L'originale .ppt lo trovi su www.didatticainrete.it
Questa presentazione in PowerPoint è il risultato di un laboratorio di Storia che ho svolto qualche anno fa, con la mia classe 4a di allora.
Lavorando in piccoli gruppi, i bambini hanno individuato le caratteristiche geografiche e culturali che accomunano tutte le grandi civiltà fluviali della Storia.
Ovviamente, il laboratorio è stato portato avanti gradualmente nel corso dell'anno e si è concluso a fine anno scolastico.
Molto utile è stato potere usufruire anche dell'ora di informatica, durante la quale i bambini cercavano il materiale per la loro parte di lavoro.
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Questa presentazione in PowerPoint è il risultato di un laboratorio di Storia che ho svolto qualche anno fa, con la mia classe 4a di allora.
Lavorando in piccoli gruppi, i bambini hanno individuato le caratteristiche geografiche e culturali che accomunano tutte le grandi civiltà fluviali della Storia.
Ovviamente, il laboratorio è stato portato avanti gradualmente nel corso dell'anno e si è concluso a fine anno scolastico.
Molto utile è stato potere usufruire anche dell'ora di informatica, durante la quale i bambini cercavano il materiale per la loro parte di lavoro.
2. PRIMA RIVOLUZIONE AGRICOLA
Circa 12,500 anni fa, nella preistoria (Neolitico) gli
esseri umani cominciarono, in diversi luoghi del
mondo, a cambiare stile di vita: da nomadi,
cacciatori e raccoglitori, a coltivatori stanziali e
sedentari (cioè si fermarono a vivere in un solo
luogo invece di spostarsi continuamente per la
ricerca delle prede di caccia e delle piante che
raccoglievano). Questa si chiama
RIVOLUZIONE NEOLITICA o
PRIMA RIVOLUZIONE AGRICOLA.
3.
4.
5. LA TERRA DI TUTTI
Quando gli umani erano cacciatori e raccoglitori nomadi,
la terra era di tutti. Fermatisi a vivere in un unico luogo,
dove costruirono il loro villaggio inizialmente tutti
coltivavano tutta la terra a loro disposizione.
Questo stato di fatto si accompagnava all’idea delle
prime religioni, che gli dèi (e poi un unico Dio) avessero
generosamente dato la terra da lui creata a tutti, e che
quindi nessuno potesse pensare di
esserne il proprietario.
6. DI CHI E’ LA TERRA?
Più avanti però, si impararono nuove capacità e tecniche
agricole. Si cominciò anche a crescere gli alberi da frutto,
e intanto ad allevare animali. Questo rendeva necessario
più controllo sulle porzioni di terra lavorate e utilizzate da
famiglie e gruppi. Alcuni erano più capaci e numerosi. Si
inventarono quindi i CONFINI tra le parti di terra e certe
persone socialmente importanti presero il ruolo di
DISTRIBUTORI e AMMINISTRATORI. Si creò pian piano
l’idea di POSSESSO, PROPRIETA’.
7. LA TERRA E LA LEGGE
All’inizio (e, in certi luoghi del mondo, ancora
oggi) si usava semplicemente ereditare la terra
dai genitori, magari divisa tra i fratelli (di solito
maschi), senza “scrivere” da nessuna parte la
proprietà. Ma poi furono inventate le LEGGI e si
pensò di garantire e proteggere la proprietà
delle terre delle famiglie per evitare che gente
più forte e violenta si impadronisse di parti delle
terre tradizionalmente coltivate da una famiglia.
8. NELL’ANTICA ROMA
Furono già gli antichi Romani a inserire nel loro
diritto le leggi per la protezione dei confini delle
terre agricole e la loro proprietà privata.
