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Educare ai luoghi della memoria
                                            di Alessandra Chiappano

Nel quadro delle esperienze legate ai viaggi della memoria quadro vanno però ricordati i viaggi
organizzati partire dagli anni ottanta e per tutto il decennio successivo grazie al coinvolgimento
della Regione Piemonte in collaborazione con l’ANED e il Comitato della Regione Piemonte per
l’affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione Repubblicana1. Tali enti
hanno promosso visite di studio nei campi di nazisti. L’iniziativa era diretta agli studenti delle
scuole superiori: a studenti e insegnanti vengono proposte tracce su cui produrre elaborati o
ricerche, i testi migliori vengono premiati con il viaggio di studio, in genere la meta è Mauthausen..
Si è trattato di un’iniziativa che è stata estremamente lodevole e che ha visto il coinvolgimento di
migliaia di studenti e di moltissimi docenti. Se si scorrono i dati quantitativi raccolti nel volume
curato da Enzo Traverso, Insegnare Auschwitz, che costituisce una pietra miliare nel quadro della
didattica della shoah2, si nota che il numero maggiore di studenti coinvolto viene dalle province e
l’indirizzo di scuola più largamente presente è rappresentato dai licei, soprattutto scientifici, subito
seguiti dagli istituti magistrali. Gli insegnanti coinvolti sono stati più di ottanta e i temi proposti si
sono concentrati soprattutto sulle tematiche della deportazione in senso lato (quella politica e
razziale , non mancano riferimenti anche all’internamento militare) e a seguire della Resistenza. Nei
primi anni la traccia era unica poi si passa a due e infine nel 1985 a quattro.


Il progetto ministeriale I giovani il Novecento e la memoria

A partire dal 1998 e per i tre successivi anni scolastici il ministero della Pubblica Istruzione ha
lanciato su scala nazionale il progetto I giovani, Il Novecento e la memoria. Esso ha coinvolto
migliaia di studenti e ha spinto insegnanti e studenti ad interrogarsi su certi temi specifici della
storia del Novecento, quali la deportazione politica e razziale, le discriminazioni e i campi di
sterminio. Come si ricorderà, ogni scuola, per ottenere un finanziamento, doveva presentare alle
Commissioni Provinciali per la Storia, istituite in ogni provveditorato per facilitare la riflessione
sulla didattica della storia del Novecento, lo schema del progetto elaborato che, attraverso un
adeguato approfondimento dei contenuti storici, poteva concludersi con la visita ad un luogo della
memoria, ovviamente connesso al percorso prescelto. Non si è trattato, quindi, di visite ai campi di
concentramento svincolate da un aggancio didattico, come se si volesse fare del turismo macabro,
ma di veri e propri percorsi studiati ad hoc che prevedevano come esito finale e di verifica del
progetto stesso, la visita ad un lager.
    In tutto il territorio nazionale, dunque, insegnanti e studenti hanno iniziato un lavoro di
notevolissime dimensioni, spesso raccogliendo gli esiti del proprio progetto in dattiloscritti, testi a
stampa o in prodotti multimediali. In questo i docenti sono stati supportati dalle svariate agenzie
educative presenti nel territorio, cometa Fondazione CDEC, l’ANED, l’ INSMLI. Quasi sempre i
percorsi elaborati avevano nell'incontro con i testimoni uno dei momenti salienti.
 Le mete verso le quali studenti e docenti si sono diretti sono state varie, più spesso sono stati
privilegiati i campi di concentramento presenti in Germania, per motivi logistici.



