dell’apprendimento di tipo continuista piuttosto che statica, ha la conseguenza che nel
considerare le prestazioni degli studenti, si debba tenere in stretta considerazione il fatto che esse siano
competenze in evoluzione: una fotografia, come può ad esempio essere un test di apprendimento, restituisce
lo stato di quella competenza in quel momento, e la confronta con il punto in cui essa dovrebbe normalmente
trovarsi ad un certo momento della scolarizzazione. Ma una fotografia può anche essere sfocata. Questo
comporta la necessità, soprattutto per chi si occupa di clinica dei DSA, di usare una maggior cautela nel
definire una condizione di disturbo, soprattutto quando i test restituiscono profili deficitari in tutte le aree. In
particolare andrebbe considerato, come si vedrà più avanti, anche il dato evolutivo ricavabile dalla risposta di
quel particolare bambino ad iniziative di intervento, possibilmente mirate e qualificate.
Un’ultima considerazione, riguarda la sfera emotiva e motivazionale del bambino, che spesso rischia di
passare in secondo piano, sovrastata dalla richiesta di prestazione che consapevolmente o meno avanziamo
sia in clinica che a scuola. La seconda parte di questo volume tratterà di metodologia della valutazione e del
trattamento/potenziamento delle abilità di base, per cui c’è il rischio che tale dimensione resti totalmente
inesplorata. Una dimensione che dovrebbe invece costituire motivo ispiratore del lavoro con i bambini, tanto
a scuola quanto in clinica, ben espressa in un pensiero del Vayer:
“Non vi sono motivi filosofici, scientifici e morali
perché la scuola debba diventare un luogo di sofferenza.”