9. CHI COLTIVA LA TERRA?
Nel Neolitico, più o meno tutti facevano tutto,
tranne magari i bambini e persone più vecchie e
deboli. Come prima si cacciava e raccoglieva,
così si seminava, piantava, mieteva. Poi, alcuni
si specializzarono in lavori artigiani, non avendo
così più tanto tempo per coltivare la terra. Cioè,
si creò la divisione in MESTIERI.
10. CHI COLTIVA...E CHI MANGIA
Quindi ci si trovò ad avere persone che si
occupavano di agricoltura e persone che si
occupavano di altro; queste ultime ovviamente
mangiavano ciò che produceva la terra, e per
guadagnarsi questo diritto lavoravano appunto
per la comunità producendo oggetti importanti
(ceramiche, armi, ecc.) e/o barattavano questi
oggetti con il cibo e i prodotti della terra.
11. I CAPI COLTIVANO?
Non solo: nelle società iniziarono ad esserci i
CAPI, che dovendo controllare e comandare gli
altri, non avevano più tanto tempo per coltivare
loro stessi e in generale lavorare. Questo stato
di cose, da essere una necessità, diventò poi
un “privilegio”: i capi avevano altre persone più
basse di rango che lavoravano per loro.
12. LAVORATORI E PADRONI
Nella società si creò progressivamente una
“casta” di persone più ricche, a cui la Legge
riconosceva il possesso/proprietà privata delle
terre, e una numerosa massa di persone più
povere che non possedevano la proprietà delle
terre ma le lavoravano: un po’ per sopravvivere
loro stessi (a volte gli veniva concesso un orto
per la loro famiglia) ma soprattutto per produrre
e arricchire i padroni.
13. SCHIAVI
Già nell’antichità vi erano gli SCHIAVI, a volte prigionieri di
guerra o figli di prigionieri, a volte condannati per qualche
crimine, o soltanto nati molto poveri o orfani; costoro, per
la legge, non erano persone ma OGGETTI o ANIMALI,
cioè considerati non umani ma proprietà dei padroni allo
stesso modo di oggetti e animali; anzi di solito considerati
di minor valore degli animali e degli oggetti stessi. Il
padrone aveva potere di vita e di morte su di loro, poteva
venderli e comprarli.
14. SERVI DELLA GLEBA
Nel Medioevo, non molto migliore degli schiavi era
la condizione dei Servi della Gleba (GLEBA =
TERRA), legati per tutta la vita alla terra del
padrone e costretti a lavorare per lui. Dovevano
dargli la maggior parte del raccolto, pagargli
un’infinità di tasse e non potevano andarsene
senza il suo permesso. Pian piano l’istituzione
della schiavitù si diradò e sparì, ma quella dei servi
della gleba, ad esempio in Russia, durò addirittura
fino a metà dell’Ottocento.
15. CONTADINI LIBERI
Schiavi e servi della gleba erano utili per poter
coltivare grandi terreni, di proprietà di poche
persone chiamate FEUDATARI, signori nobili (o
vescovi). Costoro potevano essere obbligati.
Diverso era lo stato degli UOMINI LIBERI, la cui
vita poteva essere difficile, ma non erano legati
per legge alla terra che lavoravano, e se voleva
che lavorassero, il padrone doveva pagarli in
qualche modo. Come?
16. MEZZADRI, AFFITTUARI
MEZZADRIA: un contratto agrario per cui il padrone della terra
e un contadino con la sua famiglia si accordano per collaborare
alla coltivazione e si dividono più o meno a metà i prodotti della
terra.
AFFITTO: i vecchi contratti di mezzadria dal 1964 si
convertirono, per legge, nel semplice affitto di una terra (con
casa colonica, magari) che il padrone affitta a una famiglia di
contadini per coltivarla; i contadini pagano l’affitto come fosse
l’affitto di una casa.
17. BRACCIANTI, STAGIONALI
BRACCIANTE: è un contadino che non
possiede una terra e nemmeno la affitta, ma va
a lavorare nella terra di qualcuno facendosi
pagare a ore o a giornate.
