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KIA TREND
Project work “KiA – Knowledge in Action”
Verso una nuova strategia di
employer branding, l’impatto dei
millennials.
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019
A cura di:
Pasqualina Accroglianò
Matteo Areni
Domenico Bianco
Vanessa Colombo
Rosa Russo
Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019
Abstract
Il mercato odierno si presenta come un contesto altamente sfidante; nell’immediato futuro più della
metà della forza lavoro delle aziende sarà costituita dai millennials, una generazione molto
differente dalle precedenti. Si rende necessaria l’implementazione di strategie innovative per
rendere le aziende desiderabili come datori di lavoro agli occhi di questa categoria.
Nella nostra ricerca ci proponiamo di analizzare le principali leve di attraction e retention
implementate nell’ambito dell’employer branding per incontrare le esigenze dei millennials. Nel
condurre l’analisi abbiamo preso in considerazione una chiave di lettura che evidenzia come
l’employer branding rappresenti un anello di congiunzione tra le funzioni marketing e le risorse
umane, intrecciando elementi appartenenti ad entrambe le discipline. La ricerca prende avvio
dall’analisi della letteratura internazionale, da cui abbiamo evidenziato quattro aree fondamentali
per l’ottenimento di un vantaggio competitivo in questo settore: la comunicazione, l’erogazione di
bonus e benefits, la corporate social responsibility e la formazione.
Abbiamo effettuato una comparazione tra i dati raccolti nella letteratura e le evidenze empiriche
emerse dalle realtà imprenditoriali intervistate: OVH S.r.l. e Gruppo Sapio S.p.A.
È emerso che l’employer branding risulta essere una variabile determinante per la creazione di
vantaggio competitivo nella misura in cui si rafforzi l’aspetto relativo alla retention, che solitamente
viene relegato in secondo piano rispetto all’attraction. Da qui, la difficoltà delle aziende nel
rispondere adeguatamente alla scarsa fedeltà aziendale dei millennials, i quali tendono sempre più
a voler arricchire la loro formazione attraverso esperienze in una pluralità di contesti lavorativi
differenti.
Crediamo che questa tendenza, seppur ancora contrastata da valori opposti che tendono alla
stabilità e alla sedentarietà, avrà nel futuro prossimo un peso via via crescente. Per queste ragioni
riteniamo che una delle sfide che si presenteranno alle aziende sarà quella di creare un ambiente
di lavoro in grado di rispondere all’esigenza di ricevere una formazione costante di alto profilo e di
vivere in realtà flessibili e dinamiche all’interno dello stesso contesto lavorativo.
In ultima analisi, dopo aver argomentato le ragioni per cui la retention al giorno d’oggi rappresenta
una valida fonte del vantaggio competitivo, proponiamo una breve riflessione che potrebbe rivelarsi
interessante per il futuro. In particolare, ipotizzando che il mercato del lavoro tenderà ad essere
sempre più fluido e dinamico, potrebbe essere più profittevole pensare a dei modelli alternativi che,
anziché puntare a trattenere le risorse, riescano ad intercettare i talenti e le competenze senza
vincolare le persone all’interno della stessa realtà lavorativa. Pensiamo ad esempio all’attuale
tema della co-creazione e co-costruzione del valore, tramite cui le aziende cercano appunto di
attivare le competenze e i talenti delle persone su scala globale, tramite progetti temporanei e
senza vincolare le risorse ad una singola realtà aziendale.
Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019
Introduzione
Uno degli aspetti più interessanti che caratterizza la società contemporanea è l’eccezionale
rapidità con cui avvengono i cambiamenti e le innovazioni tecnologiche in ogni settore. Fino al
secolo scorso, i cambiamenti avvenivano in modo diluito nel tempo ed erano percepibili in maniera
chiara ed evidente solo a distanza di generazioni. Oggi, l’evoluzione tecnologica è diventata così
veloce da modificare radicalmente il modo di vivere.
Tali cambiamenti si ripercuotono anche nel mercato del lavoro e rappresentano una sfida
importante per le imprese alla ricerca dei migliori talenti disponibili. In questo contesto si inserisce il
tema dell’employer branding, definito come l’insieme delle strategie aziendali che hanno l’obiettivo
di costruire un’immagine coerente con l’identità dell’azienda stessa, intesa come luogo di lavoro
ideale, in una prospettiva integrata tra le funzioni di marketing e human resources.
La nostra ricerca si propone di individuare, all’interno del panorama dell’employer branding, le leve
di attraction e retention in riferimento al target specifico dei millennials. Figli di un mondo
interconnesso e digitalizzato, i millennials sono portatori di esigenze radicalmente differenti da tutte
le generazioni precedenti, ragion per cui si rende necessaria l’implementazione di strategie mirate
capaci di catturare la loro attenzione. Appartengono ad una generazione caratterizzata da una
scarsa fedeltà aziendale che tende a focalizzarsi molto sulla corrispondenza tra la promessa e gli
effettivi asset promossi dalle imprese (i.e. benefits e bonus, smart working, smart places,
attenzione allo sviluppo della componente etico-valoriale e sociale dell’azienda, sviluppo di
programmi di formazione etc.) e che, sempre più spesso, manifesta la volontà di collezionare una
pluralità di esperienze formative in contesti differenti.
Si rende necessario indagare gli strumenti messi in atto per ripensare il ruolo della retention in
relazione a queste nuove evidenze. In particolare, le quattro aree che risultano essere
fondamentali per migliorare il benessere dei dipendenti e ottenere un vantaggio competitivo sono:
la comunicazione, l’erogazione di bonus e benefits, la corporate social responsability e
l’erogazione di programmi formativi.
Analizzare il fenomeno partendo dalla sua evoluzione storica e dalla principale letteratura
internazionale, per poi inserirlo nel contesto contemporaneo attraverso lo studio di casi concreti,
risulta essere la chiave di lettura maggiormente efficace.
Si riscontra sempre più una continua valorizzazione della formazione, dell’implementazione di
soluzioni personalizzate che permettano di trasformare il luogo di lavoro in un ambiente di
riconoscimento di valori etico-valoriali, di benessere psico-fisico e, dell’adozione di soluzioni
tecnologiche che permettano una comunicazione costante, fluida, diretta e veloce.
I casi di studio analizzati sono imprese B2B (business to business) che adottano una strategia di
employer branding legata prevalentemente alla componente della retention, dove il focus primario
risulta essere la corrispondenza tra la componente valoriale individuale e quella aziendale.
Il vantaggio competitivo di un’azienda, oggi, non si misura solamente sulla capacità di offrire
prodotti o benefici che giustificano un premium price, ma anche e soprattutto, attraverso le
strategie adottate per rendere il luogo di lavoro un ambiente capace di attrarre e trattenere i talenti.
Si parla sempre più employer branding declinato nelle sue accezioni di:
o employer identity, l’insieme di fattori caratterizzanti l’ambiente di lavoro come luogo di
identità;
o employer value proposition, ossia quelle azioni adottate dalle aziende per soddisfare i
bisogni dei dipendenti e candidati target;
o employer brand promise, l’espressione dei valori dell’azienda rivolti al target di riferimento e
di employer of choice, il massimo riconoscimento dell’azienda come luogo di lavoro ideale.
Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019
Capitolo I
Inquadramento teorico
1.1L’Employer Branding
Per Employer Branding intendiamo “l’insieme dei vantaggi funzionali, economici e psicologici forniti
dal posto di lavoro e identificato con il datore di lavoro”1
. Con queste parole Tim Ambler e Simon
Borrow formularono nel 1966 la prima definizione di Employer Branding nel tentativo di mostrare
come i principi del brand management (branding), funzione fino a quel momento strettamente
legata al marketing, potessero essere applicati anche alle risorse umane, relativamente
all’immagine che l’azienda si costruisce come luogo di lavoro (employer). Forti della convinzione
che “i processi di costruzione della fedeltà alla marca sono i medesimi che si presentano per la
costruzione della fedeltà tra datore di lavoro e lavoratore”2
, Ambler e Borrow contribuirono alla
diffusione di quell’idea, ormai ampiamente confermata, che le risorse umane costituiscono un
asset assolutamente critico per la competitività di un’azienda3
. Da questo input iniziale sono
prosperati numerosi studi che hanno ribadito e approfondito da un lato, l’interdipendenza
concettuale e strategica tra marketing ed employer branding, dall’altro la necessità di investire
sulle risorse umane, fattore essenziale per il vantaggio competitivo, anche a livello economico.
Attrarre i migliori talenti ed essere capaci di trattenerli fornendo un ambiente stimolante e
desiderabile diventano parametri fondamentali per aumentare la produttività dell’azienda. In questo
senso l’employer branding, pur non essendo una funzione di linea, aiuta enormemente a “ridurre i
costi, migliorare la soddisfazione dei clienti e aumentare i risultati finanziari”4
. Se il marketing cerca
di capire, analizzando i clienti, quali sono i fattori che possano aumentare la percezione del
prodotto da parte del consumatore, l’employer branding, analizzando i dipendenti potenziali ed
effettivi, cerca di capire quali sono i bisogni dei dipendenti e ciò che per loro è determinante nella
scelta di un luogo di lavoro, al fine di costruire un’immagine aziendale più desiderabile e
performante.
L’employer branding prende spunto dal mondo del marketing dove risulta di primaria importanza il
miglioramento del valore della marca, concentrandosi, però, sul valore della marca inteso come
luogo di lavoro per poi concorrere al miglioramento del brand aziendale nel suo complesso. Da
queste considerazioni si intuisce che il target delle strategie di employer branding è in realtà molto
vasto, includendo non solo dipendenti e potenziali lavoratori, ma in generale tutti gli stakeholders
dell’azienda, compresi i clienti; in sintesi ci si rivolge “a tutte le risorse che lavorano
nell’organizzazione, che ne fanno parte o che potrebbero essere attratte da esse”5
.
Possiamo dunque sintetizzare la definizione di employer branding come una strategia di marketing
finalizzata a creare un’immagine aziendale coerente con l’identità dell’impresa come employer
(luogo di lavoro), in sintonia con il target di riferimento e ben distinta da quella dei competitor
attraverso la quale attrarre e fidelizzare le persone di talento (Amendola, 2008).
1
T.Ambler, S. Borrow, The employer brand, 1996.
2
G. Lizzani, G.M.Mussino, L’Employer branding tra ricerca e applicazione, a cura di M.Bonaiuto, FrancoAngeli, Milano, 2008.
3
È importante non confondere l’employer branding con l’internal branding, ossia l’insieme di tutte le strategie di comunicazione interna volte a diffondere
la cultura d’impresa. L’employer branding è una strategia più estesa che contempla anche tutto l’aspetto di attrazione esterna di potenziali candidati.
4
Borrow e Mosley, 2005.
5
Lizzani, G.M.Mussino, L’Employer branding tra ricerca e applicazione, a cura di M.Bonaiuto, FrancoAngeli, Milano, 2008.
Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019
Concludendo, è possibile affermare che l’employer branding comprende tutte le “modalità che
l’azienda adotta per attrarre, sviluppare, motivare e trattenere i lavoratori attuali e potenziali”6
.
1.2L’utilizzo della strategia di employer branding nel panorama attuale, i millennials
Il mercato di oggi si presenta come un contesto altamente sfidante per i player attuali. I
cambiamenti sempre più rapidi e la sempre più pervasiva diffusione della digitalizzazione in ogni
settore hanno portato alla nascita di nuove figure professionali e ad una crescente mobilità sul
piano del lavoro, con una conseguente diminuzione della permanenza media delle risorse nella
stessa realtà lavorativa. Il tasso di turnover è diventato così alto da impattare notevolmente sui
costi delle aziende che sempre più spesso, dopo grossi investimenti in termini di selezione e
formazione, perdono le risorse su cui hanno faticosamente lavorato. Gli studi dimostrano che Il
costo di un dipendente che lascia l’azienda si aggira intorno al 250% del suo salario annuale
medio7
a causa dei costi di staffing, vacancy e training8
. Anche dal punto di vista interno, le imprese
costantemente impegnate in operazioni di riorganizzazione interna per adattarsi ai cambiamenti
repentini dei mercati si trovano a dover sostenere e motivare le risorse in modo adeguato per
permettergli di superare questi processi spesso impegnativi dal punto di vista psicologico e con
pesanti ricadute dal punto di vista performativo9
.