1
  Per un’ analisi dettagliata su questa esperienza si veda Insegnare Auschwitz a cura di Enzo Traverso, IRRSAE
Piemonte-Bollati Boringhieri, Torino 1995 e in particolare il saggio di Federico Cereja e Brunello Mantelli, Le ricerche
sulla deportazione e sulla R promosse dal Consiglio Regionale e dalle province piemontesi nell’ambito del concorso
regionale “Visite di studio ai campi di sterminio”, pp. 139-141.
2
  Si tratta infatti del primo volume in cui si tratta specificatamente il problema di come e perché insegnare la shoah. Non
mancano neppure pagine estremamente interessanti sulla didattica dei luoghi della memoria, oggi una delle tematiche
più dibattute come dimostra anche questo seminario cremasco.
A parere di chi scrive la didattica della shoah dovrebbe ruotare intorno a due cardini
imprescindibili, se si desidera davvero produrre negli studenti un apprendimento duraturo e
profondo: emozione e conoscenza.
L’emozione può essere provocata dall’incontro con il testimone, che va però preparato, perché gli
studenti devono sapere che chi parla racconta la sua esperienza che non può in nessun modo
tradursi in una lezione generale sulla deportazione e lo sterminio. Il testimone è essenziale perché ci
costringe a rapportarci con una storia ed un’esperienza terribili, ma non è la storia! Il ragionamento
è analogo per i luoghi della memoria: essi sono un formidabile elemento per raccontare, per
comprendere quanto è accaduto, ma è necessario che le visite siano preparate con grande attenzione
e puntualità, altrimenti nessuna di queste esperienze, l’ascolto del testimone così come la visita ad
un campo potrà trasformarsi in apprendimento, perché verrà a mancare l’altro anello quello della
conoscenza che il solo vero elemento che ci permette di tentare di capire quanto è accaduto.
Educare ad un luogo di memoria significa, soprattutto, insegnare a leggere quel luogo e a leggervi
anche le sovrapposizioni che la storia, con il suo passare, imprime.
 Significa capire i meccanismi che regolano l'uso pubblico che si fa della memoria di un luogo.
Significa capire che per i testimoni, guide privilegiate perché in quei luoghi hanno vissuto, quegli
stessi hanno un impatto ed una valenza emotiva profondissima.
 Occorre che gli studenti sappiano che oggi Dachau, Buchenwald, Auschwitz non sono quello che
erano ai tempi dei signori della guerra, che anche i monumenti ai morti, o i musei, hanno finito per
snaturare il luogo rispetto a quello che era. Occorre che gli studenti sappiano che per entrare in
sintonia con il luogo della memoria bisogna tenere presenti questi aspetti e cercare di ricostruire
quel luogo nella propria mente, come era allora.
 La chiave di lettura potrebbe essere sentire il luogo, immergersi in esso ed accoglierlo in sè3 e se
questo può essere un percorso individuale (che insegnante e studente compiono per loro conto),
occorrerà poi trasformarlo in una esperienza collettiva e condivisa, affinché assuma una rilevanza
didattica e formativa. Educare ai luoghi di memoria significa, in ultima analisi, avere la
consapevolezza,−contro ogni tentativo di cancellazione della memoria, come dei suoi luoghi−,
dell'importanza che certe località hanno per tutti gli uomini che si riconoscano in certi valori
fondamentali.
Sulla moltiplicazione dei viaggi della memoria, che si sono susseguiti anche se il progetto così
innovativo voluto dall’Ispettrice Anna Sgherri, che aveva curato complessivamente il progetto
globale sulla storia del Novecento non è stato più finanziato, ha scritto pagine estremamente
incisive Annette Wieviorka in suo recentissimo libro Auschwitz, 60 ans aprè4s in cui si interroga
sulla ricaduta didattica che i viaggi della memoria possano avere su studenti così lontani da quel
passato.
Infatti se si pensa ad Auschwitz si deve sapere che allora era una immensa struttura
concentrazionaria e ora il campo è del tutto diverso quello che era, perché Auschwitz 1 è un museo,
e i blocchi in cui erano alloggiati i prigionieri oggi ospitano le sale di questo museo, mentre
Birkenau, oggi appare ai nostri occhi come una landa desolata, un immenso spazio quasi vuoto e
non è facile immaginarsi come poteva essere, con le sue trecento baracche e le strutture di messa a
morte, ora distrutte.
E’ necessario che gli studenti comprendano in che misura l’intervento dell’uomo ha modificato il
luogo, lo ha snaturato, lo ha fatto divenire altro.
  Dunque senza una didattica capace di coniugare il cuore e la ragione si mancherà l’obiettivo
fondamentale, la ragion d’essere del nostro essere educatori in questo nuovo millennio così ricco di
sfide.




3
    Un percorso della memoria , a cura di Tristano Matta, Electa, Milano 1996, p. 150.
4
    Cfr. Annette Wieviorka, Auschwitz, 60 ans après , Robert Laffont, Paris 2005.