STAGIONALE: è un bracciante che lavora in
particolari periodi dell’anno per particolari lavori
(semina, mietitura, vendemmia ecc.)
18. PICCOLA PROPRIETA’
CONTADINA
Mentre il “grande proprietario terriero” (detto
“latifondista”) vive della rendita dei suoi terreni,
e del lavoro dei suoi braccianti o servi, il piccolo
proprietario è di fatto l’imprenditore/padrone di
se stesso e coltiva lui, con la sua famiglia, la
sua terra, che oggi si chiama azienda agricola.
Dato che la terra è sua, ha il massimo interesse
a farla rendere al meglio, e a non abbandonarla
perché spesso l’ha ereditata dai genitori.
19. TERRA E LIBERTA’
Si sarà capito a questo punto che possedere la
terra era la caratteristica di un uomo libero. Con la
nascita dei Comuni e delle città-stato, si potè
scegliere se andare a vivere in città: non solo,
come già si faceva, da “disperati” e miserabili, in
cerca di lavoro, ma come professionisti, esperti
artigiani, imprenditori, commercianti. Ma tutti
costoro dipendevano (come ancora tutti
dipendiamo) dai prodotti della terra: chi non li
coltiva deve per forza avere soldi per comprarli.
20.
21. CITTA’ VS CAMPAGNA
C’è sempre stata una certa diffidenza e rivalità tra chi viveva in
campagna e chi in città.
“Quelli di città” venivano visti dai campagnoli come “signori” ripuliti,
meglio vestiti, più istruiti e con più soldi (anche se non era sempre
vero): un po’ li invidiavano, ma un po’ li deridevano per il loro essere
incapaci di sporcarsi le mani e darsi da fare.
“Quelli di campagna” erano presi in giro dai cittadini perché sporchi,
ignoranti, mal vestiti, zoticoni; ma è ovvio che se volevano mangiare,
pur disprezzandoli, i cittadini dipendevano da loro.
24. Fino al Settecento, quindi, l’agricoltura è la fonte principale di
ricchezza, di potere e di occupazione del mondo. Se si esclude
l’Inghilterra, che cominciò per prima l’industria, in quasi tutta
l’Europa almeno l’80% della popolazione lavora la terra e vive di
agricoltura in campagna, in villaggi o fattorie isolate. Ciò significa
che, su 100 persone che lavorano, almeno 80 sono contadini che
col loro lavoro mantengono se stessi e una ventina di persone
dedite ad altre attività (preti, politici, mercanti, artigiani,
professionisti, ecc.).
25. CARESTIE
A minacciare normalmente la vita di milioni di contadini e
persone c’erano le CARESTIE, periodi di scarsità di cibo
dovute a diverse cause, ad esempio cattivo tempo
prolungato, disastri naturali, epidemie; esse provocano fame
terribile, miseria, malattie, malnutrizione e di conseguenza
morti in massa (soprattutto bambini), criminalità, barbarie.
L’ultima grande carestia europea si è verificata in Irlanda tra
il 1845 e il 1851 e ha causato la morte di un milione di
persone, cioè un ottavo circa dell’intero popolo irlandese.
Oggi le carestie sono ancora diffuse nei paesi poveri.
26. BONIFICA PALUDI
Grandi problemi creavano le aree paludose (delta di fiumi, zone costiere e
lagunari, paludi vere e proprie), che venivano comunque coltivate in parte
per la sopravvivenza, anche in Italia, ma avevano la piaga delle zanzare
che trasmettevano la malaria, oltre che reumatismi, sanguisughe e
malattie di vario genere. Si doveva BONIFICARE queste zone, con lavori
idraulici enormi e costosissimi, deviando e pompando le acque,
costruendo canali per raccoglierle, smaltendo e depurando i residui
fangosi;
richiedono anche una costante
manutenzione, per cui solo la forza
economica di uno Stato e/o di grandi
e ricchi proprietari terrieri può
effettuarla.