A queste complessità si aggiunge poi la grande sfida costituita dalla comunicazione. All’interno
delle aziende si possono identificare una pluralità di persone appartenenti a diverse generazioni;
questo genera la necessità di dover comunicare contemporaneamente e in maniera efficace con
un target eterogeneo, con bisogni e aspettative differenti e soprattutto con linguaggi diversi e
talvolta contrastanti. “Comunicare un messaggio corretto ad un pubblico errato equivale a non
comunicare”10
, così come “comunicare un messaggio corretto non conoscendo il linguaggio del
target equivale a non farsi capire affatto”.11
La presenza di una molteplicità di generazioni in uno stesso luogo di lavoro, quali membri della
Silent Generation, Baby Boomers, Gen X e Millennials12
determina approcci differenti allo
svolgimento del lavoro e differenti comportamenti che, talvolta, possono potenzialmente generare
conflitti13
. Se da un lato è fondamentale tenere a mente la pluralità di attori coinvolti con le loro
differenze specifiche, dall’altro è ancora più importante considerare che presto i millennials,
termine con il quale si identificano gli individui nati tra il 1981 e il 200014
, costituiranno metà della
forza lavoro esistente, imponendo alle aziende l’implementazione di strategie di employer branding
mirate ad impiegare e trattenere il loro ingresso nel mercato del lavoro. È evidente che i datori di
lavoro debbano necessariamente transitare da un modello boomer-centrico ad un modello
millennial-centrico15
. In questa ricerca ci concentreremo esclusivamente sulle strategie volte ad
attrarre e trattenere il target dei millennials, tratteggiando il quadro complessivo delle criticità che la
6
Lizzani, G.M.Mussino, L’Employer branding tra ricerca e applicazione, a cura di M.Bonaiuto, FrancoAngeli, Milano, 2008.
7
L.S. Nolan, The Roar of Millennials: Retaining top talent in the workplace, Journal of Leadership, Accountability and Ethics, Vol.12, 2015.
8
Il Bureau of Labor Statistics riporta che il costo medio per rimpiazzare un dipendente è di 13.996 dollari (O’Connell & Kung, 2007).
9
Si pensi ad esempio al caso di Elco, produttore di ascensori, descritta in W.C.Kim e R.Mauborgne, Strategia Oceano Blu, Firenze, Rizzoli, 2015, pp. 193-
198. Questo esempio è emblematico per analizzare tutti i fattori critici che si presentano durante un riposizionamento strategico o un cambiamento
strutturale dell’organizzazione e per comprendere le gravi conseguenze che possono verificarsi allorquando i dipendenti non vengano adeguatamente
sostenuti e motivati durante i processi di cambiamento.
10
G. Caliccia, Guida pratica all’Employer Branding. Teoria, dati e casi, FrancoAngeli, Milano, 2017.
11
Ibidem.
12
Uno studio molto accurato sui Millennials e le differenze con le altre generazione è J. F. Hassing, Generation Y: Improving employee engagement and
retention through better communication, Capella University, 2016.
13
A.Hall, Exploring the workplace communication preferences of millennials, Journal of Organizational Culture, Communications and conflict, Volume 20,
Special issue 1, 2016.
14
Noti anche come Generation Me, Nexters, e Net Generation
15
K. Punjaisri, A.Wilson, The role of internal branding in the delivery of employee brand promise, 2007.
Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
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loro presenza nel mondo del lavoro comporta. Tale approccio è giustificato anche dal fatto che,
oltre al dato quantitativo, i millennials rappresentano sia a livello etnico sia a livello
comportamentale la generazione più eterogena tra le tre generazioni di cui la forza lavoro è
attualmente composta16
. Essi sono curiosi, entusiasti e volti al successo (Sherman, 2015); tendono
ad essere impazienti e a dare troppa confidenza (Knouse, 2011); vogliono avere feedback sul loro
operato immediatamente (Ohmer, 2014); sono innovatori tecnologici, abituati ad usare email,
messaggi e cellulari e sono in costante contatto con amici e parenti tramite social media (Ozcelik,
2015).
Il successo delle imprese e la creazione di vantaggio competitivo è strettamente legato alle
capacità di elaborare strategie di employer branding per comunicare in modo efficace con questo
target complesso, trasmettendo in maniera efficace l’immagine dell’azienda come luogo di lavoro
ideale che soddisfa interamente i loro bisogni generazionali.
1.3I modelli teorici di employer branding
Prima di addentrarci nell’analisi specifica delle varie strategie volte ad attrarre e trattenere i
Millennials è importante dare una breve panoramica dei modelli teorici effettivamente seguiti dalle
imprese per svolgere attività di employer branding, inquadrando le varie fasi del processo. Prima di
procedere nell’implementazione di qualunque strategia è necessario che un’azienda sia ben
consapevole della propria posizione lungo il percorso che porta verso la vetta di best employer of
choice. A tal fine esiste un modello17
, dedotto da una rielaborazione della piramide della notorietà
di Aaker, che descrive le diverse fasi che conducono verso la percezione del proprio brand come
miglior luogo di lavoro (fig.1):
o awareness: il primo livello consiste nella semplice conoscenza generica del brand;
o employer brand awareness: il secondo livello prevede non solo la conoscenza del brand
sul mercato, ma anche la sua conoscenza come offerta professionale;
o best employer: si raggiunge il terzo gradino quando l’azienda è riconosciuta come luogo in
cui si vorrebbe lavorare;
o best employer of choice: il vertice della piramide è legato al riconoscimento dell’azienda
come miglior scelta possibile come luogo di lavoro.
16
J. F. Hassing, Generation Y: Improving employee engagement and retention through better communication, Capella University, 2016.
17
I modelli e le figure riportate sono tratti da: G. Caliccia, Guida pratica all’EB. Teoria, dati e casi.
Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
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Fig.1
Ogni impresa deve essere ben consapevole della sua posizione attuale all’interno di questa
piramide per poter poi individuare degli obiettivi realistici e delle strategie efficaci per perseguirli,
passando dunque ai livelli successivi.
Qualsiasi organizzazione per poter gestire la propria attività, rimanendo coerente nell'azione e
nella comunicazione, necessita di stabilire in anticipo il proprio fine ultimo (vision), i motivi per cui
raggiungerlo (mission) e le linee guida da rispettare (valori)18
. In questa prospettiva assume
un’importanza fondamentale il concetto chiave di Employer Value Proposition, ossia la somma
complessiva di tutto ciò che le persone vivono e ricevono nell’ambito del rapporto di lavoro con
un’azienda: la soddisfazione intrinseca per il lavoro, l’ambiente, la leadership, i colleghi, la
retribuzione, e altro ancora. È quello che fa l’azienda per soddisfare i bisogni, le aspettative e
anche i sogni dei collaboratori19
. Tale concetto, mutuato anch’esso dal mondo del marketing,
esprime la consapevolezza che, proprio come i clienti, anche i dipendenti aziendali possono
scegliere un luogo, in questo caso di lavoro, piuttosto che un altro20
. Il processo di employer
branding prevede cinque fasi sequenziali e interconnesse (fig.2):
o analisi del target: volta a circoscrivere uno specifico target all’interno del mercato del lavoro
ed individuarne caratteristiche e bisogni. Ogni strategia dovrà essere modulata
specificatamente sul target di riferimento con appositi metodi comunicativi e finalizzata al
raggiungimento del fit, la “congruenza tra valori e norme dell’organizzazione e valori delle
persone”21
;
o posizionamento: dopo aver identificato le aspettative del target è necessario capire come
l’azienda sia posizionata rispetto a quelle stesse, cosa si può fare per colmare un eventuale
gap e cercare allo stesso tempo di differenziarsi dai competitor;
o creazione del messaggio: in questa fase si scelgono i driver più idonei per veicolare il
messaggio focalizzandosi sugli asset tangibili e intangibili che si ritengono essere i più
riconosciuti e condivisi nell’azienda, nonché i più appetibili per il target di riferimento.
Fondamentale in questa fase del processo, la creatività comunicativa, “la comunicazione
deve suscitare nel potenziale candidato un’attenzione in termini emotivi”22
;
18
G. Caliccia, Guida pratica all’EB. Teoria, dati e casi.
19
Ibidem.
20
https://www.randstad.it
21
Chatman
22
Lizzani, G.M.Mussino, L’Employer branding tra ricerca e applicazione, a cura di M.Bonaiuto, FrancoAngeli, Milano, 2008.
Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
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o canali di comunicazione: l’azienda e il target di riferimento cooperano attivamente alla
creazione della campagna comunicativa, secondo la metodologia di “co-costruzione del
messaggio”23
si persegue l’idea che i target stessi sono coloro che meglio possono
evidenziare e comprendere sia i bisogni che li contraddistinguono sia il miglior linguaggio
possibile per comunicarli. Dopo aver strutturato un messaggio coerente bisogna scegliere
tra i molteplici canali, quali sono quelli più idonei per raggiungere il target di riferimento (i.e.
target costituito dai millennials, coerentemente con i dati a nostra disposizione che
evidenziano come questa generazione sia molto legata agli strumenti informatici, si
considera la diffusione dei messaggi attraverso i principali social network);
o monitoraggio e la valutazione: quest’ultima fase prevede il controllo dell’efficacia della
strategia. Analizzando la quantità di candidature ricevute durante il periodo di esposizione
del messaggio, il rapporto tra la quantità di curriculum, i colloqui di selezione effettivamente
svolti e, l’analisi del turnover, si delinea la migliore strategia di employer branding da
adottare24
.
Fig.2
23
Ibidem.
24
Ibidem.
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1.4Le due grandi sfide: attraction e retention
Attrarre e trattenere. Questi sono le due polarità principali attorno a cui ruota tutto il mondo relativo
all’employer branding. Molto spesso, tuttavia, le imprese tendono a focalizzarsi troppo
sull’attrazione dei migliori talenti non dedicando sufficienti risorse alla successiva fase di retention.
Si tende a dimenticare che il brand inteso come luogo di lavoro serve sì ad attrarre i talenti, ma il
suo valore primario risiede nella capacità di costituire “il riferimento su cui costruire il contratto
psicologico e quindi la motivazione e il commitment dei collaboratori”25
. L’intensa concorrenza
globale attorno ai profili più preziosi non si gioca più sul solo piano della remunerazione, ma si
sposta verso tutta una serie di benefits che vanno dalla messa a disposizione di ambienti di lavoro
di alto livello, orientati verso la possibilità di crescita professionale, alla concessione di benefit
personalizzati e bonus a progetto. Le imprese sono sempre più interessate ad avere “persone che
condividono profondamente gli obiettivi e i valori aziendali e che sono quindi maggiormente
disponibili ad adattarsi ai continui cambiamenti che il contesto ambientale odierno determina”26
.
I millennials in particolare tendono a verificare con grande scrupolosità la coerenza tra l’employer
branding promise e gli effettivi asset aziendali. Per la Generazione Y la volontà di essere
intimamente ed emotivamente collegati al brand di cui fanno parte è così grande che spesso si
parla di loro in termini di prosumers, ossia “consumatori che partecipano attivamente alla
progettazione dei prodotti/servizi di cui sono potenziali acquirenti; questo comporta che anche
come lavoratori mantengono questa attitudine, avendo così una elevata aspettativa di
coinvolgimento e di interazione con l’organizzazione interessata ad assumerli”27
.
Lavorare sul miglioramento degli asset valoriali e comunicativi interni può rivelarsi la chiave
vincente per ottenere un vantaggio competitivo, senza contare che qualunque investimento in una
efficace politica di attraction, se non supportato da un’idonea struttura interna, è destinato a
rimanere un costo economico senza ritorno adeguato. Inoltre, anche qualora si voglia
comprendere se l’impresa è in grado di soddisfare le aspettative dei target da attrarre, è funzionale
guardare agli high performer interni e al loro grado di soddisfazione: Le politiche di employer
branding devono essere percepite dagli high performers come funzionali, diversamente sarà logico
pensare che neanche i potenziali dipendenti futuri saranno attratti da esse.
Visto in questa prospettiva integrativa, l’employer branding diventa di primaria importanza nella
creazione di valore e di ritorno economico per l’azienda e solo con questa chiave di lettura, volta a
rendere coerenti i messaggi veicolati tra interno ed esterno, ha senso parlare di una stretta
connessione tra risorse umane, marketing e vertici aziendali.
È fondamentale che l’organizzazione lavori sulla coerenza e l’integrazione del company brand
(l’immagine dell’azienda presso il pubblico dei consumatori) con l’employer brand (l’immagine
specifica dell’impresa intesa come datore di lavoro)28
. Nella società attuale in cui lo scambio di
informazioni avviene ormai in maniera istantanea ed estremamente pervasiva, qualsiasi
incoerenza nella comunicazione o negatività all’interno della realtà lavorativa possono avere
pesanti ricadute sulla percezione del brand in generale, ragion per cui l’EB deve essere pensata
come una funzione vitale che, per essere implementata, necessita dello sforzo sistemico e
congiunto dell’organizzazione tutta. La nostra ricerca si focalizza non sull’insieme di tecniche e
strumenti volti ad analizzare il mercato esterno in vista della selezione e dell’attrazione di candidati
ideali, ma piuttosto sull’insieme delle strategie adottate dalle aziende per rendere l’ambiente
25
D. Boldizzoni, L.Quaratino, Risorse Umane, Il Mulino, Bologna, 2014, p. 87.
26
Ibidem.
27
Ibidem.
28
Ibidem.