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Educare ai luoghi della memoria

  • 1. Educare ai luoghi della memoria di Alessandra Chiappano Nel quadro delle esperienze legate ai viaggi della memoria quadro vanno però ricordati i viaggi organizzati partire dagli anni ottanta e per tutto il decennio successivo grazie al coinvolgimento della Regione Piemonte in collaborazione con l’ANED e il Comitato della Regione Piemonte per l’affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione Repubblicana1. Tali enti hanno promosso visite di studio nei campi di nazisti. L’iniziativa era diretta agli studenti delle scuole superiori: a studenti e insegnanti vengono proposte tracce su cui produrre elaborati o ricerche, i testi migliori vengono premiati con il viaggio di studio, in genere la meta è Mauthausen.. Si è trattato di un’iniziativa che è stata estremamente lodevole e che ha visto il coinvolgimento di migliaia di studenti e di moltissimi docenti. Se si scorrono i dati quantitativi raccolti nel volume curato da Enzo Traverso, Insegnare Auschwitz, che costituisce una pietra miliare nel quadro della didattica della shoah2, si nota che il numero maggiore di studenti coinvolto viene dalle province e l’indirizzo di scuola più largamente presente è rappresentato dai licei, soprattutto scientifici, subito seguiti dagli istituti magistrali. Gli insegnanti coinvolti sono stati più di ottanta e i temi proposti si sono concentrati soprattutto sulle tematiche della deportazione in senso lato (quella politica e razziale , non mancano riferimenti anche all’internamento militare) e a seguire della Resistenza. Nei primi anni la traccia era unica poi si passa a due e infine nel 1985 a quattro. Il progetto ministeriale I giovani il Novecento e la memoria A partire dal 1998 e per i tre successivi anni scolastici il ministero della Pubblica Istruzione ha lanciato su scala nazionale il progetto I giovani, Il Novecento e la memoria. Esso ha coinvolto migliaia di studenti e ha spinto insegnanti e studenti ad interrogarsi su certi temi specifici della storia del Novecento, quali la deportazione politica e razziale, le discriminazioni e i campi di sterminio. Come si ricorderà, ogni scuola, per ottenere un finanziamento, doveva presentare alle Commissioni Provinciali per la Storia, istituite in ogni provveditorato per facilitare la riflessione sulla didattica della storia del Novecento, lo schema del progetto elaborato che, attraverso un adeguato approfondimento dei contenuti storici, poteva concludersi con la visita ad un luogo della memoria, ovviamente connesso al percorso prescelto. Non si è trattato, quindi, di visite ai campi di concentramento svincolate da un aggancio didattico, come se si volesse fare del turismo macabro, ma di veri e propri percorsi studiati ad hoc che prevedevano come esito finale e di verifica del progetto stesso, la visita ad un lager. In tutto il territorio nazionale, dunque, insegnanti e studenti hanno iniziato un lavoro di notevolissime dimensioni, spesso raccogliendo gli esiti del proprio progetto in dattiloscritti, testi a stampa o in prodotti multimediali. In questo i docenti sono stati supportati dalle svariate agenzie educative presenti nel territorio, cometa Fondazione CDEC, l’ANED, l’ INSMLI. Quasi sempre i percorsi elaborati avevano nell'incontro con i testimoni uno dei momenti salienti. Le mete verso le quali studenti e docenti si sono diretti sono state varie, più spesso sono stati privilegiati i campi di concentramento presenti in Germania, per motivi logistici. 1 Per un’ analisi dettagliata su questa esperienza si veda Insegnare Auschwitz a cura di Enzo Traverso, IRRSAE Piemonte-Bollati Boringhieri, Torino 1995 e in particolare il saggio di Federico Cereja e Brunello Mantelli, Le ricerche sulla deportazione e sulla R promosse dal Consiglio Regionale e dalle province piemontesi nell’ambito del concorso regionale “Visite di studio ai campi di sterminio”, pp. 139-141. 2 Si tratta infatti del primo volume in cui si tratta specificatamente il problema di come e perché insegnare la shoah. Non mancano neppure pagine estremamente interessanti sulla didattica dei luoghi della memoria, oggi una delle tematiche più dibattute come dimostra anche questo seminario cremasco.