27. In queste aree tuttora, anche in Italia, vivono,
come in Africa, le bufale (impiegate per
produrre formaggio)
28. La bonifica delle paludi pontine
(Lazio, 1926-37)
Fu un'opera immensa: dal 1926 al 1937, per bonificare l'agro, furono impiegate ben 18.548.000
giornate-operaio con il lavoro di cinquantamila operai, reclutati in tutto il Paese. Oltre al
prosciugamento delle paludi, la costruzione dei canali, ci fu l'azione di disboscamento delle
foreste e la costruzione dei nuovi centri, che sorgevano man mano nei nuovi territori.
https://www.nauticareport.it/dettnews/report/la_grande_bonifica_dellagro_pontino-6-
29. TERRA E GUERRA
Un altro grande nemico dei contadini è la guerra. Eserciti
di passaggio, saccheggi, distruzioni, bombardamenti,
uccisioni e violenze. L’effetto tremendo delle guerre rovinò
innumerevoli famiglie che avevano investito tutto nella loro
terra. L’effetto poteva essere peggiore di una cattiva
annata (tempo meteorologico avverso, gelate, piogge,
invasioni di cavallette e simili). Da un anno cattivo ci si
poteva riprendere, dalla guerra no, per molti anni o per
sempre.
30. AUTONOMIA ALIMENTARE
E’ vero però che, anche in guerra, chi era in
campagna, almeno, trovava sempre qualcosa da
mangiare. Chi invece in tempo di guerra si trovava in
città, se i trasporti del cibo dalla campagna venivano
bloccati dai nemici e dalle azioni militari, rischiava
veramente di morire di fame (oltre al fatto che la vita in
campagna poteva essere più sana di una vita
inquinata in città).
Per questo furono ideati gli ORTI DI GUERRA.
31. ORTI DI GUERRA
Furono inventati dal regime fascista all’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Dato
che, per la guerra appunto, c’era una grave crisi alimentare, Mussolini e i fascisti
incitarono la popolazione delle città a coltivare loro stessi tutte le aiuole e gli spazi
verdi possibili e immaginabili. Si arrivano a coltivare anche le aiuole del centro
cittadino e i terrazzi privati in vasi, cassette, e addirittura nelle vasche da bagno. Le
trebbiature si svolgono nelle piazze principali delle città e sono vere e proprie
manifestazioni del regime, con i covoni ricoperti da bandiere tricolori e vessilli fascisti,
benedetti in cerimonia da vescovi e cardinali.
“Nemmeno una zolla rimanga incolta!”
35. LA “BATTAGLIA DEL GRANO”
La battaglia del grano fu una campagna lanciata durante il regime fascista
da Benito Mussolini, perché l’Italia riuscisse a produrre da sola tutto il
frumento che serviva alla popolazione. La campagna ebbe successo
nell'ottenere l'aumento della produzione nazionale di grano, ma andò a
scapito di altre colture, specialmente di quelle basilari per l'industria
zootecnica e, in genere, dell'armonico sviluppo dell'agricoltura nazionale; e
comunque era principalmente una manovra politica e propagandistica per
“pubblicizzare” la “bravura” del regime fascista e di Mussolini stesso, che si
faceva vedere apposta a mietere, trebbiare e guidare trattori.
36.
37. I PRIMI PRODOTTI CHIMICI Si iniziò anche a produrre sostanze chimiche per aumentare la produzione, il che
senz’altro aiutò a sfamare la gente, ma iniziò un processo di inquinamento della terra
e delle acque di cui nessuno all’epoca capiva ancora nulla.
38.