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lavorativo maggiormente attraente per i propri dipendenti, migliorando gli aspetti comunicativi,
valoriali e legati al benessere psicologico, creando conseguentemente vantaggio competitivo.
Attraction e retention, seppur distinti concettualmente, nella pratica si sviluppano attraverso una
relazione di costante interazione e valorizzazione reciproca, il nostro intento è quello di enfatizzare
la chiave di lettura che analizza l’employer branding mettendo in risalto il benessere dei dipendenti
e la solidità comunicativo-valoriale interna all’azienda, come fonte del vantaggio competitivo.
Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
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Capitolo II
Casi studio
Le aziende oggetto di studio della ricerca sono B2B, questo perché non offrendo servizi diretti al
cliente finale, spesso non sono associate immediatamente ad esempi virtuosi di aziende che
utilizzano strategie di employer branding efficienti ed efficaci. Le aziende B2B non solo non
interagiscono con l’end consumer ma possiedono un valore di brand meno efficace rispetto alle
B2C. La notorietà di una marca e la sua capacità di catalizzare talenti sono direttamente correlate,
per questo motivo un’azienda B2B ha statisticamente più difficoltà nelle fasi di attraction e
retention, poiché non sostenuta da una massa di consumatori collegati al brand. Per il fine della
nostra ricerca abbiamo ritenuto più opportuno prendere in considerazione aziende che derivano la
loro notorietà come employers interamente dalle loro capacità organizzative interne, senza l’ausilio
di un brand forte che già autonomamente è in grado di esercitare una forte influenza sui potenziali
dipendenti.
La revisione della letteratura, effettuata precedentemente, è stata necessaria per verificare se vi
sono risposte certe ai quesiti o per raffinare le domande sulla questione posta in evidenza dalla
ricerca.
Le interviste sono state realizzate face to face con l’ausilio di supporti tecnologici; le domande,
sottoposte alle aziende sono state formulate affinché le risposte fornissero dettagli circa le
strategie adottate. In particolare, comprendere se esiste ed è ben consolidato il legame tra le
aspettative dei dipendenti e la mission dell’azienda stessa (aspetto della retention).
La formulazione della struttura dei quesiti nel questionario è avvenuta seguendo la metodologia
della ricerca sociale29
:
o semplicità del linguaggio: è stato utilizzato un linguaggio semplice con una sintassi chiara
volta ad evitare doppie negazioni e ridondanze;
o sequenza delle domande: domande semplici e più generali sono state somministrate
all’inizio del questionario, dopodiché le domande sono diventate più impegnative e
particolareggiate; tutto questo per accompagnare l’intervistato durante lo svolgimento
dell’intero processo dapprima, rassicurandolo e mettendolo a proprio agio,
successivamente, stringendo sugli aspetti più specifici;
o lunghezza delle domande: data la natura complessa della tematica sono state utilizzate
domande lunghe perché agevolano una risposta più articolata, dove è possibile;
o concretezza delle domande: domande astratte possono dar luogo a risposte troppo
generiche rendendo più semplice il fraintendimento; domande concrete invece,
determinano risposte precise evitando l’arbitraria interpretazione.
La prima azienda analizzata è OVH web hosting services S.r.l.30
, provider mondiale di Cloud, di
servizi di telefonia e server dedicati di matrice francese. Dalla nascita del suo primo datacenter
europeo, l’azienda continua a innovare nella progettazione, l’implementazione e la manutenzione
delle infrastrutture di hosting dei propri server, di cui ne gestisce tutti gli aspetti disponendo di un
know-how unico che gli ha permesso di raggiungere una dimensione mondiale sia in qualità di
distribuzione datacenter sul pianeta sia in dimensione datacenter. L’azienda è presente in ben
diciannove Paesi del mondo con ventisette datacenter.
Un’azienda di erogazione servizi che punta all’eccellenza tecnologica e allo sviluppo di strategie di
employer branding per conservare i propri talenti; non solo macchinari al centro di ciò che fanno,
29
Corbetta, P. (2003). La ricerca sociale: metodologie e tecniche, vol.II. Il Mulino, Bologna.
30
http://www.ovh.com
Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
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ma anche persone. Si punta soprattutto sul sistema di valori che rendono il luogo di lavoro un
contesto in cui i dipendenti possano riconoscersi, da qui l’implementazione di smart working, smart
place, rilascio di ticket restaurant, organizzazione di raduni aziendali quali family day e brunch,
sviluppo del programma Gympass, propensione alla mobilità interna. Coesione, fiducia,
integrazione e rispetto per i talenti di ogni dipendente sono i pilastri alla base dell’azienda, elementi
che vengono sintetizzati nell’acronimo stesso dell’azienda OVH (on vous héberge, noi vi
ospitiamo).
La seconda azienda intervistata è il Gruppo Sapio S.p.A.31
, nata a Monza nel 1922 come
produttrice di gas tecnici sviluppata su tutto il territorio nazionale e, successivamente, anche
all’estero. Fin dai primi anni l’azienda ha sempre affiancato alla parte commerciale la vocazione
per la ricerca e l’innovazione tecnologica, tesa allo sviluppo di prodotti e tecnologie sempre
migliori. Nel 2015 il Gruppo, con i suoi 1600 collaboratori, ha realizzato un fatturato di oltre 468
milioni di euro mentre nel 2017 ha superato per la prima volta i 500 milioni di ricavi, il 95% dei quali
ottenuti in Italia. Questi risultati sono stati possibili non solo grazie all’innovazione tecnologica, ma
soprattutto grazie al focus sulla soddisfazione dei clienti e dei dipendenti. Attivo sia in ambito
industriale sia in ambito sanitario, il Gruppo Sapio investe moltissimo nella sicurezza e nel
benessere dei suoi dipendenti, nell’erogazione di servizi e assistenza ai clienti ed è molto
impegnata sul fronte delle implicazioni di natura etica e della responsabilità sociale (corporate
social responsibility).
31
http://www.sapio.it
Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019
Capitolo III
Analisi delle evidenze empiriche
3.1L’implementazione delle strategie di employer branding
Abbiamo individuato quattro aree di criticità da tenere in considerazione per intercettare le
esigenze della generazione dei millennials:
o comunicazione: conseguentemente allo sviluppo tecnologico degli ultimi decenni i
millennials sono sempre connessi e abituati ad uno scambio di informazioni costante,
aperto e diretto. È necessario riuscire a comprendere queste nuove esigenze ed essere in
grado di individuare i canali corretti per comunicare in modo efficace ed efficiente;
o bonus e benefits: in un mondo che tende all’uniformità sta diventando sempre più evidente
l’esigenza di ricevere delle attenzioni personalizzate e su misura, benefits in grado di
mostrare il valore aggiunto della propria azienda e bonus capaci di premiare e valorizzare
le risorse in maniera costante e ripetuta nel tempo. Queste misure stanno acquisendo nella
percezione dei dipendenti un valore ben più importante del salario fisso. Si rende
necessario un profondo ripensamento del pacchetto retributivo e, più in generale, la
creazione di nuovi sistemi premianti;
o corporate social responsibility: i millennials tendono a dare un’importanza enorme al
collegamento tra i propri valori etico-personali e quelli dell’azienda in cui lavorano. Per
questa ragione diventa sempre più importante che le aziende riescano a proporsi come utili
e funzionali alla società e allo sviluppo della collettività;
o formazione: i millennials sono una generazione poco fedele all’azienda poiché tendono a
voler arricchire la loro formazione collezionando esperienze formative in imprese differenti.
Si rende dunque necessario garantire una formazione costante e di alto livello per
appagare questa esigenza.
o
Nei paragrafi successivi analizzeremo nel dettaglio queste quattro macroaree andando a verificare
le strategie adottate e/o implementate dalle aziende intervistate.
3.1.2 La valorizzazione della comunicazione: comunicazione interna e social media
“La competenza comunicativa del management è il miglior indicatore del livello di soddisfazione
percepito da un dipendente”32
. I millennials tendono ad essere volubili, amano ambienti informali e
flessibili, necessitano costantemente di feedback sul loro operato e vogliono avere tutte le
informazioni disponibili. Conoscere i metodi comunicativi di questo target iperconesso e
iperinformato e, allo stesso tempo, saper porre dei limiti alle loro esigenze talvolta troppo elevate,
sono competenze indispensabili per creare valore.
Dal punto di vista top-down “è essenziale che i managers siano formati per comprendere le
modalità comunicative dei millennials di cui sono responsabili”33
, mentre dal punto di vista bottom-
32
A.Hall, Exploring the workplace communication preferences of millennials, Journal of Organizational Culture, Communications and conflict, Volume 20,
Special issue 1, 2016.
33
Ibidem.
Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019
up, i millennials stessi devono essere preparati alla possibilità di dover lavorare in situazioni dove,
probabilmente, le loro aspettative in termini di comunicazione e feedback non saranno pienamente
soddisfatte34
. Integrando queste due modalità è possibile creare un ambiente comunicativo
efficace in cui, managers e millennials sono in grado di adattare reciprocamente i loro
comportamenti per incrementare il valore della collaborazione.
Il Gruppo Sapio prevede, una volta al mese, lo svolgimento di sessioni webinar AMA (Ask Me
Anything), della durata di 30 minuti, in cui il CEO risponde alle domande dei dipendenti. È prevista
la possibilità di rivedere in streaming queste sessioni dalla piattaforma Workplace al fine di
condividere le discussioni con tutti i dipendenti. Inoltre, due volte all’anno il CEO visita tutti i siti
aziendali organizzando le cosiddette AMA LIVE, interazioni live con 30/50 persone. La
comunicazione diventa fondamentale soprattutto nei momenti di cambiamento. L’anno scorso
l’azienda ha istituito il Gruppo di Change, con a capo un direttore di Change incaricato di gestire e
attuare i programmi di cambiamento aziendale per rendere la comunicazione maggiormente
trasversale, il tutto avviene attraverso un team di 12 persone che rappresentano le varie funzioni
della società.
3.2.2 La valorizzazione degli incentivi: benefits e bonus
Come già evidenziato, per i millennials, bonus e benefits sono molto più importanti che per le
generazioni passate. “Il 49% dei millennials afferma che un buon pacchetto di benefits è uno dei
motivi che maggiormente influenzano la loro decisione nella scelta del lavoro”35
.
L’erogazione di bonus e la personalizzazione dei reward systems servono invece, per tenere alta
la motivazione dei millennials attraverso un costante contatto e una continua valorizzazione del
loro operato.
In OVH Italia S.r.l. vi sono due tipologie di policies per l’erogazione di benefits:
o policy aziendale, legata alle direttive della casa madre francese, che prevede l’erogazione
di tickets restaurant, l’organizzazione di family day, brunch aziendali e una gym card per
tutti i dipendenti;
o policy locale, possibilità di smart working e smart places e la distribuzione di pc portatili per
tutti i dipendenti dell’azienda.
Dato che i millennials sono flessibili e amanti del cambiamento, OVH fornisce anche ampia libertà
di mobilità interna e, essendo presente in ben 19 paesi, garantisce la possibilità di spostarsi in
contesti internazionali.
Nel Gruppo Sapio S.p.A., l’integrazione della retribuzione fissa è ancora più articolata. Sono
previsti MBO per tutti i quadri dirigenti, mentre per il resto dei dipendenti vi sono premi di
partecipazione e la possibilità di ottenere bonus in relazione al raggiungimento degli obiettivi.
Nel 2018, grazie agli ottimi risultati conseguiti dall’azienda, ogni dipendente ha ricevuto un bonus
di 1.500 euro. L’azienda, inoltre, investe moltissimo sulla sicurezza che rappresenta il valore
cardine. La priorità è preservare l’incolumità di ogni dipendente, dall’inizio alla fine della giornata
lavorativa. Questo aspetto è molto importante poiché, dalle ricerche, emerge che i millennials sono
molto attenti verso tutto ciò che riguarda la sicurezza, gli imprevisti e i costi medici36
. Lavorare sugli
asset valoriali e fondare la propria etica intorno all’idea della sicurezza incentiva la convergenza tra
valori aziendali e mindset dei dipendenti.
34
Ibidem.
35
L.S. Nolan, The Roar of Millennials: Retaining top talent in the workplace, Journal of Leadership, Accountability and Ethics, Vol.12, 2015.
36
L.S. Nolan, The Roar of Millennials: Retaining top talent in the workplace, Journal of Leadership, Accountability and Ethics, Vol.12, 2015.
Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019
3.2.3 Lo sviluppo della CSR (Corporate Social Responsibility)
La Corporate Social Responsibility (CSR) definita come la responsabilità sociale d’impresa37
,
identifica l’insieme dei processi aziendali diretti a integrare le questioni sociali, ambientali, etiche, i
diritti umani e le sollecitazioni dei consumatori nelle loro operazioni commerciali e nella loro
strategia di base. Un nuovo approccio strategico che permette lo sviluppo di prodotti, servizi e
modelli commerciali innovativi che contribuiscono al benessere della società.