  • 2. A parere di chi scrive la didattica della shoah dovrebbe ruotare intorno a due cardini imprescindibili, se si desidera davvero produrre negli studenti un apprendimento duraturo e profondo: emozione e conoscenza. L’emozione può essere provocata dall’incontro con il testimone, che va però preparato, perché gli studenti devono sapere che chi parla racconta la sua esperienza che non può in nessun modo tradursi in una lezione generale sulla deportazione e lo sterminio. Il testimone è essenziale perché ci costringe a rapportarci con una storia ed un’esperienza terribili, ma non è la storia! Il ragionamento è analogo per i luoghi della memoria: essi sono un formidabile elemento per raccontare, per comprendere quanto è accaduto, ma è necessario che le visite siano preparate con grande attenzione e puntualità, altrimenti nessuna di queste esperienze, l’ascolto del testimone così come la visita ad un campo potrà trasformarsi in apprendimento, perché verrà a mancare l’altro anello quello della conoscenza che il solo vero elemento che ci permette di tentare di capire quanto è accaduto. Educare ad un luogo di memoria significa, soprattutto, insegnare a leggere quel luogo e a leggervi anche le sovrapposizioni che la storia, con il suo passare, imprime. Significa capire i meccanismi che regolano l'uso pubblico che si fa della memoria di un luogo. Significa capire che per i testimoni, guide privilegiate perché in quei luoghi hanno vissuto, quegli stessi hanno un impatto ed una valenza emotiva profondissima. Occorre che gli studenti sappiano che oggi Dachau, Buchenwald, Auschwitz non sono quello che erano ai tempi dei signori della guerra, che anche i monumenti ai morti, o i musei, hanno finito per snaturare il luogo rispetto a quello che era. Occorre che gli studenti sappiano che per entrare in sintonia con il luogo della memoria bisogna tenere presenti questi aspetti e cercare di ricostruire quel luogo nella propria mente, come era allora. La chiave di lettura potrebbe essere sentire il luogo, immergersi in esso ed accoglierlo in sè3 e se questo può essere un percorso individuale (che insegnante e studente compiono per loro conto), occorrerà poi trasformarlo in una esperienza collettiva e condivisa, affinché assuma una rilevanza didattica e formativa. Educare ai luoghi di memoria significa, in ultima analisi, avere la consapevolezza,−contro ogni tentativo di cancellazione della memoria, come dei suoi luoghi−, dell'importanza che certe località hanno per tutti gli uomini che si riconoscano in certi valori fondamentali. Sulla moltiplicazione dei viaggi della memoria, che si sono susseguiti anche se il progetto così innovativo voluto dall’Ispettrice Anna Sgherri, che aveva curato complessivamente il progetto globale sulla storia del Novecento non è stato più finanziato, ha scritto pagine estremamente incisive Annette Wieviorka in suo recentissimo libro Auschwitz, 60 ans aprè4s in cui si interroga sulla ricaduta didattica che i viaggi della memoria possano avere su studenti così lontani da quel passato. Infatti se si pensa ad Auschwitz si deve sapere che allora era una immensa struttura concentrazionaria e ora il campo è del tutto diverso quello che era, perché Auschwitz 1 è un museo, e i blocchi in cui erano alloggiati i prigionieri oggi ospitano le sale di questo museo, mentre Birkenau, oggi appare ai nostri occhi come una landa desolata, un immenso spazio quasi vuoto e non è facile immaginarsi come poteva essere, con le sue trecento baracche e le strutture di messa a morte, ora distrutte. E’ necessario che gli studenti comprendano in che misura l’intervento dell’uomo ha modificato il luogo, lo ha snaturato, lo ha fatto divenire altro. Dunque senza una didattica capace di coniugare il cuore e la ragione si mancherà l’obiettivo fondamentale, la ragion d’essere del nostro essere educatori in questo nuovo millennio così ricco di sfide. 3 Un percorso della memoria , a cura di Tristano Matta, Electa, Milano 1996, p. 150. 4 Cfr. Annette Wieviorka, Auschwitz, 60 ans après , Robert Laffont, Paris 2005.