39. DOPO LA GUERRA
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia era ancora un paese AGRICOLO,
con la maggior parte della popolazione che viveva in campagna, spesso semi-
analfabeta, e per sopravvivere coltivava un orto, e lavorava come bracciante o
mezzadro. Addirittura il 42% dei lavoratori è impiegato nella categoria
‹‹agricoltura, pesca e caccia ››. Al Sud la percentuale saliva al 56%. La
disoccupazione è alta, l’industria debole e presente solo al Nord. L’Italia era a
tutti gli effetti un paese arretrato. Tranne che nella Pianura Padana
l’agricoltura è praticata con metodi tradizionali: cresce e si modernizza a ritmi
più lenti che in Grecia o Turchia.
40. AGRICOLTURA ARRETRATA
Il lavoro agricolo si svolge con tecniche arretrate, è
massacrante e rovina la salute. Ci si alza alle 4 per andare
nei campi; le donne vanno nelle risaie a fare le mondine, e
farsi massacrare da zanzare, sanguisughe e reumatismi.
41.
42. IL BOOM EDILIZIO
Ma con la Ricostruzione del Dopoguerra iniziò il cosiddetto “Boom edilizio” (con la costruzione,
speculazione e cementificazione selvaggia) tutto cambiò. L’attenzione si concentrò sulle città,
dove si puntò sull’industria e si costruirono in modo sregolato interi quartieri. Venditori senza
scrupoli compravano e rivendevano terreni agricoli per trasformarli in terreni edificabili,
guadagnando tantissimo a spese dello Stato, della salute delle persone e dell’ambiente (ma
nessuno allora sapeva nemmeno cosa volesse dire!)
43.
44. L’ABBANDONO DELLE
CAMPAGNE
Moltissime persone si spostano dalle campagne alle città (e dal
Sud Italia al Nord) per andare a lavorare nelle industrie e a vivere
soprattutto a Milano, Torino, Genova, dove si costruiscono enormi
periferie industriali e cementificate.
Si cerca una vita “migliore”, con più comodità, più soldi (salari) e
meno difficoltà e durezza.
Si ritiene da ignoranti restare in campagna e parlare il dialetto.
Soprattutto i giovani lasciano i “paeselli” per cercare fortuna in
città.
47. “Il ragazzo della via Gluck” di
Adriano Celentano
In questa famosa canzone si racconta di un
ragazzo di periferia che va a vivere in città perché
obbligato dalla famiglia; si lamenta con il suo
amico (Celentano) che gli dice:
“Amico, non sei contento? Vai finalmente a stare
in città! Là troverai le cose che non hai avuto qui!
Potrai lavarti in casa senza andar giù nel cortil!”
48. Allora infatti era il sogno di tutti “migliorare” la propria vita
e il proprio status in città: dichiarare di amare la
campagna era pura follia. Ma l’amico si dimostra
stranamente “alternativo” e gli risponde:
“Mio caro amico,… ma come fai a non capire che gran
fortuna per voi che restate, a piedi nudi a giocare nei
prati, mentre là dentro io respiro cemento! Ma verrà un
giorno che ritornerò ancora qui...”
49. La canzone racconta che passano 8 anni, il ragazzo emigrato in città guadagna
abbastanza soldi per tornare a vivere in campagna e comprare la sua casetta, ma...
“Torna e non trova più gli amici che aveva, solo case su case, catrame e cemento…
Là dove c’era l’erba ora c’è una città...e quella casa in mezzo al verde ormai dove
sarà...”
Infatti la via Gluck ora è praticamente al centro di Milano, inglobata, e della
campagna non è rimasto che il ricordo.
50. L’AGRICOLTURA INDUSTRIALE
Dagli anni ‘60 ad oggi l’agricoltura ha acquisito tecniche
molto moderne (alcune delle quali purtroppo molto
inquinanti) che hanno permesso alla popolazione di ridurre
moltissimo i lavoratori nell’agricoltura, che hanno
cominciato ad assomigliare quasi più ad operai che a
contadini. Dal 42% di popolazione italiana impiegato in
agricoltura nel Dopoguerra, attualmente siamo circa al 4%
e con risultati e rese infinitamente più alte di quanto fosse
allora immaginabile.