Ciò si traduce nell’adozione di una politica aziendale che sappia conciliare gli obiettivi economici
con quelli sociali e ambientali del territorio, in un’ottica di sostenibilità.
Essere socialmente responsabili significa superare il rispetto della legislazione vigente, investendo
in iniziative legate al miglioramento dei rapporti con le parti interessate (collaboratori, fornitori,
partner, comunità e istituzioni locali) e promuovendo azioni volte alla salvaguardia e tutela
ambientale.
La CSR si articola in due dimensioni38
:
o interna: le aziende intervengono nella gestione delle risorse umane, nella salute e
sicurezza sul lavoro, raggiungendo così obiettivi quali il rafforzamento dell’immagine
aziendale, la fidelizzazione e la sicurezza del personale;
o esterna: gli interventi risultano più mirati al sostegno dei diritti umani attraverso iniziative a
favore delle comunità locali, dei partner economici e degli stakeholders lungo tutta la filiera
produttiva.
L’impatto delle iniziative aziendali sulla società, in termini di responsabilità, determinano un
rapporto di fiducia, riconoscimento e condivisione di valori etici tra i lavoratori, i consumatori e i
cittadini. In un contesto dove si riscontrano elevati livelli di fiducia, le imprese si sentono legittimate
a crescere e investire in attività socialmente utili.
Dallo studio dei casi analizzati è emerso che, processi legati alla CSR, vengono sviluppati dal
Gruppo Sapio S.p.A., azienda operante sul mercato italiano e internazionale in ambito industria e
sanità.
Iniziative legate alla tutela della salute e della sicurezza dei propri dipendenti risultano una priorità.
Il Gruppo Sapio, impegnato da sempre nella diffusione di una “cultura della sicurezza”, si
preoccupa di promuovere un programma di welfare aziendale a tutti i livelli operativi e decisionali.
Massima attenzione è riservata alla tutela ambientale; la natura è patrimonio di tutti e deve essere
tutelata e difesa, attraverso la fornitura di tecnologie e prodotti altamente compatibili con l'ambiente
in un'ottica di sviluppo sostenibile.
Investimenti diretti che promuovono la ricerca scientifica sono considerati un pilastro. Difatti
l'azienda, dal 1999, si preoccupa di incentivare le iniziative legate all' innovazione, la circolazione
di idee e la discussione scientifica secondo un modello che valorizzi la concertazione tra pubblico
e privato. Giunto alla sedicesima edizione, il Premio Sapio per la Ricerca Italiana39
non si limita
solo a promuovere l’innovazione e la ricerca in campo scientifico, tecnologico e socio-economico,
ma anche le idee più innovative che possono rappresentare un valore aggiunto. Diverse le
categorie prese in considerazione:
o Premio Sapio Ricerca Junior: destinato a lavori di ricerca svolti da studiosi e/o ricercatori di
età inferiore ai 30 anni.
37
https://ec.europe/commission/index
38
https://www.unioncamere.gov.it
39
Il Premio Sapio è un’iniziativa volta a premiare coloro che apportano rilevanti contributi per l’avanzamento della ricerca e dell’innovazione in campo
medicale, tecnico-scientifico e socioeconomico. Per maggiori informazioni: https://www.premiosapio.it
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Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019
o Premio Sapio Ricerca Senior: destinato a lavori di ricerca svolti da ricercatori e/o studiosi
che hanno superato i 30 anni di età.
o Premio Sapio Innovazione: riservato a studiosi e/o ricercatori che attraverso il ricorso a
nuovi metodi, tecnologie, processi hanno generato un avanzamento in qualunque ambito
della ricerca.
o Premio Sapio Sicurezza: destinato a lavori di ricerca svolti da qualsiasi persona fisica che
si è distinta in attività di ricerca e innovazione, nel campo della prevenzione o della
gestione del rischio nell’ambito della sicurezza del trasporto delle merci pericolose su
strada.
o Premio Sapio Start Up: destinato a tutte le start up con un'idea innovativa, soprattutto nel
settore giovanile. La start up candidata non deve aver superato i 4 anni di attività dalla data
della sua costituzione.
Molteplici risultano essere gli ambiti in cui si manifesta l'impegno sociale dell'azienda. Tra questi,
seppur recente ma di rilevante importanza, si inserisce anche l'iniziativa a favore del supporto di
realtà locali senza fini di lucro, nello specifico di associazioni impegnate al sostegno di bambini
affetti da autismo, attraverso l'istituzione di giornate sportive dedicate ad avvicinare e
sensibilizzare alla tematica sia i dipendenti sia l'intera comunità.
3.2.4 L’erogazione della formazione
Per la nostra ricerca il tema della formazione è centrale poiché corrisponde all’esigenza primaria
dei millennials. “In un ambiente di lavoro che permette una formazione costante e la possibilità di
ascesa sociale, non c’è motivo per ricercare un cambiamento continuo”40
. Così il CEO Mario
Paterlini, Gruppo Sapio S.p.A., sintetizza il valore centrale della retention per contrastare la scarsa
fedeltà aziendale dei millennials. Nell’azienda, inizialmente, si era partiti dall’idea che ogni
dipendente potesse partecipare a percorsi di formazione almeno 3 giorni all’anno. Oggi, Sapio
garantisce a tutti i dipendenti almeno 5 giorni di formazione. I percorsi formativi durano circa 3 ore
e sono divisi per aree tematiche, permettendo così ai dipendenti di scegliere autonomamente gli
ambiti di interesse. Tale metodo non solo tiene conto delle preferenze dei singoli dipendenti ma,
non tenendo conto delle gerarchie, favorisce anche la collaborazione e la comunicazione tra le
differenti categorie di dipendenti.
Nel 2020 ci sarà un test cui parteciperanno tutti i dipendenti che porterà, per coloro che lo
supereranno, ad essere eletti bachelors. Per il 2022, sono invece previsti dei corsi di mentoring e
oaching per ogni dipendente e sarà, poi, emesso un certificato aziendale per valorizzare la
meritocrazia e il concetto di ascesa sociale. L’idea vincente è “quella di costruire una elevata
fidelizzazione delle risorse lungo tutto il loro ciclo di permanenza all’interno dell’azienda”41
,
andando a rafforzare quella che è l’employability dei dipendenti, concetto che i millennials hanno
sempre più a cuore. Gruppo Sapio S.p.A. è convinta che sviluppare al massimo grado le possibilità
dei dipendenti debba essere considerata una responsabilità sociale per l’azienda. Un dipendente
soddisfatto, che sente di progredire costantemente all’interno della realtà lavorativa, è un
dipendente fidelizzato che difficilmente tenderà ad andarsene. Il Gruppo Sapio, ad oggi, su 1800
dipendenti, ha un turnover inferiore all’1%.
OVh invece prevede sia piani di formazioni interna sia training a livello europeo, cui fanno seguito
survey biennali, aperti a tutte le filiali, per valutare i punti di forza e i punti di debolezza
40
Allegato 2, intervista a Mario Paterlini
41
D. Boldizzoni, L.Quaratino, Risorse Umane, Il Mulino, Bologna, 2014, p. 87.
Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
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dell’azienda. Essendo un’azienda giovane, composta prevalentemente da millennials, OVH punta
a formare i talenti impegnandoli in progetti che richiamano gli interessi personali dei singoli,
incentivando una forte collaborazione tra i vari team e i vari dipartimenti. La casa madre, in
Francia, ha istituito la figura dell’Happiness Manager, che si occupa di valutare la soddisfazione
delle risorse ed accrescere la diffusione della cultura aziendale tra i dipendenti. OVH insiste molto
sulla congruenza tra valori aziendali e mindset dei dipendenti, cercando di proporre questo tema
all’interno di tutte le iniziative. Per questa ragione sono previste anche sessioni di Management
Coaching per sensibilizzare anche i dirigenti a queste tematiche etico-valoriali.
Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019
Conclusioni
La ricerca indaga le due principali leve, l’attraction e la retention, nell’ambito della riflessione
contemporanea sul tema dell’employer branding, in relazione alla generazione dei millennials.
Dall’analisi della letteratura contemporanea e dei casi di studio reali, è emerso che, oggi, rispetto al
passato, è più importante privilegiare l’aspetto della retention rispetto all’attraction. Qualunque
investimento in una efficace politica di attraction, se non supportato da idonee strategie di
retention, è destinato a rimanere un costo economico senza ritorno adeguato.
Tra le strategie di retention che le aziende possono adottare, quattro sono le aree sulle quali
investire per ottenere un vantaggio competitivo concreto: comunicazione, bonus e benefits,
corporate social responsibility e formazione.
I millennials, utilizzatori nativi del mondo digitale, sono abituati a gestire una moltitudine di
informazioni utilizzando canali comunicativi veloci, friendly e che permettono, soprattutto, di
personalizzare e filtrare la comunicazione stessa.
Per il Management diventa sempre più importante conoscere e comprendere le modalità corrette
per comunicare con questa categoria di dipendenti, così diversa dalle altre. Una soluzione
potrebbe essere la creazione di momenti di confronto informali, volti a favorire il dialogo e il flusso
di informazioni attraverso canali e modalità più propriamente legate al mondo digitale.
Trattenere le risorse più talentuose all’interno delle aziende risulta sempre più complesso, l’intensa
concorrenza globale crea un ventaglio di possibilità e di eterogeneità molto appetibili, non si gioca
più solo sul piano della remunerazione fissa, ma è necessario investire in benefits e bonus
personalizzati, orientati alle esigenze dei dipendenti, adattandosi alle peculiarità delle risorse in
maniera costante e ripetuta nel tempo.
I millennials prestano particolare attenzione anche alla coerenza tra l’employer branding promise e
gli effettivi asset aziendali. È fondamentale impegnarsi in attività socialmente utili, legare il proprio
business con iniziative che possano amplificare il sistema etico-valoriale dell’azienda.
Un esempio, il Gruppo Sapio S.p.A., il quale, oltre ad investire moltissimo nella sicurezza e nel
benessere dei suoi dipendenti, nell’erogazione di servizi e assistenza ai clienti, è molto impegnato
proprio sul fronte delle implicazioni di natura etica e della responsabilità sociale.
Dalle evidenze emerse nelle ricerca, la criticità più importante riguarda la scarsa fedeltà aziendale
dei millennials, i quali non progettano di rimanere nella stessa realtà aziendale per l’intero ciclo
lavorativo, ma esprimono la volontà di collezionare esperienze altamente formative in una pluralità
di contesti differenti. Ciò comporta un aumento del tasso del turnover talmente elevato da
impattare notevolmente nei costi aziendali. L’implementazione di adeguate strategie di retention
risultano essere di importanza vitale per superare questo ostacolo. In particolare, è fondamentale
strutturare programmi interni capaci di soddisfare l’esigenza, propria dei millennials, di ricevere una
formazione continua e di alto profilo. Alla formazione possono poi essere affiancate strategie volte
ad incentivare la mobilità interna o lo spostamento tra diverse sedi internazionali, al fine di
soddisfare anche i desideri di flessibilità e cambiamento propri delle generazioni più giovani (i.e. il
Gruppo Sapio S.p.A., lavorando intensamente sulla retention attraverso la formazione, ha ottenuto
incredibili risultati, raggiungendo un tasso di turnover inferiore all’1%).
Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019
A conclusione della ricerca, uno spunto di riflessione interessante potrebbe essere quello di
cercare di immaginare gli sviluppi futuri dell’employer branding. Ipotizzando che la fluidità del
mercato del lavoro continuerà ad aumentare esponenzialmente, sarà sempre più difficile
implementare strategie di retention per arginare questo fonomeno. Per questo motivo potrebbe
essere più profittevole pensare a strategie capaci di intercettare i talenti e le competenze delle
persone senza la necessità di vincolarle all’interno di un contesto lavorativo. Pensiamo ad esempio
al fenomeno crescente della co-creazione del valore, tramite cui le aziende cercano di attivare i
talenti e le competenze delle persone su scala globale, invitandoli a creare proposte o a risolvere
problemi, senza tuttavia cercare necessariamente di assorbirle all’interno della struttura aziendale.
Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019
Bibliografia
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Della Porta, D. (2010). L'intervista qualitativa. Laterza edizioni, Roma.