51.
52. L’ABBANDONO DELLE
CAMPAGNE
All’agricoltura industrializzata ed intensiva
corrisponde l’abbandono delle aree di campagna
considerate “inutili” con grave danno anche idro-
geologico (frane, allagamenti, stagnazioni, aridità)
53. IL DISTACCO DALLA TERRA
Poco a poco, quindi, sempre più persone hanno iniziato a
condurre una vita del tutto staccata dalla terra, comprando il cibo
nel supermercato, senza quasi mai mettere piede in un orto o in
un pollaio, con bambini che pensano che la verdura nasca nel
banco frigo: prevale la comodità e le abitudini “obbligate” dalla
vita in città.
54. IL RITORNO ALLA TERRA
Dagli anni ‘90 in poi, dopo l’ “ubriacatura” di industria e vita cittadina degli anni ‘80, in
Italia qualcosa è cambiato:
Hanno cominciato a far sentire più fortemente la loro voce sia gli ambientalisti,
preoccupati per il dilagante inquinamento di aria, acqua e terra e per la salute dei cittadini
e dell’ecosistema;
Si è cominciato a rivalutare la vita in campagna, e, in generale, le tradizioni, i dialetti, i
modi di vita del passato, i “musei della cultura contadina”, la sana vita all’aria aperta e nel
verde
Si è avviato un turismo meno “di massa”, con la scia di sporco e spazzatura che si
lasciava dietro, e più “di nicchia”: nacquero gli AGRITURISMI, le FATTORIE
DIDATTICHE, gli ECOVILLAGGI
55. Scopi: fuggire dallo stress cittadino, insegnare ai bimbi da dove vengono veramente i cibi
che mangiano, fare sport e passeggiate nel verde, respirare aria buona, conoscere
tradizioni locali e contadine, imparare antichi mestieri contadini e artigianali (erboristeria,
saponifici, tessitura, ceramiche, scolpire il legno, produrre il formaggio...)
56. SCAPPO DALLA CITTA’
In molti hanno addirittura compiuto scelte di vita
non facili come l’abbandono delle città per tentare
vie alternative: comunità, ecovillaggi, gruppi di
famiglie e amici che gestiscono terre e borghi
abbandonati, artisti che “occupano” antiche borgate
e le rendono mete turistiche “alternative”; sono stati
girati film e scritte storie, articoli di giornale, intere
riviste e websites, “manuali” di “DOWNSHIFTING”
(=decrescita) per consigliare le persone che
vogliano tentare questa via.
58. DI CHI E’ LA TERRA OGGI?
L’Italia è una delle principali “potenze” agricole in Europa. In Italia
ci sono più di un milione di proprietà PRIVATE agricole, destinate a
vari impieghi.
Una parte del suolo italiano è di proprietà PUBBLICA: nazionale, o
regionale, o comunale, o del “demanio”.
Nelle grandi città è più difficile, ovviamente, che le persone
posseggano anche solo un giardino, e si possono considerare
fortunate; gli orti sono più rari, bisogna andare fuori, oltre le
periferie; nell’entroterra delle coste e nelle pianure.
59. ORTI URBANI
Vista la difficoltà, nei centri delle città, di
possedere un orticello, sono stati ideati gli orti
urbani, cioè uno spazio verde di proprietà di un
COMUNE e di dimensione varia, la cui gestione
è affidata per un periodo di tempo ad alcuni
cittadini che ne fanno richiesta, spesso riuniti in
associazioni o categorie (per esempio pensionati
residenti in quel comune) che la possono quindi
coltivare.
https://www.biorfarm.com/orti-urbani/
60. ORTI SOCIALI
L’orto sociale è un orto urbano che non solo vuole
riqualificare un terreno e coltivarlo: in più deve
avere una funzione “sociale” appunto: creare
solidarietà tra gli abitanti di un quartiere, fare orto-
terapia, dare lavoro a disabili, integrare i migranti,
riabilitare ex carcerati, riattivare gli anziani ecc. e/o
avere scopo didattico per gli alunni delle scuole e i
bambini in generale. Insomma deve avere una
funzione civica, etica, educativa.