Denzin, N. K., & Lincoln, Y. S. (2005). The Sage handbook of qualitative research (3rd
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Hall, A., Exploring the workplace communication preferences of millennials, Journal of
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Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019
Sitografia
https://www.ec.europe/commission/index
https://www.ovh.com
https://www.randstad.it/employer-branding-center
https://www.premiosapio.it
http://www.sapio.it
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Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials

  • 1. KIA TREND Project work “KiA – Knowledge in Action” Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials. Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 A cura di: Pasqualina Accroglianò Matteo Areni Domenico Bianco Vanessa Colombo Rosa Russo
  • 2. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 Abstract Il mercato odierno si presenta come un contesto altamente sfidante; nell’immediato futuro più della metà della forza lavoro delle aziende sarà costituita dai millennials, una generazione molto differente dalle precedenti. Si rende necessaria l’implementazione di strategie innovative per rendere le aziende desiderabili come datori di lavoro agli occhi di questa categoria. Nella nostra ricerca ci proponiamo di analizzare le principali leve di attraction e retention implementate nell’ambito dell’employer branding per incontrare le esigenze dei millennials. Nel condurre l’analisi abbiamo preso in considerazione una chiave di lettura che evidenzia come l’employer branding rappresenti un anello di congiunzione tra le funzioni marketing e le risorse umane, intrecciando elementi appartenenti ad entrambe le discipline. La ricerca prende avvio dall’analisi della letteratura internazionale, da cui abbiamo evidenziato quattro aree fondamentali per l’ottenimento di un vantaggio competitivo in questo settore: la comunicazione, l’erogazione di bonus e benefits, la corporate social responsibility e la formazione. Abbiamo effettuato una comparazione tra i dati raccolti nella letteratura e le evidenze empiriche emerse dalle realtà imprenditoriali intervistate: OVH S.r.l. e Gruppo Sapio S.p.A. È emerso che l’employer branding risulta essere una variabile determinante per la creazione di vantaggio competitivo nella misura in cui si rafforzi l’aspetto relativo alla retention, che solitamente viene relegato in secondo piano rispetto all’attraction. Da qui, la difficoltà delle aziende nel rispondere adeguatamente alla scarsa fedeltà aziendale dei millennials, i quali tendono sempre più a voler arricchire la loro formazione attraverso esperienze in una pluralità di contesti lavorativi differenti. Crediamo che questa tendenza, seppur ancora contrastata da valori opposti che tendono alla stabilità e alla sedentarietà, avrà nel futuro prossimo un peso via via crescente. Per queste ragioni riteniamo che una delle sfide che si presenteranno alle aziende sarà quella di creare un ambiente di lavoro in grado di rispondere all’esigenza di ricevere una formazione costante di alto profilo e di vivere in realtà flessibili e dinamiche all’interno dello stesso contesto lavorativo. In ultima analisi, dopo aver argomentato le ragioni per cui la retention al giorno d’oggi rappresenta una valida fonte del vantaggio competitivo, proponiamo una breve riflessione che potrebbe rivelarsi interessante per il futuro. In particolare, ipotizzando che il mercato del lavoro tenderà ad essere sempre più fluido e dinamico, potrebbe essere più profittevole pensare a dei modelli alternativi che, anziché puntare a trattenere le risorse, riescano ad intercettare i talenti e le competenze senza vincolare le persone all’interno della stessa realtà lavorativa. Pensiamo ad esempio all’attuale tema della co-creazione e co-costruzione del valore, tramite cui le aziende cercano appunto di attivare le competenze e i talenti delle persone su scala globale, tramite progetti temporanei e senza vincolare le risorse ad una singola realtà aziendale.
  • 3. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 Introduzione Uno degli aspetti più interessanti che caratterizza la società contemporanea è l’eccezionale rapidità con cui avvengono i cambiamenti e le innovazioni tecnologiche in ogni settore. Fino al secolo scorso, i cambiamenti avvenivano in modo diluito nel tempo ed erano percepibili in maniera chiara ed evidente solo a distanza di generazioni. Oggi, l’evoluzione tecnologica è diventata così veloce da modificare radicalmente il modo di vivere. Tali cambiamenti si ripercuotono anche nel mercato del lavoro e rappresentano una sfida importante per le imprese alla ricerca dei migliori talenti disponibili. In questo contesto si inserisce il tema dell’employer branding, definito come l’insieme delle strategie aziendali che hanno l’obiettivo di costruire un’immagine coerente con l’identità dell’azienda stessa, intesa come luogo di lavoro ideale, in una prospettiva integrata tra le funzioni di marketing e human resources. La nostra ricerca si propone di individuare, all’interno del panorama dell’employer branding, le leve di attraction e retention in riferimento al target specifico dei millennials. Figli di un mondo interconnesso e digitalizzato, i millennials sono portatori di esigenze radicalmente differenti da tutte le generazioni precedenti, ragion per cui si rende necessaria l’implementazione di strategie mirate capaci di catturare la loro attenzione. Appartengono ad una generazione caratterizzata da una scarsa fedeltà aziendale che tende a focalizzarsi molto sulla corrispondenza tra la promessa e gli effettivi asset promossi dalle imprese (i.e. benefits e bonus, smart working, smart places, attenzione allo sviluppo della componente etico-valoriale e sociale dell’azienda, sviluppo di programmi di formazione etc.) e che, sempre più spesso, manifesta la volontà di collezionare una pluralità di esperienze formative in contesti differenti. Si rende necessario indagare gli strumenti messi in atto per ripensare il ruolo della retention in relazione a queste nuove evidenze. In particolare, le quattro aree che risultano essere fondamentali per migliorare il benessere dei dipendenti e ottenere un vantaggio competitivo sono: la comunicazione, l’erogazione di bonus e benefits, la corporate social responsability e l’erogazione di programmi formativi. Analizzare il fenomeno partendo dalla sua evoluzione storica e dalla principale letteratura internazionale, per poi inserirlo nel contesto contemporaneo attraverso lo studio di casi concreti, risulta essere la chiave di lettura maggiormente efficace. Si riscontra sempre più una continua valorizzazione della formazione, dell’implementazione di soluzioni personalizzate che permettano di trasformare il luogo di lavoro in un ambiente di riconoscimento di valori etico-valoriali, di benessere psico-fisico e, dell’adozione di soluzioni tecnologiche che permettano una comunicazione costante, fluida, diretta e veloce. I casi di studio analizzati sono imprese B2B (business to business) che adottano una strategia di employer branding legata prevalentemente alla componente della retention, dove il focus primario risulta essere la corrispondenza tra la componente valoriale individuale e quella aziendale. Il vantaggio competitivo di un’azienda, oggi, non si misura solamente sulla capacità di offrire prodotti o benefici che giustificano un premium price, ma anche e soprattutto, attraverso le strategie adottate per rendere il luogo di lavoro un ambiente capace di attrarre e trattenere i talenti. Si parla sempre più employer branding declinato nelle sue accezioni di: o employer identity, l’insieme di fattori caratterizzanti l’ambiente di lavoro come luogo di identità; o employer value proposition, ossia quelle azioni adottate dalle aziende per soddisfare i bisogni dei dipendenti e candidati target; o employer brand promise, l’espressione dei valori dell’azienda rivolti al target di riferimento e di employer of choice, il massimo riconoscimento dell’azienda come luogo di lavoro ideale.
  • 4. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 Capitolo I Inquadramento teorico 1.1L’Employer Branding Per Employer Branding intendiamo “l’insieme dei vantaggi funzionali, economici e psicologici forniti dal posto di lavoro e identificato con il datore di lavoro”1 . Con queste parole Tim Ambler e Simon Borrow formularono nel 1966 la prima definizione di Employer Branding nel tentativo di mostrare come i principi del brand management (branding), funzione fino a quel momento strettamente legata al marketing, potessero essere applicati anche alle risorse umane, relativamente all’immagine che l’azienda si costruisce come luogo di lavoro (employer). Forti della convinzione che “i processi di costruzione della fedeltà alla marca sono i medesimi che si presentano per la costruzione della fedeltà tra datore di lavoro e lavoratore”2 , Ambler e Borrow contribuirono alla diffusione di quell’idea, ormai ampiamente confermata, che le risorse umane costituiscono un asset assolutamente critico per la competitività di un’azienda3 . Da questo input iniziale sono prosperati numerosi studi che hanno ribadito e approfondito da un lato, l’interdipendenza concettuale e strategica tra marketing ed employer branding, dall’altro la necessità di investire sulle risorse umane, fattore essenziale per il vantaggio competitivo, anche a livello economico. Attrarre i migliori talenti ed essere capaci di trattenerli fornendo un ambiente stimolante e desiderabile diventano parametri fondamentali per aumentare la produttività dell’azienda. In questo senso l’employer branding, pur non essendo una funzione di linea, aiuta enormemente a “ridurre i costi, migliorare la soddisfazione dei clienti e aumentare i risultati finanziari”4 . Se il marketing cerca di capire, analizzando i clienti, quali sono i fattori che possano aumentare la percezione del prodotto da parte del consumatore, l’employer branding, analizzando i dipendenti potenziali ed effettivi, cerca di capire quali sono i bisogni dei dipendenti e ciò che per loro è determinante nella scelta di un luogo di lavoro, al fine di costruire un’immagine aziendale più desiderabile e performante. L’employer branding prende spunto dal mondo del marketing dove risulta di primaria importanza il miglioramento del valore della marca, concentrandosi, però, sul valore della marca inteso come luogo di lavoro per poi concorrere al miglioramento del brand aziendale nel suo complesso. Da queste considerazioni si intuisce che il target delle strategie di employer branding è in realtà molto vasto, includendo non solo dipendenti e potenziali lavoratori, ma in generale tutti gli stakeholders dell’azienda, compresi i clienti; in sintesi ci si rivolge “a tutte le risorse che lavorano nell’organizzazione, che ne fanno parte o che potrebbero essere attratte da esse”5 . Possiamo dunque sintetizzare la definizione di employer branding come una strategia di marketing finalizzata a creare un’immagine aziendale coerente con l’identità dell’impresa come employer (luogo di lavoro), in sintonia con il target di riferimento e ben distinta da quella dei competitor attraverso la quale attrarre e fidelizzare le persone di talento (Amendola, 2008). 1 T.Ambler, S. Borrow, The employer brand, 1996. 2 G. Lizzani, G.M.Mussino, L’Employer branding tra ricerca e applicazione, a cura di M.Bonaiuto, FrancoAngeli, Milano, 2008. 3 È importante non confondere l’employer branding con l’internal branding, ossia l’insieme di tutte le strategie di comunicazione interna volte a diffondere la cultura d’impresa. L’employer branding è una strategia più estesa che contempla anche tutto l’aspetto di attrazione esterna di potenziali candidati. 4 Borrow e Mosley, 2005. 5 Lizzani, G.M.Mussino, L’Employer branding tra ricerca e applicazione, a cura di M.Bonaiuto, FrancoAngeli, Milano, 2008.
  • 5. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 Concludendo, è possibile affermare che l’employer branding comprende tutte le “modalità che l’azienda adotta per attrarre, sviluppare, motivare e trattenere i lavoratori attuali e potenziali”6 . 1.2L’utilizzo della strategia di employer branding nel panorama attuale, i millennials Il mercato di oggi si presenta come un contesto altamente sfidante per i player attuali. I cambiamenti sempre più rapidi e la sempre più pervasiva diffusione della digitalizzazione in ogni settore hanno portato alla nascita di nuove figure professionali e ad una crescente mobilità sul piano del lavoro, con una conseguente diminuzione della permanenza media delle risorse nella stessa realtà lavorativa. Il tasso di turnover è diventato così alto da impattare notevolmente sui costi delle aziende che sempre più spesso, dopo grossi investimenti in termini di selezione e formazione, perdono le risorse su cui hanno faticosamente lavorato. Gli studi dimostrano che Il costo di un dipendente che lascia l’azienda si aggira intorno al 250% del suo salario annuale medio7 a causa dei costi di staffing, vacancy e training8 . Anche dal punto di vista interno, le imprese costantemente impegnate in operazioni di riorganizzazione interna per adattarsi ai cambiamenti repentini dei mercati si trovano a dover sostenere e motivare le risorse in modo adeguato per permettergli di superare questi processi spesso impegnativi dal punto di vista psicologico e con pesanti ricadute dal punto di vista performativo9 . A queste complessità si aggiunge poi la grande sfida costituita dalla comunicazione. All’interno delle aziende si possono identificare una pluralità di persone appartenenti a diverse generazioni; questo genera la necessità di dover comunicare contemporaneamente e in maniera efficace con un target eterogeneo, con bisogni e aspettative differenti e soprattutto con linguaggi diversi e talvolta contrastanti. “Comunicare un messaggio corretto ad un pubblico errato equivale a non comunicare”10 , così come “comunicare un messaggio corretto non conoscendo il linguaggio del target equivale a non farsi capire affatto”.11 La presenza di una molteplicità di generazioni in uno stesso luogo di lavoro, quali membri della Silent Generation, Baby Boomers, Gen X e Millennials12 determina approcci differenti allo svolgimento del lavoro e differenti comportamenti che, talvolta, possono potenzialmente generare conflitti13 . Se da un lato è fondamentale tenere a mente la pluralità di attori coinvolti con le loro differenze specifiche, dall’altro è ancora più importante considerare che presto i millennials, termine con il quale si identificano gli individui nati tra il 1981 e il 200014 , costituiranno metà della forza lavoro esistente, imponendo alle aziende l’implementazione di strategie di employer branding mirate ad impiegare e trattenere il loro ingresso nel mercato del lavoro. È evidente che i datori di lavoro debbano necessariamente transitare da un modello boomer-centrico ad un modello millennial-centrico15 . In questa ricerca ci concentreremo esclusivamente sulle strategie volte ad attrarre e trattenere il target dei millennials, tratteggiando il quadro complessivo delle criticità che la 6 Lizzani, G.M.Mussino, L’Employer branding tra ricerca e applicazione, a cura di M.Bonaiuto, FrancoAngeli, Milano, 2008. 7 L.S. Nolan, The Roar of Millennials: Retaining top talent in the workplace, Journal of Leadership, Accountability and Ethics, Vol.12, 2015. 8 Il Bureau of Labor Statistics riporta che il costo medio per rimpiazzare un dipendente è di 13.996 dollari (O’Connell & Kung, 2007). 9 Si pensi ad esempio al caso di Elco, produttore di ascensori, descritta in W.C.Kim e R.Mauborgne, Strategia Oceano Blu, Firenze, Rizzoli, 2015, pp. 193- 198. Questo esempio è emblematico per analizzare tutti i fattori critici che si presentano durante un riposizionamento strategico o un cambiamento strutturale dell’organizzazione e per comprendere le gravi conseguenze che possono verificarsi allorquando i dipendenti non vengano adeguatamente sostenuti e motivati durante i processi di cambiamento. 10 G. Caliccia, Guida pratica all’Employer Branding. Teoria, dati e casi, FrancoAngeli, Milano, 2017. 11 Ibidem. 12 Uno studio molto accurato sui Millennials e le differenze con le altre generazione è J. F. Hassing, Generation Y: Improving employee engagement and retention through better communication, Capella University, 2016. 13 A.Hall, Exploring the workplace communication preferences of millennials, Journal of Organizational Culture, Communications and conflict, Volume 20, Special issue 1, 2016. 14 Noti anche come Generation Me, Nexters, e Net Generation 15 K. Punjaisri, A.Wilson, The role of internal branding in the delivery of employee brand promise, 2007.