61. Sia gli orti sociali che gli orti urbani sono un modo per riqualificare e dare una nuova destinazione d’uso ai
giardini, ai terreni abbandonati delle città, ad angoli degradati che possono ritrovare una nuova bellezza.
Inoltre permettono di “tornare alla terra” e “restituire le braccia all’agricoltura” a persone che non avrebbero la
possibilità di acquistare un terreno di loro proprietà, per motivi economici, di stile di vita o di lontananza dalla
campagna.
62. LA DIFESA DELLA TERRA
In molte parti del mondo la terra è minacciata, posseduta in modo ingiusto da
persone troppo ricche, inquinata e sfruttata per sporco profitto.
Questo porta anche alla disgregazione sociale di tribù, popoli della foresta,
gruppi etnici che vivono ancora in modo tradizionale in pianure, pampas,
foresta Amazzonica e molti altri ambienti (specie nei paesi poveri) presi
d’assalto da violenti e rapaci inviati delle aziende Multinazionali (agricole,
edilizie, industriali farmaceutiche…) che spesso assoldano criminali locali per
minacciare, terrorizzare e uccidere chi difende la salute della terra e il diritto
dei popoli locali a usarla in modo il più possibile pulito ed ECOSOSTENIBILE.
63. LA DIFESA DELLA TERRA
Tra i troppi caduti in questa lotta di giustizia, fondamentale
per il futuro dell’umanità, ricordiamo CHICO MENDES,
sindacalista ucciso nel 1988 per la sua difesa dei diritti dei
lavoratori della foresta e del suo ambiente naturale.
Oggi è più che mai minacciato il diritto
dei popoli locali a lavorare la propria
terra per sopravvivere dignitosamente,
senza prosciugarne e inquinarne le
risorse, per lasciarla ai propri figli e per
condurre uno stile di vita sano, che non
sia tutto un produci-consuma-crepa e
usa-e-getta e per evitare la catastrofe
climatica.
64. LAND GRABBING
Significa “ARRAFFARE TERRA”
E’ uno dei più vergognosi ma “legalizzati” modi che usano certi governi e certe aziende multi-nazionali per accaparrarsi terre da
sfruttare, approfittando della povertà di certi paesi.
Funziona così: una larga porzione di terra considerata “inutilizzata” viene venduta ad aziende o governi di altri paesi, senza il
consenso delle comunità che ci abitano e la utilizzano, spesso da decenni, per coltivare e sopravvivere; questa vendita viene
effettuata con la scusa che la proprietà privata di quella terra non risulta documentata da nessuna parte (perché non esiste il
catasto in quei paesi, o non funziona in quelle zone).
E’ uno scandalo che esiste da molti anni, ma che ora è cresciuto enormemente: impoverisce il suolo, sradica migliaia di famiglie
dalle terre che gli appartengono da generazioni e spinge alla fame e alla migrazione migliaia di disperati.
65. LAND GRABBING, detto il “Feudalesimo 2.0”
https://www.villaggiodeipopoli.org/land-grabbing/?cn-
reloaded=1
66. TERRA E LIBERTA’
La storia antica e la storia attuale ci insegnano entrambe,
quindi, che la vita libera e dignitosa non vengono solo dalla
proprietà privata della terra (perché bisogna vedere chi la
possiede):
Libertà e dignità vengono dall’uso responsabile,
comunitario ed ecosostenibile della terra, da parte
soprattutto di chi ci abita e quindi ne ha diritto, per evitare
ingiustizie, fame, inquinamento e tutte le conseguenze
dell’azione umana dissennata: desertificazione, alluvioni,
deforestazione ecc.