  • 6. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 loro presenza nel mondo del lavoro comporta. Tale approccio è giustificato anche dal fatto che, oltre al dato quantitativo, i millennials rappresentano sia a livello etnico sia a livello comportamentale la generazione più eterogena tra le tre generazioni di cui la forza lavoro è attualmente composta16 . Essi sono curiosi, entusiasti e volti al successo (Sherman, 2015); tendono ad essere impazienti e a dare troppa confidenza (Knouse, 2011); vogliono avere feedback sul loro operato immediatamente (Ohmer, 2014); sono innovatori tecnologici, abituati ad usare email, messaggi e cellulari e sono in costante contatto con amici e parenti tramite social media (Ozcelik, 2015). Il successo delle imprese e la creazione di vantaggio competitivo è strettamente legato alle capacità di elaborare strategie di employer branding per comunicare in modo efficace con questo target complesso, trasmettendo in maniera efficace l’immagine dell’azienda come luogo di lavoro ideale che soddisfa interamente i loro bisogni generazionali. 1.3I modelli teorici di employer branding Prima di addentrarci nell’analisi specifica delle varie strategie volte ad attrarre e trattenere i Millennials è importante dare una breve panoramica dei modelli teorici effettivamente seguiti dalle imprese per svolgere attività di employer branding, inquadrando le varie fasi del processo. Prima di procedere nell’implementazione di qualunque strategia è necessario che un’azienda sia ben consapevole della propria posizione lungo il percorso che porta verso la vetta di best employer of choice. A tal fine esiste un modello17 , dedotto da una rielaborazione della piramide della notorietà di Aaker, che descrive le diverse fasi che conducono verso la percezione del proprio brand come miglior luogo di lavoro (fig.1): o awareness: il primo livello consiste nella semplice conoscenza generica del brand; o employer brand awareness: il secondo livello prevede non solo la conoscenza del brand sul mercato, ma anche la sua conoscenza come offerta professionale; o best employer: si raggiunge il terzo gradino quando l’azienda è riconosciuta come luogo in cui si vorrebbe lavorare; o best employer of choice: il vertice della piramide è legato al riconoscimento dell’azienda come miglior scelta possibile come luogo di lavoro. 16 J. F. Hassing, Generation Y: Improving employee engagement and retention through better communication, Capella University, 2016. 17 I modelli e le figure riportate sono tratti da: G. Caliccia, Guida pratica all’EB. Teoria, dati e casi.
  • 7. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 Fig.1 Ogni impresa deve essere ben consapevole della sua posizione attuale all’interno di questa piramide per poter poi individuare degli obiettivi realistici e delle strategie efficaci per perseguirli, passando dunque ai livelli successivi. Qualsiasi organizzazione per poter gestire la propria attività, rimanendo coerente nell'azione e nella comunicazione, necessita di stabilire in anticipo il proprio fine ultimo (vision), i motivi per cui raggiungerlo (mission) e le linee guida da rispettare (valori)18 . In questa prospettiva assume un’importanza fondamentale il concetto chiave di Employer Value Proposition, ossia la somma complessiva di tutto ciò che le persone vivono e ricevono nell’ambito del rapporto di lavoro con un’azienda: la soddisfazione intrinseca per il lavoro, l’ambiente, la leadership, i colleghi, la retribuzione, e altro ancora. È quello che fa l’azienda per soddisfare i bisogni, le aspettative e anche i sogni dei collaboratori19 . Tale concetto, mutuato anch’esso dal mondo del marketing, esprime la consapevolezza che, proprio come i clienti, anche i dipendenti aziendali possono scegliere un luogo, in questo caso di lavoro, piuttosto che un altro20 . Il processo di employer branding prevede cinque fasi sequenziali e interconnesse (fig.2): o analisi del target: volta a circoscrivere uno specifico target all’interno del mercato del lavoro ed individuarne caratteristiche e bisogni. Ogni strategia dovrà essere modulata specificatamente sul target di riferimento con appositi metodi comunicativi e finalizzata al raggiungimento del fit, la “congruenza tra valori e norme dell’organizzazione e valori delle persone”21 ; o posizionamento: dopo aver identificato le aspettative del target è necessario capire come l’azienda sia posizionata rispetto a quelle stesse, cosa si può fare per colmare un eventuale gap e cercare allo stesso tempo di differenziarsi dai competitor; o creazione del messaggio: in questa fase si scelgono i driver più idonei per veicolare il messaggio focalizzandosi sugli asset tangibili e intangibili che si ritengono essere i più riconosciuti e condivisi nell’azienda, nonché i più appetibili per il target di riferimento. Fondamentale in questa fase del processo, la creatività comunicativa, “la comunicazione deve suscitare nel potenziale candidato un’attenzione in termini emotivi”22 ; 18 G. Caliccia, Guida pratica all’EB. Teoria, dati e casi. 19 Ibidem. 20 https://www.randstad.it 21 Chatman 22 Lizzani, G.M.Mussino, L’Employer branding tra ricerca e applicazione, a cura di M.Bonaiuto, FrancoAngeli, Milano, 2008.
  • 8. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 o canali di comunicazione: l’azienda e il target di riferimento cooperano attivamente alla creazione della campagna comunicativa, secondo la metodologia di “co-costruzione del messaggio”23 si persegue l’idea che i target stessi sono coloro che meglio possono evidenziare e comprendere sia i bisogni che li contraddistinguono sia il miglior linguaggio possibile per comunicarli. Dopo aver strutturato un messaggio coerente bisogna scegliere tra i molteplici canali, quali sono quelli più idonei per raggiungere il target di riferimento (i.e. target costituito dai millennials, coerentemente con i dati a nostra disposizione che evidenziano come questa generazione sia molto legata agli strumenti informatici, si considera la diffusione dei messaggi attraverso i principali social network); o monitoraggio e la valutazione: quest’ultima fase prevede il controllo dell’efficacia della strategia. Analizzando la quantità di candidature ricevute durante il periodo di esposizione del messaggio, il rapporto tra la quantità di curriculum, i colloqui di selezione effettivamente svolti e, l’analisi del turnover, si delinea la migliore strategia di employer branding da adottare24 . Fig.2 23 Ibidem. 24 Ibidem.
  • 9. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 1.4Le due grandi sfide: attraction e retention Attrarre e trattenere. Questi sono le due polarità principali attorno a cui ruota tutto il mondo relativo all’employer branding. Molto spesso, tuttavia, le imprese tendono a focalizzarsi troppo sull’attrazione dei migliori talenti non dedicando sufficienti risorse alla successiva fase di retention. Si tende a dimenticare che il brand inteso come luogo di lavoro serve sì ad attrarre i talenti, ma il suo valore primario risiede nella capacità di costituire “il riferimento su cui costruire il contratto psicologico e quindi la motivazione e il commitment dei collaboratori”25 . L’intensa concorrenza globale attorno ai profili più preziosi non si gioca più sul solo piano della remunerazione, ma si sposta verso tutta una serie di benefits che vanno dalla messa a disposizione di ambienti di lavoro di alto livello, orientati verso la possibilità di crescita professionale, alla concessione di benefit personalizzati e bonus a progetto. Le imprese sono sempre più interessate ad avere “persone che condividono profondamente gli obiettivi e i valori aziendali e che sono quindi maggiormente disponibili ad adattarsi ai continui cambiamenti che il contesto ambientale odierno determina”26 . I millennials in particolare tendono a verificare con grande scrupolosità la coerenza tra l’employer branding promise e gli effettivi asset aziendali. Per la Generazione Y la volontà di essere intimamente ed emotivamente collegati al brand di cui fanno parte è così grande che spesso si parla di loro in termini di prosumers, ossia “consumatori che partecipano attivamente alla progettazione dei prodotti/servizi di cui sono potenziali acquirenti; questo comporta che anche come lavoratori mantengono questa attitudine, avendo così una elevata aspettativa di coinvolgimento e di interazione con l’organizzazione interessata ad assumerli”27 . Lavorare sul miglioramento degli asset valoriali e comunicativi interni può rivelarsi la chiave vincente per ottenere un vantaggio competitivo, senza contare che qualunque investimento in una efficace politica di attraction, se non supportato da un’idonea struttura interna, è destinato a rimanere un costo economico senza ritorno adeguato. Inoltre, anche qualora si voglia comprendere se l’impresa è in grado di soddisfare le aspettative dei target da attrarre, è funzionale guardare agli high performer interni e al loro grado di soddisfazione: Le politiche di employer branding devono essere percepite dagli high performers come funzionali, diversamente sarà logico pensare che neanche i potenziali dipendenti futuri saranno attratti da esse. Visto in questa prospettiva integrativa, l’employer branding diventa di primaria importanza nella creazione di valore e di ritorno economico per l’azienda e solo con questa chiave di lettura, volta a rendere coerenti i messaggi veicolati tra interno ed esterno, ha senso parlare di una stretta connessione tra risorse umane, marketing e vertici aziendali. È fondamentale che l’organizzazione lavori sulla coerenza e l’integrazione del company brand (l’immagine dell’azienda presso il pubblico dei consumatori) con l’employer brand (l’immagine specifica dell’impresa intesa come datore di lavoro)28 . Nella società attuale in cui lo scambio di informazioni avviene ormai in maniera istantanea ed estremamente pervasiva, qualsiasi incoerenza nella comunicazione o negatività all’interno della realtà lavorativa possono avere pesanti ricadute sulla percezione del brand in generale, ragion per cui l’EB deve essere pensata come una funzione vitale che, per essere implementata, necessita dello sforzo sistemico e congiunto dell’organizzazione tutta. La nostra ricerca si focalizza non sull’insieme di tecniche e strumenti volti ad analizzare il mercato esterno in vista della selezione e dell’attrazione di candidati ideali, ma piuttosto sull’insieme delle strategie adottate dalle aziende per rendere l’ambiente 25 D. Boldizzoni, L.Quaratino, Risorse Umane, Il Mulino, Bologna, 2014, p. 87. 26 Ibidem. 27 Ibidem. 28 Ibidem.
  • 10. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 lavorativo maggiormente attraente per i propri dipendenti, migliorando gli aspetti comunicativi, valoriali e legati al benessere psicologico, creando conseguentemente vantaggio competitivo. Attraction e retention, seppur distinti concettualmente, nella pratica si sviluppano attraverso una relazione di costante interazione e valorizzazione reciproca, il nostro intento è quello di enfatizzare la chiave di lettura che analizza l’employer branding mettendo in risalto il benessere dei dipendenti e la solidità comunicativo-valoriale interna all’azienda, come fonte del vantaggio competitivo.
  • 11. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 Capitolo II Casi studio Le aziende oggetto di studio della ricerca sono B2B, questo perché non offrendo servizi diretti al cliente finale, spesso non sono associate immediatamente ad esempi virtuosi di aziende che utilizzano strategie di employer branding efficienti ed efficaci. Le aziende B2B non solo non interagiscono con l’end consumer ma possiedono un valore di brand meno efficace rispetto alle B2C. La notorietà di una marca e la sua capacità di catalizzare talenti sono direttamente correlate, per questo motivo un’azienda B2B ha statisticamente più difficoltà nelle fasi di attraction e retention, poiché non sostenuta da una massa di consumatori collegati al brand. Per il fine della nostra ricerca abbiamo ritenuto più opportuno prendere in considerazione aziende che derivano la loro notorietà come employers interamente dalle loro capacità organizzative interne, senza l’ausilio di un brand forte che già autonomamente è in grado di esercitare una forte influenza sui potenziali dipendenti. La revisione della letteratura, effettuata precedentemente, è stata necessaria per verificare se vi sono risposte certe ai quesiti o per raffinare le domande sulla questione posta in evidenza dalla ricerca. Le interviste sono state realizzate face to face con l’ausilio di supporti tecnologici; le domande, sottoposte alle aziende sono state formulate affinché le risposte fornissero dettagli circa le strategie adottate. In particolare, comprendere se esiste ed è ben consolidato il legame tra le aspettative dei dipendenti e la mission dell’azienda stessa (aspetto della retention). La formulazione della struttura dei quesiti nel questionario è avvenuta seguendo la metodologia della ricerca sociale29 : o semplicità del linguaggio: è stato utilizzato un linguaggio semplice con una sintassi chiara volta ad evitare doppie negazioni e ridondanze; o sequenza delle domande: domande semplici e più generali sono state somministrate all’inizio del questionario, dopodiché le domande sono diventate più impegnative e particolareggiate; tutto questo per accompagnare l’intervistato durante lo svolgimento dell’intero processo dapprima, rassicurandolo e mettendolo a proprio agio, successivamente, stringendo sugli aspetti più specifici; o lunghezza delle domande: data la natura complessa della tematica sono state utilizzate domande lunghe perché agevolano una risposta più articolata, dove è possibile; o concretezza delle domande: domande astratte possono dar luogo a risposte troppo generiche rendendo più semplice il fraintendimento; domande concrete invece, determinano risposte precise evitando l’arbitraria interpretazione. La prima azienda analizzata è OVH web hosting services S.r.l.30 , provider mondiale di Cloud, di servizi di telefonia e server dedicati di matrice francese. Dalla nascita del suo primo datacenter europeo, l’azienda continua a innovare nella progettazione, l’implementazione e la manutenzione delle infrastrutture di hosting dei propri server, di cui ne gestisce tutti gli aspetti disponendo di un know-how unico che gli ha permesso di raggiungere una dimensione mondiale sia in qualità di distribuzione datacenter sul pianeta sia in dimensione datacenter. L’azienda è presente in ben diciannove Paesi del mondo con ventisette datacenter. Un’azienda di erogazione servizi che punta all’eccellenza tecnologica e allo sviluppo di strategie di employer branding per conservare i propri talenti; non solo macchinari al centro di ciò che fanno, 29 Corbetta, P. (2003). La ricerca sociale: metodologie e tecniche, vol.II. Il Mulino, Bologna. 30 http://www.ovh.com
  • 12. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 ma anche persone. Si punta soprattutto sul sistema di valori che rendono il luogo di lavoro un contesto in cui i dipendenti possano riconoscersi, da qui l’implementazione di smart working, smart place, rilascio di ticket restaurant, organizzazione di raduni aziendali quali family day e brunch, sviluppo del programma Gympass, propensione alla mobilità interna. Coesione, fiducia, integrazione e rispetto per i talenti di ogni dipendente sono i pilastri alla base dell’azienda, elementi che vengono sintetizzati nell’acronimo stesso dell’azienda OVH (on vous héberge, noi vi ospitiamo). La seconda azienda intervistata è il Gruppo Sapio S.p.A.31 , nata a Monza nel 1922 come produttrice di gas tecnici sviluppata su tutto il territorio nazionale e, successivamente, anche all’estero. Fin dai primi anni l’azienda ha sempre affiancato alla parte commerciale la vocazione per la ricerca e l’innovazione tecnologica, tesa allo sviluppo di prodotti e tecnologie sempre migliori. Nel 2015 il Gruppo, con i suoi 1600 collaboratori, ha realizzato un fatturato di oltre 468 milioni di euro mentre nel 2017 ha superato per la prima volta i 500 milioni di ricavi, il 95% dei quali ottenuti in Italia. Questi risultati sono stati possibili non solo grazie all’innovazione tecnologica, ma soprattutto grazie al focus sulla soddisfazione dei clienti e dei dipendenti. Attivo sia in ambito industriale sia in ambito sanitario, il Gruppo Sapio investe moltissimo nella sicurezza e nel benessere dei suoi dipendenti, nell’erogazione di servizi e assistenza ai clienti ed è molto impegnata sul fronte delle implicazioni di natura etica e della responsabilità sociale (corporate social responsibility). 31 http://www.sapio.it
  • 13. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 Capitolo III Analisi delle evidenze empiriche 3.1L’implementazione delle strategie di employer branding Abbiamo individuato quattro aree di criticità da tenere in considerazione per intercettare le esigenze della generazione dei millennials: o comunicazione: conseguentemente allo sviluppo tecnologico degli ultimi decenni i millennials sono sempre connessi e abituati ad uno scambio di informazioni costante, aperto e diretto. È necessario riuscire a comprendere queste nuove esigenze ed essere in grado di individuare i canali corretti per comunicare in modo efficace ed efficiente; o bonus e benefits: in un mondo che tende all’uniformità sta diventando sempre più evidente l’esigenza di ricevere delle attenzioni personalizzate e su misura, benefits in grado di mostrare il valore aggiunto della propria azienda e bonus capaci di premiare e valorizzare le risorse in maniera costante e ripetuta nel tempo. Queste misure stanno acquisendo nella percezione dei dipendenti un valore ben più importante del salario fisso. Si rende necessario un profondo ripensamento del pacchetto retributivo e, più in generale, la creazione di nuovi sistemi premianti; o corporate social responsibility: i millennials tendono a dare un’importanza enorme al collegamento tra i propri valori etico-personali e quelli dell’azienda in cui lavorano. Per questa ragione diventa sempre più importante che le aziende riescano a proporsi come utili e funzionali alla società e allo sviluppo della collettività; o formazione: i millennials sono una generazione poco fedele all’azienda poiché tendono a voler arricchire la loro formazione collezionando esperienze formative in imprese differenti. Si rende dunque necessario garantire una formazione costante e di alto livello per appagare questa esigenza. o Nei paragrafi successivi analizzeremo nel dettaglio queste quattro macroaree andando a verificare le strategie adottate e/o implementate dalle aziende intervistate. 3.1.2 La valorizzazione della comunicazione: comunicazione interna e social media “La competenza comunicativa del management è il miglior indicatore del livello di soddisfazione percepito da un dipendente”32 . I millennials tendono ad essere volubili, amano ambienti informali e flessibili, necessitano costantemente di feedback sul loro operato e vogliono avere tutte le informazioni disponibili. Conoscere i metodi comunicativi di questo target iperconesso e iperinformato e, allo stesso tempo, saper porre dei limiti alle loro esigenze talvolta troppo elevate, sono competenze indispensabili per creare valore. Dal punto di vista top-down “è essenziale che i managers siano formati per comprendere le modalità comunicative dei millennials di cui sono responsabili”33 , mentre dal punto di vista bottom- 32 A.Hall, Exploring the workplace communication preferences of millennials, Journal of Organizational Culture, Communications and conflict, Volume 20, Special issue 1, 2016. 33 Ibidem.
  • 14. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 up, i millennials stessi devono essere preparati alla possibilità di dover lavorare in situazioni dove, probabilmente, le loro aspettative in termini di comunicazione e feedback non saranno pienamente soddisfatte34 . Integrando queste due modalità è possibile creare un ambiente comunicativo efficace in cui, managers e millennials sono in grado di adattare reciprocamente i loro comportamenti per incrementare il valore della collaborazione. Il Gruppo Sapio prevede, una volta al mese, lo svolgimento di sessioni webinar AMA (Ask Me Anything), della durata di 30 minuti, in cui il CEO risponde alle domande dei dipendenti. È prevista la possibilità di rivedere in streaming queste sessioni dalla piattaforma Workplace al fine di condividere le discussioni con tutti i dipendenti. Inoltre, due volte all’anno il CEO visita tutti i siti aziendali organizzando le cosiddette AMA LIVE, interazioni live con 30/50 persone. La comunicazione diventa fondamentale soprattutto nei momenti di cambiamento. L’anno scorso l’azienda ha istituito il Gruppo di Change, con a capo un direttore di Change incaricato di gestire e attuare i programmi di cambiamento aziendale per rendere la comunicazione maggiormente trasversale, il tutto avviene attraverso un team di 12 persone che rappresentano le varie funzioni della società. 3.2.2 La valorizzazione degli incentivi: benefits e bonus Come già evidenziato, per i millennials, bonus e benefits sono molto più importanti che per le generazioni passate. “Il 49% dei millennials afferma che un buon pacchetto di benefits è uno dei motivi che maggiormente influenzano la loro decisione nella scelta del lavoro”35 . L’erogazione di bonus e la personalizzazione dei reward systems servono invece, per tenere alta la motivazione dei millennials attraverso un costante contatto e una continua valorizzazione del loro operato. In OVH Italia S.r.l. vi sono due tipologie di policies per l’erogazione di benefits: o policy aziendale, legata alle direttive della casa madre francese, che prevede l’erogazione di tickets restaurant, l’organizzazione di family day, brunch aziendali e una gym card per tutti i dipendenti; o policy locale, possibilità di smart working e smart places e la distribuzione di pc portatili per tutti i dipendenti dell’azienda. Dato che i millennials sono flessibili e amanti del cambiamento, OVH fornisce anche ampia libertà di mobilità interna e, essendo presente in ben 19 paesi, garantisce la possibilità di spostarsi in contesti internazionali. Nel Gruppo Sapio S.p.A., l’integrazione della retribuzione fissa è ancora più articolata. Sono previsti MBO per tutti i quadri dirigenti, mentre per il resto dei dipendenti vi sono premi di partecipazione e la possibilità di ottenere bonus in relazione al raggiungimento degli obiettivi. Nel 2018, grazie agli ottimi risultati conseguiti dall’azienda, ogni dipendente ha ricevuto un bonus di 1.500 euro. L’azienda, inoltre, investe moltissimo sulla sicurezza che rappresenta il valore cardine. La priorità è preservare l’incolumità di ogni dipendente, dall’inizio alla fine della giornata lavorativa. Questo aspetto è molto importante poiché, dalle ricerche, emerge che i millennials sono molto attenti verso tutto ciò che riguarda la sicurezza, gli imprevisti e i costi medici36 . Lavorare sugli asset valoriali e fondare la propria etica intorno all’idea della sicurezza incentiva la convergenza tra valori aziendali e mindset dei dipendenti. 34 Ibidem. 35 L.S. Nolan, The Roar of Millennials: Retaining top talent in the workplace, Journal of Leadership, Accountability and Ethics, Vol.12, 2015. 36 L.S. Nolan, The Roar of Millennials: Retaining top talent in the workplace, Journal of Leadership, Accountability and Ethics, Vol.12, 2015.
  • 15. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 3.2.3 Lo sviluppo della CSR (Corporate Social Responsibility) La Corporate Social Responsibility (CSR) definita come la responsabilità sociale d’impresa37 , identifica l’insieme dei processi aziendali diretti a integrare le questioni sociali, ambientali, etiche, i diritti umani e le sollecitazioni dei consumatori nelle loro operazioni commerciali e nella loro strategia di base. Un nuovo approccio strategico che permette lo sviluppo di prodotti, servizi e modelli commerciali innovativi che contribuiscono al benessere della società. Ciò si traduce nell’adozione di una politica aziendale che sappia conciliare gli obiettivi economici con quelli sociali e ambientali del territorio, in un’ottica di sostenibilità. Essere socialmente responsabili significa superare il rispetto della legislazione vigente, investendo in iniziative legate al miglioramento dei rapporti con le parti interessate (collaboratori, fornitori, partner, comunità e istituzioni locali) e promuovendo azioni volte alla salvaguardia e tutela ambientale. La CSR si articola in due dimensioni38 : o interna: le aziende intervengono nella gestione delle risorse umane, nella salute e sicurezza sul lavoro, raggiungendo così obiettivi quali il rafforzamento dell’immagine aziendale, la fidelizzazione e la sicurezza del personale; o esterna: gli interventi risultano più mirati al sostegno dei diritti umani attraverso iniziative a favore delle comunità locali, dei partner economici e degli stakeholders lungo tutta la filiera produttiva. L’impatto delle iniziative aziendali sulla società, in termini di responsabilità, determinano un rapporto di fiducia, riconoscimento e condivisione di valori etici tra i lavoratori, i consumatori e i cittadini. In un contesto dove si riscontrano elevati livelli di fiducia, le imprese si sentono legittimate a crescere e investire in attività socialmente utili. Dallo studio dei casi analizzati è emerso che, processi legati alla CSR, vengono sviluppati dal Gruppo Sapio S.p.A., azienda operante sul mercato italiano e internazionale in ambito industria e sanità. Iniziative legate alla tutela della salute e della sicurezza dei propri dipendenti risultano una priorità. Il Gruppo Sapio, impegnato da sempre nella diffusione di una “cultura della sicurezza”, si preoccupa di promuovere un programma di welfare aziendale a tutti i livelli operativi e decisionali. Massima attenzione è riservata alla tutela ambientale; la natura è patrimonio di tutti e deve essere tutelata e difesa, attraverso la fornitura di tecnologie e prodotti altamente compatibili con l'ambiente in un'ottica di sviluppo sostenibile. Investimenti diretti che promuovono la ricerca scientifica sono considerati un pilastro. Difatti l'azienda, dal 1999, si preoccupa di incentivare le iniziative legate all' innovazione, la circolazione di idee e la discussione scientifica secondo un modello che valorizzi la concertazione tra pubblico e privato. Giunto alla sedicesima edizione, il Premio Sapio per la Ricerca Italiana39 non si limita solo a promuovere l’innovazione e la ricerca in campo scientifico, tecnologico e socio-economico, ma anche le idee più innovative che possono rappresentare un valore aggiunto. Diverse le categorie prese in considerazione: o Premio Sapio Ricerca Junior: destinato a lavori di ricerca svolti da studiosi e/o ricercatori di età inferiore ai 30 anni. 37 https://ec.europe/commission/index 38 https://www.unioncamere.gov.it 39 Il Premio Sapio è un’iniziativa volta a premiare coloro che apportano rilevanti contributi per l’avanzamento della ricerca e dell’innovazione in campo medicale, tecnico-scientifico e socioeconomico. Per maggiori informazioni: https://www.premiosapio.it
  • 16. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 o Premio Sapio Ricerca Senior: destinato a lavori di ricerca svolti da ricercatori e/o studiosi che hanno superato i 30 anni di età. o Premio Sapio Innovazione: riservato a studiosi e/o ricercatori che attraverso il ricorso a nuovi metodi, tecnologie, processi hanno generato un avanzamento in qualunque ambito della ricerca. o Premio Sapio Sicurezza: destinato a lavori di ricerca svolti da qualsiasi persona fisica che si è distinta in attività di ricerca e innovazione, nel campo della prevenzione o della gestione del rischio nell’ambito della sicurezza del trasporto delle merci pericolose su strada. o Premio Sapio Start Up: destinato a tutte le start up con un'idea innovativa, soprattutto nel settore giovanile. La start up candidata non deve aver superato i 4 anni di attività dalla data della sua costituzione. Molteplici risultano essere gli ambiti in cui si manifesta l'impegno sociale dell'azienda. Tra questi, seppur recente ma di rilevante importanza, si inserisce anche l'iniziativa a favore del supporto di realtà locali senza fini di lucro, nello specifico di associazioni impegnate al sostegno di bambini affetti da autismo, attraverso l'istituzione di giornate sportive dedicate ad avvicinare e sensibilizzare alla tematica sia i dipendenti sia l'intera comunità. 3.2.4 L’erogazione della formazione Per la nostra ricerca il tema della formazione è centrale poiché corrisponde all’esigenza primaria dei millennials. “In un ambiente di lavoro che permette una formazione costante e la possibilità di ascesa sociale, non c’è motivo per ricercare un cambiamento continuo”40 . Così il CEO Mario Paterlini, Gruppo Sapio S.p.A., sintetizza il valore centrale della retention per contrastare la scarsa fedeltà aziendale dei millennials. Nell’azienda, inizialmente, si era partiti dall’idea che ogni dipendente potesse partecipare a percorsi di formazione almeno 3 giorni all’anno. Oggi, Sapio garantisce a tutti i dipendenti almeno 5 giorni di formazione. I percorsi formativi durano circa 3 ore e sono divisi per aree tematiche, permettendo così ai dipendenti di scegliere autonomamente gli ambiti di interesse. Tale metodo non solo tiene conto delle preferenze dei singoli dipendenti ma, non tenendo conto delle gerarchie, favorisce anche la collaborazione e la comunicazione tra le differenti categorie di dipendenti. Nel 2020 ci sarà un test cui parteciperanno tutti i dipendenti che porterà, per coloro che lo supereranno, ad essere eletti bachelors. Per il 2022, sono invece previsti dei corsi di mentoring e oaching per ogni dipendente e sarà, poi, emesso un certificato aziendale per valorizzare la meritocrazia e il concetto di ascesa sociale. L’idea vincente è “quella di costruire una elevata fidelizzazione delle risorse lungo tutto il loro ciclo di permanenza all’interno dell’azienda”41 , andando a rafforzare quella che è l’employability dei dipendenti, concetto che i millennials hanno sempre più a cuore. Gruppo Sapio S.p.A. è convinta che sviluppare al massimo grado le possibilità dei dipendenti debba essere considerata una responsabilità sociale per l’azienda. Un dipendente soddisfatto, che sente di progredire costantemente all’interno della realtà lavorativa, è un dipendente fidelizzato che difficilmente tenderà ad andarsene. Il Gruppo Sapio, ad oggi, su 1800 dipendenti, ha un turnover inferiore all’1%. OVh invece prevede sia piani di formazioni interna sia training a livello europeo, cui fanno seguito survey biennali, aperti a tutte le filiali, per valutare i punti di forza e i punti di debolezza 40 Allegato 2, intervista a Mario Paterlini 41 D. Boldizzoni, L.Quaratino, Risorse Umane, Il Mulino, Bologna, 2014, p. 87.
  • 17. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 dell’azienda. Essendo un’azienda giovane, composta prevalentemente da millennials, OVH punta a formare i talenti impegnandoli in progetti che richiamano gli interessi personali dei singoli, incentivando una forte collaborazione tra i vari team e i vari dipartimenti. La casa madre, in Francia, ha istituito la figura dell’Happiness Manager, che si occupa di valutare la soddisfazione delle risorse ed accrescere la diffusione della cultura aziendale tra i dipendenti. OVH insiste molto sulla congruenza tra valori aziendali e mindset dei dipendenti, cercando di proporre questo tema all’interno di tutte le iniziative. Per questa ragione sono previste anche sessioni di Management Coaching per sensibilizzare anche i dirigenti a queste tematiche etico-valoriali.
  • 18. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 Conclusioni La ricerca indaga le due principali leve, l’attraction e la retention, nell’ambito della riflessione contemporanea sul tema dell’employer branding, in relazione alla generazione dei millennials. Dall’analisi della letteratura contemporanea e dei casi di studio reali, è emerso che, oggi, rispetto al passato, è più importante privilegiare l’aspetto della retention rispetto all’attraction. Qualunque investimento in una efficace politica di attraction, se non supportato da idonee strategie di retention, è destinato a rimanere un costo economico senza ritorno adeguato. Tra le strategie di retention che le aziende possono adottare, quattro sono le aree sulle quali investire per ottenere un vantaggio competitivo concreto: comunicazione, bonus e benefits, corporate social responsibility e formazione. I millennials, utilizzatori nativi del mondo digitale, sono abituati a gestire una moltitudine di informazioni utilizzando canali comunicativi veloci, friendly e che permettono, soprattutto, di personalizzare e filtrare la comunicazione stessa. Per il Management diventa sempre più importante conoscere e comprendere le modalità corrette per comunicare con questa categoria di dipendenti, così diversa dalle altre. Una soluzione potrebbe essere la creazione di momenti di confronto informali, volti a favorire il dialogo e il flusso di informazioni attraverso canali e modalità più propriamente legate al mondo digitale. Trattenere le risorse più talentuose all’interno delle aziende risulta sempre più complesso, l’intensa concorrenza globale crea un ventaglio di possibilità e di eterogeneità molto appetibili, non si gioca più solo sul piano della remunerazione fissa, ma è necessario investire in benefits e bonus personalizzati, orientati alle esigenze dei dipendenti, adattandosi alle peculiarità delle risorse in maniera costante e ripetuta nel tempo. I millennials prestano particolare attenzione anche alla coerenza tra l’employer branding promise e gli effettivi asset aziendali. È fondamentale impegnarsi in attività socialmente utili, legare il proprio business con iniziative che possano amplificare il sistema etico-valoriale dell’azienda. Un esempio, il Gruppo Sapio S.p.A., il quale, oltre ad investire moltissimo nella sicurezza e nel benessere dei suoi dipendenti, nell’erogazione di servizi e assistenza ai clienti, è molto impegnato proprio sul fronte delle implicazioni di natura etica e della responsabilità sociale. Dalle evidenze emerse nelle ricerca, la criticità più importante riguarda la scarsa fedeltà aziendale dei millennials, i quali non progettano di rimanere nella stessa realtà aziendale per l’intero ciclo lavorativo, ma esprimono la volontà di collezionare esperienze altamente formative in una pluralità di contesti differenti. Ciò comporta un aumento del tasso del turnover talmente elevato da impattare notevolmente nei costi aziendali. L’implementazione di adeguate strategie di retention risultano essere di importanza vitale per superare questo ostacolo. In particolare, è fondamentale strutturare programmi interni capaci di soddisfare l’esigenza, propria dei millennials, di ricevere una formazione continua e di alto profilo. Alla formazione possono poi essere affiancate strategie volte ad incentivare la mobilità interna o lo spostamento tra diverse sedi internazionali, al fine di soddisfare anche i desideri di flessibilità e cambiamento propri delle generazioni più giovani (i.e. il Gruppo Sapio S.p.A., lavorando intensamente sulla retention attraverso la formazione, ha ottenuto incredibili risultati, raggiungendo un tasso di turnover inferiore all’1%).
  • 19. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 A conclusione della ricerca, uno spunto di riflessione interessante potrebbe essere quello di cercare di immaginare gli sviluppi futuri dell’employer branding. Ipotizzando che la fluidità del mercato del lavoro continuerà ad aumentare esponenzialmente, sarà sempre più difficile implementare strategie di retention per arginare questo fonomeno. Per questo motivo potrebbe essere più profittevole pensare a strategie capaci di intercettare i talenti e le competenze delle persone senza la necessità di vincolarle all’interno di un contesto lavorativo. Pensiamo ad esempio al fenomeno crescente della co-creazione del valore, tramite cui le aziende cercano di attivare i talenti e le competenze delle persone su scala globale, invitandoli a creare proposte o a risolvere problemi, senza tuttavia cercare necessariamente di assorbirle all’interno della struttura aziendale.
  • 20. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 Bibliografia Ambler, T. & Borrow, S. (1996). The employer brand. Palgrave Macmillan UK. Boldizzoni, D., & Quaratino, L. (2014). Risorse Umane, Il Mulino, Bologna. Bryman, A. (1988). Quantity and quality in social research. Taylor & Francis Group, NY. Caliccia, G. (2017). Guida pratica all'Employer Branding. Teoria, dati e casi. Franco Angeli, Milano. Corbetta, P. (2003). La ricerca sociale: metodologie e tecniche, vol.II. Il Mulino, Bologna. Della Porta, D. (2010). L'intervista qualitativa. Laterza edizioni, Roma. Denzin, N. K., & Lincoln, Y. S. (2005). The Sage handbook of qualitative research (3rd ed.).Thousand Oaks, CA: Sage. Hall, A., Exploring the workplace communication preferences of millennials, Journal of Organizational Culture, Communications and conflict, Volume 20, Special issue 1, 2016. Hassing, J.F., (2016). Generation Y: Improving employee engagement and retention through better communication, Capella University. Lizzani, & Mussino, G.M. (2008). L’Employer branding tra ricerca e applicazione, a cura di Bonaiuto M., FrancoAngeli, Milano. L.S. Nolan, The Roar of Millennials: Retaining top talent in the workplace, Journal of Leadership, Accountability and Ethics, Vol.12, 2015. Macrì, D.M., & Tagliaventi, M.R. (2001). La ricerca qualitativa nelle organizzazioni. Carocci Editore, Roma. Murray Thomas, R. (2003). Blending qualitative and quantitative research methods in theses and dissertations. Thousand Oaks, CA. Punjaisri, K., & Wilson, A. (2007). The role of internal branding in the delivery of employee brand promise. Palgrave Macmillan UK. Silverman, D. (2000). Doing qualitative research (2nd ed.). SAGE Publications Ltd, London. Yin, R. K. (2012). Applications of case study research (3rd ed.). Thousand Oaks, CA: Sage.
  • 21. Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials Master in Risorse Umane e Organizzazione 2018-2019 Sitografia https://www.ec.europe/commission/index https://www.ovh.com https://www.randstad.it/employer-branding-center https://www.premiosapio.it http://www.sapio.it https://www.unioncamere.gov.it